Brano: [...]e, infatti, che in questo paese la prima popolazione fu Mongola e vi fu capitale con tante ricchezze: un milione di anni prima di Gesù Cristo.
Ci sono qui tante torri dette Nuraghi che sono state abitate dai Signori. E i Signori non possono stare, e tanto meno vivere, senza i tesori.
Ci sono grotticelle dette Domus de janas che devono essere state le case di certe antiche Signore. E come donne e Signore tesori di certo ne devono avere avuti. E pure lasciati nella casa.
Ci sono pietre che sono dette Sepolturas de sos Gigantes. E per esser giganti, di tesori ne devono aver presi ed avuti: se no non si capisce che stavano a fare i giganti.
Anche se il nostro paese é stato sempre povero e misero, per latitanti — grazie alla giustizia — é stato sempre ricco e grandioso. Questi latitanti tesori ne devono avere fatti: e come i peli delle pecore.
Ci devono essere qui monete d'oro e di argento, perle, rubini e diamanti.
In certi libri di storie ho saputo tutto questo. Me li avevano dati a leggere un prete e un soldato che queste cose le cerc[...]
[...]isce che stavano a fare i giganti.
Anche se il nostro paese é stato sempre povero e misero, per latitanti — grazie alla giustizia — é stato sempre ricco e grandioso. Questi latitanti tesori ne devono avere fatti: e come i peli delle pecore.
Ci devono essere qui monete d'oro e di argento, perle, rubini e diamanti.
In certi libri di storie ho saputo tutto questo. Me li avevano dati a leggere un prete e un soldato che queste cose le cercavano, e pure le sapevano.
In campagna di tanto in tanto si trovano di certe pietre che devono essere preziose se i forestieri se le pigliano e le portano a Cagliari a museo e officina. Si trovano monete di pasta. E vasi di pietra. Ma, con tanti signori, ce ne deve pure essere stato qualcuno che ce li aveva d'oro..
Il tesoro dei ricchi e dei latitanti deve stare sepolto in"qualche parte: grotta, bosco o casa.
Non resta che cercarlo per cambiare condizione.
INCHIESTA SU ORGOSOLO 127
Ma prima voglio raccontarvi come era la mia condizione di pastore di Orgosolo, ai tempi miei. E voi direte che è meglio cercare tesori.
Da quando ero nato, io, povero pastore orgolese, più che di uomo ero figlio di bosco e di pecara. In quell'età in cui avevo più bisogno di padre e di madre ero dovuto andare solo, infatti, in bosco; e quando avevo più bisogno di essere curato[...]
[...] di camminare, così che bisognava correre al fiume per ammorbidirle.
Mi portavo addosso tutta la casa. E per 200, 300 chilometri, o piú. Letto: per terra. Cuscino: una pietra. Una pelle di pecora o di bue vuota, stretta alle zampe, per portare il latte. Per fare formaggio due
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o tre vasi di sughero: sos malunes. Allora si riscaldava il latte con pietre arroventate. Poi questo é sparito e abbiamo avuto caldaie di rame. C'era pure qualche forma in legno di perastro per far formaggio, qualche fune e qualche mazza. C'era pure qualche oggetto di pastore come sa muria, ossia mazza per agitare il latte; su corcariu, ossia cucchiaio di corno e sa leppa, coltello. L'acciarino. E poi un archibugio, sempre questo, magari anche due.
Il mangiare veniva quando veniva. Non c'erano ore di pasto e dure leggi, come a Fonni. Si mangiava ad avere tempo, fame. E man, giare, in primo.
Di paese portavo qualche provvista di sale. E vino. Partito, non c'era né pane, né grano. Poco ce n'era o niente. Niente si comprava. Né si voleva. C'era solo latte cagliato, sa frue: a rotta di collo. Quando non potevamo più di questo latte inacidi[...]
[...]ite, malattia di intestini, carbonchio la pecora. Ci sono pastori antichi, come ziu Naniu Mina, che di questa carne gli piace ancora, e di più dell'altra: non mangerebbero che questa.
Pipata, zigarro, poco si usava. O niente.
