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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 97

Brano: Repubblica Sociale Italiana

Funzione collaborazionista

La politica verso le campagne non raggiunse risultati migliori. La “repubblica” tentò di conservare il controllo di alcuni strumenti (consorzi agrari, ammassi ecc.), ma in realtà il suo si ridusse a ruolo di spalla ai tedeschi nelle requisizioni e nei rastrellamenti. Persino i ceti medi, tradizionale puntello del fascismo, erano ormai ostili al regime, perché duramente colpiti dal carovita.

In campo economico si manifestò quindi la più completa subordinazione della “repubblica” ai programmi tedeschi, con il risultato di una totale ingovernabilità. La produzione industriale, mantenutasi a un livello pari al 5060% del normale fino all'estate del 1944, scese vertiginosamente fin quasi alla paralisi ai primi del 1945, a causa della mancanza di energia, di materie prime, del sabotaggio degli industriali e delle agitazioni operaie che ormai sarebbero continuate fi[...]

[...]svolta a beneficio dei tedeschi. L’estate partigiana del

1944 e il fiorire delle “zone libere” evidenziarono l’impotenza della lotta antipartigiana. Quando la Guardia nazionale repubblicana entrò in fase di totale disfacimento, i fascisti tentarono di arginare la crisi liquidando Ricci e militarizzarono il partito, facendo nascere nel luglio del 1944 le Brigate nere (v.).

La crisi non era però soltanto militare, ma strutturale e morale. La R.S.I. era ridotta a un governofantasma che si reggeva sulla forza delle armi tedesche.

Era appunto a un “fantasma” che si rivolgeva il famoso articolo di Concetto Pettinato, direttore della “Stampa” di Torino, il 21.6.1944: « Se ci sei, batti un colpo ». Egli manifestava così il malcontento a livello locale per la debolezza del governo centrale e la faziosità dei capi, impegnati in lotte di potere che indebolivano e squalificavano ulteriormente la repubblica.

La pubblicistica fascista del dopoguerra tenterà di accreditare, in chiave giustificazionista, l’immagine di una R.S.I. tesa a limitare[...]

[...]a il famoso articolo di Concetto Pettinato, direttore della “Stampa” di Torino, il 21.6.1944: « Se ci sei, batti un colpo ». Egli manifestava così il malcontento a livello locale per la debolezza del governo centrale e la faziosità dei capi, impegnati in lotte di potere che indebolivano e squalificavano ulteriormente la repubblica.

La pubblicistica fascista del dopoguerra tenterà di accreditare, in chiave giustificazionista, l’immagine di una R.S.I. tesa a limitare la volontà punitiva dei tedeschi. In realtà, non solo la presenza di Mussolini si dimostrò inutile in occasione di efferate stragi come quelle di Marzabotto (v.) e di Sant’Anna di Stazzema (v.), ma la “repubblica” si distinse per particolare ferocia nelle rappresaglie antipartigiane: torturatori come Koch, Carità, Franco Colombo, Finizio, Bernasconi ecc. misero in imbarazzo più di una volta gli stessi tedeschi che, peraltro, non si peritavano di usare questi autentici criminali per lavori di “manovalanza”; la Decima M.A.S. (v.) capeggiata da Junio Valerio Borghese (v.), le Bri[...]

[...]on si peritavano di usare questi autentici criminali per lavori di “manovalanza”; la Decima M.A.S. (v.) capeggiata da Junio Valerio Borghese (v.), le Brigate nere, le SS italiane (v.) e le altre innumerevoli compagnie di ventura che imperversarono in quei mesi in Italia non furono per niente inferiori ai nazisti nell'uccidere, nel torturare, nell’incendiare i villaggi indifesi e nel compiere ogni sorta di violenze sulle inermi popolazioni.

La R.S.I. cercò di imitare il modello nazista anche neH'antisemitismo (v.). Esponente della persecuzione degli ebrei in Italia fu Giovanni Preziosi (v.), equivoca figura di visionario ossessivo, peraltro molto ascoltato da Hitler. Dal marzo del

1944 Preziosi diresse l’Ufficio per la demografia e la razza insediato a Desenzano. In precedenza, la legge razziale del 30.11.1943 aveva portato alla confisca dei beni nonché alla deportazione degli ebrei, opera che

il Preziosi condusse a compimento. Fu rimesso in attività il campo di Fossoli (v.) e, presso Trieste, funzionò la famigerata Risiera di San S[...]

[...] razza insediato a Desenzano. In precedenza, la legge razziale del 30.11.1943 aveva portato alla confisca dei beni nonché alla deportazione degli ebrei, opera che

il Preziosi condusse a compimento. Fu rimesso in attività il campo di Fossoli (v.) e, presso Trieste, funzionò la famigerata Risiera di San Sabba (v.). Alla fine della guerra, gli ebrei italiani uccisi, in patria o nei lager nazisti, erano oltre 7.700.

Intellettuali e clero nella R.S.I.

La Repubblica sociale italiana trovò tiepide accoglienze negli ambienti intellettuali. Scarsi furono i nomi di spicco del collaborazionismo: Marco Ramperti (v.), Ardengo Soffici (v.), Emilio F. T. Marinetti (v.), Giovanni Gentile (v.), quest'ultimo giustiziato dai G.A.P. fiorentini il

15.4.1944.

Alla presenza del maresciallo Graziani gl(i ufficiali giurano fedeltà alla bandiera della R.S.I. (Milano, 23.3.1944)

97



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 95

Brano: Repubblica Sociale Italiana

Repubblica Sociale Italiana

R.S.I.’, Repubblica di Salò. Denominazione del governo collaborazionista che, costituito dai fascisti nelle regioni italiane militarmente occupate dai tedeschi dopo T8.9.1943, si dissolse nell'aprile 1945.

Nascita della R.S.I.

