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Il segmento testuale Società è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 306Analitici , di cui in selezione 9 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giuseppe di Vittorio, Premesse della unità del movimento sindacale in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 3 - agosto

Brano: [...] stata nè ci può essere lotta di religioni? Noi crediamo di ricercarle nell'ambiente storico particolare in eui sorse e si andò sviluppando il movimento operaio in Italia.
E' noto che, in ragione del ritardo con cui sorse e si sviluppò l'industria in Italia, anche il movimento operaio moderno sorse naturalmente in ritardo rispetto ad altri paesi. Ma se vogliamo riportarci alle prime origini del movimento operaio italiano, dobbiamo risalire alle Società Operaie di Mutuo Soccorso, che sorsero nel periodo del Risorgimento e sotto l'impulso di quel primo movimento di riscossa nazionale, dal quale esse ricevettero un'impronta particolare. Infatti, la prima Società Operaia italiana sorse a Torino proprio nella fase dei più ardenti entusiasmi popolari del 1848, ad iniziativa dell'operaio tipografo Vincenzo Steffenone. E questa esordi nella sua attività con tendenze sindacali molto più spiccate delle consorelle che sorsero più tardi, essendo riuscita, nello stesso anno .della sua nascita, a concordare un vero e proprio contratto collettivo di lavoro (una « tariffa »), che risulta essere il primo contratto del genere stipulato in Italia.
Ben presto altre Società consimili sorsero nello Stato ligurepiemontese nel quale, — data la funzione storica che il Pi[...]

[...]ase dei più ardenti entusiasmi popolari del 1848, ad iniziativa dell'operaio tipografo Vincenzo Steffenone. E questa esordi nella sua attività con tendenze sindacali molto più spiccate delle consorelle che sorsero più tardi, essendo riuscita, nello stesso anno .della sua nascita, a concordare un vero e proprio contratto collettivo di lavoro (una « tariffa »), che risulta essere il primo contratto del genere stipulato in Italia.
Ben presto altre Società consimili sorsero nello Stato ligurepiemontese nel quale, — data la funzione storica che il Piemonte si era assunta, — le condizioni oggettive erano più favorevoli al sorgere di organizzazioni popolari ed operaie. In effetto, al I Congresso Operaio Italiano, ch'ebbe luogo ad Asti nel 1853, parteciparono ben 30 Società Operaie del Piemonte e della Liguria. In seguito, specialmente dopo la guerra del 1859, nella misura stessa in cui si sviluppava il processo di unificazione nazionale e si realizzavano, quindi, condizioni di maggiore libertà, sorgevano e si moltiplicavano le Società Operaie, di categoria e generali, anche in altre regioni d'Italia. Tanto che, nel 1867, si contavano già 537 Società Operaie ed il loro numero salì ad oltre 900 nel 1870.
In origine, queste Società non avevano quasi nulla del Sindacato. Erano delle Società Operaie e patriottiche di mutuo soccorso, senza contorni più definiti.. Ma non v'è dubbio che attraverso queste sue Società, la classe operaia faceva i primi timidi passi per differenziarsi dalle altre classi e tendeva a portare un proprio contributo alla rivoluzione nazionale ed a dare una propria interpretazione alla parola libertà, da tutti acclamata — allora come ora — ma alla quale gli operai davano — e danno anche ora — un contenuto più concreto di giustizia sociale, ehe invece era ed è tuttora temuto e combattuto aspramente dai ceti reazionari, per i quali la parola libertà non ha mai avuto, e non avrà mai, altro significato che quello di riconoscere ad essi la libertà di aff a
4 LA RINASCITA
mare il popo[...]

[...]ncreto di giustizia sociale, ehe invece era ed è tuttora temuto e combattuto aspramente dai ceti reazionari, per i quali la parola libertà non ha mai avuto, e non avrà mai, altro significato che quello di riconoscere ad essi la libertà di aff a
4 LA RINASCITA
mare il popolo per moltiplicare le proprie ricchezze. Queste tendenze della classe operaia si esprimevano col suo schieramento all'estrema sinistra del movimento nazionale. Quasi tutte le Società Operaie avevano acclamato a proprio Presidente onorario l'eroe del. Risorgimento che più di ogni altro simboleggiava le speranze e le aspirazioni sociali delle masse popolari: Garibaldi.
E poiché l'esistenza, allora, della « questione romana », aveva dato a tutto il movimento del Risorgimento un'impronta nettamente anticlericale (nonostante l'effimero successo ch'ebbe la prima fase della politica di Pio IX), era naturale e inevitabile che anche le Società Operaie ricevessero e portassero per lungo tempo la stessa impronta anticlericale, sia nel periodo in cui esse furono influenzate direttam[...]

[...]raie avevano acclamato a proprio Presidente onorario l'eroe del. Risorgimento che più di ogni altro simboleggiava le speranze e le aspirazioni sociali delle masse popolari: Garibaldi.
E poiché l'esistenza, allora, della « questione romana », aveva dato a tutto il movimento del Risorgimento un'impronta nettamente anticlericale (nonostante l'effimero successo ch'ebbe la prima fase della politica di Pio IX), era naturale e inevitabile che anche le Società Operaie ricevessero e portassero per lungo tempo la stessa impronta anticlericale, sia nel periodo in cui esse furono influenzate direttamente dal Mazzini, sia nei periodi suecessivi in cui furono influenzate dal Bakunin e poi penetrate dai primi rudimenti dell'ideologia marxista.
Ora, il movimento sindacale moderno sorse in Italia appunto sulla base delle antiche Società Operaie. Si ricorderà, infatti, che fu il Congresso Nazionale delle Società Operaie di Milano (il 2 e 3 agosto 1891), che lanciò ai lavoratori italiani la parola d'ordine di organizzarsi in Sindacati e in Camere del Lavoro, come unico mezzo di autodifesa collettiva contro l'eccessivo sfruttamento padronale. Noi possiamo considerare quel congresso come l'atto di nascita ufficiale del nostro movimento sindacale organizzato su scala nazionale. Sorto sul troncone delle vecchie Società Operaie, poteva il movimento sindacale italiano non ereditare da esse una spiecata impronta anticlerieale? Il fatto è ehe questa impronta fu ereditata e si andò poi aecentuando quando i cattolici tentarono di ostacolarne la marcia. Per i cattoliei, contrastare il cammino ascensionale del movimento operaio, con la sua impronta anticlericale e socialista, fu uno degli aspetti principali della loro lotta contro il dilagare dell'anticlericalismo. Per i cattolici militanti di parte popolare e democratica, quindi, si poneva questo dilemma: o rimanere ostili al movimento operaio e confinarsi nella s[...]



da a.n.[Anna Nozzoli], scheda sintetica di «Società» (1945-1961) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: Società (19451961)
Rivista trimestrale fondata da Ranuccio Bianchi Bandinelli,
comitato di redazione originario: R. Bilenchi, M. Chiesi,
M. B. Gallinaro, C. Luporini.
Case editrici: Leonardo, Firenze (19451950), Einaudi, Torino
(1950I956), Parenti, Milano (19571961),
formato: cm. 22x15.
Rivista trimestrale, fondata a Firenze nel 1945 da Ranuccio Bianchi Bandinelli, affiancato da una redazione inizialmente composta da R. Bilenchi, M. Chiesi, M. B. Gallinaro, C. Luporini. Negli anni '45'53 si sono avvicendati alla guida della rivista numerosi comitati direttivi di cui hanno fatto parte alternati[...]

[...] periodico è stato diretto da G. Manacorda
e C. Muscetta, mentre dal '57 in poi si ritorna a comitati direttivi più numerosi (l'ultimo composto da M. Aloisio, A. Banfi, R. B. Bandinelli, G. Candeloro, L. Colletti, G. Della Volpe, P. Fortunati, C. Luporini, A. Massolo, G. Pietranera, M. Spinella). Pubblicata negli anni '45'49 dalla casa editrice Leonardo di Firenze, negli anni '50'56 da Einaudi di Torino e dal '56 in poi dalla Parenti di Milano, Società terminò le sue pubblicazioni nel 1961.
Nata per iniziativa di intellettuali di formazione storicoumanistica e di letterati (R. B. Bandinelli, C. Luporini, D. Cantimori, R. Bilenchi) Società iniziò le sue pubblicazioni negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale, con la precisa volontà di « integrarsi nella nostra cultura in modo polemico e dialettico richiamandosi alla tradizione di concretezza di quella parte degli intellettuali del Risorgimento che riuscirono a riportare l'Italia a livello europeo ». D'orientamento dichiaratamente marxista, la rivista indirizzò la sua attività nell'ambito dell'elaborazione teoricoculturale, operando per il superamento dell'impostazione crociana e per la costruzione di una cultura alternativa, da realizzarsi med[...]

[...] rigorosamente gramsciana, se il termine non risultasse arbitrario rispetto ai tempi di diffusione del pensiero di Gramsci in Italia (nei primi anni della rivista, infatti, le opere del pensatore erano quasi sconosciute). Di stampo gramsciano era, del resto, anche il tentativo di realizzare, in un'unica testata, l'interdipendenza di molteplici discipline, secondo le linee indicate da R. B. Bandinelli nel
« Saluto agli intellettuali » apparso su Società nel 1946. Nella prima fase ('45'47), comunque, l'auspicata sintesi fra le varie discipline intellettuali appare realizzata molto parzialmente, mentre prevale nella rivista l'orientamento antologico, attribuibile in parte alla molteplicità dei temi (filosofia, storia, letteratura, economia) e delle collaborazioni accolte. Notevole, tuttavia, anche in questi anni il panorama di contributi e di ricerche proposte da Società nei singoli settori, tutte ad un livello qualitativamente molto elevato (dagli « Appunti sullo storicismo » di D. Cantimori, al « Movimento operaio in Italia » di G. Manacorda ai saggi di C. Luporini su Hegel, Fichte, Leopardi).
Con l'inaugurarsi di una nuova serie nel 1947 Società modifica profondamente la sua impostazione, restringendo l'area dei suoi collaboratori ad intellettuali iscritti al partito comunista o simpatizzanti per esso (si veda l'editoriale « Nuova serie », dove appaiono chiarite le ragioni di tale mutamento). Parallelamente sul periodico si nota un tentativo di maggiore sistematicità, soprattutto negli studi storici, filosofici, politici che acquistano un posto di preminenza sulle pagine di Società, ora più che mai impegnata nel rovesciamento delle posizioni crociane e nell'approfondimento di nuove linee culturali scaturite dalle indicazioni contenute negli scritti di Gramsci (nel 1949 il periodico anticipò alcuni degli scritti dal carcere, in corso di pubblicazione presso l'editore Einaudi). Anche sul terreno della ricerca letteraria, prima assai confusa ed eterogenea, viene operata una riorganizzazione metodologica ai fini di adeguare le posizioni critiche all'orientamento politicoculturale sostenuto dalla rivista (modelli proposti, in questo settore, i sovietici Eisenstein, Biock, Es[...]



da Renato Mieli, La constrata evoluzione della sicilia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]rogressi ce ne sono stati molti, in questi anni; nessuno lo nega. Ma non bastano. Ci vuol molto di piú. Occorre una vasta opera di creazione e ampliamento delle infrastrutture, che contribuisca a ridurre quella insufficienza di economie esterne che ostacola lo sviluppo di nuove attività produttive in Sicilia. E per far questo occorre un'azione pubblica di ampio respiro, non più ristretta nell'ambito tradizionale delle opere indispensabili in una società civile (e purtroppo ancora scarse nell'isola), ma atta a creare certe premesse, in mancanza delle quali l'iniziativa privata non avrebbe alcuna convenienza a manifestarsi. Questa fase di preindustrializzazione non può dirsi conclusa; molto resta ancora da fare.
Molto, si; perché non basta vedere quello che manca oggi e prevedere quello che occorre per creare le condizioni necessarie al sorgere di nuove imprese domani. Man mano che si va avanti, si manifestano nuove esigenze, che non potevano essere preventivate prima. Né c'è motivo di scandalo se i grandi complessi che sono stati impiantati [...]

