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Il segmento testuale Shakespeare è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 252Analitici , di cui in selezione 7 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Georg Lukacs, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Introduzione agli scritti di estetica di Marx ed Engels in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]la questo pensiero applicandolo di principio alla letteratura, e in modo se possibile ancora più netto e reciso. Egli dice: o In arte è noto ché determinate epoche di fioritura non stana affatto in r_ apporto con lo sviluppo generale della società, quindi anche con la base materiale, con l'ossatura, per così dire,
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della sua organizzazione. P. es. i Greci confrontati coi moderni, o anche Shakespeare. Di certe forme d'arte, p. es. dell'epos, si riconosce addirittura che non possono mai essere prodotte nella loro forma classica, che definisce un'epoca del mondo, non appena inizia la produzione artistica come tale; si riconosce dunque che nell'ambito dell'arte stessa certe notevoli cre zioni sono possibili soltanto allo stadio di un insufficiente sviluppo artistico. Se questo avviene nel rapporto tra le diverse forme artistiche nell'ambito dell'arte stessa, é già meno sorprendente che avvenga nel rapporto dell'intero campo dell'arte verso la sviluppo generale della società».
Questa concezi[...]

[...]di ap arentemente o ettivo ogii vero artista o scrittore
è un avv r rio is' o mazions del principio uma
nistico, indipendentemente dal grado di consapevolezza con cui si rende conto di tutto cid.
Ripetiamo che è ovviamente impossibile discutere ampiamente il problema in questo luogo. Marx mette in evidenza questa azione antiumana del denaro, tale da alterare e deformare l'essenza dell'uomo, partendo dall'analisi di alcuni passi di Goethe e di Shakespeare.
« Shakespeare pone in evidenza soprattutto due proprietà del denaro:
1. esso è la divinità visibile, la trasformazione di tutte le qualità umane e naturali nel loro contrario, lo scambio e l'inversione universale delle cose; esso affratella gli inconciliabili;
2. esso è la meretrice universale, il mezzano universale degli uomini e dei popoli.
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L'inversione e lo scambio di tutte le qualità umane e naturali, l'affratellamento degli impossibili — il potere divino — del denaro, provengono dalla sua essenza di essere generico degli uomini estraniato e indotto ad es[...]

[...]quanto segue accenneremo ad alcune di tali peculiarità del rispecchiamento letterario e artistico, senza peraltro nemmeno tentare di esaurire, seppure a grandi tratti, l'intero complesso di tali questioni.
La teoria del rispecchiamento non costituisce in estetica nessuna novità di sorta. L'immagine contenuta nella parola rispecchiamento, in quanta é una metafora che bene esprime l'essenza della creazione artistica, divenne famosa per opera di Shakespeare, il quale nella scena dei commedianti nell'« Amleto» indica questa concezione dell'arte come caratteristica della sua stessa teoria e prassi letteraria. Ma l'idea ne è molto più antica. Essa costituisce già un problema centrale dell'estetica di Aristotele e da allora continua a predominare in quasi ogni estetica — prescin dendo dalle epoche di decadenza. Un'esposizione storica di questa evoluzione non rientra beninteso nei compiti della presente introduzione. Basti accennare al fatto che molte estetiche idealistiche (p. es. quella di Platone) si fondano pure, a modo loro, su di questa teoria.[...]

[...]diale hanno scritto seguendo, istintivamente o più o meno consapevolmente, la teoria del rispecchiamento, e che i loro sforzi di render chiari a se stessi i principi della creazione artistica sono stati orientati in questo senso. La meta di pressoché tutti i grandi scrittori fu la riproduzione artistica della realtà; la fedeltà alla realtà, l'appassionato sforzo di restituirla nella sua totalità e integrità, denotarono per ogni grande scrittore (Shakespeare, Goethe, Balzac, Tolstoi) il .vero criterio della grandezza letteraria.




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Che l'estetica marxista affronti questa questione fondamentale senza rivendicare un'innovazione radicale risulta sorprendente per coloro i quali, senza alcun motivo serio e senza vera conoscenza di causa, accoppiano l'ideologia del proletariato a qualche cosa di assolutamente nuovo, a un « avanguardismo» artistico, e credono che l'emancipazione del proletariato comporti nel campo della letteratura una completa rinuncia al passato. I classic[...]