« Dal primo dicembre prossimo venturo, lo Stato nazionale repubblicano prende il nome definitivo di Repubblica Sociale Italiana »: così deliberava il Consiglio dei ministri riunitosi a Salò (Brescia) il 25.11.1943. In realtà la R.S.I. era nata in Germania I*8.9.1943 quando Hitler, all'annuncio dell’armistizio badogliano, aveva riunito presso il suo Quartier generale a Rastenburg (Prussia) le personalità fasciste fuggite dall’Italia dopo il 25 luglio [Alessandro Pavolini (v.), Roberto Farinacci (v.), Renato Ricci (v.) e Vittorio Mussolini, figlio del “duce”) imponendo loro di formare un governo provvisorio in attesa dell’arrivo di Benito Mussolini. Quest’ultimo venne liberato il 12 settembre dalla sua comoda prigionia sul Gran Sasso (v.), mediante una spettacolare quanto incruenta operazione (ai tedeschi non fu opposta ness[...]

[...]il protocollo limitava a non più di quattro divisioni le forze recitabili tra gli internati; altre forze verranno addestrate in Germania dopo essere state reclutate in Italia (v. Forze armate repubblichine).

Le motivazioni dell'atteggiamento del tedeschi si possono sintetizzare in questa battuta di Keitel: « Il solo esercito italiano che non tradirà è un esercito che non esiste ».

Canevari venne dimissionato ed esplosero i contrasti già emersi in precedenza: Ricci e i capi di partito non accettavano di prendere ordini da Graziani. Questioni di prestigio e di potere furono così alla base del proliferare dei vari “eserciti paralleli”: Guardia nazionale repubblicana, Legione “Ettore Muti" (v.), Banda Koch (v.), Banda Carità (v.j, Decima M.A.S. (v.), tutte in concorrenza fra loro e usate dai gruppi in lotta che le manovravano, causa non ultima della debolezza della R.S.I.. A parte le quattro Divisioni che sarebbero tornate dalla Germania solo il 2.8.1944, l’esercito repubblicano resterà quindi sulla carta sino alla fine.

Un’altra battaglia persa da Mussolini fu quella per insediare il governo a Roma: i tedeschi non volevano un simile ingombro in una zona destinata a essere presto coinvolta in operazioni militari (la Capitale sarà dichiarata “città aperta”). Dopo un ingenuo tentativo di Mussolini di puntare su Merano o Bolzano, per cercare di ristabilire la sovranità italiana sulle provincie annesse, i tedeschi decisero per il Garda, posto tra il Quartier ge[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 776

Brano: [...]la fattispecie ^ criminosa della collaborazione, l’aver ricoperto una delle cariche indicate nell’art. 1 del D.L.L. 142, ma divenne necessario che vi fosse stata la volontaria accettazione di uno degli uffici o incarichi indicati nella citata disposizione e che le funzioni inerenti alla carica fossero effettivamente svolte. Venne poi preso in considerazione il momento soggettivo del reato, nei cui confronti si affermò che il dolo doveva considerarsi inesistente se l’ufficio o l’incarico era stato svolto con il proposito di nuocere ai nazifascisti. Un’altra questione controversa fu quella relativa alla identificazione dei tribunali straordinari indicati nel n. 2 dell’art. 1 del D.L.L. 142. Nonostante vari tentativi dei difensori degli imputati, la Cassazione questa volta rimase ferma nel ricomprendere, tra questi, anche i Tribunali militari straordinari di guerra.

Le fucilazioni di partigiani

Un altro settore in cui si ebbe un mutamento giurisprudenziale di notevole rilievo fu quello della applicabilità o meno della discriminante de[...]

[...] ferma nel ricomprendere, tra questi, anche i Tribunali militari straordinari di guerra.

Le fucilazioni di partigiani

Un altro settore in cui si ebbe un mutamento giurisprudenziale di notevole rilievo fu quello della applicabilità o meno della discriminante dell’art. 40 del Codice penale militare di guerra (corrispondente all’art. 51 del Codice penale) nel caso di fucilazioni di partigiani in esecuzione di ordini emanati dagli organi della R.S.I..

Fino al luglio 1947 il principio della inapplicabilità venne seguito concordemente. In una sentenza della seconda Sezione penale della Cassazione (ricorrente Bernardi ed altri) del 14.7.1947, la Corte, sia pure con qualche distinguo, rovesciava la linea fino allora seguita e affermava il principio che non erano punibili il capitano e il tenente di una compagnia di metropolitani che, essendosi in un primo tempo opposti agli ordini del prefetto e del questore, avevano poi eseguito la fucilazione dei partigiani a essi imposta, dietro la minaccia di essere a loro volta deferiti al Tribunale s[...]

[...]a e affermava il principio che non erano punibili il capitano e il tenente di una compagnia di metropolitani che, essendosi in un primo tempo opposti agli ordini del prefetto e del questore, avevano poi eseguito la fucilazione dei partigiani a essi imposta, dietro la minaccia di essere a loro volta deferiti al Tribunale speciale ed essere fatti fucilare « perché ai fini della esimente dello stato di necessità, il

danno minacciato doveva ritenersi grave in relazione alla natura violenta per la qualità della persona che faceva la minaccia ».

L’assoluzione delia G.N.R.

Un altro mutamento di giurisprudenza nel tempo, degno di essere menzionato, fu quello relativo alla qualifica da attribuire alle formazioni della Guardia nazionale repubblicana. Questa era stata considerata come rientrante nella nozione di « formazioni di camicie nere con funzioni politicomilitari ». Pertanto i suoi ufficiali erano stati considerati responsabili ai sensi del n. 5 dell’art. 1 del D.L.L. n. 142. Con una sentenza 47.2.1946 la Cassazione modificava la su[...]

[...]ari ». Pertanto i suoi ufficiali erano stati considerati responsabili ai sensi del n. 5 dell’art. 1 del D.L.L. n. 142. Con una sentenza 47.2.1946 la Cassazione modificava la sua precedente giurisprudenza e affermava che 1e formazioni della Guardia nazionale repubblicana non erano formazioni di camicie nere, per cui la presunzione di collaborazionismo non era applicabile ai suoi ufficiali superiori. Un mutamento di notevole rilievo ebbe a verificarsi anche nei confronti della valutazione da dare sulla Repubblica sociale italiana e sugli ordini da essa impartiti. All’inizio la Corte di cassazione aveva insistito a varie riprese sulla assoluta illegittimità delle autorità fasciste repubblicane e degli ordini da queste impartiti:

« Ad un ordinamento anticostituzionale e basato soltanto sull’audacia e sulla forza non potevano corrispondere ordini legittimi »; gli ordini provenivano da « una autorità illegittima, ribelle, traditrice, emanazione e strumento del nemico, come la definisce la legge italiana ».

