Brano: [...]sentire la puzza. Va bene? I viaggetti, eh? Brutta maledetta impunita! ».
Quello che a mia madre gli scocciava di piú, di tutta la faccenda di Adriana, erano i viaggetti, specialmente per il fatto che quando la figlia stava fuori lei si doveva sfogare da sola. Inoltre sospettava, con fondamento, che da questi viaggetti mia sorella ci ricavasse parecchio, e non si dava pace che a casa non si fosse mai visto un soldo.
«Insomma si può sapere dove sei stata tutto questo mese? » urlò attraverso il tramezzo a mia sorella, che s'era alzata e si sentiva muovere dall'altra parte.
Secondo i calcoli di mia madre, contando tre o quattro mila lire a notte, l'ultimo viaggetto di Adriana doveva avere fruttato sopra centomila lire. Invece non aveva fruttato niente, perché questa volta lei era finita subito a San Gallicano. Ma mia madre non lo sapeva.
«Allora andiamo? » disse mia sorella entrando in cucina con le valigie.
Mia madre, quando vide le valigie, quasi soffocava.
« Ah! Ahé! » disse.
« Troia! Mignottona! » urlò. « Ma che? Hai sentito quel[...]
[...]riana doveva avere fruttato sopra centomila lire. Invece non aveva fruttato niente, perché questa volta lei era finita subito a San Gallicano. Ma mia madre non lo sapeva.
«Allora andiamo? » disse mia sorella entrando in cucina con le valigie.
Mia madre, quando vide le valigie, quasi soffocava.
« Ah! Ahé! » disse.
« Troia! Mignottona! » urlò. « Ma che? Hai sentito quello che gli ho detto adesso a tuo fratello? E rivai via, adesso, che nemmeno sei tornata? E ti credi di ritornare un'altra volta, che io ti faccio tornare? Uh, sporcacciona, vattene, vattene, vattene che t'ammazzo ».
LA PORTA 81
« Io l'ammazzo, a questa. L'ammazzo! » urlava.
«Ma non gliel'hai detto che andavo via? », disse mia sorella.
« Non m'ha fatto parlare » dissi. «Non m'ha dato il tempo ».
« Vado via» disse mia sorella. «Forse torno, tra... tra qualche anno;
forse non torno. Qui ci stanno un po' di soldi. La roba mia che ho
lasciato qui te la puoi vendere ».
Uscimmo prima che riprendesse fiato. Dalle scale la sentimmo che
strillava:
«Non ti crederai di ave[...]
[...]immo prima che riprendesse fiato. Dalle scale la sentimmo che
strillava:
«Non ti crederai di avermi fatto l'elemosina, eh? Non ti credere
che ci ho bisogno dei soldi tuoi! Se me lo dicevi prima, che te ne an
davi, io avevo già trovato da affittare lo stanzino, avevo trovato! Ci
posso fare quattromila lire con lo stanzino... ».
Per strada pioveva. Camminavamo rasente al muro. Mia sorella
avanti, con la valigia piccola, io dietro.
« Almeno sei guarita bene? » dissi. « Se ti si complica, mentre stai
chiusa là dentro, come fai? ».
« No, ho fatto l'analisi » disse seguitando a camminare. « Dice che
sono guarita bene ».
Camminava svelta sui tacchi alti, saltando le pozzanghere. Ogni
tanto rallentava davanti a una vetrina.
« Penso se mi sono scordata di comprare niente » disse.
« Possiamo vedere quando stiamo là » dissi. « Caso mai te lo vado
a comprare io ».
« A proposito » dissi, « ti volevo comprare qualche cosa, ma questi
giorni ci ho avuto delle spese... così non ho potuto ».
« Qualche cosa? » disse Adriana. « Che cosa? [...]
[...]llora... non é che io ti stia a fare ancora delle proposte, delle dichiarazioni... ma allora il mantenuto mio non lo potresti fare? A te che ti costa? Di, non lo potresti fare? ».
Quando lei ricominciava con quella faccenda io non ci avevo altro argomento che quello, fondamentale, che non mi andava. Ma era difficile starglielo a sbattere in faccia ogni volta.
