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Il segmento testuale Roquentin è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 9Analitici , di cui in selezione 1 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Ernesto De Martino, Apocalissi culturali e Apocalissi Psicopatologiche in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]ati e commentati alcuni pochi testi indicativi, sufficienti almeno ad impostare il problema: seguirà poi il confronto col documento psicopatologico.
* * *
Un testo letterario che, per la confluenza in esso di molti temi della apocalittica di oggi, può considerarsi un esemplare punto 'di partenza e al tempo stesso la guida e il punto di riferimento dell'ulteriore discorso analitico, é senza dubbio La Nausée di. Sartre (10). Il diario di Antonio Roquentin si apre con la notifica di un mutamento esistenziale esperito in un certo giorno del gennaio 1932. In un foglio non datato che precede il diario vero e proprio, il protagonista fa cenno a vissuti di mutamento affiorati improvvisamente e accompagnati da una vaga paura come dal nascente e ancor incerto proposito di annotare diaristicamente quanto gli sta capitando:
(9) Hans Sedlmayr accenna espressamente, in Verlust der Mitte, p. 165, al documento' psicopatologico come strumento atto ad illuminare da un nuovo lato alcuni caratteri a sin—tomatici » della cosiddetta sarte moderna u, quali si man[...]

[...]mi ha disgustato ma non so più se guardavo il mare o il ciottolo. Il ciottolo era piatto, con le dita molto allargate per evitare di insudiciarmi... Il curioso è che non sono affatto disposto a credermi pazzo, anzi, vedo chiaramente che non lo sono: tutti questi cambiamenti concernono gli oggetti. O almeno è di questo che vorrei essere sicuro.
In questo appunto diaristico l'inizio del vissuto di mutamento di presenta con una nota di incertezza: Roquentin cerca ancora di minimizzare « la piccola crisi di pazzia » e di appellarsi al regolare e al domestico della vita quotidiana, per esempio al rumore dei passi del commerciante di Rouen che ogni fine settimana viene in albergo e ne sale le scale alla stessa ora. A queste annotazioni non datate segue il diario vero e proprio, in cui il vissuto di mutamento inaugura la vicenda:
Mi è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. E' sorto in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, come un'evidenza. S'è insinuata subdolamente, a poco a poco: mi sono sentito un pò strano, un pò impacciat[...]

[...] vicenda:
Mi è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. E' sorto in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, come un'evidenza. S'è insinuata subdolamente, a poco a poco: mi sono sentito un pò strano, un pò impacciato, ecco tutto. Una volta installata non s'è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, che era un falso allarme... Ma ecco che ora si espande...
Ma che cosa e in che senso è mutato? Roquentin avverte un mutamento oscuro nei suoi atti più abitudinari e nelle cose più familiari, per esempio nel modo di prender la pipa o la forchetta e forse nel modo con cui la forchetta si fa prendere. La maniglia di una porta si denunzia nella sua mano come un oggetto freddo che attira la sua attenzione « con una specie di personalitá », il volto dell'autodidatta, figura familiare da anni, è riconosciuta nella sua identità solo dopo alcuni secondi, e nel
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salutarlo con la consueta stretta di mano avverte in quella dell'autodidatta e nel suo braccio che ricade mollemen[...]

[...]si di ogni evidenza, sicurezza, certezza. Così al caffé le bretelle color malva di Adolfo, cancellate e come nascoste per l'azzurro della camicia, denunziano «una falsa umiltà », son travagliate da uno sforzo incompiuto di esser se stesse, che resta però a mezza strada e che le mantiene in una irritante sospensione: era «come se, partite per diventar viola, si fossero arrestate a mezza strada senza rinunziare alla loro pretesa », sollecitando in Roquentin una scongiurante richiesta di decisione e di compiutezza: « Verrebbe voglia di dir loro: Avanti, diventate viola e non se ne parli più ». Gli oggetti infatti si manifestano a Roquentin affetti da una interna debolezza che li dissolve in uno scenario fittizio, artificiale, irreale, riboccante di terrorizzanti possibilità verso ulteriori naufragi. In modo esemplare questo vissuto è diaristicamente annotato nell'episodio della biblioteca pubblica di Bouville, quando Roquentin, osservando i libri già altre volte accettati nella ovvietà dei loro attributi (i libri «tozzi e pesanti ») e delle loro relazioni con gli altri oggetti dell'ambiente (p.es. con gli scaffali in cui sono allineati, con la stufa, i finestroni, le scale a piuoli), si accorge che ora essi vanno perdendo il loro carattere di rassicurante argine verso l'avvenire, così come tutto l'ambiente della biblioteca, le appaesate relazioni tra i suoi oggetti, sta abbandonan
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do la sua funzione di fissare i limiti degli accadimenti verosimili che vi posson aver luogo:
...Ebbene, oggi,[...]

