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ANTEPRIMA MULTIMEDIALI

Il segmento testuale Povera è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 153Analitici , di cui in selezione 9 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]atamente, con voce già roca, « come tu nemmeno te li sogni. Sono tantissimi ». Si morse il labbro. « Sono più che tantissimi ». Più lo ripeteva e meno n'era convinto. Era di umore nero. Fissava la bottiglia vuota e palpava sotto la giacca il pacco delle banconote. Se lo sentiva, tra le dita, più smilzo. Eh già. Un bigliettone da diecimila se ne era andato non appena riscosso, ad Aosta, l'assegno. Aveva comperato un paio di scarpe per sua moglie, povera donna. Macché povera donna. Era la moglie di un contadino. Forse che con le scarpe nuove cessava di essere una moglie di contadino ? Aveva fatto compere per tutti. Quattro bambine, quattro regalini. E che da due Natali le bambine aspettavano un Bambino Gesù che non veniva. L'imprudenza era stata di far arrivare questo Bambin Gesù adesso, in febbraio, con dieci mesi di anticipo. Di anticipo? 'Perché', aveva detto Ines, la terza, `il Bambin Gesù arriva così tardi ?'. Per sé, una cravatta. Ne aveva bisogno? Che diamine, doveva fare spese per tutti e per se stesso niente? Ancora giù, ad Aosta, incontra due cugini di [...]

[...]i Claretta », disse Salomone con un rutto. « Che il tuo padrone
ti ricomperi un buon prato ».
« E se l'affare non si combina? ».
Salomone allargò le braccia, urtando il bicchiere, spandendo la
grappa che gli rimaneva. Tornò a riempire il proprio bicchiere e quello
di Attilio. « Una mucca », disse, « non vive di fieno comperato. E amaro
il fieno comperato. In pochi mesi la bestia s'intossica e muore a.
Salomone rise di gusto. Attilio no. « Povera bestia, che colpa ha lei
se César ha venduta il suo unico prato? ».
« Si vede che vuol più bene al danaro che alle mucche ».
«Il prato sopra il canale basterebbe per far vivere Claretta? a.
« Certo che basterebbe ».
« César non sarà così crudele », disse il ragazzo Attilio, a da lasciar
morire Claretta se tu gli offri il modo di salvarla ».
« Non so. Dipende quanto vuole per Claretta ».
« Come sarebbe a dire? ».
« Esattamente come ho detto ».
« Non capisco », disse il ragazzo Attilio.
« Non capisci mai niente », disse Salomone, gli occhi strabici lucenti
di sbornia e d'allegria. «[...]

[...]della panca, pronto allo scatto. Misurava la distanza fra sé e la porta, non perdeva una mossa di César.
E allora, Attilio ? », disse Salomone. Si pizzicava il pantalone all'altezza del ginocchio, scuotendo la testa. Fingeva di crucciarsi per i suoi pantaloni senza piega. « Cosa aspettiamo a togliere il disturbo al
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signor Borgne? E alla signora Claretta? Quanta strada anche Claretta, eh? La ricordo quando ancora era la più povera, la più disgraziata tra le mucche di mia conoscenza. E adesso non conosce più fieno, conosce solo biglietti di banca ».
Era troppo. César si volse. Aveva il viso paonazzo, il collo gonfio e le mani che tremavano. « Fai il furbo, vero? Speri che. te la venda per quattro soldi? Bene, puoi togliertelo dalla testa. Non te la vendo. Non la vendo a nessuno e tanto meno a te ».
« Ti credo », disse Salomone. « Per poco che te ne intendi di mucche, sai che sarebbe fatica sprecata. Ha anche rifiutato il toro, il mese scorso, o confondo con un'altra tua mucca? Comunque non c' da impressionarsi. II mac[...]

[...]
« È ben affilato? », disse Salomone. Voleva divertirsi ma gli era venuto il dubbio che l'uccisione della mucca, fatta malamente, non gli sarebbe piaciuta. Il ragazzo Attilio aveva affondato il viso nelle mani.
« È corto », ammise a malincuore César. « La buco senza arrivare al cuore ».
« Meglio se la dai al macellaio », disse Salomone.
«Non gliela dò, al macellaio non la dò. Non la dò a nessuno ».
« Fai bene. I macellai sono tutti macellai. Povera Claretta, lei non ha colpa se tu hai venduto il tuo unico prato. Meglio sarebbe tirarle una schioppettata in fronte. Morirà senza accorgersene ».
« No, Cesar, non con il fucile! », implorò il ragazzo Attilio, togliendosi le mani dagli occhi per portarle alle orecchie.
« E invece proprio con il fucile », disse César. Mandò il coltello a conficcarsi nella mangiatoia, si spostò al cassone dove teneva il Mauser, ne sollevò il coperchio. Seguiva il suggerimento di Salomone, ne provava rabbia, ma che farci?, mica poteva, per contraddire Salomone, ammazzare la mucca dando fuoco alla stalla.
Stava[...]

[...]uno scappellotto.
QUESTIONE DI PRATI 105
Tra campanile e piazzetta c'era ormai tutto il paese; come, sul litorale, tutt'un paese di pescatori quando c'è in mare una barca sorpresa dalla burrasca. Mancavano alcuni vecchi di quelli che non escono più, alcuni ammalati. Mancava Augusta, la levatrice, e un paio di donne corse sin dal primo allarme in casa di César per trattenervi, con storie e pretesti, la moglie e le bimbe. Specialmente la moglie, povera deana, che era incinta di sei mesi.
XII
La campana taceva e César non gridava più. Sapeva, adesso, di dover morire. Tra poco si sarebbe voltato a guardare giù. Allora le sue mani avrebbero abbandonato la presa. Non si era ancora voltato ma sentiva un brusio di voci montare dalla piazza. Sapeva cosa significava. Significava che tutto il paese era li ad assistere alla sua morte, che l'attendeva. Perciò gli toccava morire. Al mattino di quello stesso giorno era ad Aosta, nello studio del dottore commercialista, e firmava il compromesso per la vendita del prato; a mezzoggiorno era in un'osteria[...]

