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da Vasco Pratolini, Firenze, marzo del ventuno in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]mmacolata. E il gonfalone della sua città e della sua fantasia, che di un grumo di sangue ne fa un fiore e lo circonda di silenzio.
Firenze, nel medio evo, arrivava all'altezza di San Frediano; e i ponti, sull'Arno che l'attraversava, sono ancora quelli: dal Cin
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quecento ad oggi, nessuna piena li ha più potuti sradicare. Ce n'è quattro in un chilometro; tutto il mondo .li conosce e li ammira.
Il primo, e il più a nord, é il ponte alle Grazie. Era il 1238 quando Rubaconte da Mandell°, milanese e Podestà dei Fiorentini, presenziò l'inaugurazione. Fu anche il primo ponte in muratura; perciò da allora non ha mai tentennato. Sulle sue pigne, come su quelle di Ponte Vecchio, si eressero delle piccole case dove, invece di botteghe, vi si aprirono oratori. Questo. ponte prese il nome dal suo padrino, fino al giorno in cui un'immagine sacra non incominciò ad elargire delle grazie, dentro quegli oratori.
Risalendo il corso del fiume, ponte Vecchio é il secondo, e il più antico. Lo gettarono i padri etruschi; poi, nell'età di Cesare, la Colonia Florentia venne ad affondarvi le sue radici. Così come appare, lo ideò Taddeo Gaddi, dicono, ma il Longhi lo nega, dopo che la gran piena del Tre Tre Tre una volta di più lo aveva scancellato, portandosi come relitti d'un naufragio i legni della sua armatura. Già da un secolo prima, in un'altra notte e di agguati e di fazioni, su quelle tavole, Buondelmonte ci aveva lasciato la vita.
Il terzo é ponte a Santa Trinita, costruito a spese dei Frescobaldi che in quel punto del fiume, ma di là[...]

[...]adri etruschi; poi, nell'età di Cesare, la Colonia Florentia venne ad affondarvi le sue radici. Così come appare, lo ideò Taddeo Gaddi, dicono, ma il Longhi lo nega, dopo che la gran piena del Tre Tre Tre una volta di più lo aveva scancellato, portandosi come relitti d'un naufragio i legni della sua armatura. Già da un secolo prima, in un'altra notte e di agguati e di fazioni, su quelle tavole, Buondelmonte ci aveva lasciato la vita.
Il terzo é ponte a Santa Trinita, costruito a spese dei Frescobaldi che in quel punto del fiume, ma di là, avevano le loro case. Crollò sei volte, e sei volte lo si rimise in piedi, dopo che fra Sisto e fra Ristoro domenicani l'ebbero progettato, come per dar tempo, diciamo, all'Ammannati, di rilanciare sulle acque dell'Arno il più bel ponte che mai fiume al mondo abbia lambito.
L'ultimo è il ponte alla Carraja. Lo stesso Ammannati disegnò la sua struttura, e senza i suggerimenti di Michelangelo, se ci sono stati, come per Santa Trinita. In origine, ancora nel secolo XIII, lo chiamavano ponte Nuovo: per distinguerlo dal Vecchio, é naturale. Se l'erano pagati gli Umiliati d'Ognissanti, bisognosi di uno scalo per le stoffe che uscivano dal loro convento, situato dirimpetto al fiume e alla porta Carrìa. Costi, essendo il ponte che incontravano per primo, facevano capo i carri provenienti dal contado, nel tempo in cui il porto di Firenze era più a valle, ed una grossa pigna di pietra, che i fiorentini digià chiamavano il pignone, serviva all'attracco dei barconi.
Questa era la città e i suoi ponti nel giro della terza cerchia;
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e qui, ora cosa c'è di cambiato ? La natura del fiorentino, no. Il suo spirito non l'hanno ammorbidito né le tarde Signorie né i Granducati. Ma sempre si conquista qualcosa, che si è pagato sempre troppo caro. È per questo che ogni volta c'é qualcosa di cambiato[...]

[...]di ferro; e sono sospesi, quello a valle. Nessuna pigna lo regge, nessuna arcata, bensì degli alti piloni, infissi sulle due rive. Il pavimento è ancora di legno; e i parapetti a cui non ci si può affacciare a meno di non essere dei giganti, sembrano delle grate. Son li da un secolo, e non hanno ancora un nome: il popolo che vi cammina sopra non li ha ancora battezzati, forse non gli vuole bene. Li ha distinti spartendo i due aggettivi. Uno é il ponte di Ferro che dà sui viali di San Niccolò; l'altro è il ponte Sospeso che immette nel quartiere del Pignone. Li regalò a Firenze, Leopoldo di Lorena, ossia un'impresa privata a cui Leo poldo li aveva appaltati e che malgrado il passaggio e delle dinastie e delle istituzioni, si fa ancora pagare il pedaggio. Del resto, cos'è un soldino?
È dall'epoca di questi nuovi ponti che c'é qualcosa di cambiato. La gotta di Gian Gastone aveva estinto la discendenza e il potere dei Medici. Per un momento, come tutta l'Europa, si fu un . feudo di Napoleone; quindi vennero i Lorena. Leopoldo era stato l'ultimo padrone. Lo si ricorda con simpatia; durante i vent'anni d[...]

[...]i di Monticelli, di Legnaja, di Soffiano. L'altro confine era fuori Porta San Frediano. Divisi dalle antiche mura, San Frediano e il Pignone potevano tenersi d'assedio. Le colline di Bellosguardo e di Montoliveto, erano i contrafforti. Dalla parte del fiume, che li separava entrambi dal resto della città, il Pignone seguitava San Frediano. Chiusa la Porta, messo un posto di blocco all'altezza di Monticelli, bastava una sentinella all'imbocco del ponte Sospeso, perché il Pignone fosse al riparo dalle offese. Là, a Rifredi, l'apertura dei prati, la zona stessa, distesa come su un'unica lunga strada e sparsa sui due lati, rendevano possibile ogni irruzione. Il Pignone, non potendo operarvi dall'interno, lo si doveva forzare. Fu un assedio che durò gli anni Venti e Ventuno, con colpi di mano, agguati, spedizioni da parte delle Bande Nere, finché la gente del Pignone non si decise essa a una sortita. Questo rappresentò la sua vittoria, la sua tragedia e la sua capitolazione. Ne fu pieno il mondo, il giorno dopo, della sua impresa disperata.
2 [...]

[...], era sulle soglie degli usci, sulla piazza, davanti alle botteghe, e alla Casa del Popolo appena devastata, col cuore in gola e il sangue avvelenato. I comignoli
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della Fonderia fumavano; i panni dei tintori erano stesi ad asciugare, l'Arno andava lento e grosso per via delle piene di prima vera. Erano le sette di sera e il sole tramontava tutto fuoco, basso sul fiume e dietro le Cascine; avvolgeva di un riflesso accecante il ponte Sospeso, e sembrava renderlo anche più aereo, isolato nel vuoto: la luce era come se incorporasse nelle strutture i cavi che descrivendo una mezza ellissi, lo trattenevano da pilone a pilone
e dall'una all'altra riva.
Il ponte era deserto: e l'uomo a cui si pagava il pedaggio, chiuso nel suo casotto di legno come dentro una garritta, sporgeva la testa e scrutava ai due orizzonti. Gli sembrava assurdo che, alle sette di sera, non un'anima attraversasse il ponte. « Non s'é mai dato », si disse. C'era troppo silenzio, troppa calma, come un istante prima che batta il terremoto. « Stasera » egli pensò « E brinata ». Era un uomo di sessant'anni, e da più di trenta stava al capo di Ponte; nemmeno le guerre erano state capaci di rimuoverlo. Egli non era dei loro, ma la gente del Pignone la conosceva. Da un secolo, poteva dire; giorno per giorno l'aveva vista attraversare il Ponte, col bel tempo e sotto il temporale, quando c'era il solleone
e quando tirava la tramontana. E quelli del Pignone conoscevano lui, e i due centesimi un tempo, poi i soldini, che dalle loro tasche erano finiti nelle sue mani. « Bona, Masi » gli dicevano. « Ci fai passare a scapaccione? ». «Sicuro, come se il ponte fosse mio », egli invariabilmente rispondeva: e ancora era vivo Umberto I
e Garibaldi scriveva lettere da Caprera: ne aveva scritta una alla "Mutuo Soccorso tra gli Operai del Quartiere del Pignone". « Come non fossi anch'io un sottoposto. Girate dalla Carraja e arrivate a casa per borgo San Frediano, se non ci avete il saldino, o vi pesa pagare ». Ciascuno di loro, egli se l'era visto passare davanti ancora in pancia alla madre, e poi ragazzo che strusciava carponi per non versargli il tributo, e poi giovanotto col primo velocipede e la prima ragazza a braccetto, col primo damo e i capelli [...]