[...]n fiorire di esercizi che alla stregua del livello di vita cittadino potrebbero senz'altro definirsi di lusso : alberghi, ristoranti, cinema, negozi... Poi, passata l'euforia, il boom si è arrestato. Oggi, a parecchi anni di distanza, a Ragusa manca ancora la luce e l'acqua, che vengono erogate in misura assolutamente insufficiente. Non parliamo poi di attività industriali; solo in questi ultimi tempi è entrato in funzione l'impianto della ABCD (società del gruppo Bomprini Parodi Delfino) per la produzione di politene. È il primo esempio di utilizzazione del petrolio estratto a Ragusa; ma è, purtroppo, anche l'unico. Quel petrolio che da anni sgorga abbondantemente, va attraverso l'oleodotto costruito dalla « Gulf » direttamente alla raffineria Rasiom di Augusta, senza lasciare dietro di sé, nella città, se non un cumulo di speranze deluse.
Bisogna riconoscere — e i ragusani l'hanno imparato a loro spese — che il vero punto di accumulazione di ricchezze non è il centro dove si estrae il petrolio, ma semmai, quello dove avviene la raffinazio[...]

[...]verso una estesa, per non dire generale, opera di riqualificazione dei lavoratori e di correzione dell'indirizzo, quasi esclusivamente umanistico, della scuola creare quella preparazione moderna che fa tuttora difetto alla popolazione siciliana. E un'opera di gran respiro, che richiede tempo e perseveranza; ma tutt'altro che impossibile. Con il materiale umano dei siciliani si può essere certi di raggiungere sotto questo profilo il livello delle società più progredite.
Economie esterne: altro serio svantaggio. Tutto costa di più in Sicilia rispetto alle regioni più avanzate: a cominciare dalle fonti di energia (scarse le risorse idriche, data la irregolarità delle precipitazioni stagionali e la natura del terreno, e notevole la dispersione degli utenti) per finire con le materie prime e i semilavorati che dovrebbero essere importati (14). La insufficienza delle infrastrutture crea, in partenza, condizioni di inferiorità per un industriale siciliano nei confronti di
(14) È opinione molto diffusa che lo sviluppo industriale sarebbe stato rit[...]

[...]l giuoco spontaneo delle forze economiche. Se si lascia fare ad esse il divario tende ad aumentare. Per correggere lo squilibrio esistente, occorre intervenire con una azione appropriata.
Ai siciliani bisogna riconoscere il merito di aver ideato uno strumento che in teoria ha tutti i requisiti per svolgere tale azione. Questo strumento ideale é la Sofis. Concepita come mezzo di propulsione e non come semplice istituto di credito industriale, la Società Finanziaria Siciliana (società per azioni di cui la Regione detiene la maggioranza), ha appunto per finalità quella di partecipare con funzione pilota al sorgere e al consolidarsi di attività industriali nell'isola. A tale scopo può disporre di un capitale iniziale che ammonterebbe a 13 miliardi e 600 milioni. Però, con una legge che dovrebbe essere varata senza troppe difficoltà dall'Assemblea Regionale, questo capitale potrebbe essere portato a circa 20 miliardi, mediante un versamento anticipato di 6 miliardi che la Regione é tenuta a corrispondere alla Sofis nel prossimo triennio. Questo capitale iniziale consentirà al[...]

[...]attività industriali nell'isola. A tale scopo può disporre di un capitale iniziale che ammonterebbe a 13 miliardi e 600 milioni. Però, con una legge che dovrebbe essere varata senza troppe difficoltà dall'Assemblea Regionale, questo capitale potrebbe essere portato a circa 20 miliardi, mediante un versamento anticipato di 6 miliardi che la Regione é tenuta a corrispondere alla Sofis nel prossimo triennio. Questo capitale iniziale consentirà alla Società Finanziaria di emettere obbligazioni ordinarie per un valore complessivo equivalente, ossia per altri 20 miliardi, più una serie di obbligazioni per investimenti industriali in gestione speciale per un massimo pari al quintuplo dello stesso capitale, ossia per altri 100 miliardi. Si arriva tosi ad una disponibilità teorica di 140 miliardi. Diciamo teorica perché negli stessi ambienti della Sofis si prevede che le obbligazioni ordinarie avranno un :mercato difficile e che quelle costituite in gestioni speciali dovranno con,cedere forti premi ed un elevato tasso di interesse per aver successo. [...]

[...]ivati non rivelano in anticipo i loro progetti. Ma l'iniziativa pubblica non é la stessa cosa : ha un'altra funzione, che é precisamente di integrare e sostituire quella privata, quando ciò é necessario nell'interesse della collettività. E l'interesse della collettività non può essere amministrato da pochi in segreto, prescindendo da ciò che ne pensa la collettività stessa. Il controllo dell'opinione pubblica é inseparabile dalle finalità dì una società come la Sofis; altrimenti non vi sarebbe alcuna garanzia contro il rischio di veder sorgere una nuova potenza economica, con tutti gli inconvenienti che si attribuiscono al monopolio. Bisogna poi tener presente che i siciliani sono molto intelligenti, ma anche diffidenti. Un silenzio di tomba in una materia così delicata, quaIe é quella di promuovere e finanziare attività industriali che possono, anzi dovrebbero, generare lauti profitti a beneficio di un certo numero di imprenditori, si presta a facili e pesanti sospetti.
Ma, lasciando da parte le considerazioni di ordine morale e le rifless[...]

[...]era italiana occupava 4.500.000 persone, facenti capo per il 96% a imprese private e per il 4% a imprese pubbliche. Data questa struttura, c'è da chiedersi se in Sicilia l'iniziativa privata saprà dare, anch'essa, il contributo maggiore all'assorbimento della disoccupazione, in armonia con quanto avviene su scala nazionale, o dovrà essere sostituita dall'iniziativa pubblica. La soluzione di questo problema è in gran parte affidata alla Sofis. La Società potrebbe infatti assumere una serie di iniziative industriali, con una partecipazione maggioritaria (in virtù di una recente deroga ad una norma precedente che fissava nel 25% il massimo di partecipazione in imprese miste) stabilendo un limite di tempo per il disinvestimento della quota di avviamento. Si creerebbe in tal modo un meccanismo di riscatto, che darebbe luogo ad un processo di privatizzazione, più o meno automatico. Questo potrebbe essere uno schema per favorire la formazione di imprese private siciliane nel settore della produzione di beni di consumo: schema ingegnoso, senza dubbi[...]

[...]lcolo razionale dei vantaggi e degli inconvenienti prevedibili. Molti altri fattori intervengono nella determinazione di tale scelta; fattori che hanno un'importanza decisiva, anche se sfuggono ad una precisa identificazione da parte di chi é estraneo alla mentalità ambientale, e forse degli stessi siciliani. Sarebbe interessante cercare di comprendere i motivi che dall'esterno sembrano imponderabili ed hanno invece tanto peso all'interno di una società come quella siciliana. Vivide intuizioni si affacciano subito alla mente per analogia con il comportamento di paesi di antica civiltà che si accingono a superare oggi la loro arretratezza economica. E vien fatto di pensare che il valore che si attribuisce al superamento della povertà sia diverso da quello che si attribuisce al passo successivo, ossia alla creazione di una relativa agiatezza. Per chi deve vincere la fame, non c'è prezzo di sacrifici che sia troppo alto, ma al tempo stesso non c'è rinuncia più difficile di quella delle risorse morali di dignità e di speranza, che sono l'unico b[...]

[...]concretezza dei suoi termini attuali.
* * *
Su un punto, credo, le idee sono chiare per tutti. La Sicilia deve industrializzarsi se vuole risolvere il suo problema di fondo, che è quello di dar lavoro alla massa di inoccupati e disoccupati e di elevare il reddito medio ad un livello per lo meno doppio di quello attuale. Ora, per industrializzarsi nel modo più rapido ed efficace, non vi è miglior strumento a sua disposizione della Sofis. Questa Società, se riuscisse a utilizzare al massimo le risorse di cui è dotata, potrebbe mobilitare un capitale considerevole in investimenti industriali, ai quali parteciperebbe, come si è detto, con una quota anche superiore al 25%. Se, tanto per fare un'ipotesi, la Sofis promuovesse un'attività industriale, impiegando tutte le sue disponibilità in imprese ove partecipasse in media con un 50% del capitale si avrebbe un investimento complessivo che si aggirerebbe attorno ai 280 milioni. Sulla base di quanto risulta dall'esperienza della zona industriale di Catania, stimando che occorrano circa due milioni[...]

[...]iò che può essere più utile, qui deve cedere il posto al calcolo di chi può ricavarne un maggior utile. Entrano in giuoco interessi di gruppi, siciliani e non siciliani, che non consentono più di ragionare in astratto per il bene dell'isola. Nella classe dirigente regionale vi é una
156 RENATO MIEL!
divisione di opinioni e convergenza occasionale di interessi, che presenta un'immagine confusa, contraddittoria e quasi incomprensibile di quella società in evoluzione.
Cercare di spiegarsi che cosa sia il c milazzismo », non è semplice. Come fenomeno politico si può pensare che all'origine del movimento ci sia stato l'impulso a formare un secondo partito cattolico, piú sensibile alle esigenze locali e capace di sostituirsi, a breve scadenza, a quei partiti di destra, instabili e incoerenti come il loro elettorato. Un'idea del genere poteva incontrare all'inizio il favore di alcuni settori della gerarchia ecclesiastica, preoccupati del vuoto a destra che esiste nello schieramento politico italiano e ansiose di collaudare in Sicilia una nuova [...]

[...]à di obbiettivi fra le due ali su cui si reggeva il governo Milazzo. Al contrario, vi è sempre stato un inconciliabile contrasto. E ancor oggi, quel contrasto perdura: la partita, chiusa con la fine dell'esperimento Milazzo, rimane aperta all'interno della Sofis. Può darsi che, in tema di utilizzazione di questo strumento di sviluppo industriale, prevalgano le tendenze privatistiche, che avrebbero il loro più forte assertore nel Presidente della Società, Bianco; o quelle pubblicistiche, che farebbero capo al Direttore, La Cavera. Può anche darsi che, neutralizzandosi a vicenda, le due tendenze finiscano per paralizzare la Società Finanziaria siciliana, condannandola a un'azione spicciola, disordinata e inconcludente. E ancora troppo presto per fare previsioni, anche se sono già trascorsi tanti mesi dalla nomina dei due dirigenti; é sempre troppo presto per pronunciare un giudizio definitivo su una questione in cui si scontrano interessi e personalità siciliane.
Per il Partito Comunista la via da seguire era evidente. Avendo individuato un gruppo politico regionale che, nella carenza di una classe imprenditoriale, aveva scelto l'alleanza con le sinistre per sopravvivere e riformarsi, i comunisti non potevano che incor[...]

[...]ttrarsi alle conseguenze della politica liberistica, in generale, e del MEC, in particolare, che maggiormente colpiscono le aree sottosviluppate in questa. fase del loro incipiente sviluppo industriale. Tener conto delle leggi del mercato, non solo nazionale ma mondiale, operando con una prospettiva non di consumo locale ma di scambio, è una necessità inderogabile.
160 RENATO MIELI
Non si può rinchiudere il rimodernamento dell'economia e della società siciliana nei confini ristretti dell'isola. Occorre ragionare con mente aperta al futuro e guardarsi dal confondere l'autonomia con l'isolazionismo.
Queste riflessioni ci hanno condotto a non condividere nel passato il facile ottimismo di chi vedeva negli sviluppi della situazione siciliana il segno di un'immancabile affermazione di un nuovo corso economico e sociale, destinato a liberare in pochi anni l'isola dalle sue condizioni di sottosviluppo. Con molta franchezza, ci sembra doveroso dire che le buone intenzioni non sono sufficienti a risolvere un problema di questa mole, se non vi é un[...]

[...]e politiche omogenee sulla base di un chiaro indirizzo che si intende perseguire. Cosi non si risolve nulla. Cosi la stessa autonomia regionale finisce per isterilirsi e corrompersi. Contro questa tendenza i siciliani debbono trovare in se stessi la forza di reagire. E inutile che ci si venga a dire che il loro temperamento non lo consente; o che si scomodi la storia per giustificare una mentalità che non riesce ad adeguarsi alle esigenze di una società moderna produttiva, la quale ha bisogno di un forte spirito organizzativo e associativo. Con assoluta sincerità dobbiamo rispondere che non crediamo ad un vero progresso che non sia una riforma del modo di pensare oltre che di vivere. Senza impazienze, che sarebbero ingiustificate, ma senza indulgenze, che sarebbero insidiose, i siciliani debbono rendersi conto che c'è qualcosa da cambiare nel loro costume politico, e che in una civiltà moderna le idee chiare, i programmi realistici e il gusto dell'onestà valgono più dei personalismi, polivalenti e adattabili alle circostanze del momento.
Un[...]

