Brano: [...] n. 78.
2 La cilena Marta Harnecker, che ha studiato con Althusser, nel suo fortunato libro Los conceptos elementales del materialismo histórico, Mexico, Siglo xxi, 1979°°, a p. 152, definisce in questo modo la « congiuntura politica »: « La congiuntura politica è il `momento attuale' della lotta delle classi in una formazione sociale o sistema di formazioni sociali ». Althusser non concettualizza direttamente la nozione di « congiuntura », che pure ricorre abbastanza frequentemente nei suoi scritti. Egli individua questa nozione mediante una riflessione sulla « pratica politica marxista », in particolare su quella di Lenin (dr. PM, pp. 154160), ed oltre all'espressione di « congiuntura » e di « congiuntura politica », usa anche quella di « congiuntura teorica e ideologica ». La « congiuntura » sembra quindi designare l'unità (strutturata) delle contraddizioni di diversi livelli della formazione sociale nel « momento attuale » (cfr. To my english readers, prefazione a For Marx, London, New Left Books, 1971).
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ser, con[...]
[...]a, come vedremo, che ha comportato un « ritorno alle fonti », ai classici, e che Althusser ha portato avanti, spesso da solo, non in nome dell'ortodossia (come da piú parti si è creduto di poter affermare), ma in nome di una « comprensione » e di una « intelligenza » di Marx da conquistare mediante la scoperta e lo sviluppo della « filosofia marxista ».
La Prefazione (1965) agli scritti raccolti nel Per Marx si apre con queste considerazioni: « Pur avendo tutti preso spunto da occasioni particolari, questi testi sono tuttavia il prodotto di una medesima epoca e di una medesima storia. Sono, a modo loro, i testimoni di una singolare esperienza, che tutti i filosofi della mia epoca che hanno tentato di pensare dentro Marx hanno vissuta: la ricerca del pensiero filosofico di Marx, indispensabile per uscire dal vicolo cieco teorico in cui la storia ci aveva cacciati » (PM, p. 5).
Il periodo in cui la ricerca di Althusser si svolge presenta tuttavia un avvenimento, il « Maggio '68 » (« il piú grande avvenimento della storia occidentale, dop[...]
[...]n ci si può fermare qui: occorre avere il coraggio di andare anche alla radice teorica di questi ritardi e di queste difficoltà. La definizione a cui egli attualmente lavora di un'idea marxista di « crisi generale del marxismo » appare come il risultato di una riflessione teorica che per il rigore con cui negli anni Sessanta ha « fatto ritorno `alle fonti' » ha dovuto in seguito arrendersi all'evidenza che la tradizione teorica marxista « non è `pura' ». Che il marxismo, « contrariamente alla frettolosa definizione di Lenin », non è « `un blocco d'acciaio', ma comporta difficoltà, contraddizioni e lacune » che hanno un loro preciso ruolo nella crisi attuale (« Non possiamo infatti contentarci di risolvere tutto con la responsabilità di Stalin », Finalmente, p. 225).
Nel 1978 i punti di maggior debolezza del pensiero di Marx gli appaiono i seguenti: la sopravvivenza in esso dell'« idea di una filosofia della storia » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valore », rileva u[...]
[...]iche del proprio « teoricismo » e « razionalismo » (Spinoza, Bachelard, una certa influenza dello strutturalismo, ecc.), come se il « primato » della politica si esercitasse solo dal momento in cui viene riconosciuto e in un solo senso, quello positivo.
Queste stesse questioni, legate comunque ad uno sforzo di periodizzazione e di interpretazione storica della ricerca althusseriana, possono essere ritrovate anche a partire dall'« autocritica », purché si assuma il ragionamento di Althusser con tutto il rigore e la serietà che merita. L'« autocritica » in verità ci pone di fronte ad un fatto abbastanza sconcertante. Infatti Althusser, dopo essersi criticato per aver sostenuto negli anni Sessanta posizioni idealistiche (« Teoricismo vuol dire qui: primato della teoria sulla pratica, insistenza unilaterale sulla teoria; ma piú precisamente: razionalismo speculativo », EA, p. 22, nota 20), difende senza alcuna esitazione gli effetti politici ed ideologici ottenuti da questa filosofia « speculativa »: « Ma, e questo è certamente piú importan[...]