[...] loro uomini e loro, le fanciulle appena sbocciate e i vecchi col bastone. « Qui, stasera, non mi dice
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nulla di buono, col bubu che c'é in città, con questa bomba che é scoppiata », si ripeteva, e appuntava il lapis per darsi daffare. Di lato al suo stabbiolo, come di sentinella ai due piloni, stavano i due carabinieri in tenuta di campagna e coi moschetti infilati alla spalla. Il suo stabbiolo era all'ingresso del ponte, dalla parte delle Cascine: il pedaggio si pagava una volta soltanto, per entrare; uscire dal Pignone si poteva anche se vi si era entrati da tutt'altra parte; e dalle dieci di sera alle sei del mattino il traffico era libero in entrambe le direzioni. Durante le altre sedici ore, c'era il Masi dentro il suo stabbiolo, e gli si doveva il saldino. L'Impresa non si fidava che di lui; siccome non si rilasciano né contromarche né scontrini. "Ad essere disonesti in trent'anni si sarebbe potuto farsi d'oro". Soltanto un giorno al mese, ch'egli andava a trovare sua moglie a Trespiano, lo sostituiva u[...]

[...]Masi dentro il suo stabbiolo, e gli si doveva il saldino. L'Impresa non si fidava che di lui; siccome non si rilasciano né contromarche né scontrini. "Ad essere disonesti in trent'anni si sarebbe potuto farsi d'oro". Soltanto un giorno al mese, ch'egli andava a trovare sua moglie a Trespiano, lo sostituiva uno dei due impiegati dell'Impresa, gli stessi che venivano a ritirare l'incasso a una cert'ora. Ma per poco, ci si poteva giurare. Presto il ponte sarebbe stato riscattato dal Comune, com'era digià successo per il gemello di San Niccoló che aveva meno transito e quindi rendeva meno. Questione di tempo, e il Masi sarebbe andato in pensione. « Ma chi me la dà, la pensione ? » si lamentava. « Io non dipendo dal Comune. L'Impresa mi potrà dare uno sborso, una miscéa ». « Te la daremo noi la pensione », lo pigliavano in giro quelli del Pignone. « Sarà una delle prime cose, non appena saremo al potere ».
Questo fino a un anno fa, che s'erano barricati dentro la Fonderia e uno di loro stava di guardia sul ponte, al largo dai carabinieri, e se[...]

[...]o e quindi rendeva meno. Questione di tempo, e il Masi sarebbe andato in pensione. « Ma chi me la dà, la pensione ? » si lamentava. « Io non dipendo dal Comune. L'Impresa mi potrà dare uno sborso, una miscéa ». « Te la daremo noi la pensione », lo pigliavano in giro quelli del Pignone. « Sarà una delle prime cose, non appena saremo al potere ».
Questo fino a un anno fa, che s'erano barricati dentro la Fonderia e uno di loro stava di guardia sul ponte, al largo dai carabinieri, e se venivano dei rinforzi il Masi gli faceva cenno fingendo di togliersi il berretto e grattarsi dietro l'orecchio. Ora, invece, gli dicevano, ma tra i denti e mentre gli versavano il soldino: « Sei una carogna, Masi, ma bada, i capelli bianchi non ti salvano, prima o poi, da una libecciata ». Egli era come il ponte affidato alla sua custodia, preso tra due fuochi. I fascisti gli passavano davanti, sui camion, come se lui fosse li a far la statuina. Il ponte è stretto: ha novant'anni, é sospeso, ai veicoli é proibito transitare. «Diglielo a un altro! » al massimo gli rispondevano. E come se fosse un cane, per mettergli paura: «Pulsa via! ». Se non usciva dalla garritta, lo appestavano di fumo. Oppure veni
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vano appiedati: « È tornato a casa il tale ? L'hai visto passare ? ». Dapprincipio aveva risposto: «Non lo conosco, ci passa tanta gente, non so chi sia ». Ora, dopo che anche a lui avevano promesso mazzolate : « Mi pare di si, mi pare di no » rispondeva. « Non sono sicuro ». Ma giorno per giorno, ormai, era più le volte che [...]

[...], non certo del Pignone, coi ragazzi per la mano, che spingevano la carrozzina. Sull'Arno, e lontano, il traghetto dell'Isolotto, un renaiolo sul barcone. Anche sull'Arno, era come non ci fosse nessuno; o per via del riflesso, non si vedeva. Il fiume scorreva con un certo moto; era calato dopo l'ultima piena, ma era ancora alto da coprire metà degli argini. È sempre così, di primavera. Gonfio, ma calmo, quasi verde e ora tutto barbagli; sotto il ponte schiumava un po', siccome fa un balzo alla pescaja di Santa Rosa, quando tocca San Frediano. Dall'altro capo, sullo slargo dove incominciano via dell'Antonella e via Bronzino, c'era la stessa gente di tutte le sere, ma era come se stesse ferma ad aspettare qualcuno o qualcosa che sarebbe dovuto arrivare da un momento all'altro. Era i fascisti che aspettavano: gliel'avevano mandato a dire, non si sapeva da chi, non si sanno mai queste cose, che sarebbero tornati stasera: "E prima di buio, giacché al Pignone si vuol rialzar la testa e lanciano le sfide, questi puzzolenti, queste bucaiole". Ora [...]

[...] "E prima di buio, giacché al Pignone si vuol rialzar la testa e lanciano le sfide, questi puzzolenti, queste bucaiole". Ora pretendevano che il Masi gli facesse il saluto. « Abbiamo sistemato San Frediano, con la teppa che c'é, figurati se non pieghiamo il Pignone! ».
San Frediano, l'avevano messo a posto come nemmeno la Pa lizia c'era mai riuscita; e pigliandolo di sotto e di sopra, dalle spalle e di petto; entrandoci attraverso le Mura, o da Ponte alla
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Carraja, o dai viali, o da Porta Romana. Oppure, passando chiotti chiotti dal ponte Sospeso e girando al largo dal Pignone. Era sempre buio; Masi non li aveva mai visti in viso. Ma perché lui si peritava di guardare, non perché essi nascondessero la faccia. Non li guardava, ma li avrebbe potuti riconoscere, anche loro, uno per uno. Tutti dei ragazzi, comunque, che avevano fatto appena in tempo ad assaggiare la trincea; e si vedeva, non nascevano dal nulla. Del resto, nessuno glielo comandava, di andare a bastonar la gente, a purgarla, a buttare all'aria le Case del Popolo. Se rischiavano, come rischiavano, era per qualcosa più forte di loro, dovevano credere di far bene. E p[...]