[...]sto e al massimo la produzione. L'obbiettivoo per dirla in termini espliciti, è il lavoro. E il lavoro significa fatica, impegno, disciplina e sacrificio prima ancora di significare migliori condizioni di vita. E una legge di natura : bisogna produrre di più per poter consumare di piú. Non basta eliminare le
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 161
ingiustizie di una struttura sociale che ha fatto il suo tempo. E necessario, si, liberare la società dalle strozzature che ne impediscono il progresso; ma non è sufficiente, se, compiuto questo passo, non si va avanti verso un aumento costante della produzione fino ad elevare il reddito regionale ad un livello degno di un paese civile.
Non é certo la volontà di lavorare, né l'intelligenza che mancano al popolo siciliano. È mancata purtroppo e continua a mancare per molti la possibilità di impiegarle. Spetta alla classe dirigente dimostrare oggi di essere capace di porre termine a questa dolorosa situazione. L'autonomia investe oggi la Sicilia di una responsabilità diretta. Ma la classe diri[...]

[...] né l'intelligenza che mancano al popolo siciliano. È mancata purtroppo e continua a mancare per molti la possibilità di impiegarle. Spetta alla classe dirigente dimostrare oggi di essere capace di porre termine a questa dolorosa situazione. L'autonomia investe oggi la Sicilia di una responsabilità diretta. Ma la classe dirigente deve stare attenta a non cedere alla tentazione di una faciloneria che potrebbe costar cara. È inevitabile che in una società in transizione vi siano gruppi e ceti, preoccupati di perdere posizioni di privilegio. È umano che chi sente avvicinarsi il tramonto, cerchi di ritardare o impedire il volgere degli eventi da cui non si aspetta nulla di buono. Queste forze senza avvenire non possono intendere l'autonomia se non come una difesa del passato. Non è vero che sono pronte a contribuire al progresso dell'isola. Sarebbe ingenuo crederlo. Sono pronte ad impadronirsi degli strumenti di potere, economico e politico, per controllare e dirigere lo sviluppo regionale, conservando in forme nuove il potere di classe dominant[...]

[...] ai grandi industriali del Nord né al governo di Roma, aspirano unicamente ad interporsi tra queste fonti di potere reale e la Sicilia come mediatori. Con questa mentalità si viene a creare un diaframma artificiale tra l'isola e il resto del paese, senza che si formi una nuova classe dirigente, moderna e responsabile. No, questo non é autonomismo, anche se viene contrabbandato come tale. Questo é un vecchio vizio di uno strato parassitario della società siciliana, contro il quale bisogna stare in guardia.
Conclusione: dietro la facciata dell'autonomismo siciliano si nasconde un equivoco. Nella coalizione di forze e di interessi che ha consentito a Milazzo di dar vita ad un esperimento, ricco di tante promesse, vi era una contraddizione che i comunisti cinesi definirebbero di tipo antagonistico. Tra l'ala destra e l'ala sinistra dello schieramento autonomistico non vi è mai stata una vera intesa sulla via da seguire per il rimodernamento economico e sociale dell'isola; vi é stata una serie di compromessi, avvolti spesso da un trasparente vel[...]

[...] se si riduce alla ricerca affannosa di un quarantaseiesimo voto qualsiasi pur di raggiungere la maggioranza nell'Assemblea regionale, diventa una semplice etichetta senza contenuto. E lo si è visto.
Ora bisogna decidersi a riconoscere che per fare una politica di progresso ci vogliono uomini di progresso. Credere che chiunque dichiari di essere autonomista sia davvero disposto a contribuire allo sviluppo dell'economia e al rimodernamento della società siciliana sarebbe una imperdonabile ingenuità. Oltre alle forze di conservazione, che non nascondono di essere tali o che cercano di salvaguardare i privilegi del passato, vi è un ceto che, considerandosi come mediatore naturale e insostituibile tra i siciliani e il resto del paese, fa di questa sua inconfessata vocazione una vera e propria professione. Ieri era con Milazzo, perché si vedeva maltrattato e minacciato, nella propria sopravvivenza, dagli industriali del Nord e dai dirigenti dei partiti di Roma. Oggi è in parte contro, perché spera di ottenere qualche segno di riconoscenza, mette[...]

[...]i riconoscenza, mettendosi a disposizione di coloro che fino a pochi giorni fa aveva accusato di essere i « nemici » dell'isola. Domani, con altrettanta disinvoltura, potrebbe tornare da capo con un nuovo Milazzo. Niente è definitivo : meno che mai in Sicilia. Cambiano i governi, si capovolgona le maggioranze, rna quel ceto cerca di restare sempre a galla, trasformandosi secondo le circostanze. Purtroppo questa è la realtà. Si sta formando nella società isolana una strozzatura che vede nell'autonomia nient'altro che un mezzo per speculare su una evoluzione, matura e necessaria, o per impedirla, se dovesse attuarsi al di fuori del suo controllo.
Gli slogan sono sempre pericolosi per quel tanto di passionale ed indefinito che si presta a confondere le idee. Quello autonomistico ha avuto in Sicilia il torto di non chiarire, con il programma e con i fatti, che intendeva assumere il significato concreto di progresso. Ora è venuto il momento di lasciare da parte i miti e di cercare nella realtà siciliana gli elementi di una maggioranza omogenea, [...]



da Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, I minatori maremmani (con tre documenti) [documenti: Lettera del Sindacato Minatori aderente alla CGIL, al Distretto Minerario di Grosseto del 7-8-1953 in cui si prospettano i pericoli derivanti dai metodi di conduzione della miniera, e in particolare dal cosiddetto metodo dei franamenti del tetto, firmata in calce «per la segreteria» Betti Duilio; Lettera di risposta del Distretto Minerario di Grosseto del 29 Ottobre 1953 firma in calce «L'ingegnere capo» Tullio Segu... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]te. Le miniere attualmente, in funzione hanno comunque assicurata l'attività per parecchi decenni.
Fatta eccezione per le miniere di Ravi, Ritorto e Monte Argentario, che appartengono rispettivamente alla Marchi, alla STIMA, ed alla FERROMIN, le altre miniere, ivi incluse le tre principali, appartengono alla Montecatini. La Montecatini controlla quindi tutta la pirite italiana, sia in fase estrattiva, che nelle successive trasformazioni. Questa società infatti estrae il 75 per cento della pirite italiana, produce l'86 per cento dei fertilizzanti azotati, il 75 per cento dei fosfatici, ed il 75 per cento degli anticrittogamici. Si tratta insomma di un monopolio verticale, capace di profitti difficilmente calcolabili, dato che si realizzano alla fine del ciclo di lavorazione, ma che non dovrebbero essere inferiori, per il 1953, e per il solo bacino piritifero maremmano, ai 2 miliardi di lire (1).
La più antica fra le miniere di pirite maremmane é quella di Gavorrano : la sua scoperta risale al 1898. Ma già nella prima metà del secolo scorso [...]

[...]o che lo strato affiorante del giacimento, con le relative alterazioni prodotte dagli agenti atmosferici. Si era tentato già allora di utilizzare il brucione in siderurgia, per la fabbricazione della ghisa, ed un piccolo stabilimento era sorto a questo scopo in località Bagno di Gavorrano; ma il fallimento dell'impresa troncb i lavori di escavazione, che erano stati molto superficiali e non avevano dato quin
(1) Per determinare i profitti delle Società ci siamo basati sui dati forniti dalle Commissioni Interne.
I MINATORI MAREMMANI 3
di la possibilità di rilevare la presenza del giacimento di pirite. Fu solo nel 1898 che la Società Praga di Roma scopri sotto l'ammasso di brucione il giacimento, un deposito di oltre quattrocento metri di potenza (l'apice si trova infatti a 235 metri, e le esplorazioni sono giunte fino a 200 metri sotto il livello del mare). Lo sfruttamento viene oggi realizzato per mezzo di due grandi pozzi, il « Roma » e l'« Impero » (i nomi indicano l'epoca in cui la miniera fu potenziata, durante la guerra d'Africa). Dai due pozzi principali si distaccano le gallerie, e da queste i cunicoli di avanzamento ed i fornelli di estrazione. Fra sorveglianti, impiegati ed operai, i dipendenti della Montecatin[...]

[...]da queste i cunicoli di avanzamento ed i fornelli di estrazione. Fra sorveglianti, impiegati ed operai, i dipendenti della Montecatini a Gavorrano sono 1700, in buona parte abitanti a Gavorrano, un paesino di origine feudale che sorge su di un cocuzzolo selvoso, e nelle due più recenti frazioni di Filare e di Bagno. Circa 400 minatori vengono poi dai paesi vicini, Scarlino, Ravi e Caldana : il trasporto é oggi effettuato a mezzo di autobus della Società. I dirigenti sindacali ci hanno fatto osservare la sospetta puntualità con cui gli autobus arrivano e ripartono : allo scopo, si dice, di impedire i contatti tra i minatori di Gavorrano e quelli degli altri paesi. Ma di queste « astuzie » avremo modo di parlare in seguito. Una ottantina di operai scapoli abitano infine nei cosiddetti «:camerotti », vecchie costruzioni già allestite per alloggiare prigionieri di guerra.
A Boccheggiano la pirite si cominciò ad estrarre nel 1910: anche in questo caso l'attenzione dei ricercatori fu in un primo tempo attratta dalla limonite affiorante in superfi[...]

[...], se i pozzi e le laverie sorgessero nel bel mezzo di terre coltivate, di oliveti o di vigneti, l'effetto potrebbe anche essere deturpante. E c'è poi, il sottile fascino, delle installazioni di tipo ferroviario, che non mancano mai nelle miniere (décauville, teleferiche).
La Montecatini é proprietaria anche di una piccola miniera alla isola del Giglio, in località Il Faro. Qui i lavori furono cominciati in modo serio solo nel 1938, a cura della Società Mineraria Tirrena. La concorrenza della Montecatini ha avuto ragione di questa società. Oggi la Montecatini é proprietaria della miniera; la pirite estratta viene lavorata nei suoi stabilimenti di Orbetello.
La concorrenza della Montecatini minaccia anche di far chiudere la piccola miniera di Ritorto, vicino a Niccioleta, di proprietà della STIMA, che occupa un centinaio di operai. Anche la Marchi, proprietaria della miniera di Ravi, lavora in certo qual modo sotto il controllo della maggiore consorella; quanto alla Ferromin, pro prietaria del giacimento dell'Argentario (20 milioni di tonnellate di pirite già localizzate) ha sospeso di recente i lavori di allestimento, sempre [...]

[...]dell'Argentario (20 milioni di tonnellate di pirite già localizzate) ha sospeso di recente i lavori di allestimento, sempre a causa della concorrenza della Montecatini. Lo stesso prezzo commerciale della pirite, fissato a 7 mila lire la tonnellata, pub sembrar basso, se si considera che la Montecatini lavora praticamente in situazione di monopolio; ma si ha ragione di credere che il prezzo sia tenuto basso appositamente, per soffocare le piccole società concorrenti, oltre che per far apparire i profitti assai minori di quanto in realtà non siano. I profitti veri si realizzano grazie al monopolio degli stabilimenti di trasformazione, detenuto dalla Montecatini.
La produzione della pirite non si trova oggi in Italia di fronte a crisi di mercato. L'acido solforico, e di conseguenza i concimi chimici, non sono prodotti affatto in misura sufficiente alle richieste dell'agricoltura. Di fronte ai 16 milioni di quintali annui consumati in Italia stanno infatti i 50 milioni della media europea. La limitata produzione è una conseguenza della situazio[...]