[...] quindi preceduta e « comandata » dal passaggio di Marx (e di Engels) a posizioni politiche e ideologiche di classe proletarie e dal connesso mutamento filosofico rappresentato dal distacco nei confronti dell'antropologia filosofica di Feuerbach. Questo passaggio determina una rottura (rupture) ideologica nei confronti dell'ideologia e della filosofia borghese ed una richiesta, da parte di questa « rivoluzione filosofica », della « `rottura' (coupure e, in italiano, tra virgolette) epistemologica », dopo la quale soltanto è possibile il non ritorno alla filosofia della storia. « Dicendo: `la rottura epistemologica' è la prima, ed essa è nello stesso tempo `rottura' filosofica, commettevo dunque due errori. Perché, nel caso di Marx, la prima è la rivoluzione filosofica — e questa non è una 'rottura' » (RJL, p. 78). Non è piú la scienza a creare la filosofia, ma è questa, in posizione « centrale », e sotto la spinta della scelta ideologica e politica, a permettere la rivoluzione scientifica imponendo un nuovo « oggetto » alla riflessione ([...]
[...]ra la posizione politica e l'oggetto della riflessione » (sEJM, p. 50). Ovvero la « filosofia come lotta di classe nella teoria », il « primato della pratica sulla teoria » scoperto e verificato nella storia del giovane Marx.
Occorrerebbe poter avere lo spazio per tentare di svolgere alcune osservazioni. Vorrei comunque cercare di tematizzarne almeno due, entrambe connesse all'introduzione ed all'uso che Althusser compie della coppia rupture/coupure che riassume per molti versi, mi sembra, le novità essenziali della svolta teorica rappresentata dall'« autocritica ». Innanzitutto occorrerebbe rilevare con precisione il significato teorico dell'introduzione di questa coppia di concetti: essa rompe definitivamente con l'epistemologia (speculativa, di stampo bachelardiano) come teoria delle differenze tra scienza e ideologia (in generale) ed al suo posto delinea lo spazio per una teoria materialista delle condizioni materiali, sociali, ideologiche e filosofiche della produzione delle conoscenze in grado di spiegare in modo non meccanicistic[...]
[...]on « storicistico ») il « comando » del materiale sul teorico. In altre parole si potrebbe dire che si tratta del programma di un'epistemologia materialista. Si pone allora il problema del rapporto tra questa epistemologia ed il materialismo storico, da una parte, e la filosofia marxista, dall'altra. Ci sono, evidentemente, delle sovrapposizioni problematiche e delle distinzioni da porre con chiarezza.
Seconda osservazione. La coppia rupture/coupure, che intende spiegare l'influenza, il « comando », del « materiale » (ideologico e politico) sull'evoluzione del teorico (scientifico) mediante la funzione « centrale » della « ri
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voluzione » filosofica, opera in particolari condizioni e in un modo particolare. Molto schematicamente, il funzionamento della coppia r./c. nel ragionamento di Althusser sembra implicare: 1) una (Althusser direbbe)
« topica », cioè una disposizione, una struttura spaziale dei livelli pratico (ideologicopolitico), filosofico, scientifico in cui la filosofia occupa il posto
« centrale »: 2) [...]
[...] risultato teorico finale della successione temporale.
Ebbene, di per sé, la linearità temporale della struttura temporale del passaggio dal « materiale » al teorico e l'omogeneità di classe (proletaria) tra ideologia e scienza (entrambe « rivoluzionarie ») sembrano poter tendere, per un verso, a qualche forma di meccanicità causale, e, per l'altro, sembrano far risorgere dall'ombra del passato il motto « scienza borghese/ scienza proletaria », pur cosí efficacemente e ripetutamente criticate e derise dallo stesso Althusser che anche negli Elementi di autocritica lo definisce un'« impostura ». Contro queste tendenze opera la « topica », cioè la posizione della filosofia, opera la filosofia: in Althusser cambiano, e radicalmente, sia la posizione nella « topica », sia la concezione della filosofia, ma non muta mai la funzione antisociologista e antieconomicista, e quindi anche, come vedremo, antistoricista ed antiumanista, della filosofia. Ma è sufficiente definire questo tipo di « centralità » perché la filosofia sia messa realmente in [...]