[...]o neanche segnato il passo, quattro o cinque di questi giovanotti del Pignone, son rientrati dal centro con gli occhi che gli sbuzzavano dal viso: « Gavagnini ce lo pagano caro », hanno gridato. « Diglielo ai tuoi amici, ruffiano! ». Io non ho amici, lui aveva pensato. Né voialtri, né loraltri, son solo. « Digli che non s'azzardino. Digli che ci andiamo noi a cercarli stasera ». E sembra, ora, che una per una, si siano vuotate le case, di lá dal ponte.
Ecco, il sole è digiá mezzo affogato in Arno, dopo l'Indiano. Come tutte k sere, il cielo é un fuoco, percui ci si vede meno che se fosse mezzanotte. I due carabinieri di guardia al ponte, quelli dalla parte del Pignone, non si distinguono proprio, forse più che il riflesso li coprono i piloni. Ma si vede quella gente che sta ferma sulla piazza.
« Cosa stanno per tramare ? », si domandava il Masi.
Egli era più vecchio di quanto non sembrava; al Pignone lo dovevano capire, invece di star 11 fermi a guardarlo, lontani quant'è lungo il ponte che pareva l'avessero più di sempre e soltanto con lui. Era più vecchio dei suoi sessant'anni e dei suoi capelli bianchi, anche se non aveva bisogno del bastone. Gli premeva il posto che occupava; la pensione o lo sborso che l'Impresa, se non l'Impresa il Comune, gli avrebbe dovuto dare. Non s'augurava venisse cotesta ora, si spaventava a pensare come avrebbe impiegato la giornata, ma non voleva, una volta tolto il pedaggio, ritrovarsi senza mangiare. Lui, e quelle due bestie, poverine! Egli era solo al mondo, abitava sul Prato, la moglie gli era morta: Da quanto? Da sempre, poverina! La sua [...]

[...] per risparmiare, quanto per la soddisfazione di buggerare me e l'Impresa di un soldino! ». Egli era amico di tutti, e di nessuno. "Ma chi vi conosce, ma chi siete?". Scontroso e affabile a giorni, secondo l'umore che ormai andava col tempo. « Quando fa freddo o quando fa bufera, di qui dovete passare, uno per volta, e io vi bollo! Ma di cotesta stagione, come d'agosto, ve lo raccomando star chiuso dentro questa prigione! Col caldo le tavole del ponte scricchiolano che sembra da un momento all'altro si debbano schiantare; se tira il vento forte, allora pare che tutto il ponte sia sul punto di partire. Si balla ch'è un piacere ». Un anno dopo l'altro, "cocendo l'uovo sul fornellino", riscaldandovi il latte quando si sentiva costipato. « Il vino, no, il vino, sembrerà una bestemmia, non mi è mai piaciuto. Perciò sei un falso! mi hanno incominciato col dire ». Il veggio in mezzo ai piedi; il ventaglio d'estate; ora se Dio vuole era un'altra volta primavera. « Ed eccomi qui, non so ancora chi è che mi dovrà dare lo sborso o la pensione; so soltanto che tra poco il ponte si chiude, anzi si apre, e io mi ritrovo coi capelli bianchi e preso tra due fuochi, in queste stor[...]

[...]iacere ». Un anno dopo l'altro, "cocendo l'uovo sul fornellino", riscaldandovi il latte quando si sentiva costipato. « Il vino, no, il vino, sembrerà una bestemmia, non mi è mai piaciuto. Perciò sei un falso! mi hanno incominciato col dire ». Il veggio in mezzo ai piedi; il ventaglio d'estate; ora se Dio vuole era un'altra volta primavera. « Ed eccomi qui, non so ancora chi è che mi dovrà dare lo sborso o la pensione; so soltanto che tra poco il ponte si chiude, anzi si apre, e io mi ritrovo coi capelli bianchi e preso tra due fuochi, in queste storie che non mi riguardano nemmeno come prossimo. E una bella situazione! ».
Era la situazione, dopo tutto, di chi sta su un ponte che unisce le due rive. Egli non avrebbe fatto onore ai suoi capelli bianchi, quella sera.
« Ce l'hanno anche con me? », si ripeteva. « Ma chi vi conosce, ma chi siete? Questa Gavagnini, l'ho appena sentito mentovare ».
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Loro, si conoscono tutti l'un l'altro, ed è come non avessero viso. Hanno giocato insieme sulle rive del fiume, scavato tesori tra
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le montaegne dell'Isolotto, imitato Buffalo Bill a cavallo di una scopa; il primo bacio, la prima lite, il primo figliolo, il primo capello bianco; si son fatti l'un l'altro la prima carezza e la prima spostatura. Sono cre[...]

[...]olamente in fabbrica, in Fonderia, ma dentro le proprie case. Hanno subito bastonate, intimidazioni; si son visti sparire qualcuno dalle file, senza sapere dove andare a portargli un fiore. E sono dei fiorentini, se ne vantano e non l'hanno mai dimenticato: essi non concepiscono degli avversari; ma amici o nemici. Con l'amico ci si tiene per la mano; al nemico: gli si fa "la masa". O noi o loro. La storia del Quartiere, pur giovane quanto il suo ponte, non occorre risalir lontano, si é sempre fondata su questa legge e queste ragioni. Che sono poi dei concetti elementari. Chiari come l'Arno, quando é chiaro e in trasparenza si vedono sguizzare le cecoline. Anche le donne vanno in chiesa, e in confessione non hanno nient'altro da raccontare. Ora che ciascuno si sente minacciato, non sono più delle singole persone; hanno fatto cerchio diciamo. Sembra che una parola sia passata da porta a porta, da un davanzale a un finestrino, da un reparto all'altro della Fonderia, di strada in strada, e come una goccia dentro l'alambicco porta a galla i vel[...]

[...] disperazione ».
« Da due anni non si sa più quello che pub succedere quando fa buio ».
« Non ci si gode più un sabato sera ».
« E una soperchieria dopo l'altra ».
« Una violenza, e il giorno dopo daccapo ».
« È la seconda volta che devastano la Casa del Popolo ».
« Hanno buttato all'aria ogni bene ».
« Hanno tirato le bombe a mano, avanti d'andar via ».
« Hanno preso il ritratto di Lenin e ci hanno pisciato sopra ». « Hanno bruciato sul ponte le bandiere ».
« Ne hanno mandati altri tre all'ospedale ».
« Ma quest'ultimo delitto, questa volta lo pagano caro ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 17
« Per i padri di famiglia che non sono piú sicuri né sul lavoro
né dentro il loro letto ».
« Per le donne a cui sparano tra le gambe perché si pren
dano paura ».
« Per quelle a cui hanno tentato di fare uno spregio ».
« E per gli usci verniciati con la merda ».
« Per le croci disegnate sui muri ».
« Per i figlioli che si ammalano dallo spavento ».
« Per i vecchi che non hanno piú un capello nero ».
« Per tutte queste case insieme, ins[...]

[...] capiva avrebbe dato la testa nel
muro ».
<c Disse: questo ci ridimostra chi sono i socialisti, bisognerà
crescere e togliere di mezzo anche loro ».
« E siccome noi siamo con queste idee e non ci si può mutare ».
« Ci si muta la faccia? ».
« Ci si muta il cognome? ».
« Ci si possono tagliare i coglioni ? ».
c< E il bolscevismo è come il sangue che esce se sei ferito ».
r
18 VASCO PRATOLINI
« Se stasera tornano, stasera non passino il ponte perché ci
trovano vestiti ».
« E la sera che le pagano tutte ».
«
E la sera che si mandano noi all'ospedale ».
« Finora ci siamo sempre difesi male ».
« Siamo troppo dolci ».
«Ci hanno preso sempre alla sprovvista ».
« Ma stasera, che non passino il ponte stasera ».
Quei garofani e quei gerani ci stavano per figura, ai davanzali. Di fronte ai loro occhi, ma lontano, di lá dal ponte su cui si fissavano i loro sguardi, il gran verde delle Cascine, avvolto nell'incendio del cielo, era un orizzonte tutto nero e di fuoco. Come brucia e scoppietta una pina dopo l'altra, così era brulicante e immobile la loro attesa. E come se coteste pine, d'un tratto, si rivelassero tante bombe a mano, destinate a deflagare. Ma quali fossero le loro più nascoste intenzioni, lo dice il fatto che nessuno di loro era armato. Il dolore che li animava, era la loro corazza. Dai loro cuori pieni di veleno, e di sgomento, di irresolutezza, affioravano ai cervelli, e sembravano paralizzarli, i propo[...]