«E il progetto? » dissi goffo. «La vita in cantina? Volevi comin
ciare oggi e già ti sei stufata? ».
« Ah, quella é una scemenza » disse. « E una scemenza ».
« Sarà una scemenza » dissi, « ma ci sei stata appresso tanto tempo!
Ci tenevi tanto. Poi, pub essere pure che non sia una scemenza, che
ne so? In ogni modo...».
« In ogni modo » disse mia sorella, « lo sai che per averti a te pian
terei tutto, in qualunque momento ».
LA PORTA 83
Si accorse di avere detto male e si morse le labbra. Batté il bicchiere col cucchiaino per chiamare il cameriere, page,.
« Franco, sei scocciato? » disse.
«Non sono scocciato» dissi, «ma non ne parliamo più. Non è meglio? ».
« Va bene » disse.
« Amore mio » disse.
Pioveva ancora, ma più piano. La casa era poco dopo il Pantheon, ci arrivammo in pochi minuti.
« Non c'è portiere » disse mia sorella. « È uno strazio di meno. La porta sta nel secondo cortile ».
Nel secondo cortile c'era quella porta sola, e i muri erano senza finestre. C'erano solo, uno per piano, dei finestrini che dovevano essere quelli dei cessi.
« L'ho affittata come magazzino » disse, cercando le chiavi nella borsetta. « Ho pagato tutto anticipato. Cr[...]
[...]apre la porta di sopra, apre anche quella? » dissi. « Sì » disse.
« E ce n'é una sola? ».
« Si » disse.
«E chi la terrà? ».
« Tu » disse. «Per tre anni. Non importa che siano tre anni precisi. Mese piú, mese meno. Tre anni circa. Poi vieni .e mi apri. Non ti pare combinato bene? ».
86 FRANCO LUCENTINI
« Ah, benone » dissi. « Solo che, mettiamo, se io domani mi rimettessero dentro, e se invece di tre anni circa mi dessero cinque anni circa, sei anni circa, sette anni e tre mesi, senza condizionale, circa? Tu ci avresti tutto il tempo di stirare le gambe, non ti pare? ».
« Che c'entra » disse. « Puoi sempre mandare qualcuno, avvertire che mi vengano a tirare fuori ».
« Ma non ti mischiare in cose pericolose » disse pure. « Non ti fare più mettere dentro! Ti tocca di stare insieme con quelli che stanno dentro, che non puzzano meno di quelli che stanno fiori, e poi con i questurini, che puzzano ancora di più. Che gusto? Stai attenta! ».
« Va bene » dissi, « ma se per esempio le gambe le stirassi io, prima di potere avvertire qualcun[...]
[...]che io apprezzo lo spirito di sacrificio, eh? Non ti crederai di fare con me la scena madre, il finale spettacoloso, con me che arrivo in capo a tre anni, con la chiave in mano, innamorato pazzo? Non ti crederai di mettermi a me in una fesseria simile? La chiave,
LA PORTA 87
cara Adriana, te la tieni tu, e io in questa storia non ci voglio più entrare. Dovevo capirlo prima, che tutta la faccenda non reggeva, che ci mancava qualche cosa. Tu non sei il tipo che vive staccata, che se ne frega, che gli piace di starsene tranquilla. A te ti ci vuole la grande passione, eh? la grande speranza! Si sa, a tutti gli ci vuole, pure a me, ma io la commedia, se la devo fare, me la faccio da me; non ci vado a mettere dentro, con l'imbroglio, uno che non c'entra ».
Mi scuserai, eh? » dissi dopo. « T'ho detto quello che ti dovevo dire. Te l'avrei detto prima, se l'avessi capito prima D.
Adriana si abbassò la veste, si infilò le pantofole. Venne vicino a me, accanto al tavolo, e mi dette un bacio sulla faccia.
«Tu sei sempre acuto» disse ridendo, «c[...]