[...] l'elemento umano eterno e quello storicamente determinato, l'individualità e l'universalità sociale. Perciò nella creazione
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di tipi, nella presentazione di caratteri e di situazioni tipiche, le più importanti tendenze dell'evoluzione sociale ricevono un'adeguata espressione artistica.
A queste osservazioni d'indole generale dobbiamo farne seguire un'altra. Marx ed Engels scorgevano in Shakespeare e Balzac (di fronte, diciamo, a Schiller da una parte e a Zola dall'altra) quella tendenza realistica che meglio corrispondeva alla loro estetica. La scelta di questi grandi scrittori indica di per sé che la concezione marxista del realismo non ha nulla a divedere con la copia fotografica della vita quotidiana. L'estetica marxista auspica soltanto che l'essenza individuata dallo scrittore non venga rappresentata astrattamente, bensì come essenza insita in modo organico nella fervida vita dei fenomeni, dalla cui esistenza individuale essa scaturisce. Ma non é affatto necessario, a nostro parer[...]

[...]ragionamento, che ogni grande scrittore debba avere una concezione progressista del mon do in filosofia, sociologia e politica; sembra che — per formulare nettamente questa contraddizione apparente — ogni grande scrittore debba essere orientato politicamente e socialmente a sinistra. Eppure non pochi grandi realisti che si incontrano nella storia della letteratura, proprio gli autori prediletti di Marx ed Engels, sono una prova del contrario. Né Shakespeare, né Goethe, né Walter Scott, né Balzac ebbero una posizione politica di sinistra.
Marx ed Engels non solo non evitarono tale questione, ma anzi la sottoposero a una profonda analisi. In una famosa lettera a Margaret Harkness, Engels si diffonde sul problema costituito dal fatto che Balzac, in quanta uomo politico di sentimenti realisti e legittimisti, era un grande ammiratore dell'aristocrazia decadente, mentre nelle sue opere si esprime in ultima istanza proprio la concezione opposta a questa: cc Certo, Balzac era legittimista in politica; l'intera sua opera é un'elegia sull'inevitabile dec[...]



da Massimo Mila, L'antico e il progresso nel carteggio tra Verdi e Boito in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]un modo. Più altri incomodi che Voi sapete », Lettera 251), è solo in un biglietto del 4 agosto 1898, che Verdi, a 85 anni, se ne esce in questa sorprendente ammissione: « Ma ora da un anno circa sento il peso dell’età! » (Lettera 271).

Il ricordo del grande lavoro compiuto stava alle spalle d’entrambi come un paradiso perduto. « Caro Maestro », sta scritto nell’ultima lettera di Boito, « era meglio quando si lavorava insieme, Lei col vecchio Shakespeare e me; andavamo così d’accordo tutti due anzi tutti tre! » (Lettera 289). Era l’ottobre 1900. Boito aveva imparato a scrivere Shakespeare correttamente. A Verdi non restavano che tre mesi di vita.

Si potrebbe indugiare lungamente a rintracciare, attraverso le lettere, la pittoresca storia esterna dei rapporti culturali ed umani tra i due amici, e dei capolavori nati dalla loro collaborazione. Ma da un punto di vista più propriamente critico, quali prospettive apre questa pubblicazione?

Si tenga presente che non si tratta, per lo più, di inediti. Su 301 lettere sono totalmente inedite 81, e non delle più importanti, salvo una mezza dozzina. Spesso sono biglietti brevi degli ultimi anni, qualche volta162

MASSIMO MILA
[...]

[...]« Un melodramma non è un dramma, la nostra arte vive d’elementi ignoti alla tragedia parlata. L’ambiente distrutto si può crearlo da capo, otto battute bastano a far rivivere un sentimento, un ritmo può ricomporre un carattere: la musica è la più onnipossente delle arti, ha una logica sua propria, più rapida più libera della logica del pensiero parlato e più eloquente assai ».

In realtà, nulla della « trovata » verdiana passò nel libretto. Da Shakespeare si accoglie la bellissima espressione dello stupore di Ludovico,l’antico e il progresso nel carteggio tra verdi e boito

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l’ambasciatore veneto: « La mente mia non osa / pensar ch’io vidi il vero », e poi, attraverso stadi successivi, si va « all’infuori di Shakespeare » facendo chiamare Cassio (che nella tragedia non ha ancora parte in questa scena, ma solo in un secondo tempo) e dando vita al « pezzo musicale », cioè al concertato della desolazione di Desdemona, della stupefazione di Ludovico, della pietà di Emilia, del dolore di Roderigo, innamorato nascosto, per la partenza di Desdemona, e dell’agitazione di Cassio. Tacciono Otello e Jago, ai quali resterà la fine dell’Atto, tutta inventata, quando la scena si sarà svuotata: furia e svenimento di Otello, bieco trionfo di Jago. « Ecco il Leone! ».