[...]quali descrivevano le forme immutabili delle specie animali, altri spiegavano la quantità di energia che si conserva integralmente nell'universo; ero li, davanti ad una finestra i cui vetri avevano un determinato indice di rifrazione. Ma che deboli barriere! Immagino sia per pigrizia che il mondo si rassomigli tutti i giorni. Oggi aveva l'aria di voler cambiare. E allora tutto, tutto poteva accadere.
Percosso da questa apocalisse degli oggetti, Roquentin fugge dalla biblioteca, percorrendo Bouville in un disperato vagabondaggio alla ricerca di un ambito familiare della realtà che gli permettesse di ricostituire il mondo in atto di perdersi: un espediente al quale del resto aveva già ricorso, come quando aveva ten
tato di difendersi dai primi vissuti di mutamento ascoltando il rassicurante rumore dei passi del commerciante di Rouen. Ma questa volta l'espediente é meno efficace:
Al principio di via Tournebride mi sono voltato e ho contemplato con disgusto il caffè illuminato e deserto. Al primo piano le persiane erano chiuse. Un vero e propri[...]

[...]i, il Bar della Marna. Mi fermavo, esitavo un poco dinanzi alle tendine di tulle rosa: forse questi caffè ben tappati erano stati risparmiati, forse racchiudevano ancora una particella del mondo di ieri, isolata, dimenticata. Ma avrei dovuto spingere la porta, entrare. Non osavo. Temevo s'aprissero da sole. Ho finito col camminare in mezzo alla strada...
Il mondo familiare, appaesato, dell'utilizzabile, appare dunque, nell'apocalisse vissuta da Roquentin, recedere verso l'assurdo. Questa recessione é inaugurata in modo improvviso e indominabile, a proposito di occasioni estielnamente banali. L'avventura esistenziale di Roquentin, iniziatasi d'un tratto, in un certo giorno del gennaio 1932, a proposito di episodi minuti come quello del sassolino sulla spiaggia, prosegue con episodi altrettanto minuti e occasionali, come l'incontro con l'autodidatta, col bicchiere di birra, con le bretelle di Adolfo e con i libri della biblioteca pubblica di Bouville. Come dice Albert Camus in Le mythe de Sisyphe, la sensibilità assurda ha «un inizio derisorio », «una nascita miserabile », esplodendo senza nessuna preparazione apparente nella più comune quotidianità della vita: (( La sentiment de l'absurdité au detour de n'importe quel[...]