[...]one, eh? la grande speranza! Si sa, a tutti gli ci vuole, pure a me, ma io la commedia, se la devo fare, me la faccio da me; non ci vado a mettere dentro, con l'imbroglio, uno che non c'entra ».
Mi scuserai, eh? » dissi dopo. « T'ho detto quello che ti dovevo dire. Te l'avrei detto prima, se l'avessi capito prima D.
Adriana si abbassò la veste, si infilò le pantofole. Venne vicino a me, accanto al tavolo, e mi dette un bacio sulla faccia.
«Tu sei sempre acuto» disse ridendo, «capisci tutto. Ma pensi sempre troppo a te, sei un pochetto presuntuoso, e allora qualche volta capisci tutto, ma non capisci il resto ».
« Che vuoi dire? » dissi smontato. Lei rideva, era molto bella, e si vedeva chiaro che in quel momenta se ne fregava di me, ci aveva qualche altra cosa che l'interessava. Non era la prima volta che ci facevo una figura così con una donna.
« Come sei caro! » disse tenendomi abbracciato. « Come , ti voglio bene! ».
« Adesso ti spiego » disse. « Tu hai capito bene, hai capita che non bastava. Non ti sbagli mai, tu! È vero che ci ho la grande passione, la grande speranza. Ma non sei tu. Pianterei ancora tutto, per te, ma quello che aspetto qui dentro non sei tu. Io pure, la commedia me la faccio da sola, non credere che sono tanto cretina. Anzi me la volevo fare tanto da sola che non volevo nemmeno starti a spiegare, perché tu non credessi che ti ci volevo tirare dentro ».
«Vedi come ti sei sbagliato? E perché non mi vuoi bene! » disse baciandomi di nuovo. « È vero pure che non lo sapevi, tu, che qui c'è un'altra porta ».
Avevo i capelli di lei sulla faccia, brillavano alla luce del lume. « Che porta? » dissi di soprassalto.
« Quella lá » disse.
Si staccò da me e girò intorno al tavolo, andò in mezzo alla cantina.
« Questa » disse.
ß8 FRANCO LUCENTINI
A meta del muro di sinistra, da dove stavo io, si vedevano delle macchie scure che prima non avevo visto. Ma non sembrava una porta. Presi il lume e mi volevo avvicinare.
« No » strillò. « Il lume lascialo la ».
Lasciai il [...]
[...]ta sola, seduta davanti al tavolo, aspettando.
Tornò con un coltello da cucina a un apriscatole.
«Puoi fare con uno di questi? » disse.
Presi il coltello ma non era forte abbastanza, si piegava.
« Dammi quell'altro » dissi.
Lei mi tese l'apriscatole, alzandosi sulla punta dei piedi. Nell'ombra, sembrava ancora piú morbida, con la sua faccia chiara e i capelli sciolti sulle spalle. Il lume brillava in fondo alla cantina.
LA PORTA 89
« Come sei elegante » dissi. « Come sei bella ».
« Che ti prende? » rise.
L'apriscatole non era molto adatto, ma riuscii lo stesso a schiodare
la tavola in alto. Le altre vennero via facilmente. Scesi dada cassa per
schiodare l'ultima.
Dalla porta veniva un odore di muffa. Una scala di legno, senza
ringhiera, portava in basso; si vedevano i primi gradini.
« Questo legno dev'essere fradicio» dissi. « Non possiamo mica scen
dere. Qui si rompe, caschiamo di sotto ».
« Ma mica dobbiamo scendere » disse mia sorella.
Rimasi fermo, con l'apriscatole in mano, a guardarla.
« Ma che vuoi fare? » dissi. « Ci vuoi scendere dopo, da[...]
[...]i... Di un po', perché, prima, non m'hai fatto portare il lume? Non ridere, stupida! Che c'é, là sotto? ».
« Non lo so » disse. « Non ci voglio scendere e non lo voglio sapere. Non ci voglio nemmeno guardare col lume e non voglio che ci guardi tu ».
Mi cominciai a impaurire. Non credevo che fosse proprio matta, ma pensavo per forza che ci avesse qualche brutta intenzione. Guardai il coltello che teneva in mano.