Successivamente questa posizion[...]

[...]mpartiti:

« Ad un ordinamento anticostituzionale e basato soltanto sull’audacia e sulla forza non potevano corrispondere ordini legittimi »; gli ordini provenivano da « una autorità illegittima, ribelle, traditrice, emanazione e strumento del nemico, come la definisce la legge italiana ».

Successivamente questa posizione si era andata attenuando, anche attraverso il riconoscimento della qualità di « pubblici ufficiali » ai funzionari della R.S.I. e si era giunti a un new look giurisprudenziale, per cui la Corte di assise di Roma (sentenza 30.12.1947, imputati Berti ed altri) riteneva che

« la partecipazione del presidente e dei membri dei Tribunali straordinari fascisti a giudizi conclusisi con la condanna a morte non può considerarsi omicidio in quanto gli atti da essi compiuti furono nel fatto e nella loro intenzione veri e propri atti di giurisdizione ».

La circostanza che tali tribunali fossero stati creati dalla R.S.I. doveva considerarsi irrilevante, perché « dovendo a questa riconoscersi esistenza, sia pure di fatto, di Stato sovrano, politicamente e giuridicamente organizzato, pure al determinato fine della applicazione del diritto di guerra, ne consegue che anche illegittimo dal lato formale, il suo ordinamento giuridico aveva forza cogente per tutti i cittadini e

che coloro i quali furono investiti in forza di tale ordinamento del potere di giurisdizione, nell’esercizio dello stesso compirono ed intesero compiere atti di giurisdizione ».

Il collaborazionismo

Nel complesso, volendo dare un giudizio di assieme sulla giurisprudenza in tema di collaborazionismo, può r[...]

[...]rra, ne consegue che anche illegittimo dal lato formale, il suo ordinamento giuridico aveva forza cogente per tutti i cittadini e

che coloro i quali furono investiti in forza di tale ordinamento del potere di giurisdizione, nell’esercizio dello stesso compirono ed intesero compiere atti di giurisdizione ».

Il collaborazionismo

Nel complesso, volendo dare un giudizio di assieme sulla giurisprudenza in tema di collaborazionismo, può ritenersi che la legge sia stata nel complesso applicata, anche se è chiarissimo il tentativo, ma mano che ci si allontanava dalla Liberazione, di attenuare le responsabilità e di dare del testo una interpretazione sempre più edulcorata; comunque si tratta, in ogni caso, dell’unico settore nel quale lo spirito delle norme non sia stato totalmente vanificato attraverso i canali miracolosi della logica giudiziaria.

L’amnistia Togliatti

Nel 1946, in coincidenza con l’avvento della Repubblica, il governo concesse una amnistia per reati comuni, politici e militari. Il relativo decreto presidenziale re[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 122

Brano: Resistenza italiana

stenza di fatto, si aprì la fase delle vere e proprie deportazioni di lavoratori in Germania, oltre quella della Todt. La primazia operaia — i partigiani armati crebbero di numero (fino a 3035.000) solo dopo i bandi di richiamo emanati dalla R.S.I. in primavera — nel combattere i fascisti e i nazisti con le proprie armi tradizionali (scioperi, renitenze, sabotaggi, ecc.) venne via via meno, ma un forte contenuto di classe, anche questo esistenziale più che politico, rimase. Il P.C.I. era presente con suoi uomini, la sostanza dell’opposizione operaia era dentro il “movimento”, e dentro il movimento doveva porsi l’avanguardia comunista per poter agire. Soltanto più tardi il P.C.I. riuscirà a collegare più strettamente le rivendicazioni economiche agli obiettivi politici e, con l’insieme della sua azione, a conquistarsi la maggioranza effettiva dei consensi operai. Come nel marzo ’43, fino alla primavera dell'anno seguente la spinta maggiore alla resistenza fu d’origine operaia, ma in quanto il cemento d’omogeneità era più naturalmente evidente e forte, come cemento di classe, nella fabbrica anziché nella società.

Ciò, dunque, mantiene un certo carattere di precedenza alla spontaneità rispetto all'organizzazione. Ciò, tuttavia, non deve diminuire l’importanza di questa come presenza orientativa nel terreno ancor vergine della preparazione ideologicopolitica. E ancora: la storia del rapporto fra i due term[...]

[...]organizzazione è ogni giorno influenzato da quello che in anni ormai non vicini definii antifascismo dei fascisti. In primo luogo, antifascismo di quegli industriali e banchieri che nel 192022 e poi fino almeno all’autunno del ’42 furono i principali promotori, affiancatori e profittatori del fascismo.

Ai primi dell'autunno ’43, in alcune zone, essi non esitavano ad appoggiare in parte l’andare in montagna di militari sbandati, chiamati dalla R.S.I., dopo la sua pronta nascita, sotto minaccia di fucilazione come “disertori”: essi speravano in una fine vicina della guerra e contavano di farsene strumento per la “salvaguardia delle aziende”. Il prolungarsi del conflitto e la durezza del suo quotidiano svolgersi li portò presto a non prendere posizione, a farsi consapevolmente neutrali, finanziando gli uni e gli al

tri in lotta, sia per mantenere le commesse belliche da parte fascista e nazista, sia per prepararsi titoli di salvezza nel caso previsto di vittoria degli Alleati e quindi dei partigiani. La diffidenza o, assai più spesso, l'ostilità nei confronti dei “rossi” si tradusse in una sostanziale estraneazione dalla lotta armata, perché questa procurava difficoltà e veri e propri pericoli per l'incolumità delle strutture produttive, e interruzioni di lavoro e quindi riduzioni di profitti, oltre alle conseguenze mortali per le persone quali nascevano dalle rappresaglie contro i colpi di mano e le imboscate dei partigiani.