[...] Sono io, sono tuo cognato Lino. Non mi conosci piú? Perché non rispondi? César! ».
César sollevò faticosamente una mano e se la passò sulla bocca. « Grappa », disse. « Grappa. Grappa ».
« Vergine Santa », strillò una donna. « Sputa sangue! ».
Dalla casa dei Chénoz fu portata una bottiglia di grappa. La bottiglia fu appoggiata alle labbra di César il tempo necessario perché ne prendesse un piccolo sorso.
« Ancora », disse.
«Ma si, che beva, poveraccio », disse il padre Chénoz.
« Così finite di ammazzarlo », disse Luigino Brunod.
« Ancora », disse César. « Ancora ».
« E su, dategliene. Non vedete che é già più di là che di qua? ». « Ancora », disse César. « Ancora ». Bevve a lungo, ebbe un colpo
1Ó8 GIOVANNI PIRELLI
di tosse, sputò. Lo sputo, una miscela di grappa e sangue, gli colava lungo il mento.
« Un fazzoletto », disse Luigino Brunod: « Chi ha un fazzoletto pulito? ». Nessuno lo aveva. Un ragazzino parti alla ricerca di un fazzoletto pulito.
Salomone », sospirò César. « Salomone ».
Lo andarono a prendere. Salomone Croux er[...]

[...]o », sussurrò sconsolatamente.
« Io te lo avevo detto », reagì Salomone. Parlava forte perché tutti lo sentissero. La paura gli aveva fatto sloggiare la sbornia. Il trovare César ancora vivo gli faceva sloggiare la paura. Tornava ad essere l'uomo diffidente e calcolatore di sempre. « Io te lo avevo detto di non fare pazzie. Ti avevo detto che finiva male ».
« Male. Oh si. Male », si lamentò César. « Bevi, Salomone, bevi alla salvezza della mia povera anima ». Apri un occhio. « Bevi, ti dico ».
Salomone non poté fare a meno di portare la bottiglia alle labbra. Il solo odore della grappa lo nauseava. « Su, bevi », disse César. « Ancora. Bravo. Sei un amico. Adesso fa bere me ». Bevve e disse: « Anche tu, Attilio, povero ragazzo, bevi anche tu ». Attilio scoppiò in singhiozzi. « Bevi, fagiano ». Attilio bevve un sorso e all'istante vomitò. « Su, fatemi bere. Ah, amici miei, chi lo avrebbe mai detto? ».
Fu portato il fazzoletto pulito. Luigino Brunod se lo fece dare e si chinò su César per pulirgli la bocca. César, con un gesto della mano, [...]

[...]che tu ». Attilio scoppiò in singhiozzi. « Bevi, fagiano ». Attilio bevve un sorso e all'istante vomitò. « Su, fatemi bere. Ah, amici miei, chi lo avrebbe mai detto? ».
Fu portato il fazzoletto pulito. Luigino Brunod se lo fece dare e si chinò su César per pulirgli la bocca. César, con un gesto della mano, lo respinse. Disse: « Salomone ».
«Si?».
« Hanno ammazzato la mia mucca? ».
« Si ».
« Non dovevano. Non dovevano ammazzare la mia mucca. Povera moglie mia. Senza uomo. Senza prato. Senza mucca ». Una lacrima gli spuntò sulle ciglia.
« Tua moglie può sempre andare dall'industriale di Biella », disse Salomone. «Quando l'industriale saprà che tu... mi capisci?... non sarà.
QUESTIONE DI PRATI 109
tanto crudele da non ridarle il tuo prato. Glielo darà in ogni caso. Voglio dire: anche se l'affare che aveva fatto era buono ».
« Mia moglie dovrebbe rompergli il muso », disse César stringendo il pugno sanguinolente. Allentò la stretta, scosse la testa. «Non è bene, no, non è bene che una donna rompa il muso a un uomo. Fammi bere ». Bevve [...]

[...]i dò due prati. Sei contento adesso? ».
Sta bene novecento », disse César. ' « Per novecentomila in contanti, i due prati più una mucca e una manza dalla tua stalla. Su, Attilio, contagli sul naso novecentomila lire. Ahi. Ahi la mia schiena. Fa presto, Attilio...».
« No!, no! », disse Salomone. « Non posso. E un ricatto. Non posso ».
QUESTIONE DI PRATI 1=1
César Borgne ebbe un colpo di tosse. « Muoio », disse. « Mia moglie. Dov'è mia moglie? Povera donna, sola con quattro creature e una in seno ». La commozione gli sali alla gola. Poiché detestava i sentimenti, s'incattivì. « Chiamatela. Glielo voglio dire io. Con chi le pare, tratti con chi le pare. Non con Salomone Croux ».
Salomone impazziva. Che affare era questo? Era un affare buono o cattivo? Poter stare seduto a un tavolo, riempire fogli di cifre, detrarre, aggiungere, rifiutare, lasciar passare tempo, rilanciare; e invece la controparte era li li per morire e se ne approfittava, lo prendeva per il collo, gli concedeva pochi istanti per dire si o no. Se già non era troppo tardi.[...]



da Giovanni Frediani, Poesia dialettale ieri, oggi [relazione conferenza 1951 ca a Domodossola] in Relazione dattiloscritta probabile 1951

Brano: [...] altri due romani: Cesare Pascarella, del quale il Carducci ebbe a dire "Non mai poesia di dialetto italiano era salita a quest'altezza" e il Trilussa alias Carlo Alberto Salustri, forse il poeta dialettale italiano più noto.
Da "LA SCOPERTA DE L'AMERICA"SONETTO IX
Chè mèttetelo in testa, che er pretaccio
è stato sempre lui, sempre lo stesso.
Er prete? E' stato sempre quell'omaccio
nemico de la patria e der progresso

E in quelli tempi lì, si un poveraccio
se fosse, Dio ne scampi, compromesso,
lo schiaffaveno sotto catenaccio,
e quer ch'era successo era successo.

E si poi j'inventavi un' invenzione,
te daveno per forza la tortura
ner tribunale de l' Inquisizione.
E 'na vorta lì dentro, sarv' ognuno,
la potevi tenè più che sicura
de fa' la fine de Giordano Bruno.
Pascarella

L' EDITTO
Dicheno che una vorta
un prete nun entrò ner Paradiso
perché trovò
'st' avviso su la porta:
"D' ordine de Dio Padre onnipotente
è permesso l' ingresso solamente
a quelli preti ch' hsnno messo in pratica
la castità, la carità, l'amore
che predicò Gesù nostro S[...]