Lei si mise a ridere.
« Quanto sei stupido! Che, hai paura che ti voglio ammazzare? » rise.
Non pareva isterica, ma non mi sentivo per niente sicuro. «Perché m'hai fatto levare le tavole? » dissi.
Seguitò a ridere, però non era più un riso allegro.
«Perché m'hai fatto levare le tavole?» dissi ancora.
« Vieni qui » disse, « mettiamoci a sedere ».
Tornammo verso il tavolo. Lei ripose coltello e apriscatole, poi si mise a sedere sul letto. Io la guardavo continuamente. Sapevo che se ne sarebbe accorta, ma le tenni lo stesso gli occhi sulle mani, attento a tutto quello che faceva.
« Puoi guardare sotto il cuscino » disse sco[...]
[...]
« Te lo posso andare a comprare » dissi, « ma a quest'ora dovrebbe
essere chiuso ».
Venne fuori dalla tenda.
« Puoi prenderlo alla farmacia notturna » disse. « Io intanto vado
a letto. Tu puoi stare fuori, mentre io dormo, puoi andare a un caffè.
Dormirò un paio d'ore ».
« Oppure...» disse. « Se vuoi che t'aspetto alzata... Tu torni subito
e ci salutiamo, non ne parliamo piú... Ne riparleremo quando tornerai,
tra.., tre anni ».
« Ma tu sei scema» dissi. « Mettiti a letto. Torno tra un quarto
d'ora, tu vedi di dormire subito ».
« Comprane dieci » disse.
« Come dieci? ».
«Eh...! ».
« Ah » dissi.
Si infilò sotto le coperte, con la faccia verso il muro.
« Ciao » dissi carezzandola. « Dormi ».
« Ciao ».
Per la scala mi accorsi di avere finito i fiammiferi. Tornai indietro
e cercai di ritrovare la cassetta dei « Safety Matches » che avevo visto
prima. Mia sorella pareva che giá dormisse. Presi i fiammiferi e tornai
su, aprii la porta. Attaccata alla chiave della porta c'era un'altra chiave,
che doveva essere quella del p[...]
[...]i. .Le carezzavo le braccia, i capelli, il viso. Masse una mano sulla coperta, cercando la mia. Prendendole la mano pensai a tutta la vita che aveva fatto, alla vita che avevo fatto io. Alla vita che facevamo tutti. Le tenni la mano stretta, senza parlare, mentre lei tremava sempre più piano.
Alla fine si calmò, girò la testa e mi guardò, sorrise.
« Povera me » disse, .« quanto sono stupida. Che sorella stupida che ci hai ».
LA PORTA 95
«Non sei stupida » dissi. « Sei un amore. A tutti gli può succedere
di credersi chi sa che, di volere fare chi sa che, e poi dopo si vede
che non si può fare, che non gli si fa, che é meglio fare come tutti.
Anche a te ti può succedere, hai visto? Queste non sono cose per te...
Tu sei piccola... carina... ».
Si mise a ridere.
« Non sono mica piccola. Sono alta » disse.
« Va bene » dissi, « sei alta. Ma adesso ce ne andiamo via, torniamo
a casa. Tutta questa roba la vendiamo e ti prendi una casetta in cam
pagna. Ti piacerebbe, no? E il sogno di tutte le... di tutte le ragazze
di farsi la casetta in campagna, e tu invece viene qui a farti questi
sognacci ».
Rise e mi carezzò la faccia.
« Che amore che sei! » disse.
« Ma che t'eri sognata? » dissi.
Ricominciò a tremare, ma si calmò subito.
« Ho sognato uno » disse. « Che entrava uno ».
« Ma chi? » dissi.
« Uno...» disse. « Quello che... T'ho detto, prima, che aspettavo
qualcuno... Qualcuno che deve entrare...».
« Qualcuno che deve entrare da quella porta? » dissi.
(' Si » disse.
« Ma se là sotto è chiuso » dissi, « se è tutto chiuso. Non l'hai detto
tu che é chiuso? ».
« Si » disse.