Era l’attesismo (v.), adottato come “linea politica definita” e, in alcuni[...]

[...]una sostanziale estraneazione dalla lotta armata, perché questa procurava difficoltà e veri e propri pericoli per l'incolumità delle strutture produttive, e interruzioni di lavoro e quindi riduzioni di profitti, oltre alle conseguenze mortali per le persone quali nascevano dalle rappresaglie contro i colpi di mano e le imboscate dei partigiani.

Era l’attesismo (v.), adottato come “linea politica definita” e, in alcuni, giunto fino a vedere la R.S.I., scrive Luigi Ganapini, come « punto di riferimento per tutti quei ceti sociali che, pur non aderendo al fascismo repubblicano, volevano sottrarsi ad ogni scelta ed evitare, con la difesa delle tradizionali istituzioni che quel governo preservava, ogni deciso sbocco innovatore della crisi ».

Per queste vie, ma non solo per queste, l’antifascismo dei fascisti operò molto negativamente anche nel campo della politica generale. In primo luogo, nei rapporti col governo del Sud e con gli Alleati.

L'iniziativa monarchica, gli Alleati e il peso del Mezzogiorno

Qui sta il nodo più gravido di conseguenze, sia sull’efficacia militare della Resistenza sia sulla capacità di questa di lasciare una propria eredità di mutamento. Continuità e r[...]

[...] nuovo potere in Italia dopo la fine della lotta armata — l’effetto fu molto scarso. Lo provano la nascita, quasi ovunque, di Comitati di liberazione nazionale (v.) che, mentre nel Nord erano l’organo politico dirigente la lotta, nel Sud erano formati spesso da opportunisti ed ex fascisti. Ciò tolse base specifica innovativa al C.L.N. centrale (v.) di Roma, il quale il 16.10.1943 aveva espresso con un duro ordine del giorno la volontà di sostituirsi alla monarchia come « governo straordinario dotato di tutti i poteri costituzionali dello Stato », e al convegno dei C.L.N. meridionali tenutosi a Bari (v.) il 2829.1.1944, la cui azione finì presto con l’arenarsi sulla richiesta, in sé di debole efficacia, dell’abdicazione del vecchio re. Mancava l’impegno nella lotta che, di fronte alla dura alleanza tra fascisti e occupanti nazisti, conobbero il Nord e parte del Centro; la conseguenza non potè essere se non quella di rendere più forte la monarchia, il governo Badoglio e le tendenze restauratrici del governo militare alleato.

122



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 632

Brano: Pisenti, Pietro

zia i! movimento fascista abbandonasse il duce romagnolo per orientarsi verso Gabriele D’Annunzio.

Nel Chi è? del 1940, pubblicato dall'editrice « Cenacolo * di Roma, viene così descritto: « Capo del fascismo friulano, presidente dell'istituto di Cultura Fascista e deputato al Parlamento dalla XXVII alla XXIX legislatura ed ora consigliere nazionale alla Gamera dei Fasci e delle Corporazioni per la XXX quale membro del consiglio della Corporazione previdenza e credito, in rappresentanza dei commercianti, Già prefetto di Udine, fondò la prima organizzazione fascista emigratoria in Friuli, svolse missioni politiche, fu Alto Commissario del Fascio e intendente ge[...]

[...] dall’imputazione di « collaborazionismo col tedesco invasore » per non avere egli « commesso il fatto attribuitogli », sentenza poi confermata dalla Corte di Cassazione.

L’assoluzione

Il caso Pisenti può essere considerato uno dei più illuminanti esempi di come, negli anni del dopoguerra, fu condotta in Italia Vepurazione (v.) e furono giudicati i fascisti che si erano assunti le più gravi responsabilità nella repubblica di Salò.

Per farsi assolvere, il Pisenti portò numerosi testimoni a suo favore, dai quali risultò che egli aveva piaudito allo spirito di indipendenza di magistrati che si erano rifiutati di sottostare alle pretese tedesche e che aveva perfino ottenuto il rimpatrio di tre giudici deportati oltre il Brennero quando i tedeschi avevano abbandonato Napoli. Inoltre i testimoni dichiararono che, premendo su Mussolini, egli aveva fatto revocare l’ordine ai magistrati di prestare il giuramento di fedeltà alla R.S.I.; che, d'altra parte, nell’autunno 1944 aveva fatto arrestare Pietro Koch (famigerato capo dì una banda d[...]

[...]estimoni a suo favore, dai quali risultò che egli aveva piaudito allo spirito di indipendenza di magistrati che si erano rifiutati di sottostare alle pretese tedesche e che aveva perfino ottenuto il rimpatrio di tre giudici deportati oltre il Brennero quando i tedeschi avevano abbandonato Napoli. Inoltre i testimoni dichiararono che, premendo su Mussolini, egli aveva fatto revocare l’ordine ai magistrati di prestare il giuramento di fedeltà alla R.S.I.; che, d'altra parte, nell’autunno 1944 aveva fatto arrestare Pietro Koch (famigerato capo dì una banda di seviziatori fascisti) e che, per di più, aveva avuto un tempestoso colloquio col colonnello Kappler, secondo il quale Koch stava compiendo operazioni di polizia importanti per la sicurezza delle armate tedesche operanti in Italia, per cui il processarlo sarebbe stato uno scandalo. Pisenti potè essere presentato al processo di Bergamo come uomo contrario a ogni forma di « giustizia straordinaria » in funzione di vendetta politica, e in particolare contrario al processo imbastito a Verona
[...]

[...]i avevano firmato, per inoltrarle al capo dello Stato. Sarebbe stato anzi per questo motivo che il segretario del partito Pavolini non avrebbe trasmesso al ministro di Grazia e Giustizia le domande in questione. (Pisenti si vanterà ripetute volte per quel suo gesto di « indipendenza dal potere politico », cercando di nascondere il fatto che, così stando le cose, e a parte qualsiasi altra considerazione, sarebbe stato suo elementare dovere dimettersi).