[...]tavia troppo viva perché la parola potesse esprimerla compiutamente, così come troppo spento era per la parola il grigio mondo di ogni giorno che precedeva questi fugaci istanti beatificanti e che inesorabilmente si richiedeva su
(13) H. v. HOFFMANNSTHAL, Der Brief des Lord Chandos, in Prosa, II, Frankfurt a. M.. 1951, p. 7.
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di essi. In questa modalità apocalittica ritroviamo i'l «derisorio» che inaugura l'esperienza di Roquentin, ma in termini rovesciati poiché infatti in Roquentin il mondo appaesato entra improvvisamente in crisi di spaesamento in occasione di eventi irrilevanti, mentre in Lord Chandos il mondo stabilmente immerso in una diffusa, prigra, grigia spaesatezza che rifiuta la parola si mette improvvisamente a vivere, oltre la parola, sotto lo stimolo di qualche ineffabile casualità. In Roquentin irrompe, attraverso il casuale, la malattia degli oggetti: in Lord Chandos un mondo malato viene di tanto in tanto recuperato nella sua oggettività attraverso un oggetto casuale che malgrado la sua irrilevanza acquista la carica sublime di ineffabile oggettarecupero, di cifratissimo e idoleggiatissimo simbolo del significante.
Ma torniamo alla avventura di Roquentin. Il rapporto con la realtà é qui caratterizzato, come si é detto, dal fatto che gli oggetti diventano strani, bizzarri, deboli, gratuiti, incerti, indecisi, artificiali, arbitrari, superflui, assurdi, in atto di separarsi dal loro nome e dal loro significato e di precipitare nello spessore opaco di una esistenza «nuda », senza memoria di domesticazione umana. Questa esistenza indigesta che resta sullo stomaco e che nella vertigine del significante suscita la nausea, coinvolge tutti gli enti intramondani, gli altri uomini non meno delle cose, e infine se stesso (Si ricordi il vissuto di estran[...]

[...]artificiali, arbitrari, superflui, assurdi, in atto di separarsi dal loro nome e dal loro significato e di precipitare nello spessore opaco di una esistenza «nuda », senza memoria di domesticazione umana. Questa esistenza indigesta che resta sullo stomaco e che nella vertigine del significante suscita la nausea, coinvolge tutti gli enti intramondani, gli altri uomini non meno delle cose, e infine se stesso (Si ricordi il vissuto di estraneità di Roquentin nel guardarsi nello specchio: « ciò che vedo é ben al di sotto della scimmia, al confine del mondo vegetale, al livello dei polipi »).
A questo vissuto di insufficienza della oggettivazione in generale si collega in modo organico quello di un vero e proprio eccesso, di una tensione interna, che travaglia gli oggetti. Nella misura in cui gli oggetti si separano dalla rete di relazioni da mestiche, dalle memorie culturali latenti che li mantengono come ambiti ovvii, come solidi e definiti punti di appoggio per la prassi variamente utilizzante, si fa valere il rischio di un loro caotico relazio[...]

[...]olidi e definiti punti di appoggio per la prassi variamente utilizzante, si fa valere il rischio di un loro caotico relazionarsi, di un loro eccedere dai limiti consueti, secondo una forza oscura e perversa che ora li deforma e li sospinge verso il mostruoso, e ora li trasforma in altro e in altro ancora, in una
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vicenda inarrestabile di assurde coinonie. Alla possibilità di una esperienza del genere si riferisce Roquentin nelle sue annotazioni diaristiche a proposito del sedile del tram, sul quale si trova seduto:
Appoggio la mano sul sedile, ma la ritiro precipitosamente. Questa cosa sulla quale sono seduto, sulla quale appoggiavo la mano si chiama sedile. L'hanno fatta apposta perché uno possa sedersi, hanno preso dei cuoi, delle molle, delle stoffe, e si son messi al lavoro con l'idea di fare un sedile, e quando l'hanno fatto era questo che avevano fatto. L'hanno portato qui, in questa scatola, e adesso la scatola rotola e traballa, coi vetri che tremano, e porta nei suoi fianchi questa cosa rossa. Mormoro[...]

