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da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...] rovescio anche quelle; come la gente; come la vita; come tutto! »
Fuori, intanto, le poche gocce cui i razzi avevan permesso di cadere venivan giù grosse, lente e sfiatate.
Per esse che si schiacciavano, parte sul davanzale, parte sui vetri, più che pietà, la. Redenta provava una specie di rabbioso rancore; insomma, adesso, nemmeno il cielo, nemmeno quello, era più in grado di ribellarsi! Ma allora meglio il diluvio, meglio la fine del mondo. Perché vista la strada su cui s'era messa, dove poteva finire l'umanità se non in una casa di cura? Una « Villa Fiorita » grande quanto bastava per farci star dentro il mondo intero; e loro, quelli dei governi, dei razzi, dei dischi e delle bombe, per primi!
Un ciac; un breve silenzio; poi un altro ciac; come se, invece che di gocce d'acqua, si trattasse di mosche che una mano scagliava da chissà dove perché andassero a schiacciarsi sulla terra.
La minestra da fare; il pezzo di fesa da battere... La Redenta lo guardò un'altra volta starsene li, sul tavolo, e un'altra volta avverti la sensazione di paura e di schifo che sempre provava davanti alla carne in genere e alla polleria in particolare: « carne a mezzogiorno e carne alla sera — si disse — Sempre carne 'sto scapolo d'uno scapolo! Come se non sapesse che metà della gente, a furia di arteriosclerosi e pressione alta va a finire a morir d'infarto! Coi duecento e più che ha! »
Lo scapolo era il fratello, quello con cui aveva vissuto fin li e [...]

[...]paura e di schifo che sempre provava davanti alla carne in genere e alla polleria in particolare: « carne a mezzogiorno e carne alla sera — si disse — Sempre carne 'sto scapolo d'uno scapolo! Come se non sapesse che metà della gente, a furia di arteriosclerosi e pressione alta va a finire a morir d'infarto! Coi duecento e più che ha! »
Lo scapolo era il fratello, quello con cui aveva vissuto fin li e con cui avrebbe forse vissuto fin alla fine; perché l'idea che il Luigi si decidesse a prender moglie alla bell'età di quarantacinque anni, non riusciva a persuaderla; questo anche se di tanto in tanto l'argomento dei loro discorsi cadeva proprio sulla relazione che il fratello, già da quattro anni, aveva con la sarta. Una sarta per po
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vera gente, naturalmente; anche se poi faceva di tutto per mettersi alla moda, copiando e ricopiando i figurini di cui eran piene le riviste che comprava; « Grazia »; « Foemina »; e certe volte « Vogue »; dato che, come diceva, anche il gusto delle operaie adesso si volta verso Parigi.
Quella[...]

[...]mbra di timore, come se preparandola prima e mettendosela tra i denti poi, sentisse chissà che eccessi di somiglianza con la carne umana; fesa, manzo, filetto; tutto uguale; per non parlar di quand'era il fegato che si trovava tra mano. Quel color cupo, quel sangue violastro, quei nervetti! Del resto tutto quel carname cominciava a farle schifo, dal momento in cui se lo vedeva là, ammassato e penzolante dalle vetrine e dalle pareti del negozio.
Perché, in definitiva, il giorno in cui i capi, i padroni, si fossero decisi a dar sfogo a tutto il loro progresso e a tutta la loro umanità, a cosa si sarebbe ridotto il mondo, se non a una macelleria?
Un'altra scarica di razzi s'alzò, in quel momento contro il cielo per dissipare, all'incirca sopra le ortaglie del Pero, un grumo di nuvolaglie, più cupo e più minaccioso degli altri.
Allora la Redenta strinse le labbra tra i denti. Perché già, a sentir certi consigli lei, davanti a quei colpi, avrebbe dovuto pensar a tutto tranne a quell'altra macelleria che era stata la guerra e a ciò che in quella macelleria lei aveva visto, passato e provato; a tutto, tranne alla scarica con cui, fronte albanese, ventitrè novembre, il suo Andrea gliel'avevan fatto fuori senza preavvisi, né niente: un povero corpo crivellato (almeno per quel che era riuscita a immaginare); e dappertutto sangue, sangue che veniva giù sulle braccia, sul ventre; in mezzo alla neve che quel giorno i padroni del mondo avevan lasciato cadere, forse perché di pensa[...]

[...] guerra e a ciò che in quella macelleria lei aveva visto, passato e provato; a tutto, tranne alla scarica con cui, fronte albanese, ventitrè novembre, il suo Andrea gliel'avevan fatto fuori senza preavvisi, né niente: un povero corpo crivellato (almeno per quel che era riuscita a immaginare); e dappertutto sangue, sangue che veniva giù sulle braccia, sul ventre; in mezzo alla neve che quel giorno i padroni del mondo avevan lasciato cadere, forse perché di pensar a quelle cose non avevan avuto né la calma, né il tempo; neanche si fosse trattato d'un cane. E da allora, naturalmente, per lei, il capitolo uomini s'era chiuso e chiuso per sempre. Figurarsi, col carattere con cui era venuta al mondo, poi!
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Si e no un respiro, ed ecco un lampo più lungo degli altri saettar giù dalle nubi e lacerar i vetri della casa; nell'interno le stanze parvero incendiarsi; subito dopo, il tuono prese a correr nel cielo per perdersi poi in una catena di brontolii, là, oltre l'orizzonte.
Chiusa dentro la sottana della madre, la Lisetta si s[...]

[...] quando le capitava di veder dei film che, di guerra, di morti e di massacri, parlavan dal principio alla fine; neppur quando di guerra, di morti e di massacri le parlava la televisione del bar di Via Zoagli o quella, che una sera andava e tre no, dei Meroni. E men che meno, quando, a furia di girarsi attorno, volente o nolente, l'occhio fi
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niva col caderle sulla fotografia; non quella che l'Andrea le aveva mandato dal fronte, perché quella tra lacrime e bestemmie lei l'aveva ridotta in pezzi poche ore dopo aver avuto la notizia; ma quella fatta tre o quattro mesi prima del richiamo; quella che lo rappresentava negli abiti borghesi, negli abiti della gente libera e civile, ecco. Perché, delle divise, degli elmetti, delle fasce, degli scarponi e di tutto quell'armamentario, lei non voleva vedersi attorno neppur più l'ombra; tanto le odiava le divise, gli elmetti, i richiami, i reggimenti, i gruppi, i comandi, i precetti e i non precetti! « Hanno un bel pari! Dato che poi a me, tanto per dir tutto, la pensione, a darmela, non ci pensa nessuno... »; infatti, quando gliel'avevan ammazzato, lei del suo Andrea era appena la fidanzata e quindi ufficialmente, sia al Comune, sia al Ministero, non risultava niente di niente.
Striminzito, il pezzo di fesa continuava a starle davanti,[...]

[...]ecetti! « Hanno un bel pari! Dato che poi a me, tanto per dir tutto, la pensione, a darmela, non ci pensa nessuno... »; infatti, quando gliel'avevan ammazzato, lei del suo Andrea era appena la fidanzata e quindi ufficialmente, sia al Comune, sia al Ministero, non risultava niente di niente.
Striminzito, il pezzo di fesa continuava a starle davanti, quasi fosse il simbolo di ciò cui, dài e dài, l'intera umanità, prima o poi, si sarebbe ridotta.
Perché se lei aveva i nervi che aveva; se, otto ore su ventiquattro, si sentiva il cerchio alla testa che si sentiva, un cerchio che certe volte non c'era Kalmine, non c'era Saridon che riuscisse a farglielo passare; se aveva tutto quello e, come soprappiù, la prospettiva di finir i suoi giorni in qualche ricovero, Baggina o no che fosse, purché non di quelli tenuti dalle suore, dato che le suore a lei davan ai nervi... Nervi le suore, nervi i razzi, nervi la carne, nervi tutto! Un bisogno di ribellarsi; un bisogno di sputar su tutto e tutto maledire. Già, ma in che maniera, se non aveva poi la forz[...]

[...]el figlio e del nipote che l'avrebbero preso, uno dalle spalle, l'altro dai piedi, e gli avrebbero fatto cambiar posizione; tutto il suo piacere, durante la giornata, consisteva in quei tre o quattro cambi, coi quali i suoi muscoli sembravano andar ogni volta a posto, come se ogni volta si sistemassero per sempre. Quanto alla pulizia, gliela faceva la nuora, essendo troppo giovane la nipote per mettersi in quei lavori; lavori delicati, non tanto perché riguardavano un corpo trafitto da una serie senza fine di punture e tutto dolente di stanchezza e di mali, quanta perché lui era pur sempre uomo e la nipote, donna.
« Quant'è che manca alle cinque e mezza, Ernesta? » — disse con un tono di voce che l'aspetto avrebbe fatto sospettar più lieve e che riuscì invece a vincere il brontolio del tuono.
« Cosa ? » — rispose dalla cucina la nuora.
« Ho detto quant'è che manca alle cinque e mezza ».
« Le cinque e mezza son adesso » — fece la donna.
Le cinque e mezza era l'ora in cui, con la puntualità d'un meccanismo d'orologeria, figlio e nipote rientravan dal lavoro.
« Allora fra poco saran qui » — si disse il vecchio, pregustando il sollievo che l'imminente cambi[...]

[...] l'intero universo stesse per disfarsi; e lo seguiva con la speranza e col desiderio di poter scorgere nel mezzo, qualche goccia talmente grossa e pesante da non esser più pioggia, ma finalmente grandine, tempesta.
« Parole, improperi, bestemmie... — continuò a pensare, men
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tre la faccia le veniva rischiarata dai bagliori dei lampi — E per cosa? Per un po' di merda su un manifesto...; «siete stati di certo voi! »; « ah, perché noi saremmo così scemi da venir a fare queste cose, qui, in casa nostra? »; « e allora? »; « è la gente! E' l'odio che han tutti per voi che vi siete venduti ai preti e ai padroni! »; «e voialtri, allora? Dei senzapatria! Dei senzadio! Ecco cosa siete! Dei venduti all'inferno! »; un po' che questo tempo va avanti — comment() allora la Redenta — e me la contate dove andran a finire i vostri manifesti! »; spiaccicati per terra o contro i legni che, nell'orto, sostenevan le piantine dei pomodori, alcuni pezzi di carta si mostravan infatti, qua e lá, pronti a farsi definitivamente distruggere dal[...]

[...]ha fatto venir giù più di mezzo... ».
Il davanzale si mostrava infatti sfracellato per un buon terzo; sull'alto dello stipite poi, un buco, ben piú grande di quelli che i mitragliamenti aerei avevan lasciato su tutta quanta la facciata, si mostrava così aperto da parer una ferita.
« E' partito anche il gancio... » — fece l'Enrico.
« Allora in un posto o nell'altro dovremmo trovarlo... » — disse il Remigio, riportando gli occhi a terra.
«Già, perché se lo si trova ci servirà a tanto! » — commentò il Tino, che cominciava a sentirsi insoddisfatto di quel temporale avvenuto solo a metà.
« L'ho detto tanto per dire... » — fece il Remigio.
Fu proprio allora che nel cielo s'udì correre un nuovo brontolio; esso andò dilatandosi, soffocato, per tutto l'orizzonte poi, piano piano, si perse nel niente. Intanto la luce aveva continuato ad allar garsi e una pioggerellina lieve, lieve, aveva preso a scender giù dalle nubi che, in quel modo, dimostravano di non voler cedere il cam po tanto facilmente.
« Ma cos'è che sta succedendo? — fece il Franco[...]

[...] stanza che avevano, la più umida, senza luce e senz'aria della casa; dei buchi ecco, non delle stanze; dietro di loro, la sorella del Luciano, quella che lavorava alla S.I.R.C.A. e che, in definitiva, era una delle poche donne del fabbricone con cui senza scambiar parola, riusciva a esser quasi sempre d'accordo; poi il Luigi, almeno se non era andato anche quella sera dalla sarta; e alla fine, dopo tutti gli altri, ma così, senza nessun orario, perché il lavoro lui lo trovava nei momenti più strampalati, il Luciano, quel povero bastando d'un boy, verso il quale tuttavia, assieme alla ripugnanza, una certa simpatia non é che lei non la sentisse...
Una mano appoggiata al davanzale, l'altra che le sosteneva la testa, gli occhi di volta in volta fissi su ciascuno di loro come se di ciascuno volesse capir tutto: cose andate bene e cose andate male; gioie e dolori; difficoltà e segreti; tutto quel che, insomma, durante il giorno gli era capitato o stava per capitargli.
Quella sera però, prima di sistemarsi in quel modo, la Redenta tornò sulla [...]

[...]attrappito, ma d'un rosso cupo, spiccava dentro ìl biancore del piatto, andò all'armadio, prese una fondina e in gran fretta lo copri.
«
Remigio! — gridò nello stesso momento la Balzani, affacciandosi alla finestra della stanza — Vieni, sù! Vieni sù, che devi finir i compiti... »
II
« Andate piano... — implorò il vecchio — per carità, piano ».
Figlio e nipote non avevano ancor finito d'entrare, che l'Oliva li aveva già chiamati nella stanza perché venissero a fare quel che lui aveva atteso lungo tutto il pomeriggio. Premurosi come sempre, i due s'era avvicinati al letto e avevano tirato indietro prima il piumino, poi le coperte, quindi il lenzuolo.
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Al contatto dell'aria, quel mucchio d'ossa, di cui la camicia da notte nascondeva tutto fuorché il gonfiore molliccio del ventre, aveva avuto un tremito tra di freddo e di sollievo, proprio mentre attorno si diffondeva, pesante ed acre, l'odore dell'essudazione e dell'orina.
« Ecco, così va bene... » — disse il vecchio.
Allora il nipote, che per eseguir meglio la mano[...]

[...] il nostro è un partita che s'è sempre chiamato democrazia... » — disse, riprendendo a parlare con la sua solita calma, il Luigi.
« Ah, democrazia! — ribatté il vecchio che s'era completamente dimenticato di quel che, poche ore prima, gli aveva suggerito l'arcobaleno apparso nel cielo; in quello stesso momento un gru
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mo di catarro cominciò a rendergli pesante e faticosa la voce — Democrazia si, ma per gli altri! Democrazia perché 'sti maiali possan propagandare con tutti i mezzi le loro teorie e il loro marcio! Quando poi tocca a noi, allora civiltà, bontà, carità... Si, altro che bontà, civiltà e carità, vigliaccheria! Vigliaccheria, che un giorno o l'altro potrebbero rinfacciarci tutti, preti e non preti! Vigliaccheria e, insieme, paura! Paura di prender una decisione che li sistemi una volta per sempre. Già, ma voi — fece, dopo essersi liberato da quel grumo di catarro, sputando in un fazzoletto che rimise subito sotto la pigna dei cuscini — che colpa potete avere, voi? E' il governo che ha colpa; il governo che st[...]

[...]perder quel che, in definitiva, è il nostro carattere ».
« La galera; ecco quello che ci voleva — cominciò a borbottar il vecchio — La galera... » — ma lo borbottò talmente piano da far credere che, o avesse paura d'esagerare, o volesse tener tutta per sé la goia con cui la fantasia gli mise davanti la scena dei Villa ch, ammanettati, la testa bassa, se ne uscivano, uno dietro l'altro, dal fabbricone; e che ci sputassero sopra tutti, santo dio! Perché poi, quand'è il momento, la religione la si deve difendere con le spade e le forche! Se la si vuol difendere!
« Insomma, ho capito: abbiam fatto i conigli un'altra volta; un'altra volta, un altro manifesto. E' vero che è cosí? Un altro manifesto che proclami a tutti quel che loro han fatto; un altro manifesto dove, a un certo punto, dovrebbe esserci scritto merda e merda invece, la nostra democrazia, non ci permette di scriverlo. E', o non è così? »
« Ma, nonno, cerca di capire... ».
« Il vero guaio, cari miei, è che io non posso più muovermi perché, se potessi saltar giù, vi farei veder i[...]

[...]endere!
« Insomma, ho capito: abbiam fatto i conigli un'altra volta; un'altra volta, un altro manifesto. E' vero che è cosí? Un altro manifesto che proclami a tutti quel che loro han fatto; un altro manifesto dove, a un certo punto, dovrebbe esserci scritto merda e merda invece, la nostra democrazia, non ci permette di scriverlo. E', o non è così? »
« Ma, nonno, cerca di capire... ».
« Il vero guaio, cari miei, è che io non posso più muovermi perché, se potessi saltar giù, vi farei veder io come si fa a farla fuori
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con quei porci. I pugni, ci vogliono, altro che i manifesti! I pugni! — cosi dicendo il vecchio aveva sollevato da sotto le coperte la mano destra e stringendo il rosario l'andava mostrando al figlio e al nipote — Poi, con comodo, ma con comodo, il resto... » — concluse, lasciando ricader il braccio sulle coperte.
La rabbia e l'agitazione gli avevan fatto uscir sulle tempie, sotto le narici e tutt'attorno la testa ed il collo, un velo gialliccio di sudore.
« Calmati papà ».
« Te l'abbiamo detto fin da pri[...]

[...]re. — Ma seconda me, un po' di comunioni in meno e un po' di coraggio in piú, domineddio li vedrebbe volentieri »...
A quelle parole l'Oliva padre e l'Oliva figlio si fissaron un momento, presi da un'uguale, duplice impressione, che era di stupore, da una parte, e di compassione, dall'altra; stupore per la forza e la violenza che il vecchio, malgrado gli anni, dimostrava e che forse, sotto sotto, avrebbero voluto aver anche loro; e compassione, perché quello strano modo di concepir la religione e la fede non poteva essere causato che dalla vecchiaia.
Nella realtà le cose stavan diversamente; fin dalla giovinezza, infatti, la molla che aveva sostenuto la spirito del vecchio Oliva era stata l'idea del cristianosoldato e del vangelospada, rivoltella e cannone; e fin da allora lui aveva puntato tutto su li; « dico, dato che il sangue nelle vene e la voglia di menar botte, non può avermele date che domineddio... ».
Era dunque stato lui il primo a stupirsi che, di tanto ardore,
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nel figlio non fosse passata che l'ombra; pr[...]

[...] troppo remissiva, ecc. E fin quando si trattava d'una donna, anche negli eccessi, quella virtù poteva considerarsi un vantaggio, ma quando si trattava d'un uomo...
Non l'aveva mai sfiorato il dubbio che, ove la moglie non fosse stata quel che era, a volare in casa non sarebbero state le avemarie, ma i piatti e, forse, le bestemmie.
Sperare e sperar fin in fondo, l'aveva fatto invece la giovinezza del nipote, almeno fin al ritorno da militare, perché da allora in poi, contrariamente a quel che era logico supporre, il Luigi s'era tutto raccolto in sé; un prete, ecco; ma un prete di quelli che, vedendoli, si dice « fossi in Sua Eminenza quello li lo manderei a far il cappellano in un istituto di suore ». Il terza Reggimento Artiglieria da Campagna, il quinto gruppo, Salerno, Nocera Inferiore e S. Maria Capua Vetere, invece di rafforzarlo e restituirglielo uomo fatto e finito, l'avevan slavato e rannicchiato; neanche fosse stato a far il servizio in una casa d'esercizi spirituali! Cose sante e strasante, ma che non potevan rimpiazzar tutto! [...]

[...]uor dalla bocca del capo e dal microfono che aveva davanti, e inondar il mondo, la forza di saltar già dal letto, andar alla finestra, sporgersi e gridare: « Anticristi! Maiali! », lui l'aveva trovata. E non fa niente, che, poco dopo, nella bordata di fischi che aveva accolto le sue invettive, avesse avuto un collasso, crollando a terra prima che figlio e nuora, i quali se n'eran stati a soffrir impotenti attorno al tavolo, potessero accorrere.
Perché poi il nipote leggesse tanto (oltre ai libri di pietà, al « Popolo » e all'« Italia », c'eran infatti i periodici di partito e i volumi che prendeva in prestito, due volte al mese, alla biblioteca del Circolino e a quella dell'Oratorio) lui, dati i risultati, non riusciva proprio a capirlo; questo a parte l'imbruttirsi continuo della cera che, non fosse stato d'una razza nella quale i settanta li avevan passati tutti, e passati quasi sempre a cavallo, c'era da sospettare che, ad andarci di mezzo, sarebbe stata la salute. Ma il giorno che, dalle conferenze, dai libri, dai giornali e dai manife[...]

[...]ratorio) lui, dati i risultati, non riusciva proprio a capirlo; questo a parte l'imbruttirsi continuo della cera che, non fosse stato d'una razza nella quale i settanta li avevan passati tutti, e passati quasi sempre a cavallo, c'era da sospettare che, ad andarci di mezzo, sarebbe stata la salute. Ma il giorno che, dalle conferenze, dai libri, dai giornali e dai manifesti avesse dovuto passar a pugni, come se la sarebbe cavata con quei bestioni? Perché già, quellilà eran tagliati giù con l'accetta! E anche questa era una cosa che lui non riusciva a capire; vero che, per averli fatti così, il padreterno doveva aver avuto le sue ragioni, ma, lui come lui, al suo posto, i cristiani li avrebbe messi insieme con un po' più di nerbo e di spina dorsale. Dato però che eran quel che erano, una bella iniezione di coraggio ogni mattina non gliel'avrebbe lasciata mancare.
Guardassero lui, lui che non c'era colica, non bronchite, non collasso che riuscisse a stroncarlo. E quello cos'era ? Volontà di Dio, certo, ma anche volontà sua.
« Be', allora vuol[...]

[...]i che non c'era colica, non bronchite, non collasso che riuscisse a stroncarlo. E quello cos'era ? Volontà di Dio, certo, ma anche volontà sua.
« Be', allora vuol dire che vedremo, anzi vedrete 'sti nuovi manifesti... » disse il vecchio al figlio e al nipote che, imbaraz
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zati dal suo modo d'agire, avevan continuato a starsene 11, in silenzio; e questo lo disse poco prima che, dalla cucina, l'Ernesta chiamasse i due uomini perché, in tavola, la minestra era pronta.
« Per me vi dico che non fan bene, ma benissimo », gridò il Carlo, alzando il bicchiere e trangugiando quel che, di vino, era rimasto. Poi, presa da destra una michetta, si diede a mangiarne, uno dopo l'altro, alcuni bocconi.
« Almeno a furia di farceli vedere da tutte le parti, la gente capirà che é ora di farla finita... — aggiunse; quindi, quasi volesse concludere. — Questo a parte che, con la libertà, vorrei vedere che non si potesse stampar quel che si ha voglia. La bocca, 'sto governo di preti, ce la chiude già abbastanza... ».
« Dove ha interesse.[...]

[...]altro, alcuni bocconi.
« Almeno a furia di farceli vedere da tutte le parti, la gente capirà che é ora di farla finita... — aggiunse; quindi, quasi volesse concludere. — Questo a parte che, con la libertà, vorrei vedere che non si potesse stampar quel che si ha voglia. La bocca, 'sto governo di preti, ce la chiude già abbastanza... ».
« Dove ha interesse. Ma su queste cose qui, cosa credi che gli importi di lasciarcela aperta ? ».
« S'illude! Perché questo é un veleno che prima o poi smangerà tutto e tutti, e loro per primi. Ce le faccian vedere dalla mattina alla sera 'ste facce di rammolliti; ce le faccian vedere 'ste feste, 'sti scandali, 'ste fuoriserie! Va tutto bene, tutto benissimo! Così, panda non ne potremo piú, andremo a prenderli e gliele butteremo in faccia, una per una, 'ste loro porcate! — adesso il Carlo aveva in mano una forchetta e la fissava unta e sporca come era; quando poi l'ebbe rimessa sul tavolo, aggiunse — E a me, tanto per dir tutto, non é che faccia molto piacere che l'Antonio, con la scusa della box, ci giri i[...]

[...]! Va tutto bene, tutto benissimo! Così, panda non ne potremo piú, andremo a prenderli e gliele butteremo in faccia, una per una, 'ste loro porcate! — adesso il Carlo aveva in mano una forchetta e la fissava unta e sporca come era; quando poi l'ebbe rimessa sul tavolo, aggiunse — E a me, tanto per dir tutto, non é che faccia molto piacere che l'Antonio, con la scusa della box, ci giri in mezzo, a tutti quei delinquenti... ».
« Ma l'Antonio lo fa perché é necessario » — disse la madre.
« Sarà! Ma non vorrei che con le loro sirene lo rammollissero ancor più di quel che é. Non sembra neanche più dei nostri! — ribatté il Carlo subito dopo — Si, si, l'orgoglio d'esser campione, l'orgoglio d'esser primo... Figurarsi se queste cose non le capisco! Ma non vorrei che per quello facesse passar in seconda linea l'altro orgoglio, quello d'esser uno di noi, un operaio; e un operaio che suda e fa fatica dalla mattina alla sera. Provate a domandargli se, tra un match e una riunione al Circolo, sceglie la riunione. E poi, quel che m'impressiona, son le ma[...]

[...]ssi, da un po' di tempo, tutti i giornali e tutte le riviste, settimana per settimana, stavan facendo, era finita quasi subito nelle mani del Carlo il quale, oltre a dir in proposito la sua, aveva dimostrato fin dall'inizio d'aver bisogno di piegarla verso quel che, assente com'era l'Antonio, gli sembrava il caso di denunciar chiaramente alla famiglia; la piega, cioè, che il fratello stava prendendo.
«Adesso, sentite, intanto che lui non é qui, perché anche stassera poi, a mangiar fuori, chissà in mezzo a che gente sarà... Lo sfruttano per i muscoli! Muscoli che gli avete messo addosso tu e lei, prima facendolo venir al mondo, poi lavorando come cani per tirarlo grande... ».
« Ha ragione — disse la Liberata, intervenendo per la prima volta, con la sua voce dura e impietosa — Nella nostra famiglia cose del genere non dovrebbero succedere ».
« Ma cos'è che é successo, infine? — gridò la madre — E se per caso fosse in grado di sfruttarli? ».
« Sfruttarli, si, sfruttarli ».
« Oh per quello potete star certi; l'Antonio non é certo il tipo c[...]

[...] E poi — aggiunse il Carlo, dopo una certa esitazione — non si dice tanto, ma avvisar prima te, lei, me... Va be' che é maggiore, ma lo sa bene anche lui che in queste cose son molto piú pratico io ».
« In queste cose e in tutto » — disse, intervenendo per la seconda volta, la Liberata.
92 GIOVANNI TESTORI
L'ostinazione con cui la ragazza difendeva il fratello, prima ancora di conoscerne opinioni e pensieri, ripugnava a lei per prima, proprio perché le dimostrava ogni volta la sua assoluta mancanza di convinzioni, oltre che di carattere; vero che nella famiglia, le convinzioni piú o meno, eran le stesse, ma tra madre, padre e fratelli, diversità ne esistevan pure, diversità che, talvolta, quando la discussione toccava argomenti cruciali, esplodevano in vera e propria rivalità. In quelle occasioni, naturalmente, lei non sapeva far altro che diventar rivale, una volta del padre, un'altra della madre, un'altra dell'Antonio e diventarlo sempre e solo per difender le proposte e le posizioni del Carlo. Neanche il tempo d'aprir bocca gli lascia[...]

[...]a cui ambizione era sempre stata di raggiungere quel che il figlio aveva ottenuto con tanta facilità e con così unanime consenso.
« E allora, secondo te, cosa dobbiamo fare ? » — disse, a quel punto, il padre.
« Prenderlo e parlargli ».
«Ma non è meglio aspettare? » — intervenne la madre.
« Aspettar, cosa ? » — fece la Liberata.
« Aspettare — spiegò la madre — che abbia fatto davvero qualcosa o che per lo meno qualcosa abbia detto ».
« Ah, perché secondo te, tuo figlio, se sta per affogare, aspetti ad avvisarlo quand'è già sotto? ».
« Ma chi sta per affogare ? ».
«Lui! ».
« E se lo dice il Carlo... » — fece la Liberata alzandosi dal tavolo per portar la pigna dei piatti sul ripiano del lavandino.
« Sarà diventato un nuovo Togliatti, lui! » — brontolò la madre.
« E chi parla di Togliatti? Solo che certe cose il Carlo le capisce meglio di noi tutti messi insieme ».
IL FABBRICONE 93
«Anche per quel che riguarda la storia dei manifesti? » — ribatté la madre.
« Soprattutto per quello » — fece la Liberata.
« E se è per quello — fec[...]

[...]ttutto per quello » — fece la Liberata.
« E se è per quello — fece il Carlo, puntando di colpo il pugno sul tavolo — sarei disposto a prender il purgante pur di riempirli un'altra volta di merda, i manifesti di quei traditori ».
Dopo quel battibecco, duro e violento, ci fu un lungo silenzio; quindi il padre, tentando di ricominciar la discussione, disse:
« A sentir voi, sembra che io non esista nemmeno. Dico io, con tutta l'esperienza che ho. Perché, cari miei, quando a esser dei nostri, o per lo meno a non esser dei loro, voleva dire il confino o la galera, voi vi facevate addosso la
A quelle parole la Liberata, che ormai aveva finito di sparecchiare e stava aprendo il rubinetto del lavandino, si voltò verso il Carlo e lo guardò per riceverne l'imbeccata; come vide che il fratello le faceva segno di star calma, diede un colpo di gomito al gruppo delle posate che tinnì acuto e sinistro; quindi, dopo quel breve sfogo di cui aveva avuto un bisogno assoluto, si rimise, senza dir niente, al lavoro.
«Perché, infine, tu cos'hai saputo di pre[...]

[...], voi vi facevate addosso la
A quelle parole la Liberata, che ormai aveva finito di sparecchiare e stava aprendo il rubinetto del lavandino, si voltò verso il Carlo e lo guardò per riceverne l'imbeccata; come vide che il fratello le faceva segno di star calma, diede un colpo di gomito al gruppo delle posate che tinnì acuto e sinistro; quindi, dopo quel breve sfogo di cui aveva avuto un bisogno assoluto, si rimise, senza dir niente, al lavoro.
«Perché, infine, tu cos'hai saputo di preciso? — disse il padre al figlio, che stava aprendosi davanti ii giornale — Parliamone un po' io e te, ma con calma; poi decideremo quel che bisogna fare ».
Vista l'intimità che, con quelle parole, il marito aveva richiesto, la moglie s'alzò dal suo posto e andò anche lei verso il lavandino, pronta a ricevere, uno per uno, i piatti, le fondine e i bicchieri che la figlia le avrebbe passato perché li asciugasse; e così facendo, ripensò, come sempre faceva in quei casi, a quando il marito le aveva gridato il giorno in cui avevan dovuto decidere il nome da dare al primogenito: « Antonio? — aveva gridato — E perché, Antonio? Perché si chiamava così tuo fratello? Ma, a me, i nomi dei santi non piacciono... ». Viste, però, le sue insistenze, il marito aveva finito con l'arrendersi: « se proprio tu ci tieni, ecco, chiamiamolo Antonio; ma ho paura che quel nome non gli porterà fortuna... ». In quel modo i due successivi sui quali lei non aveva piú osato avanzar proposte, eran stati chiamati, uno Carlo, non per il
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santo, ma per l'autore del « Capitale » e l'altra Liberata, perché in quegli anni l'Italia libera non era: un nome che, nelle loro intenzioni, doveva dunque esser di speranza, insieme[...]

[...]llo? Ma, a me, i nomi dei santi non piacciono... ». Viste, però, le sue insistenze, il marito aveva finito con l'arrendersi: « se proprio tu ci tieni, ecco, chiamiamolo Antonio; ma ho paura che quel nome non gli porterà fortuna... ». In quel modo i due successivi sui quali lei non aveva piú osato avanzar proposte, eran stati chiamati, uno Carlo, non per il
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GIOVANNI TESTORI

santo, ma per l'autore del « Capitale » e l'altra Liberata, perché in quegli anni l'Italia libera non era: un nome che, nelle loro intenzioni, doveva dunque esser di speranza, insieme che di ribellione.
« I nervi, si, i nervi! E ho tutte le ragioni d'averli! Quante volte devo dirti che a me, preparar la carne, mi rivolta ? Ê peggio che se preparassi quella d'un cristiano... » — disse la Redenta.
La cena era finita: una fondina di minestra, il pezzo di fesa, un po' d'insalata e due bicchieri di vino, per il Luigi; una fondina di minestra, l'insalata, acqua vichy con spremuto dentro mezzo limone, per lei; e adesso il caffè borbottava nella macchinetta.
« Co[...]

[...] sue fisime, non l'avrebbe mai cercata, non poteva negarsi che lui aveva fatto di lei la sua serva; e va' be' che, al posto dñ trottar come tutte le altre dalla mattina alla sera, le aveva permesso di restarsene a casa, ma insomma... Come poteva dunque decidersi a lasciarla e a lasciarla sola per sempre, dopo tanti anni di silenziosa, difficile, ma continua vita in comune?
Era questa la ragione per cui fin li, davanti alle richieste della sarta perché si decidesse a regolar la posizione, aveva sempre tergiversato; più d'una volta anzi s'era fatto chiedere, tra ironia e dolore, se era con lei o invece con la sorella che, quando aveva
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voglia, se n'andava a letto. In quei casi, lui aveva sempre risposto di non riuscir proprio a capire come lei potesse non immedesimarsi nella situazione in cui si trovava: « Mettiti nei miei panni, Rita. Potessi convincerla a venir a vivere con noi! Ma questa, anche se l'accettasse lei, saresti poi tu a non accettarlo mai ».
Un « direi », secco e duro, sigillava a quel punto, da parte della [...]

[...]veva. Le due stanze, per esempio, in cui la Margherita abitava e lavorava, là, sul fondo di Via Espinasse, eran diventate per lui il prolungamento naturale e non meno caro, delle tre in cui abitavan lui e la sorella; e così le ore che usava passarvi e tutto quel che insieme v'avevan detto e vi dicevano, v'avevan fatto e vi facevano.
Come dunque abbordar l'argomento se i nervi della Redenta, quella sera, parevano esser ancor più tesi del solito? Perché quel pomeriggio, la sarta, preda anche lei dell'agitazione che il temporale non avvenuto aveva messo nell'aria, era stata esplicita e così aveva finito per far correr tra loro parole grosse e dure: « d'aspet
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tare sono stufa... »; « non vorrei che, al momento buono, tu mi piantassi qui e amen! Perché, se devo dirti proprio tutto, il diritto d'aver un marito e d'averlo legalmente, me lo voglio conservare, E non è che a trovarlo debba far tanta fatica... »; « e la Redenta? »; « la Redenta s'impicchi! » — ecco qual era stata, a quel punto, la risposta ferma e decisa della Margherita.
Non sapeva, la poveretta, che, in fondo, anche la Redenta non desiderava di meglio, e non solo per esser finalmente libera di far i comodi suoi come e quando voleva, uscire o restare, mangiare o digiunare; ma per delle ragioni ancor più profonde e segrete; e cioè che finalmente le sarebbe andato fuori dai piedi[...]

[...]uoi come e quando voleva, uscire o restare, mangiare o digiunare; ma per delle ragioni ancor più profonde e segrete; e cioè che finalmente le sarebbe andato fuori dai piedi anche l'ultimo uomo che le restava da sopportare; e di quelle frigne li, poi, basta, neanche l'ombra, neanche l'odore! Soprattutto, quello; con la biancheria sporca di chissà cosa che doveva lavargli ogni settimana: «massi! Ma che impari a lavargliela la sua bella spasimante, perché dopotutto, a tirarselo a letto insieme, è lei, non io! ».
Tuttavia anche a considerar il caso obbiettivamente, un domani, che so, una malattia, una disgrazia... No, no, era meglio che si sposasse; meglio in tutti i casi; meglio, nonostante il vuoto e il freddo d'una solitudine ancor più completa, dura e dolorosa; tanto lei ne avrebbe così avute di cose da fare per riempir quella solitudine! E poi, se il fratello si decideva davvero a sposarsi, era più che probabile che lei dovesse voltar indietro le maniche un'altra volta e trovar un'altra volta qualche posto o per lo meno qualche lavoro.
Q[...]

[...]ti... ».
« Sentiamo, su, sentiamo. Ma non far troppo storie, mi raccomando — aggiunse la Redenta, quando vide che il fratello aveva tirato indietro una sedia e con gli occhi pareva bonariamente invitarla a sedersi — Basta che tu dica un mese, un giorno... Su, su; quand'è che avete deciso?... ».
« Come, quand'è che abbiamo deciso? Ma se non sai neanche cos'abbiamo deciso? ».
«Io? Ma io ho capito appena hai messo piede qua. Su, fuori 'sta data; perché, una volta o l'altra, dovrò pur cominciare a pensar ai fatti miei anch'io... ».
III
Finito il temporale, sulle case della città l'aria era tornata ben presto quella di prima, sporca, cioè, polverosa e pesante; sulla periferia, invece, essa aveva conservato il frizzo del dopopioggia, frizzo che sarebbe durato per tutta la notte, se dalle raffinerie del Pero non fosse cominciata, lenta ma inesorabile, l'infiltrazione degli odori.
Si trattava d'un tanfo che in poco riusciva a infettare e a corrompere tutta quanta I'aria. Cosi la fiamma che dalle finestre più alte del fabbricone, come da tutte[...]

[...]o. Che però malgrado l'ora, quella sera, nel fabbricone, qualcuno stesse questionando, tutti quelli che per le più diverse ragioni non potevano ancor dormire, l'avevano capito da certe parole che s'eran alzate, di tanto in tanto, come degli squilli; la certezza tutta l'ebbero solo quando una porta sbatté di colpo e quando, su quel colpo, una voce di donna si mise a gridare senza più ritegno:
«Un maiale, si! E che i suoi vizi se li tenga per sé! Perché se lo vedo un'altra volta insieme, é la polizia che avviso! Capito? ».
Quindi un ciabattar furioso giù pei gradini; poi un altro colpo, un'altra porta che si chiudeva con la stessa violenza della prima.
« Ci siamo! Anche stasera, sonno, niente » — fece la Redenta che, messasi a letto, i nervi tesi dal temporale avvenuto solo in parte, dal mal di testa e dalla notizia che il fratello le aveva dato circa il suo matrimonio, faticava ancor più del solito a prender sonno. E siccome, di chi era la voce, lei l'aveva subito capito, subito si domandò cosa poteva esser successo se non che la Schieppa[...]

[...]uo orecchio il rombo affannoso d'un motore, rombo che andò man mano avvicinandosi, finché la macchina, giunta di fronte alla siepe che cingeva l'orto, cominciò a rallentare per fermarsi, poco dopo. del tutto.
« Può piovere e strapiovere — gridò a se stessa la Redenta con. un rigurgito di rabbia, quando la manovra della macchina fu terminata — possono diventar fogne i prati, ma se devon farle, 'ste loro porcate, il sistema lo trovan lo stesso »; perché era di notte,. quando cioè nessuno poteva non che vederla, neppur supporne i pensieri, che la sicurezza della Restelli cedeva il passo a una debolezza completa e disperante. Allora le immagini, gli istinti e i desideri che, durante il giorno, più o meno riusciva a tener quieti nel fondo del cuore, venivan a galla e la spadroneggiavano tutta.
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«In un pisciatoio, proprio li devon vedermelo andare! E tutto per colpa di quel bastardo... ». Fatte le scale la Schieppati era rientrata in casa ancor più bianca del solito, le labbra senza sangue, gli occhi tesi e allucinati; l'orrore[...]

[...]vano tutta.
IL FABBRICONE 99
«In un pisciatoio, proprio li devon vedermelo andare! E tutto per colpa di quel bastardo... ». Fatte le scale la Schieppati era rientrata in casa ancor più bianca del solito, le labbra senza sangue, gli occhi tesi e allucinati; l'orrore e lo sdegno eran tali che, appena dentro, avrebbe voluto tornar dalla mamma di quel disgraziato d'un Cornini, riprender a gridare e intimarle, alla fine, il silenzio più assoluto: « Perché di quel che ho detto qui, non deve saper niente nessuno, capito? ».
Ripensandoci, si convinse però che di tornare non era assolutamente il caso; a parte infatti l'umiliazione di riprender l'argomento, anche la Cornini non aveva nessuna convenienza che la notizia si diffondesse, e perciò avrebbe tenuto la bocca ben chiusa. Quanto al marito poi, tornò a dirsi che, almeno per il momento, era meglio aspettare; mentre, appena le fosse stato possibile, avrebbe preso il Sandrino, preferibilmente non li, in casa, o quando, li in casa, non ci fosse stato nessuno, e l'avrebbe fatta fuori; se lui poi a[...]

[...]rze l'avessero sorretto.
D'altronde col Sandrino, che dei sette era il secondo, pareva che tutto e tutti si fossero accordati per spingerlo sulla strada su cui s'era messo; strada che in un primo tempo lei aveva solo subodorato, ma che ora, da quando il fratello le aveva dato la bella notizia d'averlo visto con uno di quei tali, conosceva con certezza.
« Si sbaglia e si sbaglia di grosso; il mio Luciano che il suo Sandrino esiste lo sa, giusto perché lo vede qui, per il resto, se propria vuol sfogarsi, vada a prendersela coi delinquenti del Parco, perché é lá che m'han detto che gira, e di notte e di giorno... ».
« Giá, perché il suo Luciano bazzicherà invece le case dei re e dei principi! ».
Adesso il colloquia di poco prima tornava alla mente della Schieppati così, a pezzi, e non per dimostrarle quanta ragione avesse avuto nel pensar che, a iniziare il figlio su quella strada, fosse stato il Cornini, quanto l'abiezione cui il figlio era giunto. Diciassette anni, diciassette appena compiuti e già così!
Tuttavia, arrivata a quel punto, cosa poteva fare?
Toglierlo da quella strada, se il destino pareva far apposta a non permettergli di trovar un posto che era un posto? E poi; quando uno ha lazzaronato o s'è arran[...]

[...]trovato, come era chiaro che il figlio aveva trovato, una tal fonte di guadagno, in che modo convincerlo a voltar indietro le maniche e a lavorare ?
Mentre l'ago passava e ripassava, ora di qua, ora di lá, lungo la trama della maglia più gialliccia che bianca, in modo che il buco apertosi nella parte più bassa restasse chiuso il più tempo possibile, la Schieppati si chiedeva come avesse potuto metter al mondo un figlio così diverso dagli altri; perché gli altri, se ci pensava... Magari diversi eran anche loro, ma diversi per quel che riguardava il colore dei capelli e degli occhi, il carattere e la forma della faccia, perché per il resto...
Ed ora, eccoli lá, buttati giù tutti e sei, a dormire: quattro
IL FABBRICONE 101
nella prima stanza, con un posto vuoto; vuoto perché, naturalmente, il Sandrino non era ancor tornato... No, era meglio, meglio che non pensasse dove e con chi adesso si trovava, perché se si fosse lasciata andare a quei pensieri... Quel giorno poi, col temporale che c'era stato!
« Figurati Edvige se avrei il coraggio di venir qui a dirti una cosa come questa, quando non ne fossi più che sicuro! L'ho visto io, coi miei occhi, intanto che facevo l'ultima consegna. Era ai Boschetti... L'ho riconosciuto dalla maglia, poi l'ho visto anche in faccia; allora per non farmi vedere mi son nascosto dietro una pianta, han continuato a parlar tra di loro per un po', poi son saliti sulla macchina; dalla targa pareva di Como; e lui, il porco, uno sui cinquanta... ».
La miseria, ecco cos[...]

[...]una latrina!
Il rumore sordo e ovattato d'una macchina che cominciava a brontolar giù nella strada, colpi la Redenta in quei pensieri, tanto che li per li non si senti in grado di dirsi se era la stessa di prima che, esaurito lo scopo, se ne partiva o invece una che arrivava proprio in quel momento.
Trattenne il respiro per un attimo poi fece: « Saran i damerini del centro! Vengon qui con le loro amiche, magari prese su al Parco e ai Bastioni! Perché son diversi in tutto, loro, ma quanto alla patta son come e peggio di noi »; e solo quando il rombar del motore verso via Mambretti l'avverti che la macchina se ne stava andando, si girò nel letto, sperando di poter chiudere finalmente 'sti benedetti occhi.
L'illusione durò qualche minuto; in quel sopore la Redenta riuscì a lanciar la solita quotidiana bestemmia alla memoria del suo Andrea e a lanciargliela come se l'avesse li, davanti, in quell'interminabile agonia in mezzo all'acqua, alla neve, ai fischi delle pallottole, al sangue, e alle bombe; poi lo sbatter d'una portiera e il rimandar[...]

[...]i pace! Imparassero quello! ».
Il passo era del Villa; dopo aver scorazzato sulla macchina del Morini in compagnia di tre altri ragazzi, tra cui il Binda, se ne rientrava eccitato, stanco, ma felice tanto da non preveder l'accoglienza che, una volta in casa, avrebbe trovato.
Appena ebbe aperta la porta, il Carlo s'alzò infatti dal tavolo dove se ne stava seduto, l'ultimo numero di « Rinascita » aperto davanti, e disse: « Ah, finalmente! ».
«
Perché? » — ribatté l'Antonio, appoggiando sul tavolo la va
ligetta di metallo che lo seguiva d'allenamento in allenamento
ogni sera.
« Ho bisogno di parlarti ».
« E tu parla. Non son qui? Ma cerca di far in fretta, perché è
tardi ».
«Allora cominciamo. Dove sei stato: sù, fuori ».
«Dove son stato? In palestra ».
«Vero? ».
« Ecco qui » — rispose l'Antonio indicando sul tavolo la vali
getta di metallo.
« Be', sai, se é per quello potrebbe anche esser una scusa... ».
« Una scusa? E perché, una scusa ? ».
Dopo un breve silenzio, in cui due o tre pagine del mensile
girarono nervosamente, il Carlo riprese il suo interrogatorio, giusto
come se tra lui e il fratello l'ordine degli anni si fosse scambiato.
« E con chi sei tornato ? Si può sapere almeno quello? ».
« Col presidente » .
« Di pure, con quel maiale del Morini ».
« Ah, la metti così? — ribatté l'Antonio, poi prendendo la va
ligia e muovendosi per passar in camera, aggiunse con una voce
più stanca che irritata — Buonanotte ».
« Antonio — fece il Carlo — Senti, Antonio... ».
104 GIOVANNI TESTORI
« Cosa devo sent[...]