[...]are un banchetto:
Figurete un po' noi! Co' quella scena,
addio vignata! E li pollastri ar forno
c'è toccato a strozzasseli pe' cena.
L'oste:
Ma tutti qui! Sarà 'na jettatura,
che t' ho da dì ? Ma c'è tanta campagna...
E annateve a scannà' fòr de le mura
e no, percristo, qui dove se magna.
La gente che vede dietro al trasporto funebre una donna che si dispera:
Ecchela là, vicino a la colonna;
La vedi? Chi sarà? Sarà l'amante.
E' la madre Dio mio! Povera donna!
Il vetturino che ha trasportato il morto all'ospedale:
Io, che c' entra? Sfiatavo li cavalli
pe' fa' presto. Ma intanto? 'sti cuscini
me ce vonno du' scudi pe' rifalli.
Qui, come in tutti i poeti dialettali serpeggia la potente e inesausta vena umoristica popolare.



Potenza umoristica e satirica Qualche volta, è vero, l'umorismo è di bassa lega, e scade nello scurrile, nel sottinteso volgare, come il Fucini, il Trilussa e lo stesso Terototela. Ma queste eccezioni non riescono a diminuire di molto il valore complessivo delle loro opere, e la potenza satirica ed umoristica della poesia[...]

[...]aperta...
quanno meno t'aspiette.
Pe' copp' 'e titte,
da 'na loggia a n' ata,
se ruciuléa pe' dint' 'a cemmenèra.
E manco te n' adduone
quann' è trasuta:
pe' copp' 'o curnicione
ploffete! Int' 'o barcone,
e fa culazione
dint' 'acucina toja.
E' 'a gatta d' 'o palazzo.
Padrone nun ne tene.
Nun è c' 'a vonno male,
ma essa 'o ssape
che manco 'a vonno bene.
Te guarda cu dduje uocchie speretate:
lésa.
N'ha avute scarpe appriesso e secutate:
è mariola!
Povera bestiella, c' adda fa'?
E' mariola pecché vò mangià...
E' mariola...
chesto 'o dice 'a ggente;
ma i' nun ce credo pecché, tiene mente:
tu lasse int' 'a cucina,
che ssaccio...
'nu sacicco?
Làsselo arravugliato
dint' 'a 'na bella carta 'e mille lire.
Tuorne 'a matina:
'a mille lire 'a truove, che te crire?
'Nzevata
ma sta llà!
Eduardo De Filippo

Psicologia Alle poesie di questo tipo, ricche di filosofia spicciola si possono aggiungere moltissime altre poesie, favolette moderne che con simpatica spregiudicatezza e acume psicologico ci forniscono spesso degli esempi di autentica poesia. Vi leggo[...]



da Angelo Muscetta, Memorie del cavaliere Angelo Muscetta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...] oltre la mania di cambiar casa, gli sopravvenne la nostalgia del paese suo natio (Saviano) e quella delle sorelle (molto affettuose per il saccheggio fatto) e nell'anno 1887 ci trasferimmo a Saviano. Tale trasferimento era contrario a mio padre, ma mia madre 10 convinse con uno stratagemma: quella casa era piena di spiriti, spiriti che, neanche farlo apposta, apparivano durante l'assenza di mio padre. A questo proposito, chiedo perdono alla mia povera mamma, di queste accuse necessarie per la narrazione esatta, e non vorrei mi maledicesse, dall'altro mondo, perché l'ho amato e venerato can quell'affetto che si deve ad una madre, che ve n'é una sola. Mio padre, buono, onesto e lavoratore, acconsentì a questo altro trasloco (e molti altri dolorosi ne seguirono). A Saviano fittammo una casetta modesta per dormire, un piccolo deposito per la merce, con una stalla annessa: perché, dimenticavo dire che era rimasto, per fortuna, l'asinello e il carretto.
Il paese non consentiva la vendita a minuta, e mio padre iniziò la vendita nei paesi limitro[...]

[...]ni or sono. Però data l'ora tarda, non poteva aver luogo la visita sanitaria, ma una commissione di donne si recò dalle autorità, e con l'attenuante di aver fatto un disastroso viaggio, ottennero eccezionalmente, dopo una visita sommaria, di sbarcare.
L'incontro fra noi e il povero papà fu commoventissimo. Un piccolo carretto a mano ci aspettava per caricare le nostre masserizie e i nostri bagagli, consistenti di quattro materassi ottimi che la povera mamma prima di partire ebbe cura di rifare la lana, insieme ai cuscini, e diverse valigie di pura pelle (no, erano sacchi vuoti, puliti però, pieni di tutta la biancheria necessaria). I genitori noleggiarono una carrozza, ed io fedele al posto lasciato in Italia, seguii a piedi il carretto, però senza il mio somarello, che avevamo venduto in Italia. A piedi, seguendo il carretto, e facendo buona guardia alle masserizie, feci circa quattro chilometri. La distanza, e la fame sopraggiunta, pareva quella strada che non finiva mai. Mio padre aveva avuto cura di fittare una bella casetta di due sta[...]

[...] chiamavano « petit'Isa ». Sempre volentieroso ed ossequiente, acquistai la simpatia dei coniugi Sassone, tanto che oltre il compito di apprendista mi era serbato il compito di cameriera, perché tenevo buona parte della mattinata in braccia la piccola Isa che finivo anche per addormentarla, cantandole la strofetta in francese, che dalla madre avevo finito per imparare a memoria:
Dor, dor, bellange d'amour
Jusqua tombò jei te sairè fidele (').
Povera frase francese, ma dopo cinquantaquattro anni è ancora troppo!
La clientela del giovane ciabattino cresceva giorno per giorno, ma dovetti mio malgrado rinunziare. Ero molto occupato la mattina per fare l'apprendista; ma che apprendevo? solo di fare la balia, e cantare la ninnananna, e nel pomeriggio a fare scuola con una passione violenta, e spesse volte il canzonettista di fortuna. Passarono i tre mesi, ed il maestro era molto soddisfatto di me, e dopo pochi giorni ricevetti il certificato di terza classe elementare francese, che conservavo gelosamente ma dopo il bombardamento del 17 settem[...]

[...]a, che dopo due mesi mi arrotondò la paga a lire 6 per settimana (in quell'epoca si pagava per settimana) e con i lucri delle mancie e l'economia dei tram, incominciavo a sentirmi un impiegato di concetto. Avevo finito di pagare il sarto e ordinai un altro vestito: ero diventato un giovanottino bello ed elegante (non mi tacciate di immodestia). Non vi nascondo, che seguitavo a fare qualche riparazione per arrotondare il bilancio domestico.
Alla povera mamma mia non era passata la mania di cambiare casa, però questa volta aveva ragione). Aveva trovato una casa più bella, con un pezzetto di giardino e con un risparmio di qualche liretta mensile in meno, in una strada meno centrale, ma questo non aveva importanza (I). Vi erano in quel palazzetto altri quattro inquilini, due famiglie francesi una famiglia Algerina, e una famiglia Italiana. Sul medesimo pianerottolo, di fronte a noi, vi era la famiglia francese: due figlie, marito e moglie, operaio anche lui come mio padre. Debbo raccontare a questo proposito un episodio curioso.
Una domenica,[...]