Ben presto la neve cadeva e tutto sul pascolo stava, ora, un mantello bianco. La nostra casa, una grotta o una quercia bucata. Tutto il verde spariva per un mese, due. Allora il bestiame cominciava a tremarsi di freddo, e pure affamato. Correva a cerca di steli, di fronza, come anime dannate. Pecore si morivano nei precipizi chiusi per neve; nella piana si svenivano, pigliavano convulsione e il bianco mantello li copriva. Mi ricordo l'annata 1893 che vedevo il suolo, tratto a tratto, pieno di infelici cadaveri di pecore. Non c'era difesa che con il tagliar i rami e far fuoco, a volte incendiare tutto il cespuglioso e un bosco intero. Notti e notti restavamo all'aperto abbracciati con le pecore. Quando la pioggia cominciava e la neve spariva, gridavamo di gioia come i
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matti e cominciava p[...]
[...]! che è tempo di scendere e, vicino, nuovo tempo di neve.
Le malattie di pecore erano molte. Ne ho conosciute troppe. E sempre. C'era la pecora zoppa, sa mussida ossia malattia di mammelle, il verme al cervello, sas ranas ossia malattia di fegato. La volpe. Sola difesa il coltello, il fucile, e qualche parola di fatturzu, ossia fattura e cioè sas presuras.
In nome de Babbu mannu e de sos margianos torrimus bonos contos manzanu (*).
Si usavano pure certi sacchetti, sas punzas, con qualche erba, o parola, o dente di serpe. Si metteva alla collana. C'era una malattia come una mela sul cervello, con tanta acqua che si faceva e bisognava levare piano piano quell'acqua col coltello, senza che l'animale morisse. C'era qualche specializzato o majariu ossia mago per questo.
Il mio lavoro era lungo e sudato come quello dei pastori: il mungere, il formaggio, i1 castrare, il tosare, l'uccidere, il pulire. Non parliamo della guardia, giorno e notte, che era una tortura, contro le volpi,
(*) In nome del gran Padre e delle volpi / ne terremo buon c[...]
[...]nome del gran Padre e delle volpi / ne terremo buon conto domani.
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l'aquila e quella bestia più astuta e più di numero che é sempre iI ladro, tra noi.
Fuor che i frutti di latte, formaggio, lana e carne (che pur ci ba stavano in famiglia) il commercio era triste e quasi nulla si vendeva. Tutto era a cambia merce. Per andare a vendere qualche chilo di formaggio bisognava andare sino a Macomer e a Siniscola. E non si aveva neppure un soldo, ma 2 o 3 centesimi. Tante volte per abbuscare qualche soldo, al fine di comprarmi qualche zigarro o arma pure, mi é capitato di andare di casa in casa in tutto il vicinato e, dopo pure un mese, non sempre ci riuscivo.
I rapporti tra noi pastori erano buoni e ci volevamo bene piú di adesso. C'erano omicidi, come adesso, per un odio, e per vendetta. Dieci o quindici all'anno. Ma questo é sempre stato.
L'amicizia più universale del bestiame era ad Orgosolo che il padrone, ossia su mere dava a tenere il gregge ad un altro pastore o su cumpanzinu e questo a fine d'anno dava a lui la meta dei frutti, e si prendeva la meta del gregge poi cresciuto. C'erano pastari ché lo davano ad un terzo.
I peggio trattati erano i servi, sos terraccos. Io lo ho fatto tanti anni. Ma il servo é[...]
[...]rgiu ossia tesoro.
Dice: — Vado a questo compare e lo convinco a dare il libro, senza dir niente. Ci metteremo a cercare. Che il tesoro c'é. Appuntamento il venerdì.
Quattro o cinque giorni dopo, quando aveva già il libro in mano, andiamo a cercare il tesoro e con mio fratello Antonio, che é venuto, tutta' la notte prima non abbiamo dormito.
Il giorno fissato andiamo io e lui, il padrone Manca, e quel Battista Grehu, che si era portato con sé pure un ragazzo, dicendo che era orfano, poveretto, e che si poteva tirare su con una piccola parte
di tesoro. "`T'
La sera restiamo a Orgoi. E come é nera notte, il ragazzo nuovo tiene il libro ed io un ramo acceso per fare luce a ziu Battista Grehu, che leggeva, e tutti gli altri cominciano a zappare.
Quando leggeva il libro io sentivo: « Io ti comando in nome di Dio, 'ustu est su veru, di stare lontano di me dal Diposito di Artiglieria e da tutta la Compagnia, lampu de unu boja, Tu sei angelo perduto, et cussu est pro unu omine bonu ».
Quelli zappavano.
Tiravano fuori mattoni.
132 FRANCO [...]
[...]ando leggeva il libro io sentivo: « Io ti comando in nome di Dio, 'ustu est su veru, di stare lontano di me dal Diposito di Artiglieria e da tutta la Compagnia, lampu de unu boja, Tu sei angelo perduto, et cussu est pro unu omine bonu ».