[...]Antonio — fece il Carlo — Senti, Antonio... ».
104 GIOVANNI TESTORI
« Cosa devo sentire ? Lo sai bene anche tu che da un po' di
tempo in qua non andiamo più d'accordo... ».
« Certo, fin che continui a frequentar della gente come i tuoi
compagni di palestra e i loro capi! Ma tu ti dimentichi chi sei,
da che famiglia vieni fuori e che idee hanno tuo padre, tua madre
e tua sorella ».
« Non mi dimentico di niente ».
« No ? E allora spiegami perché non ti fai più vedere al Cir
cola... ».
« Perché ho altro da fare ».
« Lo vedi? ».
« Ma cosa vuoi che veda! E poi, senti, la fai tu la vita che vuoi?
SI? E io faccio quella che voglio io. Non sarà anche la tua, una
libertà come quella dei preti ».
«
Antonio! » — fece il Carlo alzando di colpo la voce.
« Ascolta, va'; lasciamo dormire chi dorme e andiamocene a letto anche noi; che se proprio vuoi, di questa faccenda potremo parlar con più comodo un'altra volta... » .
« No, ne parliamo adesso! ».
« E allora parla. Ma, se é possibile, senza gridare ».
« Ecco; senza gridare » — fece la madre, aprendo di colpo la porta e intervenendo i[...]

[...]! ».
« E allora parla. Ma, se é possibile, senza gridare ».
« Ecco; senza gridare » — fece la madre, aprendo di colpo la porta e intervenendo inaspettata ma decisa nella conversazione.
« La vedi, la vedi chi è la tua protettrice ? — gridò il Carlo preso di contropiede da quell'improvviso intervento; poi, rivolgendosi alla madre — Non è per niente, certo, che vieni fuori da una famiglia di seminaristi... ».
« Guarda come fai a parlare, Carlo! Perché qualunque siano le tue idee, non ti permetterò mai d'insultar nostra madre... ».
L'Antonio s'era avvicinato al fratello e pareva sovrastarlo con tutto il peso della sua mole.
« Perché se quel che impari sui tuoi giornali, e sulle tue riviste é tutto qui, puoi anche far a meno di leggerle! — aggiunse, restando nella stessa posizione — E poi, faccio forse qualcosa contro te e contro le tue idee? E allora! ».
Il Carlo che per un attimo era sembrato sul punto di smarrirsi, si spostò verso la finestra e invece di rispondere, disse:
IL FABBRICONE 105
« Ma come fai, spiegamelo, come fai a vivere in mezzo a quei maiali? ».
« Necessità di mestiere — ribatté l'Antonio con molta sicurezza; quindi, aggiunse — Del resto le mie idee tu le sai; la vita è una sola e convien passarla i[...]

[...]sce ? ».
« Voglio sperare che saprai cosa dicono intorno di quel porco del tua presidente... ».
« E allora? ».
« Allora, allora! » — ribatté il Carlo.
«E poi — incalzò l'Antonio, senza lasciar respiro — non potrai pretendere che tutti si divertano a strappar manifesti ».
« Antonio! — urlò il Carlo — Con la storia dei manifesti é ora di finirla! Ho detto anche a lei che, se é necessario, son disposto a rifar la stessa cosa per tutta la vita. Perché, io, ricordati, io non sono come te; io alle mie idee e alle idee che m'ha insegnato mio padre ci credo e ci credo fino al sangue! ».
In quel momento sul vuoto della porta che la madre aveva lasciata aperta apparve, per restarvi immobile e dura, la Liberata; più bianca della camicia, gli zigomi tesi e gli occhi fissi, essa guardò per un attimo l'Antonio, poi disse:
« E' vero: fin al sangue ».
Quando, alla fermata di largo Boccioni, il Sandrino scese dal tram, l'una e mezza era già passata e il fetore che veniva dal Pero, mescolandosi all'umidità, aveva reso l'aria irrespirabile; salutati i[...]

[...] la tubatura di scarico così fragoroso da far credere che volesse trascinar con sé un pezzo di casa.
«
Addio! » — fece, come se salutasse un amico che se ne andava per sempre ed entrò.
La luce che, filtrando da sotto la porta, l'aveva preparato a quel che certo sarebbe successo, l'accolse accecante; così non era ancor riuscito a ritrovarsi che la madre gli piantò addosso gli occhi stanchi e disperati facendogli segno di star in silenzio:
«...perché la gente onesta, a quest'ora, è a letto che dorme... »
— disse per finir di spiegarsi.
«
Allora? — aggiunse, una volta che gli fu arrivata talmente vicino da poterne sentir il respiro e col respiro tutto l'odor di bagnato che aveva addosso. — Ma guarda che faccia hai, guarda! »
— aggiunse contro la sua stessa volontà, presa, come fu, dall'aria distrutta e dagli occhi incavati del ragazzo — Se vai avanti così finirai tisico in qualche sanatorio ».
«Ma cosa vuoi che finisca tisico! » — ribatté il Sandrino, alzando le spalle.
« Dunque vuoi dirmi dove e con chi sei stato? Perché appena ne s[...]

[...]u arrivata talmente vicino da poterne sentir il respiro e col respiro tutto l'odor di bagnato che aveva addosso. — Ma guarda che faccia hai, guarda! »
— aggiunse contro la sua stessa volontà, presa, come fu, dall'aria distrutta e dagli occhi incavati del ragazzo — Se vai avanti così finirai tisico in qualche sanatorio ».
«Ma cosa vuoi che finisca tisico! » — ribatté il Sandrino, alzando le spalle.
« Dunque vuoi dirmi dove e con chi sei stato? Perché appena ne so uno, di nomi, quei maiali li denuncio e faccio metter dentro tutti! ».
« Ma che nomi vuoi che faccia! » — disse per tutta risposta il Sandrino.
« Sembra impossibile che un figlio possa sentirsi far da sua madre delle accuse così e non disperarsi, non piangere; — adesso la Schieppati parlava con voce soffocata si dal bisogno di non farsi
IL FABBRICONE 107
sentire, ma piena poi di dolore e d'indignazione — Perché ormai
lo so con precisione; ti posso dir tutto, guarda; e te lo posso dire
per filo e per segno... »
« E allora, dillo ».
« Non far così, Sandrino, non far così con tua madre... »
« Dillo, su, sentiamo, sentiamo cos'è che hai saputo... »
« Ieri, uno dei tuoi zii... »
« Uno dei miei zii ? E cosa vuoi che m'importi, a me, dei
miei zii? »
« Uno dei tuoi zii, lo zio Mario, ecco, lui, ieri, verso sera... »
« Verso sera? »
« T'ha visto... »
« M'ha vista? E dove? »
« Ai Boschetti... »
« Ai Boschetti ?... »
« Si, ai Boschetti, intanto che combinavi con un tale... »
« Ma non farmi ride[...]

[...]a? Era una macchina
targata Como. E' o non è la veritá? » — giunta a quel punto la
madre che, nel fare quella dichiarazione aveva sentito d'arrischiar,
forse per sempre, l'affetto del figlio, fissò a lungo il Sandrino come
per impedirgli ogni scappatoia.
« E se anche fosse la veritá, cosa vorresti dire? »
« Che mi fai schifo e che se non la pianti, la vedi li, la porta ?
Prendi, esci e qui, insieme a noi, non tornare piú, ma proprio piú.
Perché se tu vuoi andar alla rovina, va be', vacci; ma io ho gli altri
sei da salvare. Capito? Gli altri sei! »
A quel punto il colloquio ebbe una lunga pausa, in cui la donna
cominciò a tremare e a stringere e torcer le dita una sull'altra:
« Ma cos'ho fatto di male io, per aver un figlio come te? Cos'ho
fatto? ».
« Domandaglielo a lui. Non ti vien più in mente quel che
m'hai gridato dietro due o tre mesi fa? 'Io, soldi da dare a te, non
ne ho piú; se dunque riesci a guadagnarli con le tue mani bene,
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altrimenti va' per la tua strada'. E siccome di posti, a me, non ne [...]



da Graziadei (relatore), Discorso Graziadei in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]l giorno, formulata dal compagno Misiano, la metto a partito.
È approvata, dopo prova e controprova. (Applausi).
E, allora, do la parola al compagno on. Graziadei, come uno dei relatori.
Discorso Graziadei
GRAZIADEI, relatore: Compagni, quale sia il fine che ci proponiamo, risulta dai modesti documenti che i seguaci della circolare Marabini hanno reso noti a suo tempo al Partito.
Noi non siamo una frazione, siamo una circolare... (si ride), perché il fine stesso che ci proponiamo è tale da non richiedere, anzi, è tale da persuadere di evitare la costituzione di una frazione.
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Noi ci rendiamo conto del valore storico che l'unità del Partito ha avuto in Italia; ma, piú che dell'unità formale del Partito, alle cui tradizioni ci inchiniamo, teniamo all'unità sostanziale, all'unità dei piú vicini. Prima di parlare nei limiti del possibile dell'unità del Partito, noi aspiriamo all'unità di tutti i comunisti sinceri. (Bravo !). E l'unica differenza che esiste tra noi ed i compagni della frazione comunista, riguarda la formula che deve chi[...]

[...] applicate, ed applicate nei termini prescritti; ma, quando nel momento stesso in cui si dice di accettarle non si eseguiscono, praticamente è come se non venissero accettate.
Quali sono i motivi esposti per l'accettazione astratta, o per la non accettazione; ma in ogni caso sempre per un rinvio dell'applicazione?
Il motivo è unico. Si parla di autonomia. Il compagno Baldesi lo ha detto chiaramente: talune condizioni non le possiamo accettare, perché noi vogliamo l'autonomia. I compagni del centro dicono: noi le accettiamo; ma le applicheremo quando sarà del caso, perché anche noi vogliamo l'autonomia.
Ora, anche l'Internazionale comunista ammette l'autonomia. Voi tutti conoscete . perfettamente i famosi 21 punti. Orbene, ai punti 15 e 16 si parla di autonomia; ma se ne parla in un senso che è ben diverso da quello inteso dai compagni da cui io dissento, ed a cui fa appello anche il compagno Baratono nella sua relazione. Giacché la Terza Internazionale parla di autonomia nel senso di riconoscere che, siccome ogni paese ha particolari problemi o particolari modi in cui i problemi generali si pongono, rispetto a questa particolarità l'autonomia, sotto il contr[...]

[...]cercato di dare una direttiva generale intorno al problema agrario, ben si comprende che ogni paese ha la sua particolarità agraria, e che, per esempio, nel
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paese in cui predomina la piccola proprietà, si dovrà fare un programma in cui si dia piú importanza a questo aspetto agrario, che non in un paese in cui prevalga la grande proprietà.
Ma, un conto é questa autonomia, ed un conto é l'altra autonomia a cui si appellano i nostri compagni, perché essi, in realtà, in nome dell'autonomia, non vogliono applicare, e vogliono rimandare a tempo indeterminato l'applicazione di quello che é principio essenziale e fondamentale della Terza Internazionale, di quello che é l'essenza stessa
del programma che la Terza Internazionale ha messo a base della com
posizione dei Partiti, che possono appartenere ad essa.
Questa problema é considerato dalla Terza Internazionale come un problema essenzialmente internazionale, e tale da dover avere una soluzione unica ed a tempo determinato. Non è considerato, quindi, sotto la specie dell'autonomia, e colo[...]

[...]he la Terza Internazionale vuole evitare, in base all'esperienza della Seconda Internazionale.
Il compagno Serrati, . del quale io riconosco le grandi benemerenze rispetto al Partita durante il grave periodo della guerra, il compagno Serrati fa qualche cosa di piú: non soltanto vuole l'autonomia, l'autonomia circa il momento ed il modo dell'applicazione dei 21 punti, ma domanda anche il credito. Dice: « consentiteci questa cosiddetta autonomia, perché meritiamo il credito ».
Amici, se le organizzazioni, nazionali e internazionali, dovessero aprire la banca per il credito da fare a ciascheduno individuo, eviden
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temente, ogni criterio di organizzazione cadrebbe ! (Commenti). Possiamo pensare che alcuni compagni, per il loro nobile passato, affidano piú di altri; ma non possiamo di questo criterio morale e politico fare una condizione per annullare le altre condizioni. (Vive approvazioni da parte dei comunisti).
Voci: E Frossard?
GRAZIADEI: Ne parleremo.
Vi sono alcuni compagni che hanno commesso questo grande errore: di credersi fur[...]

[...]nato da Zinowieff come individuo. Ed io, che come individuo lo rispetto, mi occupo di lui soltanto nei riguardi della Terza Internazionale.
Ma, si dice: se il presidente e il Comitato esecutivo sono d'accordo, ci appelleremo al Congresso. Ma si dimentica che questa, é questione non degna di un Partito politico, non degna di compagni, ed in ogni caso assolutamente infondata, se proprio. siamo costretti a fare gli avvocati nel Partito socialista, perché la tesi 19 è chiarissima, ed essa stabilisce che è condizione indispensabile tanto per i Partiti che vogliono entrare nella Terza Internazionale, quanta per quelli che vogliono rimanere nella Terza Internazionale, di decidere sulle tesi e sulle condizioni entro quattro mesi dal Congresso di Mosca.
Ora, evidentemente, questa formula è per tutti i Partiti, per quelli che vogliono battere alle porte e per quelli che, dopo aver battuto, sembrano incerti sull'uscio, dell'entrata o dell'uscita.
E badate, che il punto 19, come gli altri ultimi 20 e 21, non erano stati proposti dai relatori russi: [...]

[...]tegno passato, degli uomini rispetto ai quali, in seguito al disastro che li ha fatti perire miseramente nel mare, é stato detto dalla stampa borghese che era stato il Governo dei Soviet che li aveva trucidati ! (Commenti animatissimi. Interruzioni prolungate. Rumori).
Se questo è, o compagni, se cioè il conservare l'attuale situazione ci porta fuori della Terza Internazionale, io domando ai compagni presenti: ma fra due dolori, fra due strazi, perché dobbiam noi preferire il primo? L'unità nazionale all'unità internazionale? (Qualche applau so da parte dei comunisti. Commenti animatissimi). Perché dobbiamo ,essere secessionisti sul terreno internazionale? (Commenti animatissimi).
Si è fatta ai compagni della frazione comunista l'accusa di secessionismo, ed io, a suo tempo, mi permetterò di rivolgere qualche parola anche ai compagni di quella frazione; ma oggi, di fronte al movimento internazionale, i secessionisti sono proprio quelli che accusano la frazione comunista di secessionismo interno ! (Applausi da parte dei comunisti).
Compagni, non vogliate cadere nel vecchio campanilismo, per il quale si credeva di poter fare la rivoluzione in un piccolo paesello, per il quale si credeva[...]

[...]ande tronco dell'organizzazione internazionale. La borghesia non è mai stata cosí fortemente centralizzata e internazionalizzata come dopo il Trattato di Versailles, e se voi non sarete soldati, liberi sí, ma fedeli, devoti e disciplinati... (Interruzioni. Rumori).
La disciplina è la piú alta forma di libertà ! (Applausi).
Se voi non sarete soldati fedeli, liberi e disciplinati della Terza Internazionale, voi annullerete il movimento d'Italia, perché in Italia, come in qualunque altro paese d'Europa, oggi il movimento non si può considerare che come il movimento di un piccolo gruppo di armati in un grande esercito potentemente accentrato contro l'accentramento borghese. (Applausi da parte dei comunisti. Commenti animatissimi).
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Ma, o compagni, la situazione del nostro Partita in rapporto alla Terza Internazionale, è tanto piú grave, perché noi siamo stati, e fino a questo momento lo siamo ancora formalmente, aderenti alla Terza Internazionale.
È stato il Congresso di Bologna del settembre dell'anno passato che ha, fra grandi applausi, approvato l'opera della Direzione del Partito che qualche mese prima ancora aveva data la sua adesione alla Terza Internazionale !
Voci: C'erano le elezioni ! (Commenti animati).
GRAZIADEI: Compagni, vi prego, se avete delle domande da rivolgermi, e degli errori da correggermi, mi fate un grande piacere ad interrompermi; in caso contrario vi prego di astenervene perché le mie condizioni di salu[...]

[...] Congresso di Bologna del settembre dell'anno passato che ha, fra grandi applausi, approvato l'opera della Direzione del Partito che qualche mese prima ancora aveva data la sua adesione alla Terza Internazionale !
Voci: C'erano le elezioni ! (Commenti animati).
GRAZIADEI: Compagni, vi prego, se avete delle domande da rivolgermi, e degli errori da correggermi, mi fate un grande piacere ad interrompermi; in caso contrario vi prego di astenervene perché le mie condizioni di salute non sono buone.
Ora, compagni, badate, noi aderimmo alla Terza Internazionale fino dal settembre dell'anno passato; orbene, amici, la Terza Internazionale aveva già fatto il suo Congresso sino dal marzo 1919, e — io mi appello alla lealtà dei compagni che hanno letto le deliberazioni del I Congresso dell'Internazionale comunista, tenutosi a Mosca dal 2 al 6 marzo 1919 e dico loro che mi smentiscano se io affermo il contrario dal vero — io affermo che tutte le tesi del II Congresso non sono che lo sviluppo delle tesi e dei riassunti decisi già nel Prima. (Approvazi[...]

[...]iacere devo confessare perfino pettegolezzi, che io credo sia doveroso diradare.
E giacché il compagno Lazzari, con quella serietà e continuità che lo distinguono e che fanno di lui un italianotedesco...
Voci: E che volete buttar fuori del Partito ! (Commenti animatissimi).
GRAzIADEI: Non l'ho mai detto.
Giacché il compagno Lazzari ha invocato da chi ha avuto l'onore di essere stato a Mosca, una specie di relazione, io non farò la relazione, perché quello che abbiamo detto e votato risulta dagli atti dell'adunanza tenuta con la Direzione del Partito nell'ottobre di quest'anno, ampliamente pubblicati sull'Avanti!, con grande obiettività, con grande onestà, ma mi servirò dell'invito del compagno Lazzari soltanto per dilungarmi un po' su di un'altra parte.
Si dice: ma parliamo prima delle tesi in generale, poi parleremo della tattica.
E si dice ancora: ma, in fondo, la Terza Internazionale non è che il vecchio bakunismo messo insieme con un po' di anarchismo e di sindacalismo, ma il socialismo, quello vero, quello buono, dov'è?
Ora, ami[...]

[...]i contro l'anarchismo, contro il sindacalismo rivoluzionario vecchio stile, alla francese, di cui abbiamo visto i risultati... (interruzioni dell'on. Matteotti. Rumori).
E giacché, o compagni, l'on. Matteotti, che parlò in modo cosí acceso al Congresso di Bologna, dice: « Ma, accettano anche gli anarchici ! », io gli rispondo subito che questa, intanto, non è questione di principio, ma di tattica, e poi, per una strana combinazione, non è cosí, perché la Terza Internazionale, in una delle sue tesi piú caratteristiche, cosí si esprime sul movimento anarchico, e si esprime in una forma nobilmente fraterna, comunista e socialista — e, badate — dopo aver condannato tutte le tesi dell'anarchia: « Il Congresso richiama l'attenzione di tutti i compagni, specialmente dei paesi romani (sarebbero i latini) ed anglosassoni, sul fatto che dopo la guerra fra gli anarchici del mondo intero si compie una profonda divisione di idee nella que stione dell'atteggiamento da osservarsi di fronte alla dittatura del pro letariato, ed al potere dei Soviety. In qu[...]

[...]o combattevano.
La Terza Internazionale sa benissimo, e l'ho già detto prima, che le rivoluzioni non avvengono per capricci storici, non avvengono che come il portato di molte condizioni. Ma, in accordo con Marx, tra queste condizioni pone anche la volontà collettiva di una classe operaia organizzata e cosciente. (Bene !).
Chi negasse questa volontà collettiva ed il suo giusto peso, negherebbe
il socialismo, repugnerebbe la sua nobile opera. Perché organizzate gli operai? Perché, o compagni del riformismo, nei vostri migliori tempi, ed anche oggi, avete dato tanta parte di voi alle cooperative ed alle leghe?
Perché voi stessi, che accusate la Terza Internazionale di volontarismo, credete alla volontà della potente organizzazione !
Questa è l'unica forma di volontarismo della Terza Internazionale, ed è sana, è marxista, e senza di essa tutti potremmo chiudere bottega. (Interruzioni. Rumori).
Non raccoglierò mai le miserie personali, da alcuna parte ! (Bene !).
Ma un concetto essenziale della Terza Internazionale è che noi viviamo in un periodo storico rivoluzionario, prodotto dalla guerra, e che in questo periodo non ci sono che due vie da scegliere: una è quella di chi vuole disarmare gli animi, di c[...]

[...]mo in un periodo storico rivoluzionario, prodotto dalla guerra, e che in questo periodo non ci sono che due vie da scegliere: una è quella di chi vuole disarmare gli animi, di chi ritiene che bisogna lasciare che la borghesia rimetta in pristino la sua compagine politica ed economica, di chi ritiene che la conquista del potere politico non è possibile che in un periodo successivo ed ancora molto lontano; l'altra quella di chi ritiene che appunto perché attraversiamo un periodo storico rivoluzionario, gli animi non debbano essere disarmati, ma armati con coscienza e consapevolezza morale, materiale e spirituale.
Vi è chi crede che il piú grande delitto della storia sarebbe di lasciare alla borghesia il tempo di rifare le ossa, per fiaccarsi domani di
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nuovo e portarci domani di nuovo ad una inevitabile e necessaria guerra sua. (Applausi da parte dei comunisti).
Una voce: Ma se tu eri favorevole alla guerra !
GRAZIADEI: Al compagno che m'interrompe, per fatto personale, gli dico che gli faccio obbligo di portare quanto dice qui alla tr[...]

[...]ponderò. (Commenti animati).
Ora se questa è una delle condizioni contenute nelle tesi e nello spirito della Terza Internazionale, e cioè che noi viviamo, non per volontarismo dei singoli, ma per leggi storiche immanenti, in un periodo rivoluzionario, e che da questo periodo dobbiamo trarre le conseguenze logiche, ne segue anche, ed ecco un altro punto fondamentale della Terza Internazionale che molti compagni non hanno capita, che precisamente perché il periodo storico rivoluzionario esiste, in esso e per esso il problema preminente diventa la conquista del potere politico.
Modestamente io ho detto a Bologna, lo ripeto oggi, che se vivessimo in un periodo storico come quello anteriore in cui la ricchezza, sia pure attraverso l'ingranaggio borghese, si accresceva sensibilmente e la classe operaia poteva ottenere grandi vantaggi materiali ed anche morali, certamente ragionerei in un altro modo, cioè come ragionavo allora, perché ho sempre pensato che i periodi storici rivoluzionari non si inventano per magia di uomini o di romantici; ma po[...]

[...]rio esiste, in esso e per esso il problema preminente diventa la conquista del potere politico.
Modestamente io ho detto a Bologna, lo ripeto oggi, che se vivessimo in un periodo storico come quello anteriore in cui la ricchezza, sia pure attraverso l'ingranaggio borghese, si accresceva sensibilmente e la classe operaia poteva ottenere grandi vantaggi materiali ed anche morali, certamente ragionerei in un altro modo, cioè come ragionavo allora, perché ho sempre pensato che i periodi storici rivoluzionari non si inventano per magia di uomini o di romantici; ma poiché viviamo in un altro periodo, in quello in cui l'economia borghese non può dare miglioramenti veri alla classe operaia, poiché viviamo in un periodo di crisi, appunto per questo la conquista del potere politico diventa preminente, e quando le conquiste economiche non sono possibili, e quando la democrazia ha fatto cadere tutti i suoi veli, allora al proletariato non rimane che una via, che porsi come primo problema quello della conquista del potere politico per potere, attravers[...]

[...]viamo in un periodo di crisi, appunto per questo la conquista del potere politico diventa preminente, e quando le conquiste economiche non sono possibili, e quando la democrazia ha fatto cadere tutti i suoi veli, allora al proletariato non rimane che una via, che porsi come primo problema quello della conquista del potere politico per potere, attraverso questa conquista, da una parte rendere impossibile la guerra borghese e di rendere possibile, perché necessaria, la guerra socialista del proletariato contro la borghesia, per l'ultima volta, e nello stesso tempo costruire un'altra economia che non sia piú quella capitalista, ma che sia, per l'accresciuta coscienza politica e sociale del proletariato, l'economia del comunismo graduale. Dico del comunismo graduale, perché coloro che non hanno mai letto niente di Lenin, dicono che Lenin voleva fare il comunismo in un solo giorno ! (Applausi da parte dei comunisti).
E un altro principio della Terza Internazionale è proprio questo principio profondamente marxista e la cui discussione ha nella storia del socialismo russo e nella storia del socialismo tedesco pagine di cultura ammirabili, che sarebbe bene che venissero da noi studiate — che
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la Terza Internazionale sostiene che in linea generale e in linea particolare non tutte le categorie o le sottoclassi della classe operaia e del, proletariato sono ugualme[...]

[...] riservo di domandare la parola se altri ne parlerà — la tesi agraria non è che la conseguenza di questo principia marxista, che i contadini non possono essere all'avanguardia del movimento per la conquista del potere politico, ed é appunto per questo che essi vanno neutralizzati e va ad essi garantito quel minimo di condizioni che coincide con l'impossibilità di fare subito di meglio. (Commenti animatissimi).
E la Terza Internazionale, appunto perché non é romantica, appunto perché non crede alle concezioni infantili che per tanto tempo allignarono in certe regioni del nostro Paese e nel nostro stesso Partito, la Terza Internazionale pone tra le sue tesi che vi accenno appena, perché il luogo non è adatto a questa esposizione fatta in forma troppo prolissa, la Terza Internazionale pone in modo preciso e reciso il problema della conquista anche delle forze militari attraverso i suoi organi specifici: la marina e l'esercito.
Perché, o compagni, la Terza Internazionale, e questo va riconosciuto contro le illusioni di tanti nostri compagni dell'Italia e dell'estero, la Terza Internazionale non è socialpacifista, perché se lo fosse non sarebbe piú la Terza Internazionale (bene!), ma la Terza Internazionale riconosce con dolore che l'ultima parola è alle armi, ed essa la vuole pronunziare non già con le vecchie congiure alla Madama Angot, ma con mezzi tecnici seri, con quei mezzi tecnici seri che hanno dato in altri paesi prove grandiose della loro efficacia
E la Terza Internazionale ha il concetto che tutti i mezzi sono buoni, perché, o compagni, se c'è una organizzazione che sia quanto piú possibile eclettica e generosa, questa è precisamente la Terza Internazionale. Leggete le tesi: vuole la forma della lotta legale e la forma. della lotta illegale, vuole le leghe, vuole le cooperative, vuole ogni forma di lotta, perché tutti i mezzi sono buoni, purché adoperati ad ua
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unico fine, con una continuata organicità di mezzi, di propositi e di scopi.
Ma la Terza Internazionale ha detto una parola che pareva nuova a chi non ha compreso il «Manifesto dei comunisti »: ha detto una parola nuova rispetto alla questione della democrazia.
Basterebbe questa tesi per far perdere al Congresso un'intiera seduta, e mi guardo bene dall'andare a fondo, ma dico che ha della democrazia un concetto marxista che rappresenta un grande progresso di fronte alle concezioni vaghe e generiche che si avevano prima.
La democrazia, c[...]

[...]fruttatori. (Benissimo !).
Non si vuole negare il principio della democrazia, ma le si vuole dare un concetto classista, affinché la classe operaia non cada vittima di questa parola vuota, di questo sacco senza fondo, ed in nome della democrazia non lasci alla borghesia la possibilità di tornare alla contra reazione e di schiacciarla nuovamente.
Ed appunto per questa, la Terza Internazionale assume il concetto della dittatura del proletariato. Perché, cosa è la dittatura del proletariato? Una sola cosa: la negazione della democrazia contro la borghesia, finché questa resta tale e tenta di riconquistare il potere politico, tenuto dalla classe operaia, con la forza e per forza; dico subito che si intende conoscenza, capacità, mezzi tecnici ed anche materiali; dunque la dittatura del proletariato è la negazione transitoria, in senso storico e classista, della democrazia per gli altri, finché sono i nemici, ma cessato questo passaggio storico evidentemente la democrazia tornerà per tutti quanti, anche per i borghesi, perché ci potranno anche [...]

[...] tale e tenta di riconquistare il potere politico, tenuto dalla classe operaia, con la forza e per forza; dico subito che si intende conoscenza, capacità, mezzi tecnici ed anche materiali; dunque la dittatura del proletariato è la negazione transitoria, in senso storico e classista, della democrazia per gli altri, finché sono i nemici, ma cessato questo passaggio storico evidentemente la democrazia tornerà per tutti quanti, anche per i borghesi, perché ci potranno anche essere dei borghesi, ma non vi potranno piú essere come classe, perché il proletariato avrà assorbito tutte le classi, e solo allora la democrazia sarà possibile per tutti.
E d'altra parte, appunto perché la Terza Internazionale ha un con
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tetto ben chiaro di che cosa è la democrazia sul terreno dei rapporti interni, la Terza Internazionale vi dice che anche sul terreno internazionale la cosidetta democrazia borghese per i popoli, è una pura fantasia: non c'è democrazia nel Trattato di Versailles, come non c'era nel Trattato di Brest Litowski.
Vi sono alcune grandi nazioni ed alcuni grandi capitalismi che schiacciano in nome del capitalismo tutti gli altri, sia nei paesi piú piccoli come nelle colonie. Ebbene, di fronte a questo fatto storico, che il capitalismo è stato accresciuto dalla [...]

[...]'è democrazia nel Trattato di Versailles, come non c'era nel Trattato di Brest Litowski.
Vi sono alcune grandi nazioni ed alcuni grandi capitalismi che schiacciano in nome del capitalismo tutti gli altri, sia nei paesi piú piccoli come nelle colonie. Ebbene, di fronte a questo fatto storico, che il capitalismo è stato accresciuto dalla guerra, appunto per questo la Terza Internazionale dice: come sul terreno interno nego la democrazia borghese, perché voglio quella del proletariato, cosí nel campo internazionale nego la democrazia delle nazioni e dico che alcune nazioni sono sfruttate, le colonie piú di altri paesi, ed a queste tendo la mano, perché la lotta del socialismo è contro il capitalismo, cioè la lotta contro l'apparente e falsa democrazia borghese internazionale. (Bene !).
E su questo terreno nasce la tesi sulle questioni coloniali e nazionali, che non voglio discutere ora, ma che mi riserbo di discutere, se altri ne parlerà.
Ed infine, se questi sono i concetti della Terza Internazionale, concetti completamente marxistici, ecco perché è nello spirito stesso, nell'animo stesso, nella necessità stessa della Terza Internazionale, la lotta, non contro gli uomini — è un'assurda interpretazione del punto 7° —ma contra la concezione riformista socialdemocratica, socialpacifista.
Perché lo è? Ma, amici miei, io ho avuto occasione, non ho fatto che il mio dovere di studioso, sia verso i compagni russi che verso quelli della sinistra tedesca, di rompere le scatole a molti compagni, russi specialmente, per comprendere intieramente il loro punto di vista.
Orbene, essi sono i primi a riconoscere, e d'altra parte se non lo riconoscessero loro lo riconosceremmo noi, che nell'Europa occidentale e centrale non vi era e non vi poteva essere prima della guerra un periodo storico rivoluzionario, non vi poteva essere per le ragioni dell'aumento di ricchezza, di relativa libertà democrat[...]

[...]almente, per comprendere intieramente il loro punto di vista.
Orbene, essi sono i primi a riconoscere, e d'altra parte se non lo riconoscessero loro lo riconosceremmo noi, che nell'Europa occidentale e centrale non vi era e non vi poteva essere prima della guerra un periodo storico rivoluzionario, non vi poteva essere per le ragioni dell'aumento di ricchezza, di relativa libertà democratica e di sufficiente pace di cui vi ho parlato, ed appunto perché allora non vi erano le condizioni rivoluzionarie, a parte i gravi errori di metodo e di pensiero, si capisce che allora non poteva applicarsi che una concezione gradualista, in parte vera anche oggi, e che ad ogni modo non fosse possibile pensare a colpi di mano se non cadendo nell'operetta vecchio stile.
Ma qualunque sia la loro opinione, è certo per noi che per i paesi dell'Europa centrale e occidentale si è aperto il periodo rivoluzionario storico dopo la guerra; ed in rapporto al dopo guerra nei nostri paesi,
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quelle concezioni che, a parte gli errori di metodi e di principio, avevan[...]

[...] pensare a colpi di mano se non cadendo nell'operetta vecchio stile.
Ma qualunque sia la loro opinione, è certo per noi che per i paesi dell'Europa centrale e occidentale si è aperto il periodo rivoluzionario storico dopo la guerra; ed in rapporto al dopo guerra nei nostri paesi,
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quelle concezioni che, a parte gli errori di metodi e di principio, avevano una ragione di essere un tempo, tanto vero che avevano valore, oggi vanno condannate.
Perché? Precisamente perché, come abbiamo visto, senza volontarismo, ma in nome della volontà collettiva, è necessaria in ogni paese la costituzione di un Partita comunista omogeneo, compatto, che agisca come un esercito ben guidato, tutto inteso alla conquista la piú rapida possibile, nei limiti del possibile, del potere politico; ora come avrete voi questa omogeneità, questa consapevolezza, questa forza, quando volete — dice la Terza Internazionale, e spiego il suo pensiero — nel medesimo Partita coloro che dicono che bisogna approfittare delle circostanze e coloro che dicono che le circostanze vanno lasciate alla bor[...]

[...]oloro che vogliono la preparazione militare e quelli che vi rinunziano, tra coloro che vogliono conquistare il potere politico al piú presto possibile e gli altri che credono che il marxismo sia una cosa meccanica che deve attendere che il capitalismo abbia dato luogo a tutte le sue leggi di accumulazione, per poi tra venti, trenta, quaranta anni andare alla conquista del potere politico?
Tra queste due concezioni esiste un abisso, ed è appunto perché la Terza Internazionale lo sa, attraverso l'esperienza di quattro rivoluzioni, che dice: dovete scegliere, o da una parte, o dall'altra ! (Commenti animatissimi e prolungati).
Io vi ho esposto, molto sommariamente, abusando forse anche un po' della vostra pazienza, quelli che sono, secondo me, i caratteri tipici dei principi e delle tesi fondamentali della Terza Internazionale, ma la colpa, se ho parlato a lungo, è anche del carissimo compagno Lazzari.
Ma contro la Terza Internazionale, oltre ad una serie di critiche, dire) cosí, dottrinali e teoriche, se dottrina e teoria si può chiamare q[...]

[...]che, dire) cosí, dottrinali e teoriche, se dottrina e teoria si può chiamare quella dei suoi contraddittori, si sono fatte molte critiche anche ai suoi metodi.
Le tesi, va bene, sono in un volumetto venuto fuori da pochi giorni, in Italia. In Italia là gente che vuol leggere non è troppa, ma sono precisamente i procedimenti della Terza Internazionale quelli che sono aggetto della critica piú aspra, ma anche, secondo me, piú banale.
Io, appunto perché siamo liberi, liberi e disciplinati, disciplinati perché liberi, e liberi perché disciplinati, io mi guarderei bene dal dire che la Terza Internazionale è l'ultima parola dell'umana saggezza. Chi sa mai quanti errori la Terza Internazionale ha detto e fatto che noi non possiamo vedere oggi, ma che vedranno i nostri lontani nepoti;
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allo stesso modo che i socialisti di venti anni fa non potevano concepire a cosa sarebbero arrivate le loro promesse, noi non possiamo ora comprendere gli errori che la Terza Internazionale fa e farà.
La Terza Internazionale è tutt'altro che un'organizzazione perfetta: vi sono istruzioni, vi sono metodi che possono anche urtare qualche sus[...]

[...]zzazione perfetta: vi sono istruzioni, vi sono metodi che possono anche urtare qualche suscettibilità, lo comprendo, ma, amici, stiamo al disopra di questi piccdli errori, stiamo al disopra di queste piccole cose, e guardiamo nelle sue linee generali il metodo della Terza Internazionale. Ha dato esso dei risultati al proletariato mondiale ed alla rivoluzione? E voi dovete rispondere che li ha dati come nessun'altra organizzazione mai li ha dati. Perché?
Ma, amici miei, si dice: « Nella Terza Internazionale i russi hanno un'influenza eccessiva ». Ebbene, amici, non ho nulla in contraria a dichiarare che questo in astratto é vero, ma in pratica, lo stesso Serrati lo faceva capire a me, che non lo avevo ancora capito, in pratica dove volete che la Terza Internazionale risieda se non nella Russia gloriosa dei Soviety e della rivoluzione? (Applausi). Vorreste forse portare la sede della Terza Internazionale là dove le borghesie le impedirebbero assolutamente di operare e di agire?
È la necessità storica che obbliga i russi di avere una prepond[...]

[...]omini.
Voci: D'accordo tutti !
GRAZIADEI: E d'altronde, permettetemi una modesta osservazione_ Ho fatto sempre il pericolosissimo mestiere del professore e sono uomo abituato alla critica, ma non credo di essere un cultore dell'incensamento delle persone se vi dico che, modesto studioso, mi sono sentito un pigmeo di fronte a coloro che dirigono la rivoluzione russa ! (Applausi vivissimi).
Voci: E chi lo ha mai negato?
GRAZIADEI: Ed è appunto perché mi sono sentito un pigmeo che mi sono detto: se qualche forma è un po' rude, se qualche influenza è un po' eccessiva, hanno fatto tanto e fanno tanto che solo quando noi saremo capaci di altrettanto parleremo dove la Terza Internazionale possa risiedere. Non ora. (Applausi).
D'altronde, pur riconoscendo questa influenza, dico che questa influenza è stata relativamente — bisogna essere sempre sinceri — relativamente attenuata, perché nel Comitato esecutivo ci sono 5 russi e 16
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compagni di altre Nazioni con voto consultivo, e questi compagni crescono ancora di numero.
Un'altra accusa è questa: ma... la Terza Internazionale non ha trattato bene, non tratta bene i socialisti italiani ! Noi abbiamo fatto tanto per la Terza Internazionale e per la difesa della Repubblica dei Soviety, e sembra quasi che ci ripaghino con dell'ingratitudine !
Compagni, io non credo che la Terza Internazionale, nelle sue linee generali, abbia mancato mai di riguardo ai compagni, e quella che sembra mancanza di riguardi é un metodo che essi [...]

[...]Commenti animatissimi e prolungati).
E ne volete una prova? Quando voi in una Sezione accettate due
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compagni, sempre che vi sia un minimo di moralità politica e individuale, non direte mica che tutti e due sono degni proprio della stessa stima; purtroppo, vi sarà una differenza a favore dell'uno contro l'altro; ma tutti e due, malgrado la diversa stima vengono assoggettati ai medesimi statuti, ai medesimi regolamenti, alle medesime leggi.
Perché, dunque, la pretesa strana di volere un trattamento di eccezione per i nostri meriti, che furono riconosciuti?
Ma volete una prova che quei compagni non si lasciano ingannare facilmente? E giacché si parla sempre di socialisti francesi — per i quali non ho alcuna tenerezza — vi faccio osservare che la Terza Internazionale se ha fatto quello che era il suo dovere, cioè di cercare di attirare — e c'è riuscita, e ne dobbiamo essere lieti come di un primo passo — se ha fatto di tutto per attirare alla Terza Internazionale la parte piú sana, o meno malsana, del socialismo francese... (Oooh, 000h [...]

[...]Commenti animatissimi. Interruzioni da molte parti. Rumori vivissimi e prolungati)..., sapete, però, che cosa pensano i compagni russi dei socialisti francesi? (Interruzioni da varie parti).
Nel n. 12 della Terza Internazionale comunista coloro che operavano per l'epurazione del Partita socialista francese e per l'ingresso della sua parte sinistra nella Terza Internazionale, scrivevano queste parole. Eravamo alla vigilia del Congresso di Mosca, perché il n. 12 dell'Internazionale comunista è stato pubblicato prima della inaugurazione del Congresso di Mosca... (Interruzioni). È stato pubblicato fra Pietrogrado e Mosca, e, siccome i lavori del Congresso vero e proprio sono stati iniziati a Mosca, le prime copie erano state già distribuite ai congressisti, e me ne appello ai compagni che erano là presenti.
È vero che il Partito socialista non ha voluto ascoltare che un solo uomo, eminente e degno del massimo rispetto; ma ha fatto male.
« L'eventuale futura affiliazione del Partito socialista francese alla Terza Internazionale, affiliazione [...]

[...]l problema della guerra e sul problema della votazione dei crediti... ». (Interruzioni da varie parti).
Mi riferisco non al maggio 1915, ma a tutto il periodo che va dal 1914 al 1915.
«...atteso che l'Italia entrò in guerra nove mesi dopo gli altri paesi, e che esisteva un potente aggruppamento borghese, i cosiddetti giolittiani, che furono sempre ostili alla guerra. Queste circostanze permisero (è un dato storico che noi dobbiamo riconoscere, perché non menoma il merito dei nostri compagni che andarono in carcere, come Lazzari; ma al di sopra dei meriti loro c'è la realtà storica, e cerchiamo di capirla se vogliamo essere fedeli al « Manifesto dei comunisti »)... (Applausi da parte dei comunisti. Interruzioni dell'on. Lazzari).
« ...queste circostanze — studiamole queste parole, perché se fossero mie le potreste anche fischiare, ma sono di Trotzki ed abbiamo tutti da impararvi qualche cosa — (applausi da parte dei comunisti. Commenti animati. Interruzioni), queste circostanze permisero al Partito socialista italiano di rifiutare, senza una crisi interna profonda, i crediti al Governo. Ma, entrando nella Terza Internazionale, il Partito socialista italiano non si è, in alcun modo, liberato dal kautskismo ».
Ora, amici miei, voi comprenderete subito dove vi voglio portare
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con la riflessione, la quale non si dovrebbe mai discompagnare dal sentimento.
Ma oggi il problema[...]

[...]contro di essa?
Armare o disarmare? Favorire ancora la legge economica borghese, o cercare di superarla? Cadere nella illusione che altre guerre sono impossibili, o dire che quella che è appena cessata cova ancora sotto le ceneri, e che un'altra piú grave e piú profonda avverrà? (Applausi da parte dei comunisti).
E ne volete una prova che il problema è del dopo guerra? La prova, amici miei, io l'ho fatta attraverso un piccolo errore personale, perché soltanto sbagliando s'impara... (Commenti ironici da parte dei socialisti).
Non mi avete capito !
La Terza Internazionale in Francia ha mosso una guerra tenace ed implacabile contro Longuet, cioè proprio contro uno dei socialisti che in Francia furono meno patriottardi e guerrafondai, ma perché? Perché il problema della Terza Internazionale non è di sapere se Longuet fu piú o meno chauvin di altri compagni, tra cui Cachin; il problema è un altro, e cioè la Terza Internazionale combatte Longuet, per
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ché è caduto nell'illusione democraticopiccolo borghese di Wilson e della Lega delle Nazioni ! (Benissimo I).
Non è, dunque, caratteristico questo fatto, che la Terza Internazionale combatta Longuet con una asprezza incredibile, tanto che, aven do avuto l'onore una volta di andare a Parigi per conto del Partito socialista, ed essendo stato invitato a colazione dal compagno Faure, che era am[...]

[...]rio in quei giorni aveva scritto una lettera formidabile contra Longuet, amico politico e compagno del Populaire con Faure? Ma ne appresi le ragioni in seguito, quando mi misero fra le mani gli scritti ed i discorsi di Longuet sul problema della Lega delle Nazioni, e compresi allora quello che non avevo capito prima, e cioè che la lotta contro Longuet era condotta dalla Terza Internazionale, indipendentemente dal suo atteggiamento per la guerra, perché per la Terza Internazionale il problema della guerra passata è superato, e c'è il grande problema del come sfruttarne per la rivoluzione le conseguenze, ed evitare, per quanto è possibile, un'altra guerra borghese che avverrà fatalmente tra pochi anni, piú terribile, e piú sanguinosa della precedente. (O000h, 0000h! Commenti animatissimi).
Si dice: la Terza Internazionale ha per noi, in rapporto a noi, contro di noi, delle informazioni errate.
Posso essere obbiettivo, anche perché, sulla mia parola, non ho mai dato e non darò mai informazioni a nessuno di nessuno.
Ma, intendiamoci bene, da[...]

[...]problema della guerra passata è superato, e c'è il grande problema del come sfruttarne per la rivoluzione le conseguenze, ed evitare, per quanto è possibile, un'altra guerra borghese che avverrà fatalmente tra pochi anni, piú terribile, e piú sanguinosa della precedente. (O000h, 0000h! Commenti animatissimi).
Si dice: la Terza Internazionale ha per noi, in rapporto a noi, contro di noi, delle informazioni errate.
Posso essere obbiettivo, anche perché, sulla mia parola, non ho mai dato e non darò mai informazioni a nessuno di nessuno.
Ma, intendiamoci bene, data l'enorme distanza tra noi e Mosca, date le difficoltà delle comunicazioni, dati altri inconvenienti, che io lealmente sono disposto ad ammettere nella maniera piú larga, è naturale che qualche impressione errata, non completamente esatta, è naturale che qualche errore sopra singoli individui, possa essere capitato.
Ma, compagni, giudichiamo noi la rivoluzione russa attraverso i giornali borghesi ed attraverso le relazioni dei commendatori... (applausi vivissimi), o crediamo, perb[...]