[...] non ci fu verso. Voleva per forza.
64 ANGELO MUSCETTA
farmi rimanere con lui, come un figlio, assumendo qualunque responsabilità, ma specie mio padre non ne volle sapere.
Decisi allora di darmi da fare, per le dovute pratiche. Avevo saputo che per le famiglie bisognose vi era una disposizione del console italiano a Marsiglia: concedeva il viaggio gratis, però senza vitto, naturalmente dopo le burocratiche pratiche di accertamento di famiglia povera. Intanto il tempo stringeva, il padrone di casa minacciava lo sfratto. Io conoscevo Marsiglia palmo per palmo, e tutte le mattine alle nove mi recavo al palazzo del console alla Rue Canebière per vede re se la pratica nostra era ultimata. L'usciere capo, un tipo nervoso, non mi dava neanche il tempo di domandare, e mi mandava fuori dalle scatole. A furia di andare, a furia d'insistere tutti i giorni, una mattina non vi era quell'usciere capo, che tanto aveva preso ad odiarmi, e con buoni modi cercai persuadere quello di servizio, perché mi avesse annunziato al Console Generale. Questo si mise[...]

[...]giorni, come stabilito, tornai a S. Giovanni con mia moglie per caricare il carro ferroviario, e firmando gli effetti per lire 3.600 oltre l'anticipo di lire 500. Quel giorno si fece tardi e dopo di averci mangiato due belle pizze e due bichieri di vino, spendendo lire 1,20 in tutto, compreso la frutta [e] 2 soldi di mancia, partimmo alla volta di Avellino alle ore diciannove per arrivare alle ore ventiquattro circa, con una fame da lupi. La mia povera madre ci aspettava, e ci cucinò alla svelta dei maccheroni e un uovo. Preparai le mie cose, e dopo due giorni arrivò il vagone di merce nuova e bellissima, malgrado la sicurezza di mio zio Sabino che io non avrei avuto mai il piacere di avere un vagone di merce con un credito (a quei tempi colossali) di lire 3.600.
Il lavoro ebbe inizio, mio padre lavorava giorno e notte per i mercati viciniori, Atripalda compreso, avrei voluto accompagnare mio padre col carretto, ma non volli farlo, non per il lavoro, né per ver
88 ANGELO MUSCETTA
gogna di farlo, (perché il lavoro onesto, qualunque specie[...]

[...]ra me e mio zio Sabino, che nel 1907 fece il testamento a mio favore, mercè sempre l'interessamento del compare Ciro Fusco.
Lascio a voi descrivere la mia gioia e quella di Vincenzina mia moglie, che vedevamo sicuro coronato il premio dei nostri sacrificii, del nostro lavoro, e perché no? delle nostre privazioni. E dico privazioni, perché non ho voluto descrivere minuziosamente qualche difetto di mio zio Sabino, difetto sopportato da me e dalla povera mia Vincenzina con francescana rassegnazione, poiché mentre ai clienti che non pagavano gli si dava da mangiare, bere, dormire, sigarette e servitù, a noi veniva lesinato un poco di caffè nél latte per i bambini, Amato e Sabino, e che la madre doveva mandare a comprare 4 soldi per volta, dal padre di Esterina, Nicola Magliaro, che aveva negozio ad Atripalda. E quanti pianti a tavola, perché i piccoli Amato e Sabina non gli piaceva il formaggio (mentre oggi ne vogliono una grattugia) e dovevano mangiarselo per forza. La carne la mia povera zia ce lo doveva dare di nascosto, e tante e tante alt[...]

[...]gli si dava da mangiare, bere, dormire, sigarette e servitù, a noi veniva lesinato un poco di caffè nél latte per i bambini, Amato e Sabino, e che la madre doveva mandare a comprare 4 soldi per volta, dal padre di Esterina, Nicola Magliaro, che aveva negozio ad Atripalda. E quanti pianti a tavola, perché i piccoli Amato e Sabina non gli piaceva il formaggio (mentre oggi ne vogliono una grattugia) e dovevano mangiarselo per forza. La carne la mia povera zia ce lo doveva dare di nascosto, e tante e tante altre cose, che non vale la pena elencarle.
Prego i miei nipoti di prenderne atto, non esagero...
Si era arrivato nel 1908. E' vero che era pieno di responsabilità, gli affari progredivano giorno per giorno, le cambiali ed altri debiti venivano gradualmente eliminati, avevo anche eliminato i clienti morosi. Chi non pagava alla fine del mese, non aveva più niente, le cose andavano normalizzandosi poco per volta, lavoravo molto dippiù, ma ero tanto felice, perché incominciavo a sentirmi un poco più sicuro del mio avvenire, o meglio dell'avven[...]

[...]un poco più sicuro del mio avvenire, o meglio dell'avvenire dei miei due figli. Avevo trent'uno anno, con tanto lavoro di vent'anni e con figli grandicelli, non ero ancora proprietario di un pacchetto di sigarette. Avevo estinto il debito dello zio Francesco Bocchino, il residua del mio commercio delle terraglie lo avevo dato al mio povero padre, per farlo continuare a vivere, eppure ero tanto tanto felice. Ricevevo solo dei rimproveri dalla mia povera Vincenzina
MEMORIE DEL CAV. ANGELO MUSCETTA 95
mia moglie, perché lavoravo troppo e tutte le sere mi ritiravo pieno di sudore, anche nei mesi freddi. Pensavo tra me e dicevo a me stesso: — Con questa vita che faccio, morirò presto —. Invece il destino, la Provvidenza non mi abbandonava: al momento che scrivo ho sessantasette anni, seguito a lavorare, seguito a vivere.
Intanto la salute di mio zio Sabino peggiorava giorno per giorno per la malattia di gotta che soffriva, e il 18 febbraio del 1909 morì, lasciando nel dolore la moglie zia Angelarosa, noi tutti e tutti coloro che lo avevano co[...]