[...] Che poi gli uomini non hanno più la testa per mettere
su famiglia ».
« Né per fare all'amore ».
Sempre con l'animo sollevato di vederceli tornare segnati ».
« O chiusi alle Murate ».
« Che non ci faccino perdere il lume degli occhi ».
« Perché anche il lupo esce dal bosco ».
«Perché anche un topo ha i denti ».
« Perché anche un coniglio mette fuori gli ugnelli ».
« Perché anche un bambino é capace di ammazzare ».
« Non attraversino il ponte, stasera ».
« Dopo tanti soprusi, Spartaco lo pagan caro ».
« Dopo tante angherie ci si deve far rispettare ».
«Dopo tanti insulti é la volta di dirvi: L'è majala! ».
« Ricordatevi che anche alla Fonderia le caldaie non si spen
gono mai ».
« Vi si butta noi in uno di cotesti forni ».
« Vi si sotterra sotto la spazzatura dell'Isolotto ».
« Vi si impicca noi ai lampioni di via Bronzino ».
« Non passate il ponte, stasera ».
« Malesci non lo passare ».
« Vi salterà il terreno sotto i piedi altrimenti ».
« Vi si dà fuoco come a una torcia della Misericordia ».
« Ce ne avete fatte troppe, ora la dovete abbozzare ».
« Folco, diglielo. E anche tu torna a casa da un'altra parte,
stasera ».
« Non dovete passare più il ponte: né stasera né mai ».
« Per piacere, non lo dovete passare ».
« Se anche voi ci avete una famiglia ».
« Se vi sta a cuore vostra madre ».
« Se ci avete una fidanzata con cui ci fate all'amore ».
« Anche se lei lo sa ed é d'accordo, lo stesso non ci passate
sul ponte Sospeso, stasera, vi va a finir male ».
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« Se le vostre donne sono a casa o chissà dove, noi siamo qui
e non vi lasciamo passare ».
« Quant'è vero Iddio, per il vostro bene, non lo passate ».
« Scordatevi che esiste il Pignone ».
« Folco dacci retta ».
« Se lo attraversate, trovate noi di qua che vi aspettiamo ».
« Siamo di più che se si fosse fatta la chiama ».
« E le donne sono più avvelenate di noi ».
« Bolli bolli la pentola si è scoperchiata ».
« Per piacere, stasera non passate il ponte ».
« Malesci tu ci conosci. Tu sei del Pignone, lo sai chi siamo ».
« [...]

[...]stre donne sono a casa o chissà dove, noi siamo qui
e non vi lasciamo passare ».
« Quant'è vero Iddio, per il vostro bene, non lo passate ».
« Scordatevi che esiste il Pignone ».
« Folco dacci retta ».
« Se lo attraversate, trovate noi di qua che vi aspettiamo ».
« Siamo di più che se si fosse fatta la chiama ».
« E le donne sono più avvelenate di noi ».
« Bolli bolli la pentola si è scoperchiata ».
« Per piacere, stasera non passate il ponte ».
« Malesci tu ci conosci. Tu sei del Pignone, lo sai chi siamo ».
« Se stasera passate il ponte, è la sera che si fa festa finita ».
« Spartaco Gavagnini per noi è più vivo ora di stamattina ».
« Spartaco era l'idea in persona ».
« Era come me e come te, Gava ».
« Era il meglio che si avesse ».
« Era il più intelligente, era il più capace ».
« Era il nostro piccolo Lenin: ti misurava uno schiaffo quan
do glielo dicevi ».
« Mi disse: bisogna far muro e contarsi, sapere con chi si
cammina ».
« Mi disse: Non si è comunisti se non ci si sa sacrificare.
Ma non farci sacrificare; mettere sotto loro, avanti che il piede
ti schiacci il collo ».
« Mi disse: ti piace proprio cotesto [...]

[...] anche lui in piedi, faceva
22 VASCO PRATOLINI
dei segnali, come per dire a quelli del Pignone: "Eccoli, sono arrivati". Quei fascisti, dalla spalletta, li presero di mira con le rivoltelle, ma la barca era digiá fuori di tiro, mentre due fucilate fecero eco dalla parte della piazza, dove gli altri due carabinieri che ci stavano di guardia avevano sparato in aria. La folla si era mossa, ed essi ripiegavano, correvano all'indietro attraverso il ponte, per finire tra le braccia dei fascisti che gli saltarono addosso e trattarono come i primi due.
Ora, eliminate le forze dell'ordine, i due schieramenti si fronteggiavano. Il ponte ancora li divideva.
La folla si era attestata, faceva massa, come se una sbarra le impedisse di avanzare. Lontana tutta la lunghezza del ponte, non si decifrava, tra cotesta calca, un solo viso, ma tanti visi presi nel riflesso del sole, e quei berretti, i cappelli: i vestiti delle donne risaltavano per via dei colori. Da questa parte, i fascisti si erano a loro volta radunati, Folco era al centro; e per un momento si guardarono come per contarsi. Il Masi li aveva digiá contati. Erano dieci, undici, mancava quello dai basettoni, e un paio erano rimasti accanto alle automobili e per tenere d'occhio i carabinieri che vi si trovavano legati. Soltanto due erano in divisa: il Pomero con la camicia nera dalle maniche rimboccate, i pantalo[...]

[...]appello sulla fronte. Ora avevano incominciato a parlare, con frasi brevi, non trafelate, che nondimeno tradivano la sorpresa e sottolineavano la loro irresolutezza.
« Che si fa ? ».
« Ci hanno tirato un'imboscata ».
« Qualcuno li ha avvisati ».
«Ma siamo stati noi ad avvisarli! Non ci perdiamo in considerazioni ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 2J
Questo era il Pomero che si aggiustava la fascia intorno alla vita.
« Non bisognava venirci dal ponte ».
« Si doveva entrare dalla parte di Legnaja ».
« Come ci si arrivava? ».
« Allora attraverso San Frediano ».
«Dietro alla porta ce ne saranno altrettanti ».
« Qui non si può restare », disse il Pomero. Bestemmiò, poi disse: «Saranno qualche centinaio, questi cenciosi ».
«Allora, Malesci, che si fa? ».
« Si va avanti, come che si fa? Siamo rimasti anche troppo qui a indugiare ».
Colui che aveva parlato non era Folco, ma un altro di quelli che il Masi vedeva per la prima volta. Gli stava quasi di fronte, al fianco di Folco, ed era un ragazzo come Folco, di sicuro non aveva trent'anni.[...]

[...] fra tutti, quello che metteva piú paura. Ora reggeva la pistola appoggiandosela sotto il mento, mentre parlava.
Si va avanti », ripeté. « Forza ».
Falco lo fermò, secco e strisciandosi lui la canna del proprio revolver sulla gota: «Non dire bischerate, Tarbé. Non fare il pazzo, tu non hai esperienza di queste cose. Lasciami riflettere da che parte si possono pigliare ».
D'improvviso, come una risposta a queste sue parole, dall'altro capo del ponte si levò una voce d'uomo, grave, tonante: « Non azzardatevi a passare il ponte, inteso? Vi si aspetta da tutte le parti non vi azzardate ».
E subito, come per la fine di una tregua, a cotesta voce se ne
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accompagnarono altre cento, ma urli, grida, che per essere cento diventarono una sola ed unica voce, e se ne perdevano le parole. «Non v'azzardate! Non v'azzardate! D.
C'era stato un movimento, ma la folla non era venuta avanti; si era come rimescolata dentro le proprie grida. Quindi, una sassaiola si era abbattuta a metà del ponte, contro le fiancate, era ricaduta in Arno. Qualche pietra più piccola, o meglio o più fortemente diretta, era rotolata[...]