[...]llo stalinismo. Piú precisamente, proprio al tentativo
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che Althusser compie, al fine di rinnovarlo, di iscrivere la propria ricerca della filosofia di Marx all'interno del programma del « materialismo dialettico ». Di questo programma egli non mantiene soltanto la distinzione tra filosofia marxista e scienza della storia marxista, ciò che gli facilita, tra l'altro, la ricerca della filosofia di Marx. Ne mantiene inizialmente, pur rinnovandoli profondamente, alcuni obiettivi di fondo che influenzano in senso speculativo la sua ricerca, ed i quali rispondono tutti alla medesima esigenza, profondamente radicata nel movimento comunista, di possedere una teoria in grado di abbracciare tutte le cose ed il loro movimento sul modello della presunta unità filosofica (dialettica) del pensiero di Marx.
Il razionalismo speculativo di Althusser (che possiede anche delle venature metodologistiche), in quanto deviazione filosofica, pone proprio questo tipo di istanza alla filosofia marxista, quella di costituire i quadri generali d[...]
[...] quello di fondazione del materialismo storico.
Nel secondo periodo, che culmina nell'enunciazione della « crisi generale del marxismo », è la stessa unità scientifica dell'opera di Marx ad essere messa in discussione da Althusser, a cominciare da alcuni aspetti essenziali del Capitale: « ...l'unità del Denkprozess del Capitale, l'unità del suo ordine di esposizione, non è come si presenta — ma segnatamente ineguale e disparata » (Ap, p. 22). Oppure, ancora piú esplicitamente: « nel Capitale... l'unità teorica imposta dall'ordine di esposizione è in gran parte fittizia » (Finalmente, p. 226). Ora quindi Althusser parla apertamente di
« contraddizioni » e di « difficoltà » che concernono direttamente il ragionamento scientifico di Marx nel suo complesso (e non solo in alcuni punti: es. la « causalità strutturale ») e non si limita piú a rilevare « lacune » e
« manchevolezze » filosofiche i cui effetti rimarrebbero comunque estrinsechi alla forma del ragionamento scientifico di Marx. Questo tipo di rilievi filosofici ha perciò un signif[...]
[...]a cioè è « semplice », presentandosi sempre come « fenomeno » di un'unica semplicità intrinseca (essenza, principio, ecc.). A sua volta la totalità hegeliana, essendo lo « sviluppo alienato di un'unità semplice », non ammette che differenze e contraddizioni apparenti e quindi, né una contraddizione dominante, né una struttura a dominante: la sua « unità è di tipo `spirituale' », non strutturale. Insomma Marx non ha in alcun modo « conservato, neppure `capovolti' », né il concetto hegeliano di contraddizione, né quello di società.
Piú complessi i termini della polemica antieconomicistica. Si tratta di risolvere in maniera diversa dall'economicismo una reale difficoltà teorica del pensiero di Marx, il quale, se da un lato sostiene ciò che Engels definisce la « determinazione in ultima istanza dell'economia » (« Con il cambiamento della base economica si sconvolge piú o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura », Marx, Prefazione a Per la critica dell'economia politica), dall'altro afferma che la « lotta di classe è il motore de[...]
[...]iprende il tema della determinazione in ultima istanza rilevando l'assenza in Marx di un concetto preciso che permetta di pensare in maniera rigorosa la « causalità strutturale », cioè la determinazione da parte di una struttura dominante (il modo di produzione dominante in una data epoca) delle strutture subalterne (gli altri modi di produzione presenti nella formazione sociale) e degli elementi determinati (la sovrastruttura). Causalità di cui pure Marx tiene conto e calcola gli effetti. Tuttavia Althusser definisce questa « causalità strutturale », o « causalità metonimica » (termine tratto dalla psicanalisi), come una « causalità assente », ovvero presente solo nei suoi effetti. Infine sottolinea che in questo concetto si deve ricercare la grande novità teorica di Marx rispetto alla « filosofia classica », la quale in base ad una riflessione sulle conquiste scientifiche era pervenuta a due concetti di causalità: quella « transitiva » di Descartes (legata alla scienza di Galilei) e quella « espressiva » di Leibniz e poi di Hegel (lega[...]