Dopo l’incredibile assoluzione, l’ex ministro della repubblica di Salò potè riprendere la toga» prestare la propria collaborazione aWUnione Italiana Epurati difendendo gli ex camerati collaborazionisti, commemorare pubblicamente i caduti della R.S.I..

Nel 1977 fu pubblicato, dall'editore Giovanni Volpe di Roma, il libro Una repubblica necessaria, per sostenere che la R.S.I. servi a proteggere il paese dalla rabbia dei tedeschi resi furiosi dal « tradimento » delI’8 settembre. Tesi che non ha nessun senso nemmeno sul piano pratico, come dimostrano (per limitarsi ad alcuni esempi) le stragi di Boves e di Marzabotto, le Fosse Ardeatine, i 600.000 soldati e ufficiali italiani internati in Germania, le decine di migliaia di deportati nei lager

U.A.G.

Pisino (Pazin)

Cittadina al centro dell’lstria (v.), passata dal 1946 alla Jugoslavia. Già abitata da italiani e croati, oggi con una preponderante popolazione slava, nel periodo 19191943 Pisino fu sottoposta a pesanti repressioni da parte dei fascisti italiani. Il governo di Roma vi instaurò un regime di terrore indiscriminato contro antifascisti italiani e slavi che in gran numero furono arrestati[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 343

Brano: [...]nia

sempre più dubbiosi sulla tenuta della Divisione.

D’altra parte, numerosi ufficiali della “San Marco” cominciarono a pensare al “dopo” e lo stesso Farina, in definitiva, tenne un atteggiamento ambiguo, evitando massicce rappresaglie, liberando qualche ostaggio e curando l’imparziale sepoltura dei caduti. La sentenza che, nel dopoguerra, Io condannerà a 10 anni di reclusione, peraltro amnistiati, affermerà che « cercò [...] di destreggiarsi con gli uni e con gli altri ».

Agli inizi di aprile del 1945 Farina propose al governo della R.S.I. di resistere a oltranza intorno a quel

lo che restava della “San Marco”, attendendo l'arrivo degli Alleati, ma

il suo progetto venne respinto. Il

24 aprile gli arrivò l'ordine di concentrare le forze sulla linea TicinoPo e il 27 il generale si trovava ad Acqui, mentre il grosso della Divisione era in movimento verso Alessandria e Valenza Po. Qui il 30 aprile, dopo trattative tra Farina e il C.L.N. locale, la “San Marco” si sciolse.

La “San Marco" in Garfagnana

Nel corso della guerra, soltanto due battaglioni della “San Marco” avevano combattuto contro gli angloamericani: il 3° [...]

[...]

11 Battaglione “Uccelli” aveva attaccato a Molazzana, Brucciano e Calomini con notevole successo, grazie anche all'appoggio dell'artiglieria. Il 26 dicembre si era attestato sulle alture sopra Gallicano, protetto sul fianco dal III Gruppo esplorante. Il 27 aveva attaccato di nuovo, ottenendo uno sfondamento locale, con la cattura di alcune centinaia di prigionieri e di parecchie armi. Questo modesto successo aveva elettrizzato i Comandi della R.S.I. che avevano insistito per sfruttare al massimo l'attacco, consapevoli del vantaggio propagandistico che ne sarebbe potuto derivare. In realtà gli italotedeschi non avevano le forze necessarie per proseguire e l'arrivo della 10a Divisione indiana di fanteria, aiutata nella sua azione anche da gruppi di partigiani esperti della zona, era stato sufficiente a contenere l'azione italotedesca e a impedire ulteriori iniziative.

L’attacco in Garfagnana fu l’ultima fiammata della R.S.I. e l’unica volta che i marò combatterono contro gli angloamericani come era stato loro promesso anziché venire imp[...]

[...]uttare al massimo l'attacco, consapevoli del vantaggio propagandistico che ne sarebbe potuto derivare. In realtà gli italotedeschi non avevano le forze necessarie per proseguire e l'arrivo della 10a Divisione indiana di fanteria, aiutata nella sua azione anche da gruppi di partigiani esperti della zona, era stato sufficiente a contenere l'azione italotedesca e a impedire ulteriori iniziative.

L’attacco in Garfagnana fu l’ultima fiammata della R.S.I. e l’unica volta che i marò combatterono contro gli angloamericani come era stato loro promesso anziché venire impiegati sul fronte della guerriglia. Il 2° Battaglione “Uccelli” si arrese agli americani il 27 aprile nei pressi di Rapallo; il 3° Battaglione arrivò fino a Parma e il III Gruppo esplorante, infine, si sciolse il 30 aprile nella zona di Magenta.

A.Se.

San Marino, Repubblica di

Repubblica indipendente compietamente circondata dallo Stato italiano, ha una superficie di 60,57 kmq e una popolazione residente di circa 25.000 abitanti, dei quali 5.000 vivono nella capitale San M[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 96

Brano: [...] ».

Il Partito fascista repubblicano

Lo strumento per realizzare questo programma doveva essere il nuovo Partito fascista repubblicano (P.F. R.), guidato da Pavolini, all'interno del quale convergevano tre componenti: squadrismo, fascismo moderato, sindacalismo. La prima componente, richiamata dal riaffiorare del particolarismo provinciale e dal ridimensionamento della figura carismatica di Mussolini dopo il 25 luglio, era pronta a ritagliarsi spazi autonomi di potere all'insegna di un “ritorno alle origini”.

Sintomatico il titolo deH’articolo di fondo, con cui Farinacci riaprì a Cremona il suo quotidiano Regime fascista: « Eccomi di ritorno ».

Intellettuali e giornalisti, tra cui Giorgio Pini (v.) e Concetto Pettinato, formavano il gruppo, minoritario per mancanza di referente politico, del fascismo moderato. Sensibile ai richiami patriottici, ai miti della fedeltà e dell'onore, questo gruppo si rese disponibile per operazioni di “pacificazione” nel nome della rinascita nazionale, che vennero però ben presto stroncate dopo l[...]