[...]gli Amato e Sabino, mentre nel basso, dove attualmente esiste la trattoria di Melella Giordano, abitava mio padre, mia madre, e le mie due sorelle, tornate da S. Giorgio del Sannio.
Il lavoro del buffet era di molto aumentato: poco per volta pagai tutti i debiti lasciati dal mio povero zio, fino all'ultimo centesimo, perché non volevo che si parlasse male di mio zio defunto. Posso garantirvi che la mia felicità era completa, lavoravo con la mia povera moglie Vincenzina senza limiti.
Nel novembre del 1909 avvenne un forte diluvione nella provincia di Salerno, producendo fortissimi danni, con la caduta di un ponte ferroviario e con la distruzione di parecchi chilometri della ferrovia. E proprio in quell'epoca vi doveva essere un forte passaggio di truppe che dovevano prepararsi per la Libia, e tutte queste truppe dovettero passare per molti giorni per Avellino, finché non fosse riattivata la ferrovia nel Salernitano. Descrivervi il lavoro per noi, giorno e notte è impossibile. Mentre il giorno si lavorava con i pranzi per gli ufficiali inin[...]

[...]a nuova al n. 5, per non dare l'impressione che i medici per visitarlo dovevano entrare in quel basso umido, ed intanto diversi medici non sapevano decifrare la natura di quel male. Finalmente dovetti decidermi far venire da Napoli uno specialista che si decise fare qualche puntura, e pare che il 20 giugno migliorava leggermente, e che mi lasciasse intravedere qualche speranza. Come se non bastasse la mia preoccupazione per lui, si ammalò la mia povera Vincenzina. Dopo visitata mia moglie, mi disse queste testuali parole: — Per vostro padre uniformatevi che non vi è speranza: la sua miglioria è fittizia. Per vostra moglie, è cosa da nulla: fra pochi giorni lascierà il letto —. Però a questa proposito, con mio sommo rincrescimento, debbo incolpare mia moglie per certe sue stranezze (e credo che dall'altro mondo voglia perdonarmi). Per economia di poche lire volle chiamare il Dottore Alvino di Atripalda, in luogo del Dottore Festa di Avellino, nostro medico curante. E pare che questo Dottore Alvino gli abbia somministrato delle cartine astrin[...]

[...]imento, debbo incolpare mia moglie per certe sue stranezze (e credo che dall'altro mondo voglia perdonarmi). Per economia di poche lire volle chiamare il Dottore Alvino di Atripalda, in luogo del Dottore Festa di Avellino, nostro medico curante. E pare che questo Dottore Alvino gli abbia somministrato delle cartine astringenti credendo fosse diarrea, mentre era un emoraggia interna. Certo, o il destino crudele, o la fatalità di un errore, la mia povera Vincenzina alle ore 22 del 1° luglio volò la sua anima al cielo, lasciando nel più duro dolore a me e i poveri figli in età che avevano ancora bisogno della guida amorosa e materna. La cosa più tragica, che dovemmo nascondere al mio povero padre la grande sventura che mi aveva colpito, perché mio padre voleva piú bene a lei, che a me. Ma al mattino seguente, il 2 luglio, i gridi e i pianti dei poveri figli Amato e Sabino (che io la sera prima avevo fatto allontanare, inviandoli a casa di mia madre) e tutti i parenti di Montefusco, fecero intravedere la realtà della sventura al mio povero padr[...]

[...]dere la realtà della sventura al mio povero padre, che mi volle al suo capezzale, e fondere le mie lacrime alle sue. Mio padre che (secondo il Dottore Aufieri) doveva morire, visse ancora ventotto giorni, e quel santo uomo che sopportò con tanta rassegnazione le sue sofferenze, per non arrecarmi altri Mori, tutte le volte, e dieci minuti prima di morire, alla mia domanda, come si sentisse, rispondeva: — Molto meglio, figlio mio —:
Povero padre, povera moglie! Chi può descrivervi il dolore, che cosa può essere una disgrazia simile? Perdere in ventotto giorni di distanza i due esseri più cari, la moglie di un primo amore a 38 anni, e il padre
MEMORIE DEL CAV. ANGELO MUSCETTA 97
bello, roseo più giovane di me a 63 anni. Che anno, 1910, non l'auguro a nessun mortale nemico!
Cercai allontanare i miei figli inviandoli a Montefusco, ma dopo pochi giorni ritornarono, volevano almeno rinfrancarsi dell'affetto paterno dopo di aver perduto quello materno. Sabino si lasciò convincere andare a Solofra da un nostro compare, che eravamo legati come fr[...]

[...]Tornati dal viaggio di nozze, riprendemmo con passione il nostro lavoro. Zia Angelarosa e Amelia erano in poco tempo diventate maestre nel loro compito, ed io facevo il mio giro per gli acquisti. Come tutte le iniziative mie, anche questa fu coronata con molto successo, e gli affari andavano a gonfie vele. Il lavoro intenso era la pasta, e quasi tutte le sere si dovevano vuotare e selezionare quindiciventi casse, ed i tre artefici ero io, la mia povera Amelia e mio figlio Sabino, il quale fin da piccolo aveva una passione per il commercio, e di scuola era poco appassionato; figlio che in questo momento benedico e lo addito ai fratelli tutti, ai figli, ai nipoti, come esempio di lavoratore, onesto ed obbediente, mai un dispiacere, mai un rifiuto ai suoi doveri. Con questo non voglio menomare l'affetto
r
loo ANGELO MUSCETTA
per gli altri figli, che per un buon padre rimane sempre uguale per tutti, anche se in momento di narrazione se ne voglia tessere qualche elogio.
Dal principio del secondo matrimonio non fu il solo negozio che fu causa[...]

[...]pio del secondo matrimonio non fu il solo negozio che fu causa della mia ascesa a gradazione, ma furono molti i sagrificii: due sole camere per dormire, una per noi ed un'altra piccola (che fu adibita dopo per salotto) per la zia Angelarosa, e i figli Amato e Sabino, e tutto il resto della casa adibita per albergo, che ci ha sempre fruttato abbastanza, oltre tre quartini al palazzo Alvino di fronte, che fittavamo, a camere mobigliate, che la mia povera mamma e una persona di servizio ne curavano la manutenzione. La nostra vita fu sempre piena di sagrificii, di lavoro, di privazioni, essa non conosceva, nè concepiva il lusso, solo si affacciavano alla mente i primi due rimorsi (se così vogliamo chiamare) per la mia povera Vincenzina e per il mio povero padre, che solamente quando era venuto il momento che potevano godere la vita, la falce crudele della morte mi vietò tale ambito desiderio.
Il lavoro, e gli affari aumentarono senza sosta. L'idea predominante di diventare grossista non mi dava tregua, interpellai la ditta Ciaburri di Napoli, grossista di coloniali e fabricante di liquori, per avere un poco di credito e fare ad Avellino un mezzo grossista, ma tale credito in un primo momento mi fu cortesemente rifiutato. Ed allora per due anni ancora tirai avanti col fornire a tutti i ferrovieri la merce che dis[...]