« E allora, se é chiuso, chi deve venire! O forse credi che ci sia
già? È qualcuno che ci sta già, là sotto? ».
« Non so » disse. « Non credo che ci [...]
[...]a allora chi è? Come può venire? E un mostro? ».
« Si » disse. « Così. Più o meno. Sai, in tre anni, credo che mi
verrà una paura così grande... aspetterò così forte... che qualcuno dovrà
venire, anche se non c'è nessuno, adesso ».
« Uh » dissi baciandola, « scema! ».
« Cosi » dissi, « quando torno, ti trovo a letto con un orribile mo
stro, e magari madre di qualche mostricciattolo ».
Mi guardò ridendo.
96
FRANCO LUCENTINI
« Tu sei sempre cosh » rise. « Con te non si pub parlare. Perché poi dovrebbe essere orribile? Potrebbe essere un bellissimo giovane! ». Giusto » dissi. « Ma allora a che ti serve che sia uno spettro, un mostro? Non ne puoi trovare uno che non é mostro, senza stare a girare tanto? Senza..., senza stare a... aspettare tanto? ».
Seguitò a ridere e risi io pure, ma ridevo stonato. Lei . se ne accorse e non rise piú. Voltò piano la faccia in sú, con gli occhi azzurri spalancati, guardandomi senza espressione. Respirava appena, con la bocca sotto la mia.
Bestemmiai e mi volli alzare, ma non mi potevo muo[...]
[...]i a sentire i passi . che scendevano.
Tornai al Caffè Notturno. Ma anche gli altri caffè, ormai, stavano aprendo.
« Mi fa un caffè doppio » dissi.
a Corretto? »..
LA PORTA
99
« Si » dissi. « Mistrá ».
C'era un tizio, all'altro capo del banco, che mi guardava. Mi venne
vicino, mettendosi tra me e la porta.
«A te non ti avevamo detto di sgombrare?» disse.
Ci avevo talmente sonno che non capii subito.
« A me? » dissi. « Ma tu chi sei, che vai cercando? ».
« Andiamo » disse, prendendomi per un braccio.
Al barista disse: «A questo, il caffè glie lo diamo noi! ».
In Questura mi fecero aspettare tutta la mattina, poi mi fecero
passare da un vicecommissario.
«Quanto tempo è che sei tornato?» disse.
«Perché? » dissi.
« Non mi fare perdere tempo » disse. « Ti abbiamo rimpatriato
due mesi fa, ti abbiamo diffidato a tornare. Allora? ».
« Ma io la famiglia ce l'ho qui » dissi.
«E la residenza pure ce l'hai qui? ».
« Ho fatto domanda » dissi.
« Beh » disse, « se non ci hai altro da dire, adesso ti prendi un
mese e poi ti rimpatriamo un'altra volta. Dopo, se ci vuoi provare a
tornare, sempre a disposizione ».
Si voltò al poliziotto che m'aveva accompagnato.
« Questo resta a disposizione per gli accertamenti » disse.
Gli accertamenti cominciarono il pomeriggio; li f[...]
[...] la guardia che batteva i ferri. Una volta, quando vennero, io stavo ancora a letto.
« Che é successo? » disse il sottocapo. « Stai male? ».
LA PORTA 103
«Sì» dissi.
«Allora perché non hai chiesto visita? ».
« Eh... eh... » dissi.
« Uh... » urlai. « Uhà... uhà... » urlavo.
Quelli mi guardavano incuriositi, perché io prima ero stato sempre calmo.
« Adesso calmati » dissero. « Noi ripassiamo dopo ».
Quando ripassarono m'ero calmato.
((Ti sei calmato? » dissero.
« Sì » dissi.
((Ti serve qualche cosa? ».
« No » dissi. « Grazie, non mi serve niente ».
Quello della truffa mi offri un bicchiere di vino.
« Grazie » dissi. « Non bevo ».