Quelli zappavano.
Tiravano fuori mattoni.
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Mattoni, mattoni.
All'improvviso si sente un punto duro.
Corriamo tutti e zappiamo:
Era una pietra di mola di mulino, spezzata a due. E forse, pure,
la ha rotta qualcuno di noi a piccone.
Qua non si é trovato niente. E il vecchio ha detto:
— Saltiamo dal confine del territorio di Orgosolo a quello di Olie na. Forse 11 ci avremo più forza. — Poi ha domandato: — E le monete dove le avete messe?
Se le aveva prese un fratello del Manca padrone, Giovanni Antonio.
— No. No. No.
Dice che servivano per spinzare, cioè messe a terra tutta la terra si frantumava in tante monete.
Dunque il caso è successo che, non avendo moneta, non abbiamo trovato il tesoro.
Io rimasi a custodia dei majali e gli altri se ne tornarono.
Mi metto a cercare e [...]
[...]e dove le avete messe?
Se le aveva prese un fratello del Manca padrone, Giovanni Antonio.
— No. No. No.
Dice che servivano per spinzare, cioè messe a terra tutta la terra si frantumava in tante monete.
Dunque il caso è successo che, non avendo moneta, non abbiamo trovato il tesoro.
Io rimasi a custodia dei majali e gli altri se ne tornarono.
Mi metto a cercare e trovo solo pietre. Mattoni e mattoni. Nella distrazione mi ho perso due maiali pure.
Erano due o tre mesi che cercavo. La storia di s'ussorgiu, ossia tesoro, si sa nel paese di Oliena. E ziu Battista Grehu organizza una combriccola con quegli olianesi. Ha pensato: Quelli di Oliena sono meno soggetti a1 diavolo tentatore di quelli di Orgosolo. Così ci avranno piú, forza.
Vanno un'altra sera. Ed io vado a vedere. Ma mi hanno scacciato.
Si sono messi a scavare e si dice che hanno trovato solo mattoni. Mattoni e mattoni. Trovano pure il resto della mola rotta, che era 11 rimasta.
Ma a me la passione di cercare era ora venuta. Ci dovevano essere monete d'oro e d'argento, perl[...]
[...]
Erano due o tre mesi che cercavo. La storia di s'ussorgiu, ossia tesoro, si sa nel paese di Oliena. E ziu Battista Grehu organizza una combriccola con quegli olianesi. Ha pensato: Quelli di Oliena sono meno soggetti a1 diavolo tentatore di quelli di Orgosolo. Così ci avranno piú, forza.
Vanno un'altra sera. Ed io vado a vedere. Ma mi hanno scacciato.
Si sono messi a scavare e si dice che hanno trovato solo mattoni. Mattoni e mattoni. Trovano pure il resto della mola rotta, che era 11 rimasta.
Ma a me la passione di cercare era ora venuta. Ci dovevano essere monete d'oro e d'argento, perle, rubini e diamanti.
Una volta eravamo in tanti pastori. Si parlava di un tesoro lasciato dai Latitanti in una grotta del Sopramonte. Chi diceva che era mille anni fa, chi diceva che era di Orgurui, un Latitante del 1825. La grotta era, si pensava, sotto a « sa pruna ».
Parliamo un poco la notte, attorno al fuoco, e decidiamo di andare in quattro o cinque. C'era unu ziu, un certo Antonio Flore, e dice di
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andare soltanto [...]
[...]ndare soltanto a sera tarda: a quell'ora l'anima di .Orgurui dormiva
e non bisognava svegliarlo.
Appena fa scuro, il giorno dopo, andiamo in silenzio, e scalzi.
La grotta c'era, nel punto saputo, e l'ingresso era nascosto da frasche. Entriamo e incominciamo a camminare.
Si andava avanti sotto la luce di un ramo di ginepro acceso. E ci venivano incontro, col farci paura, le nostre ombre. Si sentiva lontano un rumore di acqua: ma poteva essere pure quel brigante che era troppo vecchio e gli colava il naso. Andavamo muti, a cuore in bocca.
Dopo dieci, quindici minuti doveva cominciare id posto del tesoro. C'era un fiume sotterraneo, ma piccolo piccolo, e bisognava traversarlo. Poi c'era una grotta che bisognava infilarsi ad uno ad uno a terra,
e la grandezza era solo per un cane.