[...]dita all'ingrosso, per modo di dire, cioè qualche chilo per ogni articolo, ai piccoli dettaglianti.
Ero molto soddisfatto, avevo l'aria già di un grande grossista: dall'acquisto di kg. 5 cioccolato, incominciavo a ritirare dalla Svizzera (Compagnie Suisse di Lugano) i primi kg. 50 di cioccolato speciale a lire 2.60 il chilo franco Avellino con pagamento a 60 giorni tratta, e così per lo zucchero, caffè, pepe ecct. Durante questo periodo, la mia povera Amelia, zia Angelarosa si occupavano per la vendita a minuto perché erano diventate molto provette, ed io mi incaricavo per la vendita all'ingrosso, e per gli acquisti. La mia casa si allietò del primo figlio Carlo, poi Vincenzina che insieme a Umberto, e Mario venuti dopo, furono cresciuti su sacchi di pasta, farina, e persino nei tiretti del caffè, senza tante sottigliezze, né bambace, né
MEMORIE DEL CAV. ANGELO MUSCETTA 101
paramenti di seta, merletti ecct., ma solamente con l'affetto materno e paterno: á. quali gioivano, lavorando e cantando. Che bei giorni felici! Si andò avanti fino a[...]

[...]no. Naturalmente occorreva stimolare i nuovi clienti, e su ogni listino settimanale vi era segnato qualche articolo di largo consumo, un prezzo quasi al di sotto del costo: naturalmente tale perdita veniva compensata su altri articoli oscuri, o di lusso.
Ero felice, mi complimentavo con me stesso, lavoravo, smistavo la merce in arrivo, con le spedizioni in partenza, pulivo i vetri, i scaffali, cantando le canzoni dell'epoca, spesse volte la mia povera Amelia mi coadiuvava nelle canzoni e nel lavoro. Come eravamo f elici, pareva che tale felicità non dovesse avere mai tramonto. Lavoravo da solo, sempre tenacemente, ma ero pure coadiuvato dal piccolo Sabino, che a quindici anni pare che era piú incline al commercio, che alla studio.
Mi fu ordinato dall'Ente Autonomo di gestire uno spaccio per la vendita dei generi tesserati, cosa che dovetti accettare per forza, per non perdere il diritto di esonero al servizio militare, ma fu un grande guaio ed un forte lavoro, poiché oltre il lavoro della mia azienda già molto bene avviato, dovevo occupar[...]



da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]to che le suore a lei davan ai nervi... Nervi le suore, nervi i razzi, nervi la carne, nervi tutto! Un bisogno di ribellarsi; un bisogno di sputar su tutto e tutto maledire. Già, ma in che maniera, se non aveva poi la forza necessaria? Fosse stata un uomo, ancor, ancora! Gli muore la fidanzata, a uno coi calzoni ? Un po' di lagrime; un po' di vuoto; poi tutto passa e in due o tre mesi se ne trovan un'altra o si fan l'amante.
Ma lei? Lei era una povera illusa, una di quelle che, stabiliti faccia, nome e cognome d'un uomo, ecco, o quello o niente e nessuno per l'eternità. E siccome i capi, i padroni, loro, insomma, il suo gliel'avevan tolto dalle braccia con una cartolinaprecetto e nelle braccia non gliel'avevan poi più riportato neanche per ve
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derlo, vestirlo e metterlo nella cassa, eccola li, legata ancora a quel che il suo Andrea era stato e a quel che avrebbe potuto essere; non a un uomo, dunque, ma a un'ombra; un'ombra che, per giunta, del fatto d'esser uomo non le aveva lasciato né un segno, né un ricordo; niente.[...]

[...]a più di sei anni) l'aveva fatto chiamar da tutti gli inquilini: la nostra mummia. Come altri, già diffusi o sul punto d'esserlo, a trovar quel soprannome era stata la Redenta; una volta che la madre del Luciano le aveva detto come non fosse riuscita
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a chiuder occhio tutta la notte per via dei lamenti che, dalla stanza attigua, il malato non aveva smesso un sol momento di emettere, lei aveva esclamato: « Oh, madonna, quella povera mummia! Il giorno che decide d'andare, sarà sempre tardi... »; da allora il soprannome aveva guadagnato tutti ed era arrivato fin dentro la casa degli Oliva, anzi fin al letto del malato, il quale ne aveva sorriso, quasi fosse stato sicuro che avrebbero cosí dovuto averne di pazienza, quelli che nella casa non aspettavan altro che la sua fine!
In verità in quel momento non è che non vedesse niente; malgrado l'età, ottantadue anni, la vista l'aveva infatti ancor buona; ma si sentiva così staccato dal mondo che ben poco di quanto succedeva riusciva a interessarlo; del resto anche adesso teneva[...]

[...]oi lavorando come cani per tirarlo grande... ».
« Ha ragione — disse la Liberata, intervenendo per la prima volta, con la sua voce dura e impietosa — Nella nostra famiglia cose del genere non dovrebbero succedere ».
« Ma cos'è che é successo, infine? — gridò la madre — E se per caso fosse in grado di sfruttarli? ».
« Sfruttarli, si, sfruttarli ».
« Oh per quello potete star certi; l'Antonio non é certo il tipo che si fa metter sotto... ».
« Povera illusa! Sfruttar gente che fin qui non ha fatto che sfruttar noi. Il Morini, per esempio, quel maiale di Villapizzone che non lascia star nessuno... ».
« Cosa c'entra, adesso, 'sto Morini che io non so neanche chi sia ? » — s'affrettò a dir la madre.
«
E il presidente della società dove l'Antonio, proprio l'altro giorno, é andato a iscriversi ».
« E allora? Cosa doveva fare secondo te? Cambiarlo? ».
« Iscriversi a un'altra! Come se di palestre non ce ne fossero anche nelle nostre sedi! E poi — aggiunse il Carlo, dopo una certa esitazione — non si dice tanto, ma avvisar prima te, lei, me.[...]