[...] tutte le parti non vi azzardate ».
E subito, come per la fine di una tregua, a cotesta voce se ne
24 VASCO PRATOLINI
accompagnarono altre cento, ma urli, grida, che per essere cento diventarono una sola ed unica voce, e se ne perdevano le parole. «Non v'azzardate! Non v'azzardate! D.
C'era stato un movimento, ma la folla non era venuta avanti; si era come rimescolata dentro le proprie grida. Quindi, una sassaiola si era abbattuta a metà del ponte, contro le fiancate, era ricaduta in Arno. Qualche pietra più piccola, o meglio o più fortemente diretta, era rotolata ai piedi dei fascisti. Come una salve. E di nuovo il silenzio; di nuovo quella voce:
« Malesci se ci sei, fatti sentire da cotesti delinquenti. Portali via D.
Ora Falco si era drizzato in tutta la persona, "gli sporgeva la bazza, tanto doveva essere infuriato". Tuttavia era calmo, la rivoltella in mano, si rivolse al Masi, spiaccicato di spalle contro il suo stabbiolo: « Chi è questo? » gli chiese. «Mah », il vecchio disse, un po' balbettava, un po' si dava coraggio: « O no[...]

[...]zzato in tutta la persona, "gli sporgeva la bazza, tanto doveva essere infuriato". Tuttavia era calmo, la rivoltella in mano, si rivolse al Masi, spiaccicato di spalle contro il suo stabbiolo: « Chi è questo? » gli chiese. «Mah », il vecchio disse, un po' balbettava, un po' si dava coraggio: « O non é il Santini? Mi pare, non lo so ». Poi, rivolto ai suoi amici, Falco gli ordinò: « Non mi venite dietro. Muovetevi quando vi chiamo ». E avanzò sul ponte, si fermò dieci passi lontano.
« Ci sono, eccomi qui », gridò. « Tu chi sei? Sei quella carogna del Santini? D.
Dalla parte del Pignone, lo videro avanti ch'egli aprisse bocca, e le urla, i gridi che si levarono dalla folla, copersero le sue parole. Egli era abbagliato dal riflesso, scorgeva come una fiumana nera, colorata, agitarsi +a capo del ponte, e come ondulare, trattenuta in se stessa, e contemporaneamente, una figura d'uomo, una figura di donna, un'altra donna un altro uomo, ora pareva un ragazzo, cinque, dieci figure avanzare di qualche metro, prenderlo di mira e rientrare di corsa tra la folla. Dei sassi, dei pillori, gli caddero vicino, uno gli sfiorò la testa ed egli fu costretto a scansarsi, mentre nell'incendio sempre più basso del cielo, da quel gesticolare, gli insulti, gli urli, le grida lo subissavano. Egli alzò la pistola e sparò in aria tre colpi. Subito, i suoi camerati, senza ch'egli avesse gridato « A noi! » lo avev[...]

[...]io non gli stai dietro ». Ora incominciavano i secondi dieci minuti, un quarto d'ora che sarebbe sembrato eterno, e poi, « poi da mettersi le mani sugli occhi davvero ».
Stasera vi si concia per le feste », urlò il Pomero.
E Folco: « Ho guardato l'orologio, sappiatevi regolare ».
Ma in quello stesso momento, come da dietro un gran velo di tulle, di caligine, di bruma, uscendo dall'ombra della piazza dove già era calata la sera, e sbucando sul ponte ancora colpito dai barbagli di sole, la gente del Pignone avanzava lentamente, compatta, unita, si sarebbe detto facendosi catena con le mani. Il ponte era largo cinque metri, ed essa lo riempiva, da questo a quel parapetto, dall'una all'altra grata. Erano un centinaio di persone, forse, o poco più, ma cosí strette, affiancate, parevano un esercito, un'armata. Delle donne stavano nelle prime file.
« Carogne, fermatevi », gridò Folco. Si era messo con un ginocchio a terra, per impugnare meglio la pistola e darsi come un riparo. Gli altri lo avevano imitato. « Un altro passo, e si spara ».
Gli rispose, non più il Santini, non lo si vedeva: erano tutti
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e nessuno, che si tenevano ammucchiati: ma un urlo di donna:
«
Assas[...]

[...]:
«
Assassini! ». Si vide un vestito verde agitarsi, e subito venne risucchiato nel gruppo come da uno strattone.
I fascisti ne avevano approfittato per rinculare di qualche passo, e adattarsi in una posizione migliore, sui due lati: Folco, Tarbé e il Pomero davanti; gli altri alle loro spalle e dirimpetto. La folla, come i fascisti si erano fermati, anch'essa si fermi. Su quelle teste si alzavano delle spranghe, dei bastoni. Erano a metà del ponte; e in quel momento il sole dava gli ultimi e più. forti bagliori.
Qui, parti il primo colpo. Né Folco, né il Pomero, né Tarbé avevano sparato, ma dalle loro spalle, « quello basso, tutto nero come la pece ». In piedi, cercando la mira dentro il mucchio, una ventina di metri distante, e col riflesso che l'accecava, egli sparò due, tre volte ancora. Nella folla si apri un varco; tra urli e grida, essa si divise in due file, e sbandò e si sparse verso la piazza donde era partita. Miracolosamente, la metà del ponte rimase vuota; nessuno sotto quei colpi era caduto. Ora, dall'altro capo del ponte[...]

[...]ri.
Qui, parti il primo colpo. Né Folco, né il Pomero, né Tarbé avevano sparato, ma dalle loro spalle, « quello basso, tutto nero come la pece ». In piedi, cercando la mira dentro il mucchio, una ventina di metri distante, e col riflesso che l'accecava, egli sparò due, tre volte ancora. Nella folla si apri un varco; tra urli e grida, essa si divise in due file, e sbandò e si sparse verso la piazza donde era partita. Miracolosamente, la metà del ponte rimase vuota; nessuno sotto quei colpi era caduto. Ora, dall'altro capo del ponte, impugnando i moschetti dei carabinieri, accorrevano i due fascisti rimasti di guardia, e gridavano: « Stanno passando sull'Arno. Ci vogliono aggirare. Guardate, sono sui barconi ».
«Li».
«Li».
«Li».
A un ordine di Folco, la squadra era indietreggiata: protetta dai tralicci del ponte, sparava coi moschetti e i revolver sui barconi. Folco si riparava sul fianco del pilone, quasi accanto al Masi, più che mai spiaccicato contro il suo stabbialo. Il vecchio balbettò, tra l'uno e l'altro scatto dell'otturatore: «Li ho avvistati io, ingegnere. Lora, questi suoi amici, non se n'erano accorti ».
I tre barconi di renaiolo, erano carichi di gente che agitava i pugni e le mazze, facevano manovra per sfuggire alle moschettate e portarsi al largo. Uno fu sul punto di rovesciarsi; si videro tre quattro persone nuotare verso la riva. Anche costi c'erano delle donne; una di esse stava p[...]

[...]i e le mazze, facevano manovra per sfuggire alle moschettate e portarsi al largo. Uno fu sul punto di rovesciarsi; si videro tre quattro persone nuotare verso la riva. Anche costi c'erano delle donne; una di esse stava per precipitare, la sua sottana rossa si gonfiava nell'acqua; la ripresero per i capelli e lei lanciò un urlo
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FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO

che sembrò sovrastare i colpi dei fucili, le grida che si levavano al di là del ponte, sulla piazza. Ma già due dei tre barconi, fatto l'inverso cammino, toccavano la riva del Pignone, la gente saltava sugli argini. Il terzo, si dirigeva verso l'Isolotto, con che in, tenzione ?
« Ingegnere, quelli attraversano l'Isolotto per risalire dalle Cascine », balbettò il Masi. « E intanto, ha visto ? I carabinieri si sono sciolti e sono scappati ».
«Ma va via, lurido anche te! », gli disse Folco; aggiunse terrore alla sua paura. Quindi si diresse verso i camerati, riunitisi a capo del ponte.
Sulle due rive del fiume era tornato il silenzio; il sole era tramontato; il cielo si era fa[...]