[...]nin, come Trotzki, o come il compagno Levy, e quegli altri che parleranno, ben piú degni di me e di noi, da questa tribuna, date a quegli uomini che hanno una cultura di cui non abbiamo alcun concetto, che hanno una esperienza di cui non abbiamo idea, date a loro un articola di un omuncolo come il signor Graziadei, di un uomo di valore come Turati, ed essi vi vedranno ciò che noi non sappiamo ancora vederci ! (Benissimo! da parte dei comunisti). Perché essi hanno un'esperienza rivoluzionaria che permette loro di dire che si comincia in questo modo; ma si finisce in quell'altro, per necessità di cose ! (Applausi da partedei comunisti).
Si dice anche: ma la Terza Internazionale, in sostanza, è un agente indiretto del Governo russo, e il Governo russo ci vuol far fare la rivoluzione al piú presto possibile per metterci nell'acqua ed alleggerire il suo peso.
Amici, quando sopra un popolo intiero pesano i sacrifici e si impongono gli eroismi che pesano e si impongono ai lavoratori russi, quando tanta somma tragica di responsabilità grava sopra[...]

[...]rdate alle linee generali, e voi resterete ammirati nel riconoscere che nel concetto dei guidatori dello Stato russo non è lo Stato russo quello che si serve come suo strumento della Terza Internazionale; ma è lo Stato russo che da loro vie
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ne considerato come strumento della rivoluzione, e, quindi, come agente della Terza Internazionale. (Benissimo !).
Per la loro coscienza rivoluzionaria non è vero il rapporto che alcuni hanno stabilito, perché è proprio vero il rapporto inverso.
E poi, guardate il fondo della tesi della Terza Internazionale; guardate alla sostanza ed alla lettera, bene interpretate, delle deliberazioni del Comitato esecutivo, e voi vedrete che l'accusa è, in massima parte, ingiusta.
Ho qui dinanzi le tesi della Terza Internazionale, ed in esse, relativamente ai compiti del Partito comunista, è detto: « Il momento attuale nello sviluppo del movimento internazionale comunista si distingue pel fatto che la preparazione del proletariato per l'attuazione della sua dittatura nella stragrande maggioranza dei paesi capit[...]

[...]ernazionale riaffacceranno nel prossimo Congresso la questione contro i francesi. (Applausi). Ma dobbiamo evitare di scendere al pettegolezzo... (Interruzioni dell'on. Baldini).
Caro Baldini, non farmi parlare sulla Massoneria !... (Commenti animati).
Ma, compagni, rispetto alla Terza Internazionale si è diffusa nel Partito questa leggenda offensiva, secondo me, ingiusta, del resto, e me ne appello agli altri compagni che erano con me a Mosca, perché nel giudizio dei fatti siamo tutti, anche qui, concordi, per() discordi, certamente contro il compagno Serrati, non come persona, ma per le sue affermazioni, secondo noi non esatte.
Dunque dicevo che rispetto alle condizioni dell'appartenenza alla Terza Internazionale, le cose al Congresso sono andate cosí. Parecchi di noi, specialmente italiani, e specialmente dell'estrema sinistra francese, anche Rosberg ed altri, abbiamo detto ai compagni del Comitato provvisorio del Congresso che a noi la questione della Massoneria premeva in particolare modo, ed essi ci hanno detto: <c È una questione c[...]

[...]noi non esatte.
Dunque dicevo che rispetto alle condizioni dell'appartenenza alla Terza Internazionale, le cose al Congresso sono andate cosí. Parecchi di noi, specialmente italiani, e specialmente dell'estrema sinistra francese, anche Rosberg ed altri, abbiamo detto ai compagni del Comitato provvisorio del Congresso che a noi la questione della Massoneria premeva in particolare modo, ed essi ci hanno detto: <c È una questione che noi sentiamo, perché nei paesi slavi e tedeschi la Massoneria non è un ente politico, ma giacché ci dite, e lo crediamo certamente, che a voi preme, proponete al Congresso qualunque misura. Figuratevi ! La voteremo per i primi ! ».
Ma mentre si discutevano i 21 punti, che avevano una forma speciale ed una procedura speciale, Serrati ha presentato una mozione, cioè non ha presentato un criterio sotto forma di punto, cioè di tesi aggiunta, ma qualche cosa che, nella forma, proceduralmente non si inquadrava nello sviluppo della discussione.
Informato di questo, perché la cosa avvenne mentre ero via, mi avvicinai a[...]

[...]mo certamente, che a voi preme, proponete al Congresso qualunque misura. Figuratevi ! La voteremo per i primi ! ».
Ma mentre si discutevano i 21 punti, che avevano una forma speciale ed una procedura speciale, Serrati ha presentato una mozione, cioè non ha presentato un criterio sotto forma di punto, cioè di tesi aggiunta, ma qualche cosa che, nella forma, proceduralmente non si inquadrava nello sviluppo della discussione.
Informato di questo, perché la cosa avvenne mentre ero via, mi avvicinai a Serrati e gli dissi: <c Hai presentato la questione sotto forma di una mozione, cosicché rischi di non vederla bene messa in luce, perché siamo in sede non di mozioni, ma di tesi ». Ed allora io, parzialmente d'accordo con lui, nel senso che non si oppose, presentai la
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questione della Massoneria sotto la forma di un punto aggiuntivo ai 21.
Che cosa avvenne? Si può sospettare di tutti, quanto si vuole, ma nel Congresso, appunto perché c'era la mozione Serrati e la mia nuova in forma di tesi, naturalmente non si poteva saltare la proposta presentata prima da un uomo che godeva la giusta autorità di Serrati, ed allora avvenne che il Congresso, dietro anche nostra preghiera, votò la cosidetta mozione, chiamiamola cosí, SerratiGraziadei, e non la proposta aggiuntiva Graziadei. E il Congresso votò questa, diremo cosí, dichiarazione, in forma assai infelice dal punto di vista procedurale, all'unanimità. Ma, appunto perché non era redatta nella forma che sarebbe stata la migliore, e poiché né io né altri avemmo modo di guardare a[...]

[...]nuova in forma di tesi, naturalmente non si poteva saltare la proposta presentata prima da un uomo che godeva la giusta autorità di Serrati, ed allora avvenne che il Congresso, dietro anche nostra preghiera, votò la cosidetta mozione, chiamiamola cosí, SerratiGraziadei, e non la proposta aggiuntiva Graziadei. E il Congresso votò questa, diremo cosí, dichiarazione, in forma assai infelice dal punto di vista procedurale, all'unanimità. Ma, appunto perché non era redatta nella forma che sarebbe stata la migliore, e poiché né io né altri avemmo modo di guardare alle minuzie, ed io partii senza aver letto i processi verbali, non fu inclusa nelle tesi. Però risultano due cose: prima, che il Congresso l'ha votata, in quella forma proceduralmente infelice di mozione, all'unanimità, ed in secondo luogo che l'invito sarà seguito, perché Zinowieff a Berlino, ad alcuni compagni che andarono a parlargli colà, ha dichiarato sul suo onore che nei processi verbali del Congresso, che saranno ampiamente pubblicati, risulta che la risoluzione contro la Massoneria, proceduralmente cosí male impostata, è stata approvata alla unanimità. (Interruzioni. Commenti animati).
SERRATI: E allora perché vengono nell'Internazionale i francesi? (Scambio di apostrofi tra il gruppo dei comunisti e Serrati. Rumori vivissimi).
GRAZIADEI: Perché, ora come ora, la situazione è questa: che il Partito socialista francese ha deliberato di entrare nella Terza Internazionale; ma naturalmente non c'è ancora entrato, perché bisogna essere in due a deliberare: il Partito, e la Terza Internazionale, e la Terza Internazionale la sua ultima parola non l'ha ancora detta ! (Approvazioni da parte dei comunisti).
SERRATI: Sí, vi è il patto con Rénould ad Halle !
GRAZIADEI: Quello non riguarda la Massoneria !
SERRATI: Ma è un fatto reale ! (Commenti animatissimi).
MONDOLFI, presidente: Invito il compagno Serrati a non interrrompere. La polemica si fa dalla tribuna. Compagno Graziadei, prosegui senza raccogliere le interruzioni.
GRAZIADEI: La situazione rimane questa: che nei verbali del Congresso risulta che l'infel[...]

[...]zioni.
GRAZIADEI: La situazione rimane questa: che nei verbali del Congresso risulta che l'infelice, come forma, mozione Serrati, con modificazioni, non abbastanza accettate, dal punto di vista procedurale, Graziadei, è stata votata all'unanimità: risulta che il Congresso dei socialisti francesi si è ben guardato dal discutere la questione della Masso
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neria: ma risulta anche che quel Partito non è ancora entrato nella Terza Internazionale, perché non risulta nessuna deliberazione in proposito del Comitato esecutivo della Terza Internazionale.
E veniamo ad un altro punto che mi permetterà di rispondere a Serrati su un appunto dei piú singolari.
Il compagno Serrati — cito il tuo nome, ma non intendo fare una polemica contro la tua persona, cito le tue opinioni, perché hanno valore, perché vengono dal direttore dell'Avanti .! — nell'Avanti ! ha molte volte sostenuto che la Terza Internazionale fa ai Partiti degli altri paesi condizioni di eccezione e di favore in confronto di noi. Con noi, i migliori dei suoi amici, la Terza Internazionale é cattiva, con i reprobi é piena di larghezze, piena di concessioni.
Compagni, nulla, nulla é piú inesatto di questo, e ve lo provo. Voci: E falso ! (Interruzioni. Rumori).
GRAZIADEI: Anche nel suo articolo del 14 corrente, l'Avanti! dichiara (faccio un'osservazione obbiettiva) che in Francia, in Germania, in Inghilterra, si sono fatte cond[...]

[...]ore circa le tesi dei 21 punti, meglio, circa quella tesi che contiene i 21 punti, in confronto della neroniana severità che si vuole usare ingiustamente contro il nostro Partito.
Cominciamo dalla Francia. L'Avanti ! pubblica un discorso del compagno Frossard, ed in base al discorso di lui dice: « Guardate che cosa hanno deliberato i socialisti francesi ! ».
Ma, amici miei, questo è un modo di polemizzare che non porta all'esame della realtà ! Perché il discorso di un oratore, sia pure autorevole, ha la sua importanza, ma ogni oratore dice poi anche quello che pensa individualmente, e se voi leggete il discorso di Frossard, nell'Humanité, vedrete che con quella dichiarazione accetta nelle linee generali la mozione, ma come individuo la interpreta con quella larghezza e con quel particolare colore che è proprio del suo temperamento.
Ma l'Avanti! che cosa doveva fare? Doveva pubblicare, perché i compagni si rendessero conto di tutti gli aspetti del problema, doveva pubblicare la mozione votata al Congresso, perché i veri documenti sono in parte i discorsi, ma sono anche le mozioni, e l'Avanti! quella mozione finora non l'ha pubblicata.
E l'Avanti! comincia col dire che, per esempio, il Partito socialista francese non ha rinnegato nulla del proprio passato socialpatriotta.
Ora, amici, siamo tutti per la sincerità, e, poiché viviamo anche dell'amara realtà politica, non si può pretendere che i peccatori confessino i loro peccati ad alta voce. E mentre confesso che non ho sim
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patia per i socialisti francesi, neppure per quelli che hanno domandato di entrare nella Terza Internazionale, devo far cons[...]

[...]ato di entrare nella Terza Internazionale, devo far constatare il fatto che la mozione CachinFrossard comincia con una dichiarazione, in cui naturalmente essi non sconfessano il loro passato, ma esplicitamente è detto, da tutta quella parte dei socialisti francesi, che la guerra ha avuto questi risultati che coloro che l'hanno seguita sono stati ingannati dalla Seconda Internazionale, che oggi, ecc. ecc., quindi non c'è la condanna di se stessi, perché questo non è mai possibile volerlo dagli uomini, specialmente dagli uomini politici, ma c'è esplicita la condanna dell'atteggiamento della Seconda Internazionale, e quindi, indirettamente, di se stessi, nel problema della guerra.
Ma veniamo alle votazioni del Congresso. Nel Congresso ci sono state due votazioni: una votazione sopra due mozioni. C'era la mozione Loriot, Voisin, Cachin, Frossard, e molti altri, che proponeva l'adesione alla Terza Internazionale, con una serie di lunghissimi considerandi, e c'era la mozione Longuet, la quale aderiva anche essa, ma con un cumulo enorme di riserv[...]

[...]oti.
Ora, io dico: compagni, leggetela, la mozione; a suo tempo, nelle polemiche che verranno la leggerò io, e vedrete che la mozione, se a me, personalmente, non piace, nella sua lettera è estremista.
Voci: E nello spirito?...
GRAZIADEI: Io parlo anche dello spirito. Un conto è la stima delle persone e un conto è quello che dicono; come stima alle persone riservo il giudizio, ma sulla mozione dico che la mozione — e non dico che sia sincera, perché nessuno ha il termometro della sincerità — ha un'intonazione estremista.
Ma c'è di piú ! Viene una seconda votazione, di cui gli estremi non sono stati pubblicati sull'Avanti!
Zinowieff, quello famoso delle concessioni speciali ai francesi, agli
inglesi ed ai tedeschi, fino novembre 1920, quando l'Avanti! parlava di concessioni, aveva diretto, con quel linguaggio che, personalmente per il mio gusto, è un po' eccessivo, una lettera ai socialisti francesi in cui c'erano queste parole a proposito di Longuet non guerrafondaio: <c Col coltello alla gola, bisogna esigere una risposta da Longuet [...]

[...]errafondaio: <c Col coltello alla gola, bisogna esigere una risposta da Longuet e dai suoi partigiani, e secondo questa risposta, secondo che essi accetteranno in buona fede e per principio le tesi e le condizioni della Internazionale comunista e consentiranno ad applicarle realmente in
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fatto e subito, solo allora si potrà parlare della loro definitiva ammissione o meno nella Terza Internazionale ».
Dice Serrati: Ma c'erano le concessioni, perché Rénaudel era stato ad Halle ed era tornato a casa con delle concessioni.
Anche questo non corrisponde al vero, in alcun modo. Perché Rénaudel non è tornato a casa con delle concessioni, ma con un'interpretazione di 3 dei 21 punti, che non sono concessioni, ma che sono spiegazioni, che sono completamente nella linea e nello spirito dei 21 punti, perché in sostanza il concetto era questo: « Il 70 punto corne si interpretava? ». Ed allora Zinowieff ha detto: « Non lo interpretiamo contro le persone, intendiamo dire le opinioni, e se Longuet vi rinunzia e diventa comunista, vedremo se lo possiamo accettare, appunto perché quando le persone hanno un loro passato ci vuole una grande severità nel giudicare, ma quando in un'organizzazione c'entrano delle persone che dichiarano di accettarne i principi, non si può chiudere loro la porta ». (Commenti animatissimi).
Le cosiddette concessioni non erano che interpretazioni precise nella lettera e nello spirito delle condizioni 7, 20 e 21, dove si dice che i centristi, non quelli italiani, ma come li s'intendono nel resto dell'Europa, potranno essere minoranze anche in determinate cariche. Lo dice la tesi 20, e quanto alla tesi 21 dice che chi resta nella Terza Interna[...]

[...] mozione, velante, nella forza correttissima e leale, un certo senso di rimpianto verso le amicizie di ieri, e sotto questo aspetto dico che è stata nobile, ma che finisce poi testualmente cosí: «...I1 Congresso, avendo preso conoscenza delle dichiarazioni del commissario Zinowieff nel suo telegramma, ecc., dichiara che la mozione di adesione accettata dal Comitato francese della Terza Internazionale non impone esclusioni per il passato (appunto perché non si fa la guerra alle persone) ma si intende che d'ora innanzi non si potrà restare nel Partito e nella Terza Internazionale che accettando per principio, cioè per convinzio ne, le decisioni del presente Congresso e del Congresso della Terza Internazionale, ecc. ecc.».
Dunque, vedete, da una parte la proposta di mantenere intatta l'unità del Partito, dall'altra la proposta che tutti coloro che non accettano per convinzione, sinceramente, lealmente le tesi ed i 21 punti non possono restare nel Partito.
Votazione. La mozione Mistral ottiene 1.958 voti, la mozione Rénaudel 2.347 voti.
Non [...]

[...]ermazione, nella forma, esagerata) dei borghesi e si sono messi all'opera per creare (mica ancora è creato) un Partita comunista veramente proletario. L'uscita di Rénaudel e di Longuet dalla sala del Congresso prova il loro completo passaggio nel campo della borghesia, ecc. ecc.». E finisce: « Il Comitato vi prega di mandargli
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un vostro rappresentante per regolare definitivamente le questioni pendenti, la questione della vostra adesione ».
Perché? Perché la Terza Internazionale non si è ancora fidata —e fa bene — vuol vedere ancora piú chiaro, e tra le altre cose non vuole che il nome non sia cambiato, come invece vorrebbero i socialisti francesi.
Spero che il Comitato esecutivo della Terza Internazionale, avvisato anche dai compagni italiani che resteranno nella Terza Internazionale, porrà a quel diplomatico anche la questione della Massoneria. (Applausi).
Ma sotto il velo della passione le informazioni dell'Avanti! sono cosí strane, che, a proposito della Francia debbo leggerne, con rincrescimento, anche un'altra.
L'Avanti! del 1° gennai[...]

[...]l quale è detto che in Francia la maggioranza dei deputati socialisti era passata in blocco all'Internazionale comunista.
Nemmeno a farlo apposta è vero il contrario. La grande maggioranza dei deputati socialisti francesi ha votato contra la mozione Loriot e contro quella Rénaudel, ha votato per l'unità del Partito, e mi stupisce che la fonte da cui dobbiamo oggi apprendere i fatti della politica internazionale socialista sia l'Agenzia Stefani, perché è essa che ci fa sapere — lo sapevamo anche prima, ma il nostro pubblico non lo sapeva — che il Gruppo socialista francese della Camera si è diviso definitivamente in due, composti, da una parte di 12 deputati, aderenti al Partito socialista con tendenza Sembat, e l'altro di 16 deputati, piú ci sono altri 6 che sono in attesa di cosa diranno le rispettive federazioni locali.
E passiamo alle concessioni alla Germania. Serrati ha detto nel suo articolo che alla Germania si sono fatte delle concessioni, e ha detto perfino che in Germania lo sbloccamento degli Indipendenti è avvenuto piú per rag[...]

[...]riguarda tanto la questione, del resto importantissima, della Germania, ma riguarda principalmente i grandi problemi della dottrina e della pratica marxista.
Si dice poi che ci sono delle speciali concessioni per l'Inghilterra, e si dice che è una speciale concessione quella per cui Lenin e la Terza
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Internazionale hanno consigliato i comunisti inglesi ad entrare nel « Labour Party ».
Non voglio discutere la questione del « Labour Party », perché l'ora è tarda, ma non si tratta di concessioni nel senso inteso dall'Avanti! ma di una tesi internazionale che riguarda non già la composizione del Partito comunista inglese, ma l'ambiente nel quale deve anche recarsi a lavorare quel Partito comunista, una volta che si sia composto, anche là, come vogliono che sia composto da per tutto.
Dunque i problemi sono diversi...
BORDIGA: È una tesi del Congresso non una decisione dell'Esecutivo.
GRAZIADEI: È una tesi, non è una concessione relativa alla composizione dei Partiti comunisti aderenti alla Terza Internazionale; ma è tutt'un altro proble[...]

[...]serietà del momento storico hanno ancora accarezzato la utopia delle piccole vittorie senza armi o con armi insufficienti ►.
Mi sia consentito, giacché io mai caddi in questo errore, ma sempre lo combattei a viso aperto, di dire che riconosco queste altre cause, ma una delle cause essenziali è quella che vi ho detto, ed è una causa che va studiata all'infuori dell'accrescimento apparente del numero dei deputati e delle Amministrazioni comunali, perché l'accrescimento in sé, è un fatto puramente aritmetico. Quando un Partito per due anni scherza in una situazione rivoluzionaria con la parola rivoluzione, quel Partito si dimostra impotente ai compiti della rivoluzione ! (Applausi vivissimi da parte dei comunisti). Ora la Terza Internazionale è la nemica piú acerba del verbalismo rivoluzionario ! (Applausi da parte dei comunisti).
Perché, amici, si compie nel Partita il piú grande degli errori dicendo: Conserviamo questa grande forza di numero, conserviamo questa grande forza di aderenti sul terreno sindacale, politico ed amministrativo, e cosí arriveremo piú presto alla conquista del potere.
O amici, io mi rendo conto delle difficoltà dell'organizzazione dei Partiti politici, io mi rendo conto delle conseguenze che determinate decisioni non potranno non avere sopra determinati organismi. Lascio ad altri piú competenti e piú volonterosi di trattare ancora questa parte, per me cosí aspra e dolorosa; ma, dico, amici, non casch[...]

[...]mata ! (Applusi vivissimi).
Voci: C'è pure D'Annunzio ! (Rumori vivissimi).
GRAZIADET: Non è la prima volta che il nostro Partito scherza con la tragica realtà della storia; finiamola con gli scherzi, che porteranno ad altre tragedie ! (Applausi).
Tutti dicono, vittime di illusioni o di amore per l'unità del Partito, tutti dicono che non vogliono la collaborazione; ma, amici, se non volete la collaborazione non dovete avere che l'altra via, e perché al lora combattete i mezzi di quella via? (Applausi). Perché creare la illusione che si possa andare al potere senza collaborazione e senza armi, che ci si possa andare pacificamente e senza instaurare la dittatura del proletariato?
Amici, voi baloccandovi con queste fatuità non farete mai né una cosa né l'altra !
I compagni di destra — in buona fede, ne sono sicuro, e per amore dell'unità del Partito, questo nobile ideale di un tempo — si castrano politicamente, perché non vogliono collaborare, ma d'altra parte tutti i giorni impediscono la preparazione della conquista del potere politico con l'altro mezzo, e cosí non avrete né i vantaggi della collaborazione né quelli della rivoluzione, sarete impotenti !
Compagni, occorre scegliere, perché avere due cose in contrapposto, o, peggio ancora, fra le due una terza impossibile, è la piú triste e la piú pericolosa delle utopie.
Io dico ai compagni, poiché l'ora è grave e dolorosa, specialmente per noi che siamo dei vecchi nel Partito, dico: lasciamo ai giovani che sono in attesa di manifestare come vogliono il loro diritto alla vita e di camminare sopra il nostro cadavere, ma, compagni, anche dividendoci, sarebbe forse per questo necessario che noi ci trattassimo come degli uomini moralmente miserabili? Dovremmo noi dire, noi che per venticinque anni credemmo Filippo Turati un uomo d[...]

[...] Filippo Turati un uomo di grande ingegno e di grande onestà, che, poiché ci siamo divisi, egli è diventato senz'altro un ladro od un cretino? no ! (Commenti animatissimi).
Noi possiamo, nell'interesse del Partito, nell'interesse della storia,. nell'interesse del proletariato, eventualmente dividerci, ma dobbiamo dividerci con dignità e con serena consapevolezza, la consapevolezza di chi dice: finora abbiamo marciato insieme, oggi ci separiamo, perché alcuni vogliono far subito ciò che subito forse si può fare, gli altri si riserbano domani la fase successiva di portare piú a sinistra una rivoluzione politica ed economica già in atto. In questo modo voi potete
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fare, nella successione del tempo, prima una cosa e poi l'altra; nel modo vostro né oggi né domani farete mai né una cosa né l'altra.
Ed allora, se occorre scegliere, se tutti debbono compiere la loro funzione, se questa funzione non si deve considerare come una funzione di tradimento, ma di realizzazione, sia pure parziale per aprire i primi varchi, ebbene, se questo é, compag[...]

[...]gi, pur troppo, non è piú che un cadavere, ed i Partiti che si galvanizzano nel culto dei cadaveri corrono il pericola di essere per sempre ammorbati e resi impotenti.
Consideriamo la realtà vera. Poiché l'adesione alla Terza Internazionale richiede una determinata linea di condotta, e poiché una parte dei compagni, e seconda me hanno ragione, non vogliono staccarsi dalla Seconda Internazionale, è evidente che l'unità del Partito non c'è piú, e perché allora il vostro nobile sforzo, il vostro fervore di polemica, talvolta troppo aspra, per salvare ciò che non c'è piú?
I compagni comunisti unitari, mentre credono di salvare ciò che piú non esiste, non è vero che creano l'unità del Partito. Contribuiscono alla sua divisione, ma nel modo piú illogico, il piú irrazionale, il piú contrario alla verità (applausi da parte dei comunisti), poiché essi si separano dai piú vicini per andare coi piú lontani. (Applausi da parte dei comunisti). Essi abbandonano la frazione comunista, che avrà i suoi piccoli eccessi giovanili, ma che nella parte dei suo[...]

[...]i piú lontani. (Applausi da parte dei comunisti). Essi abbandonano la frazione comunista, che avrà i suoi piccoli eccessi giovanili, ma che nella parte dei suoi capi piú giovani è la nuova forza del nostro Partito, l'abbandonano per andare con coloro da cui dicono di essere piú lontani, e questa non è unità, è divisione, peggio ancora, è l'unità tra i piú lontani, contro la unità dei piú vicini ! (Vivissime approvazioni da parte dei comunisti).
Perché, amici, se al disopra delle nostre passioni personali, al di sopra del desiderio di vincere ci fosse in tutti noi — me compreso, ben si comprende — l'amore alla classe operaia, al proletariato, al comunismo rivoluzionario, allora potrei dire ai compagni comunisti unitari: voi potrete vincere al Congresso, ma che cosa creerete? Creerete un edificio sull'arena, creerete, senza volerlo, il Partito indipendente in Italia ! Sarà piú a sinistra del Partito indipendente tedesco, perché gli italiani, a parole, sono sempre piú a sinistra di tutti... (Ilarità. Applausi ironici. Commenti animatissimi). [...]

[...] nostre passioni personali, al di sopra del desiderio di vincere ci fosse in tutti noi — me compreso, ben si comprende — l'amore alla classe operaia, al proletariato, al comunismo rivoluzionario, allora potrei dire ai compagni comunisti unitari: voi potrete vincere al Congresso, ma che cosa creerete? Creerete un edificio sull'arena, creerete, senza volerlo, il Partito indipendente in Italia ! Sarà piú a sinistra del Partito indipendente tedesco, perché gli italiani, a parole, sono sempre piú a sinistra di tutti... (Ilarità. Applausi ironici. Commenti animatissimi).
No, amici, al di sopra della buona volontà o delle illusioni perso
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nali, la storia si impone a tutti, e questo Partito nuovo, che in nome della unità avrà spezzato l'unità, che in nome della forma avrà ucciso la sostanza, che in nome della lettera avrà ucciso lo spirito, questo Partito messo domani tra la Terza Internazionale comunista da una parte e la destra dall'altra, questo Partito messo tra queste due correnti contrarie, necessariamente si sfalderà e a poco a poco la[...]

[...]questo processo è nella storia, è nella esperienza di tutti i paesi, questo processo compitelo fino da adesso !
Io dico alla parte piú comunista, piú sinceramente comunista della frazione del centro, della frazione dei comunisti unitari, poiché questo sbloccamento avverrà domani, attraverso perdite di tempo, attraverso scosse violente, poiché questo passo è fatale, il vostro scopo dovrebbe essere quello di facilitare fino d'oggi questo evento.
Perché quale è la formula sulla quale si basano per la loro ricostruzione del Partito i comunisti unitari? E la formula per cui il nostro glorioso Lazzari ha detto poco fa: « Ma se le cose sono andate cosí per 20 anni ! ».
No, compagno Lazzari, tu che sei nella tua persona fisica uno dei piú tipici rappresentanti del nostro Partito, tu sei caduto in un errore. Perché quale è la formula che il nostro Partito ha adottato tante volte? La formula « Libertà di pensiero e disciplina nell'azione ». E questa formula è giusta, ma entro certi limiti è giusta: quando la differenza non è di scuola, non è profonda, ma riguarda questo o quel dettaglio, sia pure importante, dell'azione. Ed io stesso questa formula la difesi in un periodo storico in cui era applicabile, perché le divisioni non erano troppo forti, ma ci sono stati momenti in cui il nostro Partito quella formula non l'ha adottata, perché ha riconosciuto che le differenze nel pensiero tra gli uni e gli altri erano troppo gravi e diventavano il suicidio e la contraddizione nell'azione.
Ed il nostro Partito già una prima volta a Genova, quando Filippo Turati, piú giovane per le lotte della storia, era ancora piú di oggi utile al nostro Partito, si separò dagli anarchici, nel 1892, perché riconoscendo negli anarchici una concezione ed una pratica diversa, non poteva ammetterli nello stesso Partito, e disse: « Qui non c'è luogo a libertà di persone; due scuole che si cozzano tutti i giorni non sono un partito, sono due partiti ».
Ed un'altra volta il Partito ha ragionato cosí; quando ci fu la con
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sezione sindacalista rivoluzionaria, il Partito ad un certo momento disse che quella concezione era aberrante dal Partito, ed aveva ragione, perché portandolo allo sciopero tutti i giorni, portava al culto dello sciopero generale, rendendo impossibile anche l'azione di conquista [...]

[...]do negli anarchici una concezione ed una pratica diversa, non poteva ammetterli nello stesso Partito, e disse: « Qui non c'è luogo a libertà di persone; due scuole che si cozzano tutti i giorni non sono un partito, sono due partiti ».
Ed un'altra volta il Partito ha ragionato cosí; quando ci fu la con
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sezione sindacalista rivoluzionaria, il Partito ad un certo momento disse che quella concezione era aberrante dal Partito, ed aveva ragione, perché portandolo allo sciopero tutti i giorni, portava al culto dello sciopero generale, rendendo impossibile anche l'azione di conquista graduale, che, specialmente allora, prima della guerra, dava degli utili risultati, e rendendo imponente il movimenta politico.
Ebbene, questi due esempi vi dicono che il Partito ha applicato la formula quando era il caso, non l'ha applicata quando non era il caso. Orbene, come il Partito non ha applicato la formula di fronte agli anarchici, né di fronte ai sindacalisti rivoluzionari, allo stesso modo il Partita ha commesso un grave errore, quando a Bologna ha c[...]

[...]ando non era il caso. Orbene, come il Partito non ha applicato la formula di fronte agli anarchici, né di fronte ai sindacalisti rivoluzionari, allo stesso modo il Partita ha commesso un grave errore, quando a Bologna ha creduto di poter conservare la disciplina, lasciando la libertà del pensiero.
Lo dissi e lo ripeto: quando dei compagni ci vengono a dire: voi avete votato il programma di Bologna, ma noi restiamo fedeli al programma di Genova, perché quello di Bologna è errato, da quel giorno nel Partito ci sono due programmi, cioè c'è l'impotenza, la contraddizione, ci sono due scuole, due parti incompatibili.
E, amico Lazzari, ecco perché è parzialmente vero quello che tu dici, ma è anche vero quello che dico io, che il Partito, nei momenti piú gravi, in cui le differenze di idee e di pensiero erano profonde, non ha applicata la formula.
E mai la differenza è piú profonda di oggi; la differenza tra noi e gli anarchici e i sindacalisti è molto meno grande di quelle che sono le differenze, oggi, tra coloro che tacitamente od esplicitamente hanno simpatia per una Seconda e mezza Internazionale, e coloro che hanno simpatia solo per la Terza Internazionale; le differenze nel problema della democrazia e della conquista del potere, [...]

[...]o affermato tassativamente che il programma del Partito comunista si è che le tesi e le condizioni vanno accettate per convinzioni e vanno applicate subito; questo non l'ho trovato, l'ho chiesto a molti compagni, ho cercat9 nei limiti modesti delle mie forze di persuadere loro di questa necessità, ma per quanti sforzi abbia fatto i miei sforzi sono riusciti vani.
È venuta adesso la relazione Baratono, ma la relazione Baratono è contraddittoria, perché, se da una parte sembra accettare la formula, dopo le polemiche, insufficiente, della disciplina anche nel pensiero,
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d'altra parte invoca l'autonomia a difesa della vecchia applicazione, e quindi il compagno Baratono si deve decidere, perché mi pare che finora nella sua relazione vi siano ancora due concetti contrastanti e tra loro incompatibili.
A coloro che diranno « voi volete perseguitare la libertà di pensiero », dico che sono troppo incrollabilmente professore per non amare la libertà di pensiero, ma dico anche che quando ci sono due scuole in uno stesso Partito, quando ci sono due concezioni diverse sul terreno politico, sul terreno filosofico, sul terreno sociale, non c'è che un modo solo di rispettare la libertà di pensiero: mettersi nella condizione che questo pensiero possa diventare azione. Fate voi la vostra opera i[...]

[...]à di pensiero: mettersi nella condizione che questo pensiero possa diventare azione. Fate voi la vostra opera in nome della vostra libertà di pensiero e di azione, noi la rispetteremo, ma lasciate al Partito che veramente si chiama comunista, di fare esso la sua volontà di esplicazione. (Applausi da parte dei comunisti).
Compagni, ho finito, ma io devo dire che noi dobbiamo una parola anche ai compagni della frazione comunista.
Noi accettiamo, perché siamo comunisti, senza entrare nei piccoli dettagli di forma, accettiamo lo spirito e la lettera del programma della frazione comunista e della mozione di Imola, ma in un solo punto dissentiamo dai nostri compagni e dissentiremo perché crediamo che il nostro dissenso possa essere utile. Vi dirò quando é che cesserà. Prima della fine del Congresso sarà cessato. (Commenti da parte dei socialisti).
Noi dissentiamo in una sola cosa dalla formula con la quale voi volete riorganizzare il Partito. Io mi rendo conto delle formalità, dirò cosí, giuridiche e disciplinari, mi rendo conto che il nostro Partito era già aderente alla Terza Internazionale, ed il Convegno di Reggio può essere accusato di indisciplina, ma al di sopra delle piccole, e non grandi questioni di forma e di disciplina, c'é una grande questione, una questione, os[...]

[...] questione, una questione, oserei dire, di tatto politico che é nell'interesse del Partito, secondo noi, e della massa operaia.
Voi, con la vostra formula che avete fatto? Voi dite: « Sono esclusi tutti coloro che sono stati a Reggio Emilia ». E voi dite nella seconda parte: « Sono esclusi tutti coloro che non dichiarano, ecc., ecc. ».
Ora dico: la prima parte della vostra formula, si spiega. Avrà magari, non lo nego, esercitato una influenza, perché ha esasperato la situazione e l'ha in un certo senso precipitata piú verso sinistra, ma effettivamente in sostanza questa formula ha urtato il sentimento uni
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tario di tanti nostri buoni compagni, e quindi sembra che nominare tassativamente un gruppo di compagni sia quasi dare una schiaffo personale che rompe sanguinosamente tutta un'era di amicizie e di ricordi.
D'altra parte non è necessario dare un'impronta personalistica, o che paia tale, perché la Terza Internazionale non la vuole e non la desidera, e l'interpretazione vera del punto 7° è che tutti coloro che accettano per convinzio[...]

[...] esasperato la situazione e l'ha in un certo senso precipitata piú verso sinistra, ma effettivamente in sostanza questa formula ha urtato il sentimento uni
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tario di tanti nostri buoni compagni, e quindi sembra che nominare tassativamente un gruppo di compagni sia quasi dare una schiaffo personale che rompe sanguinosamente tutta un'era di amicizie e di ricordi.
D'altra parte non è necessario dare un'impronta personalistica, o che paia tale, perché la Terza Internazionale non la vuole e non la desidera, e l'interpretazione vera del punto 7° è che tutti coloro che accettano per convinzione le tesi e le condizioni, e vogliono applicarle subito, hanno pieno diritto di cittadinanza nel Partita. Perché dobbiamo chiudere un mese e mezzo prima le porte di ingresso?
Le porte siano aperte fino all'ultimo, la parola ultima sia pronunziata all'ultimo momento, e lasciamo ai piú vecchi la speranza che le perdite siano ridotte al minimo strettamente necessario. (Applausi).
E d'altronde, perché conservare quella prima parte, che si è prestata alla reazione sentimentale dei compagni unitari, quando, in sostanza, essa è diventata inutile, perché superata dagli eventi? Non voglio offendere alcuno, ma guai se entrassimo a discutere la buona fede di ciascheduno ! E dico che, sotto un certo punto di vista, quasi quasi preferisco alcuni compagni che rimangono fedeli a Filippo Turati ed a Reggio, che altri compagni che sono andati ad ingrossare, con soverchia rapidità, l'ala destra dei comunisti unitari. (Applausi da parte dei comunisti).
Non voglio lanciare sospetti, ma dico che i comunisti unitari sono forse troppo pochi come unitari ma sono troppi come comunisti !
E allora dico — almeno credo di poterlo dire, per quanto non abbia anco[...]

[...]estra dei comunisti unitari. (Applausi da parte dei comunisti).
Non voglio lanciare sospetti, ma dico che i comunisti unitari sono forse troppo pochi come unitari ma sono troppi come comunisti !
E allora dico — almeno credo di poterlo dire, per quanto non abbia ancora avuto una intesa completa con i miei pochi amici — che, secondo noi, la vera formula di riorganizzazione del Partito, dovrebbe essere tale che dicesse, senza entrare nel passato, perché questo non è necessario assolutamente di fare, che, da ora innanzi, prima che il Congresso si chiuda, tutti coloro i quali non dichiareranno di accettare per libero consenso le tesi e le condizioni della Terza Internazionale e non si impegneranno di applicarle subito, finito il Congresso, costoro, con nostro dolore, si renderanno incompatibili con la loro permanenza nel Partito e nella Terza Internazionale. (Applausi da parte dei comunisti).
È una formula la quale può permettere a molti compagni di superare il sentimento che ci angoscia tutti e di meglio affrettare la dolorosa realtà della s[...]

[...]ere a molti compagni di superare il sentimento che ci angoscia tutti e di meglio affrettare la dolorosa realtà della storia.
Ho finito. Io chiudo dicendo: compagni, noi abbiamo uno scopo solo: che se la divisione deve avvenire, è inevitabile avvenga a destra
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anziché a sinistra, avvenga separando i piú lontani, anziché i piú vicini, ma se malgrado la nostra buona volontà e l'onestà dei nostri fini ciò non dovesse avvenire, noi, disciplinati perché liberi, liberi perché disciplinati, di fronte alla Terza Internazionale, voteremo per la Terza Internazionale, voteremo per la frazione comunista. (Applausi da parte dei comunisti).
Viva la Terza Internazionale. Viva la Repubblica dei Soviety (Applausi vivissimi).
(La seduta termina alle ore 20)
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da Saverio Montalto, Memoriale dal carcere in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: [...]ome un giorno agognavo di poter raccontare certi fatti della mia vita con la mente sgombra e serena! Ma i Fati, forse per loro ragioni speciali, non hanno permesso ed

io raccolgo le ultime forze che mi avanzano e mi sottometto ancora una volta alle loro imposizioni! E se non temessi di essere tacciato da pusillanime dal resto degli uomini, oserei affermare che in certi momenti delFindividuo, solo il nulla può essere Tunica ancora di salvezza. Perché, perché, mi domando, Tu, o regolatore del Mondo, hai voluto scegliere me per attore a rappresentare una delle più orribili tragedie della realtà ? Non ero parte anch’io del tuo complesso organismo, oppure sono stato uno degli indegni? Non mi sembra, perché anch’io, per la mia poca parte, ti ero servito al comun scopo di bene! E spero almeno riconoscerai, che la tua intenzione non è stata quella di far rivivere un secondo Caino!

(*) L’autore del presente memoriale, Saverio Montalto, era un modesto impiegato comunale in un paese qualunque della Sicilia. Aveva fatto la prima guerra mondiale con le classi più giovani, era stato ferito e fatto prigioniero. Ritornato al suo paese natale ed ottenuto un posto di impiegato nel comune di un paese vicino, si era dato ad una vita disordinata confondendosi con la borghesia inutile e vana che lo circondav[...]

[...]andomi di quando in quando anche la notte a M... Io, è notorio, ho voluto sempre bene ai miei parenti facendo nei limiti del possibile non lievi sacrifici per loro, ma per questa mia sorella poi nutrivo, fin d’allora, un affetto speciale. Me la ricordavo piccina piccina di quando la mamma ci aveva abbandonati morendo e quel che contava di più era il fatto che vedevo che lei sapeva comprendermi bene anche nei discorsi un po* fuori del comune, sia perché aveva fatto la sesta elementare e letto abbastanza, sia perché come intelligenza di donna si elevava al disopra delle altre che io conoscevo. E, del resto, come può nascere un vero affetto ed una vera amicizia anche fra familiari senza una comprensione perfetta e reciproca? E qui non posso fare a meno a non ricordarmi di quando ultimamente i componenti la famiglia Armoni, ed in ispecie mia moglie e mio cognato Giacomo, non sapendo che cosa rispondere ad alcune parole di mia sorella, sentendosi punti sul vivo e che non potevano fare a meno a non riconoscere la loro meschinità, esclamavano sarcasticamente: « Già, ci dimenticavamo che è intelligente come il[...]

[...]al mondo meschino della provincia, un altro mondo, più Ubero e puro, quello della fantasia e del pensiero.

Sposa poi in circostanze poco chiare una ragazza di quella famiglia che aveva preso a dominarlo, ricattandolo specialmente con la persecuzione della sorella, da lui amata teneramente, e si chiude sempre più in un suo segreto dolore. Infine, scoppia fulminea e travolgente la tragedia: uccide la sorella, ferisce la moglie ed il cognato.

Perchè lo fece? In questo memoriale, scritto in sua difesa nel carcere, durante il periodo istruttorio, vi è una risposta: un tentativo sincero e profondo di spiegare quelli che sono i motivi misteriosi delle azioni umane. Si ha non solo un documento umano di grande valore, malgrado le probabili riserve consigliate dalla difesa, ma una rappresentazione di vita, pregevolissima. L’autore ha saputo scavare nel mondo tenebroso delle sue passioni, dominandole con la forza della sua fantasia trasfiguratrice. Schiavo degli altri, nella condizione più orribile che si possa immaginare, si è reso libero da sé[...]

[...]onna di sorvegliarla e di non dirle niente che io sapevo già il fatto almeno finché non mi fossi informato del come e del quanto.

A N... venni a sapere che veramente c’era un assai modesto commerciante di tessuti a nome don Cesare Armoni oriundo da T..., che

10 conoscevo già di vista, padre del Giacomo e di altra numerosa prole, ma che lui ed in ispecie la moglie non ne volevano sapere affatto di questo matrimonio del figlio e ciò non solo perché c’era prima una figlia da collocare sicuramente, a dir loro, con un professionista o medico o avvocato, ma anche perché principalmente pretendevano che

11 loro figlio così bello, così grande affarista, così temuto che dove passava lui tremava la terra ecc. ecc. doveva sposare almeno almeno una principessina milionaria e di alto lignaggio e non mai una donna povera e di basse condizioni sociali come mia sorella. Seppi anche che il Giacomo era un giovanottino di primo pelo installato con una botteguccia di tessuti nella via Vecchia di T... rinomata allora nel paese perché ci abitava il fior fiore della prostituzione e che il giovanottino non solamente spandeva e spendeva, come si suol dire, interesse e capita[...]

[...]ncipalmente pretendevano che

11 loro figlio così bello, così grande affarista, così temuto che dove passava lui tremava la terra ecc. ecc. doveva sposare almeno almeno una principessina milionaria e di alto lignaggio e non mai una donna povera e di basse condizioni sociali come mia sorella. Seppi anche che il Giacomo era un giovanottino di primo pelo installato con una botteguccia di tessuti nella via Vecchia di T... rinomata allora nel paese perché ci abitava il fior fiore della prostituzione e che il giovanottino non solamente spandeva e spendeva, come si suol dire, interesse e capitale, ma per quanto ambiva passare per valoroso capo dell’onorata società, il che, naturalmente, i delinquenti locali glie lo lasciavano fare, sempre, s’intende col loro tornaconto e guadagno. Per allora non seppi altro, ma in seguito venni ad appurare ancora che i genitori non solo erano orgogliosi e contenti di questo comportamento del loro Giacomo,MEMORIALE DAL CARCERE

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ma che una volta, dato che una persona bempensante del paese di T... aveva c[...]

[...]ebbe abbandonata. Ma lei non volle sentire ragione e mi disse che quand’anche i genitori del suo amato non avessero voluto acconsentire presto al matrimonio, lei avrebbe atteso finché lui non si fosse emancipato e reso libero ed indipendente da loro. Per il fatto della differenza d’età aggiunse che lei era sicura del fatto suo. Mi disse anche che l’affetto di fratello era un conto e l’affetto di fidanzato era un altro e che era inutile insistere perché lei ormai non poteva ritornare più sui suoi passi. Io rimasi costernato ed appresi solamente in quel momento quale forza e potenza adopera la natura per poter perpetuare la specie. Non sapevo più che fare e che combinare ed intanto pensavo che se quell’individuo aveva soggiogato fino a quel punto mia sorella doveva essere effettivamente un essere temibile e straordinario. Mi chiusi nella mia stanza, mi vidi avvilito ed annichilito mentre sentivo che un freddo caratteristico di paura m’invadeva per tutte le membra. Quell’individuo, attraverso l’immaginazione, dato che ancora neanche lo conosce[...]

[...]enitori e poi si vedrà! ».

« I miei genitori per ora non possono venire! Ma non importa! Voi intanto mi ammettete in casa e poi quando ritornerò dal soldato mi sposerò! ».