[...]gna di biancheria che aveva lasciato li da aggiustare e, secca e decisa come sempre, si sedette, infilò gli occhiali e cominciò a prender la prima maglietta, a farla passare di qua e di là per veder da che parte fosse meglio iniziarne il rammendo.
Benché, salvo la Redenta che a supporlo era arrivata assai presto, nessuno nel fabbricone osasse pensare che lei, madre dedita alle cure della famiglia, potesse farlo, in verità, di tanto in tanto, la povera donna si lasciava andare a maledir i giorni in cui, accettando la stupida e ignorante ingordigia del marito, s'era disposta a metter al mondo tutti i figli che aveva messo; sette! E sette figli volevan dire, sette bocche da sfamare, sette corpi da vestire, sette teste da seguire! Si, seguire, ma come? Che se pur una fa di tutto per starci dietro e far che vengano su un po' per la quale, trova poi sempre chi, due piani sopra, li indirizza alla vergogna, al vizio e alla galera!
Non che arrivasse a maledir i figli; era se stessa che malediva e lui, il marito che, pazienza avesse avuto la prospe[...]



da Pier Paolo Pasolini, Saggio per una antologia con poesie di Francesco Leonetti, Pier Paolo Pasolini, Elio Pagliarani, Roberto Roversi in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]a camera,
tirandosi i cuscini... ah! mi diverte
questa pudica favola.
Un tempo aveva, forse, nome e lagrime;
e silenzio, onesti, fiele, preghiere;
e il gas. Ora mi segue
a denudarmi pronta
se un attimo mi astraggo. Ed approfitta
della mia smania, che m'impaccia tanto,
di comparire come fussi uguale
a un'intellettuale.
Crede la proprietà, che mi è intestata,
e fino dal Decalogo è la madre
della cultura, della civiltà,
sia cosa sua.
Povera e nuda vai... È meglio, é meglio,
chè usare per la pelle non occorrono
44 sAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
le cure d'ogni dama: obbligo
della beltá che attornia, con inviti,
la mia cara caverna.
Dio me l'ha data, e io me la conservo.
Ora, a voler ridire
ciò che disse un poeta, é presto detto:
questa, o signori, che é una vecchia pelle,
é stabilito
o prima o poi
per un tamburo serve.
PARTITA A SCOPONE
— Beh, ti decidi, o che fai?
— Toh.
— E allora
io metto la scopa.
— La donna ce l'hai?
La vedo adesso.
Se c'era prima, fesso,
e ti si offriva, allora
perché non l'hai presa?
tu, c[...]

[...]e e roseo, un po' malandro, trovato a Porta Portese, andando a cercare mobili per la nuova casa. Colori,
53
SAGGIO PER UNA ANTOLOGIA
pochi, la stagione é così acerba: ori
leggeri di luce, e verdi, tutti i verdi...
Solo un po' di rosso, torvo e splendido,
seminascosto, amaro, senza gioia:
una rosa. Pende umile
sul ramo adolescente, come a una feritoia,
timido avanzo d'un paradiso in frantumi...
Da vicino, é ancora più dimessa, pare
una povera cosa indifesa e nuda,
una pura attitudine
della natura, che si trova all'aria, al sole,
viva, ma di una vita che la illude,
e la umilia, che la fa quasi vergognare
d'essere così rude
nella sua estrema tenerezza di fiore.
Mi avvicino più ancora, ne sento l'odore...
Ah, gridare é poco, ed é poco tacere:
niente può esprimere una esistenza intera!
Rinuncio a ogni atto... So soltanto
che in questa rosa resto a respirare,
in un solo misero istante,
l'odore della mia vita: l'odore di mia madre...
Perché non reagisco, perché non tremo
di gioia, o godo di qualche pura angoscia?
Perché [...]



da Liliana Magrini, Il silenzio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ua che si gettava sulle spalle, sul viso, nella bocca. Gli pareva che parlasse d'altro, ora: di uno sciopero che aveva avuto luogo due giorni prima a un cantiere, e che c'erano stati dei feriti, da una parte e dall'altra, e due morti: e che l'indomani sarebbe ricominciato, e le cose si mettevano male. Ma poi,, come se ci fosse un rapporto, nominò di nuovo Michele e Costanza. Fermò un momento l'asciugamano che faceva scorrere dietro la schiena. « Povera gente! come si fa, in quelle condizioni...» Finì di asciugarsi. «Bisogna riuscire a non farsi fregare », disse con voce più sorda, riponendo l'asciugamano.
Si pettinò, poi si voltò a un tratto verso Marco:
« Sai in quanto tempo sono venuto su oggi, in bicicletta, da Piazza
178 LILIANA MAGRINI
Principe? Tre primi e dodici secondi. Cosa ne dici? ». Alla prossima gara per dilettanti, disse, era sicuro di vincere. « Voglio vedere la faccia di Maria! » Ebbe un bel sorriso, che gli restituì il suo viso di ragazzino.
Andò finalmente nel bugigattolo adiacente, dove dormiva. Si mosse a lungo, inf[...]



da Mario Devena, Una giornata laboriosa [dedicato a Vasco Pratolini] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]scicato che si continuava verso di lui. E come l'animale ad un suono corre al riparo, e dalla tana, il corpo nascosto, sporge il capo per scrutare; ugualmente il funzionario si nascose dietro il tronco di un platano; mentre l'ombra del corpo, proiettata dalla luce di un lampione, si allungava in concerto con la testa sporta per scoprire. E, gli occhi verdi come fuori delle orbite, forzando lo sguardo, vide avanzarsi un uomo che, alto di statura, poveramente vestito, con la guida di un bastone pestava il marciapiede con un monotono ritmo. Fattosi, poi, più attento per la vicinanza dell'uomo, scorse ai piedi di lui grossi scarponi militari e sul volto, scarno e colmo di dolore, la cecità degli occhi sotto le palpebre scoperte.
Impressionato per tale apparizione allora che il cieco gli fu accanto, particolarmente per il soccorso del vino deliberò' di aggirare il platano e, inseguito dalla propria ombra, di allontanarsi silenziosamente. Ma, mentre barcollando si adoperava nel suo intento, fu richiamato da una voce che, strascicata come un pass[...]