[...]l'inverso cammino, toccavano la riva del Pignone, la gente saltava sugli argini. Il terzo, si dirigeva verso l'Isolotto, con che in, tenzione ?
« Ingegnere, quelli attraversano l'Isolotto per risalire dalle Cascine », balbettò il Masi. « E intanto, ha visto ? I carabinieri si sono sciolti e sono scappati ».
«Ma va via, lurido anche te! », gli disse Folco; aggiunse terrore alla sua paura. Quindi si diresse verso i camerati, riunitisi a capo del ponte.
Sulle due rive del fiume era tornato il silenzio; il sole era tramontato; il cielo si era fatto tutto bianco e celeste, e dalla parte della Carraja si vedeva una falce di luna. Su entrambi i lungarni, c'era il deserto; non una persona risaliva le Cascine. Pareva che la città, non incominciasse 11, dietro le prime case, ma mille miglia lontano, come isolata nel suo traffico e nella animazione d'ogni sera. Ora l'orizzonte era pulito; alle ultime luci della sera, vivide e chiare, di primavera, le due fazioni potevano distinguersi nei loro movimenti, attraverso il ponte che nuovamente le divide[...]

[...]e, e dalla parte della Carraja si vedeva una falce di luna. Su entrambi i lungarni, c'era il deserto; non una persona risaliva le Cascine. Pareva che la città, non incominciasse 11, dietro le prime case, ma mille miglia lontano, come isolata nel suo traffico e nella animazione d'ogni sera. Ora l'orizzonte era pulito; alle ultime luci della sera, vivide e chiare, di primavera, le due fazioni potevano distinguersi nei loro movimenti, attraverso il ponte che nuovamente le divideva. Ed ora che pareva tornata la quiete, per un istante, in cotesto istante sarebbe esplosa la tragedia.
" Come non fosse successo nulla ", pensò il Masi. " Non hanno perso né un berretto né un pelo ". Folco stava all'ingresso del ponte, col Pomero accanto e dall'altro lato il fascista tutto pece. E come se soltanto allora lo scoprisse vicino: « Bella prodezza, vero? » Folco gli disse, d'improvviso, accompagnò con due schiaffi, " uno per gota ", le sue parole.
Nessuno si mosse; costui restò come mummificato. Ma subito dopo, fece un passo indietro, la rivoltella in mano: «Toglietevi di mezzo », urlò. « Guarda Malesci, ti fo fare la fine di quello dianzi, sai ? Tieni ».
La rivoltella scattò a vuoto.
« Non c'era nemmeno la pallottola. Le hai tutte sprecate », lo irrise Folco.
« Anch'io », disse il Pomero, « non ho più un co[...]

[...] rischia la pelle, ci si va vicino. Quelli stanno salendo dalle Cascine col barcone, e sulla piazza... ».
« Insomma tu scappi », Tarbé disse.
« Non scappo, non sono mai scappato. Non dubitare che ï conti li regolo anche da me solo. È gente mia, e la voglio vedere con la bocca per terra. A cominciare da stanotte quando tornerò a casa, per tua norma, capito? ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 29
« Ma intanto scappi ».
« Qui non siamo sul ponte di una nave, Tarbé, siamo su un ponte d'Arno ».
«Ma scappi. Scappi davanti a delle pecore ».
«Non sono delle pecore, Tarbé. Sono dei delinquenti. Se ora gli si va incontro, succede una carneficina ».
« Perciò tu li prendi isolati. In tre, in dieci contra una pecora. Così fate la rivoluzione ».
« Basta Tarbé! », urlò Folco. « Se per via del tuo nome tu sei qualcuno, anch'io sono qualcuno, anche mio padre. E la sua roba ce l'ha al Pignone, non alle Cure, capito ? ».
« Io con mio padre non ho rapporti. Ho fatto cinque anni di marina apposta, senza gradi ».
«E io ho fatto... ».
« Ma scappi ». Guarda[...]

[...]pena congedato, Tarbé. Questa é la tua prima azione. Non puoi sapere come stanno le cose », disse Folco.
Tarbé sembrò non sentirlo. Sorrise, " ma con la faccia amara che li disprezzava ". Disse:
« Voglio vedere tra voialtri e loro chi ha più paura ».
Cavò di tasca la pistola e avanti che Folco potesse impedirglielo, sparò due colpi in aria. Fece eco, ai due spari, come un tuono. Essi si voltarono: quella gente era ferma a metâ del ponte. Tanti più di prima, davvero una fiumana. Ora, tra i vestiti delle donne, le giacche, le tute, e giâ il cielo si era come di più illimpidito nella sera, spiccava un giovane, quasi un ragazzo pareva, scamiciato e dalla testa bendata. Quindi si udì la voce dell'uomo che aveva parlato sotto il sole e che Folco aveva chiamato Santini. " Ma questo potrebbe essere anche il Bigazzi ", pensò Masi, bloccato ora, dal nuovo spavento, tra la spalletta e il pilone.
« Non ve ne andate, no? Volete ricominciare ? ».
r





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« Badate che siamo alla disp[...]

[...]a parlato sotto il sole e che Folco aveva chiamato Santini. " Ma questo potrebbe essere anche il Bigazzi ", pensò Masi, bloccato ora, dal nuovo spavento, tra la spalletta e il pilone.
« Non ve ne andate, no? Volete ricominciare ? ».
r





30 VASCO PRATOLINI
« Badate che siamo alla disperazione », gridò una donna.
E ad essa si accompagnarono l'urlio che riempiva l'aria, il tumultuare della folla a mezzo il ponte: le sue sbarre, i bastoni. Il ponte, sotto questo peso, questa agitazione, oscillava sui cavi, " come nei giorni di maggior bufera ".
« Faremo i conti con tutti », gridò Folco. « Anche voi mi conoscete ».
« Malesci, é l'ora di finimola », gli risposero.
« Vieni avanti, se hai coraggio ».
« Vieni avanti, ingegnere ».
« Belva ».
« Iena ».
« Viva Gavagnini ».
Ora, soltanto Folco e Tarbé li fronteggiavano, in piedi tra pilone e pilone; entrambi avevano in mano le pistole. Alle loro spalle, le automobili dei camerati aumentavano, pronte a partire, i giri del motore.
« Vai, Tarbé, monta, io ti vengo dietro ».
« Sicché, vuoi[...]

[...]FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 31
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Liberatosi dalla mano di Folco che lo tratteneva, e impugnando la rivoltella, lui da solo, come aveva detto, Tarbé si era mosso incontro alla folla, aveva superato i piloni, lo stabbialo dove il Masi si faceva pagare il pedaggio, era dieci, venti passi lontano. Lo si vedeva di schiena, la giacca troppo lunga gli ricadeva sulle spalle e sembrava infagottarlo, avanzare lento ma deciso. Folco era rimasto a capo del ponte, pensava che di fronte alla pazzia di Tarbé, ormai, guardargli le spalle da coloro che stavano per aggirarli dalla parte delle Cascine, era il solo aiuto che gli si poteva dare. Nondimeno: « Tarbé! », gridò. « Torna indietro ».
Si era fatto silenzio: nell'aria limpida della sera, non volava una rondine, un moscone; si poteva sentire, lieve, uno sciacquio, l'Arno che urtava contro gli argini, che andava calmo e veloce sotto il ponte, tutto verde ora e via via sempre meno screziato dalla spuma di cui si ricopriva, precipitando dalla pescaja, lá dove, cento metri distante, costeggiava San Frediano e le prime case del Pignone.
« Torna indietro, Tarbé! ».
La voce di Folco, risuonò irata e supplichevole insieme. E la folla, assiepata a meta del ponte, per un momento disorientata, sembrò esplodere nella sua carica di odio, di disperazione. Ancora trattenendosi compatta, si agitò in un mulinare di gesti, di grida, parve fare eco alle parole di Folco.
« Torna indietro ».
« È meglio per te ».
« Non ti ci provare ».
Erano urli che la rabbia stroncava; minacce che la provocazione di Tarbé rendeva tragicamente ridicole. E digià, inumane. Egli avanzava, puntando la rivoltella contro di loro; e sem
pre più gli si avvicinava. Ora venti, trenta passi li dividevano. Egli si trovava a un terzo del Ponte, nemmeno, e nel punto in cui
i cavi si fle[...]