Va avanti un certo ziu Puligheddu col ramo acceso in mano ed entra per primo in una stanza. Poi, ad uno ad uno, abbiamo cercato di entrare. Il secondo, che era quel ziu Antonio Flore, che abbiamo detto, ad un tratto si mette a gridare:
— L'oro! L'oro!
Aveva[...]
[...]tatue di natura. Alla luce del ramo acceso erano luccicate ed a noi era sembrato l'oro.
Qualcuno si é messo a piangere.
E siamo usciti tutti fuori.
Più d'uno era convinto .che si trattava di vendetta: Orgurui il Latitante, padrone del tesoro, ci aveva voluto allegrare prima, facendocelo vedere, e poi, per dispetto, lo aveva trasformato in pietra. Siamo
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usciti prima di mezzanotte, perché se il morto si svegliava ci poteva pure uccidere.
Ma, per questo, non mi dovevo scoraggiare. Il tesoro doveva trovarsi. Dovevano esserci di monete d'oro e di argento, perle, rubini, e diamanti. E mi succede un'altra storia.
Una volta capita a Mamoj ada uno straniero. Io stavo li, di passaggio, con le pecore. Ero in strada, e quello mi riconosce dal vestito per orgolese, e dice: — Nell'orgolese c'è un Nuraghe che si chiama Lollové ed é sopra il Sopramonte.
Io abitavo come capraro in localita vicina.
— Beh — dice quello — a pochi passi c'è il tesoro. Nel primo punto che penetra il sole la mattina lá c'è il tesoro. Basta sterrare.[...]
[...]el punto, togliamo pietre e rimuoviamo terra. Si trova una nicchia, come una piccola grotta, tonda. Ed, entrati, troviamo al centro di una stanza molto piccola una pietra quadrata: proprio al centro. La solleviamo, e c'era una buca che poteva entrare un uomo: era il tesoro!
_ C'e ?
Non c'é!
Macché! Proprio niente!
Cerchiamo un'ora:
Niente!
Allora abbiamo pensato che, se ricchezza c'era, se l'era già presa qualcuno. E portata chi sa dove. Oppure che il sole non era quello che ci voleva bene, un Padre, e bisognava venire in altro tempo.
INCSUESTA STS ORGOSOLO
Come ho fatto.
Ce ne andiamo e tante volte, ogni tanto, tornavo da solo per anni ed anni. Dopo un giorno di cammino arrivavo a quel Nuraghe. Oggi non esiste quasi più perché io solo l'ho demolito.
E questa storia si conclude così.
Nel paese é cominciato a sapersi che io cercavo i tesori, e trovavo solo pietre. E quasi mi ridevano. Ma io pensavo che non avevano ragione, e che, prima o poi, un tesoro lo avrei trovato. Ci dovevano essere monete di oro e di argento, perle, rubin[...]
[...]no e facciamo salita per tutta la notte, tra i sassi. Ogni tanto il prete si voleva riposare.
— Andiamo, andiamo! — dicevo.
— C'è ancora strada?
Lo scemo rideva, gridava.
Siamo sul posto verso l'una, le due. Il prete esce la carta e si mette
a leggere in latino. Ci aveva una fune e da una quercia a un sasso
prendeva le misure. Faceva salti e gridava ogni tanto certe parole
come: — Gú gú, bú bù.
Lo scemo batteva le mani, saltava. E faceva pure lui così.
Il prete, alla fine, trova il punto, e si mette in ginocchio.
— In ginocchio! — dice — Tre Pater, tre Ave, tre Gloria!
E io e lo scemo, insieme, giuriamo di saperle.
— Adesso — dice il prete — dovete levare gli occhi al cielo e, quando sta per cadere una stella, cominciate a zappare.
Era di giugno. Ma ci avevo paura che la stella non cadesse. Oppure, che, tenendo gli occhi al cielo, il prete, sotto al naso, mi portasse via il tesoro.
— Così dice il libro!
— E va bene!
Lo scemo guarda le stelle ed io il prete. Il prete sempre diceva le sue orazioni di diavolo: — Gú gú, bù bù.
All'improvviso cade una stella ed io ero morto quasi dalla gioia. Cominciamo a zappare, a zappare. E scava e scava: avremo fatta una buca di due metri. Forse piú.
— Forza, forza! — dice il prete — Io faccio le orazioni.
E dice ancora: — Gú gú, bú bú.
Lo scemo pure.
Tutt'a un tratto sento qualche cosa dura. Io grido, il prete grida,
lo scemo più di tutti. Ci [...]
