Brano: [...] allora non gli sarebbe dispiaciuto), per la capacità di raccogliere attorno a sé piccoli gruppi di giovani appassionati e dediti alla causa, a Mazzini. Ricorda infine che uscendo da quell'incontro, « in via Venti Settembre », qualcuno commentò: « È un editore quacchero ». Non saprei dire se per questa impressione o per altri motivi, certo è che Calosso non collaborò a « Energie nove », come del resto neppure alla seconda rivista gobettiana « La rivoluzione liberale », e si avvicinò sin dai primi mesi della fondazione a « l'Ordine Nuovo » con una lettera aperta al giornale pubblicata il 9 agosto 1919, e ne diventerà assiduo collaboratore quando il settimanale si trasformerà in quotidiano 2. L'unico contributo di Calosso alle riviste gobettiane è un articolo
1 Questo riferimento a Gramsci trova un riscontro nella nota del carcere che Gramsci dedicò allo stesso argomento, a proposito del libretto di V. MORELLO, Dante, Farinata, Cavalcante, Milano, Mondadori, 1927, ora in Quaderni del carcere, Torino, Einaudi, 1975, pp. 522526. La nota manoscritta di Calos[...]
[...]poi commenta: « Tanto meno è il poeta della dialettica, come vuole il mio carissimo amico Baretti Giuseppe. Lo sdoppiamento non è movimento dialettico, ma incertezza e stasi sentimentale » (« l'Ordine Nuovo », 8.3.1923, p. 3, firmato « Mario Sarmati »).
Il dissenso col « carissimo amico » non era soltanto letterario. Negli stessi mesi (le cronache che ho citate stanno tra il gennaio e il marzo 1922) era apparsa la nuova rivista gobettiana, « La rivoluzione liberale » (il cui primo numero è del 12 febbraio). Nel n. del 12 gennaio di « l'Ordine Nuovo » apparve sotto il titolo Alla società di cultura l'annunzio che il 15 del mese Gobetti avrebbe tenuto una conferenza sulla « Rivoluzione liberale », « concetto e parola che è l'impresa di un settimanale politico che uscirà tra poco, diretto dallo stesso Gobetti ». Nel numero del 16 appare sotto il titolo La rivoluzione liberale un ampio commento alla conferenza. L'articolo non è firmato ma Giancarlo Bergami, cui devo questa ed altre preziose informazioni, tratte dalla imponente bibliografia gobettiana cui ha atteso in questi anni, ed è ora in corso di pubblicazione, lo ha attribuito, dietro indicazione di alcuni superstiti vecchi collaboratori del giornale, a Calosso: attribuzione del resto che la lettura dell'articolo e delle altre note gobettiane di Calosso conferma. Spiega dunque l'anonimo commentatore come il conferenziere avesse cercato di rivelare il « mistero » delle due parole che formano il titolo della imm[...]
[...]laboratori del giornale, a Calosso: attribuzione del resto che la lettura dell'articolo e delle altre note gobettiane di Calosso conferma. Spiega dunque l'anonimo commentatore come il conferenziere avesse cercato di rivelare il « mistero » delle due parole che formano il titolo della imminente rivista. Dal chiaro ed esauriente riassunto della conferenza risulta che Gobetti vi aveva illustrato le idee che costituiscono il famoso Manifesto di « La rivoluzione liberale » e che l'inviato de « l'Ordine Nuovo » era stato un ascoltatore intelligente e attento. Dopo il riassunto, la critica; una critica piutto
7 Si veda la recensione di « Gli innamorati » di Goldoni su « l'Ordine Nuovo » del 6.7.1921: « Non crediamo che Carlo Goldoni possa oggi avere un significato nella nostra cultura e nell'espressione della nostra sensibilità » (Scritti di critica teatrale, cit., p. 317).
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sto dura. Gobetti aveva esposto le sue idee sulla storia del Risorgimento, che passa attraverso il compromesso cavouriano per sfociare nel compromesso riformistico[...]