« Ma avete pensato che non è giusto ammettere in casa un ragazzo come voi figlio di famiglia? E poi mia sorella ha ventiquattr’anni e voi appena diciotto. Che l’uomo sia più grande in età è meglio, ma per la donna non è così! ».

« Io non sono un ragazzo come voi dite, perché io mi sento più a posto di coloro che sono grandi! Riguardo poi alla differenza d’età ho molto piacere che sia proprio così! Ed allora accettate o non accettate? ».

«Pel momento, mi dispiace; ma non posso accettare nulla».

Il giovanotto a questo punto si allontanò senza, se ben ricordo, neanche salutare.

Passarono diversi mesi. Io intanto cercai di dissuadere sempre più mia sorella con ogni mezzo compreso quello di allontanarla momentaneamente da M... mandandola a R... dall’altra mia sorella sposata, ma tutto fu tentato inutilmente.

In seguito venni a sapere che il giovanotto freq[...]

[...]rima volta che pensai al suicidio, ma avvicinatomi ad un certo punto al tiretto ove c’era l’arma, la stessa paura mi teneva legate le braccia. Pensavo con raccapriccio: «A che serve possedere la pistola quando non si ha la forza di adoperarla al momento opportuno? » e fui tentato di prenderla ed andarla a buttare in un pozzo vicino. Ma ancora la stessa paura non mi lasciava buttare neanche l’arma nel pozzo. Quando dopo diversi giorni uscii fuori perché non potevo fare più a meno, camminando per la via tenevo la testa bassa, giacché avevo la sensazione che la gente, già a parte dei fatti miei, mi sorridesse sardonicamente in faccia. Anzi, tutte le persone che mi passavano vicino, avevo l’impressione che mormorassero sordamente: «Vile, vile! Ah, ah! Che campi a fare ormai? Sì, sì; non solo vile, ma anche becco! Ah, ah! ». E ci volle molto tempo perché mi persuadessi in qualche modo che poi, in fondo, la gente si preoccupava dei casi miei tanto e non quanto. Mi rammento che in questo periodo un giorno incontrandomi col mio collega Giovanni Mollica, mi disse: «Ho saputo che Giacomello è fidanzato con tua sorella. Stai attento che dopo che le mangia quello che ha, la piglia a bastonate e la caccia via ». Io finsi di non capire e così passò anche questa. Superata la vera crisi decisi, in via d’accomodamento provvisorio, di abbandonare mia sorella al suo destino e pregai anche mio padre e le altre mie sorelle di non occuparsene più neanche loro[...]

[...]Mollica, mi disse: «Ho saputo che Giacomello è fidanzato con tua sorella. Stai attento che dopo che le mangia quello che ha, la piglia a bastonate e la caccia via ». Io finsi di non capire e così passò anche questa. Superata la vera crisi decisi, in via d’accomodamento provvisorio, di abbandonare mia sorella al suo destino e pregai anche mio padre e le altre mie sorelle di non occuparsene più neanche loro. Ma non era questa la vera via d’uscita, perché ora più di prima amavo mia sorella e benché mi sforzassi di non pensare più a lei, in alcuni istanti sentivo inavvertitamente che l’anima sanguinava per la sua perdita e che nel contempo l’avvilimento mi abbatteva sempre più e che la paura di dovermi incontrare da un momento all’altro con quell’individuo, mi atterriva anche sempre più. Infatti, quando alcuni mesi dopo andai a M... per prendermi i libri e le altre cose che mi occorre130

SAVERIO MONTALTO

vano, in modo di non avere occasione di ritornarci più, e m’incontrai nella mia casa coll’Armoni, e con un’altra faccia che neanche ebb[...]

[...]e senza sapere ove ero e ove mi trovavo.

Dopo qualche tempo credei di aver trovato il rimedio di tutti i mali: avevo comprato da poco l’automobile e mi misi a scorazzare di qua e di là insieme agli amici in cerca di felicità attraverso ogni sorta di svago e divertimento colla speranza di far tacere il tormento che per partito preso tenevo celato in fondo al cuore. Qualcuno in quel tempo mi prese per pazzo, e credo che non aveva tutti i torti, perché sciupavo a destra e a manca non solo tutto quello che guadagnavo ma anche ciò che avevo potuto realizzare vendendo parte della mia poca proprietà e quando non potevo avere danaro diversamente prendevo a prestito presso banche e privati che mi davano credito.

Arrivai così verso la metà del 1930 e mi trovavo oberato di debiti e mezzo rovinato. In questo frattempo erano avvenuti vari mutamenti. Gli Armoni erano falliti ed avevano liquidato tutto rimanendo sul lastrico, e, del resto, non poteva andare altrimenti, data la loro stupidaggine ed inettitudine, tanto vero che quando si voleva nel pa[...]

[...]’Armoni l’aveva posseduta già, dato che da molto tempo prima che fosse partito per soldato, facevano vita comune e quasi maritale. Seppi pure che in quei giorni mia sorella stava contrattando per vendersi anche la casa, giacché l’amante le chiedeva insistentemente ancora altro danaro, ma siccome della casa figuravo io il proprietario, mandai a dire ad un certo Pantaleone Nicodemo che limitava e che perciò voleva comprarla di non fare alcun passo perché la casa era mia e così la casa non fu venduta. Intanto dopo alcuni mesi il Giacomo Armoni ritornò dal soldato e venni a sapere che ora che mia sorella non aveva più nulla cercava di allontanarsi pian piano e che nonMEMORIALE DAL CARCERE

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intendeva più sposarla. Mia sorella di questo fatto aveva avuto anche lei sentore ed aveva dichiarato che quando diventava certa e sicura che l’Armoni non l’avesse più sposata sarebbe andata a gettarsi di notte tempo in un pozzo vicino al paese. Più tardi venni a sapere ancora che se io mi fossi messo in mezzo impegnandomi di sborsare agli Armoni un[...]

[...]casa

11 Giacomo Armoni, il quale senza tanti preamboli mi disse : « Se volete che sposi vostra sorella mi dovete dare cinquemila lire! ».

« Sta bene! » dico io. « Sposatela immediatamente che l’avrete ».

« Ma io li voglio subito! ».

«Subito, subito, non ve le posso dare. Ma non dubitate che non appena sarete sposati ve le darò ».

Per quel giorno se ne andò; ma dopo pochi giorni ritornò per dirmi che non poteva sposare subito anche perché non aveva trovato casa e che in casa sua non c’era spazio sufficiente per alloggiare una nuova famiglia. Io gli risposi che poteva sposare subito lo stesso giacché pel momento lui e mia sorella potevano venire ad abitare con me dato che avevo cinque stanze ed abitavo solo, che non era il caso di fare inviti o altro, che per le poche spese di matrimonio ci avrei pensato io ed anche per il loro mantenimento finché non si fossero messi in condizioni di non avere bisogno di nessuno. Lui accettò e così decidemmo che all’indomani saremmo andati insieme ai suoi a M... per riconciliarmi con mia sorel[...]

[...]e. I due gemelli allora undicenni venivano per fare qualche servizietto e per trasportare Pacqtia dal vicino pozzo o dalla vicina fontana, il fratello Lorenzo l’attuale insegnante si trovava volontario a fare il, corso di allievo sergente, il fratello Giovanni c’era ma faceva solo qualche apparizione improvvisa e poi scappava via e le altre due sorelle Elena ed Iva l’attuale mia moglie che venivano dopo l’Aurora si vedevano anche loro raramente, perché impegnate, dicevano loro, l’Elena all’assesto della casa e la Iva a stare in permanenza nel negozio specie quando non c’era presente il padre, per vendere qualcosa di ciò che ancora vi era rimasto. Io, dato che li sapevo in ristrettezze, i presenti, e specialmente i genitori e l’Aurora, i quali erano, ripeto, in quel periodo i più assidui in casa mia, li facevo restare spesso a pranzo con noi o a cena. Dopo un certo tempo me ne accorsi che sia la madre che la figlia se ne venivano da noi tutte addobbate e impomatate e che non tralasciavano occasione per mettere in mostra la loro bellezza e le[...]

[...]empre la regina di N... e contorni e tutte le altre donne le quali si credevano per davvero signore perbene, in confronto a lei dovevano nascondersi, giacché tutte sommate assieme non valevano nemmeno il dito mignolo del suo piede; e, a questo punto, quando ci trovavamo soli, soleva aggiungere: «Ma sono stata sfortunata! Non per causa mia, ma per causa di mio marito, di quello stupido, di quello sciocco che non ha voluto ascoltare le mie parole, perché sennò ora non ci troveMEMORIALE DAL CARCERE

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remmo a questo stato e con una figlia di ventiquattr’anni in casa. E non perché non ha avuto matrimoni a bizzeffe, perché tutto il mondo conosce la sua straordinaria bellezza, la sua grande onestà ed ingenuità, la sua intelligenza che ciò che vede cogli occhi fa con le mani, senza parlare poi di quello che sarebbe capace di fare lei in una casa che son sicura che dal niente la farebbe salire alle stelle. Anche ora abbiamo un matrimonio per le mani, un certo Mico Spezzano di R... che sta diventando pazzo, ma io non voglio perché so che suo padre è un uomo di quelli... mi capite? Ma ci ha colpa mio marito! Ma lui me l’ha pagata! Sapete che io non lo voglio più vedere e che siamo divisi? È da tanto tempo che dormiamo ognuno per conto nostro. Ed è stato anche per causa sua che i miei fratelli, quello che sta qui a N... e quello dell’America mi hanno abbandonata e non vogliono più saperne di me. Ma a me interessa poco anche di loro. Mi accontento che le mie figlie ed i miei figli facciano i servi, ma da loro non vado. Però io spero che il Signore m’aiuterà e che quanto prima sposo le mie figlie, giacché per i maschi non [...]

[...]stro. Ed è stato anche per causa sua che i miei fratelli, quello che sta qui a N... e quello dell’America mi hanno abbandonata e non vogliono più saperne di me. Ma a me interessa poco anche di loro. Mi accontento che le mie figlie ed i miei figli facciano i servi, ma da loro non vado. Però io spero che il Signore m’aiuterà e che quanto prima sposo le mie figlie, giacché per i maschi non ci penso affatto, e così poi voglio divertirmi e scialarmi, perché io ancora sono giovane e bella ed è proprio ora che incomincio a gustare e a capire che significa divertimento, perché fino ad ora, si può dire, che sono stata una ragazzina ingenua! Io e voi non sembriamo di eguale età, non è vero? », Io sorridevo e non potevo fare a meno a non acconsentire a tuttocciò che diceva. La figlia poi sembrava per davvero un’angela calata dal paradiso: nei modi, nel comportamento, nella benevolenza verso mia sorella, per quanto verso di me si mantenesse alquanto riservata e noncurante: si notava in lei solamente un certo incedere risoluto, altero e spigliato che mentre da un lato la rendeva più attraente ed intraprendente dall’altro poteva far pensare piuttosto ad una donna navigat[...]

[...] suo cuore, ma noi, noi eravamo ancora qualcosa più di lui! Anche don Cesare ed il resto dei figli, quantunque meno espansivi, si dimostravano a quell’epoca affettuosi, obbedienti e riverenti. Giacomo ora verso di me sembrava avere anche soggezione e sottomissione e mi fece ricredere in gran134

SAVERIO MONTALTO

parte di tutta la mia paura che un tempo avevo nutrito verso di lui. Ed io ci credevo a tutto, avevo considerazione e compassione perché la sfortuna aveva voluto metterli in quelle condizioni e mi attaccavo sempre più a loro, perché vedevo che ormai mia sorella era felice e ciò m’interessava più di tutto. Un vero conoscitore del mondo al mio posto forse avrebbe pensato: «Guarda com’entri, e di cui tu ti fidi: non t’inganni l'ampiezza dell’entrare ». Ma io non conoscevo ancora la vita, dappoiché, fino allora, benché avessi già trentatré anni, avevo semplicemente vissuto la vita e, sia pure, attraverso varie vicende più

o meno dolorose. E la vita per essere conosciuta occorre che sia pensata e meditata e non solamente vissuta. Anche il bambino vive, ma non può dire di conoscere. E poi, in verità, c’era da pensare poco a[...]

[...]noscere. E poi, in verità, c’era da pensare poco a certe cose: i debiti pressavano e bisognava pagare almeno gl’interessi e il peso della nuova e complessa famiglia si faceva sentire e come, considerato anche che il suocero di mia sorella aveva incominciato, oltre al resto, a chiedere spesso benché sotto titolo di prestito, specie quando non poteva aggiustare diversamente per la spesa giornaliera, del danaro, che io facevo di tutto per dare, sia perché non volevo figurare che stavo in brutte acque sia che mi sentivo obbligato per le cinque mila lire che avevo promesso a mio cognato Giacomo. Per fortuna che allora godevo anche della nona categoria di pensione per una ferita riportata in guerra e così in qualche modo me la cavavo bene. Avevo smesso anche da un pezzo di andare al circolo, non facevo più spese inutili e pazzesche e dato ora che c’era mia sorella, quando non avevo altro da fare, o restavo in casa oppure mi recavo dagli Armoni ovvero andavo a sedermi nel loro negozio. In uno di questi giorni mi vidi chiamare dal sarto Antonio De [...]

[...]e anche lei si trova un po’ male, di tanto in tanto debbo mandare qualcosa. Per te e per tuo marito, per il momento, ci penserò io a tutto ed anche per la sua famiglia per quanto posso. Intanto cercherò di sposarmi, giacché ormai che tu sei a posto, posso farlo senz’altro e così con la dote che prenderò si aggiusterà ogni cosa. E poi, se anche oggi vi dessi queste cinquemila lire, cosa fareste? Il negozio non ve lo potete impiantare sicuramente, perché cinquemila lire non bastano neanche per le tasse che si debbono pagare. Perciò conviene aspettare, perché intanto forse i tempi cambieranno e da cosa nasce cosa ».

«Per me figurati! Era per te che io mi preoccupavo, perché pensavo che volessi stare libero. Ma ormai che è così, per noi tanto di guadagnato. Significa che quando ti sposerai poi se ne parlerà. Del resto neanche Giacomo ha detto più nulla, perché sa bene che con cinquemila non c’è niente da fare e che se ne andranno di qua e di là senza alcuno profitto. Io penso però che le voleva per Aurora, ma ormai che hanno scombinato il matrimonio, credo che non ci pensa più neanche lui. E poi come potevano fare? Se non hanno, come si dice, neanche per comprarsi il pane? Come facevano a dare le diecimila lire che il padre di Spezzano chiedeva? ».

Passarono diversi mesi. In questo frattempo mi era capitato un fatterello degno di essere raccontato. Ad un certo punto me n’ero accorto che la madre di mio cognato anziché venire da noi in compagnia [...]

[...]vergognoso. Da quel giorno mi mostrai meno cordiale e così lei, capita l’antifona, si fece vedere più di raro e quando ora veniva a casa mia, veniva sempre con la figlia Aurora o in compagnia di altri. La figlia dopo scombinato il matrimonio, si mostrò con me meno altera e più espansiva di prima e con mia sorella più affettuosa che mai. Ma io ormai avevo capito tutto e, benché in fondo l’amassi, cercavo di evitarla il più che mi fosse possibile, perché avevo un certo timore che si potesse accorgere di qualche cosa mio cognato ed un matrimonio tra me e lei, per un complesso di circostanze, specie economiche come ognuno può immaginare, non era mai possibile e particolarmente in quel momento. Una sera infatti, che mio cognato ci trovò soli nella stanza da lavoro, dato che mia sorella si era allontanata momentaneamente non ricordo più per quale motivo, io rimasi assai male e cambiai colore. Ma lui trovò la cosa semplice e naturale come se nulla fosse, o per lo meno credè opportuno di trovarla, e così io, come Dio volle, dopo un po’ ripigliai l’[...]

[...]arsi solamente delle cose di casa sua e non di quelle degli altri. D’allora in poi rimasero tutti nemici. A questo proposito mi viene a mente che verso gli ultimi tempi mia sorella un giorno mi diceva che la suocera di tutti parlava male in N... tranne del geometra Anguria e della sua famiglia e che una volta aveva solennemente dichiarato che quella donna che avesse sposato il geometra Anguria poteva reputarsi la donna più fortunata della terra, perché il geometra Anguria era il servo delle donne.

Ad ottobre sgravò mia sorella ed io dovetti pensare a tutto compreso all’onorario della levatrice ed ai viaggi dell’automobile di andata e ritorno dalla Marina di C..., considerato che la levatrice condotta138

SAVERIO MONTALTO

di N... non si era potuta chiamare perché era nemica colla madre di mio cognato. Fu verso questo periodo se non mi sbaglio che pregai il podestà di prestarmi duemila lire, il quale gentilmente me le diede e di ciò gli sono stato sempre grato, non solo perché altri non me le avrebbe date sicuramente, ma per quanto le avevo di grande ed urgente necessità. Non ricordo bene neanche se in questo frattempo dovetti vendere la macchina o poco dopo dato che ormai non la potevo più tenere.

Guarita mia sorella decisi di fidanzarmi e così un giorno le dissi:

« Anna, ormai intendo sposarmi, non solo perché così voialtri vi metterete subito a posto, ma anche per sfatare ciò che si dice per il mio fidanzamento con Aurora. Io vorrei sapere chi è stato che ha potuto mettere in giro questa fandonia! ».

«Io non certo e credo neanche tu. E Giacomo neanche perché sa bene che se tu non sposi una con dote, siamo tutti rovinati ».

«Ma come possono pretendere certe cose, se sono io, si può dire, che vi sto campando a tutti? ».

«Intanto lo pretendono. La madre e gli altri, pur di sposarla, sarebbero capaci di farci andare tutti quanti di porta in porta a chiedere Pelemosina. Me Phan fatto capire chiaramente. Anzi la madre mi ha detto che se lei ha acconsentito al mio matrimonio, ha acconsentito proprio per questo e che se tu la sposi, poi non si preoccupa più, neanche se la tieni come una donna qualsiasi. Però Giacomo, son sicura, che non c’entra».
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[...]retendono. La madre e gli altri, pur di sposarla, sarebbero capaci di farci andare tutti quanti di porta in porta a chiedere Pelemosina. Me Phan fatto capire chiaramente. Anzi la madre mi ha detto che se lei ha acconsentito al mio matrimonio, ha acconsentito proprio per questo e che se tu la sposi, poi non si preoccupa più, neanche se la tieni come una donna qualsiasi. Però Giacomo, son sicura, che non c’entra».

«Questo non avverrà mai! E non perché son poveri in canna, ma principalmente per altre ragioni che non è neanche il caso di ricordare. Si dicono troppe cose sul loro conto! ».

«Anche questo c’è? Ed allora che cosa vogliono?».

«Ed io penso che la colpa non è tanto della figlia quanto della madre. E tieni presente, giacché tu ormai sei anche madre di una figlia, che quando succede una qualche cosa in una famiglia la colpa è sempre della madre, giacché se non vede o finge di non vedere ciò che fa la figlia, significa che la commedia piace anche a lei. Finché è successo a te, dato che eri sola e non c’era nostra madre, e passi;[...]

[...]ando succede una qualche cosa in una famiglia la colpa è sempre della madre, giacché se non vede o finge di non vedere ciò che fa la figlia, significa che la commedia piace anche a lei. Finché è successo a te, dato che eri sola e non c’era nostra madre, e passi; ma per loro non c’è giustificazione che tenga. Perciò, ti prego, e magari lo dirai tu medesima ad Aurora con le buone maniere, che io non potrò fare mai un passo simile e ciò, s’intende, perché navighiamo tutti, economicamente, in brutte acque ».

Da questo momento incominciarono le mie peregrinazioni perMEMORIALE DAL CARCERE

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potermi sposare; e ci tengo che tutti coloro che sono convinti diversamente sappiano, che se allora tutti i miei fidanzamenti andarono a monte, la ragione vera non fu perché mio cognato Giacomo o altri della sua famiglia costrinsero la mia volontà a non sposare, no; e non solo perché non avevano alcun motivo a poterla costringere, ma anche perché mio cognato aveva molto piacere che io sposassi, dato che gli avevo promesso anche che con la dote che avrei preso, avremmo aperto in società un importante negozio di tessuti od altro, ciò che rappresentava allora il suo sogno. Se i miei fidanzamenti finirono male del resto, finirono male solamente ed esclusivamente per la fretta con cui venivano combinati e ognuno sa che tutto ciò che si fa con la fretta non si porta mai a compimento. E se mio cognato Giacomo non potè presenziare mai ai miei fidanzamenti ufficiali la colpa è d’attribuirsi semplicemente, non c’è vergogna a dirlo, al fatto che[...]

[...] non si porta mai a compimento. E se mio cognato Giacomo non potè presenziare mai ai miei fidanzamenti ufficiali la colpa è d’attribuirsi semplicemente, non c’è vergogna a dirlo, al fatto che momentaneamente, poveretto, non aveva neanche un vestito alquanto passabile per potersi presentare in una cerimonia simile. E giacché mi trovo, ci tengo a chiarire, fin da ora, che neanche quando poi, assai più tardi, mi decisi a sposare mia moglie, lo feci perché mi fu obbligato con la rivoltella in pugno dai suoi familiari, no; ma lo feci di mia pura e spontanea volontà, giacché nessuno aveva il diritto di obbligarmi ad un fatto simile, e per motivi che sicuramente non dimenticherò di dire fra poco. So bene che più d’uno asserì che mia moglie era già incinta all’atto del matrimonio, e, del resto, non si poteva non pensare altrimenti, data la fama e l’andamento della famiglia; però i fatti, in seguito, smentirono completamente le lord gratuite asserzioni, giacché per sfortuna o fortuna, io non lo so, mia moglie non ebbe mai figli.

Passò circa un an[...]

[...]moglie era già incinta all’atto del matrimonio, e, del resto, non si poteva non pensare altrimenti, data la fama e l’andamento della famiglia; però i fatti, in seguito, smentirono completamente le lord gratuite asserzioni, giacché per sfortuna o fortuna, io non lo so, mia moglie non ebbe mai figli.

Passò circa un anno e mezzo senza che io potessi sposare ed intanto erano successi diversi fatti. Avevo dovuto cambiare casa per due motivi: primo perché la famiglia Armoni aveva incominciato a dare fastidi al padrone di casa che abitava al piano terreno, per cui abbastanza seccato si era permesso di tenermi un discorso poco corretto, e poi anche perché avevo trovato una casa più corroda ed indipendente per me e che mi faceva risparmiare circa sessanta lire al mese. Don Cesare Armoni ad un certo punto, non sapendo più che pesci pigliare, dato che il negozio l’aveva chiuso definitivamente, decise di cedere a suo fratello un po’ di terra che gli restava ancora vicino a T... per millecinquecento lire e così con questo danaro se ne andò in Francia in cerca di fortuna. A ciò, in verità, l’avevo incoraggiato anch’io, giacché speravo che col tempo, come lui mi aveva promesso partendo, si140

SAVERIO MONTALTO

sarebbe richiamata colà tutta la f[...]

[...] quanto mai ammirati per non dire anche loro sconcertati. E non dimenticherò mai il fatto di quando una volta mia suocera ultimamente, non so più se in seguito ad una rissa alla quale sembra abbia preso parte anche il figlio Giacomo, giacché le risse in casa Armoni, di cui solo i vicini potrebbero dire qualcosa, erano all’ordine del giorno, ebbe a dichiarare: «Quando non c’è altro da fare,

io e le mie figlie, dato che ancora tutti ci vogliono perché siamo belle, ci metteremo sulla strada a chiamare chi passa e così staremo meglio d’ora...». Rifacendomi un po’ indietro debbo dire che dopo il mio primo fidanzamento, l’Aurora smise di frequentare la mia casa dimostrandosi con me indifferente e sprezzante; ma io, per far capire a tutti che li avevo trattati sempre come parenti e non per altre ragioni, continuai a frequentare, quando potevo, lo stesso la loro casa. Mia suocera però non si preoccupò affatto dell’Aurora e continuò anche lei nei miei rapporti ad essere tanto affabile e buona; e, senza perdersi d’animo, mandava ora a casa mia, co[...]

[...]i avevo trattati sempre come parenti e non per altre ragioni, continuai a frequentare, quando potevo, lo stesso la loro casa. Mia suocera però non si preoccupò affatto dell’Aurora e continuò anche lei nei miei rapporti ad essere tanto affabile e buona; e, senza perdersi d’animo, mandava ora a casa mia, colla scusa di aiutare mia sorella nelle faccende domestiche, considerato che la povera Anna era sola, diceva lei, Iva la mia attuale consorte. E perché, si potrebbe obiettare, non mandava l’altra, l’Elena, visto che l’Elena era più grande e quindi pronta per andare a marito? Eh, no! L’Elena non la poteva mandare per due ragioni essenziali. Prima perché c’era stata già una certa diceria con un certo Vincenzino Sofia figlio di marinaio, un bravo ragazzo in fondo, che sicuramente, se la mia suocera fosse stata una accorta e ottima madre di famiglia, avrebbe sposata l’Elena; ma poi anche perché l’Elena era un po’ bruttina e certamente non avrebbe fatta molta impressione sui miei sensi. La Iva allora aveva circa sedici anni ed era tutt’altro che brutta. Ma io non vedevo in lei la bellezza: vedevo l’inganno. Pensavo che quella ragazza lì, era costretta a rappresentare inconsapevolmente ed innocentemente una farsa poco pulita e tutto ciò mi rattristava e m’impietosiva. Ma qualcuno forse dirà: ma anche questo è amore? Sarà, ma io posso affermare che in quel momento sentivo solo pietà e compassione. E poi c’era mia sorella che aveva capito anche lei tutto il retroscena e sorvegliava e no[...]

[...] ed innocentemente una farsa poco pulita e tutto ciò mi rattristava e m’impietosiva. Ma qualcuno forse dirà: ma anche questo è amore? Sarà, ma io posso affermare che in quel momento sentivo solo pietà e compassione. E poi c’era mia sorella che aveva capito anche lei tutto il retroscena e sorvegliava e non permetteva, per un complesso di cose che ognuno può immaginare da sé, che io mi spingessi oltre i buoni rapporti affettivi di parentela, anche perché mia sorella era molto affezionata all’Iva, dato che quando era rimasta sola a M... l’aveva avuta per compagna, e non voleva farle142

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provare un’amara disillusione. Ed io amavo spassionatamente la Iva e la trattavo con molti riguardi e non solo per riverbero della particolare affezione di mia sorella, ma anche perché la mia indole e natura non era capace di trattare diversamente una donna e fu forse questa mia indole e natura che poi, quando fummo sposati, fece prendere il sopravvento a mia moglie nei miei riguardi. Ma mia moglie scambiò allora questo mio affetto, direi soltanto fraterno, per amore dei sensi; e, del resto, alla sua età non solo lei ma qualsiasi donna l’avrebbe scambiato; e quando poi, dopo un certo tempo, io alquanto seccato di questo suo abbaglio feci comprendere che non ne volevo sapere di niente e che non avevo intenzione di sposare, lei rimase male e per poco non fece una malattia, ta[...]

[...]irei soltanto fraterno, per amore dei sensi; e, del resto, alla sua età non solo lei ma qualsiasi donna l’avrebbe scambiato; e quando poi, dopo un certo tempo, io alquanto seccato di questo suo abbaglio feci comprendere che non ne volevo sapere di niente e che non avevo intenzione di sposare, lei rimase male e per poco non fece una malattia, tanto vero che un giorno fummo costretti insieme a mio cognato di portarla a M... dal dott. Nino D’Ascola perché la visitasse attentamente per stabilire di che cosa si trattava. Il dott. D’Ascola non trovò niente di straordinario e così tutti ci pacificammo. Seppi in seguito che per il fatto che la Iva veniva da noi, ci furono in quel tempo, fra l’Aurora e la madre delle scenate, guerre, ingiurie scambievoli ecc. ecc. E dichiaro, fin da questo momento, che se io sono stato costretto fin qui a mettere in chiaro alcuni fatti poco piacevoli riguardanti le donne della famiglia Armoni, come del resto sarò costretto ancora nel seguito di questa esposizione, non l’ho fatto, né lo farò, per mia giustificazione,[...]

[...]i in seguito che per il fatto che la Iva veniva da noi, ci furono in quel tempo, fra l’Aurora e la madre delle scenate, guerre, ingiurie scambievoli ecc. ecc. E dichiaro, fin da questo momento, che se io sono stato costretto fin qui a mettere in chiaro alcuni fatti poco piacevoli riguardanti le donne della famiglia Armoni, come del resto sarò costretto ancora nel seguito di questa esposizione, non l’ho fatto, né lo farò, per mia giustificazione, perché io ormai non ho nulla più da sperare dalla vita, ma l’ho fatto e lo farò perché mio cognato Giacomo impari a conoscere, e sempre che Iddio, o presto o tardi, gli voglia togliere dagli occhi il fitto velo dell’attuale sua perversa cecità, la gente in mezzo alla quale è vissuto ed a cui sono affidate ora le sorti delle sue tre figlie femmine.

Mi sovviene a questo punto che una volta e prima che il fratello Giovanni di mio cognato fosse partito per soldato fui chiamato d’urgenza dagli Armoni. Recatomi in casa loro vi trovai l’Elena con una mano spaccata in due da una larga ferita lacero contusa. Mi pregarono di medicargliela io alla meglio, perché, secondo affermavano lo[...]

[...]velo dell’attuale sua perversa cecità, la gente in mezzo alla quale è vissuto ed a cui sono affidate ora le sorti delle sue tre figlie femmine.

Mi sovviene a questo punto che una volta e prima che il fratello Giovanni di mio cognato fosse partito per soldato fui chiamato d’urgenza dagli Armoni. Recatomi in casa loro vi trovai l’Elena con una mano spaccata in due da una larga ferita lacero contusa. Mi pregarono di medicargliela io alla meglio, perché, secondo affermavano loro,

il medico era assente. Io, dato che tenevo sempre in casa i medicinali, più urgenti, glie la medicai come meglio potei e seppi poi, più tardi, che la ferita all’Elena l’aveva prodotta il fratello Giovanni colpendola ripetutamente colla paletta di ferro della cucina.

Dopo che anche mio cognato Giacomo si persuase che difficile mente avrei potuto sposare bene facendo le cose in fretta, si decise di andare dal caro amico don Pietro Sorrentino, esperto capostazione cheMEMORIALE DAL CARCERE

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allora si trovava alla Marina di N..., allo scopo d’impratichirs[...]

[...]ta il fratello Giovanni colpendola ripetutamente colla paletta di ferro della cucina.

Dopo che anche mio cognato Giacomo si persuase che difficile mente avrei potuto sposare bene facendo le cose in fretta, si decise di andare dal caro amico don Pietro Sorrentino, esperto capostazione cheMEMORIALE DAL CARCERE

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allora si trovava alla Marina di N..., allo scopo d’impratichirsi per poter sostenere l’esame d’assuntore. Io approvai l’idea perché pensavo che così mia sorella si sarebbe allontanata col tempo dal resto della famiglia Armoni per quanto mio cognato ripeteva spesso che se anche avesse vinto l’esame d’assuntore difficilmente se ne sarebbe allontanato da N... giacché non poteva lasciare la famiglia sola e senza alcun mezzo per vivere dato il momento che attraversava e che tutti dovevano mangiare senza che alcuno producesse affatto compreso il padre che era ancora in Francia e che dopo un certo tempo rientrò. E giacché dalla Marina di N... non si poteva andare e venire a piedi tutti i giorni pensai di comprare per l’occasione[...]

[...]imaneva dal negozio antico. Io stesso gli trovai il locale, che hanno tuttavia, sotto la casa di Angelo Chiarenza, col quale feci

il contratto e gli pagai pel momento il fitto e poiché il locale era molto grande fu stabilito di dividerlo a metà mediante un tramezzo e così provvisoriamente la metà anteriore fu adattata a magazzino e la metà posteriore per dormire mio cognato e mia sorella considerato che andare e venire da me non era possibile perché abbastanza lontano ed anche perché ormai ognuno di noi voleva rendersi libero per i fatti suoi.

Intanto la Iva aveva smesso anche lei di venire a casa mia, però

io avevo continuato lo stesso ad andare da loro, ma ora sia la madre che il resto della famiglia, benché si sforzassero di accogliermi come prima, pur si capiva benissimo che lo facevano per necessità e perché sapevano che ancora senza di me sarebbero morti di fame. La madre in ispecie si vedeva così chiaro che schizzava veleno da tutti i poriSAVERIO MONTALTO

della pelle che solo chi non avesse voluto per partito preso non avrebbe intuito la feroce malvagità contenuta e son certo che se lei avesse potuto mi avrebbe senza pietà e misericordia pestato sotto le piante dei piedi. Ma io pel momento fingevo di non capire e mi ripromettevo di allontanarmene definitivamente come infatti feci dopo un certo tempo. Anche mio cognato Giacomo aveva manifestato tutto ad un tratto la sua natura bestiale e vio[...]

[...]he io rimasi paralizzato senza avere nemmeno la forza di fiatare ed intesi che Panr tico freddo caratteristico di paura m’assaliva in tutta la persona più forte ancora di quando l’avevo incontrato un tempo a N... insieme a mia sorella ed all’altra faccia che non ebbi la forza di mirare.

Anche mia sorella aveva capito già molto ed aveva incominciato ad esserne vittima delle loro crudeltà. Ma allora taceva e solo si mostrava mesta e senza riso, perché sapeva che la colpa di tutti i suoi guai ed anche dei miei era stata lei. L’allegria di un tempo era scomparsa per sempre e così rimase fino alla fine. E se qualcuno poi la vide ancora ridere, non si trattava più del riso della vita piena e priva d’affanni, ma si trattava del riso che copre l’amarezza del cuore, giacché chi vive nella vita associata non può farne a meno, e che presto si dilegua non appena è passato il momento convenevole. Ma io l’amavo, ora assai più di prima, perché la vedevo così triste; se l’avessi saputa felice forse non ci avrei neanche pensato a lei; e fu questo il vero[...]

[...]uoi guai ed anche dei miei era stata lei. L’allegria di un tempo era scomparsa per sempre e così rimase fino alla fine. E se qualcuno poi la vide ancora ridere, non si trattava più del riso della vita piena e priva d’affanni, ma si trattava del riso che copre l’amarezza del cuore, giacché chi vive nella vita associata non può farne a meno, e che presto si dilegua non appena è passato il momento convenevole. Ma io l’amavo, ora assai più di prima, perché la vedevo così triste; se l’avessi saputa felice forse non ci avrei neanche pensato a lei; e fu questo il vero motivo che mi attaccò sempre più a lei. Qualche giorno prima d’andarsene, mi chiamò e mi disse:

«Senti Saverio! Io so tutto quello che fino ad ora hai fatto per me ed anche per loro. Ma se anche loro non ti fossero riconoscenti non fa niente, perché tu l’hai fatto per me e perciò non t’importa ». (A questo proposito la suocera affermava sempre con la sua solita ira e ferocia, specie verso gli ultimi tempi, che né lei, né i suoi mi serbavano gratitudine alcuna, perché ciò che avevo fatto io, l’avevo fatto esclusivamente per mia sorella e non per loro; e, forse, in ciò, non aveva torto). «Ma tutto il sacrificio che hai fatto fin’ora se tu ora ci abbandoni, è andato perduto, perché ora più di prima abbiamo bisogno d’aiuto. Di tutto quello che per il momento si guadagna, che sarà certamente ben poco, noi non possiamo toccare niente, giacché dobMEMORIALE DAL CARCERE

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biamo pensare d’ingrandire il negozio ed io spero fra pochi anni, con Giacomo che compra la roba, poiché in ciò è molto bravo come tu stesso hai potuto vedere, ed io che vendo come mi hai consigliato tu, e stai certo che io mi lascerò guidare da te e non da altri e che non farò come facevano loro che se un individuo entrava la prima non entrava la seconda volta nel negozio, di metterci in condizione[...]

[...] ciò è molto bravo come tu stesso hai potuto vedere, ed io che vendo come mi hai consigliato tu, e stai certo che io mi lascerò guidare da te e non da altri e che non farò come facevano loro che se un individuo entrava la prima non entrava la seconda volta nel negozio, di metterci in condizione di guadagnare per tutti e di non disturbare più a te. Perciò tu finché noi non ci metteremo a posto definitivamente ci darai due o trecento lire al mese, perché a te in fondo non ti fanno niente, e così noi pagheremo l’affitto del negozio e con qualche altra piccola cosa che arrangeremo possiamo, se non altro, comprare almeno il pane per vivere. Se poi abbiamo bisogno qualche volta di altro danaro per comprare momentaneamente della merce, ce lo darai lo stesso, se puoi, ma di questo m’impegno io stessa di restituirtelo non appena fatta la vendita, mettendolo da parte per te ».

«Non ti preoccupare, che farò tutto. Però vedi che ti avverto fin da ora, e lo dirai anche a tuo marito, che là dentro non deve venire nessuno a fare il soprastante e specie[...]

[...] da ora, e lo dirai anche a tuo marito, che là dentro non deve venire nessuno a fare il soprastante e specie il padre e la madre, altrimenti non farete niente di buono ».

«Per questo neanche Giacomo ha fiducia in loro e glie lo ha detto già che nessuno deve venire a fare confusione. E loro, veramente, benché a denti stretti, hanno acconsentito. Momentaneamente, visto e considerato anche che si tratta di pochissima vendita, ci starò io ed Iva, perché Iva, come sai, mi vuole molto bene, ed anche a te, del resto, e son sicura che farà come le dico io. Io verrò da te ogni dopo pranzo per aggiustarti la casa e finché tu mi vuoi. Se poi hai bisogno urgente mi manderai a chiamare che lascio ogni cosa e verrò a qualunque ora. Tu verrai a sederti nel negozio la sera, quando non avrai a che fare; è vero che verrai? e così staremo sempre assieme come prima».

Dopo alcuni giorni se ne andò definitivamente a stabilirsi nel negozio. Tutto ciò che apparteneva a loro non c’era più ed anche Giacomo e Rosa erano andati via. Eravamo rimasti io e lei. Il [...]

[...]nte mi manderai a chiamare che lascio ogni cosa e verrò a qualunque ora. Tu verrai a sederti nel negozio la sera, quando non avrai a che fare; è vero che verrai? e così staremo sempre assieme come prima».

Dopo alcuni giorni se ne andò definitivamente a stabilirsi nel negozio. Tutto ciò che apparteneva a loro non c’era più ed anche Giacomo e Rosa erano andati via. Eravamo rimasti io e lei. Il sole stava per tramontare e lei si attardava ancora perché non era capace di distaccarsi. Né io avevo la forza di dirle: vattene! Ma ad un certo punto capimmo entrambi che non si poteva più rimandare ed allora lei attaccandosi con forza al mio collo si mise a singhiozzare. Anch’io singhiozzavo. Ogni tanto ripeteva:

«Mi perdoni? È vero che mi perdoni?».

« Ma di che cosa ? ».146

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(( Di niente! Dimmi che mi perdoni! ».

« Ti perdono! Ti perdono! ».

«E dimmi ancora che non mi abbandoni?».

«Ma via! Che sono queste cose Anna? Perché ti dovrei abbandonare? Tu mi conosci! ».

« Sì, sì, ti conosco! E perciò me ne vado un[...]

[...] dirle: vattene! Ma ad un certo punto capimmo entrambi che non si poteva più rimandare ed allora lei attaccandosi con forza al mio collo si mise a singhiozzare. Anch’io singhiozzavo. Ogni tanto ripeteva:

«Mi perdoni? È vero che mi perdoni?».

« Ma di che cosa ? ».146

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(( Di niente! Dimmi che mi perdoni! ».

« Ti perdono! Ti perdono! ».

«E dimmi ancora che non mi abbandoni?».

«Ma via! Che sono queste cose Anna? Perché ti dovrei abbandonare? Tu mi conosci! ».

« Sì, sì, ti conosco! E perciò me ne vado un po’ tranquilla » e ripetendo ciò, per ben tre volte si attaccò di nuovo al mio collo baciandomi da forsennata. Poi uscì. Sulla via solitaria, giacché limitavo con la campagna, sostò un po’ per calmarsi ed asciugarsi le lagrime. Quando se l’ebbe asciugate, mi disse: «Non voglio farmi vedere che ho pianto, altrimenti chi sa che diranno! » e si mosse per andarsene.

10 rimasi sulla via per guardarla. Lei prima di scomparire nella discesa si girò, ma senza avere ormai la forza di dirmi più nulla. Poi reprim[...]

[...]e ai suoi non lo feci venire più e mi feci fare tutto dal padre della persona di servizio che avevo ultimamente, dato che per trasportarmi l’acqua, giacché in casa non c’era, veniva da me da tempo.

Intanto io andavo quasi tutte le sere a sedermi nel negozio di mia sorella e qualche volta anche dagli Armoni e mia sorella veniva da me, ma la vedevo sempre più triste e che sfioriva e deperiva sempre più. Lei però allora non mi diceva mai niente, perché non voleva disturbarmi e perché, si vede, ancora i suoi guai erano alquanto sopportabili. In questo frattempo mi ero accorto che il barbiere Armando Romeo, colla scusa che tagliava i capelli alle ragazze della famiglia Armoni, frequentava allo spesso e qualche volta anche con la moglie la loro casa e che l’Aurora, a sua volta, accompagnata di quando in quando dal fratello Lorenzo, frequentava anche lei la casa del Romeo.

11 Lorenzo la portava fino alla soglia della casa del Romeo e se ne andava. Il Romeo grato verso il Lorenzo lo forniva di qualche sigarettaMEMORIALE DAL CARCERE

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e lo invitava spesso a casa su[...]

[...]come la stessa moglie del Romeo ripeteva, che se la passavano molto male. Il Romeo a quel tempo si vedeva spesso a braccetto del Lorenzo e qualche volta ci fu anche qualche scampagnata tra il Romeo e il Lorenzo e le donne della famiglia Armoni. Sapevo inoltre che nel paese per tutto questo si malignava abbastanza ed allora facendomi animo, un giorno dissi a mia sorella di dire a suo marito di cercare di allontanare il Romeo con le buone maniere, perché non era regolare che la famiglia coltivasse una così stretta amicizia mentre tra me e il Romeo non correvano buoni rapporti dopo uno sgarbo che alcuni mesi prima avevo ricevuto nel suo salone. Mia sorella trovò che il pretesto per non insospettire il marito era buono e così glie ne parlò. Ma né mio cognato, né sua madre vollero sentire ragione e specie la madre la quale intuì il vero motivo per cui bisognava allontanare

il Romeo e perciò inveì contro mia sorella e per poco non se la mangiò dicendole tutto quello che sapeva mettere fuori lei dalla sua bocca concludendo infine che nessuno do[...]

[...]pretesto per non insospettire il marito era buono e così glie ne parlò. Ma né mio cognato, né sua madre vollero sentire ragione e specie la madre la quale intuì il vero motivo per cui bisognava allontanare

il Romeo e perciò inveì contro mia sorella e per poco non se la mangiò dicendole tutto quello che sapeva mettere fuori lei dalla sua bocca concludendo infine che nessuno doveva permettersi un’altra volta di muovere verbo sulla sua famiglia, perché la sua famiglia era la più onorata del paese di N... ecc. ecc. E perché mio cognato e famiglia non vollero allontanare il Romeo? Perché il Romeo passava per pezzo grosso dell’onorata società. E sia mio cognato che la sua famiglia avevano un sacro rispetto per tutti coloro che appartenevano all’onorata società e specie poi per i pezzi grossi. Loro se li guardavano i mali passi e come tutti i malvagi cercavano di prendersi la rivincita con i deboli, coi poveri diavoli, con mia sorella e anche con me in seguito, che mi sapevano più innocuo di un coniglio. Anzi ultimamente, data anche la mia statura, mi chiamavano proprio « il coniglio ».

10 d’allora in poi mi feci i fatti miei su questi riguardi. Questo fatto del Romeo e tant[...]

[...]o ».

10 d’allora in poi mi feci i fatti miei su questi riguardi. Questo fatto del Romeo e tanti altri che ho raccontati e che dovrò raccontare ancora della famiglia Armoni, voglio solamente che la Giustizia li apprenda,

11 indaghi se può, per conto suo, ma senza rendere notorio che li ho riferiti io, giacché a dire il vero, mentre li racconto mi assale un sacro terrore. La Giustizia del resto non sa niente della gente della famiglia Armoni perché se sapesse qualcosa, son certo, non si meraviglierebbe più di questo mio sacro terrore.

Dopo un certo tempo e quando il Lorenzo aveva conseguito già la licenza normale mi vidi arrivare in casa Giuseppe Panetta sarto. Si sedè e mi raccontò più morto che vivo che la sera avanti mentre la famiglia Armoni era in chiesa (perché mia suocera ed il resto della148

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famiglia sono assai devoti e pii, a modo loro, s’intende) il Lorenzo aveva attirato in casa una bambina di circa nove anni del Panetta ed aveva sfogato su di lei la sua libidine. Il Panetta aveva chiamato un dottore del luogo per far visitare la bambina, però non c’era stato alcun danno. Ma il Panetta si era rivolto lo stesso al Maresciallo e questi gli aveva detto di esporre regolare denunzia che poi ci avrebbe pensato lui. Allora io pregai e scongiurai il Panetta, dato che non c’era stato niente di positivo, di voler lasciar perdere a[...]

[...]tta ed aveva sfogato su di lei la sua libidine. Il Panetta aveva chiamato un dottore del luogo per far visitare la bambina, però non c’era stato alcun danno. Ma il Panetta si era rivolto lo stesso al Maresciallo e questi gli aveva detto di esporre regolare denunzia che poi ci avrebbe pensato lui. Allora io pregai e scongiurai il Panetta, dato che non c’era stato niente di positivo, di voler lasciar perdere altrimenti avrebbe rovinato il Lorenzo, perché sicuramente con un addebito simile non avrebbe potuto fare più l’insegnante, e più che per lui per il resto della sua famiglia.