[...] operaio : gli operai addetti al lavoro estrattivo si definiscono « operai a produzione ».
Il gruppo minimo estrattivo è la compagnia, composta di solito di due soli operai, il minatore e l'aiuto minatore. Un gruppo di compagnie, in generale dieci, è sorvegliato da un « caporale » (nel gergo di miniera si dice « sorvegliante »). Di solito il caporale è un operaio anziano, promosso a quel grado per qualità di provata esperienza, ma di recente le società hanno cominciato a far ricorso a dei sottotecnici, con un minimo di licenza scolastica. Ogni miniera inoltre ha due o tre caporalmaggiori, ciascuno preposto ad un gruppo di cinque caporali, con il controllo quindi di una media di cinquanta compagnie.
L'apparato propriamente direttivo della miniera è costituito da un ufficio tecnico, dal quale dipendono cinque o sei capiservizio, tutti ingegneri o periti minerari, con a capo il vicedirettore; e da un ufficio amministrativo, diretto da un capoufficio. Il capoufficio ed il vicedirettore sono subordinati alla maggiore autorità della miniera, il [...]

[...] la Montecatini ha istituito al disopra dei direttori
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di miniera un Gruppo Miniere Maremma, con un segretario, i cui compiti, definiti « assistenziali », sono in realtà politici. Ma di questo ultimo organismo parleremo dopo.
Ogni miniera ha anche un certo numero di guardie giurate (in media da dieci a venti) reclutate prevalentemente fra gli excarabinieri : queste guardie vestono una divisa nera, con il distintivo della società, piccozza e alambicco, ed hanno il compito della sorveglianza all'interno ed all'esterno della miniera.
Le paghe degli operai sono quelle indicate nella tabella :
DONNE
1618 anni 573,00
1820 anni 650,80
3a categoria 755,80
2a categoria 803,50
la categoria 847,20
UOMINI
1618 anni 681,80
1820 anni 86650
manovali adulti 928,80
operai comuni inferiori a 20 anni 926,70
supériori a 20 anni 995,20
operai qualificati inferiori a 20 anni 991,10
superiori a 20 anni 1.055,50
operai specializzati 1.184,10
A queste cifre dobbiamo aggiungere un'indennità di caropane variabile da 20 a 60 [...]

[...]iniera », « per aver aderito ad uno sciopero », « per aver tenuto un'assemblea durante uno sciopero », « per essere intervenuto durante una riunione della Commissione Interna », « per aver reclamato contro un rapporto del capoguardia ».
I casi più recenti sono ancora più gravi. Otello Tacconi, operaio di Ribolla, é stato licenziato in questi mesi per aver criticato la Montecatini in un articolo di giornale. « Grave insubordinazione » afferma la società, ed aggiunge, per bocca dei suoi dirigenti, che « non è lecito sputare sul piatto nel quale si mangia ». Per lo stesso reato sono stati licenziati gli operai Arnaldo Senesi e Luigi Mezza, di Gavorrano il primo e di Monte Argentario il secondo.
La più forte repressione si realizza a Ribolla, dove ai motivi generali di malcontento si aggiunge, come abbiamo victo, la continua minaccia di smobilitazione. Un ultimo licenziamento, di 45 operai, provocó, nell'aprile del 1953, una vasta agitazione. Un gruppo di operai si cal?) nei pozzi e non volle uscir fuori. La direzione chiese l'intervento della[...]

[...]e punizioni, minaccia multe. Con l'inasprimento della lotta sindacale (e quasi certamente per questo, anziché per deficienze tecniche di lavoro) vanno crescendo di anno in anno gli incidenti. A Gavorrano si sono avuti quattro morti nel 1953: si tratta degli operai Emilio Signori, Francesco Grippa, Antonio Anedda e Gino Malossi. In questo primo trimestre del '54 son morti gli operai Giacomo Petrocchi e Carlo Bartolini. Nel caso di quest'ultimo la società ha dichiarato che la morte è avvenuta per paralisi cardiaca, e quindi al di fuori della sua responsabilità. Ma il fatto é che il Bartolini era gravemente affetto da silicosi : impegnato in un lavoro pesante, con aria impura, é stato preso da uno svenimento, durante il quale é sopraggiunta la paralisi. Se nelle miniere di lignite c'é il rischio professionale dei reumatismi e degli scoppi di grisou, in quelle di pirite la silicosi é, per i minatori, praticamente inevitabile. La silicosi é la conseguenza del lavoro sulla piastra, cioè sugli strati silicei che separano i filoni del minerale. Sott[...]

[...]icosi é la conseguenza del lavoro sulla piastra, cioè sugli strati silicei che separano i filoni del minerale. Sotto l'azione dei perforatori si leva una gran polvere di silicio che, respirata, attacca i polmoni dei minatori provocando traumi, e preparando il terreno alla tbc. Una percentuale del 25 per cento, fra i ricoverati nel sanatorio di Grosseto, é costituita da minatori.
Anche a Ribolla gli incidenti vanno aumentando, ed il medico della società li attribuisce ad una causa più psicologica che tecnica. In realtà i rapporti delle C. I. e delle organizzazioni sindacali han spesso denunciato come pericoloso il metodo di coltivazione a franamento e la insufficiente ventilazione delle gallerie. L'attuale direttore della miniera, che è un dirigente palesemente politico (fra l'altro la sua specializzazione é ' l'elettrotecnica, non la mineraria) é inavvicinabile. Gli Impiegati a lui sottoposti evitano di parlare, dicono che non son tenuti a dare alcuna informazione, si guardano l'un l'altro con la faccia lunga.
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La n[...]

[...]erie. L'attuale direttore della miniera, che è un dirigente palesemente politico (fra l'altro la sua specializzazione é ' l'elettrotecnica, non la mineraria) é inavvicinabile. Gli Impiegati a lui sottoposti evitano di parlare, dicono che non son tenuti a dare alcuna informazione, si guardano l'un l'altro con la faccia lunga.
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La notizia che son venuti dei forestieri par che produca una sorta di paralisi : il medico della società, che pure é nostro amico, ed é stato nostro compagno di scuola, evita di incontrarci, e sapremo poi che si è chiuso in casa, dando ordine di non far entrare nessuno. Un giovane tecnico, iscritto al PCI, evita da mesi di in contrarsi con il segretario della sezione locale : ci dà qualche innocua informazione e si raccomanda poi che non si faccia il suo nome. In questi giorni é stato licenziato, per scarso rendimento.
Il clima della vita dei tecnici e degli impiegati é questo : scarsi i contatti e le visite reciproche, quando ci si trova, dopo il lavoro, non si parla di nulla, se non di donne,[...]

[...]i mesi, altri importanti cantieri di lavoro si sono chiusi, ed ultimamente, precisamente il giorno 3031 luglio si chiudevano i lavori delle compagnie 255951 lasciando imprigionato una quantità enorme di carbone.
In procinto di chiudere sono i cantieri dove lavorano le compagnie 20 e 70 ed anche queste sono in piena coltivazione.
Si sa inoltre che mentre si sano chiusi tutti i succitati cantieri di lavoro, nessun provvedimento viene preso dalla Società per la preparazione di nuovi
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cantieri onde assicurare la continuità del lavoro defile maestranze attuallnente occupate.
Di fronte a questa realtà di fatto, i (lavoratori si domandano se questa è un piano prestabilito dalla Soc. Montecatini con l'incondizionato appoggio di chi dovrebbe impedirlo; é esclusivamente arbitrio della Montecatini, oppure incapacità tecnica della Direzione della Miniera?
In quest'ultimo caso perché non si applica da parte degli Uffici competenti l'art. 16 della legge„ di polizia mineraria?
È indubbio che questa politica di smobilitazi[...]

[...]iere. — Alla fine dell'ultima guerra mondiale la miniera di Ribolla era rimasta l'unica dell gruppo MontecatiniMaremma in piena attività perché i suoi impianti erano usciti quasi indenni all passaggio del fronte. Fu allora che per non disperdere mano d'opera specializzata e per lenire la disoccupazione, la Soc. Montecatini fece affluire operai a Ri bolla dalle altre miniere del gruppo ed anche dalla miniera di Grottaôalda (Sicili a) della stessa Società. Per questo le maestranze di Ribolla hanno raggiunto i1 massimo di circa 3500 unità nel 1947. Già nel '48 pero comincio la flessione del personale sia per il ritorno di molte unità alide miniere di provenienza sia per necessario adeguamento alle minori possibilità di vendita della lignite, entrata in crisi nel 1948, sempre meno richiesta per la concorrenza del carbone estero e per la trasformazione a nafta di molti impianti che usavano lignite.
La sicurezza nelle miniere della Maremma. — L'industria mineraria è quella che in tutto .il mondo presenta 'gli indici di frequenza e di gravità fra [...]

[...]troppo finora particolarmente sfavorevole, per i molti infortuni che si sono dovuti registrare, ma è da sperare che si tratti di un anno eccezionale, analogamente a quanto si é avuto nel 1950 e nel 1947.
Con questo si ritiene di poter affermare che si é fatto il possibile da parte delle direzionidelle miniere e di questo ufficio per contenere il fenomeno infortunistico, e si è lieti di comunicare che, nel piano di lotta contrc gli infortuni, la società Montecatini ha istituito un ufficio sicurezza di gruppo, diretto da un ingegnere coadiuvato da periti minerari dislocati in ogni miniera. È lecito sperare risultati brillanti, che peró potranno essere sensibili solo a scadenza di almeno run armo o due.
A proposito della sicurezza del metodo di coltivazione di Ribolla, malgrado le maestranze non fossero (meno poche unità) abituate con metodi a franamento del tetto e malgrado altre innovazioni siano state introdotte in miniera fra cui quella molto importante dille armature metalliche, in due amni non si é dovuto registrare nessun infortunio mo[...]



da Alberto Ruffo(Laboratorio Chimica Biologica Regia Università di Napoli), La ricerca scientifica e la guerra nell'URSS in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: [...] paese, ma anche a imporre all' estero le loro idee, che com'è oggi generalmente riconosciuto, sono discusse e apprezzate fra tutti i lavoratori per il progresso delle scienze.
Lo stesso Stalin ha voluto premiare i migliori lavori eseguiti nel 1941, e cioè quando, per contingenze belliche, la maggior parte dei lavoratori scientifici e delle industrie di alta precisione si dovettero trasferire al di là degli Urali, mettendo a disposizione della Società chimica dell' U.R.S.S. numerosi premi che variano tra i 25.000 e i 100.000 rubli La Società chimica dell'U.R.S.S. in collaborazione con la Società chimica Mendeleiev, giudica i lavori che le vengono presentati seguendo questi criteri : 1°) contributo allo sforzo bellico; 2°) importanza per l'economia nazionale; 3°) originalità dei metodi adoperati e scopo delle ricerche ; 4°) valore generale della produzione; 5°) valore teorico dei singoli dati sperimentali.
E interessante notare come la maggior parte di questi lavori si possano paragonare con la migliore produzione europea e americana di questi ultimi anni, e come alcuni risultati abbiano contribuito all' impostazione di nuovi problemi scientifici e all'esecuzione di nuove indagini an[...]

[...]goli dati sperimentali.
E interessante notare come la maggior parte di questi lavori si possano paragonare con la migliore produzione europea e americana di questi ultimi anni, e come alcuni risultati abbiano contribuito all' impostazione di nuovi problemi scientifici e all'esecuzione di nuove indagini anche fra i ricercatori di altre parti del mondo.
Riporto in breve le più originali notizie su questa produzione.
A. N. Bakh, presidente della Società chimica Mendeleiev e direttore dell'Istituto di chimica biologica dell'Università di Mosca, déscrive un procedimento per aumentare la produzioise del grano prevenendo l'azione nociva esercitata su di esso dal gelo e dalla siccità; propone nuovi metodi per la conservazione dei vegetali e dei cereali mettendo in evidenza i vantaggi che si ricavano disidratando i cereali prima della loro maturazione, e studia infine la nature chimica di alcuni enzimi della respirazione. A. E. Favoriskii, dell'Università di Leningrado, elabora ed applica all' industria un nuovo metodo di sintesi della gomma dill'[...]



da Vittorio Strada, Per una teoria del romanzo russo in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]he e in scene appassionate, come la nostra lenta mente inglese li concepisce, ma intrecciati, intessuti, inestricabilmente confusi » e si apre cosí un « nuovo panorama dell'animo umano », in cui « le antiche divisioni si fondono » e « non c'è piú quella precisa separazione tra il bene e il male, alla quale eravamo abituati » 1.
Il « punto di vista inglese » (e, in una certa misura, direi, quello europeooccidentale in generale) è quello di una « società composta di popolani, borghesi, aristocratici », dove « ogni classe ha le sue tradizioni, i suoi costumi, e fino a un certo punto la sua lingua ». Sul romanziere inglese, lo voglia esso o no, agisce « una pressione continua, che tende all'ammissione
* A Bellagio, alla Fondazione Rockfeller, ha avuto luogo nell'agostosettembre 1979 un convegno internazionale sul romanzo russo. Il testo che qui si pubblica fu letto a Bellagio in una redazione in lingua russa.
1 The Russian Point of View apparve in «The Common Reader », serie I, 1925. Lo cito nella traduzione italiana nel volume V. WOOLF, Per [...]

