Brano: [...]i offrirci con questo libro una testimonianza di grande civiltà e di grande umanità, di uno spirito di indipendenza e di libertà che certo non rifletteva i valori e le istruzioni che un direttore del Goethe avrebbe dovuto
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NOTERELLE E SCHERMAGLIE 729
rappresentare a Lisbona. Un valore di testimonianza doppiamente significativo in quanto MeyerClason si è trovato a dirigere l'istituto di cultura di un paese della Comunità economica europea nel Portogallo a cavallo tra la dittatura e la rivoluzione dei garofani del 25 aprile del 1974. È singolare come attraverso le pagine di questo libro la frattura tra MeyerClason e i suoi superiori, anziché ricomporsi, dopo il 25 aprile finisca per allargarsi: non ultimo motivo d'interesse della sua testimonianza e motivo per riflettere anche sul modo in cui il mondo ufficiale occidentale, e in particolare della Bundesrepublik, ha vissuto la rivoluzione dei garofani, nella quale invece la nuova sinistra europea uscita dal 1968 fini per investire in parte le sue frustrazioni, in parte, la reale speranza che d[...]
[...]atapultato a Lisbona nella fase calante della dittatura di Salazar, colpita a morte dalla guerra coloniale che ha letteralmente dissanguato il paese, interessano certo per l'atteggiamento dell'intellettuale democratico (quanti direttori di istituti di cultura della Bundesrepublik citano Rosa Luxemburg?) che rappresenta una delle potenze egemoni dello schieramento atlantico in un paese in cui la dittatura è tollerata dagli alleati anche perché il Portogallo è una base Nato di importanza strategica insostituibile, una testa di ponte verso l'Atlantico e verso l'Africa. Ma interessano soprattutto per la dicotomia che rivelano tra ciò che i suoi superiori si attendono da lui e il modo in cui egli interpreta i suoi compiti; tra l'atmosfera del mondo delle ambasciate e degli istituti dl cultura stranieri (l'italiano compreso), vera enclave all'interno della società portoghese, preoccupata solo di superficiali funzioni di rappresentanza o tutt'al piú animata da spirito di colonizzazione nei confronti del paese che la ospita, e il tipo di legame che egl[...]
[...]botaggio dei suoi collaboratori, « il lavoro culturale comincia con il modo di trattare la gente ».
Si può vedere il libro di MeyerClason appunto come la testimonianza di un democratico, ma anche come il documento di ciò che non deve essere una politica culturale, prima ancora di quello che essa può essere. Tutte le istruzioni che egli riceve parlano il catalogo delle cose proibite: la censura e l'autocensura, che nel caso specifico regnano nel Portogallo di Salazar e di Caetano, sono anche la legge della burocrazia del GoetheInstitut. Non cercare rischi, non correre pericoli, non sfidare nessuno, non cercare cattive compagnie, non esportare autori tedeschi non conformisti (ma perché proprio Mitscherlich?), non fare tante altre cose, non dare nell'occhio, farsi i fatti propri tra tedeschi, siamo un istituto tedesco e programmiamo solo iniziative in lingua tedesca. Il congedo dal vecchio direttore: « Quando nel villaggio arriva un nuovo parroco, se è saggio per due anni lascia tutto come prima ». « Per favore, niente Spiegel, niente letteratura[...]
[...]contadina dei portoghesi », dice MeyerClason, cui probabilmente basta l'astuzia brechtiana della sua cultura.