Il Panetta per sua bontà mi esaudì e così finì la cosa a questo punto. Dopo qualche giorno chiamai il Lorenzo, gli raccontai il fatto, gli dissi tante altre cose che in quel momento mi suggerì la morale e l’ira, e, lui, dopo avermi ascoltato a testa bassa, si alzò e se ne andò sempre a testa bassa e senza aver avuto il coraggio di profferire una parola.

Venne il 1935, e giacché ancora dovevo dare le trecento lire mensili a mio cognato Giacomo e pagare per lui a[...]

[...]va a Palermo per comprare la merce, gli hanno preso il portafoglio con mille lire ed anche col libretto dell’abbonamento » — mio cognato aveva l’abbonamento che io stesso avevo consigliato per potere sostituire volta per volta, poiché i capitali non c’erano, gli articoli che venivano a mancare nel magazzino — « Capirai che a noi mille lire ci fanno assai per quanto lui se la sente più per la figura che ha fatto che per altro. Difatti è nel letto perché dice che vuole morire e che non vuole sapere più di niente. Menomale che ha trovato uno di P... che gli haMEMORIALE DAL CARCERE

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prestato cento lire per il ritorno. Ora, se tu non fai quest’altro sacrificio, siamo perduti. Mi ha chiamato anche la suocera, perché la suocera quando ha necessità, io e te siamo i loro salvatori e tante altre cose belle. Poi quando non ha più bisogno, allora siamo.. Basta! Tu del resto quello che fai lo fai per me! ».

«Lo sapevo che tutti i guai li debbo aggiustare io?! E benché loro non meritano nulla, te le dò lo stesso, perché sennò ne vai tu di mezzo. Però tuo marito dovrebbe convincersi che il superuomo lo può fare solo con te e con me e non con gli altri! ».

« Lo so! Ma che vuoi che faccia, ormai che ci sono capitata? ».

Quando mia sorella se ne andò era molto contenta, perché sapeva che con queste altre mille lire, forse per qualche tempo non l’avrebbero tanto tormentata. Difatti, anche con me, si mostrarono alquanto affabili i signori Armoni per qualche tempo.

Verso l’estate del 1935, mi sembra, vidi di nuovo arrivare mia sorella trafelata e confusa : « Questa volta — mi disse — non vengo per me; ma vengo perché penso che conviene anche a te. Il suocero deve pagare ancora una cambiale di mille lire e più alla banca e sono avallanti lo zio della suocera don Bruno Zito e Audino Pasquale il marito di commare Vincenza, quelli che hanno la bettola di fronte al negozio che aveva una volta il suocero. Ora la cambiale ce l’ha l'avvi Spagna il quale si è rivolto allo Zito ed all’Audino — perché sa che

il suocero non può pagare. — Ieri sono andati in casa della suocera i figli di Audino, Giorgio e Paolo, che tu stesso sai che cosa sono, e li Ijanno minacciati che se non pagano e fanno avere dei grattacapi al loro padre, si finisce a coltellate. Ora sia la suocera che gli altri stanno tremando e non sanno come debbono fare perché vogliono pagare. Il suocero ha ancora quell’altra metà del locale vicino a Michele Pannunzio, perché come sai la casa l’hanno ipotecata per Aurora, quando hanno venduto la terra ch’era sua al Feudo e perciò il suocero sarebbe disposto a vendere il locale che gli resta a te, purché facciate una retrocarta che se fra due anni ti restituisce i soldi tu gli restituirai

il locale, se poi non ti restituisce niente il locale rimane a te. Tra cambiale, interessi e spese di notaio, se ne possono andare un millecinquecento lire e perciò penso che ti conviene perché il locale vale di più e seppure loro non lo ricompreranno trovi sempre a venderlo di più e non di meno».

«A dirti la verità del loca[...]

[...]i la casa l’hanno ipotecata per Aurora, quando hanno venduto la terra ch’era sua al Feudo e perciò il suocero sarebbe disposto a vendere il locale che gli resta a te, purché facciate una retrocarta che se fra due anni ti restituisce i soldi tu gli restituirai

il locale, se poi non ti restituisce niente il locale rimane a te. Tra cambiale, interessi e spese di notaio, se ne possono andare un millecinquecento lire e perciò penso che ti conviene perché il locale vale di più e seppure loro non lo ricompreranno trovi sempre a venderlo di più e non di meno».

«A dirti la verità del locale non ho cosa farmente, perché, vera150

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mente, penso di andarmene da N... o presto o tardi e specie quando vi sarete messi a posto definitivamente)).

« E te ne vai e mi abbandoni ? », disse mia sorella tremante.

«Ma no! Questo non sarà mai, perché dove vado vado ti manderò sempre quel che posso mandarti ».

« Ma io non parlo per questo, perché, per il mangiare, non m’importa neanche se muoio di fame! Parlo che rimango sola! Credi che loro si preoccupano di me? Si preoccupano solo quando hanno bisogno. Ormai è tanti anni che ti trovi qui, tutti ti conoscono e ti vogliono bene e dove vai non sai come ti trovi! ».

«Va bene, va bene! Ancora non me ne sono andato! ».

«Ed allora come restiamo; lo fai quest’altro bene?».

«Lo faccio! Ma sempre per te! ».

Dopo alcuni giorni andammo dall’avv. Spagna per pagare e ritirare la cambiale e mi ricordo che mio cognato Giacomo e suo padre pretesero anche una certa ricevuta, una specie di[...]

[...]le e mi ricordo che mio cognato Giacomo e suo padre pretesero anche una certa ricevuta, una specie di ricatto, per un altro certo imbroglio di altre quattro o cinquemila lire che avevano fra di loro, collo zio don Bruno Zito. Mentre accompagnavo questi verso casa sua ed eravamo rimasti soli, mi disse:

« Mi hanno rovinato e loro non si sono aggiustati! Mi hanno rubato più di quindicimila lire. Tutta la colpa però è di quella serpe della madre, perché il marito è un trastullo che lo comanda a bacchetta ed ora anche i figli. Compiango quella povera martire di vostra sorella! Dovete sapere che quella donna è stata la rovina di quattro famiglie: della sua, di quella di vostra sorella, della mia ed ora anche della vostra. Vi basti sapere questo: mentre erano falliti e sull’orlo del precipizio, quella signora ha preteso di essere portata dal marito a Palermo per divertirsi. Basta! » e mandò un sospiro.

E giacché mi trovo faccio presente che il locale da me acquistato, dopo due anni e quando ero già sposato, rimase a me perché il padre di mia[...]

[...]vete sapere che quella donna è stata la rovina di quattro famiglie: della sua, di quella di vostra sorella, della mia ed ora anche della vostra. Vi basti sapere questo: mentre erano falliti e sull’orlo del precipizio, quella signora ha preteso di essere portata dal marito a Palermo per divertirsi. Basta! » e mandò un sospiro.

E giacché mi trovo faccio presente che il locale da me acquistato, dopo due anni e quando ero già sposato, rimase a me perché il padre di mia moglie non trovò più conveniente per lui ricomprarlo anche perché non ci aveva i soldi. In quel periodo io mi ero deciso col tempo di fabbricare una casetta ed allora chiusi il locale con ferro spinato e vi piantai alcuni alberi in modo da trovarmeli cresciuti al momento opportuno, spendendoci sopra altre tre o quattrocento lire. Avevo trovato a chi darlo da coltivare ma mio suocero si oppose e lo volle lui. Ultimamente, dato che ciò che spendevo per farlo coltivare, non lo ricavavo perché pretendeva quasi tutto mio suocero, lo pregai di vedersela lui per le spese di coltivazione ed a me non dare piùMEMORIALE DAL CARCERE

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niente. Lui veramente per debito di coscienza ogni tanto portava lo stesso qualcosa. Seppi poi che ciò che ricavava dall’orto lo vendeva (si può interrogare un certo Patrizio Antonio bettoliere) oppure lo teneva esclusivamente per sé e se qualche volta dava alla sua famiglia oppure alla figlia Aurora sposata patate, pomodori ecc. se li faceva pagare anche da loro ed a caro prezzo. Con questa occasione seppi anche che mio suocero, oltre a dormire giù [...]

[...]he allattava ancora la seconda bambina. Gli affari del negozio andavano bene principalmente per opera sua, giacché sapeva accogliere con le buone maniere i clienti giusto come l’avevo consigliata io, tanto vero che un giorno di quelli era ritornato per acquisti il cav. don Giacomo Tavella dopo un certo tempo ed aveva esclamato: «Ma qui avete fatto proprio cose da pazzi in pochi anni! ». E poi anche i vicini amavano e stimavano molto mia sorella, perché lei amava e stimava tutti. Una sera la vidi più triste del solito. Io volevo domandarle che avesse, però non dicevo niente perché avevo paura di sapere. Lei allora quasi facendo una risoluzione improvvisa diede la piccina ad Iva e mi portò dalla parte di dietro del magazzino al di dà dove dormivano vicino al gabinetto in un sottoscala ove lei faceva con la spiritiera qualcosa da mangiare per sé perché il marito mangiava sempre dai suoi. Lì giunti si mise a piangere. Io intesi che il cuore incominciò a tumultuare e che tremava tutto. Domandai: «Ma ch’è successo?».

« Oggi mi ha preso colla correggia! » e così dicendo si scoperse un braccio e mi fece vedere le lividure. Mi mostrò anche al collo e mi disse che aveva anche nelle spalle. «Io non volevo dirti nulla ma non ne posso più! Non è la prima volta. Fino ad ora però non l’aveva fatto nel negozio, ma oggi anche nel negozio in presenza di gente.

Io non per le botte, perché ormai sono abituata alla sofferenza, ma per la gente e perché [...]

[...]il cuore incominciò a tumultuare e che tremava tutto. Domandai: «Ma ch’è successo?».

« Oggi mi ha preso colla correggia! » e così dicendo si scoperse un braccio e mi fece vedere le lividure. Mi mostrò anche al collo e mi disse che aveva anche nelle spalle. «Io non volevo dirti nulla ma non ne posso più! Non è la prima volta. Fino ad ora però non l’aveva fatto nel negozio, ma oggi anche nel negozio in presenza di gente.

Io non per le botte, perché ormai sono abituata alla sofferenza, ma per la gente e perché penso che certe cose non le merito dal marito».

« Ma perché tutto questo? ».

«Per niente! Per un nonnulla! A volte è una bestia, non ragiona affatto! Ma non è lui, è la madre! Forse lui non sarebbe così cattivo! ».152

SAVERIO MONTALTO

A questo punto uscì nel negozio e ritornò. «Non voglio che arrivi qualcuno e che sospettino che ti racconto qualcosa, perché altrimenti mi ammazza del tutto. Iva non parla! È Tunica, ma gli altri uno peggio delTaltro. C’è la madre poi che non c’è l’eguale sotto il sole, ed è proprio lei che aizza il figlio ».

«Ma che vogliono insomma? ».

«Lo sai tu che vogliono? Vogliono che vedono che io so adattarmi a tutto; ecco mi son ridotta qui in questo buco e se mi mandano da mangiare mi mandano e se nò con un uovo sto una giornata quantunque debbo allattare la bambina; vedono che io so fare tutto meglio di loro, vedono che io so vendere anche meglio di loro, vedono che non dico mai niente, vedono insomma che io non s[...]

[...]vendere anche meglio di loro, vedono che non dico mai niente, vedono insomma che io non sono come loro e per questo, apriti cielo! Se poi parli con loro?! Loro son belle e giovani ed io son vecchia che non mi meritavo mai un giovane così bello, così sapiente e che so io; loro sanno fare tutto e sono econome ed io non so fare niente e sono sperperona, loro sono aristocratici ed io sono figlia di gente bassa e di pezzenti, che non ho portato dote, perché per un giovane come lui dovevo almeno almeno portare centomila lire; loro poi sono le più oneste e tutte le altre compresa io sono tutte prostitute. Figurati che non potendo dire altro, hanno detto che tu vieni nel negozio perché ti faccio da mezzana per Grazietta Morabito, solo perché hanno visto che qualche volta è entrata qui. Ti ricordi quella sera quando mio marito venne cogli occhi stralunati? Menomale che ha trovato Grazietta sulla porta altrimenti sarebbe stato capace di fare non si sa che cosa. Così ho paura di parlare anche con i vicini e devo inimicarmi con tutti come sogliono fare loro».

«Sai che fai Anna? Cerca di evitare quanto puoi perché col tempo, quando sarete soli tu e tuo marito, si spera che cambierà questa situazione. Per ora soffri in silenzio! ».

« Peggio! L’altro giorno la suocera mi ha detto tante che mi vergogno anche di dirle; neanche i facchini della stazione. In ultimo se la pigliò anche con nostra madre morta. Nostro padre poi, non è che un ubbriacone miserabile! Io mi misi a piangere senza dire nulla e mi alzai per venirmene qui. Lei allora più inferocita, mi prese dai capelli e mi diede uno schiaffo, trattandomi da scostumata e da villana ».

« Ma tuo marito che dice? »

« Mio marito è peggio degli alt[...]

[...] dir poco».

«Queste dice che non contano».

« Io adesso lo voglio chiamare e parlargli ».

« No, no; per carità; sarà peggio! Per ora fai in conto che non sai niente. In seguito si vedrà».

«Lo so quello che vogliono! Ma è possibile che dopo che mi sono sacrificato fino a questo punto, vogliono anche che sposi la loro figlia? E poi, con simile gente, chi vorrebbe mai avere a che fare? ».

«Lo so anch’io. Ma intanto loro lo pretendono, perché dicono che tu non sei meglio di loro e che non sei neanche meritevole di apparentare con loro. Certo finché hanno avuto bisogno di te e la cosa si poteva sopportare in qualche modo, ma ora che vedono che incominciano a non avere più bisogno di te, ti assicuro che son cose che non le auguro neanche agli animali irragionevoli ». e si mise di nuovo a piangere. Quel pianto mi attraversava l’anima ed il cuore. Non so perché: io qualsiasi pianto sopportavo, anche quello delle altre sorelle, ma il pianto di questa mia sorella non ero capace di sopportarlo. Vedevo che soffriva per avere troppo amato, vedevo ch’era vittima dell’ingratitudine e che soffriva perdavvero, perché le persone molto sensibili soffrono per davvero, e non sapevo darmi pace. Cercai di dominarmi per poterla confortare; poi rimasi ancora un po’ nel negozio e me ne andai.

Per quella notte non dormii, né per altre notti appresso. Non sapevo mettermi assolutamente il cuore in pace, né sapevo intanto quale risoluzione prendere. Volevo chiamare mio cognato, ma avevo paura, non tanto per me, quanto per mia sorella e rimanevo indeciso. Ed ora non solamente avevo paura di lui, ma di tutti i presenti della famiglia, perché proprio sapevo che tutti potevano fare del male a mia sorella. Dopo qualche [...]

[...]i pace. Cercai di dominarmi per poterla confortare; poi rimasi ancora un po’ nel negozio e me ne andai.

Per quella notte non dormii, né per altre notti appresso. Non sapevo mettermi assolutamente il cuore in pace, né sapevo intanto quale risoluzione prendere. Volevo chiamare mio cognato, ma avevo paura, non tanto per me, quanto per mia sorella e rimanevo indeciso. Ed ora non solamente avevo paura di lui, ma di tutti i presenti della famiglia, perché proprio sapevo che tutti potevano fare del male a mia sorella. Dopo qualche tempo m’incoraggiai e chiamai mio cognato. Lui dap154

SAVERIO MONTALTO

prima si sorprese, poi si addolorò, poi disse sarcasticamente che credeva di potere correggere sua moglie perché pensava che appartenesse a lui e che fosse cosa sua, ma che ora che sapeva che non era cosa sua, non si sarebbe più permesso neanche di parlare più una parola; si alzò ed uscì.

Le cose dopo un certo tempo si aggravarono sempre più come aveva previsto mia sorella. Io ora quasi evitavo di andare da lei per non vederla soffrire e mi trovavo al colmo dell’esasperazione. Eravamo arrivati già fin verso la fine di febbraio del 1936. In una notte di maggiore esaltazione e disperazione trovai la via d’uscita o per lo meno mi sembrò di trovarla. Difatti la mattina mandai a chiamare d’urgenza mia sor[...]

[...]eno mi sembrò di trovarla. Difatti la mattina mandai a chiamare d’urgenza mia sorella. Non appena entrò, senza neanche lasciarla respirare le dissi: «Ho deciso di sposare Iva! Dirai a tuo marito che faccia tutto lui, giacché io non voglio avere seccature, e che fra quindici giorni saremo marito e moglie. Dirai ancora che non intendo invitare nessuno e che sposerò di sera tardi. Gli dirai pure che non voglio né mobili né vestiti per lei, né altro perché è sufficiente quello che ha; si porti soltanto un materasso perché il lettino c’è già anche per lei ».

Mia sorella mi guardava incantata. Poi mi disse:

« Ma vedi che se si tratta di un capriccio momentaneo, ti pentirai. Peggio ancora se non le vuoi bene! ».

«Le voglio, le voglio; non te ne preoccupare! Il matrimonio non è un istituto d’amore, anzi, i grandi uomini, affermano che è la tomba dell’amore. Il matrimonio è un istituto etico e cioè, in altre parole, marito e moglie si debbono volere bene, aiutare e rispettare principalmente come fratello e sorella, madre e figlio e via discorrendo. E guai, dicono gli stessi grandi uomini, se i genitori dov[...]

[...]che è la tomba dell’amore. Il matrimonio è un istituto etico e cioè, in altre parole, marito e moglie si debbono volere bene, aiutare e rispettare principalmente come fratello e sorella, madre e figlio e via discorrendo. E guai, dicono gli stessi grandi uomini, se i genitori dovessero poggiare i loro occhi sul capo dei figli in qualità d’amanti. E se la moglie non tradisce il marito non lo tradisce in ossequio a questo principio di eticità e non perché non sarebbe tentata a farlo, giacché la natura è così. Cerca di spiegare ciò a lei con parole tue. Mi capisci? ».

«Ti capisco! E son certa che con te non avrà a soffrire anche se tu non dovessi volerle bene; per quanto questo, non è possibile. Ma sì! E poi dobbiamo restare in perpetuo a questo mondo? Tu stesso hai sempre detto che fra cinquantanni, al massimo, saremo tutti cenere ».

«Tu a lei dirai che la sposo perché le voglio bene e perché non parla mai ed è la più affezionata con noi. Però il matrimonio si faràMEMORIALE DAL CARCERE

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sotto certe condizioni: anzitutto dobbiamo dormire a parte e tuttocciò non per venire meno agli impegni coniugali. Con te si può parlare perché sei sposata. Il fatto di dormire separati, se mai, dovrebbe servire a maggior stimolo dei sensi. Ma la ragione è ben altra. La ragione è che io ormai mi avvicino ai quarantanni ed abituato a dormire finora sempre solo, non sarei capace ad abituarmi in compagnia. E poi gli aristocratici dormono ognuno per conto loro. Fingiamo di essere anche noi aristocratici e tutto è fatto! In secondo luogo lei mi dovrà obbedire in tutto quel che io dico in casa per il motivo che io ho più esperienza di lei; non debbo essere disturbato, perché intendo studiare e per il fatto che non sa né cucinare, né fare a[...]

[...] stimolo dei sensi. Ma la ragione è ben altra. La ragione è che io ormai mi avvicino ai quarantanni ed abituato a dormire finora sempre solo, non sarei capace ad abituarmi in compagnia. E poi gli aristocratici dormono ognuno per conto loro. Fingiamo di essere anche noi aristocratici e tutto è fatto! In secondo luogo lei mi dovrà obbedire in tutto quel che io dico in casa per il motivo che io ho più esperienza di lei; non debbo essere disturbato, perché intendo studiare e per il fatto che non sa né cucinare, né fare altro non importa perché si abituerà insieme a me. Come sai, io so fare tutto. Desidero infine che dopo sposati nessuno deve venire in casa mia a rompermi il capo, perché ora basta; e, certo, non devono pretendere più nulla da me, comprese le trecento lire al mese che vi ho date fino adesso, perché ormai col negozio che è a buon punto e col fratello Lorenzo che sta all’Africa potete vivere, facendo un po’ di economia, s’intende, abbastanza bene».

« Certo, ormai, queste cose le devono capire anche loro ».

« Ah! Dimenticavo di dirti che la cosa essenziale è che sua madre non dovrà comparire mai in casa mia e neanche in chiesa la sera del matrimonio. E su ciò non transigo in modo assoluto! ».

«E se non accettano?».

« Allora il matrimonio non si fa ».

« E se Giacomo mi domanda perché non sposi la grande? ».

« Gli dirai che non sposo la grande perché non mi va il suo caratt[...]

[...]lo Lorenzo che sta all’Africa potete vivere, facendo un po’ di economia, s’intende, abbastanza bene».

« Certo, ormai, queste cose le devono capire anche loro ».

« Ah! Dimenticavo di dirti che la cosa essenziale è che sua madre non dovrà comparire mai in casa mia e neanche in chiesa la sera del matrimonio. E su ciò non transigo in modo assoluto! ».

«E se non accettano?».

« Allora il matrimonio non si fa ».

« E se Giacomo mi domanda perché non sposi la grande? ».

« Gli dirai che non sposo la grande perché non mi va il suo carattere e che non sposo Elena per la stessa ragione. Del resto potrei sposare tutto al più una donna con trenta o quaranta mila lire di dote. Sarebbero tante e tali, le pretese che sto certo che non basterebbero neanche per mettersele addosso. Mi conviene allora sposare Iva con la camicia, perché so che non può avere nessuna pretesa e che faccio un bene per tutti».

Mia sorella più confusa che persuasa se ne andò per portare la lieta novella.

Il giorno dopo ritornò felice e contenta dicendomi:

«Finalmente sono finiti i miei guai!».

« Che ti hanno detto? ».

«Figurati! Tutti contenti: tranne di Aurora, s’intende. La madre ha fatto una smorfia, quando ha sentito che non vuoi saperne di lei,156

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ma poi contentissima anche lei e non sanno ora tutti come carezzarmi e volermi bene. Anzi la suocera mi ha dichiarato espressamente che ora che si fa questo ma[...]

[...]iatamente nel paese e dopo alcuni giorni, venuto a trovarmi il mio amico Giuseppe Larussa, gli comunicai la mia decisione. Lui preoccupato mi rispose: «Non credo vi siate regolato bene! Io, caro amico, non vi consiglio mai una cosa simile! ».

« Ma se io mi son deciso principalmente per mia sorella? ».

« Lo capisco benissimo! Ma non risolverete lo stesso la situazione ».

«Ma se ormai non posso ritornare indietro?».

«Fate come credete, perché voi siete l’arbitro, ma per me è così! ».

Benché il mio amico Larussa fosse allora assai giovane, si vede, era assai più saggio di me. Poi gli domandai : « E la gente che dice ? ».

« Dice che siete impazzito! ».

Difatti quando dopo alcuni giorni feci le pubblicazioni, vidi che tutti gli amici del Municipio mi guardavano un po’ circospetti ed alquanto confusi. Ma io ormai non vedevo più nessuno. Né diedi ascolto a mio padre, piombato a N... non appena il fatto si propagò anche a M...

Sposai il 15 marzo di quel 1936. Fu uno dei giorni più sconfortati della mia vita: non uscii affatt[...]

[...]i quando dopo alcuni giorni feci le pubblicazioni, vidi che tutti gli amici del Municipio mi guardavano un po’ circospetti ed alquanto confusi. Ma io ormai non vedevo più nessuno. Né diedi ascolto a mio padre, piombato a N... non appena il fatto si propagò anche a M...

Sposai il 15 marzo di quel 1936. Fu uno dei giorni più sconfortati della mia vita: non uscii affatto e passeggiai solo tutto il dì su e giù per le stanze della mia casa. Non so perché: un sentimento lugubre mi attanagliava il cuore. Solo potevo prendere un po’ di pace pensando continuamente al Fedone di Platone. Vedevo il modo ieratico, calmoMEMORIALE DAL CARCERE

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e sereno con cui il grande Socrate aveva avvicinate le mani al calice della cicuta e mi veniva da piangere. Piangevo e così mi calmavo.

Verso le tre del pomeriggio venne mia sorella e mi aggiustò il letto e mi rassettò la casa. Poi piangemmo a lungo assieme, mi baciò ripetutamente ed andandosene mi disse : « Ora ci vediamo domani dopo mezzogiorno ».

«Perché; stasera non vieni?».

« No; perché Gi[...]

[...]mente al Fedone di Platone. Vedevo il modo ieratico, calmoMEMORIALE DAL CARCERE

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e sereno con cui il grande Socrate aveva avvicinate le mani al calice della cicuta e mi veniva da piangere. Piangevo e così mi calmavo.

Verso le tre del pomeriggio venne mia sorella e mi aggiustò il letto e mi rassettò la casa. Poi piangemmo a lungo assieme, mi baciò ripetutamente ed andandosene mi disse : « Ora ci vediamo domani dopo mezzogiorno ».

«Perché; stasera non vieni?».

« No; perché Giacomo dice che dato che non viene nessuna delle donne, non debbo venire neanche io».

«Sta bene! Sia fatta la sua volontà!».

« Ma tu verrai lo stesso quando esci da me? ».

«Verrò! Dove vuoi che vada?».

La sera assistettero alla cerimonia in chiesa Giuseppe Larussa, il sacerdote don Paolo Canale, l’Arciprete ed il sagrestano di cui non si poteva farne a meno e tutti gli uomini presenti della famiglia Armoni. Mi accompagnarono anche a casa e poi subito se ne andarono. Così passò la mia giornata di nozze.

Dopo alcuni giorni che fui sposato, tenni questo discorso a mia moglie: «As[...]

[...]d arrangiarci come si può. Significa che in seguito quando ci troveremo meglio, poi, se dobbiamo fare qualche spesa in più, la faremo. E poi come sai anche c’è mio padre a cui debbo pensare solamente io e c’è anche mia sorella di R... che ha molto bisogno ed ogni tanto la debbo aiutare pure. Che vuoi; son fatto così! Non sono capace vedere soffrire i miei ed io scialare e godere. Per il fatto di tua madre, io non ti dico di non andare a vederla, perché so che non te lo posso proibire; però ricordati che meno vai o se non vai del tutto è meglio ancora. Tua madre è combinata in modo che uno più lontano sta e meglio è. Ti dico ancora che io le voglio tutt’altro che male; anzi il male che voglio a lei, Iddio lo faccia ricadere su di me; ma è così. Forse poveretta, dato che è fatta così, neanche lei ci ha colpa».

Mia moglie fu molto contenta di questo discorso. In casa stava sempre in silenzio, non faceva mai niente senza di me, anche perché non lo sapeva fare e così pian piano sotto la mia guida, si abituò a fare tutto ed anche bene. Per qua[...]

[...]cordati che meno vai o se non vai del tutto è meglio ancora. Tua madre è combinata in modo che uno più lontano sta e meglio è. Ti dico ancora che io le voglio tutt’altro che male; anzi il male che voglio a lei, Iddio lo faccia ricadere su di me; ma è così. Forse poveretta, dato che è fatta così, neanche lei ci ha colpa».

Mia moglie fu molto contenta di questo discorso. In casa stava sempre in silenzio, non faceva mai niente senza di me, anche perché non lo sapeva fare e così pian piano sotto la mia guida, si abituò a fare tutto ed anche bene. Per qualche anno le cose procedettero a meraviglia giacché non andava mai da sua madre e seppure andava, stava un po’ e poi ritornava a casa. Anche per mia so'rella le cose sembrava an158

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dassero bene. Ma dopo qualche anno la situazione peggiorò di colpo e più di prima, anche perché ora non si poteva più rimediare.

Si era, mi sembra, verso il maggio del 1937. Un giorno mi mandò a chiamare mia sorella mentre suo marito era assente. Mi portò nel solito sottoscala e mi raccontò con le lagrime agli occhi che di nuovo avevano incominciato a martirizzarla, che suo marito l’aveva picchiata diverse volte e che se prima del matrimonio le soleano usare un po’ di riguardo, adesso niente del tutto e che il cagnolino che avevano contava in quella casa assai più di lei ed era trattato assai più di lei.

Io non volli sapere altri particolari per non indignarmi di più, la pregai di[...]

[...] Ormai non ci pensavo più a ciò ch’era avvenuto, quando dopo alcuni giorni, nel pomeriggio ti vedo arrivare mia suocera cogli occhi del cane arrabbiato. Era questa la prima volta che veniva in casa mia dopo che mi ero sposato. Mi chiamò nello studio, chiuse la porta, mi fece sedere, sedè anche lei ed incominciò a dire :

« Sappiate che la mia famiglia è la prima di N... ed io sono figlia di chi sono figlia (suo padre poveretto era ciabattino), perché mio padre era il primo negoziante di questi contorni e non a torto i miei figli mi chiamano la padrona di sette paesi. E sulla onestà e serietà mia e delle mie figlie non si è mai permesso nessuno di dire il minimo che, perché io non sono una di quelle bagascione vecchie come vostra sorella che se non la sposava mio figlio non l’avrebbe sposata più nessuno. Capite? Non perché vostra sorella trovò mio figlio per coprire le corna a lei ed a voi?! Capite? Quale dote ha portato? E voi che cosa siete di fronte a me e mia figlia? E non perché ho accettato allora! Credete che ho dimenticato che avete preteso che io non assistessi al matrimonio? Per questa volta a voi vi lascio stare, ma vostra sorella d’ora in avanti ha a che fare con me. E sappiatelo una buona voltaMEMORIALE DAL CARCERE

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per sempre che se mia figlia deve avere ancora il minimo dolor di testa, prima di tutto vado da vostra sorella e la squarto a quattro pezzi e poi per voi se ne parlerà; e, se non basto io, ho quattro giovani di figli ed un marito che non hanno cosa pensare! ».

Si alzò ed 'uscì.

Fui preso dalle contrazioni tetaniche. Mi misi a letto[...]

[...]abbiate a male, ma io non ebbi allora, quando venni a trovarvi in seguito alla vostra caduta, una bella impressione di vostra moglie. Mi rammento che mi ricevette con160

SAVERIO MONTALTO

una faccia così fresca e sorridente che non solo mi sorprese, ma mi addolorò! ». Ma io ormai conoscevo mia moglie e non mi fece tanta specie. In occasione della mia caduta mia suocera venne in casa mia col resto della famiglia ed io in fondo ebbi piacere, perché speravo così di placare in qualche modo la loro malvagità verso mia sorella e che forse ritornando tutti amici l’avrebbero trattata un po’ meglio. Verso la fine di agosto ero quasi guarito e mi recai alla festa di S. Rocco con mia moglie, quantunque non ci volevo andare, perché mi trovavo in lutto stretto dato che mio padre era morto il marzo precedente. Ma lei insistè ed io, sempre per evitare conseguenze disastrose verso mia sorella dovetti acconsentire. Al ritorno da S. Rocco, un giorno rientrando dal mio ufficio verso mezzogiorno trovai mia moglie inviperita e la persona di servizio certa Grazia Marina tutta graffiata e malmenata pronta per andarsene via perché il mio cognato Giacomo, non so più per quale ragione, l’aveva accompagnata a schiaffi ed a calci dal negozio fino alla piazza della stazione. La poveretta mi disse che per me sarebbe rimasta per sempre, ma per loro, ora che si erano permessi a tanto, non poteva stare più. Io ingoiai la pillola, la pagai e la mandai e dopo un po’ di tempo presi la persona di servizio che ebbi poi fino all’ultimo.

Dopo la caduta il mio fondo trepido e pauroso aumentò sempre più e dovetti fare grandi sforzi per potermi assicurare di nuovo sulla motocicletta.

Dopo qualche tempo, mi sembra, ritornò il fratel[...]

[...]parte .delle feste successive, benché a malincuore e sempre per accontentare mia sorella, la quale ogni volta mi diceva: «Se non vieni, se la pigliano con me e son sicura che non mi lasciano venire più da te. E poi se non vieni tu con chi vuoi che io passi le feste? Con loro? Con loro e cogli estranei è tutt’uno! E poi, dato che tu non devi pensare più per le spese del pranzo, come una volta, in verità, ce ne hanno molto piacere, specie Giacomo, perché a te son sicura che ti voglionoMEMORIALE DAL CARCERE

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bene ed anche per dimostrarti che ora che spendono loro ti desiderano più di prima ».

La sera di quel Natale dopo cena venne un certo mastro muratore Pierino Lombardia con la famiglia, il quale stava riadattando la casa degli Armoni e così ci mettemmo a giocare a nocciole tutti quanti, tranne dei fratelli maggiori di mia moglie che si trovavano già fuori per i fatti loro. Ad un certo punto mia sorella aveva perduto tutte le nocciole e disse di non volere giocare più. Mia suocera allora adirata se ne uscì con queste parole : « [...]

[...]ombardia con la famiglia, il quale stava riadattando la casa degli Armoni e così ci mettemmo a giocare a nocciole tutti quanti, tranne dei fratelli maggiori di mia moglie che si trovavano già fuori per i fatti loro. Ad un certo punto mia sorella aveva perduto tutte le nocciole e disse di non volere giocare più. Mia suocera allora adirata se ne uscì con queste parole : « Giuoca, pezzentona scostumata! ». Io a queste parole rimasi interdetto anche perché c’era la famiglia del Lombardia ed alzandomi dissi di non volere giocare più neanche io. I Lombardia anche loro sconcertati si alzarono e se ne andarono. Come loro se ne furono allontanati, io dissi a mia moglie: «Andiamo! E questa è la prima e l’ultima volta che entro in questa casa! ». Successe un trambusto che non si capiva più niente. Mia suocera dato che non poteva sfogare con mia sorella perché c’ero presente io incominciò a strillare ed a urlare ed a battere le figlie femmine da sembrare impazzita. In questo mentre arrivò l’insegnante Lorenzo ed anche lui si mise a battere le sorelle senza ragione. Io rimanevo paralizzato ed intontito e non sapevo più dove mi trovassi. Ad un certo momento mia suocera mandò un ultimo strillo sibilante e penetrante da spezzare le cervella e cadde svenuta per terra. L’insegnante disse: « Mettetela a posto, perché se arriva Giacomo vi fa tutti a pezzi! ». Io tremavo come una foglia. Capii che forse la causa di tuttocciò ero stato io e mi piegai e bacia[...]

[...]ero presente io incominciò a strillare ed a urlare ed a battere le figlie femmine da sembrare impazzita. In questo mentre arrivò l’insegnante Lorenzo ed anche lui si mise a battere le sorelle senza ragione. Io rimanevo paralizzato ed intontito e non sapevo più dove mi trovassi. Ad un certo momento mia suocera mandò un ultimo strillo sibilante e penetrante da spezzare le cervella e cadde svenuta per terra. L’insegnante disse: « Mettetela a posto, perché se arriva Giacomo vi fa tutti a pezzi! ». Io tremavo come una foglia. Capii che forse la causa di tuttocciò ero stato io e mi piegai e baciai mia suocera chiedendole perdono per farla rinvenire. Sento ancora sulle labbra l’impressione di aver baciato un serpente. Ma con tuttocciò mia suocera non rinvenne lo stesso e si dovette portare di peso sul suo lettino ove rimase per diversi giorni e svenuta per tutta la notte e buona parte del giorno appresso. Io dopo un certo tempo pregai tutti i . presenti di non dire niente a Giacomo ch’eravamo stati io e mia sorella la causa di tutto quel guaio e m[...]

[...]e il mare per i suoi familiari che sapeva che gli potevano dare da mangiare e da bere, ed infatti il marito dopo che fallì e che non fu più in condizione di darle pranzi suntuosi, divertimenti ecc. non lo potè più né vedere e né sentire. In questa occasione me ne accorsi che il Castagna aveva già un certo de^ boluccio per mia cognata Aurora, però per mia moglie non potevo pensare mai che avesse fin d’allora forse lo stesso debole. Mi dispiacqui, perché non mi aspettavo mai, non per loro, ma per me, dato che il Castagna lo credevo un amico, che lui avesse abusato a tanto. Né dissi mai niente a nessuno, perché sapevo come la pensava la famiglia Armoni e che certamente sarei passato per calunniatore e che le conseguenze le avrei dovuto sopportare sempre io e la mia povera sorella. In questo frattempo però avevo incominciato a notare che mia moglie andava acquistando sempre più il carattere della madre, specie se veniva in casa qualcuno di condizioni sociali piuttosto basse, giacché si faceva avanti sempre lei per cercare di civettare e mettere in mostra le sue fattezze. Io tremavo dentro di me senza darmi neanche ragione del vero motivo. Dopo meno di un anno dalla morte di mio padre, mia moglie si t[...]

[...] sua bellezza. Seppi poi ch’era stata la madre a consigliarla, dicendole: «Ma sì! Che cosa pretende quel coniglio di tuo marito, che una bambola come te s’invecchi di colpo per un vecchio rimbambito e miserabile come suo padre ? ».

Si era verso Testate del 1938. Mia sorella era andata ad abitareMEMORIALE DAL CARCERE

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nella casa della suocera, dato che il marito l’aveva accomodata ed ampliata. Lei aveva fatto di tutto per non andare, perché sapeva bene che le sue condizioni sarebbero peggiorate, ma il marito si era imposto senza sentire ragione ed aveva dovuto obbedire. Io ora evitavo di andare allo spesso da lei perché incominciavo a nutrire un sacro terrore per quella gente ed un giorno seppi che stava a letto da vari giorni e che desiderava vedermi. Mi feci coraggio ed andai. La trovai effettivamente a letto con la sua ultima bambina di pochi mesi. A vederla lì, in quel letto, deperita e consunta ed abbandonata, mi strinse

il cuore, ed era forse questa una delle ragioni principali per cui io evitavo anche di andarci allo spesso. Mi sedei vicino e mi disse:

« Non ti volevo disturbare, perché so che tu soffri; ma non ne posso più. Ormai ho deciso di andarmene».

« E dove vai? ».

« Non mi perdo! P[...]

[...]terrore per quella gente ed un giorno seppi che stava a letto da vari giorni e che desiderava vedermi. Mi feci coraggio ed andai. La trovai effettivamente a letto con la sua ultima bambina di pochi mesi. A vederla lì, in quel letto, deperita e consunta ed abbandonata, mi strinse

il cuore, ed era forse questa una delle ragioni principali per cui io evitavo anche di andarci allo spesso. Mi sedei vicino e mi disse:

« Non ti volevo disturbare, perché so che tu soffri; ma non ne posso più. Ormai ho deciso di andarmene».

« E dove vai? ».

« Non mi perdo! Per il momento andrò da Catuzzella a R... Poi troverò un posto di serva a Palermo o a Catania, perché io so fare tutto, e campo. Purché mi lascino però portare con me la bambina, perché ha bisogno del latte e non ho il coraggio di abbandonarla, diversamente andrò a buttarmi a mare! ».

«Tu non andrai a nessuna parte. Significa che te ne verrai da me! ».

«Da te? Se fossi solo, va bene, perché trovavano la cosa molto comoda; ma dato che c’è la loro figlia, anzitutto non la debbo disturbare e poi ormai lei m’odia più degli altri. Tutti mi odiano! » e si sollevò in mezzo al letto. « Anche le mura, anche l’aria che respiro di questa casa! Ma io perciò non volevo venire ad abitare qua, perché lo sapevo! ».

«Ma che vogliono, insomma?» e mentre parlavo guardavo nella stanza appresso perché avevo paura che arrivasse qualcuno.

« Che vogliono? Ormai lo so che vogliono! Vogliono che io scomparisca, perché ormai son di più! Ma io l’ho detto al mio signor marito! Avevo la proprietà e ve l’ho data; avevo l’onore e ve l’ho dato; avevo un fratello impiegato e ve l’ho dato! Adesso volete che scomparisca perché avete bisogno di una bambolina come le vostre sorelle e non di una vecchia sdentata e di una tisica come me? E me ne vado! Io non ero tisica! Mi avete ridotta voi tisica! E per questo mi ha preso a schiaffi mentre stavo nel letto ad allattare la bambina. Immagina che se la pigliano anche con me perché ho tre figlie femmine! Io li volevo meglio di loro i maschi e non per me, ma per accontentare loro. Ma164

SAVERIO MONTALTO

mi posso mettere io contro la volontà di Dio o della natura, chi è che li manda? Parla? Dici tu che sei un uomo che capisci? ».

«Calmati, calmati!».

« Non mi posso calmare! Io son pazza, perché lo so che son pazza! Ed io perciò me ne voglio andare! ».

«Ma che avete avuto ora?».

«Niente! Perché io seguendo il tuo consiglio non parlo mai. Ultimamente dato che mi trovavo in queste condizioni e che dovevo allattare la bambina e che loro mi trattavano come una cagna, feci presente a mio marito che volevo mangiare quando mangiava lui perché così mi avrebbero trattata meglio. Lui trovò la cosa giusta ed accondiscese, perché lui in fondo non sarebbe cattivo se non fosse per la madre e son sicura che se fossi divisa per i fatti miei le cose andrebbero diversamente. Per qualche giorno si andò bene, ma poi la madre si adontò di botta ed incominciò a fare come al solito suo. Un giorno mi portò il piatto pieno, me lo buttò davanti come si fa con i cani, anzi con i cani si fa con più delicatezza e disse : « Mangiate, dato che dobbiamo servire anche voi! ». Io mi misi a piangere e non volevo mangiare, ma mio marito mi obbligò e dovetti mangiare per forza. Poi lui non so più che cosa disse e la madre allora si chiuse sot[...]

[...] come si fa con i cani, anzi con i cani si fa con più delicatezza e disse : « Mangiate, dato che dobbiamo servire anche voi! ». Io mi misi a piangere e non volevo mangiare, ma mio marito mi obbligò e dovetti mangiare per forza. Poi lui non so più che cosa disse e la madre allora si chiuse sotto dove dormono loro ed è più di quindici giorni che dice che non vuole più vederci a nessuno! ».

« E tuo marito? ».

« Mio marito se l’è presa con me, perché dice che per causa mia è nemico colla madre. La madre lo sa baloccare, perché sa che senza di lui muore di fame, salvo poi quando è assente ad ingiuriarlo cornuto e delinquente. Ora fa lo stesso anche con Lorenzo perché sa che ora che prenderà il posto di maestro anche lui le può dare. Perché non fa lo stesso col marito e cogli altri che ogni giorno sembra il mercato e si ammazzano e si dicono tante che ho vergogna anche di sentirle? Col figlio Giovanni non parlano tanto perché hanno tutti paura. Anche per te e per tua moglie dice che muore per il gran bene che vi porta! Perché? Perché sa che voi le fate onore e che potete darle e mandarle. Io a mio marito non lo so baloccare come lei, perché avrei vergogna, altrimenti vedresti che anche a me mi vorrebbe bene».

«Ma se loro dicono di volermi bene, e l’ho detto anche a mia moglie, a te voglio che vogliano bene e non a me, perché io del loro bene non saprei cosa farne! ».

«Lo so! Ma non capisci che io son di più ormai? Figurati cheMEMORIALE DAL CARCERE

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non son padrona di prendere neanche un pezzo di pane, non dico per me, ma neanche per le mie figlie. Già, che anche loro incominciano così piccole a parlare e fare le stesse mosse di loro e le istruiscono ad odiarmi. Ma se non crescono come voglio io è meglio che il Signore se le chiami. Già che non le posso neanche educare che si mettono loro davanti e se la pigliano con me. Anche la tua ragazza di servizio ha paura di parlarmi, che se se ne accorgono che[...]

[...]sto che sanno dire loro. C’è anche che la grande finge di essermi amica, ma lo fa solamente per dispetto di sua madre e di tua moglie e forse per fare capire a te che se tu avessi sposata lei, tutto questo non si sarebbe verificato. Ma io non voglio niente da nessuno più e solo me ne voglio andare! Ora che il negozio l’ho portato a questo stato e che può andare anche senza di me, non vogliono che ci vada più compreso il mio marito. Hanno invidia perché la gente quando viene cerca sempre di me e vuole comprare con me. L’altra volta la madre si mise a ballare ed a fare le mosse che fanno quelle che tu sai, senza spiegare, dicendo: «Vuole fare la bambolina di negozio! Vuole fare la donna bella! Vuole fare la donna elegante! Vuole fare la donna aristocratica ed ammanierata! Ah bagasciona vecchia! Mettetevi a fare il bucato ed a lavare piatti. Ti riesce, che hai trovato a noi, per farti il servo?! ». Son cose, ti assicuro, che tagliano il core dei santi! Ma io voglio fare tutto. Ma come posso fare se con loro non si può stare e solo posso trovar[...]

[...]i. Ti riesce, che hai trovato a noi, per farti il servo?! ». Son cose, ti assicuro, che tagliano il core dei santi! Ma io voglio fare tutto. Ma come posso fare se con loro non si può stare e solo posso trovare un momento di pace quando sono nel negozio? Ma io ormai li lascio liberi tutti, compreso mio marito! ».

«Va bene! Adesso manderò a chiamare tuo marito!». Mi alzai ed uscii.

Mentre ritornavo a casa mi sentivo avvilito e pensavo : « Ma perché, perché tanta malvagità sulla terra? Che cosa ha fatto per essere trattata così dagli uomini? Adesso se ne vuole andare! E dove andrà? Ed io poi come potrei continuare a vivere con mia moglie? ».