[...]ttenendosi compatta, si agitò in un mulinare di gesti, di grida, parve fare eco alle parole di Folco.
« Torna indietro ».
« È meglio per te ».
« Non ti ci provare ».
Erano urli che la rabbia stroncava; minacce che la provocazione di Tarbé rendeva tragicamente ridicole. E digià, inumane. Egli avanzava, puntando la rivoltella contro di loro; e sem
pre più gli si avvicinava. Ora venti, trenta passi li dividevano. Egli si trovava a un terzo del Ponte, nemmeno, e nel punto in cui
i cavi si flettevano per risalire, dopo la meta giusta, verso gli altri piloni e l'altra riva. Il ponte, come una lunghissima cuna, si stendeva, cosí sospeso ed aereo, in quella luce vespertina, oscillando
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appena dove il peso della folla lo gravava e dove più basse, e nella misura d'uomo, erano le grate che lo cintavano.
« Chi sei? Te non ti si conosce, va' via ».
Egli si era fermata, la rivoltella in pugno. Li vedeva distintamente ora, tutti e nessuno nello stesso tempo. Quelle donne che vedeva, quel ragazzo con la testa fasciata e la benda arrossata di sangue, loro che erano nelle prime file, le donne come gli uomini, più la insultavano e più facevano forza con le spall[...]

[...]lla, come per prendere la mira.
« Sono un fascista. Non vi basta ? E vengo a pigliarvi tutti, da me solo ».
Fece l'atto di puntare la rivoltella; loro non si disunirono ma arretrarono di più questa volta. Si alzarono più intense le imprecazioni e le grida.
« Fuori! », egli intimò. Si portò avanti di un passo ancora,
e agitava la rivoltella. « Tornate a casa, sparite. Io non sono il Malesci, tutti quanti siete non mi fate paura. Sgomberate il ponte
o sparo ».
« Non ti ci provare ». Questo era il ragazzo della benda, piegato in due per trattenere la massa che lo spingeva.
« Ti si brucia vivo », urlò una donna: aveva il grembiule di casa sopra il vestito nero, dei ciuffi grigi le coprivano a metà il viso.
Tarbé si alzò il berretto sulla fronte, e a gambe spalancate, piantato in mezzo al ponte come si trovava, fece il gesto di buttar via la pistola.
« Non ho paura », gridò. " Anche disarmato " non ebbe il tempo di dire.
Nel medesimo istante, forse credendo che Tarbé stesse per sparare, forse con l'intenzione di farlo indietreggiare, o di sal
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targli addosso e batterlo in colluttazione, certo, si poté poi capire, agendo sotto un impulso tutto suo, ma che la folla alle sue spalle non poteva non avergli istigato più della sua ferita, della sua eccitazione, il ragazzo che pochi minuti prima era stato colpito di striscio alla testa dalle rivoltellate del[...]

[...]endo sotto un impulso tutto suo, ma che la folla alle sue spalle non poteva non avergli istigato più della sua ferita, della sua eccitazione, il ragazzo che pochi minuti prima era stato colpito di striscio alla testa dalle rivoltellate del fascista anziano, si gettò su Tarbé come doveva tuffarsi in Arno, ragazzo com'era, dall'alto della pescaja. Lo agguantò alle gambe, lo fece cadere, riuscì a disarmarlo e a gettare la rivoltella al di sopra del ponte, nel fiume. Contemporaneamente Folco vedendo coloro che avevano attraversato il fiume sul barcone risalire l'argine delle Cascine, gli aveva sparato; e d'istinto, per darsi un riparo, era saltato sull'auto, mentre il fascista anziano lanciava la macchina sul lungarno e verso la città. Da bordo, Folco e il Pomero, continuarono a sparare, finché l'auto non scomparve lontano, dietro una voltata.
Sul ponte, la folla, una volta di più sorpresa dagli spari, subito immaginandosi un'imboscata, e che dei rinforzi fascisti la prendessero dai due lati del ponte, impazzita e dalla rabbia e dal terrore, si era sbandata. Il ragazzo lottava ancora con Tarbé che si liberò di lui, si alzò e di corsa cercò scampo dalla parte delle Cascine. Ma già coloro che erano risaliti dall'argine, un attimo intimoriti dalla sparatoria di Folco e del Pomero, ora imboccavano il ponte; e quelli sbandatisi, tornavano indietro correndo, per cui Tarbé si trovò preso lui ora, e solo, tra i due gruppi della gente del Pignone che gli si avvicinavano. Non più donne o uomini, vecchi, ragazzi, ma esseri al di fuori di se stessi, scatenati.
Egli si mise di spalle contro la grata, il parapetto del fiume gli arrivava all'altezza della vita, alzò le braccia come per arrendersi; ma da una parte e dall'altra, i due gruppi convergevano su di lui, gli furono sopra: ora il suo corpo ondeggiava sulle loro teste e precipitava sotto i loro colpi, i loro pugni, gli sputi, le bastonate. Lo soll[...]

[...]mucchiandosi su di lui, e tra loro. " Sembrava impossibile non l'avessero bell'e dilaniato ". No, non ancora. Così ridotto, la faccia insanguinata, senza più giacca, senza più berretto, i capelli come spiaccicati, e la camicia a brandelli, i pantaloni su cui incespicava, " lo si vide spuntare di mezzo alla bu
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riana " e correre davanti a tutti, raggiungere la grata dalla parte più bassa, rovesciarsi sul traliccio, " mezzo sul ponte, mezzo sporto sul fiume, e poi sparire ". Si pensò fosse cascato in Arno, poteva essere la sua fortuna; l'altezza era molta, ma lui era un marinaio, avrebbe nuotato.
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Dopo, tutto ci() che si disse, malgrado le contraddizioni delle diverse testimonianze, ciascuna diversamente interessata, e per la complicità come per le intimidazioni, le omertà, i timori, fu tutto vero. Come nessuno confessò mai di essersi trovato sul ponte, quella sera, così non si riuscì ad identificare nemmeno una ch'è una delle persone che avevano preso parte al linciaggio, senza che non sorgessero comunque dei dubbi, delle perplessità, dei casi di coscienza, delle cieche persuasioni. Anche questo a suo modo, fu vero. Non erano, dei cento o duecento quanti erano, tante singole persone; ma una folla che nella propria disperazione, nel proprio odio, e nella ferocia con cui si era scatenata, esaltava se stessa e insieme si annullava. Infierendo sul fascista caduto tra le sue innumerevoli mani, mentre si accaniva su di lui che da solo la aveva a[...]