Il 2 dicembre 1880 Verdi applaudiva: « Ben trovato il [...]

[...]Boito sbagliava per comprensibili ragioni d’opportunità pratica. La natura di quel dialogo, e di conseguenza anche la musica che Verdi ci ha messo su, postula il raccoglimento d’una camera chiusa, e non si assisterà mai senza un certo imbarazzo a tutte quelle spiegazioni e rievocazioni e ricostruzioni d’un passato intimo e familiare, a cielo aperto.

Quando i due artisti riprendono il lavoro per Otello, l’indispensabile mediazione di Boito tra Shakespeare e Verdi non lo colloca affatto in posizione di superiorità. È sempre Verdi che tiene il coltello per il manico. Nel breve dialogo tra Otello e Jago che segue al concertato del tormentato Finale terzo, le parole « All’opra ergi tua mira! all’opra sola!

Io penso a Cassio... » sono di Verdi, proposte a titolo esemplificativo nella lettera del 27 agosto 1881. Boito non ha fatto che scriverle in forma di un endecasillabo e mezzo, andando a capo al momento giusto. E subito dopo ha aggiustato « L’infame anima ria gli svellerò », proposto da Verdi, in « L’infame anima ria l’averno inghiotta ». « T[...]



da Theodor Wiesengrand Adorno, Aldous Huxley e l'utopia [traduzione di Elèmire Zolla] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ovare ciò che ancora non si sapesse. Senza questa idea esso sarebbe ormai maturo per la sua scomparsa. Gli uomini total mente collettivizzati e incessantemente comunicanti debbono rinunciare ad ogni comunicazione e riconocersi vnojAtadi mute, quali erano stati in segreto fin dai primordi dell'era borghese. Sprofon Idano nella minorità arcaica.
Essi sono rescissi dallo spirito, che Huxley equipara ai beni culturali tradizionali ed esemplifica in Shakespeare, nonché dalla natura come paesaggio, immagine della Creazione intatta, di qua della società. Il contrasto di spirito e natura fu il tema della filosofia borghese al suo culmine. In Brave New World entrambi si coalizzano contro laciviltà, che contamina tutto e nulla sopporta che non si adegui ad essa. La speculazione idealistica concepiva l'unità dello spirito e della natura come la piú alta conciliazione, ora essa viene intesa come l'assoluto opposto dell'assoluta reificazione. E' possibile tanto spirito (ovvero sintesi spontanea ed autonoma della coscienza) quanta « natura » (non colta, non [...]

[...]rebbero inconciliabili. Una società che mirasse soltanto alla gioia cadrebbe nella « insanity », nell'imbestiamento meccanico. Ma la difesa troppo accesa di Lenina tradisce l'insicurezza, il sospetto che la sua specie di gioia sia infirmata dalla contraddizione interna di non essere affatto vera gioia. Per afferrare l'imbecillità di quel film e quindi la « disperazione oggettiva » dei suoi spettatori, non era necessario rammentare farisaicamente Shakespeare. Ma è l'essenza stessa del film, come duplicazione e rafforzamento di ciò che é, la sua superfluità e insensatezza stridenti nel tempo libero ancorato all'infantilismo, l'incompatibilità del realismo fondato sulla duplicazione e della contemporanea pretesa di essere immagine — tutto questo appare in evidenza nella cosa stessa, senza ricorsi a vérités eternelles dogmaticamente citate. Che il circolo vizioso tracciato così accuratamente da Huxley abbia le sue lacune, non dipende dalle manchevolezze della sua costruzione fantastica, ma dall'idea di una felicità soggettivamente completa e oggetti[...]