Dopo pranzo mandai a chiamare mio cognato Giacomo. Lo feci sedere nello studio e gli parlai così: «Vi prego, abbiate un po’ di carità per quella donna! Vostra madre lo sapete, è insopportabile con166

SAVERIO MONTALTO

noialtri, immaginate poi con la nuora. Io non vi dico di non trattarla e non crediate che io le voglia del male, no; però non è giusto che per causa sua voi dobbiate malmenare così mia[...]

[...]are così mia sorella. Vostra madre è così e forse neanche lei ci ha colpa! Ma se non ha fatto mai pane con nessuno? E se è nemica con suo fratello, volete proprio che vada d’accordo con mia sorella? Vi prego, cambiate casa, giacché son disposto di pagarvi anche l’affitto. Adesso dice che se ne vuole andare! Capirete che un fatto simile, porterà varie conseguenze anche per mia moglie ».

<c Ma io in questo momento non posso cambiare abitazione, perché la mia famiglia ha bisogno di me e specie che ci sono ancora le mie sorelle in casa».

« Ed allora, vi prego, abbiatele un po’ di carità! ».

« Ma che volete; anch’io son fatto così! Quando perdo la bussola non vedo più nessuno e più di una. volta ha schiaffeggiato e preso a calci anche mia madre ed anche mio padre ».

« Male; perché coi genitori non si deve arrivare mai a questo punto! Però se vi dicono di andare a buttarvi sotto il treno non lo dovete fare neanche! Il rispetto e l’aiuto è un conto,, ma il capriccio è un altro. Sapete che cosa dice uno storico a prop< iko di Caterina dei Medici una pessima imperatrice di Francia? Dice "e solo il figlio aveva saputo tramandarci il suo carattere chiamando i « madama la vipera»! Ma con ciò, dice lo stesso storico, il figlio \J>n venne mai meno ai doveri di figlio».

«Allora sapete per ora che facciamo? Mia moglie, dato che sta anche poco bene in salute, se ne viene qui da[...]

[...]il capriccio è un altro. Sapete che cosa dice uno storico a prop< iko di Caterina dei Medici una pessima imperatrice di Francia? Dice "e solo il figlio aveva saputo tramandarci il suo carattere chiamando i « madama la vipera»! Ma con ciò, dice lo stesso storico, il figlio \J>n venne mai meno ai doveri di figlio».

«Allora sapete per ora che facciamo? Mia moglie, dato che sta anche poco bene in salute, se ne viene qui da voi per un pò di tempo, perché qui ha anche il modo di curarsi meglio e vostra moglie se ne viene provvisoriamente da mia madre »

« Purché accettino, dispostissimo! ».

« Ora vado e cercherò di persuadere mia madre ».

Faccio presente a questo punto che in fondo mio cognato Giacomo è stato sempre in mezzo a tutta quella gente feroce e malvagia, forse il più buono; opinione che conservo tuttavia, anche dopo che mi spinse nell’abisso in cui mi trovo. Però allora dopo che mi rivelò che aveva percosso anche sua madre e suo padre, andandosene, fui invaso da un sacro terrore, perché pensavo che anche con me, a maggior rag[...]

[...] Purché accettino, dispostissimo! ».

« Ora vado e cercherò di persuadere mia madre ».

Faccio presente a questo punto che in fondo mio cognato Giacomo è stato sempre in mezzo a tutta quella gente feroce e malvagia, forse il più buono; opinione che conservo tuttavia, anche dopo che mi spinse nell’abisso in cui mi trovo. Però allora dopo che mi rivelò che aveva percosso anche sua madre e suo padre, andandosene, fui invaso da un sacro terrore, perché pensavo che anche con me, a maggior ragione, un giorno o l’altro avrebbe potuto fare lo stesso. Dopo che mio cognato se ne andò, come se il cuore mi dicessé che sua madre non avrebbe di certo accettato la sua proposta, rimanevo trepidante,MEMORIALE DAL CARCERE

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e più tardi mi vestii ed uscii. Andai dritto al negozio. Imboccata la soglia vidi mio cognato Giovanni con la rivoltella in mano che faceva come un pazzo dicendo « Mi perdo io, ma si salvano due famiglie! » ed il padre che cercava di disarmarlo e di trattenerlo. Ad un certo momento si sganciò dal padre ed il padre allora si l[...]

[...]in mezzo. La bestia al mio urlo s’intimorì e si ritrasse placandosi. Poi uscì. Mia sorella si gettò quasi nuda nelle mie braccia ripetendo « Mi vogliono ammazzare! ». Il suo cuore batteva con tanta violenza che mi faceva male sul petto. « Calmati, non te ne spaventare! » gli dissi « Dovranno passare prima sul mio cadavere! ». Dopo un certo tempo si calmò e più tardi entrò il marito dicendo: «Ciò che abbiamo stabilito tra di noi, non è fattibile, perché mia madre asserisce che non si dica mai al mondo che sua figlia debba ritornarsene in casa sua! ».

« Ma io non ho detto né ho pensato tutto questo! Si trattava semplicemente di una cosa che tutti fanno. Del resto la proposta era venuta da voi! ».

«E se l’è presa anche con me! Ma o fanno o no, è così! Se mia moglie non vuole stare se ne può andare! Però la bambina deve restare con me, perché lei non è donna di educare bambine! ».

« Sta bene! Per il momento consiglio a tutti la calma! Ora andrò io giù da vostra madre e la pregherò, se si vorrà persuadere, che ritorni amica con mia sorella e che venga nuovamente sopra e che faccia d’ora in avanti ogni cosa come piace a lei ».

Più tardi scesi da mia suocera e la pregai di ritornare sopra e di perdonare mia sorella per quella volta se aveva mancato in qualche cosa. Ma lei s’impuntò dicendo che mia sorella non si doveva permettere mai di calunniare lei, la signora Armoni, conosciuta in ogni dove per la sua dignità e decoro di pe[...]

[...]pra e di perdonare mia sorella per quella volta se aveva mancato in qualche cosa. Ma lei s’impuntò dicendo che mia sorella non si doveva permettere mai di calunniare lei, la signora Armoni, conosciuta in ogni dove per la sua dignità e decoro di persona aristocratica e perbene che sa168

SAVERIO MONTALTO

peva agire e trattare con molta cortesia tutti indistintamente e specie mia sorella che l’aveva inalzata dal nulla a quello stato, proprio perché le aveva voluto sempre molto bene. Del resto — aggiunse — Voi siete sposato per i fatti vostri e fatevi i fatti vostri, perché voi non conoscete chi è vostra sorella e, sappiatelo, che benché non lo meriti, essa è la regina di N**#. Chi c’è nel paese più contenta di lei? ».

Allora io piansi di fronte a mia suocera, mi umiliai, la scongiurai e la pregai ginocchioni, ma lei rimase dura e col suo contegno di donna perbene.

Verso la mezzanotte decidemmo che mia sorella, ormai rassegnata anche a morire, sarebbe rimasta a letto chiusa a chiave di dentro e che io, mio cognato Giacomo e mia moglie andassimo a casa mia. Per quella notte nessuno mangiò o dormì. Io nel letto vicino a mia moglie ebbi dei momenti orribili d[...]

[...]'intesi restituito al mondo dei vivi, presi mia sorella e la portai in braccio a mia suocera. Ci furono pianti, svenimenti eccetera e così dopo un’ora circa me ne andai a casa mia per informare anche mia moglie. Mi sentivo un pò tranquillo, va bene, ma le umiliazioni subite ed il resto, avevano ancora una volta amareggiato ed avvilito il mio cuore.

Non ricordo più se verso quest’epoca o prima o dopo mia cognata Elena diede dei segni di pazzia perché il suo fidanzato Vincenzino Sofia si era sposato con un’altra, per cui i fratelli ed il padre invece di confortarla e farle dimenticare il passato la bastonavano giornalmente a sangue tanto vero che un giorno che, dietro le insistenze di mia sorella, andai per darle un pò di sollievo, la vidi rilegata nel basso che serviva da ripostiglio e da stanza da letto del padre tutta ammaccata e trasfigurata e piena di lividure; e non ricordo più neanche se fu verso questo periodo che un giorno il mio cognato Giacomo a proposito della cattiva condotta di sua sorella Aurora ed Elena, ebbe a dichiararmi [...]

[...] questa sua dichiarazione che subentrò in me la convinzione che gli Armoni avendo assassinata già e sotterrata nel loro basso mia sorella, dovevo allontanarmi da N##* diversamente avrebbero assassinato anche me pver cui avevo scritto due lettere, una al Podestà ed una al Tenente dei RR. CC. per giustificare la mia decisione ed il mio allontanamento. E se le lettere poi rimasero nel tiretto ed io non mi fui per allora allontanato più, non lo feci perché prevalse in me la paura che ovunque fossi andato o nascosto, gli Armoni mi avrebbero raggiunto e quindi assassinato lo stesso. Come non ricordo più neanche se fu verso quest’epoca che andai dal Comm. don Tiberio Spada per consigliarmi con lui come dovevo fare per emigrare nell’America del Sud confidandogli che la ragione principale per cui dovevo allontanarmi erano proprio le mie disgraziate condizioni di famiglia. E non ricordo più neanche se fu verso quest’epoca che incominciai a sfogarmi cogli amici, raccontando loro delle mie sventure, specie coll’amico Avv. Giulio Sacerdote, coll’amico o[...]

[...]uto cambiare casa a causa di mia moglie la quale si era messa a litigare inimicandosi coi vicini come soleva fare sua madre e fra l’altro pretendeva che anch’io mi fossi messo a tu per tu con gente alquanto turbolenta e che non aveva che pensare, quando una sera dei primi di febbraio mi mandò a chiamare d’urgenza mio cognato Giacomo. Io pensai in un primo istante a mia sorella poi raggiunta la casa degli Armoni vidi mio cognato Lorenzo moribondo perché mentre scendeva dal villaggio di S... in bicicletta era caduto fracassandosi il cranio. Senza perdere tempo lo portammo all’ospedale ed io per ben quindici giorni e quindici notti vegliai solo al suo capezzale, per poterlo strappare alla morte coll’aiuto del mio amico chirurgo dott. Antonio Spataro. In ultimo, sempre a causa di mia suocera e di mio cognato Giacomo, giacché mi riempirono la testa che non era stato curato bene e che avevano preteso molto compenso, mi dovetti bisticciare col segretario dell’ospedale ed intaccare alquanto l’amicizia col caro Spataro, il quale, cosa rara per un me[...]

[...]ra e di mio cognato Giacomo, giacché mi riempirono la testa che non era stato curato bene e che avevano preteso molto compenso, mi dovetti bisticciare col segretario dell’ospedale ed intaccare alquanto l’amicizia col caro Spataro, il quale, cosa rara per un medico, si era prestato per me in quell’occasione più di un fratello. E quando verso maggio mi sembra, mio cognato Lorenzo volle andare a Bologna ed a Milano per farsi visitare e curare quivi perché di Spataro non avevano più fiducia, né dei miei consigli, dato che io ormai ero diventato come prima una pezza da piedi, dovetti prestare ancora altre L 2500, per le quali, assommate ad altre L. 1000 che avevo speso per l’ospedale, ricevetti una cambiale di L. 3500 più tardi, benché a malincuore, da mio cognato Giacomo; cambiale che conservo tuttavia insieme ad un’altra di L. 1500 che dovetti dare poi quando verso ottobre sposò sua sorella Aurora, con promessa categorica che il tutto avrei avuto restituito a Natale di quello stesso anno. E non solo che non mi furono restituite a Natale di que[...]

[...]omo mi raccontò, per fare risaltare la sua bravura ed il suo molto saper fare, che quando andava a Fiuggi cercava sempre di trovare una qualche donnina danarosa per farsi pagare alla fine le spese di cura eMEMORIALE DAL CARCERE

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soggiorno. E mi ricordo anche come una volta il dott. Arturo Calabrese mi raccontò che un giorno sul treno mio cognato Giacomo aveva preso arrogantemente a male parole il ten. colonnello Giorgio Cordopatre, sol perché questi si era permesso di dire, che ora che gli Armoni si erano rimessi a posto, potevano pagargli una cambiale di L. 2000 circa che lui aveva dovuto pagare un tempo come avallante di mio suocero. Dico anche, dappoiché cade a proposito, che il mio cognato Giacomo usava viaggiare, come forse anche ora, in seconda classe per darsi aria di uomo importante e dello snob e potere impressionare così il pubblico, malattia questa, del resto, di famiglia come ho potuto constatare esperimentando mia moglie. E la meraviglia mia qual era? Che si davano aria dello snob non solo con coloro che non

li con[...]

[...]o potuto constatare esperimentando mia moglie. E la meraviglia mia qual era? Che si davano aria dello snob non solo con coloro che non

li conoscevano, ma anche con coloro che li conoscevano bene ed anche intimamente.

Se al posto del signor ten. col. Cordopatre ci fossero stati ancora i fratelli Audino, dei quali il più piccolo perì poi per una coltellata del più grande, sicuramente il mio cognato Giacomo non avrebbe risposto con arroganza, perché, data la sua grande intelligenza, sapeva molto bene che un ufficiale superiore non si sarebbe messo mai a fare a coltellate con lui. E se al posto mio ci fosse stato anche il suo barbiere Armando Romeo, son sicuro che anche a me mi avrebbe restituito le cinquemila lire e mi avrebbe dato credito nel suo negozio.

Faccio presente che molte cose atroci e dolorose e se vogliamo anche ridicole della famiglia Armoni non le ricordo più in questo momento, però sto certo che la Giustizia intuisce da sé, anche attraverso i pochi saggi che sto dando di scorcio e molto alla rinfusa.

Ritornando ora a[...]

[...]suo negozio.

Faccio presente che molte cose atroci e dolorose e se vogliamo anche ridicole della famiglia Armoni non le ricordo più in questo momento, però sto certo che la Giustizia intuisce da sé, anche attraverso i pochi saggi che sto dando di scorcio e molto alla rinfusa.

Ritornando ora alla piaga che mi brucia, dico che quale ricompensa verso mia sorella della famiglia Armoni,. dato che lei si era adoperata premurosamente presso di me perché dessi le L. 2500 per l’andata di Bologna e Milano, dopo partiti i due fratelli, giacché ora bisognava fare economia per tutte le spese sostenute per la disgrazia della caduta di Lorenzo, la lasciavano morire di fame e non solo che mia sorella doveva morire di fame, ma doveva star zitta, benché lei non dicesse mai niente a nessuno, compreso me; ma loro sospettvano che dicesse perché si sentivano l’anima macchiata. E difatti io lo seppi in seguito quando un giorno mi disse: «Guarda, ora dicono che bisogna fare economia ed io approvo; però l’economia la debbo fare solamente io, perché loro mangiano e bevono meglio di prima ed io la sera debbo accontentarmi con pane ed olio se lo voglio; altrimenti172

SAVERIO MONTALTO

nessuno si preoccupa se mangio e se bevo compreso mio marito, il quale non mi domanda mai se son viva o morta. Sì sì; la sera mi ritiro e trovo solamente una goccia d’olio nella bottiglia ed un pezzo di pane che mi porto io stessa dal negozio. Tanto per dirti una, l’altro giorno hanno comprato un pesce di circa due chili: hanno mangiato tutti a mezzogiorno ed alla sera ed inoltre la madre ha conservato un po’ per la figlia più piccola, perché sennò si s[...]

[...]NTALTO

nessuno si preoccupa se mangio e se bevo compreso mio marito, il quale non mi domanda mai se son viva o morta. Sì sì; la sera mi ritiro e trovo solamente una goccia d’olio nella bottiglia ed un pezzo di pane che mi porto io stessa dal negozio. Tanto per dirti una, l’altro giorno hanno comprato un pesce di circa due chili: hanno mangiato tutti a mezzogiorno ed alla sera ed inoltre la madre ha conservato un po’ per la figlia più piccola, perché sennò si sciupa la bellezza, per il giorno appresso ed a me non mi hanno fatto sapere niente. L’ho saputo poi da Rosa, perché come sai Rosa ora è grande e capisce tutto. L’altra sera sai che cosa mi ha spiattellato il professore? Io mi ero ritirata stanca e lui si mise a scherzare con me all’uso dei carrettieri. Io un po’ seccata gli ho detto: “Voi, caro cognato, avete mangiato, ma io ancora debbo mangiare e se voglio c’è un po’ di pane ed olio!”. Lui allora mi ha risposto: “Ed io ho mangiato carne e pasta! Desiderate cosa?”. Queste cose le ha capite anche don Gennaro — perché allora Gennaro Grandi era fidanzato già con l’Aurora — e va scuotendo le mani ».

Ed io aggiungo che non solo che mia sorella doveva morire[...]

[...]ome sai Rosa ora è grande e capisce tutto. L’altra sera sai che cosa mi ha spiattellato il professore? Io mi ero ritirata stanca e lui si mise a scherzare con me all’uso dei carrettieri. Io un po’ seccata gli ho detto: “Voi, caro cognato, avete mangiato, ma io ancora debbo mangiare e se voglio c’è un po’ di pane ed olio!”. Lui allora mi ha risposto: “Ed io ho mangiato carne e pasta! Desiderate cosa?”. Queste cose le ha capite anche don Gennaro — perché allora Gennaro Grandi era fidanzato già con l’Aurora — e va scuotendo le mani ».

Ed io aggiungo che non solo che mia sorella doveva morire di fame, ma per quanto io non potevo mandarle niente altrimenti avrei avuto a che fare con mia moglie; a sua madre va bene, alla sua famiglia sissignori, ma a mia sorella no; la frutta, per esempio, che mandavano gli amici, perdersi sì ma a mia sorella no, e se qualche volta m’imponevo mia moglie a me non mi pigliava a schiaffi, benché me lo facesse capire che l’avrebbe fatto ben volentieri ma la serva che andava senza del suo permesso, quando mancavo i[...]

[...]tto ben volentieri ma la serva che andava senza del suo permesso, quando mancavo io ne buscava poi di santa ragione. Basta dire che se qualche volta volevo dare a mia sorella un po’ di roba di maiale, dovevo portarla io di nascosto, quantunque il maiale delPanno serviva se non tutto buona parte per gli Armoni. Un giorno mentre mi mettevo a tavola, pensando a mia sorella, mi venne da piangere e non volli mangiare. Mia moglie allora mi domandò : « Perché questo ora? ».

«Perché? Perché io mangio e mia sorella non mangia! ».

« Ho capito! D’ora in avanti significa che non debbo mangiare neanche io».

Si alzò ed andò a coricarsi a letto, ove rimase per vari giorni senza volere mangiare. Però dopo che io uscivo mangiava e beveva e faceva i comodi suoi ed io per non aggravare la situazione fingevo di non capire niente. Né era questa la prima e l’ultima volta che mia moglie si metteva a letto e non solo che quando si metteva a letto non neMEMORIALE DAL CARCERE

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voleva sapere di cucinare e quindi dovevo cucinare io dato che la serva era piccola ed incapace, ma per q[...]

[...]endomi che mi doveva parlare di cose molto serie. Era sceso il crepuscolo ed andammo al Parco della Rimembranza. Quivi giunti mi disse con aria truculenta e minacciosa:

«Vostra sorella la deve finire! Diversamente voi lo sapete come la penso io! ».

Io fremevo non so più se in quel momento per la rabbia o per la paura. Gli domandai con voce tremante mentre sentivo che il respiro ed il cuore mi venivano meno:

«Ma per quale; motivo?».

« Perché lei si deve mettere in testa una buona volta per sempre che la mia famiglia lei non è degna di nominarla e che nessuno mai si è permesso di criticarla e di parlar male tranne che lei. Io non ho che pensare e sapete anche chi sono io! ».

«E che cosa vuoi da me? ». Faccio noto che io davo a futti del tu tranne dei genitori di Aurora e di mio cognato Giacomo. A me davano tutti del voi compresa mia moglie che non era stata capace di abituarsi al tu.

« Voglio che vi educhiate vostra sorella, sennò l’educo io! ».

Mi veniva da piangere, ma mi feci forza e per quella volta non piansi.

«E [...]

[...]hi sono io! ».

«E che cosa vuoi da me? ». Faccio noto che io davo a futti del tu tranne dei genitori di Aurora e di mio cognato Giacomo. A me davano tutti del voi compresa mia moglie che non era stata capace di abituarsi al tu.

« Voglio che vi educhiate vostra sorella, sennò l’educo io! ».

Mi veniva da piangere, ma mi feci forza e per quella volta non piansi.

«E dimmi; come lo sai che lei parla male della tua famiglia? ».

« Lo so, perché oggi l’ho vista parlare con Angela Chiaravalle e quando mi ha visto smise ».

« Smise non perché parlava male della tua famiglia, ma perché sa che voialtri pensate sempre al male».

« Noi non pensiamo mai al male e vi dico, anche a voi, di finirla. La mia famiglia è la prima di N... per correttezza, onestà e tutto e vostra sorella non era meritevole di entrare nella nostra famiglia, perché lei è la regina di N..., perché ha un giovane di marito che non lo174

SAVERIO MONTALTO

ha nessuno ed è trattata meglio di tutti, per mangiare, per bere, per dormire e per vestire. Avete capito? ».

« Ho capito tutto. Però ti prego di essere più umano e di non andare dietro a tua madre».

« A mia madre non la deve nominare nessuno, perché neanche voi siete degno di nominarla. Avete capito? ».

A questo punto m’intesi venir meno e mi vergogno ancora della mia viltà di quel momento. Mi umiliai di fronte a costui, perché la paura delle sofferenze di mia sorella era superiore a qualunque umiliazione e pregai a lungo e scongiurai a lungo Giovanni che si stesse al suo posto, perché a mia sorella glie ne avrei ora parlato io e sicuramente per l’avvenire non se ne sarebbe permessa più neanche una parola. Poi lo lasciai e non sapevo più in che mondo mi fossi.

Dopo qualche giorno venni nella determinazione di dire a mia sorella che se, oltre al marito, qualcun altro della famiglia Armoni si fosse permesso di alzare mano su di lei, di venirsene immediatamente da me che ci avrei pensato io ad avvisare il maresciallo dei carabinieri.

Al ritorno da Milano mio cognato Lorenzo se ne venne in famiglia con un giovanotto suo amico che un tempo abitava a N... Quando

io la se[...]

[...]vo con la motocicletta il giovanotto e mio cognato Lorenzo andavano in casa mia a prendere il caffè; non solo, ma avendoli invitati di venire da me quando c’ero io, mi promisero di sì, ma poi non vennero. Io siccome conoscevo bene la moralità di mio cognato Lorenzo, tacevo e mi rodevo dentro. Un giorno che feci presente a mia moglie che ciò non istava bene, lei negò dicendo che durante la mia assenza non era venuto mai nessuno. Io allora tacqui, perché ormai avevo paura non solo di loro, ma principalmente di mia moglie, la quale ormai aveva presa l’abitudine di minacciarmi coi fratelli e col padre, abitudine che mantenne fino alla fine.

In questo frattempo il dott. Castagna smise di frequentare la casa degli Armoni, ma conoscendo chi fossero loro, io rimasi amico. Penso che mia suocera sapendo che Gennaro Grandi aveva una qualche idea per l’Aurora, dato che era rimasto vedovo con vari figli e senza donna di casa, credè prudente allontanarlo e non certo perché faceva la corte a mia moglie, giacché quando una volta il Castagna a proposito [...]

[...]glie, la quale ormai aveva presa l’abitudine di minacciarmi coi fratelli e col padre, abitudine che mantenne fino alla fine.

In questo frattempo il dott. Castagna smise di frequentare la casa degli Armoni, ma conoscendo chi fossero loro, io rimasi amico. Penso che mia suocera sapendo che Gennaro Grandi aveva una qualche idea per l’Aurora, dato che era rimasto vedovo con vari figli e senza donna di casa, credè prudente allontanarlo e non certo perché faceva la corte a mia moglie, giacché quando una volta il Castagna a proposito di mia moglie le aveva detto che aveva per figlia una bambolina fatta col pennello, lei lusingata e contenta aveva risposto: «Avreste dovuto vedere me a vent’anni e le mie figlie di fronte a me ora sono scaglie! ». E mi spiego anche perché una volta mia moglie riferì alla mia perMEMORIALE DAL CARCERE

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sona di servizio queste parole : « Mio marito anziché essere orgoglioso e contento che mi vogliono tutti, si arrabbia! Se mio fratello avesse la fortuna di avere una moglie che la vogliono tutti come me, non si arrabberebbe! », perché certamente le aveva sentite ripetere dalla madre. Mi rammento a questo punto che mia suocera ogni volta che mia sorella sgravava la obbligava attraverso frasi indirette di allattare i figli oltre due anni, allo scopo di farla deperire lentamente e quindi togliersela davanti.

Verso ottobre, dopo sposata l’Aurora, le cose si aggravarono assai per mia sorella. Io ora avevo tale paura di tutta quella gente da dimenticare anche le sofferenze di mia sorella. Capivo che lei doveva attraversare un brutto periodo ma non avevo la forza di avvicinarmi per domandarle. Un giorno ch’era sola nel negozio[...]

[...]Io ora avevo tale paura di tutta quella gente da dimenticare anche le sofferenze di mia sorella. Capivo che lei doveva attraversare un brutto periodo ma non avevo la forza di avvicinarmi per domandarle. Un giorno ch’era sola nel negozio mi fermò mentre passavo colla motocicletta e mi portò nel solito sottoscala e mi disse:

« Sembra che hai paura di venire da me! ».

«Non si tratta di paura; ho molto da fare! ».

«Ormai me ne posso andare, perché me l’hanno fatto capire chiaramente, anche mio marito! ». Non piangeva più perché le sofferenze le avevano tolto anche il beneficio del pianto. « Mi dispiace per le bambine e per te ». « No; non mi dispiace di nessuno! Mi dispiace per me, perché non vorrei dargli il piacere di scomparire! Capisci a che punto mi hanno portato? ».

«Ma che avete avuto? ».

« L’altra notte, il mio marito, fino all’alba mi ha macellata come mai. L’ha fatta la valentia di martirizzare uno scheletro come me?! Credo che le bestie del deserto non sono così feroci! La madre poi,

il giorno avanti mi disse al solito suo quante ne ha potute e siccome io rimanevo muta senza dire una paròla, lei, sempre più inferocita, prima mi diede uno schiaffo e poi mi sputò in faccia. Io senza fiatare mi asciugai questa faccia col fazzoletto. E non è la prima volta che [...]

[...]i permetterai più di dire una parola ti darà tante da ricordartele per tutta la vita. AÌTultimo mi disse che quanto la moglie di Angelo Saba ha portato di gioielli, io e te e tutta la nostra famiglia non lo valevamo assommati assieme.176

SAVERIO MONTALTO

Io gli dissi che lui non era Angelo Saba e lui gridando che Angelo Saba di fronte a lui era una patata continuò a battermi con più ferocia di prima. Non so come ancora son viva! ».

«Ma perché tutto questo?».

«Perché? Perché le millecinquecento lire glie l’hai date ancora per me e la sorella Pha sposata per opera mia specie dopo che don Gennaro ha ricevuto quella lettera anonima che ty. sai. Hanno visto che don Gennaro e specie i figli mi stimano e mi vogliono bene, mentre a loro non li possono vedere, perché con loro non può avere contatto nessuno, perché finisce sempre a fetore. E poi c’è un’altra cosa importante. Ora che mio marito sa che io e forse anche tu sappiamo delle malefatte delle sue sorelle si sente minorato, tanto vero che un giorno mi ha detto che le figurine che si son fatte nella sua famiglia non si son fatte in nessun’altra, e perciò non potendo sfogare la rabbia con sua madre che non le ha sapute educare, sfoga con noi. Capisci? ».

«Guarda Anna! Te l’ho detto altre volte: la realtà crea i santi ed i diavoli, crea il serpente e crea il canarino, crea il bene e crea il male e via discorrendo; e questi termini estremi sono en[...]

[...]erciò non potendo sfogare la rabbia con sua madre che non le ha sapute educare, sfoga con noi. Capisci? ».

«Guarda Anna! Te l’ho detto altre volte: la realtà crea i santi ed i diavoli, crea il serpente e crea il canarino, crea il bene e crea il male e via discorrendo; e questi termini estremi sono entrambi necessari altrimenti il mondo non sarebbe quello che è. Perciò cerca di sopportare per ora: intanto la madre se ne andrà a C... col figlio perché ha avuto, come sai, il posto di maestro lì e finché ritornerà speriamo che sarai per i fatti tuoi divisa e così forse le cose cambieranno! ».

« Ma io per intanto non posso più sopportare, perché non son di ferro; e poi son sicura che anche quando sarò divisa saremo punto e daccapo ».

Io cercai ancora di persuaderla e di confortarla e me ne andai.

Lascio immaginare alla giustizia il mio stato. Io ora difronte a mia moglie mi sforzavo di apparire calmo e tranquillo, ma lei comprendeva tuttocciò che passava dentro di me anche perché sapeva tutto. Non ero capace di sfogare, perché la paura mi teneva muto, e sentivo che la mente ed il cuore mi venivano meno. C’erano dei momenti che sentivo di non essere più me stesso, ma un altro. Una sera mentre ero nel negozio con mia sorella arrivò mio cognato Giacomo e s’impegnò fra noi una lunga discussione. Mio cognato a volte gridava come un ossesso e voleva battere mia sorella anche in mia presenza. Io lo trattenevo e poi si continuava la discussione. Si era fatto un pò* tardi e si era girata anche la porta del negozio. L’Ottavio, il più piccolo dei fratelli Armoni, se n’era andato e per fortuna che pioveva e quindi le voci non [...]

[...]erto punto entrò miaMEMORIALE DAL CARCERE

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moglie col veleno agli occhi come non l’avevo vista mai accompagnata da uno dei fratelli che non ricordo più chi era e mi sembra anche dalla serva. Sbatte dietro di sé la porta mandando in frantumi un vetro e facendo un fracasso indiavolato, si avvicinò a me appuntandomi le dita negli occhi e disse urlando: «Tu la devi finire con tua sorella, capisci? — era la prima volta che mi dava del tu —. Perché altrimenti ti piglio a schiaffi e ti metto sotto i piedi, capisci? E se parli una parola ti piglio ora a schiaffi, capisci? — e faceva per avvicinarsi e per alzare le mani, ma non ebbe il coraggio di farlo perché si vede che io mentre la guardavo inebetito le dovetti fare un po’ di paura —. Perché tua sorella è quella che è ed io e la mia famiglia siano quelli che siamo! E ti proibisco di venire più qua e di dare retta a tua sorella, capisci? ».

Io e tutti i presenti si rimaneva paralizzati, tanto vero che il mio cognato Giacomo si sentì in dovere di dire: « Ci siamo ridotti come i... » e nominò una famiglia di facchini del paese famosa per le continue risse fra di loro. Io, incoraggiato da queste parole, ebbi la forza di dire a mia moglie:

«Però neanche voi dovete avvicinare più i vostri?».

« Sì, neanche io! ».

« Andiamo allora! » ed andammo muti e senza più dire una parol[...]

[...]« Sì, neanche io! ».

« Andiamo allora! » ed andammo muti e senza più dire una parola.

Rimasi tutta la notte e buona parte del giorno appresso sdraiato nello studio con la testa fra le mani. Non saprei descrivere ciò che mi passava per la mente. La mattina il padre ed i fratelli, tranne di mio cognato Giacomo, entravano di colpo nella mia casa, parlavano sottovoce con mia moglie e poi se ne andavano. Quando non volevano entrare fischiavano, perché un’altra caratteristica degli Armoni era quella di chiamarsi col fischio, mia moglie apriva il balcone e così si allontanavano. Quel fischio mi attraversava le cervella da parte a parte e mi dava un senso di lugubricità tale da farmi perdere completamente la ragione e così mi perseguitò fino alla fine quando qualcuno veniva e fischiava perché sapeva che c’ero io e non voleva salire.

Verso le undici entrò mia sorella nello studio. Anche lei era trasfigurata o almeno mi sembrò tale. Ebbe la forza di piangere e mi disse:

« Ho dovuto dare ragione a loro perché sennò mi avrebbero strangolata! Io ormai sono disposta a fare qualsiasi sacrificio, purché tu ti calmi! ».178

SAVERIO MONTALTO

«È impossibile! Ho deciso di andarmene via! Vedi; tu lo sai il bene che ti volevo! Ormai non mi interesso più neanche di te! ».

«E mi lasci sola, in mezzo a loro? Ti prego, per l’anima della mamma! ». Al nome di mia madre ebbi una trafitta al cuore e non fui capace di vedere ancora soffrire quella donna. Mi calmai un po’ e domandai: «La gente hanno sentito le sue parole?».

« Se non sentito, hanno capito ed hanno detto che ormai hai paura e che forse non v[...]

[...] le determinanti di una separazione e mi consigliò in fine, dato che c’era anche la guerra in vista, di attendere pel momento, che poteva darsi che con la guerra tutti saremmo stati richiamati e quindi poi da cosa poteva nascere cosa. In quel momento mi persuasi, ma ritornato a casa seguitavo a persi > stere nella mia decisione.

Chiamai mio cognato Grandi e feci sapere agli Armoni che intendevo dividermi, benché sapevo che non mi sarei diviso perché avevo paura, ma io cercavo di tenere duro proprio per soffocare la paura, e che anche mia sorella si sarebbe divisa. Dopo qualche giorno venne mio cognato Giacomo col Grandi per comunicarmi con la sua aria magna, che io non avevo nessun motivo di potermi dividere; però se mia sorella avesse voluto dividersi poteva farlo anche subito. Io non ricordo più che cosa risposi e lui se ne ndò. Ma dopo alcuni giorni gli Armoni, capito il pericolo, vennero a più miti consigli e mio cognato mi fece sapere che ormai era disposto a fare famiglia a parte dai suoi, ma che però da quel momento in poi lui dov[...]

[...]rno di lei a giugno venturo da C..., ognuno doveva farsi

i fatti suoi e non ingerirsi delle faccende degli altri. Io capivo sempre più e tremavo, però nutrivo una certa speranza che una volta che mia sorella si fosse divisa dalla suocera forse le cose si sarebbero aggiustate e lo feci sapere anche a lei, dato che anche lei aveva capito e s’era già impaurita più di me. Dopo alcune sere vi fu una specie di riconciliazione generale voluta da me, perché sapevo bene che se mia sorella fosse rimasta nemica colla suocera non avrebbe trovata mai la pace; ma la riconciliazione non avvenne lo stesso. Mia suocera dichiarò che momentaneamente acconsentiva, va bene, ad ammettere alla sua presenza me e mia sorella, perché non si dicesse mai che lei doveva essere la causa della distruzione di due famiglie, ma che d’allora in poi non ci avrebbe più voluto vedere e né sentire, e, che, d’allora in poi, ognuno avrebbe dovuto starsene a casa sua per i fatti suoi e che su ciò non transigeva assolutamente. « Anche a voi! », rivolgendosi a me direttamente disse: «Non vi voglio più vedere né sentire, dato che anche voi vi siete permesso di oltraggiare e calunniare una signora come me! ». La calunnia consisteva nel fatto che io avevo detto che non era giusto lasciare morire di fame mia sorella. In questo mentre arrivò mi[...]

[...]da uomo di forza e di comando. Io ormai di fronte a quella gente non ero più capace di dire più nulla e se parlavo, parlavo semplicemente per umiliarmi e sottomettermi a loro. Dopo che Gk> vanni se ne andò, io pregai mia suocera di permettere me e mia sorella di andarla a trovare a C..., ma lei disse che se io e mia sorella ci fossimo permessi di andare a C..., avrebbe fatto cose che non aveva mai fatte. Mia suocera però parlava così non per me, perché a me se fossi andato solo, mi avrebbe accolto a braccia aperte, ma parlava per mia sorella. Io capii fin troppo tutta la sua malvagità e dove voleva arrivare e non insistei più.

Quando verso i primi di novembre mia suocera partì per C... si portò con sé tutte e due le figlie femmine dicendo che non poteva lasciare le sue figlie con una donna traviata come mia sorella. Ma la ragione non era questa: la ragione vera era che intendeva aggravare180

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mia sorella del peso di quattro uomini compreso il suocero e di due bambine piccole, perché così sperava che al suo ritorno [...]

[...]o tutta la sua malvagità e dove voleva arrivare e non insistei più.

Quando verso i primi di novembre mia suocera partì per C... si portò con sé tutte e due le figlie femmine dicendo che non poteva lasciare le sue figlie con una donna traviata come mia sorella. Ma la ragione non era questa: la ragione vera era che intendeva aggravare180

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mia sorella del peso di quattro uomini compreso il suocero e di due bambine piccole, perché così sperava che al suo ritorno non ci fosse più. Il marito trovò tutto giusto e mia sorella sopportò tutto, anche il fatto che nessuno più le rivolgeva la parola o la guardava in faccia mentre era obbligata a servirli a tavola e in tutto il resto che loro occorreva. Il terribile Giovanni per non incontrarsi con lei si fece servire per tutto l’inverno il pranzo sotto il basso dal padre.

Qualche ora prima che mia suocera partisse per C... andai a salutarla facendole anche qualche bel complimento come sapevo che piaceva a lei per poterla disporre benevolmente verso mia sorella; ma lei partì [...]

[...] la sua assenza mentre che a mia sorella che aspettava con ansietà di vedersi anche lei baciare ed abbracciare inviò a distanza un semplice arrivederci sgarbato e feroce. Mia sorella andò a nascondersi ed a piangersi la sua sventura.

Il mio cognato Giacomo, durante l’assenza della madre, verso i primi tempi fu insopportabile, ma poi, pian piano, si rimise un po’, come io prevedevo. Verso quei primi tempi vidi un giorno mia sorella fuor di sé, perché aveva recapitato una lettera di un’amante del marito; ma io cercai di calmarla dicendole che ormai una donna di famiglia come lei, madre di figlie, non doveva pensare più a certe stupidaggini, ma alla casa ed all’educazione delle figlie. Mi ricordo a questo punto che mia suocera era proprio lei che incitava i figli a scialarsi e divertirsi con le donne e non solamente il figlio Giacomo per fare distruggere sempre più mia sorella, ma anche i figli celibi, aggiungendo: « E poi che venga da me qualche altra bagascia con la pancina gonfia, che me la vedrò io! ». Mi ricordo anche di un certo Papal[...]

[...]ricordo a questo punto che mia suocera era proprio lei che incitava i figli a scialarsi e divertirsi con le donne e non solamente il figlio Giacomo per fare distruggere sempre più mia sorella, ma anche i figli celibi, aggiungendo: « E poi che venga da me qualche altra bagascia con la pancina gonfia, che me la vedrò io! ». Mi ricordo anche di un certo Papalia Francesco piccolo negoziante di R..., amico d’infanzia e compare di mio cognato Giacomo, perché gli ha battezzato tutte e tre le figlie; ora finché mia suocera nutrì la speranza che il Papalia avesse sposata qualcuna delle sue figlie ed allora lo accolse sempre a braccia aperte; ma quando poi seppe che il Papalia si era fidanzato già gli fece capire chiaramente che lei non aveva più alcun piacere che lui andasse a trovarla. Il Papalia capì subito e non ci andò più. Anche il Papalia, se volesse, potrebbe dire tante cose sulla disgraziata vita di mia sorella oltre a coloro che ho indicato di già aH’Ill.mo Signor Giudice Istruttore.

Vengo ora ai casi che più da vicino interessano me e m[...]

[...]

La vigilia di Natale mia moglie pretendeva insieme al fratello Lorenzo, sceso a bella posta, che io fossi andato insième a loro a C... per passare il Natale colla madre. Io dissi allora a mia moglie che ero pronto ad andarci ma che però doveva venire con noi anche mia sorella Anna. Mia moglie e suo fratello mi risposero che per mia sorella Anna era impossibile ed io quindi di rimando lasciai libera mia moglie di andare lei dove avesse voluto perché io mi stavo a casa mia. Mio cognato Lorenzo capita l’antifona se ne andò e mia moglie subito si mise a letto. Io passai il Natale del 1939 e non ricordo più se anche il Capodanno del 1940 solo a tavola e con la serva e la madre della serva in cucina e con il pranzo preparato da me. Da mia sorella non ci potevo andare, perché avrei suscitate delle reazioni poco piacevoli non solo da parte di mia moglie ma anche dei presenti in N... della famiglia Armoni; né mia sorella poteva assolutamente venire da me dato che mia moglie in ispecie non voleva più vederla affatto e se la serva si permetteva in quel tempo di portare qualche nipotina in casa mia, aveva poi di che buscarne quando io mancavo. La sera della vigilia di Natale ricordandomi del detto di Salomone che diceva: «Agli uomini che soffrono date da bere perché così dimenticano per un poco le loro miserie», benché in genere non bevessi, bevvi quasi una bottiglia d[...]

[...]acevoli non solo da parte di mia moglie ma anche dei presenti in N... della famiglia Armoni; né mia sorella poteva assolutamente venire da me dato che mia moglie in ispecie non voleva più vederla affatto e se la serva si permetteva in quel tempo di portare qualche nipotina in casa mia, aveva poi di che buscarne quando io mancavo. La sera della vigilia di Natale ricordandomi del detto di Salomone che diceva: «Agli uomini che soffrono date da bere perché così dimenticano per un poco le loro miserie», benché in genere non bevessi, bevvi quasi una bottiglia di vermouth, mi stordii e mi coricai vicino a mia moglie, giacché ormai si era imposta da tempo che dovevo dormire nel letto matrimoniale ed io lo facevo per evitare maggiori guai e complicazioni.

Dopo il Capodanno ed anche prima e fin quasi verso il maggio dovevo vedere fra i piedi per uno, due giorni di ogni settimana l’insegnante Lorenzo che scendeva da C... e veniva a mangiare e bere e dormire in casa mia dato che da mia sorella non ci voleva andare. Ogni qualvolta che quell’individuo[...]

[...]ni. Una sera per soffocare il mio dolore volli prendere parte anch’io alla loro allegria sforzandomi di bere quanto loro. Al culmine dell’allegria, il professore per esternare la sua soddisfazione, prese un Portogallo e lo scaraventò con tale forza alla ragazza di servizio, che per poco non la rese monocola. La poverina rimase di sasso, stava per piangere, ma poi si trattenne. La mattina appresso mia moglie se la prese con la ragazza di servizio perché non aveva saputo anche dopo il colpo continuare a ridere e scialare. Inoltre quandg la ragazza di servizio non era pronta a servire il professore, questi si metteva a gridare all’uso dei carrettieri e la picchiava. Anche gli altri componenti la famiglia Armoni quando la ragazza andava da loro e non era pronta a servirli la picchiavano di santa ragione. Verso febbraio, capito ormai mia moglie che io senza di mia sorella non ci andavo a C..., ci andò lei sola con la servetta e rimase per vari giorni. Al suo ritorno si presentò col fratello e la sorella più piccola per tenerseli con sé una setti[...]

[...]a che un giorno mentre mia sorella si trovava nel negozio domandò all’Ottavio non so più che cosa per diverse volte senza che l’Ottavio avesse avuto l’educazione di rispondere o di guardarla almeno in faccia. Allora a mia: sorella le scappò detto: «Ma bisogna essere proprio villani! ». Il mio suocero stava seduto fuori ed intese. Entrò dentro, si avvicinò a mia sorella, le appuntò le dita negli occhi ed urlò : « I miei figli sono i primi di N... perché figli della migliore famiglia di N... e non come te che sei figlia di quello ubbriacone miserabile pezzente di tuo padre! Se parli ancora un’altra parola ti metto sotto i piedi e non ti metto ora, perché non ti metto! ». Mia sorella si mise a piangere e non so se accorsero tutti i vicini del negozio, ma se non accorsero sentirono assai bene. Dopo questo fatto feci sapere al mio suocero che avrei venduto l’orto, col frutto del quale lui si ubbriacava, per mezzo della persona di servizio alla quale rispose: «Se quel miserabile del tuo padrone vende l’orto io ammazzo sua sorella! ».

Verso i primi di marzo, arrivato al colmo dell’esasperazione per la continua presenza del professore, un giorno chiamai mia moglie eMEMORIALE DAL CARCERE

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le feci capire che io intendevo studiare ed occu[...]

[...]o e si ripete più forte ancora. Allora smisi la canfora e non mandai più a chiamare il Castagna. Né lui si sentì in dovere di venire più da me, non dico come amico, ma neanche come ammalato; però ogni tanto mandava la serva ad informarsi come stavo. Dopo alcuni giorni mi intesi un po’ meglio ed allora decisi di recarmi a M... dal dott. Nino D’Ascola mio medico di fiducia. Il dott. D’Ascola mi osservò attentamente e mi esortò di stare tranquillo, perché non c’era niente né al cuore, né altrove che mi dovesse impressionare. Io allora mi tranquillizzai da questo lato ed in seguito stetti un po’ meglio anche perché mi sforzavo di pensare

11 meno possibile ai guai e sempre allo scopo di star meglio.

Verso aprile vidi all’improvviso in casa mia cognata Elena, dato che da mia sorella non ci voleva andare e dato che i fratelli non la potevano più vedere giacché aveva preso a bastonate la madre a C...

Io feci capire che non intendevo tenerla e così i fratelli se la portarono da mia sorella. Verso maggio sgravò mia sorella e fu contenta perché finalmente aveva dato alla luce un figlio maschio. In questo frattempo un giorno mentre andai per visitare mia sorella vidi PElena con un184

SAVERIO MONTALTO

occhio fasciato ed ammaccato da fare orrore. Seppi poi che l’Ottavio per un nonnulla l’aveva pestata a quel modo. Mia sorella mi disse: « Neanche le bestie fanno così! ».