[...]manzo russo. Il testo che qui si pubblica fu letto a Bellagio in una redazione in lingua russa.
1 The Russian Point of View apparve in «The Common Reader », serie I, 1925. Lo cito nella traduzione italiana nel volume V. WOOLF, Per le strade di Londra, Milano 1963, pp. 4654.
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di queste barriere: cosi gli sono imposti un ordine e una specie di forma; egli è piú predisposto alla satira che non alla compassione, all'esame della società che non alla comprensione degli individui stessi ». Per la letteratura russa, invece (la Woolf parla qui esplicitamente di Dostoevskij, ma il suo discorso ha un senso generale) queste limitazioni non esistono e « essere nobile o contadino, vagabondo o nobildonna è lo stesso »: « tutti sono, senza eccezione, un recipiente che porta dentro quel perplesso liquido, quella materia nebulosa, fermentabile e preziosa: l'anima ».
Queste impressioni della Woolf ci sembrano un'ottima impostazione del problema del romanzo russo. $ vero, esse, contro l'intenzione della scrittrice, possono aprire una via [...]

[...]o piú esplicito e decisivo di una rivoluzione piú vasta, piú lenta e piú complessa: la rivoluzione industriale. Due nuovi « punti di vista » si fronteggiano: quello della tradizione e quello della modernità (e poi della modernizzazione). Non c'è bisogno di fare i nomi di Burke e di Tocqueville, il quale ultimo introduce potentemente un nuovo termine di confronto: non semplicemente l'America, ma la democrazia americana come prototipo della futura società di massa.
Tutti questi « punti di vista » erano parziali, anche se tendenti a una universalizzazione. Con l'idealismo tedesco, con la sua filosofia della storia e, in particolare, con l'idealismo storicofilosofico hegeliano compare un « punto di vista » assoluto che ricompone in un grandioso disegno dinamico tutta l'Europa e la nonEuropa: è il punto di vista dello Spirito, che
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VITTORIO STRADA
ha eletto la sua sede ultima nella civiltà europea e si dispiega nel fiore supremo nato sul terreno di quella civiltà, la filosofia hegeliana appunto.
Dopo Hegel viene Marx. E il panorama stor[...]

[...]onfronto questa complessa realtà con quella europea.
Sul piano romanzesco tutto ciò crea particolari problemi nella costruzione del personaggio e dell'intreccio. Il romanzo russo è popolato da una serie di figure che sono i centri di una « doppia visione » (interna e esterna) che, a differenza del romanzo europeooccidentale (almeno di quello inglese e francese) coevo, non è arrestata e frenata da quella massa opaca, spessa e complicata che è la Società moderna (quella società che, secondo l'osservazione della Woolf, esercita una « pressione continua » sul romanziere occidentale). Possiamo aggiungere che nel romanzo russo non c'è neppure quell'altro medium costituito dalla personalità come oggetto di formazione e coltivazione puramente interiore che troviamo nel romanzo tedesco (Bildungsroman). Le figure del romanzo russo sono pre. cise nei loro tratti poetici, ma labili e fluttuanti nei loro contorni sociali, aperte a un mondo in cui non sono saldamente radicate: il lisnij éelovek, il malen'kij éelovek, il novyj èelovek, il podpol'nyi celovek, il kájuséijsja dvorj[...]

[...]orte sono un « poema » in prosa (non un romanzo). Messi a capostipite della genealogia « realistica » della narrativa russa, questi due « romanzi » (usiamo le virgolette per rispettare la loro voluta ambiguità strutturale) sono tra le opere piú sofisticate, « costruite », autoconsapevoli della narrativa ottocentesca. Non si tratta di rovesciare il luogo comune (di nobile origine belinskiana) e di negare che l'Onegin sia un'« enciclopedia » della società russa del suo tempo e che le Anime morte siano un verdetto sulla servitú della gleba: esse sono anche questo, ma l'Onegin è prima di tutto un romanzo ironico, con un'ironia rivolta dall'autore prima di tutto verso se stesso e il suo lavoro, il che non gli impedisce di prendere sul serio il suo protagonista
e il suo mondo; e le Anime morte, col loro progetto tripartito di caduta, purgazione e redenzione del protagonista, sono prima di tutto una sintesi senza pari di picarismo e lirismo, una perlustrazione dell'anima malata e fiduciosa di Gogol' e una visione fantastica della Russia da un « pu[...]

[...] dell'anima malata e fiduciosa di Gogol' e una visione fantastica della Russia da un « punto di vista » remoto (dalla « bellissima lontananza » dell'Europa occidentale). Si può dire che tutti i grandi romanzi russi hanno questa incertezza strutturale di « genere » e di oggetto narrativo: non sono quasi mai romanzi
« puri » (se prendiamo per campione quelli dell'Ottocento inglese, francese e tedesco) e non sono per lo piú romanzi orientati sulla Società come insieme organico e stabile di istituti, ma, attraverso un complesso gioco ottico di riflessioni russoeuropee, si aprono sulla storia e sulla metastoria della Russia in quanto « punto di vista » sull'Europa.
In generale si può dire che nel romanzo russo non si ha una ricerca della forma, come in Occidente, bensì sulla forma, cioè per il romanzo russo non si tratta di creare una nuova struttura narrativa (romanzesca appunto), già costituita e collaudata nella letteratura europeooccidentale,
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bensí di rinnovare, ampliare e superare questa struttura, di[...]

[...]la rivolta contro la civiltà moderna è, evidentemente, una rivolta antieuropea che si fa esplicita in Guerra e pace, entrando a far parte della stessa struttura narrativa e sorreggendone la vastità epica e l'aura idillica.
L'orizzonte filosoficostorico del romanzo russo ha varie conseguenze sostanziali e formali. Sul piano dei contenuti si ha una radicale problematizzazione di tutti i valori e di tutte le istituzioni storicosociali: non solo la società tradizionale (feudale) e la società moderna (borghese) nei loro meccanismi culturali e psicologici, ma lo stesso cristianesimo storico e la stessa alternativa rivoluzionaria vengono sottoposti ad analisi spesso distruttiva. E infine in Cechov la corrosione critica intacca il flusso stesso della vita quotidiana e la consistenza del suo abitatore, l'uomo qualunque. E in Rozanov il « nichilismo » narrativo arriva al dissolvimento delle strutture narrative stesse, del loro centro eticopsicologico (l'« Io ») e dello stesso concetto di letteratura. Sul piano formale il romanzo russo, mettendo radicalmente in questione la storia, coll[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: Orgosolo antica [e appunti di Ernesto De Martino sul pianto rituale sardo] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]rca dell’etnologo. Tra quasi tutti i paesi di Sardegna (che tutti in passato hanno attraversato una analoga situazione) Orgosolo è quello che ha maggiormente conservato basi economiche e forme ideologiche tali che lo fanno vivere ancor oggi nei più antichi « cicli culturali »‘ che si conoscano tra le popolazioni dell’Europa.

In maniera evidente, e con forme quasi lineari, in Orgosolo si presenta, innanzitutto, imo schema di costituzione della società, di struttura sociale, che, secondo la denominazione dell’etnologia classica delle scuole di Mòdlig, Schmidt, Montandon, Menghin, prende il nome di « grande famiglia » o « grande famiglia pastorale » (die Grosse Familie). È la forma sociale che, sviluppatasi nel tardo paleolitico e nel neolitico tra i primi pastori delle steppe dell’Asia centrale, diffusasi per millenni tra quasi tutti i popoli Indoeuropei e Semiticamiti; si può ritrovare oggi, con forme quasi lineari, solo nelle zone montuose più isolate e ad economia unilateralmente pastorizia della Russia (Ciukci, Tungusi, Samojedi, Tartar[...]

[...]lmente pastorizia della Russia (Ciukci, Tungusi, Samojedi, Tartari, Mongoli, Calmucchi, Ostiachi, Kirghisi), della Turchia, della penisola balcanica (Slavi zadruga, Albanesi) e, parzialmente, della Spagna.

Lo studio della organizzazione particolare che ha la famiglia in Orgosolo (e così, seppure con forme più contaminate, in quasi tutti i paesi della Barbagia), costituisce la chiave di volta per una larga comprensione di quasi tutta la locale società. Questa, infatti, si può dire che, per quella propria organizzazione, sia arrestata, o quasi, soltanto alla famiglia: le forme sociali più sviluppate e superiori, che costituiscono invece la nostra società, lo Stato, sono quasi estranee o, solo adesso, iniziano ad intaccarla.

In tutte le terre in cui il suolo si sfrutta in modo primitivo,30

FRANCO CAGNETTA

solo a pascolo (come è il caso di Orgosolo e dei popoli su citati) la necessità economica di una sempre maggiore concentrazione di greggi al fine di ottenere, con gli scarsi frutti che se ne conseguono, almeno il minimo vitale per l’individuo e le sue associazioni, determina un allargamento particolare dell’organizzazione della famiglia.

L’ambiente economico autosufficiente, non necessitoso di scambio, che è proprio della pastori[...]

[...]nare, a sapersi rivalere. Vada pure a rubare un’altra pecora, se gli manca. Gli uomini lo deridono, lo scherniscono: per una crudele rivalsa, perché pensano che si deve fare le ossa, che deve saper essere un uomo, un buon pastore. Educato dalla natura, e dall'uomo solo al bastone ed al furto, egli tace : impara a pazientare ed aspetta solo di essere grande per rifarsi, per rivalersi. Deve essere un padrone, e non un servo. L’educazione di questa società pastorale, della « grande famiglia », ne fa un individuo isolato, quasi zoologico, che negli altri non vede che un possibile pericolo, un nemico. Egli non impara36

FRANCO CAGNETTA

altro modo che di sopraffare o di essere sopraffatto, di dominare o di essere dominato. È il più antico, il più vivo segreto di tutta la nostra terra, dell’Italia meridionale in particolare, sì che l’uomo moderno, coperto di secoli di civiltà, non nasconde, al fondo, che

il pastore di terre povere rimasto in quella vita primitiva, nelle origini di millenni. Il carattere, la fiducia in sé, la straordinaria [...]

[...]nomici, coniugali, politici, ecc.

L’elemento che contribuisce non già all’accrescimento e allargamento di questi grandi gruppi, bensì al loro restringimento e divisione discende, altrettanto, in Orgosolo, dalla « grande famiglia ». Esso è insito nella distribuzione interna della ricchezza e nell’interna subordinazione.

I fratelli minori, i celibi, i giovani, le donne, con il corso degli anni, e dei secoli, vengono a costituire man mano una società patrimonialmente più povera e che, nella divisione del lavoro, adempie ài compiti più umili di subordinati. Di contro stanno i primogeniti, i padri anziani, e anche le donne che essi sposano, che vengono a costituire man mano una società più ricca e nei lavori privilegiata: i proprietari di greggi e i superiori.

Con l’estensione del processo, nei secoli, in tutti i gruppi di famiglia, questo viene a conformarsi con una partizione generale del paese in due «classi». La «classe» è, essenzialmente, il solo38

FRANCO CAGNETTA

elemento che in questa società si stacchi dalla grande famiglia vera e propria o, più esattamente, quello che divide il paese in due classi di « grandi famiglie ». Esse sono quella di « sos proprietarios » (i proprietari) detta anche di « sos meres » o « sos prinzipales » (i padroni, i principali) e quella di « sos poveros » (i poveri) detta anche di « sos terraccos » (i servi).

La esistenza di uguale divisione sin dal tardo impero romano si può comprovare, in tutta la Sardegna, dai contemporanei documenti e, in particolare dalla « Carta de Logu » di Eleonora Giudichessa di Arborea (un codice legislativo che è il più im[...]

[...]la « Carta de Logu » di Eleonora Giudichessa di Arborea (un codice legislativo che è il più importante documento di storia medioevale sarda). Allo stato attuale la divisione, che può essere altrettanto antica in Orgosolo, è quasi completa: il paese compare come spaccato in queste due grandi classi pastorali.