[...]o dall'acqua, e che fluttua alla deriva, a pancia all'aria, in un gran fiume d'inondazione: ed io sarei seduto sul ventre dell'asino, ed i miei piedi sarebbero a bagno nell'acqua chiara... Il bigliettaio mi sbarra la strada: « Aspettate la fermata! ». Ma .lo respingo e salto giù dal tram. Non ne potevo più. Non potevo sopportare le cose fossero così vicine.
Più oltre, in occasione della esperienza della radice di castagno nei giardini pubblici, Roquentin descrive (do strano eccesso» di cui pativa la radice, il suo minaccioso andar oltre le qualità sensibili in una apparente « dovizia » che tuttavia « finiva per diventare confusione » e accennava a sprofondare nel caos. Più oltre ancora, in contrapposizione alla pigra normalità in cui per lo più gli uomini vivono nella moderna civiltà industriale (le loro facce «ottuse e piene di sicurezza »), Roquentin dispiega, a guisa di minaccioso ammonimento, il quadro di una possibile «fine del mondo»:
E se capitasse qualcosa? Se d'un tratto si mettesse a palpitare? Allora s'accorgerebbero della sua presenza e gli sembrerebbe di sentirsi scoppiare il cuore. A che cosa gli servirebbero, allora, le loro dighe, i loro argini, le loro centrali elettriche, i loro alti forni, i loro magli a va
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pore? Ciò potrebbe succedere in qualunque momento, magari subito: i presagi ci sono.
La apocalisse immaginata da Roquentin si sconfigura come irruzione del mostruoso: i vestiti avvertiti come[...]

[...] «fine del mondo»:
E se capitasse qualcosa? Se d'un tratto si mettesse a palpitare? Allora s'accorgerebbero della sua presenza e gli sembrerebbe di sentirsi scoppiare il cuore. A che cosa gli servirebbero, allora, le loro dighe, i loro argini, le loro centrali elettriche, i loro alti forni, i loro magli a va
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pore? Ciò potrebbe succedere in qualunque momento, magari subito: i presagi ci sono.
La apocalisse immaginata da Roquentin si sconfigura come irruzione del mostruoso: i vestiti avvertiti come viventi, la lingua che diventa un millepiedi vivo, l'occhio beffardo che la madre scopre nella screpolatura della carne rigonfia del bambino, l'apparizione di cose nuove per le quali occorrerà trovare nomi nuovi, come l'occhio di pietra, il gran braccio tricorno, l'allucegruccia, il ragnomascella. Lo stesso andamento dell'annunzio apocalittico ricorda quello delle profezie bibliche: «E si accorgeranno che le loro vesti sono divenute cose viventi. E un altro si accorgerà che qualcosa lo solletica nella bocca... ». Oppure Roqu[...]

[...]madre scopre nella screpolatura della carne rigonfia del bambino, l'apparizione di cose nuove per le quali occorrerà trovare nomi nuovi, come l'occhio di pietra, il gran braccio tricorno, l'allucegruccia, il ragnomascella. Lo stesso andamento dell'annunzio apocalittico ricorda quello delle profezie bibliche: «E si accorgeranno che le loro vesti sono divenute cose viventi. E un altro si accorgerà che qualcosa lo solletica nella bocca... ». Oppure Roquentin immagina la catastrofe come una oScura notifica senza mutamenti apprezzabili nelle cose: solo che una mattina la gente, aprendo le persiane, avvertirà «un senso orribilmente posato sulle case», una minacciosa immobilità carica di latenti tensioni esplosive.
Di questo u universo in tensione » — ovvero di questa « esplosione» del mondo — sarebbe sin troppo facile addurre esempi nella varia apocalittica moderna e contemporanea, soprattutto nella poesia. Basterà qui ricordare il rimbaudiano Nocturne Vulgaire (14), in cui proprio ciò che di piú familiare appartiene alla nostra vita quotidiana — l[...]

[...]iú familiare appartiene alla nostra vita quotidiana — le pareti, i tetti, i focolari, le vetrate — appare come percosso da un soffio di uragano che inaugura una vicenda allucinatoria di metamorfosi e trascina il « veggente » al centro dei suoi evanescenti episodi:
Un souffle ouvre des brèches opéradiques dans les cloisons / brouille le pivotement des toits rongés / disperse les limites des foyers / éclipse les croisées...
* * *
L'avventura di Roquentin costituisce — come si é detto — un testo esemplare per esplorare la sensibilità apocalittica della
(14) A. RIMBAUD, Oeuvres, ed. Garnier, p. 286.
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nostra epoca. Ma dato questo punto di partenza, il viaggio esplorante può prendere tuttavia varie direzioni. Si può valutare così in che modo tale sensibilità riceva una particolare valorizzazione culturale nell'unità della Nausée in quanto opera letteraria definita e nel quadro dell'esistenzialismo sartriano in quanto corrente filosofica del pensiero contemporaneo. Ovvero si può prendere come spunto la ricca conflue[...]