Intanto le scuole si chiusero e siccome mia sorella non aveva potuto cambiare casa perché ancora ammalata nel letto, mia suocera mandò dicendo che lei restava sempre a C... finché quella donna non se ne fosse andata per i fatti suoi. Io stesso trovai la casa sopra del negozio da don Angelo Chiarenza e diedi al figlio L. 200 in anticipo per accomodarla. Quando mia sorella se ne andò voleva portarsi con sé anche un quadro che una volta le aveva regalato la suocera. Ma TElena si oppose dicendo che non era roba sua. Mia sorella insiste ed allora il marito la prese a schiaffi sgravata come si trovava da circa quindici giorni e da fare pietà anche alle bestie della foresta e dicendole c[...]

[...]tava con sé la chiave ovvero la dava al fratello Ottavio adducendo come scusa che di sera non si poteva lasciare il negozio aperto; né si poteva ormai avere più fiducia di mia sorella; e faceva capire chiaramente nel medesimo tempo a tutti, compreso me, che non aveva piacere che si andasse a trovarla. E se i vicini volevano parlare con lei o qualche amica voleva andare a trovarla, dovevano farlo quasi di nascosto. Anch’io ora ci andavo raramente perché avevo paura d’incontrarmi con quelle facce torve ed ogni volta che salivo da lei sentivo che il respiro mi veniva a mancare. Una sera che passavo colla motocicletta mi fermai e salii da mia sorella. Vi trovai il marito stravolto al solito suo e Pasquale il figlio maggiore di mio cognato Gennaro Grandi seduto vicino a mia sorella. Dopo un po’ mio cognato Giacomo scacciò bruscamente Pasquale che sapeva che andava di quando in quando da mia sorella per portarle un po’ di conforto, dicendo che dato che lui era nemico con suo padre non voleva che andasse in casa sua. Pasquale scornato e mortificat[...]

[...]a cotta che per quella volta mandò in frantumi sul pavimento. Dopo un po’ disse: «E se proibisco anche tuo fratello di venire in questa casa, son padrone e neanche lui ci deve venire!MEMORIALE DAL CARCERE

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Hai capito? » e detto ciò se ne andò. Verso gli ultimi tempi mio cognato aveva ridotta mia sorella a fare lei anche il bucato in casa, né io potevo mandare la servetta o la madre di costei ad aiutarla, magari pagando io quest’ultima, perché erano guai, non solo per mia sorella ma anche per me nei riguardi di mia moglie. Un giorno dissi a mia sorella: «Ma come fai la mattina; ti senti in condizione di alzarti? ». E lei: «Come vuoi che faccia? Non mi sento perché, specie la mattina, mi sento paralizzata, ma con quattro figli piccoli mi debbo alzare lo stesso! ».

A giugno, quando scoppiò la guerra, m’intesi rinascere ed aspettavo di giorno in giorno di essere richiamato giacché ormai non ero capace d’interessarmi più di nessuno, compresa mia sorella.

Verso luglio, un giorno che mia moglie picchiò la servetta più forte del solito raccolsi nell’aria dalla bocca di quest’ultima questa frase: «Io parlerei?! »; e siccome da un certo tempo avevo notato un nuovo atteggiamento di mia moglie nei nostri rapporti sessuali, non dimenticai più la frase. Un po[...]

[...]iò la servetta più forte del solito raccolsi nell’aria dalla bocca di quest’ultima questa frase: «Io parlerei?! »; e siccome da un certo tempo avevo notato un nuovo atteggiamento di mia moglie nei nostri rapporti sessuali, non dimenticai più la frase. Un pomeriggio che mi trovai solo con la servetta, dato che ora mia moglie entrava ed usciva di casa senza darmi più conto dove andasse e che facesse, né, io del resto, glie lo chiedevo, le domandai perché quel giorno aveva detto quel « Parlerei ?! » a denti stretti. Dapprincipio la servetta negò, ma poi, dietro le mie insistenze alquanto aspre, mi dichiarò che mia moglie amoreggiava col medico Castagna. Mi disse che quando io mancavo lei se la faceva sempre alla finestra dirimpetto allo studio del Castagna, che una mattina il Castagna, mentre io ero all’ufficio, colla scusa che cercava di me, era salito sopra e si era intrattenuto in salotto con mia moglie e che tutto ciò lo sapeva anche la padrona di casa che abitava sotto di noi e forse anche il resto della famiglia. Io non volli sapere nien[...]

[...]anche il genere umano, contribuiva per la sua parte alla186

SAVERIO MONTALTO

mia completa rovina, per opera di un Castagna che io, fra l’altro, avevo stimato sempre amico. Ora più di prima non potevo sopportare la gente e specie la casa del Castagna che avevo di rimpetto. A mia sorella non la odiavo, però le sue sofferenze non mi facevano più né caldo e né freddo e così fu, si può dire, fino alla fine. Dopo un certo tempo mi calmai un po’ perché pensavo di aver trovato la via d’uscita. Mi dissi : « Adesso farò di tutto per farmi richiamare, a fine guerra me ne andrò all’estero e così lascerò per sempre questa terra maledetta ». Cercai d’impormi la calma e di mostrarmi piuttosto cortese con mia moglie per quanto le mie forze me lo acconsentirono, sia per non rivelarle in qualche momento di maggior stravolgimento il suo fallo, altrimenti sapevo che lei sicuramente si sarebbe rivolta alla sua famiglia ed i fratelli, dato che mi permettevo di calunniare una Santa come mia moglie, chi sa che cosa avrebbero fatto nei miei riguardi. Una ser[...]

[...]opagasse di più, giacché ancora speravo che la cosa la sapessero solo i padroni di casa e che per un certo riguardo a me non dicessero niente agli altri, mentre andavo a letto dissi a mia moglie, dato anche che sapevo che lei tuttavia quando passava davanti al Castagna s’intratteneva colla moglie e qualche volta entrava anche dentro: «Vedi che io sono nemico col dott. Castagna e quando passi davanti alla sua casa ti prego quindi di non fermarti, perché certo non è giusto! ». Mia moglie impallidì e non profferì verbo.

Dopo alcun tempo me ne accorsi che il dott. Castagna si faceva notare col fucile per andare a caccia, cosa che non aveva fatto mai fino allora e che ora più di prima mi guardava dall’alto in basso facendomi capire che non sapeva cosa farne più della mia amicizia. Ma io ormai non pensavo a nessuno ed attendevo ora per ora di andarmene sotto le armi dato che avevo fatto una domanda al Ministero ed ero stato chiamato già per la visita. Verso agosto mi scrisse il mio amico Saverio Attila già richiamato dicendomi che se io gradiv[...]

[...]o dopo. E se dormivo facevo dei sogni opprimenti ed ossessionanti che lo strano individuo poi me li faceva subito dileguare. Il giorno dopo, mentre mia moglie gridava con la servetta in cucina ed io mi trovavo nella stanza da letto e gli operai nel salotto, profferii: «Dì alla puttana che si stia zitta, ché basta quanto si è frustata e che ci sono gli operai in casa! ». Mia moglie mi raggiunse nella stanza da letto e mi disse: «Cosa avete detto? Perché avete detto quelle parole? ». Io risposi: « Io non so niente! Tu lo sai meglio di me! Se tu sapessi però che cosa dice largente di188

SAVERIO MONTALTO

te, andresti or ora a buttarti a mare! ». Mattina di giovedì mi alzai presto ed incominciai la nenia di questa canzone: «Quanto è bella sta figliola, manco a Napoli ci sta; e si pettina e s’incannola, tutti quanti l’amore fa». Ogni tanto sostituivo la parola figliola con puttana o fontana e ci provavo un gusto matto a gridare forte ed a farmi sentire anche dai vicini. Poi vennero gli operai e smisi di cantare. Più tardi uscii per un po’ [...]

[...]TALTO

te, andresti or ora a buttarti a mare! ». Mattina di giovedì mi alzai presto ed incominciai la nenia di questa canzone: «Quanto è bella sta figliola, manco a Napoli ci sta; e si pettina e s’incannola, tutti quanti l’amore fa». Ogni tanto sostituivo la parola figliola con puttana o fontana e ci provavo un gusto matto a gridare forte ed a farmi sentire anche dai vicini. Poi vennero gli operai e smisi di cantare. Più tardi uscii per un po’ perché mi mantenevo calmo ed affabile, non solo cogli estranei, ma anche con mia moglie, e, benché meccanicamente, agivo e facevo tutto secondo il solito. Verso mezzogiorno gli operai se ne andarono ed io mi intesi assai più libero. Nel pomeriggio ripresi la nenia; mia moglie allora si avvicinò a me e mi disse: «Questa canzone la dovete cantare per le vostre sorelle e se continuate ancora mando a chiamare i miei fratelli! ». Io sorrisi per farle capire che non avevo paura, però non cantai più. Dopo che mia moglie si fu allontanata, lo strano individuo pronto mi disse: «Te lo dicevo io di stare zitto[...]

[...]rso mezzogiorno gli operai se ne andarono ed io mi intesi assai più libero. Nel pomeriggio ripresi la nenia; mia moglie allora si avvicinò a me e mi disse: «Questa canzone la dovete cantare per le vostre sorelle e se continuate ancora mando a chiamare i miei fratelli! ». Io sorrisi per farle capire che non avevo paura, però non cantai più. Dopo che mia moglie si fu allontanata, lo strano individuo pronto mi disse: «Te lo dicevo io di stare zitto perché altrimenti ne buscavi? Beh, non ti dar pensiero, che anche così si sta bene! ». Io però più tardi ricominciai la nenia, perché ormai non potevo farne a meno, ma la durai un poco e sottovoce in modo che non mi sentisse mia moglie e poi la smisi completamente. Sera di venerdì, dappoiché mia moglie aveva dato l’allarme, venne mia sorella da me, mi portò nello studio e mi disse: « Son venuta per stare con te stasera, perché Giacomo non c’è — era da molto che non veniva più da me —. Ma insomma che hai? Ti sembra giusto che la devi ingiuriare puttana? ».

« A chi ? ».

« Andiamo! Dimmi che cosa è successo! ».

«Nulla! Ma giacché lo vuoi sapere, a te, lo dico! Mia moglie mi fa le corna col medico Castagna. Hai capito ora? ».

« Vedi, mi si accappona la pelle! » e mi mostrò il braccio. « Però io non ci credo! E come l’hai saputo? ».

« Ho ricevuto una lettera anonima; però io lo sapevo da tempo e perciò me ne volevo andare ».

« Senti, io ti dico di calmarti perché non è vero. Ma se dovesse essere vero c[...]

[...]devi ingiuriare puttana? ».

« A chi ? ».

« Andiamo! Dimmi che cosa è successo! ».

«Nulla! Ma giacché lo vuoi sapere, a te, lo dico! Mia moglie mi fa le corna col medico Castagna. Hai capito ora? ».

« Vedi, mi si accappona la pelle! » e mi mostrò il braccio. « Però io non ci credo! E come l’hai saputo? ».

« Ho ricevuto una lettera anonima; però io lo sapevo da tempo e perciò me ne volevo andare ».

« Senti, io ti dico di calmarti perché non è vero. Ma se dovesse essere vero certo che il dott. Castagna è stato un vero mascalzone, perché con te non si doveva permettere un fatto simile! Però io, ti ripeto, non ci credo e ti dico di calmarti, perché sicuramente si tratta di gente che vuole male a te ed a tua moglie e non bisogna dare loro gusto ».

Poi mia sorella insistè ancora che mi calmassi, mi portò tanti paragoni, mi disse anche che tutto al più si poteva trattare di un semMEMORIALE DAL CARCERE

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plice corteggiamento e siccome io non ne avevo più voglia di sentire parole le promisi che mi sarei calmato e così andammo a raggiungere gli altri in cucina dopo averla raccomandata di non dire niente a mia moglie della lettera anonima. Più tardi però si chiusero tutt’e due nel salotto e mia sorella messa alle strette lasciò cap[...]

[...]uno di fronte all’altro. Senza tanti preamboli mi chiese gesticolando colla mano:

« Fuori la lettera! ».

Io intesi che la parola mi veniva meno come un tempo, ma mi dominai subito e risposi:

« Quale lettera? ».

«Andiamo! Voi mi conoscete chi sono io! Se non me la date colle buone me la darete colle cattive! ».

«Ma vi dico che non vi capisco? ».190

SAVERIO MONTALTO

« Voi mi capite anche bene! E vi dico che me la dovete dare, perché io per questa sorella ci tengo al suo onore».

A questa sua affermazione volevo sorridere, ma non fui capace. Poi risposi:

« Io non so di lettera, ma ammesso che sapessi, son cose che riguardano esclusivamente la mia onorabilità e non voi! ».

«No, son cose che riguardano me! E vi dico, ancora una volta che me la dovete dare immediatamente! » e fece Tatto di alzarsi per aggredirmi. Io rimasi calmo e continuai: «Non credo che mi costringerete a buttarmi dal balcone oppure scapparmene di casa come mi trovo ed andare gridando per le vie del paese? ».

« Ah, ah! Non credevo mai che foste[...]

[...]ose che riguardano me! E vi dico, ancora una volta che me la dovete dare immediatamente! » e fece Tatto di alzarsi per aggredirmi. Io rimasi calmo e continuai: «Non credo che mi costringerete a buttarmi dal balcone oppure scapparmene di casa come mi trovo ed andare gridando per le vie del paese? ».

« Ah, ah! Non credevo mai che foste arrivato ad uno stato tale di vigliaccheria! Si vede allora che non solo siete vigliacco, ma anche mascalzone, perché debbo credere ora che la lettera l’avete inventata voi! Ma io so ben donde proviene la lettera, e perché non la volete consegnare, perché stamattina appena arrivato, non volendo, la piccola Giuseppa mi ha dichiarato che tempo fa, durante la mia assenza, una sera venne dalla mamma mia sorella Aurora col bambino e con Antonio e mangiarono insieme tante cose belle ».

L’Aurora era sgravata dopo mia sorella, però mia sorella non conosceva il suo bambino perché il marito le aveva proibito di andarla a trovare.

Mio cognato concluse:

«Io ancora non ho parlato con mia moglie, ma parlerò subito e poi faremo i conti ».

Al ricordo di mia sorella tremai ancora una volta e pensando a lei cercai anche ora di umiliarmi di fronte a mio cognato, pigliandolo colle buone e dicendogli che non era il caso di badare a delle sciocchezze; che io non ci facevo caso di niente, che ormai andava pigliando piede il libero amore e tante altre cose belle. Mio cognato per tutta risposta si alzò e si avvicinò con queste parole : « Me la vuoi dare sì,

o no? Più tard[...]

[...]rsa di ferro mi tenne sotto la sua stretta per vari giorni e se qualche volta cercavo reagire, allora si stringeva sempre più fin quasi a spappolarmi il cervello, obbligandomi a mettermi sdraiato se non avessi voluto andare a finire per terra.

Intanto entrai in cucina, dissi alla persona di servizio di cuocere la pasta per sé e per la piccola Livia che mi sorpresi di vederla lì per quanto era presente fin dal giorno prima, e di mangiare loro, perché

10 non volevo mangiare.

Ritornato ai casi miei mi misi a passeggiare dallo studio al salotto. Mi vennero per la mente tante idee ma non fui capace di attuarne nessuna. Ad un certo punto presi mille lire dal tavolino del salotto e

11 misi nel tiretto della scrivania, per andarmene a Palermo, ma poi più tardi quando pensai di vestirmi per uscire non fui capace di farlo. Me ne accorsi in questo mentre che avevo la pistola nella scrivania e la portai nel tiretto del salotto ma non ricordo più se per evitare che l’avessi a portata di mano io oppure mia moglie o i suoi fratelli. Più tardi [...]

[...]’ero in casa. Verso le quattro ebbi un momento di tregua e presi una tazza di caffè. Dopo il caffè mi affacciai al balcone per mirare il caseggiato ed il mare ed al loro posto vi trovai solamente una distesa oscura ed un cielo di un fosco porporino. In questo frattempo venne FOttavio e si portò via la Livia dicendo che doveva condurla dalle monache. Non avevo più pace ed andavo su e giù. Ad un certo punto vidi spuntare mia sorella e mi rallegrai perché ora da me si trovava fuori pericolo. Entrò nel salotto e mi disse : « Perché non gli dai la lettera? ».

« Perché no! Sai che vogliono mettere in campo ora? Che sei stata tu a scriverla d’accordo con Aurora ».192

SAVERIO MONTALTO

« Si? E come? ».

«Dicono che tempo fa, una sera è venuta da te l’Aurora, e così l’avete concertata! ».

«E come poteva venire da me Aurora se io sono carcerata? Io ancora non conosco il suo bambino. Se l’abbia scritta o meno l’Aurora io non lo so! E poi, dico io, andavo a menarmi la zappa nei piedi? Loro non possono che non possono vedermi ora; immaginiamo quando tu fossi diviso dalla figlia! Ma se loro adesso vogliono affermare questo, vado dritta a buttarmi a mare![...]

[...]

« Già! Hai ragione! Non so più quel che dico! ».

In questo mentre intesi bussare giù al portone. Aprii il balcone della stanza da pranzo e vidi mio cognato Giacomo. Dopo un pò lo raggiungemmo nella stanza da letto ove c’era anche mia moglie già alzata. Mio cognato mi disse con aria di comando: «Ti sei deciso a darmi la lettera? ».

Io non risposi e stetti al mio posto guardandolo. Lui allora fece: «Lo so, lo so chi ha scritto la lettera, perché stamattina me l’ha detto Rosa e Livia! ».

«Come? » risposi io. «Oggi avete detto Giuseppa ed ora Rosa e Livia? ».

«Anche Giuseppa!» si fece portare dalla cucina la piccola Giuseppa, se la pose sulle ginocchia ed incominciò a dire: «È vero bella che venne la zia Aurora con Antonio? È vero figlia che avete mangiato cose belle? » e, siccome la bambina sorrideva vergognosa e non rispondeva lui insistè ancora intimorendola. La bambina ora spaventata stava per dire sì. Mia sorella che fino allora guardava trasognata, a questo punto si fece avanti, alzò le mani al cielo ed urlò disperata: «No,[...]

[...]e donne lo afferrarono ma io ero già nel salotto. In un attimo mi trovai colla pistola in mano, sbucai nella stanza da pranzo e gridai per intimorirlo di gettare la rivoltella ed uscire fuori. Lui diede un urto più forte per divincolarsi dalle donne ed io allora lo puntai. Vidi un’ombra distaccarsi per venirmi incontro, ma il colpo era partito. Da questo momento divenni tutto spirito di conservazione e scaricai tutti gli otto colpi della pistola perché davanti a me non vedevo altro che ombre che mi volevano uccidere. Né so come son rimasto vivo. Dopo un certo tempo che non so precisare mi sembrava di girare insieme alla casa, ma senza sapere ancora dove mi trovassi. Poi ebbi come un barlume di coscienza e mi vidi nei pressi del balcone dello studio insieme a mia moglie e mio cognato che si contorcevano e si lamentavano vicino a me; e, non vedendo più mia sorella, mi ricordai che prima c’era anche lei presente. Mi slanciai verso la stanza da pranzo e la trovai per terra immobile e supina. Mi buttai sopra, la chiamai, ma non avuta risposta da[...]

[...]nto tempo passò prima che mi accorgessi che mi trovavo custodito nel carcere ed ancora oggi a volte mi domando: è sogno o realtà, ero io o non ero io, è vero o non è vero? Un’altra cosa mi ricordo ancora di quei primi giorni indecifrabili: mi ricordo che volevo piangere ma che il pianto non veniva. Il pianto venne dopo che vidi varie volte mia sorella durante la solitudine della notte e dopo che una notte mi disse: «Taci ormai, non ti disperare, perché lo so bene che non sei stato tu ad uccidermi. E prego sempre il Signore perché non permetta che tu soccomba, e non per te, perché ormai il tuo ed il mio destino si confondono, ma per i miei figli, perché so che un giorno,194

SAVERIO MONTALTO

quando saranno in condizione di poter conoscere il bene dal male, si accosteranno sicuramente a te e solo allora ed in te troveranno queiraffetto che il mio povero cuore, dato che Lui ha creduto così, non gli ha potuto dare ». Dopo queste parole potei piangere profusamente ed il pianto incominciò a rendermi dei momenti sopportabili di vita. Ormai è finita e non ho altro da sperare dal mondo! Troppo amai e troppo soffrii, a dirla coi poeti. E l’amore e il dolore mi hanno lasciato solo amarezza e non altro che amarezza! E se qualcuno, che è venuto a [...]

[...] qualcuno, che non è atto a comprendere tuttocciò, che sotto la veste della calma e del sorriso, si può racchiudere e contenere in un cuore umano.

Ed ora voglio chiedere una cosa a Dio. Voglio che Lui attraverso la sua Provvidenza faccia sì che il cadavere di quella martire, di quella santa martire, perseguiti fino alla tomba, e, se può, anche fino alPoltre tomba, gli autori del suo continuo ed ultimo martirio. E non per sete di vendetta, no; perché il mio cuore non sa cercare vendetta, ma perché si ricordino, una volta tanto nella vita, che anche loro sono uomini e non soltanto bestie feroci.

E poi voglio ancora che la Giustizia scenda per un istante dalle alte sfere in cui la Divina Sapienza l’ha messa, e mettendosi a cercare attraverso le miserie del mio cuore, si faccia anch’Essa miserie del mio cuore; indi, risalendo con calma e serenità al suo giusto posto, mi giudichi.

Ed ho finito. Però prima di chiudere definitivamente mi permetto ancora di richiamare l’attenzione della Giustizia su di un fatto molto importante. Se al mio posto i componenti la famiglia Armoni avessero t[...]

[...]o giorno del 17 novembre per strapparmi la lettera, se avesseMEMORIALE DAL CARCERE

195

anche lontanamente previsto che io non ero più io, ma già sotto il dominio della stretta della morsa di cui ho parlato dianzi la quale ormai non mi lasciava più agire e pensare come un tempo quando io ero io. Ma lui era sicuro del fatto suo giacché mi aveva esperimentato ancora una volta verso l’una quand’era venuto inerme e colla sola arroganza ed ecco perché osò ritornare per la seconda volta. E non solo che osò ritornare, ma per quanto cercò d’introdurre nella mia casa l’usanza dei gangster americani di cui lui era tanto ammiratore, se non altro attraverso il cinematografo, sicuro che facendo al modo dei gangsters avrei consegnato ora anche la lettera, dato che la borsa l’avevo consegnata già da tanto tempo; e, non certo per attentare la mia vita, giacché la mia vita non solo faceva molto comodo a sua sorella che allora rappresentava mia moglie, ma anche a lui ed a tutto il resto della sua famiglia. Ed in tema di gangsters voglio dire anche che [...]

[...]a mia moglie, ma anche a lui ed a tutto il resto della sua famiglia. Ed in tema di gangsters voglio dire anche che durante la grande guerra potei esperimentare che tutti i gangsters della portata di mio cognato ed anche più famosi di mio cognato, di fronte al pericolo ed alle pallottole del nemico erano soli loro a gettare le armi ed a fare marcia indietro, non solo, ma ad incitare anche i valorosi ad imitarli, giacché i gangsters diventano tali perché non sanno affrontare le responsabilità ed il peso della vita che non è cosa lieve, come la prostituta diventa prostituta perché non sa sopportare il peso dell’onestà, dappoiché, data la loro pochezza di mente, non immaginano neanche la vera gioia che dà l’eroismo ed il sacrificio. Ed è bene che sappia mio cognato che è questa la vera ragione per cui gli eroi e le donne oneste sono stati sempre pieni di bontà, perché bontà è anche sinonimo di comprendonio e d’intelligenza. E solo così mi posso spiegare ora la malvagità dei gangsters e delle prostitute e perché quella sera del 17 novembre mio cognato Giacomo di fronte al pericolo si rivelò vero gangster, e cercò di salvarsi, facendosi scudo di sua moglie e di sua sorella. Ma io, ripeto, in quel momento, non ero più io e quindi non potevo pensare, come la penso ora, la sua vera indole ed intenzione; né ero più in condizione di poter vedere chiaro fisicamente, giacché vedere chiaro coll’occhio fisico significa vedere chiaro coll’occhio chiaro della mente; ed ecco propriamente la vera ragione per cui mi trovo ora nel baratro profondo in cui mi trovo. Saverio Montalto

Direttore responsabile: Alberto [...]



da Giovanni Pirelli, Questione di Prati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]ntrale, garage e tutto il resto. E un signore. E il più grosso industriale di Biella ».
« Bel colpo », disse il ragazzo Attilio Glarey.
Così », disse Salomone Croux, « hai venduto un prato s.
« Già », disse César Borgne.
«Che prato? ».
« Che prato? Il mio. Il prato sotto il canale ».
« Proprio un bel colpo », disse il ragazzo Attilio. Sorrideva.
« Peccato », disse Salomone Croux.
«
Peccato? », disse César Borgne aggrottando la fronte. « Perché
peccato? ».
« Perché era un buon prato ».
74 GIOVANNI PIRELLI
« Se l'ho venduto è perché era un affare ».
Salomone Croux alzò le spalle. « Era della zia Jacqueline buonanima », disse, « vedova di Evaristo Grange, fratello di mia madre buonanima ».
« E zia di mia madre », precisò César Borgne.
« Fosse stato mio », disse Salomone Croux, « non lo vendevo nemmeno per un milione ».
«Lo vendevi si », disse César Borgne. « No, non lo vendevi per paura di farti fregare ».
Il ragazzo Attilio rise forte. Teneva apertamente per César. Puntò l'indice sulla bottiglia di grappa e disse: « Beh, non si beve? ».
La risata di Attilio irritò Salomone Croux. « A questo mondo c'è chi è capace d[...]

[...]sar Borgne non voleva mostrarsi condiscendente. Tuttavia non poté fare a meno di guardare la bottiglia. Altrettanto fece il ragazzo Attilio.
« Per forza è piena », disse il ragazzo Attilio. « E ancora da stappare ».
« Dunque è piena», disse Salomone Croux. « E una bottiglia piena di buona grappa. Uno è contento di avercela, no? Si, uno è contento di avercela. È tanta grappa. È un'intera bottiglia di grappa. Adesso ne prendi uno, due bicchieri, perché due? siamo in tre, ne occorrono tre. Facciamo tre bicchieri. La grappa è andata un po' giù? Eh, ce n'è, ce n'è tanta! Bevi e non ci pensare. Bevi e versa. È andata giù un altro po'? Eh, ce n'è tanta ancora tanta! ». César e Attilio tenevano gli occhi sulla bottiglia. Loro malgrado, gli occhi scivolavano lungo la superficie
QUESTIONE DI PRATI 75
liscia del vetro. « Un altro bicchiere? », disse Salomone Croux. « Certo. Ce n'è tanta! Cosa volete che sia un altro bicchiere! Un altro bicchiere è niente. Un altro ancora è niente. Un altro ancora è ancora niente. Mon djeu me! Cosa è successo? Cosa[...]

[...]n è disposto nemmeno a un atto di fede.
« Settanta! Dice settanta! » Ogni rughetta del viso di César sprizzava allegria. « Settantacinque gradi, amico mio. Settantacinque come è vera che sono qui che ti parlo. Parola di César Borgne ».
« Troppi », disse seccamente Salomone. « Fino a sessanta, a sessantacinque può andare. Settanta é un'esagerazione. Non parliamo di settantacinque. Vuol dire bruciarsi le budella. Troppi. Ne bevo un sorso proprio perché ti sei ficcato in testa di voler festeggiare. Lo bevo perché un amico non lo si abbandona nei momenti difficili. Questo bicchiere e basta. No, non è bene abbandonare un amico nei momenti difficili. E così, eccomi qui che mi brucio le budella perché tu ti devi consolare di aver venduta il tuo prato ».
« Al diavolo », disse César Borgne senza più allegria. « Hai deciso di rovinarmi la festa ».
Per qualche tempo nessuno parlò. César, scrupolosamente imitato dal ragazzo Attilio, beveva a generose, ben intervallate sorsate; Salomone a sorsatine fitte accompagnate da smorfie di disgusto. Stavano come se ciascuno fosse solo con il proprio bicchiere. Nella stalla, fiocamente illuminata da una lampadina nuda e sporca appesa ad un chiodo, stagnava il tiepido umidore del fiato della mucca. Impregnava tutto, la mangiatoia, il tavolo di noce, la l[...]

[...]cca ruminava. L'unica sua compagna, una capra, le stava accanto ritta e immobile; dormiva. Il tempo era senza misura, il resto del mondo inesistente.
Aveva, César Borgne, un magnifico paio di baffi. Baffi all'antica, rigonfi sotto le nari, naturalmente discriminati verso le estremità della bocca, conchiusi con due riccioli aderenti alle gote. Baffi che non richiedevano cure, bastava regolarli lungo la linea del labbro, ogni due o tre domeniche, perché i peli non pizzicassero in bocca. Quando era allegro César ne arricciava le punte in fuori, quando era di cattivo umore le arricciava in dentro. Adesso, ogni qualvolta, tra una sorsata e l'altra, deponeva il bicchiere, alzava una mano ed arricciava la punta di un baffo, ora questa, ora quella; questa in fuori, quella in dentro. `L'avrei dato via in ogni caso', si diceva, pensando al prato. `In ogni caso'.
l
QUESTIONE DI PRATI 77
S'arricciava un baffo in fuori, lanciava un'occhiata al ragazzo Attilio. L'approvazione di Attilio: bella roba! Quel figlio di una madre e di chissà quanti padri. [...]

[...]bevo », disse.
« Via », disse César. Si sforzava di mostrarsi bonario. c Tira via quella mano ».
n
78
GIOVANNI PIRELLI
«E a me? », disse il ragazzo Attilio. II suo bicchiere, come quello
di César, era vuoto.
« Senza complimenti », disse Salomone. « Sto bene così ».
« Se non accetti mi offendo ». Non é che César si offendesse; an
dava in bestia. Non ammetteva che in casa sua qualcuno rifiutasse
di bere. Non lo tollerava.
« Offendersi perché? » Salomone alzò le spalle. « Lo sai che non
bevo. Ho già fatto un'eccezione. L'ho fatta perché non é bene abban
donare gli amici nei momenti difficili ».
« Al diavolo! Al diavolo! », disse César.
«E a me? », disse il ragazzo Attilio sollevando il bicchiere davanti
agli occhi di César. César gli scostò la mano come scacciasse una
mosca.
« Uno che non beve », disse, « si asciuga dentro e crepa ».
« Dopo di te », disse Salomone.
« Prima, molto prima. E nessuno verserà una lacrima ».
« Su di te, lacrime come piovesse. Con quel puzzo di acquavite
che uscirà dalla cassa... ».
« Tu nemmeno ce l'avrai la cassa. Sarai troppo duro per essere
ficcato in una cassa. Duro e secco come un[...]

[...] ».
« Su di te, lacrime come piovesse. Con quel puzzo di acquavite
che uscirà dalla cassa... ».
« Tu nemmeno ce l'avrai la cassa. Sarai troppo duro per essere
ficcato in una cassa. Duro e secco come un baccalà ».
« Che discorsi », disse il ragazzo Attilio. « Io vado a letto ».
« Avanti, Salomone. Riempiamo il bicchiere e poi basta », disse
César.
« No ».
« Crepa ».
« Dopo di te », insisté Salomone.
« Uh », sbuffò il ragazzo Attilio. « Perché é venuto a guastarci la
festa ? »
« Come è venuto può andarsene », disse César.
III
Erano incattiviti l'uno contro l'altro, i due anziani, e ciascuno contro se stesso. S'eran ficcati in un vicolo cieco senza speranza di un solo passo avanti; Salomone per sapere quanto César aveva preso del prato, César per sapere cosa ne pensava Salomone.
Salomone aveva travasato la grappa che gli avanzava nel bicchiere di Attilio. Rovesciato il proprio bicchiere, lo premeva con la mano lunga e ossuta. Era disgustato per la grossolanità di César, irritato per
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le ore di sonno sprec[...]

[...] stesso. S'eran ficcati in un vicolo cieco senza speranza di un solo passo avanti; Salomone per sapere quanto César aveva preso del prato, César per sapere cosa ne pensava Salomone.
Salomone aveva travasato la grappa che gli avanzava nel bicchiere di Attilio. Rovesciato il proprio bicchiere, lo premeva con la mano lunga e ossuta. Era disgustato per la grossolanità di César, irritato per
QUESTIONE DI PRATI 79
le ore di sonno sprecate, rabbioso perché già sentiva bruciare lo stomaco. Con tutto ciò nemmeno gli passava per il capo di andarsene. Era li e ci stava. Stava immobile, la mano ad artiglio sopra il bicchiere rovesciato, lo sguardo strabico fissato su chissà quale punto del tavolo. E un uomo senza baffi, si diceva César Borgne, meditando. E senza baffi, non beve, non ha una donna. Che uomo è? Non è un uomo. Una donna non è. Cos'è? È un rospo. Prendi un rospo, guardagli sotto la pancia e provati a dire se è maschio o femmina. È un rospo ma se fosse una rana sarebbe lo stesso. Con tutto ciò, se Salomone se ne fosse andato, César si sar[...]

[...]affi, non beve, non ha una donna. Che uomo è? Non è un uomo. Una donna non è. Cos'è? È un rospo. Prendi un rospo, guardagli sotto la pancia e provati a dire se è maschio o femmina. È un rospo ma se fosse una rana sarebbe lo stesso. Con tutto ciò, se Salomone se ne fosse andato, César si sarebbe infuriato. A uno che ha venduto il suo prato non si dice peccato, non si parla di disgrazia senza nemmeno sapere a quanto è stato venduto; senza spiegare perché.
Fortunatamente c'era anche il ragazzo Attilio. Attilio aveva pensato. La cosa era del tutto inconsueta. Di regola il ragazzo Attilio ascoltava César, gli dava ragione e basta. « Si, la gente chiacchiera », disse. « Chiacchiera per invidia. Se lo sognano un affare così. No, non sono neanche capaci di sognarselo ». Era un fraseggiare imparato da César.
« Tu di affari te ne intendi come te ne intendi di donne », disse Salomone. Era contento che il ragazzo avesse riportato il discorso sull'affare del prato. Lo provocava appunto per farlo parlare.
Attilio arrossi. « Ne so un bel po' più di te [...]

[...]guardò in viso César. Lo vide tanto serio da rimanere interdetto. Macché, era uno scherzo, non poteva non esserlo. «Toglimi una curiosità: dove la metti questa tua automobile? Nella stalla, accanto alla mucca e alla capra? »
Un'automobile rossa nella stalla? Accanto alla mucca e alla capra? César serro le labbra. I singulti si moltiplicavano tra ventre e gola, premevano cercando uno sbocco, diventavano crampi. Per fortuna non dovette rispondere perché il ragazzo Attilio intervenne con foga. « Dove la tiene? Dove vuoi che la tenga? La tiene in garage. Con i soldi che ha preso cosa vuoi che sia costruire un garage? So tutto, io. So che César sta trattando il terreno. E un prato di Belfront Augusto. Sarà un garage come ce n'è uno ad Aosta, con la saracinesca che va su e giù da sola. Si preme un bottone, vrrram, va sottoterra. Si preme un altro bottone, vrrram, torna su. César ha ordinato il progetto a un geometra d'Ivrea, vero César? ». Più Attilio inventava, più si sentiva sicuro. La cosa non era soltanto verosimile, era vera. Non temeva sme[...]

[...]o César? ». Più Attilio inventava, più si sentiva sicuro. La cosa non era soltanto verosimile, era vera. Non temeva smentite.
« Per ora ho fatto fare solo il progetto della saracinesca che va su e giù », riuscì a dire César, accompagnando la frase con una smorfia cattiva. Non era cattiveria. Era dolore. Erano i crampi che diventavano insopportabili. Con una mano si comprimeva il ventre, con l'altra si pizzicava una coscia e ne torceva la pelle; perché, come si dice, chiodo scaccia chiodo.
Salomone Croux non sapeva più che pensare. Recentemente Belfront Augusto gli aveva parlato di voler vendere un prato lungo la provinciale perché era quasi a livello del torrente. A primavera, al tempo del disgelo, gli si riempiva di pietre e di mota. César comperava il prato di Belfront per farci un garage? César faceva fare il progetto a un geometra di Ivrea? Era impazzito? Per niente non si impazzisce. Se era impazzito doveva aver preso molti, moltissimi soldi. Mezzo milione, forse più. « Scusa », disse, « e chi la guida quest'automobile? ».
Attilio era esacerbato. Da come Salomone poneva le domande si capiva che era convinto solo a metà. « Chi la guida? L'autista! L'autista che César fa venire da Torino. Cosa credi, che César non [...]

[...]rta, pensava a com'era brutta quando l'avevano messa dentro la bara. Inutile, tutto inutile. In questo trascinarsi a catena la risata montava, si dilagava, raggiungeva proporzioni assurde rispetto al motivo che l'aveva originata. « Basta, basta », supplicava l'uno. « Smettila, sacrenom », imprecava l'altro. Se poi i loro sforzi combinati sortivano l'effetto che l'uno e l'altro accennava a quietarsi, bastava che i loro occhi umidi s'incontrassero perché il riso inesauribile, riprendesse a sgorgare. Tra i due, offeso, torvo, i gomiti piantati sul tavolo e la testa affondata nei pugni, stava il ragazzo Attilio. Tanto più il ragazzo Attilio si incupiva, tanto più gli altri erano costretti a ridere; e viceversa.
Alla lunga, esausti, i due anziani si calmarono. E mentre s'asciugavano gli occhi e soffiavano il naso, accadde che César riempisse, insieme al proprio, il bicchiere di Salomone e Salomone non protestasse, che tenesse, anzi, il bicchiere alzato finché César non glielo ebbe colmato. Fu proprio Salomone ad alzare il bicchiere brindando:
[...]

[...]iere con un prato? », disse César. Faceva lo spavaldo ma era nervoso. Si arricciava in dentro la punta di un baffo. « Giusto. Un prato è un'altra cosa », disse Salomone.
« Oh già », disse il ragazzo Attilio. « Peccato che César non abbia venduto, invece del prato, un bicchiere ». Rise forzatamente.
« Un bicchiere », disse Salomone, « vai al mercato e ti provi, con i soldi che hai preso, a comperarne uno uguale. Con il prato la prova non serve. Perché? Perché non troverai mai un prato uguale a quello che hai venduto ».
« Era un buon prato », disse il ragazzo Attilio.
« Stai facendo il furbo », disse César a Salomone. « Fai l'esempio del bicchiere e tu stesso dici che un prato è un'altra cosa ».
«Torniamo pure al bicchiere », disse Salomone. Portò il bicchiere vicino agli occhi strabici, lo rigirò sulla punta delle dita, sorseggiò un altro po' di grappa. « Mettiamo che non esista un bicchiere uguale a questo. Per sapere se ho fatto un affare buono o cattivo non ho che un mezzo : provo a ricomperare il bicchiere che ti ho venduto ».
« Vorresti d[...]

[...] bicchiere del ragazzo Attilio. « In concreto », disse. « Vai a Biella da quel tuo Marconi, o Maltoni che sia, gli metti il mezzo milione sul tavolo e dici: `Vi dò indietro il vostro mezzo milione, voi mi date indietro il mio prato'. Quello è un industriale e i conti li sa fare. Se accetta, vuol dire che aveva fatto un affare cattivo. Tu, in questo caso, hai la soddisfazione di sapere che avevi fatto un buon affare ».
« Ma se l'affare era buono perché devo ridargli i quattrini? ».
« Oh Dio », si spazientì Salomone, « pretendi troppo. Se non hai la prova come puoi sapere se l'affare era buono o cattivo? ».
« E se invece... », disse César. La voce gli tremava.
Salomone allargò le braccia. « Se invece è il Marconi che ha fatto un buon affare, lui si tiene il prato e tu il tuo cattivo affare. Amico mio, gli affari sono affari ».
César stette alcuni istanti zitto. Sudava e si asciugava la fronte con il dorso della mano. « Non ci vado. Non mi va d'andarci », disse impetuosamente, puntando l'indice contro Salomone. « Perché ho capito che, se [...]

[...] l'affare era buono o cattivo? ».
« E se invece... », disse César. La voce gli tremava.
Salomone allargò le braccia. « Se invece è il Marconi che ha fatto un buon affare, lui si tiene il prato e tu il tuo cattivo affare. Amico mio, gli affari sono affari ».
César stette alcuni istanti zitto. Sudava e si asciugava la fronte con il dorso della mano. « Non ci vado. Non mi va d'andarci », disse impetuosamente, puntando l'indice contro Salomone. « Perché ho capito che, se ci vado, in un caso o nell'altro il fregato sono io. Non ci vado », ripeté mentre le vene del collo gli si facevano gonfie, « perché se me lo vedo davanti, l'industriale, il gran signore, finisce che gli spacco il muso. Pochi o molti, mi tengo i quattrini ».
« Ho capito », disse Salomone. « È come pensavo. Hai fatto un pessimo affare ».
« E invece no. Ho preso tanti soldi come tu nemmeno te li sogni ».
QUESTIONE DI PRATI 85
«Ah si? ».
« Si ».
« Quanti? »,
« Tantissimi ».
« Ecco », disse Salomone con tono calmo e distaccato. « E vuota ».
« Che cosa? », disse César trasalendo.
« La bottiglia. Pareva tanta grappa, tantissima. Non ce n'è piú.
Non ce n'è nemmeno da inumidire le labbra ».
V
César si rovesciò in gola[...]

[...]eva comperato un paio di scarpe per sua moglie, povera donna. Macché povera donna. Era la moglie di un contadino. Forse che con le scarpe nuove cessava di essere una moglie di contadino ? Aveva fatto compere per tutti. Quattro bambine, quattro regalini. E che da due Natali le bambine aspettavano un Bambino Gesù che non veniva. L'imprudenza era stata di far arrivare questo Bambin Gesù adesso, in febbraio, con dieci mesi di anticipo. Di anticipo? 'Perché', aveva detto Ines, la terza, `il Bambin Gesù arriva così tardi ?'. Per sé, una cravatta. Ne aveva bisogno? Che diamine, doveva fare spese per tutti e per se stesso niente? Ancora giù, ad Aosta, incontra due cugini di Valtournanche. Quanto tempo che non ci si vede, come mai da queste parti, sai che lo zio tale si é preso una brutta malattia, ricordi la vedova talaltra?, s'é risposata con un brigadiere della Finanza, i prezzi del fieno, delle patate, del vino, i prezzi di tutto, le tasse... pago io (erano finiti, naturalmente, all'osteria), eh no, non mi fate questa offesa, oggi no, un'altra v[...]

[...]anto tempo che non ci si vede, come mai da queste parti, sai che lo zio tale si é preso una brutta malattia, ricordi la vedova talaltra?, s'é risposata con un brigadiere della Finanza, i prezzi del fieno, delle patate, del vino, i prezzi di tutto, le tasse... pago io (erano finiti, naturalmente, all'osteria), eh no, non mi fate questa offesa, oggi no, un'altra volta, oggi pago io... Era dovuto andare al cesso a sfilare fuori un altro bigliettone perché le poche centinaia di lire che avanzavano del primo non erano sufficienti per pagare i due fiaschi più il mezzo litro di giunta. Arriva sù e va diritto da un suo zio che gli aveva dato del fieno. Adesso che il prato era stato venduto, gli toccava garantirsi tutto il fieno per la mucca. Gli dà le ventimila che gli doveva dalla primavera scorsa. E quello: « Oh, siamo diventati
86 GIOVANNI PIRELLI
ricchi? ». Cretino era stato, cretino. Se teneva il debito, lo zio, pur di prendere un po' di quattrini, gli avrebbe dato altro fieno a credito. D'ora in avanti, invece, avrebbe preteso pagamento a c[...]

[...] Per tutta la vita sarà un disgraziato ». Quasi, in un ritorno di affetto, s'inteneriva. Reagì. « Che farci? Se l'è voluta lui ».
« Chissà », disse Salomone con voce distaccata, come parlasse di una persona lontana. « Infinite sono le vie del Signore. Può darsi che gli vada bene. Tutto può darsi. Ti ricordi Pession Eliseo? Era malato di cancro e nessun medico gli dava più di tre mesi di vita. Invece é morto un anno dopo e non di cancro. È morto perché, per paura del cancro, si é buttato nella Dora ».
« Povero Eliseo », disse il ragazzo Attilio.
« E Brunod? Ti ricordi la notte in cui bruciava il fienile di Brunod? ».
« Di Luigino Brunod? », disse il ragazzo Attilio.
« Non c'era uno che non giurasse che il fuoco gli avrebbe preso tutto, fienile e casa. Che fuoco! Invece la casa si é salvata. È vero che per rifare il fienile ha dovuto ipotecare la casa. Però, dico io, gli é andata bene. Sinceramente, mi auguro che anche a César vada bene. Bevo a che gli vada bene », concluse, levando il bicchiere.
« A che gli vada bene », disse il ragazz[...]

[...]ca fece uno scarto. Mentre puntava le gambe anteriori, irrigidendole, le posteriori le mancarono sotto il deretano. Si drizzò con un colpo di reni ma il peso che portava in groppa le impedì di ritrovare l'equilibrio. Si piegò, questa volta, sulle gambe anteriori, mentre Attilio le scivolava lungo il collo fino a sopravvanzare con la testa le corna. Ancora riuscì araddrizzare le gambe anteriori e ancora le posteriori la tradirono. Non cadeva solo perché sgambettava, e, sgambettando, slittando, crollando ora con il muso ora con il deretano, con quest'ultimo timonando tra le due file di case, la bestia, sebbene contro volontà, muoveva discendendo lungo il vicolo. E con lei muoveva il corteo.
In testa, César. Aveva buone scarpe chiodate e non per niente era stato guida, teneva il busto diritto e appoggiava il piede, ad ogni passo, in modo che i chiodi mordessero il ghiaccio. Reggeva in una mano la lanterna a petrolio, nell'altra la catena della mucca. Il cappella rovesciato all'indietro, il ciuffo ribelle basso sugli occhi, la rotondità dei ba[...]