I rapporti, tra queste due classi (che non vanno affatto intese in senso moderno, ma solo antico) sono rapporti speciali di una unitaria società famigliare e patriarcale, di una « tribù ».

Esiste uno stato di pace e di colloquio tra le due classi; e, contemporaneamente, esiste tra di loro uno stato di guerra e di lotta.

«Sos proprietarios» o «sos meres» o «prinzipales» ostentano nei riguardi di « sos poveros » o « sos terraccos » un atteggiamento paternalistico di protezione, di apparenti atti di bontà, di promesse, di manifestazioni di simpatia che (sempre nel loro interesse, temendo il peggio) manifestano affittando qualche pascolo a prezzo appena più umano; trattando i servi delle greggi sempre alla buona, quasi da pari a par[...]

[...]paese, formatasi intorno al 1870, dopo le leggi nazionali di scorporo dei terreni comunali ed ecclesiastici, era quella di Diego Moro, rapinatore, usuraio, ladro di terre comunali e private, valutata all’atto della sua morte, il 1905, in 200.000 lire oro. Fu la causa prima di tutta la grande e sanguinosa « disamistade » (inimicizia) durata dal 1905 al 1927 in paese, che ho avuto modo di ricostruire analiticamente in un mio studio sulla rivista « Società » del settembre 1953 sotto il titolo « La disamistade di Orgosolo ». Da essa discendono oggi le più grandi proprietà di Orgosolo: dei Monni, dei Podda, dei Corraine, dei Moro. Una loro valutazione esatta non mi è stata possibile effettuare (ed è possibile solo, forse, ad enti statali). Ecco, intanto qualche dato approssimativo che posso fornire sulle più importanti:

Fratelli Podda: 800 pecore, 80 buoi, 18 cavalli, 220 capre, 230 h. di pascolo.

Corraine Nicolò : 200 pecore, 40 buoi, 5 cavalli, 104 h. di vigna e oliveto.

Moro Luigi: 450 pecore, 47 buoi, 2 cavalli, 183 h. di pascolo.
[...]

[...]no, ma in quello latino di uomo non soggetto a vita servile. Ogni uomo che pensi che per la sola povertà deve andar chino, che sua moglie ed i suoi figli possono, per un caso qualsiasi, andare all’elemosina; che per la sola povertà è accusato da tutto il paese, e quasi sempre, di dabbennaggine, di inettitudine, di poltroneria, è sempre un uomo disposto ad ogni delitto, ad ogni malazione pur di liberarsi. L’aspirazione generale — come in tutte le società di pastori — è, in fondo quella di diventare ricco e superiore.

Cova però nel sangue di questi diseredati il ricordo cocente delle pecore, delle terre, dei denari loro rubati o sottratti con inganno dai ricchi; cova il ricordo delle umiliazioni, delle sofferenze, dei lutti subiti in passato; cova il presente di una vita tristissima e grama che debbono sopportare. Di tanto in tanto, e molto spesso, essi si ricordano di essere sensibili, ostili, ribelli a una ingiustizia immeritata, a una crudele sopraffazione.

La lotta contro il ricco e l’uomo di migliore condizione si svolge, così, in m[...]

[...]a situazione sì particolare e, soprattutto, di istituti sociali come la « vendetta » e la « bardana » che in tutti gli altri sono quasi scomparsi? Quale è la ragione strutturale, e culturale, della turbolenza continua di Orgosolo?

Il problema è tra i più difficili e complessi che imponga una storia delle montagne di Sardegna ma, al tempo stesso, è tra i più importanti e decisivi per chiarire le basi ultime ed essenziali della storia di queste società.

10 non credo che il problema possa essere mai risolto dallo studioso che lo guardi da un punto di vista statico della «odierna» economia. Poiché la spiegazione si può trovare solo, a mio parere, in una economia (struttura e cultura) che c’è stata e non si vede in Orgosolo se non in numerosi e reperibili elementi che sono sopravvissuti e come incastrati nell’attuale « ciclo culturale » dei pastori

o della « grande famiglia ».

Si tratta di mettere in luce struttura e culture di un « ciclo » precedente: e ciò è desumibile soltanto, oggi, da uno studio della mentalità e del carattere de[...]

[...]orgolesi, è per es. quello della gratuita lapidazione di un cane, non sino alla ^ morte; ancora peggio, quello del suo completo spellamento sì che poi se ne scappi, ancora per poco, vivo; dopodiché succede, abitualmente, una vera orgia di fischi, di urla micidiali. Questa stessa crudeltà di cacciatori si può riscontrare, con evidenza, nella tortura, nell’omicidio, nello scempio di cadaveri. Da tale crudeltà, approfondita dalla macellazione nella società dei pastori, discende il carattere alquanto sanguinario, l’abitudine frequente al sangue.

Poiché il ciclo culturale dei « cacciatori » si accompagna sempre, o quasi sempre, con una attività specifica di « raccoglitori » vale qui citare un importante ed ancor esistente istituto che ha una forte sopravvivenza in Orgosolo (già diffuso in tutta la Sardegna) che è, esattamente, quello dell’« Ademprivio ».

L’« Ademprivio », il quale è un uso civico locale così diffuso e tenace che dai tempi della legislazione aragonese (1325) sino alle leggi italiane di abolizione (186577) era stato codificat[...]

[...]i di tradizione ed i residui culturali che potrebbero certificarne quella origine.

Ma per indicare i caratteri probanti (e non soltanto ipotetici come i precedenti) di una origine dai cacciatori e raccoglitori (ciò che serve a chiarire il problema specifico strutturale e culturale della « turbolenza » di Orgosolo) vale qui studiare soprattutto e innanzitutto l’istituto della « vendetta », negli innesti e nelle proprie forme che ha preso nella società contemporanea dei pastori o nell’attuale ciclo culturale della « grande famiglia ».

L’istituto della vendetta, più che ogni altro, ha reso celebre Orgosolo negli ultimi anni non solo in tutt’Italia, ma in tutt’Europa. Per il numero dei reati ad essa connessi, e per la continuità e spettacolarità che essi presentano, si deve ritenere che, in questo settore, Orgosolo rappresenti, oggi, il più importante paese di tutt’Europa.

L’istituto della « vendetta », ben intesi, assai diffuso tra popolazioni a struttura economica e culturale primitiva in tutto il mondo, è stato largamente studiato pe[...]

[...]stata neppur tentata (se non in articoli giornalistici), sebbene l’importanza del paese risulti a prima vista, ed una analisi possa comportare utili apporti, per l’impianto generale di questo problema nell’etnologia.

Generalmente l’etnologo studia la origine strutturale e culturale della « vendetta » prescindendo da ogni identificazione con particolari « cicli culturali » (poiché si ritrova, infatti, in tutte leINCHIESTA SU ORGOSOLO

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società e le culture) e lo definisce, un fenomeno ideologico valido in assoluto, agevolato da strutture particolari e da particolari culture : ma fondamentalmente fatto « sacro », « ragione magica », « dovere ».

La « vendetta », che sempre si origina in strutture economiche che portano ad una formazione della società in gruppi « chiusi » trova sempre il suo movimento in un fatto culturale. Tutti gli uomini che si ritengono esistenti (discendenti e legati) in una singola unità il cui elemento comune è considerato ideologicamente il sangue in primo luogo, e, secondariamente, altro elemento ideologico come il totem in antico, l’amicizia modernamente ecc., all’atto in cui viene intaccata dall’esterno, da altri uomini (e nelle società « chiuse » da un altro gruppo analogo) la propria comune unità con spargimento di sangue od altra offesa, sentendo minacciata la comune esistenza e con ciò la propria e singola sentono la necessità di intervenire con un atto che in qualche modo tenga lontano ed elimini il pericolo e, al tempo stesso, protegga e reintegri la propria comune unità e, con ciò, la propria e singola esistenza. In generale questo atto di « vendetta » si configura con un altro atto uguale a quello ricevuto: spargimento di sangue contro spargimento di sangue, offesa contro offesa.

L’etnologia ha cercato lungamente [...]

[...]a » si configura con un altro atto uguale a quello ricevuto: spargimento di sangue contro spargimento di sangue, offesa contro offesa.

L’etnologia ha cercato lungamente di ritrovare quale è la necessità culturale che spinge alla « vendetta » e sino ad ora sono state avanzate sempre ragioni generali, ragioni che prescindendo da una particolare economia, si limitano ad una spiegazione religiosa, ad una « ideologia » staccata da ogni particolare società. Il problema è rimasto « astratto » : si fa ricorso a un « uomo » uguale

o valido per ogni società, a un uomo « eterno ».

Io credo che la soluzione del problema della « origine » o « necessità » della vendetta si possa invece collegare ad una particolare società economica e ad un particolare periodo storico dell’umanità: al ciclo definito in etnologia «dei cacciatori e raccoglitori».

È nota in etnologia la importanza decisiva che in tutte le società primitive ha la estensione o generalizzazione dell’« esperienza fondamentale », del lavoro principale in una singola e delimitata unità economica e sociale.50

FRANCO CAGNETTA

Il momento fondamentale per il ciclo dei « cacciatori e raccoglitori » è la caccia, la lotta tra l’uomo e la bestia; una lotta fondamentale che coincide, altrettanto, con un momento generale, quale il momento del rischio della esistenza, della vita di fronte alla morte.

La connessione ideologica tra la caccia e la « vendetta » potrebbe, probabilmente, essersi generata in questo modo:

Il cacciatore vedendo in[...]

[...]di vita, colpito dalla bestia, il solo modo che ha di non continuare a perder sangue e non morire è quello di far perder sangue alla bestia e farla morire. L’unico modo proprio di difendersi e salvarsi, cioè, si configura come il solo modo di ferire e far morire. L’estensione di questa esperienza della caccia a tutta la vita, al mondo totale — secondo la generalizzazione propria del primitivo — conduce alla applicazione generale anche nella sola società umana, ai rapporti tra soli uomini, nella lotta tra uomo e uomo. Si ingenera la « vendetta ».

La « vendetta », nasce e non può nascere che da una società di cacciatori; la sua estensione può avvenire solo quando questa attività sia preminente: cioè in un «ciclo culturale» di cacciatori che è, appunto, noto all’etnologia come « ciclo dei cacciatori e raccoglitori ».

Rimane il problema della sua persistenza in un qualsiasi ciclo che gli si sostituisca, e, per esempio, nel ciclo dei pastori della « grande famiglia », nel quale l’« esperienza fondamentale », il lavoro principale non è più, certamente, la caccia ma la domesticazione e l’allevamento.INCHIESTA SU ORGOSOLO

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Secondo gli studi del Mòdlig, Schmidt, Montandon, Menghin, è nota [...]

[...]assati dalla lotta cruenta alla domesticazione e aH’allevamento, rimane pur sempre come « esperienza fondamentale », lavoro principale del nuovo ciclo, il rapporto tra l’uomo e la bestia. Un momento subordinato di questo, ma importantissimo, e residuo di quel ciclo precedente, è ancora quella pur sempre cruenta lotta che è l’uccisione dell’animale domesticato e allevato, la macellazione della pecora. Il generale ambiente ideologico proprio della società dei cacciatori, il cui elemento fondamentale è il « sangue », con la formazione della società dei pastori in una famiglia sempre più forte che si riconosce legata per elemento fondamentale col « sangue », viene qui ribadito e, per questo verso, rafforzato.

Dove, come quasi sempre avviene, la coesistenza dei due diversi cicli permane e una società di cacciatori nell’insieme mantiene un peso consistente rispetto alla società dei pastori, la cultura generale del primo ciclo ha fortissime possibilità, certamente, di persistere.

Per il caso di Orgosolo queste leggi mi pare che possano benissimo essere comprovate. La società di Orgosolo, società antichissima di pastori e di cacciatori sopravvissuti sino al secolo scorso, presenta per i suoi caratteri strutturali e culturali tutte le condizioni per l’esercizio della « vendetta ».

E più la società è chiusa in grossi gruppi (« grandi famiglie »)52

FRANCO CAGNETTA

e la mentalità o cultura si limita nel circolo ristretto e primitivo che ne discende, più la « vendetta » ha motivò di divampare ed incendiare in tutto il paese come legge generale interna della società. Diviene allora « disamistade » (inimicizia).