[...], la sua specifica Einmaligkeit (valutazioni analoghe possono ovviamente essere condotte a proposito degli altri testi apocalittici riportati e, in generale, a proposito di qualsiasi prodotto culturale della apocalittica d'oggi). Ma la ricerca può prendere anche una terza direzione, cioè quella del confronto con le apocalissi psicopatologiche. Sia detto ancora una volta: tale confronto non significa affatto assumere che il personaggio letterario Roquentin possa essere valutato come un caso clinico (ovviamente solo persone reali possono essere in una prospettiva medica valutate come casi clinici), né d'altra parte tale confronto significa che si intende ridurre La nausée ad un sintomo o ad una serie di sintomi utili per concorrere a formulare una diagnosi relativa alla persona reale del suo autore. Tuttavia fra l'apocalisse di Roquentin e quelle variamente attestate dal documento psicopatologico sussistono a somiglianze» tali da porre in modo non eludibile un problema di confronto e di rapporto, un problema che non può essere risolto con la dogmatica affermazione che si tratta di casuali somiglianze e di sostanziali diversità. Ancor meno il problema può essere eluso con qualche semplificante congettura di comodo, quale sarebbe p. es. quella che a spiegare certe « somiglianze » basta il fatto che Sartre ha utilizzato la sua conoscenza della Allgemeine Psychopathologie di Jaspers. In fondo, dietro la varia resistenza che si op[...]

[...]compiacimento, la scrivania, la macchina da scrivere, il tavolo, ne descrive la materia. Poi prende in mano un portacenere e dice: « Adesso lo sento vivo nelle mie mani, so chi è di maiolica: prima sembrava finto ».
L'inizio della crisi di spaesamento, oltre che repentino, é — per riprendere la notazione di Camus — «derisorio », «miserabile »: tutto pub cominciare dal più ovvio e dal più banale, dai pomodori del mercato come — nell'avventura di Roquentin — dal sassolino della spiaggia. La destrutturazione dello sfondo di domesticità implica appunto questa continua dissipazione nel derisorio, questo restar senza margine di ripresa davanti a dati banali, senza potersi mai raccogliere in quel centro operativo che alimenta il suo calore esistenziale non soltanto con la intenzionalità attuale ma anche con le ovvietà immerse nell'ombra e nell'ombra guardiane di immensi tesori di fedeltà all'umano. Questa dissipazione nel «derisorio» manifesta il suo esatto significato se si tien conto che qui non é propriamente in giuoco questo o quel dato banale ([...]

[...]on Stan
no più nel loro quadro » possono, appunto per questo, essere trava
gliati da un rischioso eccesso di semanticità indeterminata, da una allusività oscura e sospetta, da una tensione interna che li
predispone ad una sorta di esplosione, e infine da un irrelato andar oltre che li sospinge verso il deforme e il mostruoso, accennando a caotiche mescolanze. Vien fatto qui di pensare alla «strano eccesso» della radice di castagno esperito da Roquentin, al minaccioso andar oltre di questa radice in una apparente (( dovizia» che tuttavia (( finiva per diventare confusione ». Ovvero vien fatto di pensare, sempre a proposito di Roquentin, alla irruzione del caos nella immaginata catastrofe del mondano, ai vestiti avvertiti come viventi, alla lingua che diventa un millepiedi vivo, all'occhio beffardo che la madre scopre nella screpolatura della carne rigonfia del suo bambino, all'apparizione dell'occhio di
pietra, del gran braccio tricorno, dell'allucegruccia, del ragnomascella. 'Ma per tornare al documento psicopatologico ecco co
me questa polarità di difetto e di eccesso di semanticità si riflette nel racconto reso da René, la schizofrenica di Mme Séchehaye (21:)
Per me la follia era come un paese, opposto alla realtà, do[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Roquentin, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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