[...]sperienza che solo il contatto diretto con la classe operaia può far nascere. Il commento continua soffermandosi in modo particolare sulla tesi gobettiana (d'origine salveminiana) dell'alleanza fra il partito operaio e il partito dei contadini, che diventa concretamente e curiosamente l'alleanza fra il partito comunista e il partito sardo d'azione. Dico anche « curiosamente », perché quando Gobetti ristamperà il Manifesto nella parte prima di La rivoluzione liberale il progetto del connubio fra partito comunista e partito d'azione scomparirà. Sta fra la punta polemica: « Rimane da vedere come egli ha tolto il diritto di coronarsi arbitro in mezzo a loro [cioè in mezzo ai due partiti], senza essere mai sceso nelle loro file »; e la critica politica: non si riesce a capire come possano andare a braccetto un movimento internazionale unitario come il partito comunista e « un partito borghese, grettamente regionalista, come il partito d'azione », di cui l'incauto proponente non sospetta nemmeno il contenuto conservatore. Nel complesso però piú che una sferzat[...]
[...]na ramanzina che finisce con una specie di buffetto al discolo come invito al ravvedimento: « L'esperienza stessa — questa è la conclusione — potrà indicare la via di Damasco ad un ragazzo di cuore e di grande ingegno com'è Piero Gobetti ».
Non so se si possa addurre questa critica anticipata della rivista che sta per uscire come argomento per spiegare il fatto che Calosso non vi abbia mai collaborato. L'argomento principale peraltro è che « La rivoluzione liberale » nasceva non solo in concorrenza ma in contrasto con « l'Ordine Nuovo », e soprattutto si rivolgeva a un gruppo di potenziali collaboratori radicalmente diverso, e anzi polemicamente orientato contro i comunisti torinesi. A ogni modo quella critica non guastò i rapporti personali fra il criticante e il criticato, come prova fra l'altro un raro documento della cui conoscenza sono debitore ancora una volta a Bergami. Con la data del 23 gennaio 1922, di pochi giorni posteriore all'articolo su « l'Ordine Nuovo », Gobetti stampa e distribuisce un foglietto pubblicitario intestato alla rivista in [...]
[...]lla cultura, in « l'Ordine Nuovo » del 15.5.1919, in cui Gobetti era accusato di essere gentiliano, che è accusa che ritorna anche negli scritti di Calosso. Alla nota di Togliatti Gobetti rispose con una nota, Polemica con l'Ordine nuovo, in « Energie nove », 20.5.1919 (ora in Scritti politici, Torino, Einaudi, 1960, pp. 113114).
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« letture », volte a « integrare l'opera di libera cultura promossa dalla nostra rivista La rivoluzione liberale ed effettuare il nostro proposito di severo e preciso lavoro per la formazione di una rinnovata coscienza politica ». Nel primo elenco di conferenzieri compaiono Salvemini con una conferenza sul partito popolare, Burzio su Giolitti, e Mario Sarmati, appunto Calosso, su « comunismo e intelligenza ». Da quel che si può capire il tema proposto da Calosso era una risposta al tentativo gobettiano di far rivivere attraverso la nuova rivista il partito degl'intellettuali salveminiano. Ma se è pericoloso far congetture sul suo contenuto, tanto piú che la conferenza non dovette essere mai tenuta, si p[...]
[...]igare in due battute. In quegli anni quasi tutti i giovani pensanti e militanti (non importa se a destra o a sinistra) ne furono segnati. Ma per molti si trattò di una infatuazione giovanile che non lasciò tracce durature negli anni della raggiunta maturità. Il che avvenne certamente nel caso di Gramsci e di Gobetti. A ogni modo questo avvicinamento tra Gobetti e Gramsci induce Calosso a una conclusione inedita,
e cioè che « in un certo senso, "Rivoluzione liberale" fu l'erede de "l'Ordine Nuovo" » (ibidem). Inedita e isolata. Lo stesso Calosso non la riprese nella prefazione del 1945, dove si limitò a dire che « Rivoluzione liberale » fu « il foglio
lo Gramsci e l'« Ordine Nuovo » in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 8, agosto 1933, pp. 7079, firmato « Fabrizio ». Nel numero successivo Calosso protesterà col proto che gli ha mutato lo pseudonimo « Fabrizi » in « Fabrizio ». Mentre Fabrizio è un nome romano che ricorda l'onomastica fascista, Fabrizi rievoca il personaggio mazziniano Nicola Fabrizi « vissuto a lungo in quest'angolo perduto [Malta] dove l'esilio mi ha proiettato » (Rettifica, in « Quaderni di Giustizia e Libertà », n. 9, novembre 1933, pp. 9495, firmato « ExFabrizi »).