[...]nze di socializzazione e prevalsero gli umori vendicativi che, nel gennaio 1944, avrebbero trovato uno sfogo nel processo di Verona (v.). In realtà il congresso fu una vittoria di Pavolini e del fascismo gerarchico, che poterono sfruttare le divisioni e le confusioni tra le varie componenti del P.F.R. per riprendere in mano il partito, ^organismo tanto più importante nel caos di poteri e nella carenza di efficienti strutture amministrative nella R.S.I..

La “socializzazione"

La carta della “socializzazione”, giocata nel febbraio 1944, rappresentò

il tentativo mussoliniano di ribaltare le alleanze sociali che per ventanni avevano sostenuto il fascismo, ma si trattava solo di una disperata e inutile ricerca di consensi, destinata a naufragare nell'opposizione degli interlocutori sociali e politici.

Vi erano contrari anche i tedeschi (« I provvedimenti economicosocia

li adottati dal Duce non ci interessano », dichiarò Hitler) che non volevano nessuna interferenza e complicazione nella loro opera di « spremitura del limone italian[...]

[...]ocializzazione” erano infine gli stessi presunti beneficiari della legge e la risposta operaia fu l’ondata di scioperi del marzo 1944. Le condizioni di vita dei lavoratori erano durissime e i salari di fame, il carovita, i bombardamenti e lo sfollamento avevano creato un’ampia area di malcontento. In occasione degli scioperi del novembre 1943 i fascisti avevano cercato di giocare un ruolo di mediatori e occorre ricordare, a tale riguardo, che la R.S.I., in cerca di consensi operai, aveva mantenuto in vita le commissioni interne (v.) badogliane. Ma l’intervento dei tedeschi e l’azione dei lavoratori avevano inflitto ai fascisti l’ennesima umiliazione, tagliandoli fuori da una partita giocata solo da operai, industriali e tedeschi.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 106

Brano: [...]o dei funzionari italiani presso l’Ambasciata di Berlino e gli altri Consolati, solennemente promesso, fu interrotto dal loro internamento nel campo di GarmischPartenkirschen in alta Baviera. Le minacce e le pressioni affinché essi aderissero alla Repubblica Sociale Italiana (v.) risultarono inutili, sicché alla fine del

1943 tutti i “dissidenti” vennero estradati in Italia e furono messi a disposizione del governo di Salò che, di fronte al persistere del loro rifiuto, ne decretò la destituzione e il licenziamento in massa.

Nel febbraio 1944 i giornali fascisti pubblicarono un lungo elenco di « Diplomatici de

stituiti, dimissionati e a riposo » nei seguenti termini: « Destituiti gli ambasciatori De Vecchi, Grandi, Bastianini, Alfieri (frontisti del 25 luglio); dimissionati con perdita di ogni diritto gli ambasciatori Taliani, Indeiii. Rocco, De Rossi, i ministri plenipotenziari Petrucci, Quarone, Magistrati, Prunas, Ber ardi s, BabuscioRizzo, Cortese, Lanza d’Ajeta, nonché diciotto funzionari di grado inferiore. Gli Ambasciatori[...]

[...]nto delle unità navali italiane alla fonda in quel porto per evitarne il sequestro da parte giapponese. I diplomatici e le loro famiglie, privi di ogni aiuto, riacquistarono la libertà soltanto alla fine del 1945 e parte nel febbraio 1946.

A Zagabria, il ministro Petrucci venne confinato con tutto il personale della Legazione e degli uffici culturali ed economici. Il dittatore croato Ante Pavelic, del resto, già prima della costituzione della R.S.I. (alla quale fu ostile tanto quanto a! governo Badoglio) si era dimostrato particolarmente ostile nei confronti dei « falsi amici italiani ». Qualcuno degli Stati satelliti del

l’Asse, che avevano più che altro subito la pressione nazista e anelavano a uscire dalla guerra sull’esempio dell’Italia, non osando o non potendo imitarla, permisero con particolari e singolari atteggiamenti, in difficili circostanze e almeno per un certo periodo, situazioni anomale: mentre a Sofia il ministro Mameli e tutti i membri della Legazione, ufficialmente fedeli al governo badogliano, furono arrestati e int[...]

[...]della Legazione, ufficialmente fedeli al governo badogliano, furono arrestati e internati a Varchets, nel cuore dei Balcani, in Romania e in Ungheria si verificarono situazioni degne di essere ricordate.

A Bucarest il ministro Bova Scoppa, invano pressato dall’ambasciatore tedesco von Killinger, si trovò inizialmente agevolato dalla rivalità fra tre capi romeni: mentre il “conducator” Antonescu, capo del governo, era disposto a riconoscere la R.S.I. e ad accreditarne il ministro Odenigo, re Michele (v.) si rifiutava di riceverne le credenziali e il ministro degli Esteri Mihail Antonescu, da parte sua, non considerava valida la destituzione di Bova Scoppa. Grazie a questa anomala situazione, la rappresentanza in Romania potè continuare la propria attività in mancanza di quella collaborazionista: tra l’altro riuscì a sottrarre alla confisca tedesca la flotta italiana del Danubio, facendola sequestrare dal governo rumeno. Ancora più singolare fu, per qualche tempo, la situazione a Budapest, ove si registrò il caso unico di due ambasciate it[...]

[...]te in reciproca ostile concorrenza, risultando entrambe regolarmente accreditate dal governo ungherese. Ma, ben presto, questa eccezionale situazione finì e tutti i membri che avevano resistito alla pressione del governo di Salò furono internati in campi di concentramento.

NelTItalia liberata

Nell’Italia del Sud, dopo aver finalmente troncato con l’apparato fascista (rimasto pressoché indenne durante i 45 giorni di Badoglio) potè ricostituirsi subito un ministero degli Esteri (insieme a quello delle Forze Armate e a un Ufficio affari civili che assommava in sé tutte le funzioni non militari) che permise di riallacciare i rappprti brutalmente interrotti dalla guerra.

Anche per questo si è giustamente detto:

« I funzionari dell’amministrazione degli Esteri hanno custodito e salvaguardato, in quel travagliato periodo in cui tutto crollava

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 444

Brano: [...]do Buffarmi Guidi. — Moltissimi iscritti rappresentano lo scarto di quello che fu il partito fascista in passato e sono riguardati dalle popolazioni con disgusto, con disprezzo e qualche volta con vero terrore ».