[...]ttica materialistica ». A me comunque sembra che su questo tema della determinazione in ultima istanza, a parte le differenze terminologiche e le precisazioni concettuali, la sostanza del ragionamento di Althusser non muti rispetto a ciò che ho cercato di sottolineare circa il tipo di critica antieconomicista che egli porta avanti negli scritti del Per Marx. A questo proposito si può infatti leggere in Elementi di autocritica: « Ma non si può neppure `mettere le mani' su questa contraddizione `in ultima istanza', come su la causa. Non si può afferrarla ed aver presa su di essa se non nelle forme della lotta di classe, che è, in senso forte, la sua esistenza storica. Dire che `la causa è assente' significa dunque... che la `contraddizione in ultima istanza' non è mai presente di persona sulla scena della storia... » (EA, p. 24).
La seconda questione, il « processo di conoscenza », già presente nel Per Marx, è trattata in modo particolare nel saggio introduttivo di Leggere il Capitale, Dal `Capitale' alla filosofia di Marx (1965), e ritor[...]
[...](il valore). Si è però già visto che questa unità e necessità sono assai meno scontate di come Althusser presuppone in Leggere « Il Capitale »: esse sono, come dice oggi Althusser (Avantpropos a Duménil), diseguali e disparate. In altre parole la generalizzazione del « meccanismo » dell'« effetto di conoscenza », a cui Althusser affida la risoluzione antistoricista ed antiempirista della « difficoltà » di Marx, non sembra valere, in generale, neppure per il Capitale.
Farò adesso alcuni brevi cenni agli altri scritti successivi già ricordati, tra i quali il piú significativo mi sembra essere l'Avantpropos del '78. In Elementi di autocritica Althusser sottolinea l'ispirazione spinoziana delle proprie tesi sul « processo di conoscenza », rilevando in particolare la presenza di tale ispirazione nella definizione della « conoscenza come produzione » e nell'affermazione dell'« interiorità » del criterio di scientificità del discorso scientifico. In È facile essere marxisti in filosofia? Althusser dopo aver riaffermato la tesi della « conoscen[...]
[...]ento la preoccupazione e la ricerca a tutti i livelli di una sorta di omogeneità e di integralità ideologica che solleva non pochi problemi ed altrettante perplessità.
In particolare sul piano della interpretazione della scienza del Capitale queste posizioni appaiono difficilmente conciliabili con le piú recenti affermazioni di Althusser circa il carattere finito ed aperto della scienza marxista, la quale per superare la propria « crisi » dovrà pure fare i conti con le altre scienze. Non solo, ma questo rigido fondamento ideologico di classe della scienza rivoluzionaria di Marx determina una serie di difficoltà (che sembrava dovessero ormai appartenere al passato della storia del movimento comunista) sul piano della definizione e dello sviluppo di una strategia delle alleanze e della conquista del potere in grado di comprendere e di rispettare la complessità e molteplicità delle istanze e dei soggetti sociali, il pluralismo e la democrazia politica. Se nel primo periodo della ricerca di Althusser era il materialismo dialettico a fondare[...]
[...]Marx, la riflessione è sostenuta da una concezione assai piú articolata della « totalità sociale » e l'idea della necessità della liberazione dall'ideologia è sostituita con quella della funzione permanente dell'ideologia nella società: « L'ideologia fa dunque organicamente parte, in quanto tale, di ogni totalità sociale... Soltanto una concezione ideologica del mondo ha potuto immaginare società senza ideologie... per il materialismo storico neppure una società comunista può fare mai a meno di ideologia... l'ideologia (come sistema di rappresentazioni di massa) è indispensabile ad ogni società per formare gli uomini, trasformarli e metterli in condizione di rispondere alle esigenze delle loro condizioni di esistenza » (PM, pp. 207 e 210).
Il problema della liberazione si trasforma in quello della scelta tattica dell'ideologia in base ai criteri imposti dalla lotta di classe. Quanto al tema della « deformazione », esso permane, ma è subordinato al carattere essenziale che ora Althusser intende rilevare nell'ideologia, cioè alla sua « at[...]