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piú v[...]
[...]ei fogli piú originali che l'Italia abbia avuto », ibidem.)
Tralascio riferimenti minori 11. L'ultimo articolo di Calosso dedicato a Gobetti apparve su « Il Mondo » nel n. del 14 maggio 1949, intitolato Gobetti tra Gramsci e Einaudi. Non sarebbe da ricordare perché in gran parte ripete cose dette nella prefazione del 1945, se non fosse per il riconoscimento dell'importanza che ebbe Einaudi nella formazione del giovane idealista, ideatore di una rivoluzione liberale in un'età in cui era avvenuta la prima rivoluzione socialista della storia. Un riconoscimento tardivo? A dire il vero, Calosso aveva pubblicato in appendice alla raccolta degli scritti gobettiani del 1945 le pagine che Einaudi aveva scritte in memoria di Piero, pubblicate su « Il Baretti » un mese dopo la morte (nel n. del 16 marzo 1926), segno che l'incontro fra maestro e discepolo che Einaudi rappresenta mirabilmente in quelle pagine lo aveva colpito. Giacomo Noventa, gobettiano a suo modo, recensendo gli Scritti attuali in quel giornale personale che era la « Gazzetta del nord », disse che[...]
[...]studente di lettere, l'altro di giurisprudenza. Il significato dell'articolo del « Mondo » è già nel titolo: Gobetti fra Gramsci ed Einaudi, ed è reso esplicito nella frase seguente: « Se Gramsci e la classe operaia torinese rappresentano il punto duro di Gobetti, Einaudi ne rappresenta il punto chiaro, di cui egli aveva bisogno ». Il punto duro e il punto chiaro, il pensiero rivoluzionario e il pensiero liberale, la cui sintesi sarebbe stata la rivoluzione liberale. Ma Calosso non trae una conclusione. Dopo aver detto che la discussione tra Einaudi e Gobetti « ci lascia tutti pensosi » conclude non con una risposta ma con una domanda. Chi dei due avrà ragione?
11 Dei quali ho avuto notizia attraverso le schede della bibliografia gobettiana, apprestata con grande diligenza da Bergami, di prossima pubblicazione come quarto volume delle Opere complete di Piero Gobetti presso l'editore Einaudi. Si tratta di riferimenti o allusioni alla personalità e all'opera di Gobetti nei numerosi articoli che Calosso venne scrivendo prima in esilio e poi dopo la liberaz[...]
[...]urono attratti dallo stesso amore della libertà, e ne resero con la loro vita un'alta testimonianza cui ben si apporrebbe la citazione di uno dei tanti forti versi che l'odiator di tiranni dedicò alla « bella e terribil dea ».
NORBERTO BOBBIO
16 M. FusINI, Saggi e ricordi, MilanoNapoli, 1971, p. 214.
i~ L'anarchia di Vittorio Alfieri, cit., p. 24. Calosso si riferiva probabilmente all'articolo di N. SAPEGNO, Il Piemonte e le province, in « La rivoluzione liberale », i, n. 35, 30 novembre 1922, p. 131.
18 Su Alfieri poeta della libertà, vedi M. BONI, Sull'Alfieri politico, Modena, Soc. tip. editrice modenese, 1963, e autori ivi citati, p. 33 e ss. Ma vedi anche le osservazioni di A. GAROSCI, La critica di Calosso, in « Comunità », xlil, n. 75, dicembre 1959, pp. 97101. Da ultimo ancora W. BINNI, Settecento maggiore, Milano, Garzanti, 1978, p. 363 e ss.