Tutto quel giorno e il giorno appresso pensai a Adriana. Alla paura di sopra e a quella di sotto. All'idea che ci aveva avuto lei di andarsi a mettere là sotto. Alla porta che guardava lei e alla porta che guardavo io. Dalla porta che guardavo io adesso, ci entravano gli scopini, il sottocapo, le guardie, il prete, il barbiere; quelli per truffa, per politica, per furto, per ammazzamento. Poi sareb[...]
[...]nte da farci qualche bella conversazione, tanto da riaggiustarsi i coglioni un momento; qualcuno che sarebbe entrato contento di trovare un amico, ma che poi non avrebbe saputo che dire, nemmeno lui. Alla fine, poi, non sarebbe entrato più nessuno. Ma io non ci avrei avuto la soddisfazione di vederlo.
Dalla porta che guardava Adriana, già adesso nessuno ci entrava più.
« Cara Adriana » scrissi, « ti scrivo a casa nel caso che fossi tornata. Se sei tornata credo che hai fatto male, credo che ci avevi avuta una buona idea, anche senza la paura, anche senza la speranza di qualcuno che doveva venire e di tutta quella faccenda della crepa, della cosa che si poteva rompere. Non mi pare che ci sia un'altra rottura possibile, oltre a quella dei... Pere) non sono più tanto sicuro. Credo che ci avevi
104 FRANCO LUCENTINI
ragione quando dicevi del coraggio, che nessuno ce l'ha. Credo che tu ce l'hai avuto, e pure se sei tornata ce l'hai avuto lo stesso. Credo che se qualcuno si merita qualche cosa, sei tu. Adesso solo ho capito quello che volev[...]
[...]ai fatto male, credo che ci avevi avuta una buona idea, anche senza la paura, anche senza la speranza di qualcuno che doveva venire e di tutta quella faccenda della crepa, della cosa che si poteva rompere. Non mi pare che ci sia un'altra rottura possibile, oltre a quella dei... Pere) non sono più tanto sicuro. Credo che ci avevi
104 FRANCO LUCENTINI
ragione quando dicevi del coraggio, che nessuno ce l'ha. Credo che tu ce l'hai avuto, e pure se sei tornata ce l'hai avuto lo stesso. Credo che se qualcuno si merita qualche cosa, sei tu. Adesso solo ho capito quello che volevi dire, col fatto del mostro. Ma se per te qualcuno verrà, non sarà perché avrai avuto paura. Sara. perché sei come io non t'ho saputo vedere in tempo, perché sei così calma e gentile, così leggera, così an gelo. Oramai, per volerti bene da vicino é tardi. Tu, oramai, per me non ci puoi avere che pieta. Io non so che farò, ma non m'importa. Di averti incontrata a te, un momento, mi deve bastare ».
Ci vollero altri tre mesi prima che trovassero quello che aveva sistemato il pederasta. Anzi, pare che non era nemmeno sicuro che era quello, ma a me in ogni modo pensarono di darmi il cambio, visto che c'ero stato quasi un anno. Mi dettero il foglio di via e mi misero sul treno. « Stai attento a non tornare » dissero. « Hai visto che succede a tornare. E p[...]
[...]messa al principio. Adesso me la sognavo, la notte, che ci stavo a letto. Il giorno ci ripensavo. Tutto il giorno e la notte, alla fine, ci stavo a pensare. Ma c'erano di mezzo quelle due porte chiuse. Poi, non sapevo nemmeno se lei stesse ancora là dentro. Poteva essere che se ne fosse andata, senza tornare .a casa. Poteva essere capitata qualche altra cosa.
Non aspettai che la febbre mi fosse passata. Mi alzai una sera verso
LA PORTA 105
le sei, andai in cucina a farmi la barba. Ci avevo le gambe deboli, ma la testa non mi faceva male, anzi mi sentivo leggero.
« Che, mi dái una stirata ai calzoni? » dissi a mia madre.
« Che, stai meglio? Esci? ».
« Vado a fare due passi » dissi.