[...]e singole persone; ma una folla che nella propria disperazione, nel proprio odio, e nella ferocia con cui si era scatenata, esaltava se stessa e insieme si annullava. Infierendo sul fascista caduto tra le sue innumerevoli mani, mentre si accaniva su di lui che da solo la aveva affrontata, proprio lui era il solo dei suoi nemici che inconsapevolmente essa riscattava.
" Come un fantoccio, invece ", si era girato su di sé, era sci volato fuori dal ponte, e chissà per quale forza disperata, si era. aggrappato ai ferri della grata, poi in quel po' di spazio che c'è tra la grata e l'impiantito del ponte. Casti era di legno, tutto scheggiato, si doveva fare male ma faceva più presa. La folla, vedendoselo sfuggire, non potendo più raggiungerlo se non arram picandosi sul parapetto e di lassù cercare di colpirlo coi bastoni, lo forzava coi piedi. Egli era penzoloni dal ponte: sotto di lui,. nove dieci metri, scorreva il fiume; e si teneva, ormai morto: o per via di un irrigidimento che non corrispondeva a nessuna legge naturale: con le mani disperatamente aggrappato. «Chiamava la mamma; e quelle donne, quegli uomini, forse soltanto un paio,
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forse una diecina, ma come se fossero stati centomila, gli pestavano le mani ». Lo colpivano « coi bastoni sul capo », dall'alto della grata.
Così, prima una mano, poi l'altra, centimetro per centimetro, il tempo parve millenni, egli abbandonò l'orlo dei tavolato, e senza un grido, precipitò ne[...]

[...]ma come se fossero stati centomila, gli pestavano le mani ». Lo colpivano « coi bastoni sul capo », dall'alto della grata.
Così, prima una mano, poi l'altra, centimetro per centimetro, il tempo parve millenni, egli abbandonò l'orlo dei tavolato, e senza un grido, precipitò nel fiume. « Andò giù ritto come si trovava »; l'Arno sembrò aprirsi e rinchiudersi. E la gente, non ancora paga, ma sempre più riducendosi le sue file, corse ai due capi del ponte, discese sugli argini, per vederne la fine. Qualcuno era saltato sui barconi e spingeva sotto al ponte. Per un momento, ed era ormai sera, ci fu un silenzio, questa volta pauroso, ossessionante. Il corpo non era riaffiorato. Già costoro forse si guardavano negli occhi, « gli tornava l'uso della ragione », quando da uno dei barconi sul fiume, si alzò un urlo, un grido:
« Eccolo là! Vuole scappare! ».
Alle ultime luci della sera, sotto il chiarore lunare, si vide, rasente l'argine delle Cascine, apparire il corpo di Tarbé, «morto, certo, galleggiava, ma davvero sembrava che nuotasse e intendesse scappare dalla parte dell'Isolotto ». Lo raggiunsero, e quelli che stavano sull'argine, e quelli ch[...]



da Alberto Caracciolo, A proposito di controllo e democrazia operaia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...] controllo.
Ciò che comunque resta fisso, anzi deve restare fisso se non si vuole far perdere a queste istanze ogni significato, é la ripulsa delle concezioni non democratiche del partita e del sindacato. Dacché negli ultimi tempi si é tornato a parlare di controllo, abbiamo visto più di un tentativo di trasformare questa proposta in un mero fatto di competenza parlamentare: così, ci sembra, nello spirito di un articolo di Ferruccio Parri sul « Ponte » e così — non stupisca l'ac
A PROPOSITO DI CONTROLLO E DEMOCRAZIA OPERAIA 95
costamento — in alcune note di Paolo Spriano sull' « Unità ». Il controllo in tal modo, si trasforma in una richiesta legislativa, se non addirittura in una semplice delega di maggior poteri a qualche « comitato prezzi » ministeriale.
Evidentemente non è questo che ci può interessare, così come non dice nulla una verbale ripetizione di amore per la democrazia diretta da parte di qualche gruppo il quale, come « Tempi moderni », la vede poi incarnarsi in personalità del radicalismo o della sociologia cristiana o am[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Ponte, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Così <---Storia <---comunisti <---ALBERTO CARACCIOLO <---Agli <---Alta Italia <---Ammannati <---Andò <---Badate <---Bande Nere <---Basta <---Bellosguardo <---Belva <---Bestemmiò <---Bigazzi <---Bolli <---Bronzino <---Buffalo Bill <---Buondelmonte <---Buozzi-Mazzini <---C.L.N. <---CLNAI <---Caprera <---Carogne <---Carrìa <---Casa del Popolo <---Cascine <---Case del Popolo <---Cecoslovacchia <---Ci hanno preso sempre alla sprovvista <---Cinquantanove <---Ciò <---Colonia Florentia <---Come <---Consigli di Gestione <---Contemporaneamente <---Cosa <---Cosimo I <---Cotesta <---Crollò <---Cure <---D'Annunzio <---Dai Ciompi <---Davanti <---Dei <---Del resto <---Dietro alla porta ce ne saranno altrettanti <---Diglielo <---Dinamica <---Dio <---Diritto <---Dupont White <---Fascio del Pignone <---Ferruccio Parri <---Fiamme Nere <---Folco Malesci <---Fonderia <---Fonderia del Pignone <---Forza <---Frescobaldi <---Gavagnini <---Gian Gastone <---Girate dalla Carraja <---Già <---Grassa <---Guarda <---Il Consiglio <---Ingegnere <---Jugoslavia <---La Nazione <---Lasciami <---Legnaj <---Legnaja <---Lelio Basso <---Lenin <---Leopoldo di Lorena <---Liberatosi <---Libertini <---Logica <---Longhi <---Luciano Cafagna <---Marx <---Masi <---Mediana <---Mi pare <---Michele Lando <---Miele <---Misericordia <---Mondo Operaio <---Mugnone <---Muovetevi <---Murate <---Mutuo Soccorso <---Mutuo Soccorso tra gli Operai del Quartiere del Pignone <---Nave a Rovezzano <---Nei q taiirc <---Nicola Bombacci <---Noi <---Nord e Sud <--- <---Ogni <---Operai del Quartiere del Pignone <---Pablo Neruda <---Panzieri <---Paolo Spriano <---Partito <---Pensatela <---Per Spartaco Gavagnini <---Perché <---Pignone <---Più <---Pochi <---Podestà dei Fiorentini <---Ponte Vecchio <---Porta <---Porta Romana <---Pratica <---Presto <---Quartiere di Rifredi <---Quartieri <---Questione di minuti secondi <---Qui <---Ricorderò <---Ridotto <---Rifredi <---Rodolfo Morandi <---Rubaconte da Mandell <---Salvestro dei Medici <---San Fredia <---San Frediano <---San Niccolò <---San Pancrazio <---Santa Trinita <---Sarà <---Savoja <---Sei <---Sett& <---Sociologia <---Spartaco Gavagnini <---Stato <---Statuto <---Sull'Arno <---Sulla <---Taddeo Gaddi <---Tarbé <---Tempi <---Tiranni <---Toglietevi di mezzo <---Topografia <---Tre Tre <---Trespiano <---Unione Sovietica <---Unità <---Venuti <---Voglio <---abbiano <---antifascista <---antifascisti <---anziane <---attivisti <---bolscevismo <---burocratismo <---capitalismo <---centesimi <---centralismo <---collaborazionismo <---comunismo <---comunista <---conformismo <---conformiste <---conservatorismo <---cristiana <---d'Arno <---d'Azione <---d'Italia <---d'Ognissanti <---dell'Anconella <---dell'Antonella <---dell'Arno <---dell'Europa <---dell'Impresa <---dell'Isolotto <---democristiano <---diano <---dinamismo <---economisti <---egalitarismo <---fascista <---fascisti <---gramsciani <---gramsciano <---ideologico <---immobilismo <---incominciano <---individualismo <---industrialismo <---interventismo <---italiana <---italiani <---laburista <---lanciano <---leniniani <---leninista <---marxiana <---marxista <---mercantilismo <---nell'Italia <---nell'Unione <---nisti <---prefascismo <---radicalismo <---riana <---rilasciano <---ruffiani <---ruffiano <---sbucciano <---settarismo <---siano <---socialismo <---socialista <---socialiste <---socialisti <---sociologia <---stalinista <---sull'Arno <---tatticismo <---tecnologico <---trotskisti <---utopisti <---vogliano