Quale che fosse la consistenza numerica del P.F.R., non lo si può considerare alla stessa stregua di un qualsiasi partito politico, sia pure totalitario. La sua realtà istituzionale fu quanto mai evanescente. Non riuscì neanche a dotarsi di uno statuto interno e i suoi organismi dirigenti furono scarsamente definiti. Il Direttorio, organo supremo, si riunì per la prima e ultima volta aM'inizio del marzo 1944. Nominato da Mussolini il 22.2.1944, era composto da: Pietro Asti, Fulvio Balisti, Carlo Borsani, Alfredo Cucco, Giuseppe Dorigo, Franco Corrado Marina, Giulio Gai, Carlo Gigliolo, Bruno Gemelli, Gino Meschiari, Franz Pagliani, Alessandro Palladini, Giuseppe Pizzirani, Sergio Stoppiani, Leo Todeschini, Agostino Vandini, Aldo Vidussoni. Il segretario Pavolini era praticamente inamovibile, svincolato da ogni controllo che n[...]

[...]ea di Verona si occupò degli argomenti più disparati, dal varo di una Costituente repubblicana alla repubblica presidenziale, dal problema ebraico alla socializzazione e ai rapporti con la Chiesa cattolica, sfiorando solo marginalmente il problema del partito.

A tale tema, il Manifesto conclusivo dell’assemblea, comprendente 18 punti, riservò soltanto un riferimento generico: « Nel

partito, ordine di combattenti e di credenti, deve realizzarsi un organismo di assoluta purezza politica, degno di essere il custode dell’idea rivoluzionaria ».

Interessante risulta il confronto del ruolo del P.F.R. con quello delle altre strutture del neofascismo, ma soprattutto con il ruolo ricoperto dal Partito nazionale fascista (v.) durante il precedente ventennio. Se nell’ambito del crollato regime il P.N.F. era stato per anni uno strumento ausiliario, esclusivamente addetto a organizzare il consenso di massa (nel binomio partitoStato, il regime aveva sempre privilegiato il secondo, mortificando l’attivismo delle origini), durante la R.S.I. la s[...]

[...] ruolo del P.F.R. con quello delle altre strutture del neofascismo, ma soprattutto con il ruolo ricoperto dal Partito nazionale fascista (v.) durante il precedente ventennio. Se nell’ambito del crollato regime il P.N.F. era stato per anni uno strumento ausiliario, esclusivamente addetto a organizzare il consenso di massa (nel binomio partitoStato, il regime aveva sempre privilegiato il secondo, mortificando l’attivismo delle origini), durante la R.S.I. la situazione venne di fatto capovolta. Falliti i tentativi di creare una forza armata di Stato credibile (v. Forze armate repubblichine) e « autonoma » dai tedeschi che si affermavano di fatto come l’unico potere reale nel territorio italiano, e fallito ogni proposito « rivoluzionario » con la ripresa delle lotte operaie del novembredicembre 1943, del marzo 1944 e poi con l’estendersi della lotta partigiana i ministeri sparsi intorno al lago di Garda altro non erano che espressioni burocratiche di un apparato statale inconsistente, togliendo qualsivoglia credibilità alla pretesa nuova compagine statale.

In tali condizioni diventava praticamente impossibile ai fascisti crearsi una base sociale: la sempre più manifesta ostilità delle masse po. polari e l’allinearsi dell’alta borghesia con le forze emergenti del capitalismo americano, di cui si scon* tava l’immancabile vittoria, costringevano la R.S.I. a rivolgersi a una

Benedizione del gagliardetto di un reparto femminile fascista a Milano (1944)



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 121

Brano: [...]unità nazionale del maggio 1947, con l’attentato a Togliatti nel luglio 1948 (v. Quattordici luglio), con la reazione antioperaia degli anni 194855. Per tutto il quarantennio post '45 la questione spontaneitàorganizzazione rimase, dunque, come spia più

o meno esplicita del contendere intorno al tema, più scoperto e scottante politicamente, dell'“unità della Resistenza”. Per la D.C. (lo indicò Ernesto Ragionieri) fu un mezzo tattico per garantirsi quale erede della continuità dello Stato; per il P.C.I., la via strategica da percorrere per legittimarsi come partito nazionale, dopo i lunghi anni di scomuniche fasciste e cattoliche, e poi come partito cofondatore della Repubblica e interno al suo sistema istituzionale. Più a sinistra, dentro il P.C.I. (Secchia) e fuori (nei cosiddetti gruppi extraparlamentari), l'atteggiamento ufficiale, di Togliatti e poi di Enrico Berlinguer, fu bollato, dal '68 in poi, di rinuncia a portare fino in fondo la istanza rivoluzionaria operaia quale si era espressa con grande forza negli scioperi, da quello del marzo 1943, ancora in regime mussoliniano, a quello “insurrezionale” del 18.4.1945. Spontaneità e orga[...]

[...]co della guerra partigiana e del suo rapporto con il periodo fascista. Già negli anni del divampare più acceso di questa discussione (gli anni Sessanta), da parte di storici degli Istituti della Resistenza si era sottolineato il fatto che la stragrande maggioranza dei partigiani era di giovani (I'8085%, e fra essi il 46,3% erano nati tra il 1920 e il 1925, il 40,8% tra il 1910 e il 1919, oppure — e questi senza obblighi di servizio imposti dalla R.S.I. — nel 192627), i quali nella quasi totalità non potevano aver militato neH’antifascismo clandestino se non, ma alcuni soltanto, nel periodo della guerra. Altre sollecitazioni, non politicopartitiche, ma esistenziali (morali, psicologiche, “materiali”), li avevano spinti a ribellarsi al fascismo, prima in forme per lo più passive (non combattere, criticare, “mugugnare”), poi, di fronte al crollo totale dello Stato l’8 settembre 1943, con l’“andare in montagna” a prendere le armi. La scelta di questa strada, essa stessa minoritaria (fra i relativamente nu

merosi ex militari “sbandati” dei giorni dopo l’armistizio, solo 9 o 10 mila rimasero nelle “bande” a fine dicembre 1943), era stata prepolitica. Uno scatto morale, l’intuizione personale che occorresse ricuperare l’identità risorgimentale del paese combattendo contro il nazifascismo, un atto di responsabilità e di ass[...]

