Brano: THADEE NATANSON, Peints à leur tour. Paris, Albin Michel, 1949. Un certo orgoglio traspare dal titolo del libro che, nella prima parte, critrae a loro volta’, pittori della statura di Manet e Monet, Renoir e Pissarro; nella seconda tante altre figure da fare ‘ambiente’; nella terza, i veri e propri pittori della Revue Bianche, di cui il Natanson fu uno dei proprietaridirettori: e così, soprattutto, Lautrec, Bonnard, Vuillard, lui legatissimi. Ma occorre dir subito che l’orgoglio è ben posto. E quasi ci sarebbe da ringraziare i tedeschi che obbligando il vecchio Natanson a murarsi per tre anni nel suo appartamento parigino, gli han dato modo di rivelarsi, a tavolino, memorialista d’eccezione di un’epoca che fu di Mallarmé e del ‘simbolismo’. Gì fosse qualcosa di simile per la fase, a[...]
[...]son sa bene che cosa occorra per riuscire in codesti ritratti. Si accorge per esempio ‘qu’il faut un effort plus attentif et tendu de l’imagination pour inventer les éléments de son modèle d’après na ture que pour le tracer de fantaisie. Et il faut d’autant plus inventer ses traits que l’on tient à leur rester fidèle’. È questo scrupolo di verismo in teriore che lo porta a replicare per due volte, con varianti significative, il ritratto di Renoir, forse il più alto del libro; e del quale è da leggere62
LIBRI
Natanson almeno un passo (p. 15): ‘Il fallait que tout en lui bougeàt perpétuellement. Que tout bougeàt. Et d’abord un corps allongé, tantót voùté, redressé tantót, plus maigre de flotter un peu dans les vétements, corps de droite et de gauche balancé, qui ne faisait qu’aller et venir et précipiter ses enjambées ; puis sa volubilité. Aussi bien, les yeux, toujours en quéte, qui regardaient avidement, des yeux bruns, humides, dont l’un clignotait sans cesse et l’autre était voilé de douceur. Mais jusqu’aux tics qui, sans rép[...]
[...]es enfin, aussitót allumées que roulées, éteintes qu’allumées, rallumées qu’éteintes, allant, les unes après les autres, rejoindre le petit tas qui croissait sur une table ou en quelque coin; cigarettes volages ayant eu juste le temps de brunir encore les doigts du fumeur, de dorer des brins blancs de la moustache ou de la barbiche sur les pommettes saillantes. Le mouvement qui, sans cesse, agitait à la fois tout le corps et chacun des traits de Renoir il semblait que rien ne pùt un instant le contenir. Souvent, dans un oeil, il faisait briller une larme.’
Peccato non poter insistere con le citazioni. Ritratti fisici, psicologici, come si vede (quello di Vuillard, biologico addirittura) ; ed è quasi confortante che non contengano nessun tratto esplicito di critica d’arte. Salvo l’arrischiata, ma sottile definizione di Van Gogh (‘mais Van Gogh n’est pas un grand peintre, c’est un accident pathétique’), la critica è piuttosto sottintesa nella scelta, nella graduazione sottile, in certi titoli (‘Un messie mais éphémère, Gauguin’; ‘Plus spir[...]
[...]ùt suffi pour brandir une torche’; oppure l’altra, più smorzata, sul ritorno da Tahiti di un Gauguin un po’ triste ma ‘assagi’ e l’evocazione del suo racconto di una salita in pieno sole dietro l’efebo isolano in cerca di un rosaio selvaggio; per concluderne: ‘C’est un des plus heureux Gauguins de Tahiti que je me rappelle’.
Mondano, ma sempre sottile, il ‘détour’ usato per far intendere come la fase ritrattistica ’8ogoo porti cggi il nome di Renoir; immaginando cioè che un vecchio galante, sessantanni dopo, si sforzi di dimostrare agli increduli delle nuove generazioni come Carolus Duran, ritrattista della società di allora, non fosse, ah no ! meno celebre dei suoi famosi contemporanei, Ernest Meissonier, William Bouguereau, Léopold Flameng e JeanPaul Laurens; e, pronunciandoli, si accorge che anche questi nomi non dicono più nulla a nessuno.
O leggere la serata al bar dei Natanson, con Lautrec finto barman, Jules Renard in cerca di appunti, Vuillard e Bonnard che crollano sul divano da cui si toglie, barcollando, Fénéon; Mallarmé ‘d[...]