[...]to al naso, mi portasse via il tesoro.
— Così dice il libro!
— E va bene!
Lo scemo guarda le stelle ed io il prete. Il prete sempre diceva le sue orazioni di diavolo: — Gú gú, bù bù.
All'improvviso cade una stella ed io ero morto quasi dalla gioia. Cominciamo a zappare, a zappare. E scava e scava: avremo fatta una buca di due metri. Forse piú.
— Forza, forza! — dice il prete — Io faccio le orazioni.
E dice ancora: — Gú gú, bú bú.
Lo scemo pure.
Tutt'a un tratto sento qualche cosa dura. Io grido, il prete grida,
lo scemo più di tutti. Ci siamo abbracciati.
Ora bisognava pensare a tirare il tesoro.
Tiro. E c'era una certa forza.
Tiro ancora. E viene fuori una testa di crapa. E tutta spolpata!
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INCHIESTA SU ORGOSOLO
— E questa che é?
— Vi sarete. sbagliato.
— Non mi posso sbagliare. Questo é il punto della carta.
Scavo ancora: niente!
Il prete era verde e rosso: si vedeve anche di notte. Lo scemo
piangeva, batteva le mani.
— Sarete stati voi. Per poca fede l'oro si è cambiato in testa di crapa.
— Mi pare che qui di[...]
[...]osso sbagliare. Questo é il punto della carta.
Scavo ancora: niente!
Il prete era verde e rosso: si vedeve anche di notte. Lo scemo
piangeva, batteva le mani.
— Sarete stati voi. Per poca fede l'oro si è cambiato in testa di crapa.
— Mi pare che qui di scemo c'é solo lei, padre pio.
— E tu sei più cretino di lui. Stavamo per attaccarci.
— Se questa testa era oro — dico io — datemi in oro la decima che avete promessa.
Te la puoi prendere pure tutta questa testa. — Era incazzato. Io pure ero incazzato, ma ora ridevo: era la prima volta che un prete dava una decima, e anche più, a un pastore.
Si é tolta la tonaca, se ne è andato e bestemmiava. E lo scemo dietro, saltando e ballando, e gridando: — Gú gò, bù bù. Sino a Orgosolo.
Ero proprio sfortunato! In quei tempi si metteva male la pastorizia ed io facevo il pastore. Cambio mestiere e mi metto a fare il postino di Orgosolo. Un po' sapevo leggere. Si era messa la posta in Orgosolo, il 1900, proprio in quel tempo. Andavo una volta alla settimana e qualche volta al mese a Mamoiada. A cavallo. E mi portavo una grossa bisaccia. [...]
[...]
— Questo é un filone — dice.
No — dico io. — Non vi inganno (avevo capito che diceva che
io sono furbo, e cioè filone). Pietre così ce ne é in tanti posti.
— Andiamo a vedere.
Andiamo e si é visto tutto.
E ad Iserrai dice: — Qui c'é un tesoro!
« Ci siamo, penso io. Questa é la volta buona! ».
Si vedevano pietre stellate a terra.
— Bisogna fare un saggio. Qui c'é una galleria. Deve essere stata fatta dagli antichi romani.
— E scaviamo pure noi — dico io. — Presto! presto! Cerchiamo iI tesoro.
— No — dice Sanguinetti. — Qui bisogna fare uno sfruttamento regolare. Dobbiamo continuare la galleria e pigliare la calamina.
— Beh — ho pensato. Questo vuole pigliare tempo!
— Intanto ti dó lavoro, a te e ad un altro.
— Bene, bene.
Ho preso con me ziu Pichireddu Tommaso, che ne aveva bisogno. Ma del tesoro non gli dico. Cominciamo a fare lo scavo e questa pietra si stendeva per 200, 300 metri in superficie.
— Qui — dice Sanguinetti. — Potete fa y "una buona giornata in
quattro per un anno. /'..w. ~
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INCHIESTA SU ORGOSOLO[...]
[...]una buona giornata in
quattro per un anno. /'..w. ~
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INCHIESTA SU ORGOSOLO 139
— Bene, bene.
Il giorno dopo porto a lavorare mio figlio e un altro ancora. Per un anno. Prendevamo pietre e le mettevamo in certe hallette che portavamo a Mamojada e, di li, le spedivano a Cagliari.
Io sempre pensavo: « Che diavolo starà mai in mente a Sanguinetti. Qui c'é il tesoro certamente e lui pensa a pietre. Deve averci qualche piano e pure, a far questo, ci avrà il suo tornaconto. Intanto, ci dà da lavorare! ».