[...]no scatto morale, l’intuizione personale che occorresse ricuperare l’identità risorgimentale del paese combattendo contro il nazifascismo, un atto di responsabilità e di assunzione di rischio per la grande maggioranza da giovani “ribelli” appartenenti al ceto medio (studenti, intellettuali in fieri o in prima uscita, impiegati, lavoratori indipendenti). Un’avanguardia peraltro ridotta rispetto a coloro che avevano nel ventennio assistito all’imporsi e al dominare del “duce”. L’antifascismo politico non spinse i più fra questi, ma poi cercò via via di organizzarli e in parte (in parte soltanto) riuscì a influenzarli, senza mai riuscire, durante i venti mesi dello scontro frontale, a soggiogarli. Al naufragio dello Stato e della sua “autorità”, sia morale sia coercitiva, s’era aggiunta l’ambiguità della chiesa cattolica, divisa fra il desiderio del papa di dar vita a una sorta di fascismo senza Mussolini, o a un regime militare, e la passione cristiana del clero vicino al “popolo di Dio”.

Al campo della spontaneità, ma con azione d’effi[...]

[...]perai poterono riacquistare una loro forza e cementarla, entro certi limiti, con l'avvio a classe, cioè a forza, per ragioni “materiali” e non propriamente politiche, relativamente omogenea, sia perché generalmente dequalificata dal tipo di lavoro e portata verso salari e categorie più ravvicinate, sia perché l'economia bellica imponeva che si tenesse conto delle loro richieste di vita, specialmente salariali e alimentari. Dopo l'8 settembre, la R.S.I. fu in gran parte il braccio armato volto a favorire le domande di mano d'opera avanzate dal Terzo Reich, e spesso i tedeschi si arresero a una certa comprensione fino a che riuscirono a ottenere, complice parte degli industriali, un certo grado di produzione effettiva. Poi, quando gli scioperi del novembredicembre '43 e quello, il più grande dell'Europa occupata, del marzo ’44, mostrarono che gli operai erano in prima linea nella resi

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successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine R.S.I., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---fascisti <---italiana <---fascismo <---fascista <---italiani <---italiano <---C.L.N. <---fasciste <---P.C.I. <---Storia <---antifascismo <---antifascisti <---comunista <---italiane <---nazifascisti <---nazisti <---comunisti <---antifascista <---P.S.I. <---S.S. <---collaborazionismo <---collaborazionisti <---nazista <---G.N.R. <---P.F.R. <---Partito comunista <---socialista <---Diritto <---antipartigiana <---collaborazionista <---dell'Italia <---socialisti <---Bibliografia <---D.C. <---G.A.P. <---La Repubblica <---P.N.F. <---Pratica <---Repubblica Sociale Italiana <---badogliano <---mussoliniano <---neofascismo <---squadrista <---Brigate nere <---C.V.L. <---Cultura popolare <---Decima M <---Decima M A S <---La formazione <---M.A.S. <---San Sabba <---attesismo <---capitalismo <---cristiana <---sindacalista <---socialiste <---squadrismo <---A.I. <---A.N.P.I. <---Agraria <---Brigate Nere <---C.L.N.A.I. <---D'Amato <---D.L.L. <---Dante Livio Bianco <---Diplomatica <---FIAT <---Fiamme Verdi <---Filosofia <---G.L. <---I.R.S.M.L. <---Il P <---Il P C <---Il P C I <---La guerra <---La vita <---Lirico di Milano <---Litorale Adriatico <---Logica <---Paimiro Togliatti <---Renato Ricci <---Repubblica di Salò <---S.A.P. <---San Marco <---Santa Lucia <---Santa Maria <---Storiografia <---antifasciste <---d'Italia <---estremismo <---gappista <---gappisti <---giellisti <---interventista <---massimalista <---nazifascismo <---nazifascista <---nazifasciste <---naziste <---neofascisti <---paracadutisti <---pluralismo <---riformismo <---riformista <---sindacalismo <---sindacalisti <---socialismo <---trasformismo <---Abdon Maltagliati <---Abelardo Lip <---Achille Barbieri <---Adolfo Rot <---Adriano Maiorca <---Adriatisches Kustenland <---Agostino De Pretis <---Agostino Vandini <---Alberto Cefis <---Aldo Ghiringhelli <---Alessandro Galante Garrone <---Alessandro Trabucchi <---Alfredo Areta <---Aligi Zatella <---Alleati in Germania <---Alleati in Sicilia <---Alto Commissario del Fascio 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Pellegrini <---Forces Franpaises <---Fosse Ardeatine <---Francesca Bodi <---Francesco Borella Carlo Alberici <---Francesco Maria Bar <---Francesco Morando <---Francia nel Battaglione Mitraglieri <---Franco Colombo <---Franco Corrado <---Franco Lavinj <---Franco Speca di Corropoli <---Francoforte sul Meno <---Frane Segui <---Franz Pagliani <---Friedrich Rainer <---Friuli Orientale <---G.B. <---G.M. <---G.M.A. <---Gabriele Zamboni <---Gaetano Bottini <---Gamera dei Fasci <---Gaspare Santoro <---Germania I <---Gian Battista Anguissola <---Gino Bozzi <---Gino Bruscia <---Giorgio Galli <---Giorgio Gasparini <---Giorgio Giorgi <---Giorgio Pini <---Giovane Italia <---Giovanni Battista Ber <---Giovanni De Marchi <---Giovanni Di Gianfilippo <---Giovanni Farina <---Giovanni Marcora <---Giovanni Papi <---Giovanni Preziosi <---Giovanni Solari <---Giovanni T <---Giulio Cerreti <---Giulio Creda <---Giulio Guaragni <---Giulio Marassi <---Giuseppe Adrian <---Giuseppe Belmonte <---Giuseppe Caradonna 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