da Carlo Ferdinando Russo, Dietro le quinte della parola in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]hista, certo, dispone solo di esemplari di relativa autorità; purtuttavia in quegli esemplari è rimasta piú che l'ombra del libretto d'autore, perché le proprietà costruttive e le didascalie principi sono interne al testo, da Omero ai drammaturghi. Giorgio Pasquali, quando insegnava qui in Toscana, esclamava: « Siamo piú ricchi, siamo piú ricchi di quel che crediamo ». E piú ricchi sono anche i modernisti; cinquanta anni fa un egregio critico di Shakespeare ha scritto: « È sorprendente che un fatto cosí ovvio sia stato riconosciuto solo ora, ossia che Shakespeare non scriveva per essere letto, ma per essere recitato, e che i suoi libri sono in realtà dei libretti » (J. DoverWilson per le prefazioni del registafilologo Harley GranvilleBarker; la prefazione all'Amleto fu tradotta in Italia da Luigi Squarzina nel 1959).
Incontro di Cassandra con il Coro, versi 108: ne sfioro lo scheletro. Ma l'enunciazione di numeri non risulta armoniosa. Per questo incontro — vertice della tragedia Agamennone e fulcro di tutta la trilogia Orestiade — Eschilo prende due materiali: l'usuale trimetro giambico della recitazione e una serie di metri nettamente cantabili. Qu[...]



da (9 Domande sul romanzo) Elsa Morante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...] importa se questi siano scritti in prosa, e quelli in versi. Anche nell'arte del teatro, si possono dare drammi in versi, o in prosa; ma non se ne determinano, in conseguenza, due « generi » distinti. « Il giardino dei ciliegi » appartiene all'arte del teatro, come vi appartiene « The cocktail party ».
Per quanto mi riguarda, io confesso che arrivo addirittura a considerare romanzi il « Canzoniere » di Petrarca, per esempio, o « I Sonetti » di Shakespeare (per le stesse considerazioni sostanziali per cui si chiama romanzo « La princesse de Clèves » o « A la recherche du temps perdu »).
Già altre volte (per esempio nel 1957, a proposito del « Can zoniere » di Saba) mi è capitato di esporre le mie ragioni su simile argomento. E mi si scuserà, dunque, se, ripetendo, in parte, cose già dette allora, riproporrò qui una definizione del romanzo che a me sembra giusta (ma che do, naturalmente, per quello che vale) :
«Romanzo sarebbe ogni opera poetica, nella quale l'autore — attraverso la narrazione inventata di vicende esemplari (da lui scelte come[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]i Riuniti, 19742, p. 389) ribadiva: « Lingua morta, dunque, la lingua latina: ma in questa lingua parla al mondo una delle piú grandi letterature: e certamente la piú universale » 6.
6 Accanto all'argomento, piú tipicamente marchesiano, dell'« universalità », compare in questi scritti anche la tesi classicistaumanistica, secondo la quale l'arte classica è l'unica che può essere gustata solo nella lingua originale e non in traduzioni, laddove in Shakespeare o in Tolstoj « la grandiosità e la ricchezza della scena e l'immensa forza suggestiva della rivelazione umana s'impongono su ogni vizio di forma » (Umanesimo e comunismo, p. 397). Ma, a parte quell'accenno stranamente sprezzante a « ogni vizio di forma » in autori grandissimi, è facile obiettare che la maggiore o minore traducibilità delle opere artistiche si misura caso per caso, e anche a seconda del genere letterario, non già con una contrapposizione globale antichimoderni. Sarebbe arduo sostenere che, traducendo in lingua diversa dall'originale Shelley o Leopardi o Verlaine,
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da (9 Domande sul romanzo) Italo Calvino in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]coloro che credono che l'intelligenza umana stia per morire uccisa dalla televisione; l'industria culturale c'è sempre stata, col suo pericolo di scadimento generale dell'intelligenza, ma da essa è sempre nato un qualcos'altro nuovo e positivo; direi che non c'è terreno migliore per la nascita di veri valori che quello graveolente delle esigenze pratiche, della richiesta di mercato, della produzione di consumo: è di li che nascono le tragedie di Shakespeare, i feuilletons di Dostojevskij e le comiche di Cha
9 DOMANDE SUL ROMANZO 7
plin. Il processo di sublimazione dal romanzo come prodotto mercantile al romanzo come sistema di valori poetici é avvenuto am
piamente e in più fasi nel corso di due secoli. Ma adesso pare che non si possa più rinnovare: non c'è stata una rinascita del romanzo attraverso i « gialli » né attraverso la « fantascienza »: pochi gli esempi positivi nel primo caso, pochissimi nel secondo.
Una definizione più interna al fatto letterario ma che in qualche modo non é che una traduzione di quest'ultima é quella del romanzo [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Shakespeare, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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