Lungi quindi dal chiudersi nel proprio guscio, che pure pagherebbe, lungi dal portogallizzarsi (v. a p. 342 quanti diversi significati si possono attribuire a questa espressione, uno dei tanti esempi della sensibilità linguistica e letteraria, oltre che politica, dell'A.), MeyerClason assume anch'egli qualcosa della « seconda lingua del Portogallo », del linguaggio degli eufemismi, una delle poche cose forse che accomuna il regime e l'opposizione, e senza preoccuparsi delle velleità di controllo dell'apparato diplomatico contro le « eventuali mene sovversive » o della paralisi cui rischia di ridurlo la situazione (« Portogallo, una spugna che toglie mordente ai miei denti ») dà inizio alla sua politica dei « piccoli passi »: il 1969 non sarà anche l'anno della vittoria di Willy Brandt nella Bundesrepublik? Importa le nuove tendenze del cinema tedesco, deciso a proseguire con proiezioni private e inviti personali di fronte a un intervento della censura; organizza una conferenza di Walter Jens, che nell'ambiente dell'ambasciata viene considerata una provocazione; quando gli chiedono un parere per l'esecuzione a Lisbona di una messa di Bach espone i pro e i contra, ma l'ambasciatore fa sapere che al ministero degli es[...]
[...]vizio dell'emancipazione di un popolo da un incubo cinquantennale, registra acutamente stati d'animo e attese, risponde positivamente a tutte le sollecitazioni della gente del luogo, concede l'istituto persino per l'assemblea di una formazione politica incorrendo ancora una volta nella censura dell'ambasciata. Perché quello che non sembra cambiare è appunto l'atteggiamento delle autorità ufficiali della Bundesrepublik. Una rapida annotazione sul Portogallo nuovo:
Parole d'ordine della stampa per il primo maggio: 'Il popolo non ha piú paura. Le nostre armi sono i fiori. La poesia sulla strada. L'esercito portoghese è anche popolo. La grande sfilata a braccia conserte'.
Scolaro portoghese della Scuola tedesca: `Gli insegnanti tedeschi se la fanno nelle brache'.
La stampa tedesca: `La rivoluzione portoghese ha sgomentato il mondo occidentale' (p. 276).
In questi casi l'A. non commenta neppure, la vecchia arma dell'ironia ha pur sempre una sua forza dirompente. Il doporivoluzione si presenta ancora piú difficile del prima e non solo per le diff[...]
[...]ankred Dorst, ora la sua divisione è dimostrata dalle reazioni all'esecuzione del Mockinpott di Peter Weiss ad opera di attori portoghesi cui si rimprovera di fare gratuita pubblicità all'istituto di cultura di un paese che si presenta contro la rivoluzione, con uno dei tanti volti (la socialdemocrazia) della società capitalistica. Paradossalmente, quello che faceva scandalo prima della rivoluzione diventava dopo anche piú scandaloso. Portare in Portogallo il meglio della cultura impegnata tedesca — da Schlöndorff a P. Weiss, a Böll, a Franz Xaver Kroetz — era piú pericoloso di prima. Ancora un dialogo brechtiano: « Crede davvero che Le possa servire invitare Martin Walser... Da un impiegato del Goethe ci si attende un atteggiamento positivo nei confronti della Bundesrepublik... Acriticamente o criticamente positivo? ». Né sorte migliore procura la presenza nell'Alentejo di Günter Wallraff, impegnato nella cooperativa agricola promossa con fondi raccolti nella Bundesrepublik: Wallraff, proprio lui, un agitatore indesiderato, un « autore sotto p[...]
[...]e lasciare il suo posto, il processo di svuotamento della rivoluzione portoghese era già in pieno svolgimento. Oggi i garofani del 25 aprile sono quasi totalmente appassiti. Questo bellissimo libro non racconta solo la vicenda personale di un intellettuale tedesco a contatto con una funzione pubblica; non interessa soltanto la politica culturale della Bundesrepublik, aiuta anche a comprendere che cosa la « democrazia » occidentale poteva dare al Portogallo e che cosa non ha dato. Aiuta a capire i limiti posti all'autogoverno e alla volontà di trasformazione di un piccolo popolo dalla logica di potenza di opposti schieramenti di ben altre dimensioni. Perché anche il Portogallo vive sulla sua pelle l'ipoteca che gli è imposta dalle esigenze di una strategia che non gli appartiene ma alla quale viceversa appartiene il Portogallo. Perché l'ordine tornasse a regnare a Lisbona dovevano accadere molte cose e probabilmente anche il ritorno di MeyerClason in Germania rientrava tra queste condizioni.
ENZO COL LOTTI