Per la strada non ci avevo fretta, mi fermavo a guardare le vetrine. Al Pantheon mi misi a sedere sul muretto e guardavo i gatti, di sotto. Non faceva freddo. Mi sarebbe piaciuto di andare ancora un po' a spasso per le strade, aspettare ancora un po', ma oramai ci avevo impazienza. Entrai in un caffè e presi un cognac, poi andai difilato alla casa, entra[...]
[...]teria, usci una ragazza in grembiule, senza ombrello e corse rasente al muro fino alla macelleria. Aveva cominciato a piovere così forte che le gocce rimbalzavano dentro al portone; mi tirai più indietro. Attraverso l'acqua, il negozio di fronte non si vedeva quasi piú, la ragazza stava sulla porta
106 FRANCO LUCENTINI
aspettando che la pioggia rallentasse. Poi traversò la strada di corsa, infilò a testa bassa il portone, si fermò di colpo.
« Sei tu! » disse.
Restai a guardarla nel buio del portone, senza potere parlare. Pareva dimagrita e ci aveva tutti i capelli bagnati, incollati alla faccia.
« Sei tu » disse. « Come stai? Franco. Che... Come stai, tu? Franco? Eh... Bene. Io... Franco ».
Portava un grembiule bianco legato sul davanti, macchiato, con una blusetta stinta. Teneva in mano un pacchetto involtato in carta di giornale.
«Franco, Franco » diceva. « Franco ».
Mi prese un braccio e lo stringeva forte, tirando la manica. Inghiottivo e non potevo parlare. Le carezzai la mano che teneva il pacchetto, fredda e bagnata, le aggiustai la manica del grembiule, che s'era appiccicata intorno al polso. Stesi la mano per carezzarle la faccia e lei si accostò di piú, mi strinse convulsa men[...]
[...]endere. Poi doveva averla presa all'improvviso e sbattuta, sfasciata del tutto. M'ero immaginato una cosa così fino dal principio. Ma non m'ero immaginato che lei al momento dello sfascio avrebbe chiamato il prete... Il prete e quegli altri... Adesso ci stava in mezzo. Lei, che per quanto avesse fatto e girato, in una merda simile non c'era stata mai.
« Adriana », dissi carezzandola. « È stata la paura, no? E per la paura che stai crisi? Che ti sei ridotta a stare con quelli? ».
« Perché? » disse. « Che ci hanno, quelli? ».
« Non sono come gli altri? » disse.
« Come gli altri? » dissi. « Come gli altri? Si. Si, ma...».
« Tu ci hai di meglio? » disse. « Conosci qualcuno meglio, da mandarmelo qua? ».
Volevo ancora rispondere, mi pareva che ci dovesse essere qualche cosa da rispondere, ma non c'era. C'era una cosa sola, forse ci avrei avuto ancora la faccia di dirla, ma lei lo disse prima.
« Che, tu ti credi... » disse. « Tu ti credi di essere meglio, tu? ». Cominciai a risalire per andarmene. Poi mi fermai, dissi:
« Non mi volere m[...]
[...]la forza di dirti le altre case che ti volevo dire. Ci ho la febbre, mi sento male. Tornerò quando stare, meglio. Adesso ti volevo dire che io... si, hai ragione, non sono meglio, forse non sono meglio. Ma se ti ricordi come eri tu quando ti ho lasciata qui, quando aspettavi qualcuno da quella porta... Tu, allora, eri meglio. Aspettare che qualcuno entrasse di là sotto era da pazzi, forse era pure stupido, ma era sempre meglio di adesso, di come sei ridotta adesso... tu ».
Ricominciai a salire e la lasciai in basso che rideva. Mano mano che saliva era una risata sempre più forte, quando fui in cima era un urlo che riempiva tutta la scala. Poi fini e sentii la porta che si richiuse.
Per la strada faceva freddo, tutti i negozi erano chiusi. Camminai un pezzo per le strade intorno al Pantheon, poi mi pare che voltai per l'Argentina e andai verso il fiume. Poi tornai indietro e non so dove
110 FRANCO LUCENTINI
andai, fino quasi alla mattina. Al primo caffè che trovai aperto entrai, chiesi un caffè doppio.
Mi accorsi che era il Caffè Not[...]