[...]ivolse alla sorella, mentre il capogiro lo costringeva ad una pausa, « di non attendermi. E poi fino a quest'ora tarda », era per continuare con la sua voce dura e chiara, quando ne fu interrotto da Amelia che sommessamente, mentre Enzo, il bambino, vestito di pigiama rientrava col cane, gli faceva osservare:
« Eravamo ad attendere Fiocco, non te. Lo avevano così malridotto; e, ogni qualvolta si era tentato, di avvicinarlo, era fuggito guaendo. Povera bestia », infine commentava, nel momento in cui il fratello, distratto ormai dal suo groviglio di pensieri, ancora vestito di cappotto e cappello, si accingeva a raggiungere indispettito la propria stanza.
Michele Tempo, da quando la moglie ed il figlio morirono per una medesima disgrazia, di cui in famiglia si preferiva tacere, aveva ottenuto che la sorella Amelia, di lui maggiore e zittella, prendesse
26 MARIO DEVENA
a vivere, sotto il suo stesso tetto. Riempendo una vita modesta, e senza avvedersi del tempo che ora imbiancava i loro capelli, ora dava qualche acciacco o poneva una misura[...]



da Angus Wilson, Totentanz in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]lò la moglie del Preside.
« Ma non è tutto! » sogghignò miss Thurkill. « È un vero orrore! Gli toccherà tenersi i cadaveri in casa vita natural durante! Fa parte delle clausole del testamento » .
La noia aveva data alla moglie del Preside la convinzione di possedere poteri divinatori oltre che psicologici, e subito si rese conto che qualche male era nell'aria.
«Ho avuto torto quando dissi che quella scioccherella s'era salvata appena a tempo. Povera creatura patetica, con le sue meschine ambizioni ed i suoi abiti da cerimonia, va incontro a momenti molto difficili ! ».
Questo stato d'animo profetico si comunicò in parte a miss Thurkill, la quale si trovò a rispondere:
« Lo so. Non è orribile ? ».
Rimasero ferme un momento, stagliate contro il cielo grigio e tempestoso, la moglie del Preside con l'ampio impermeabile nero gonfio di vento dietro di lei, simile ad un pipistrello sinistro, miss Thurkill esile e tutta angoli, che pareva uno sciacallo che latra. Poi, la giovane donna ebbe un riso nervosa:
Bé, mi lasci scappare, se no mi bag[...]

[...] l'indigestione serviva solo a stuzzicarle l'appetito. Le tornò alla mente ad un tratto il pasticcio di lepre in dispensa. Infilò la vetusta vestaglia rosa imbottita e in punta di piedi scese da basso, era meglio che i Danbys non la sentissero, le persone di servizio hanno il dono di farvi sembrare assurdi. Ma, appena apri la dispensa, inorridì nel constatare che qualcuno l'aveba preceduta e che il delizioso, saporito pasticcio non c'era più. La povera lady delusa non impiegò molto tempo a individuare il ladro. Si recò pian piano in cucina e qui, seduto a tavolino, a rimpinzarsi rumorosamente del pasticcio, c'era un giovinetto dai lunghi capelli biondi, che portava un grembiule a quadretti rossi e blù, una cravatta di seta bianca tutta cosparsa di fanciulle in costume da bagno scarlatta; aveva l'aria di soffrire di adenoidi. Lady Maude, nei suoi giornali preferiti, aveva letto molto a proposito di avventurieri e ladri, si che non rimase molto sorpresa. Se la avesse colto mentre portava via l'argenteria, sarebbe scappata atterrita, ma così c[...]



da Franco Lucentini, La porta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]ro ordinare... ci potremmo fare una figura decente, pulita. Ma c'é andata male. Così come stiamo, tutte queste cose... fanno solo un vomitò, in gola. Così come stiamo, tutto sarebbe megliq di questo vomito, di questo disordine. Se ci fosse una cosa sola, qualunque cosa, che mandasse via tutto il resto, che non desse tempo di sentire niente altro, che spazzasse via tutto... ».
« La grande passione » dissi.
« Che ci vuoi fare » disse. « Sono una povera puttana, no? ».
Si girò sul letto per schiacciare la sigaretta nel portacenere, sullo sgabello accanto a lei. Mi sorrise con un sorriso sforzato, sembrò che volesse cambiare argomento.
« Lo sai che sono abbastanza paurosa » disse. cc Non credi che potrei avere paura, qui dentro? ».
« Ma certo » dissi, « specialmente con quella porta aperta II in mezzo, senza nemmeno sapere che c'è sotto. Io credo che in tre anni ci diventerei un pazzo. Una volta... ».
Mi fermai di colpo, sbalordito.
« Ah...» dissi.
« Ah, questo » dissi.
Mia sorella mi guardava, aspettava che dicessi qualche cosa, che p[...]

[...]alma. Adesso stai calma, tesoro, non parlare».
La camicia le era scesa dalle spalle, la ricoprii. .Le carezzavo le braccia, i capelli, il viso. Masse una mano sulla coperta, cercando la mia. Prendendole la mano pensai a tutta la vita che aveva fatto, alla vita che avevo fatto io. Alla vita che facevamo tutti. Le tenni la mano stretta, senza parlare, mentre lei tremava sempre più piano.
Alla fine si calmò, girò la testa e mi guardò, sorrise.
« Povera me » disse, .« quanto sono stupida. Che sorella stupida che ci hai ».
LA PORTA 95
«Non sei stupida » dissi. « Sei un amore. A tutti gli può succedere
di credersi chi sa che, di volere fare chi sa che, e poi dopo si vede
che non si può fare, che non gli si fa, che é meglio fare come tutti.
Anche a te ti può succedere, hai visto? Queste non sono cose per te...
Tu sei piccola... carina... ».
Si mise a ridere.
« Non sono mica piccola. Sono alta » disse.
« Va bene » dissi, « sei alta. Ma adesso ce ne andiamo via, torniamo
a casa. Tutta questa roba la vendiamo e ti prendi una casetta in c[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Povera, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Così <---Diritto <---Perché <---Storia <---Cosa <---Come <---Ecco <---siano <---Basta <---Dico <---Già <---Niente <---Però <---Voglio <---italiano <---Certo <---Del resto <---Dio <---Fai <---Fuori <---Hai <---Medicina <---Non voglio <---Più <---Quale <---Sarà <---Sei <---Sulla <---Accendi <---Ahi <---Almeno <---Andiamo <---Arrivò <---Bisogna <---Braque <---Buonasera <---Buoni <---Cercò <---Cosi <---Davanti <---Dei <---Farmacia <---Fosse <---Gettò <---Giù <---Gli <---Il lavoro <---La casa <---La lotta <---La notte <---La sera <---Lasciò <---Lei <---Ma mi <---Nocera Inferiore <---Portò <---Pratica <---Ricominciò <---Riuscì <---Scese <---Tornò <---Vado <---abbiano <---apprendista <---autista <---cristiana <---cristiano <---eroismo <---guardiano <---italiana <---siciliano <---A Filippo Bertolli <---A San Silvestro <---Abaa <---Abbandonò <---Abbatterla <---Accettò <---Accidenti <---Acone <---Acquistò <---Acropoli <---Ad Avellino <---Ad Enzo <---Ad Oxford <---Ahé <---Aix <---Albergo 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