E la notte, senza dire niente a nessuno, venivo a cacciare il tesoro, per conto mio.
Un giorno viene un figlio di Sanguinetti da Cagliari e ci dice che é una miniera: quelle pietre si vendevano.
Allora io dico: — Io l'ho scoperta. Io l'ho fatta vedere a tuo padre. E ora mia.
— No — dice lui. — Dietro richiesta la Concessione é stata intestata a mio padre. La ha avuta solo lui. Tu non puoi far niente. Se non lavorare a ordine suo. E mio. Ti posso anche cacciare subito di qui e far tornare a fare il pas[...]
[...] montagna di Orgosolo per un rubatorio, in 4 o 5: di pecore. Siamo rimasti tutto il giorno a guardare i pastori, quando potevamo prendere il bestiame. Ed i fucili che ci avevano.
Viene la sera ed i pastori entrano nelle baracche. Mettiamo tutti la parola che erano le 11, invece delle 2, se poi ci interrogavano. E poi ci siamo divisi in tanti, ognuno per una baracca da assaltare. A un segno, buttiamo in aria ogni baracca. E ognuno al suo dovere. Pure se ci erano due o tre pastori per parte, noi, a uno solo, li lottiamo e li disarmiamo e li leghiamo. Non c'era stata una archibusata e, solo, le capanne se ne erano andate tutte in aria. Stiamo per pigliare il bestiame, quando a un tratto viene un certo ziu Pasquale, un uomo grosso, parente dei pastori. Vede quel caòsso e ha principiato a sparare. Spara e spara. E noi rispondiamo. E i pastori, non si sa come, si sciolgono e sparano. Sembrava un cielo di stelle: ed erano pallini.
INCHIESTA SU ORGOSOLO 141
Quando ci abbiamo visti presi in mezzo, aspettiamo un poco. E ce ne andiamo.
Strada fa[...]
[...]o. La ha riconosciuto subito: era un compagno morto in altra bardana.
Lo spirito presentandosi disse: — Non andate. Perché se andate non vi riuscirà bene. Avrete scontro ed uno resterà.
Il capo ritorna, pallido, e ci dice: — Zessù e Maria! Mi sento male. Ho un male allo stomaco. Torniamo indietro — e non ci ha detto la verità per non farci spavento.
I compagni non volevano proseguire.
— Fermi! fermi! Non andate!
Una parte 10 ascolta (c'ero pure io). Gli altri se ne vanno con un capo nuovo. Il primo capo, di spavento, gli era venuto davvero male. Gli altri se ne sono tornati a mani vuote ed avevano lasciato uno sul terreno, il nuovo capo. Un mio cugino lontano.
Basta. Ci dovete credere: io non pensavo a queste cose. Non ci credevo. Ma da quel giorno ho avuto sempre qualche noia con quelle Anime per 1015 anni.
Una volta stavo dormendo in capanna, quando sento un uomo addosso. E cominciamo a guerreggiare.
Era uno spirito, e pur ci aveva una certa forza. La capanna dove stavamo si é fatta tutta storta e bistarta..
A me é successo. A[...]
[...]scrivo che, certo, i fumi di vino tutti qui li conoscono.
Ma proprio in quel tempo che facevo lo spirito — è un caso strano — io incontro uno spirito. E piú. E proprio vivi.
Mi trovavo al paese con un lampicchio, in quel lavoro, e viene una bettolaia di Irgoli che voleva subito trenta, quaranta litri. Non li avevo. L'ordinazione era buona: le ho promesso che, appena pronti, glieli andavo a portare. Trovo un compagno di Bitti che doveva partire pure ad Irgoli. E combiniamo di viaggiare insieme.
Questo uomo doveva andare ad Irgoli per una cosa sua speciale: c'era li una spiritata — Maria Ruju si chiamava — e lui andava da lei per sapere della salute di sua moglie. Tanti pastori di Orgosolo e dei paesi vicini andavano a lei per interpellarla: aveva gli spiriti in corpo.
Vendo l'alcol, faccio soldi, e l'amico chiede" se volevo fare cono
INCHIESTA SU ORGOSOLO 143
scenza di questa spiritata: per ogni cosettina lui ci andava, che lei sapeva tutto, ed era sempre contento.
Io mi penso: « Che gli chiedo? Niente ». Ma poi mi viene: « Ho aspet[...]