Una osservazione attenta ed analitica dei modi propri, passati e presenti, della « vendetta » in Orgosolo ci permette da un lato di ricavare preziosi elementi che comprovano l’esistenza di una mentalità o cultura (di un’« anima ») primitiva, per dirla con Levi Bruhl; e, dall’altro, di individuare in essa un uso così largo, che si è venuto a profilare con un vero e proprio « codice » o « diritto consuetudinario » locale ed una vera e propria prassi giuridica o « procedura consuetudinaria » locale.

È interessante notare per la datazione dell’i[...]

[...]ne generale della « vendetta » non esiste, ovviamente, in codice scritto o in un codice vero e proprio che si tramandi oralmente, tuttavia nel costante ritordo di « vendette » che hanno gli orgolesi è rintracciabile un vero e proprio « corpus » consuetudinario di usi e tradizioni a cui mantengono sempre fede.

Posso indicare qui intanto le leggi generali più costanti e rispettate, che è possibile rintracciare, in modo vario, tra quasi tutte le società in cui si pratica la « vendetta ».

Alla « vendetta » in Orgosolo partecipano tutti i membri ma54

FRANCO CAGNETTA

schi delle « grandi famiglie » implicate (i congiunti più prossimi, i famigliati, gli affiliati come compari amici, ecc.) dall’età puberale sino a tarda vecchiaia. La limitazione al solo mondo maschile (non ho notizie di « vendette » eseguite da donne) discende certamente dall’essersi l’istituto originato in ima società di cacciatori, e cioè una società già organizzata in una divisione di lavoro maschile e femminile, riprodotta e ribadita nella successiva società dei pastori.

Secondo il modo della « vendetta » riscontrabile in tutte le forme di società divise in grandi gruppi « di sangue » a questa partecipano tutti gli interessati con una « solidarietà attiva » (colpire il responsabile o uno del suo gruppo) ed una « solidarietà passiva » (accettare la responsabilità del colpevole in tutto il gruppo da cui sia uscito).

I moventi della « vendetta » sono in Orgosolo, legati come ovunque ad un danno «economico», in primo luogo quelli primari o «naturali» di versamento di sangue umano vero e proprio (omicidio e ferimento); in secondo luogo quelli secondari o «artificiali» come il versamento di sangue di animali (sgarrettamenti), esteso poi a[...]

[...]zioni: il taglio delle orecchie per i ladri di pecore, poiché le pecore portano da antichissimo tempo il segno di proprietà sull’orecchio (esiste persino un termine locale per indicare i tagliatori di orecchie: «sos muzzurros »); e il taglio della bocca sino alle orecchie per i falsi testimoni, come è comprensibile. La mutilazione di una parte ritenuta particolarmente responsabile per il tutto è uso caratteristico ed assai conosciuto in tutte le società primitive.

Quando ad Orgosolo si uccide si ha l’impressione che sia stata eseguita una sentenza capitale. E l’omicida può sparire in mezzo alla gente e quasi confondere la sua responsabilità in una responsabilità più larga e più profonda. Dopo queste esecuzioni il paese rimane generalmente tranquillo e non è per timore di rappresaglie e tanto meno per « omertà » (che è un termine esterno) che cadeINCHIESTA. SU ORGOSOLO

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nel silenzio anche l’eco dei misfatti. È piuttosto, e solamente, l’antichissima « legge » di Orgosolo.

Il vecchio principio primitivo che la vendetta è inesting[...]

[...]inare bestiame e prodotti agricoli, a devastare abitati, ad attaccare e spogliare le truppe colà inviate o più raramente stanziate, disparendo, quasi sempre irraggiungibili, tra le foreste e nelle montagne.

Per il periodo « preistorico » o Nuragico, per il quale non esistono notizie scritte, si può dedurre dai monumenti archeologici, e specialmente dai « bronzetti sardi » ritrovati in Barbagia, che questi popoli dovevano essere organizzati in società di guerrieri, cacciatori e pastori. Per il periodo cartaginese (VIIV sec. a. C.) Pausania e Diodoro ci parlano di predoni che, continuamente turbolenti, ave62

FRANCO CAGNETTA

vano impedito la occupazione del loro territorio. Per il periodo romano (231 a. C. IV sec. d. C.) Zonara, Diodoro, Livio, Floro. Varrone, Cicerone, Tacito, Procopio, Giustiniano e qualche iscrizione epigrafica ci parlano di popolazioni di instancabili predoni, combattuti continuamente ma irriducibili, contro i quali non si era potuto fare altro che limitarli con ima cintura militare nel loro territorio, dando a q[...]

[...] tranquillamente tra quelli di « delinquenza comune » : furto, abigeato, grassazione ecc.

La larghezza e l’intensità dell’esercizio della « bardana » devono farla ritenere invece, e piuttosto, un « istituto » sociale discendente dalle origini e sopravvissuto in questo paese.

Alla « bardana », innanzitutto — e questo elemento sorprende chi si avvicini al problema — prendono parte quasi sempre non delinquenti comuni ed elementi abnormi dalla società riuniti inINCHIESTA SU ORGOSOLO

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« associazioni a delinquere », come avviene generalmente in tutta Italia, ma abitanti del paese di Orgosolo che hanno abitualmente un normale mestiere e, per tutto il resto, conducono una vita pacifica. Essi non costituiscono una associazione a delinquere o « banda » a carattere stabile, permanente, ma soltanto a carattere momentaneo, transitorio. Compiuta la « bardana », e magari una sola in tutta la loro vita, essi ritornano alle abituali occupazioni. La « bardana » è per la coscienza comune e per la coscienza giuridica locale un lavoro come un altr[...]

[...]one a delinquere o « banda » a carattere stabile, permanente, ma soltanto a carattere momentaneo, transitorio. Compiuta la « bardana », e magari una sola in tutta la loro vita, essi ritornano alle abituali occupazioni. La « bardana » è per la coscienza comune e per la coscienza giuridica locale un lavoro come un altro, un affare qualunque e, per questo aspetto, può essere considerato un fenomeno come per es. il contrabbando in alcune particolari società di zone di frontiera.

Alla « bardana » in Orgosolo partecipano, in generale, solo gli uomini (non ho notizie di « bardane » fatte da donne) senza limitazione di età (dall’età puberale a tarda vecchiaia), e di ogni mestiere, famiglia e classe sociale.

I modi di costituire la associazione per la « bardana », tenuto presente il criterio generale di una scelta per capacità naturale ed esperienza, avvengono, di volta in volta, in Orgosolo, in due modi particolari: questi corrispondono, in grandi linee, ai due modi particolari delle due grandi e rudimentali classi sociali del paese.

II pri[...]

[...]età fra essi che ancora permane

(13) Ib. p. 50.70

FRANCO CAGNETTA

incorrotto, nelle rudi popolazioni montane » (14). Per delinquere l’orgolese esce dalla propria famiglia, dal proprio gruppo di « sangue », entra in un altro più largo, in uno Stato. E la « bardana », in vero, si può dire, in certo modo, il solo Stato di Orgosolo.

Ciò fa pensare che questo istituto, con questo istinto associativo, possa nascondere ancora un residuo di società, di organizzazione sociale precedente a quello attuale della « grande famiglia » : la organizzazione in «orda», che è la più propria e più frequente delle società di « cacciatori e raccoglitori ».

Dopo gli studi dello Elkin sopra le « orde » in Australia sappiamo esattamente che cosa si debba intendere per « orda » : questa è una piccola comunità di individui di ambo i sessi, distinti in nuclei famigliari, dimoranti in un proprio territorio, esercitanti gli uomini la caccia, le donne la raccolta; su ogni singola famiglia che si unisce in « orda » non esiste una comune autorità superiore se non in cerimonie dirette dai più anziani; su ogni singola « orda » non esiste una superiore autorità comune e ^'insieme delle orde, la tribù, riconducibile solo a[...]

[...]era trance nella lamentatrice in azione. Nelle forme più arcaiche, che risalgono alla raccolta e alla caccia, il cordoglio comporta sempre un impulso alla vendetta, a uno spargimento di sangue che compensi e riequilibri lo choc che il gruppo umano ha subito in virtù della morte: e anche nel caso di morte per noi naturale si opera una inchiesta e si cerca il responsabile magico della morte, colui che ha ucciso per incantesimo o per fattura. Nella società in cui la morte violenta è frequente e nelle quali vige l’istituto della vendetta, il lamento acquista anche la funzione di attizzare la vendetta; l’etimologia di attitu, secondo il Wagner, sarebbe appunto questa.

La migliore descrizione etnografica del lamento funebre sardo resta pur sempre quella del Bresciani, per quanto anche il Lamarmora ci abbia lasciato su questo istituto isolano un rapporto preciso. Dice il Bresciani:

« In sul primo entrare al defunto tengono il capo chino, le mani composte, il viso ristretto e procedono in silenzio quasi di conserva, come se per avventura non s[...]

[...] e si apre, nel nostro

(30) Op. cit., voi. II, pp. 11314.

(31) Inventano del R. Archivio di Stato di Cagliari e notizie delle carte conservate nei più notevoli Archivi Comunali, Vescovili e Capitolari della Sardegna. Pietro Vatdés, Cagliari, 1902, pp. 176.INCHIESTA SU ORGOSOLO 9!

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secolo, con l’altra rivalità di vendetta o « disamistade » tra i Gossu e i Corraine che ho analiticamente ricostruita nel già cit. saggio sulla rivista « Società ».

Esistono anche nel Museo storico dell’Arma dei Carabinieri in Roma (piazza Risorgimento) «verbali» di conflitto a fuoco, nell’Archivio, ed « Armi ed oggetti sequestrati a banditi » di Orgosolo, nelle vetrine. Sono un soccorso alla storia di Orgosolo.

Per l’intensissimo periodo di banditismo 18821899 si conserva

il Verbale del conflitto a fuoco avvenuto nella foresta di Murgugliai

il 10 luglio 1899, nel quale caddero i famosi fratelli Elias e Giacomo SerraSanna di Nuoro, e riuscì ad evadere il famoso Giuseppe Lovicu di Orgosolo.

Per il periodo della « disamistade » ho pubblic[...]



da Andrea Binazzi, Raffaele Pettazzoni in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]

Mentre VItalia religiosa suscitò grande consenso come momento della battaglia anticlericale, come opera storica subi l’attacco dei crociani, soprattutto per il modo in cui vi era affrontata la storia religiosa dell’Italia, dominata, secondo il Pettazzoni, dal contrasto tra la « religione dell’uomo » e la « religione dello Stato » o « religione civica ».

3 Un congresso « non opportuno », in « Il Mondo », 19 gennaio 1952, poi in Religione e società, a cura di M. Gandini, Bologna 1966, pp. 157159.

4 Ver la libertà religiosa in Italia, poi in Religione e società, cit., p. 211.

5 Italia religiosa, Bari 1952, p. 154.RAFFAELE PETTAZZONI

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Il voler ricondurre scrive il De Martino nell’articolo citato questa storia all’antitesi fra religione dell’Uomo e religione dello Stato... il voler ricondurre la storia religiosa d’Italia a questa polarità, da ricercarsi nell’epoca dei Comuni, nel Rinascimento, nel Risorgimento e persino nella Resistenza, non ci sembra un pensiero ricco di energia storiografica, capace cioè di darci uno sviluppo unitario, ma piuttosto uno schema classificatorio a cui assegnare, non senza mortificarli, fatti disparatissim[...]

[...]esta polarità, da ricercarsi nell’epoca dei Comuni, nel Rinascimento, nel Risorgimento e persino nella Resistenza, non ci sembra un pensiero ricco di energia storiografica, capace cioè di darci uno sviluppo unitario, ma piuttosto uno schema classificatorio a cui assegnare, non senza mortificarli, fatti disparatissimi per genesi, significato e funzione.

Era un duro attacco, ma ancor più drastico risultò il giudizio espresso dal De Martino su « Società » (xi, 1953, p. 231), dove l’opera del Pettazzoni veniva considerata priva di « legittimazione critica e metodologica ».

Dello stesso parere non si dimostrò invece Delio Cantimori in una lunga recensione pubblicata su « Belfagor » del settembre 1953, dove tracciava un profilo del Pettazzoni che riprenderà poi, più ampiamente, nel necrologio apparso nel 1960 sulla « Nuova Rivista Storica »: « Nel secondo saggio della presente raccolta, il Pettazzoni ci offre una novità molto interessante, che metteremmo volentieri, per importanza intrinseca e per il momento che segna nello svolgimento intel[...]

[...]oversi, non davvero un modello esplicativo. Ma va tenuto presente da dove si parte, va tenuto conto delle teorie con le quali il Pettazzoni ha dovuto porsi in relazione e anche di un movimento interno che sembra avere caratterizzato sempre il suo pensiero. Evoluzionismo, comparativismo tipologico, teoria del monoteismo originario non consideravano la connessione tra i fatti religiosi e il modo di essere complessivo di una civiltà e delle diverse società. Di qui la sua polemica degli anni Venti verso quelle posizioni teoriche, ma dalla stessa radice nasce anche la critica serrata dell’uomo archetipico di Eliade consegnata agli ultimi suoi appunti (« L’uomo, fin da quando comincia ad essere uomo è insieme archetipico e storico, mitico e razionale, magico e religioso. Non esiste una umanità archetipica, anteriore all’uomo storico »27).

Mi sembra che il Pettazzoni migliore si scopra tentando di seguirlo in alcune analisi attraverso le quali egli cerca di individuare le forme specifiche in cui una religione si connette con la civiltà alla qual[...]

[...]tà alla quale appartiene e non dimenticando quel presupposto dal quale egli si fece sempre guidare

nella polemica con lo Schmidt come in quella con il van der Leeuw che cioè l’indagine sui diversi aspetti della vita religiosa di un popolo deve sempre preoccuparsi di organizzare i dati empirici perché essi possano dire

26 La religione nella Grecia antica fino ad Alessandro, Bologna 1921, p. vii.

27 Gli ultimi appunti, ora in Religione e società, cit., p. 125.RAFFAELE PETTAZZONI

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qualcosa sulle concezioni che vi si riflettono e deve rinunciare a pensare che essi debbano essere piegati a supporto di teorie generali.

Significativo, da questo punto di vista, è il saggio sulla lapidazione, da considerarsi lavoro preparatorio della Confessione dei peccati, dove è in questione il rapporto tra « legge sacrale » e « legge morale ». È pericoloso, secondo il Pettazzoni, lasciarsi guidare nella ricostruzione di una pratica di questo tipo, da quanto troviamo codificato nel diritto, perché da questo saremmo indotti a credere che la l[...]

[...]emmo indotti a credere che la lapidazione avesse avuto fin dall’inizio « una particolare connessione » con i reati di furto. « Anzi », aggiunge il Pettazzoni, « è verosimile che nell’opera relativamente tarda di codificazione e sistemazione giuridica facilmente sia stato oscurato o alterato il senso primitivo della lapidazione, quale invece si potrà cogliere soltanto risalendo alle fasi più arcaiche: quelle fasi in cui alla forma primitiva della società corrispondeva anche una religione primitiva, ed anche la lapidazione potè ben avervi un carattere religioso, ma secondo un tipo di religiosità prepoliteistico e direi quasi presacrificale... »28. Primitivamente la lapidazione non è soltanto sacrificio, ma anche catarsi, anzi, scopo del saggio è quello di dimostrare che essa « è tutta catarsi, cioè liberazione, allontanamento, religiosità negativa... ». Ne è un esempio quanto accadeva in tempi più lontani in Arcadia.

Era costume degli Arcadi che chi volontariamente avesse varcato il recinto inviolabile di Zeus Lykàios fosse lapidato, e chi [...]

[...]Monoteismo e « Urmonotheismus » dove riassume con precisione e con chiarezza in quali termini fosse venuta modificandosi Poriginaria impostazione del problema e individua il punto di svolta nelPimportanza crescente che venne assumendo per lui lo studio degli attributi divini (« ... lo studio degli attributi doveva condurmi più lontano »), il Pettazzoni sembra scavare dentro le connessioni della religione con le altre forme della civiltà e con la società riallacciandosi anche al suo primo lavoro sulla religione greca con quella efficace e precorritrice analisi del mito dionisiaco che vi era contenuta. Viene da pensare alle ricchissime descrizioni della Confessione, all’insistenza sulla specificità delle sue diverse forme quando si legge, in Monoteismo e « Urmonotheismus » : « venni persuadendomi sempre più che la identità e l’unicità di natura degli esseri supremi era da abbandonare ... e che non tutti gli attributi appartenevano necessariamente a ciascun essere supremo, ma quale all’uno e quale all’altro secondo la sua natura. Né questa natu[...]

[...] 19261950, a cura di L. Mondo e I. Calvino, voi. n, Torino 1966, p. 667.188

ANDREA BINAZZI

comparativismo che rappresentava quanto di più fecondo e suggestivo fosse stato prodotto in tanti anni di lavoro. Suggestivo, perché, per quanto ci si sforzi di assumere un punto di vista relativistico, sembra insopprimibile, nel campo dell’indagine antropologica ed etnologica, questa tentazione del mettere a confronto le culture e le religioni e le società in modo tanto più appassionato quanto più esse sono lontane tra loro, quasi per un bisogno di sintesi, o forse di possedere una chiave di lettura unica.

La « mitologia comparata » sorta a seguito della rivoluzione copernicana prodotta dall’applicazione, nel 1800, della linguistica allo studio della mitologia, approdava alla conclusione che tutti i popoli della famiglia indoeuropea possiedono un dio del cielo che assume la forma greca, quella indiana, ecc. Di fronte ad essa si eleva l’altrettanto suggestivo universalismo della comparazione estesa a tutti i popoli, indipendentemente dalla fa[...]

[...]ra e Dioniso, con la vita materiale e spirituale dei contadini. Ora aggiunge, in termini nuovi: « Nella colleganza delle due divinità si riflette un determinato complesso di condizioni economiche e di rapporti sociali... Se è vero che la religione è una forma della civiltà, organicamente solidale con le altre forme, è ovvio che ci sia un rapporto anche tra la vita religiosa e la vita sociale, anche tra le religioni e la struttura economica della società » (ivi, pp. 1617).

34 A. Banfi, ree. cit., p. 806.190

ANDREA BINAZZI

Si tratta di riflessioni e di considerazioni chiaramente riconducibili alla presenza ormai, in quegli anni, in Italia e non soltanto in Italia di quello che potremmo chiamare il marxismo delle sovrastrutture con tutte le connesse banalizzazioni. Mentre il Pettazzoni dichiara di essersi fermato al « rapporto organico » religionestruttura economica della società, altri sono andati « molto più in là », fino a tentare, come George Thomson, « una interpretazione marxistica di tutta la storia greca con particolare riguardo alla religione ». « Con ciò s’introduce », commenta il Pettazzoni, « un pensiero diverso, e alla organica interdipendenza tra la religione e le altre forme della civiltà, compresa la forma economica, subentra il concetto sistematico di questa come valore fondamentale, e delle altre forme come ‘ soprastrutture ’... » (ivi, p. 17). Com’è chiaro, in queste considerazioni più che la polemica contro il Marx del l'ideologia tedesca, opera di[...]

[...]della storia, ma idealmente tende a trascendere la storia erigendosi a scienza religiosa a sé, distinta dalla storia. Ciò che manca alla fenomenologia religiosa, ciò che essa esplicitamente ripudia, è l’idea di svolgimento »37. In antitesi a questa fuorviante interpretazione fenomenologica si collocherebbe quella storicistica che assume come centrale l’idea

36 L’onniscienza di Dio, cit., p. 250.

37 II metodo comparativo, ora in Religione e società, cit., p. 107.RAFFAELE PETTAZZONI

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di svolgimento, ma che approda a « una storiografia senza adeguata sensibilità religiosa ». Il Pettazzoni non ritiene che le due posizioni si escludano a vicenda, ma che possano rivelare la loro complementarità entro « una comparazione che, superando il momento descrittivo e classificatorio, valga a stimolare il pensiero alla scoperta di nuovi rapporti e all’approfondimento della coscienza storica ».

Se la consistenza teorica di questa conclusione non è del tutto soddisfacente, è tuttavia fuori discussione l’efficacia esplicativa del punto di vi[...]

[...]i mitologia, a cura di E. Cerulli e A. Becattini, Roma 194849; Mitologia e monoteismo, a cura di studenti universitari, Roma 195051; Italia religiosa, Bari 1952; Le religioni misteriche nel mondo antico, a cura dell’assistente, Roma 195253; Essays on thè History of Religions, Leiden 1954; L’onniscienza dì Dio, Torino 1955; L’essere supremo nelle religioni primitive (L’onniscienza di Dio), Torino 1957; Letture religiose, Firenze 1959; Religione e società, a cura di M. Gandini, prefazione di V. Lanternari, Bologna 1966.



da m.c.c., scheda sintetica di «Il bimestre» (1969-1974) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: [...]imestre (19691974)
Quaderno bimestrale di cultura,
direttore responsabile E. Gabbrielli Scalini,
redattore S. Salvi.
Tipografia nazionale, Firenze,
formato: 31x21.
La rivista pubblicata a Firenze a partire dal 1969, si è prevalentemente orientata verso una articolata proposta del panorama letterario e artistico italiano contemporaneo, pur ospitando abbastanza di frequente saggi e contributi di carattere sociopolitico (ad es.
le rubriche « Società e cultura » e « Scienza e cultura » ecc.) Il Bimestre si suddivide in tre parti: la prima accoglie interventi di critica letteraria, di estetica, di politica; nella seconda parte (Antologia) sono raccolti testi poetici, narrativi e teatrali. Infine la Rassegna dedica rubriche fisse alla poesia (S. Salvi), alla narrativa italiana (M. Forti) e straniera (G. Raboni), alla critica letteraria (S. Pautasso), alla letteratura italiana (S. Ramat), a scienza e cultura (E. Boncinelli), al teatro (L. Baldacci), al cinema (M. Morandini), alla musica (L. Alberti), alle arti figurative (C. Vivaldi), alla a[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Società, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---italiana <---italiano <---Storia <---siano <---Ciò <---Perché <---ideologia <---ideologico <---Così <---Diritto <---Ecco <--- <---Pratica <---Scienze <---comunista <---cristiana <---dell'Italia <---dinamismo <---italiani <---psicologici <---variano <---Basta <---Chimica <---Del resto <---Dio <---Ernesto De Martino <---Etnologia <---Filosofia <---Gli <---La Società <---Linguistica <---Logica <---Media <---Ministero <---Più <---Sardegna <---Statistica <---Stato <---Sulla <---Tenuto <---Torino <---U.S.A. <---abbiano <---affacciano <---archeologica <---autonomismo <---biologica <---comparativismo <---cristiano <---d'Europa <---dell'Industria <---dell'Istituto <---etimologia <---etnologia <---fascismo <---fascista <---fascisti <---geologica <---ideologica <---individualismo <---italiane <---lasciano <---marxismo <---marxista <---metodologica <---nell'Europa <---psicologica <---realismo <---reumatismi <---siciliano <---socialista <---stiano <---testimoniano <---tipologico <---A Massa 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<---Barone Pupillo <---Baronia <---Bartolini <---Bassu <---Basterà <---Battelle <---Baunei <---Becattini <---Bedaux <---Beduini <---Belfagor <---Bellagio <---Bellini <---Benedetto Croce <---Benedicti <---Besta <---Bianciardi Arol <---Bianciardi Aroldo <---Bibliografia <---Bicyman <---Biduni <---Biedermeier <---Bielinskij <---Bildung <---Bildungsroman <---Bino Malossi <---Biock <---Biologica R <---Boccheggiano <---Bodusò <---Boghe <---Bogoroditskii <---Bomprini Parodi Delfino <---Boris Ejchenbaum <---Bovini <---Bresciani <---Bresciani-Borsa <---Brizzigatti Giovanni <---Bruhl <---Budoikov <---Buro <---Bynmana <---C.G.I.L. <---C.S.I.L. <---CGIL <---CISL <---Cagliari <---Cagliari-Arbatax <---Calabria <---Calmucchi <---Cambiano <---Camera Sindacale <---Camere del Lavoro <---Camorra <---Campidano <---Cananei <---Cantu <---Capitolari <---Cappelline <---Cappellino <---Cappotto <---Carlo Bartolini <---Carlo Clausen <---Carollo <---Carta <---Carta de Logu <---Carte Ernesto <---Cartographica 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