[...]erta. La chiamano `porta del fuoco'. Se brucia una casa, una stalla, un fienile, la prima cosa da fare è precipitarsi alla `porta del fuoco', attaccarsi alla corda oppure salire i quarantasette gradini e suonare a martello. César spalancò il battente con una pedata e introdusse la lanterna nel vano illuminando l'imbocco della scala. Con l'altra mano si tirava dietro la mucca.
« Con Claretta ? », disse, disperato, il ragazzo Attilio.
« Già ».
«Perché con Claretta? ».
« Per mostrarle il panorama », disse spazientito César. S'infilò nel vano e affrontò la salita. Li, la mucca si ribellò. Puntò gli zoccoli delle gambe anteriori contro il rialzo del primo gradino, tese il collo, inarcò le reni e si fissò in quella posizione, dura come una pietra, inamovibile. « Oh, Claretta », le diede la voce César. « Oh, Claretta, oh, oh ». La mucca non si lasciò incantare. « O000h », fece César e tirò la catena con quanta forza avevá. La mucca non si mosse un solo palmo. « La banda! », gridò César. « Cosa fa la banda? ».
Salomone sussultò. Seduto sul ghi[...]

[...]brava bestia, che sarebbe stato peccato
QUESTIONE DI PRATI 97
se le fossero venuti brutti pensieri. Dietro di lei, distanziato di alcuni gradini, avanzava Salomone. La mente deliziosamente annebbiata, saliva superando i problemi della statica e della dinamica grazie alle padelle che reggeva verticalmente come stampelle, spostandole davanti a sé di gradino in gradino. Il frastuono del ferro ritmicamente battuto sulla pietra era quanto occorreva perché la bestia procedesse con la voluta continuità.
Fermo e rigido nello stesso punto dove, all'inizio, s'era irrigidita la mucca, stava il ragazzo Attilio. Sperava che lo chiamassero. Ma poiché nessuno pareva ricordarsi di lui, gridò su: a Io vado a letto. Non salgo. Non mi va di salire ».
« Vva, vva a ppiangere in brbraccio a quella vvacca », gli gridò, dall'alto, Salomone.
La provocazione fu più forte della paura. Anche il ragazzo Attilio prese a salire. Aveva l'animo oppresso da tristi presagi. Saliva piano, con il cuore in bocca, incespicando ad ogni gradino poiché, trovandosi distanziato [...]

[...] Io vado a letto. Non salgo. Non mi va di salire ».
« Vva, vva a ppiangere in brbraccio a quella vvacca », gli gridò, dall'alto, Salomone.
La provocazione fu più forte della paura. Anche il ragazzo Attilio prese a salire. Aveva l'animo oppresso da tristi presagi. Saliva piano, con il cuore in bocca, incespicando ad ogni gradino poiché, trovandosi distanziato dagli altri, la luce della lanterna gli giungeva estremamente fioca. Però saliva. « Ma perché, César, perché non dici cosa vuoi fare? », implorò. Non ebbe risposta alcuna. « Se finisce male », disse, « l'avrai voluto tu ». Ancora non gli badarono. « Cosa credete, che io abbia paura? » Aveva adottato il sistema di salire a quattro zampe. Era un sistema molto più redditizio. Verso la metà della rampa era quasi a ridosso di Salomone.
« Oh, oh, Claretta ». César dava la voce alla mucca, ma non per farla avanzare. Le dava la voce per calmarla, temendo che potesse incespicare e rompersi una gamba. La mucca, infatti, una volta infilatasi in quel budello oscuro, sembrava avere un unico pensiero: uscirne. A[...]

[...]ndo tutto il paese è riunito », seguitò César, « caliamo Claretta in piazza e la cuociamo ». La mucca esausta, si era fermata. César la lasciava riposare. Non mancava ormai che una decina di gradini. « La cuociamo allo spiedo ».
« Allo sspiedo! », disse gioiosamente Salomone. « Una mmucca allo sspiedo! ».
« Con questo freddo? » disse il ragazzo Attilio.
« Chi non dorme mangia e chi mangia non ha freddo », sentenziò César. « E chi non mangia è perché è invidioso. E chi è invidioso si impicchi D.
« Ss'impicchi », disse Salomone. « Qui c'è ccorda per ttutti ». Fu così esilarato della propria battuta che barcollò. Barcollando apri un braccio, una padella urtò la corda della campana, gli schizzò di mano, precipitò lungo il buco, raggiunse il fondo. Di laggiù un fragore sinistro risali il campanile. La mucca ebbe un nuovo sobbalzo e si lanciò in avanti, cioè in sù.
« Oh, oh, oh », le diede la voce César, balzando anch'egli in su per non venire urtato dalle corna della bestia arrancante. « Oh, oh, oh ». Saliva, quasi correndo, incalzato dalla[...]

[...]h, oh », le diede la voce César, balzando anch'egli in su per non venire urtato dalle corna della bestia arrancante. « Oh, oh, oh ». Saliva, quasi correndo, incalzato dalla mucca, e s'adoperava a moderarne la foga. « Oh, oh, oh ». Si trovò agli ultimi gradini. « Oh, Claretta, oh, oh ». Emerse dalla scala, gli si parò dinnanzi la massa scura della campana. Alle sue spalle premeva la mucca. « Fermala, Salomone », gridò, « tirala per la coda ».
« Pperché? », disse Salomone. « Quando arriva in ccima si fferma per fforza ».
«Fermala, ti dico, fermala ».
Era un'unica, grande campana che occupava quasi tutto lo spazio fra le quattro finestre ad arco. Solo su un lato, in corrispondenza dello sbocco della rampa, c'era un assito largo mezzo metro e lungo circa un metro e mezzo. Potevano starci tre uomini. Oppure una mucca. Non potevano starci una mucca e un uomo.
César fece dietro front e mise la lanterna davanti agli occhi della bestia. Contava, abbagliandola, d'arrestarla. La fronte della mucca urtò la lanterna, il vetro andò in frantumi, la fi[...]

[...]mmatto! ».
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio.
La mucca stava perfettamente tranquilla, le quattro zampe piantate sull'assito come fosse la sua lettiera, il muso sporgente oltre la sbarra della finestra come fosse la sbarra della mangiatoia.
Fuori, i piedi di César avevano trovato un nuovo appiglio. Avevano trovato, sul quadrante dell'orologio, le asticelle in lamiera delle ore; rilievi minimi, di pochi millimetri, sufficienti, tuttavia, perché la punta degli scarponi vi facesse presa. La punta dello scarpone destro mordeva l'asticella delle ore tre, la punta del sinistro le asticelle delle ore nove.
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GIOVANNI PIRELLI

Aveva disposto il corpo a leva, con le braccia e le gambe tese ed il sedere buttato in fuori. II sedere fungeva, cioè, da fulcro, i piedi da potenza e le mani da resistenza. È la migliore posizione, su uno strapiombo, per essere equilibrati e distribuire ugualmente il peso sui muscoli delle quattro estremità. Così sistemato, non avendo più nulla da fare, cominciò a sospettare d'essersi cacciato in un guai[...]

[...]con le braccia e le gambe tese ed il sedere buttato in fuori. II sedere fungeva, cioè, da fulcro, i piedi da potenza e le mani da resistenza. È la migliore posizione, su uno strapiombo, per essere equilibrati e distribuire ugualmente il peso sui muscoli delle quattro estremità. Così sistemato, non avendo più nulla da fare, cominciò a sospettare d'essersi cacciato in un guaio. Ancora non gridò, non chiese aiuto. Non lo fece per due motivi: primo, perché gli seccava di chiedere aiuto; secondo, perché sapeva che nei casi del genere gli altri fanno confusione e basta. La faccenda doveva venir risolta fra lui e la mucca. Si issò sulle braccia, abbandonando l'appiglio dei piedi, puntò il cranio contro il petto della bestia e spinse. Spinse come fosse mucca contro mucca. La vera mucca non arretrò di un centimetro; si limitò a scrollare il muso sbavando addosso al padrone. César si calò indietro, ritrovò l'appiglio dei piedi, riposò un poco, rinnovò il tentativo. Dopo il terzo tentativo si rese canto che sprecava molta energia mentre la sua antagonista non ne sprecava affatto. C'era poi l'aggra[...]

[...] impastato in parete comincia ad avere il tremito alle ginocchia. È segno che sta perdendo il controllo dei nervi. Allora capi di essersi cacciato in un guaio di quelli per i quali si può anche crepare. Improvvisamente ebbe molta paura.
«Oh! », chiamò.
« Oh », disse Salomone, dalla fine della rampa. « Ffinalmente! ». « Sono nei guai », disse César. Gli seccava dire di piú. « Salomone? ».
« Oh », disse Salomone.
« Tira indietro la mucca ».
«Pperché? Ccosa c'è? ». Più che non dalla situazione che non tentava nemmeno di spiegarsi, Salomone era sconcertato dalla strana voce che di lontano gli giungeva all'orecchio. Era la voce di un altro. Chi poteva essere quest'altro? E César, dove si era cacciato costui?
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio. « Io me ne vado. Vado a letto ».
La voce si fece ancora sentire. Era la voce di César per il solo motivo che non poteva essere d'altri. « Sacrenom, non capite che sto crepando? ».
Addirittura? A chi credeva di darla da bere? No, Salomone non
QUESTIONE DI PRATI 101
ci cascava. « Hai ssentito?[...]

[...]isse Luigino Brunod.
Lino Guichardaz, il giovane cognato di César, si volgeva a questo
104 GIOVANNI PIRELLI
e a quello, gridando: « Bisogna fare qualche cosa! Bisogna fare qualche cosa! ».
Il ragazzo Attilio piagnucolava : « Ho freddo. Ho freddo ». Invece Salomone Croux ripeteva: « È ttutto uno sscherzo, uno sscherzo di quel ppazzo ».
Alcuni del fondo della rampa gridarono: « Cosa state a discutere invece di smuovere via quella mucca? ».
« Perché non vi provate voi! », grida giù Laurent Pascal.
« I soldi gli hanno datò alla testa », disse il padre Chénoz.
« Altro che soldi », disse Luigino Brunod. « Suo zio Emile, buonanima, ricordate come é finito? Tornava sbronzo da una veglia ed é cascato in una concimaia ».
« Bisogna fare qualche cosa! », gridava Lino Guicherdaz. « Bisogna fare qualche cosa! ».
Giù nella piazzetta, disposti a mezzaluna, a rispettosa distanza dal punto dove César poteva cadere, stavano coloro i quali, giunti in ritardo, avevano trovato il campanile completamente ingombro. Tra costoro mancava un tipo deciso come[...]

[...] sorta nel campanile. Abbattere una mucca, l'unica mucca di César, senza il consenso del padrone? E se invece della mucca si colpiva César? Nessuno se la sentiva, quando il '91 fosse arrivato, di sparare. Intanto, anch'essi riempivano l'attesa di parole, osservazioni e congetture inutili. Parlavano gli uomini. Le donne si stringevano negli scialli e tacevano. Qualcuna recitava macchinalmente preghiere. Dei bambini, diversi piangevano. Piangevano perché avevano freddo, o perché avvertivano il senso della tragedia, o ancora perché, avendo riso dell'uomo penzoloni e della mucca in cima al campanile, s'erano presi uno scappellotto.
QUESTIONE DI PRATI 105
Tra campanile e piazzetta c'era ormai tutto il paese; come, sul litorale, tutt'un paese di pescatori quando c'è in mare una barca sorpresa dalla burrasca. Mancavano alcuni vecchi di quelli che non escono più, alcuni ammalati. Mancava Augusta, la levatrice, e un paio di donne corse sin dal primo allarme in casa di César per trattenervi, con storie e pretesti, la moglie e le bimbe. Specialmente la moglie, povera deana, che era incinta di sei mesi.
XII
La campana taceva[...]

[...] la vendita del prato; a mezzoggiorno era in un'osteria a far chiacchiere con i cugini di Valtournanche (lo zio tale che si è preso una brutta malattia, la vedova talaltra che ha sposato uno della Finanza, i prezzi, le tasse); a sera era in casa con la moglie che parlava di vipere (hanno sempre presentimenti, le donne, maledette loro) e le bambine che si contendevano i regali del Bambin Gesù; un'ora fa beveva e spaccava bottiglie; adesso, chissa perché, doveva morire. Chissa perché. Perché era un disgraziato, ecco tutto. Nato disgraziato, vissuto disgraziato, morto disgraziato. Non poteva capitare a Salomone di salire davanti alla mucca? Certo. Bastava dirglielo. Invece a Salomone capitavano tutte le fortune. A che scopo? Per morire ottantenne nel suo letto, solo come un cane, con un patrimonio di prati e di mucche che non sapeva a chi lasciare? Non si diceva, in paese, che Salomone era iettatore? Lo era, lo era. Diceva: `Vedete questa bottiglia piena di grappa? Ebbene, è vuota'. E la bottiglia era vuota. `Ne hai un'altra?', diceva `Se ne hai un'altra sei a posto'. Nemmeno il t[...]

[...]e di Biella, non poteva mettere gli occhi sul prato di Salomone, proprio accanto e quasi identico al suo? Nossignori, ignorava il prato di Salomone Croux e insisteva, insisteva, aumentava la cifra, la raddoppiava, la triplicava finché César Borgne mollava, vendeva il suo prato. Torna dall'aver firmato il compromesso: con chi si scontra proprio davanti
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all'uscio di casa? Con Salomone Croux. Non lo aveva nemmeno riconosciuto perché annottava e Salomone aveva la schiena curva sotto un carico di ramaglia. S'era sentito chiamare: 'Cesar!' Aveva ancora quel suono nell'orecchio: César, César, César. Era la voce della morte. Ma 11, davanti a casa, mentre tornava dalla città carico di quattrini e di doni, non lo aveva capito. Al contrario: aveva invitato Salomone, cosa mai accaduta, a venire a far veglia con lui. Salomone aveva rifiutato. Andava a dormire. Quando mai la morte va a dormire? Infatti era venuto. La bella sbornia era diventata una sbornia cattiva. Gli durava ancora. Alla fin fine c'era da ammazzare la mucca. Non r[...]

[...] César. Era la voce della morte. Ma 11, davanti a casa, mentre tornava dalla città carico di quattrini e di doni, non lo aveva capito. Al contrario: aveva invitato Salomone, cosa mai accaduta, a venire a far veglia con lui. Salomone aveva rifiutato. Andava a dormire. Quando mai la morte va a dormire? Infatti era venuto. La bella sbornia era diventata una sbornia cattiva. Gli durava ancora. Alla fin fine c'era da ammazzare la mucca. Non ricordava perché. Si parlava di coltello, di fucile. Chi era saltato fuori a dire che bisognava impiccarla? Chi lo aveva detto? Chi? Lui, sempre lui, sempre Salo'none Croux.
`L'ammazzo', si disse Cesar. `L'ammazzo'. Allora, ricordandosi che stava per morire e non aveva più tempo d'ammazzare nessuno, fu preso da una gran rabbia. « Sacremon », disse forte, « cosa ci stai a fare tu? ». Il tu era San Wuilliermo, patrono del paese, un santo che, come Gesù alle nozze di Cana, aveva mutato l'acqua in vino; perciò veniva considerato protettore degli ubriachi. `Se mi tiri fuori di qui, non ti dò fastidi per il resto [...]

[...]tro di che morire », disse gravemente Luigino Brunod. « Il prete! Il prete! », gridò Lino Guichardaz dietro al figlio Chénoz che partiva correndo a chiamare il medico.
« Ahi, ahi », presero a piangere le donne. Il pianto delle donne si comunicò ai bambini.
« Grappa », implorò Cesar.
«César, come stai? Cosa ti senti? ».
« Dove hai male? Alla schiena? Alla testa? ».
« César, parla, rispondi. Sono io, sono tuo cognato Lino. Non mi conosci piú? Perché non rispondi? César! ».
César sollevò faticosamente una mano e se la passò sulla bocca. « Grappa », disse. « Grappa. Grappa ».
« Vergine Santa », strillò una donna. « Sputa sangue! ».
Dalla casa dei Chénoz fu portata una bottiglia di grappa. La bottiglia fu appoggiata alle labbra di César il tempo necessario perché ne prendesse un piccolo sorso.
« Ancora », disse.
«Ma si, che beva, poveraccio », disse il padre Chénoz.
« Così finite di ammazzarlo », disse Luigino Brunod.
« Ancora », disse César. « Ancora ».
« E su, dategliene. Non vedete che é già più di là che di qua? ». « Ancora », disse César. « Ancora ». Bevve a lungo, ebbe un colpo
1Ó8 GIOVANNI PIRELLI
di tosse, sputò. Lo sputo, una miscela di grappa e sangue, gli colava lungo il mento.
« Un fazzoletto », disse Luigino Brunod: « Chi ha un fazzoletto pulito? ». Nessuno lo aveva. Un ragazzino parti alla ricerca di un fazzoletto pulito.
Salomo[...]

[...] mucca lo aveva sconvolto. Si lasciò condurre abbasso, riluttante e al tempo stesso rassegnato come fosse tra due carabinieri. Dietro Salomone venne anche il ragazzo Attilio pallido come un cencio. La cerchia intorno a César si apri per lasciarli passare.
César socchiuse un occhio su Salomone, lo richiuse, scosse debolmente la testa. « Chi lo avrebbe mai detto », sussurrò sconsolatamente.
« Io te lo avevo detto », reagì Salomone. Parlava forte perché tutti lo sentissero. La paura gli aveva fatto sloggiare la sbornia. Il trovare César ancora vivo gli faceva sloggiare la paura. Tornava ad essere l'uomo diffidente e calcolatore di sempre. « Io te lo avevo detto di non fare pazzie. Ti avevo detto che finiva male ».
« Male. Oh si. Male », si lamentò César. « Bevi, Salomone, bevi alla salvezza della mia povera anima ». Apri un occhio. « Bevi, ti dico ».
Salomone non poté fare a meno di portare la bottiglia alle labbra. Il solo odore della grappa lo nauseava. « Su, bevi », disse César. « Ancora. Bravo. Sei un amico. Adesso fa bere me ». Bevve [...]

[...]ffare che aveva fatto era buono ».
« Mia moglie dovrebbe rompergli il muso », disse César stringendo il pugno sanguinolente. Allentò la stretta, scosse la testa. «Non è bene, no, non è bene che una donna rompa il muso a un uomo. Fammi bere ». Bevve e disse: « Non è bene, no. Meglio dare il danaro a te».
« Il denaro a me ? », disse Salomone. « Io non voglio danaro ».
« Ahi », si lamentò César. « Muoio, Salomone, muoio. Svelto, fammi bere ».
« Perché il danaro a me? », disse Salomone.
« Bevi, Salomone, bevi. Tu fingi di bere. Tu non bevi. Oh, bravo. Quel prato, sai?, che mi volevi dare, sai? Ci ho ripensato ».
«Quale prato? ».
« Quello sotto il canale, accanto al mio. L'altro no, non è un buon prato. Per quello accanto al mio ti dò quattrocentomila. Te li dò in contanti, subito ».
« Impossibile », disse Salomone. « Per quella cifra posso darti il prato sopra il canale. Proprio perché sei tu che me lo chiedi ».
« Ah », si lamentò César. « Ah, la mia schiena ». Fece un'orribile smorfia. « Da bere ». Bevve e scosse la testa. « L'altro no, non è un buon prato, no. Per il prato accanto al mio, quattrocentomila in contanti. Non sarai come l'industriale di Biella, vero ? Non sarai così crudele... ». Aveva alzato la voce. Tossi. Tossendo fece ancora quell'orribile smorfia.
« Impossibile. Impossibile », disse Salomone. « Quel prato, a dire poco, ne vale seicentomila ».
« Seicentomila », si lamentò César. « Hai sentito, Attilio? Prende per il collo un moribondo. Vuole seicentomi[...]

[...]ila. Prende per il collo un moribondo ». Un mormorio ostile fece eco all'implorazione di Attilio.
« Facciamo cinquecento e ottanta », disse indispettito Salomone.
« Ahi, ahi », si lamentò César con voce straziante. « Salomone? Sei li? Ahi la mia schiena. Ahi. Facciamo settecentomila dei due prati. Settecentomila in contanti. È un affare, Salomone. Sei fortunato. Settecentomila non te le sognavi nemmeno... ».
Due prati? Io devo dare due prati? Perché devo dare due prati? Se si è ridotto così », disse, volgendosi intorno, « la colpa è sua. Tutta
110
GIOVANNI PIRELLI

sua. Perché devo rimetterci io? ». Non incontrò che volti chiusi, sguardi nemici. « Perché », gridò in uno scatto d'ira, « non date voi i vostri. prati? Perché devo darli io? Ve li paga, non avete sentito?, ve li paga in contanti. Avanti, perché non gli fate una offerta? ».
Nessuno parlò. Se qualcuno fece una mossa, fu per ritrarsi, per defilarsi dietro le spalle di un altro. Se c'era chi doveva accontentare il povero César, chi doveva rinunciare a un prato, era giusto fosse Salomone Croux. Se non altro perché era antipatico.
« Non parliamone più », disse César. « Bevi, Salomone. Bevi e non parliamone più. Attilio, vieni ragazzo, vieni vicino a me. Bravo. Tu sei bravo. Adesso metti la mano sotto la giacca. Trovato? Tira, tira fuori ».
La mano tremante del ragazzo Attilio estrasse da sotto la giacca di César un pacco di banconote ancora legato con lo spago. Erano banconote da diecimila tutte nuove fiammanti. Era un grosso pacco. Un mormorio di stupore corse fra i paesani. Salomone Croux spalancò gli occhi. Settecentomila? Di più? Più di settecentomila?
César disse: «Ragazzo, porta questo pacco a [...]

[...] il ragazzo Attilio con un nuovo scroscio di singhiozzi.
« E smettila di piangere, fagiano », disse César.
« César », disse Salomone. Si sentiva maledettamente solo e infelice. Avrebbe avuto bisogno di tutta la freddezza e l'astuzia di cui solitamente disponeva, ma il supplemento di grappa che era stato costretto a bere gli stagnava nella testa come fango. « Ragiona, César. Non posso dare via due prati. Non darei via nessun prato. Se tratto, é perché sei. tu, perché tu, poveretto... ».
« Ottocentomila », disse César.
« Novecento. Per novecento te li do. Hai vinto, vedi? Per novecento ti dò due prati. Sei contento adesso? ».
Sta bene novecento », disse César. ' « Per novecentomila in contanti, i due prati più una mucca e una manza dalla tua stalla. Su, Attilio, contagli sul naso novecentomila lire. Ahi. Ahi la mia schiena. Fa presto, Attilio...».
« No!, no! », disse Salomone. « Non posso. E un ricatto. Non posso ».
QUESTIONE DI PRATI 1=1
César Borgne ebbe un colpo di tosse. « Muoio », disse. « Mia moglie. Dov'è mia moglie? Povera donna, sola con qua[...]

[...]E quelle? a, gridò.
César apri un occhio, fece una smorfia, puntò i gomiti sulla neve, apri l'altro occhio, sollevò il busto. «Avaro», disse. Raccolse le ginocchia, vi spostò sopra il peso del bacino e del busto. « Avaro », ripeté. « Avaro, avaro, avaro », disse con voce sempre più forte, levandosi in piedi. «E il funerale chi me lo paga? Me lo paghi tu? ».
In quel momento giungeva, gli occhi fuori dall'orbite, mugolando, la moglie di César. « Perché piangi, fagiana », disse César. « Asciugati gli occhi e tienili bene aperti. Devi andare con Salomone Croux a scegliere dalla sua stalla una mucca e una manza. Oh, mi raccomando! ». Si chinò a passare sulla neve le mani sanguinolente, raccolse la bottiglia di grappa, se la portò alle labbra. « Ecco », disse, agitando la bottiglia. « È vuota ».
Salomone sussultò. « Che cosa? ».
« La bottiglia. Pareva tanta grappa, tantissima. Non ce n'é nemmeno da inumidire le labbra ».
GIOVANNI PIRELLI



da Franco Lucentini, La porta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]iaggetti mia sorella ci ricavasse parecchio, e non si dava pace che a casa non si fosse mai visto un soldo.
«Insomma si può sapere dove sei stata tutto questo mese? » urlò attraverso il tramezzo a mia sorella, che s'era alzata e si sentiva muovere dall'altra parte.
Secondo i calcoli di mia madre, contando tre o quattro mila lire a notte, l'ultimo viaggetto di Adriana doveva avere fruttato sopra centomila lire. Invece non aveva fruttato niente, perché questa volta lei era finita subito a San Gallicano. Ma mia madre non lo sapeva.
«Allora andiamo? » disse mia sorella entrando in cucina con le valigie.
Mia madre, quando vide le valigie, quasi soffocava.
« Ah! Ahé! » disse.
« Troia! Mignottona! » urlò. « Ma che? Hai sentito quello che gli ho detto adesso a tuo fratello? E rivai via, adesso, che nemmeno sei tornata? E ti credi di ritornare un'altra volta, che io ti faccio tornare? Uh, sporcacciona, vattene, vattene, vattene che t'ammazzo ».
LA PORTA 81
« Io l'ammazzo, a questa. L'ammazzo! » urlava.
«Ma non gliel'hai detto che andavo via[...]

[...] dissi, « ti volevo comprare qualche cosa, ma questi
giorni ci ho avuto delle spese... così non ho potuto ».
« Qualche cosa? » disse Adriana. « Che cosa? Un regalo? ».
« Beh, si » dissi. « Ma sai, le spese... ».
« Che spese? » disse. « Mi pare che é da parecchio che stai senza
soldi ».
« Beh, come ti pare » dissi. « Comunque bene o male tiro avanti,
non ti preoccupare ».
«Franco» disse.
Le caddi quasi addosso, inciampando nella valigia, perché s'era fer
mata all'improvviso.
« Ci prendiamo un caffè? » disse. « Aspettiamo dentro che spiove ».
Entrammo in una latteria vicino al Pantheon. Dentro c'erano un
82 FRANCO LUCENTINI
altro paio di coppie; gli uomini guardarono Adriana, mentre si toglieva l'impermeabile. Era bionda e portava un bel vestito elegante. Ordinai due cappuccini.
« Senti » disse mia sorella, « non ti potrei aiutare? Soldi non ce n'ho, lo sai, ma tutta quella roba che ho messo da parte ne ' potrei vendere un po'. Vuol dire che invece di durare tre anni durerà due, oppure me la faccio bastare lo stesso per tre, in[...]

[...]e
un lavandino ».
«Insomma stai sistemata benino» dissi. «Peró... ».
«Peró? » disse.
S'era seduta sul letto e s'era tolte le scarpe bagnate. Si stava cam
biando le calze.
« Per') ? » ripeté.
« Ecco » dissi. « Ci sono diverse cose... Tutto questo sembra abba
stanza strano per essere divertente, ma per un mese o due, per qualche
mese... Poi, non credi che ti annoierai? ».
Mia sorella mi guardò, fermandosi con una calza sfilata a metà.
« Perché? » disse. « Credi...».
« Mi prendi le pantofole nell'armadio? » disse. « Quelle carine, col
tacco alto ».
Poi disse: « Credi che di sopra mi diverto? ».
Le presi le pantofole, mi sedetti anche io sul letto.
« Non so » dissi. « Io qualche volta mi diverto abbastanza ».
LA PORTA 85
« Con quelle vecchie? » disse mia sorella.
« No » dissi. « Con le vecchie no. Ma mi piace camminare, andare attorno ».
« Beh » disse, « io credo di essere andata attorno abbastanza. Adesso mi piace stare qui. Un'altra, a forza di scocciarsi come mi scocciavo io, magari si sarebbe ammazzata. Io ho preso quest[...]

[...]iù, non ti sforzare ».
Mia sorella rise, poi diventò seria. Poi rise ancora.
« Senti » disse, « se mi ammazzavo, non l'avrei fatto col permanganato. Lo sai come succede. Dopo uno s'affaccia alla finestra, strilla: "Ho preso il permanganato, la varecchina", gli fanno la lavanda gastrica. Mica decoroso. Così, qui é lo stesso. Non é che dopo una settimana, un mese, posso riuscire fuori, tornare tra quelli di sopra: "Rieccomi qua". Qui se ci sto é perché ci devo stare, perché mi tocca starci, perché non potrò uscire. Capisci? ».
« Non tanto » dissi. « Perché non potrai uscire? ».
Cominciò a sfilarsi l'altra calza.
« Perché là in fondo, vedi? » disse indicando il vano della scala, dall'altra parte della cantina. « Là c'é un'altra porta, come quella che dà sul cortile, e chiude la scala in basso. Si pub chiudere a chiave anche quella. Quando saranno chiuse tutte e due potrò pure urlare, nessuno sentirà ».
Mi alzai e sollevai il lume, guardando verso la scala. Si vedevano i grossi cardini della porta; il battente era ribattuto contro il muro, sul pianerottolo buio. Cominciai a capire.
«La chiave che apre la porta di sopra, apre anche quella? » dissi. « Sì » disse.
« E ce n'é una sola? ».
« Si » disse.
«E chi [...]

[...]nte da dire, ma tutta la faccenda mi cominciava a scocciare forte. Dietro a tutti quei discorsi ci cominciavo a sentire una cosa falsa, per niente pulita. Ci avevo esperienza di donne isteriche, no?
« Credo che mi stai cominciando a scocciare » dissi. « Se tutta questa gran cosa la fai per me, senti bene, ti potevi risparmiare la montatura. Questa storia che vuoi stare fuori dal mondo, solo per stare fuori dal mondo, più sta e meno mi convince. Perché proprio tre anni? Che aspetti che succeda, in. tre anni? Se lo fai per me, non ti credere che succeda niente. Se è tutta una scena che fai per me, ti devo dire che è una scena pietosa, e in tre anni diventerebbe solo più pietosa. Non ti crederai mica che io apprezzo lo spirito di sacrificio, eh? Non ti crederai di fare con me la scena madre, il finale spettacoloso, con me che arrivo in capo a tre anni, con la chiave in mano, innamorato pazzo? Non ti crederai di mettermi a me in una fesseria simile? La chiave,
LA PORTA 87
cara Adriana, te la tieni tu, e io in questa storia non ci voglio più [...]

[...]abbracciato. « Come , ti voglio bene! ».
« Adesso ti spiego » disse. « Tu hai capito bene, hai capita che non bastava. Non ti sbagli mai, tu! È vero che ci ho la grande passione, la grande speranza. Ma non sei tu. Pianterei ancora tutto, per te, ma quello che aspetto qui dentro non sei tu. Io pure, la commedia me la faccio da sola, non credere che sono tanto cretina. Anzi me la volevo fare tanto da sola che non volevo nemmeno starti a spiegare, perché tu non credessi che ti ci volevo tirare dentro ».
«Vedi come ti sei sbagliato? E perché non mi vuoi bene! » disse baciandomi di nuovo. « È vero pure che non lo sapevi, tu, che qui c'è un'altra porta ».
Avevo i capelli di lei sulla faccia, brillavano alla luce del lume. « Che porta? » dissi di soprassalto.
« Quella lá » disse.
Si staccò da me e girò intorno al tavolo, andò in mezzo alla cantina.
« Questa » disse.
ß8 FRANCO LUCENTINI
A meta del muro di sinistra, da dove stavo io, si vedevano delle macchie scure che prima non avevo visto. Ma non sembrava una porta. Presi il lume e mi volevo avvicinare.
« No » strillò. « Il lume lascialo la ».
Lasciai il lume e mi avvicinai.[...]

[...]a voce risuonava forte davanti a quel vuoto. « Che cosa c'è, la dietro? » dissi.
« Non son disse mia sorella. « Quando presi la cantina mi dissero che li sotto non si può usare come magazzino, è troppo umido. Pare che sia uno scantinato, ma non sta nella costruzione; le fondamenta finiscono qui ».
« E dove porta? » dissi. « C'è un'altra uscita, li sotto? ».
« No » disse. « È scavato dentro la terra, non ci sono uscite. Non so quanto è grande, perché non ci sono mai scesa. Non so altro. Adesso mi dovresti schiodare queste tavole ».
Stetti un momento a pensare che altro ci poteva essere sotto quella storia: ero ancora sospettoso, anzi più sospettoso di prima, dopo che lei era riuscita a smontarmi. Poi ci rinunciai. Accostai alla porta una cassa di latte in scatola e ci montai sopra, cominciai a schiodare la tavola in alto.
« Ci hai un pezzo di ferro, qualche cosa per fare leva? » dissi. « Non viene ».
Andò al tavolo e si mise a cercare nel cassetto. La vedevo cercare con la testa chinata, i capelli biondi sul viso, nel cerchio bianco de[...]

[...]niva un odore di muffa. Una scala di legno, senza
ringhiera, portava in basso; si vedevano i primi gradini.
« Questo legno dev'essere fradicio» dissi. « Non possiamo mica scen
dere. Qui si rompe, caschiamo di sotto ».
« Ma mica dobbiamo scendere » disse mia sorella.
Rimasi fermo, con l'apriscatole in mano, a guardarla.
« Ma che vuoi fare? » dissi. « Ci vuoi scendere dopo, da sola? Che... Ma che ti credi di trovare? Che credi... Di un po', perché, prima, non m'hai fatto portare il lume? Non ridere, stupida! Che c'é, là sotto? ».
« Non lo so » disse. « Non ci voglio scendere e non lo voglio sapere. Non ci voglio nemmeno guardare col lume e non voglio che ci guardi tu ».
Mi cominciai a impaurire. Non credevo che fosse proprio matta, ma pensavo per forza che ci avesse qualche brutta intenzione. Guardai il coltello che teneva in mano.
Lei si mise a ridere.
« Quanto sei stupido! Che, hai paura che ti voglio ammazzare? » rise.
Non pareva isterica, ma non mi sentivo per niente sicuro. «Perché m'hai fatto levare le tavole? » dissi.
Segu[...]

[...] disse. « Non ci voglio scendere e non lo voglio sapere. Non ci voglio nemmeno guardare col lume e non voglio che ci guardi tu ».
Mi cominciai a impaurire. Non credevo che fosse proprio matta, ma pensavo per forza che ci avesse qualche brutta intenzione. Guardai il coltello che teneva in mano.
Lei si mise a ridere.
« Quanto sei stupido! Che, hai paura che ti voglio ammazzare? » rise.
Non pareva isterica, ma non mi sentivo per niente sicuro. «Perché m'hai fatto levare le tavole? » dissi.
Seguitò a ridere, però non era più un riso allegro.
«Perché m'hai fatto levare le tavole?» dissi ancora.
« Vieni qui » disse, « mettiamoci a sedere ».
Tornammo verso il tavolo. Lei ripose coltello e apriscatole, poi si mise a sedere sul letto. Io la guardavo continuamente. Sapevo che se ne sarebbe accorta, ma le tenni lo stesso gli occhi sulle mani, attento a tutto quello che faceva.
« Puoi guardare sotto il cuscino » disse sconsolata. « Non c'é nessuna rivoltella ».
« Tu lo sai la vita che faccio » dissi. « Lo sai di che cos 'é che ho sempre paura. Mi dovresti capire ».
YU' FRANCO LUCENTINI
« Ti capisco » disse.
Restammo zitti per un pezzo, p[...]

[...]isse. « Aspetto qualche cosa ».
« Ma che cosa? » dissi.
« Qualcuno » disse.
« Come? ».
« Aspetto qualcuno » disse.
« Ma tu mi vuoi fare diventare scemo » dissi. « Che é adesso que
sta novità? Chi aspetti? ».
« Oddìo » si lamentò, « non ti posso spiegare, non te lo so spiegare.
Sono così stanca. Stanotte non ho dormito per niente. Vorrei dormire ».
«Oh! e dormi! » dissi. «Mettiti a letto e fatti una bella dormita.
Dopo discorriamo ».
« Perché vedi» disse, « io credo che lá sotto... ».
(( Niente, niente» dissi, «adesso non voglio sapere niente. Mettiti
a letto e dormi. Ci abbiamo tutto il tempo per discorrere dopo. Va be
ne? Ti metti a letto? ».
«Va bene» sorrise, sollevandosi sui gomiti. «Mi fai alzare? ».
Mi tolsi dal letto perché potesse mettere giù le gambe, l'aiutai ad
alzarsi.
« Come sono stanca! » disse, cominciando a spogliarsi. Sistemò la
giacca e la camicetta sulla sedia, con cura. La sottana e le calze le mise
ripiegate sulla spalliera del letto.
« Mi dài la camicia? » disse. « Sta nell'armadio, in basso ».
Stava per togliersi la biancheria, poi mi guardò. Prese la camicia e
andò dietro la tenda.
92 FRANCO LUCENTINI
La sentivo muovere i barattoli della cipria, della crema per la notte.
Mise fuori un braccio perché le dessi un asciugamano, che stava nell'ar
madio. Poi volle il pettine, che stava nell[...]

[...]Come sono stanca! » disse, cominciando a spogliarsi. Sistemò la
giacca e la camicetta sulla sedia, con cura. La sottana e le calze le mise
ripiegate sulla spalliera del letto.
« Mi dài la camicia? » disse. « Sta nell'armadio, in basso ».
Stava per togliersi la biancheria, poi mi guardò. Prese la camicia e
andò dietro la tenda.
92 FRANCO LUCENTINI
La sentivo muovere i barattoli della cipria, della crema per la notte.
Mise fuori un braccio perché le dessi un asciugamano, che stava nell'ar
madio. Poi volle il pettine, che stava nella borsa.
Mi sedetti sul tavolo, aspettando.
« Ah! » strillò. « Lo sapevo che m'ero scordata qualche cosa! ».
« Lo spazzolino da denti » dissi. « No? ».
« SI» rise.
« Te lo posso andare a comprare » dissi, « ma a quest'ora dovrebbe
essere chiuso ».
Venne fuori dalla tenda.
« Puoi prenderlo alla farmacia notturna » disse. « Io intanto vado
a letto. Tu puoi stare fuori, mentre io dormo, puoi andare a un caffè.
Dormirò un paio d'ore ».
« Oppure...» disse. « Se vuoi che t'aspetto alzata... Tu torni su[...]

[...] faccia verso il muro.
« Ciao » dissi carezzandola. « Dormi ».
« Ciao ».
Per la scala mi accorsi di avere finito i fiammiferi. Tornai indietro
e cercai di ritrovare la cassetta dei « Safety Matches » che avevo visto
prima. Mia sorella pareva che giá dormisse. Presi i fiammiferi e tornai
su, aprii la porta. Attaccata alla chiave della porta c'era un'altra chiave,
che doveva essere quella del portone. La provai nel portone prima di
uscire, perché era chiuso. Andava bene.
« Che, sa una farmacia notturna qui vicino? » chiesi a un tizio.
« A piazza San Silvestro » disse. « Non credo che ce ne sia una più
vicino ».
«Sa che or'è?» dissi.
« Le tre ».
LA PORTA 93
A San Silvestro, quando chiesi gli spazzolini, il farmacista mi guardò strano. Lo sentii parlare piano con la cassiera, mentre uscivo. Presi per il Tritone e arrivai al Caffè Notturno, chiesi un caffè
doppio.
«Corretto? » disse. «Mistrà? ».
In quel momento mi ricordai che mia sorella aveva detto di aspettare qualcuno, e poi aveva detto un'altra cosa. « Perché vedi » aveva[...]

[...]n credo che ce ne sia una più
vicino ».
«Sa che or'è?» dissi.
« Le tre ».
LA PORTA 93
A San Silvestro, quando chiesi gli spazzolini, il farmacista mi guardò strano. Lo sentii parlare piano con la cassiera, mentre uscivo. Presi per il Tritone e arrivai al Caffè Notturno, chiesi un caffè
doppio.
«Corretto? » disse. «Mistrà? ».
In quel momento mi ricordai che mia sorella aveva detto di aspettare qualcuno, e poi aveva detto un'altra cosa. « Perché vedi » aveva detto, « credo che là sotto... ».
« Lasci stare » dissi, « ripasso dopo ».
Tornai correndo verso il Pantheon; girai un pezzo, di corsa, prima di ritrovare la strada, il portone. Per la scala per poco non mi rovinavo. Il lume brillava sempre sul tavolo. Adriana dormiva tranquilla, voltata verso il muro.
Stetti un po' a guardarla dormire, incerta. Volevo prendere il lume ma pensai che si sarebbe svegliata, avrebbe avuto paura. Tornai alla cassa dei fiammiferi, ne presi quattro o cinque scatole. Poi andai diretto alla porta; tenendomi con una mano al pavimento cominciai a scender[...]

[...]ltro scalino, toccai terra. Sopra la testa, a qualche metro, vedevo il riquadro illuminato della porta.
Aspettai un minuto o due, nel buio, senza muovermi. Non si sentiva nessun rumore, l'umidità era grandissima. Alla fine accesi un fiammifero, e lo tenni alto sopra la testa, finché non si fu consumato. Poi ne accesi un altro. Poi ne accesi un mucchietto insieme e mi girai intorno, senza muovermi dal posto dove stavo. Pensai di risalire subito, perché non c'era altro da vedere: era un pozzo quadrato, con si e no tre metri di lato, completamente vuoto. Le pareti erano senza rientranze né aperture, il fondo era di fango e pietre coperte di muffa.
Per urlo scrupolo andai attorno lungo le pareti, accendendo altri fiammiferi; guardai un'altra volta per terra e negli angoli. Poi risalii, badando a non fare rumore. Rientrando chiamai: «Adriana! », perché non s'impaurisse.
94 FRANCO LUCENTINI
Non rispose. Quando fui vicino vidi che dormiva sempre come prima, col respiro appena più pesante. Mi sedetti accanto al letto, aspettando che si svegliasse; poi mi alzai un'altra volta e andai a guardare dietro la tenda, girai un po' per la cantina, guardando i pacchi e le casse. Una cassa era aperta e mezza piena di riviste americane e romanzi; presi una rivista e tornai a sedermi accanto al letto. In quel momento Adriana aprì gli occhi, mi guardò, fece un grande urlo. Saltai sul letto, prendendola per le braccia.
« Adriana » strillai, « amore mio, c[...]

[...]i » disse. « Così. Più o meno. Sai, in tre anni, credo che mi
verrà una paura così grande... aspetterò così forte... che qualcuno dovrà
venire, anche se non c'è nessuno, adesso ».
« Uh » dissi baciandola, « scema! ».
« Cosi » dissi, « quando torno, ti trovo a letto con un orribile mo
stro, e magari madre di qualche mostricciattolo ».
Mi guardò ridendo.
96
FRANCO LUCENTINI

« Tu sei sempre cosh » rise. « Con te non si pub parlare. Perché poi dovrebbe essere orribile? Potrebbe essere un bellissimo giovane! ». Giusto » dissi. « Ma allora a che ti serve che sia uno spettro, un mostro? Non ne puoi trovare uno che non é mostro, senza stare a girare tanto? Senza..., senza stare a... aspettare tanto? ».
Seguitò a ridere e risi io pure, ma ridevo stonato. Lei . se ne accorse e non rise piú. Voltò piano la faccia in sú, con gli occhi azzurri spalancati, guardandomi senza espressione. Respirava appena, con la bocca sotto la mia.
Bestemmiai e mi volli alzare, ma non mi potevo muovere.
H.
Fuori doveva essere giorno, a momenti. Il lum[...]

[...]n si arriva mai avanti abbastanza, fuori... Ci abbiamo sempre qualche bella pensata, qualche bella consolazione, e allora non ci abbiamo piú voglia abbastanza di uscire, eh? La porta resta chiusa ».
« Resta chiusa » ripeté. « Se c'è qualcuno, di lá, non entra ».
«Tu credi che c'é qualcuno, di lá? ».
« Credo... Non lo so » disse. « Ci può essere. Ci dovrebbe essere. Mi sento che ci dovrebbe essere. Un'uscita... ci dovrebbe essere. Se no... ». «Perché, se no? ».
« Ah, dio » disse, « se no... ».
«Se no? ».
« Ma é perché nessuno ci ha coraggio » strillò. « Perché nessuno... nemmeno tu. Se credete che non c'è nessuno, perché non ci andate a guardare? Tutto sarebbe meglio, no? Sempre meglio di questi porci, di questa porcheria. O no? ».
« Non lo so » dissi.
« Ma se c'è... » disse. «Può essere che non c'è, che tutto questo non si può rompere... Ma se si rompe... se qualche cosa succede... allora questo basta, allora é finito, no? ».
«Perché? » dissi.
Ma non capisci... ».
« No » dissi.
La sentivo inghiottire, nel buio.
«Mi vuoi bene?» disse.
Il tempo non passava mai.
« Accendi il lume » disse. « Mi devo vestire ».
Stette a vestirsi tremando, perché faceva freddo e umido. Si rimise
98 FRANCO LUCENTINI
l'abito grigio, le scarpe. Andò dietro la tenda a truccarsi. Riuscì fuori e accese il fornello.
Vuoi che ti preparo qualche cosa, un po' di caffè? » disse.
« No » dissi, « non importa lo prendo fuori ».
Scaldò una tazza di latte per sé, ne bevve meta.
« Andiamo » disse. « Ti accompagno ».
In mezzo alla cantina si fermò, prese di tasca qualche cosa.
« Le chiavi » disse. « Non me le vuoi tenere? ».
Non le risposi. Guardavo il muro, di sbieco. Dovevo averci una faccia astiosa, invelenita per la noia e il sonno.
Senza più guardarmi si[...]

[...]i venne
vicino, mettendosi tra me e la porta.
«A te non ti avevamo detto di sgombrare?» disse.
Ci avevo talmente sonno che non capii subito.
« A me? » dissi. « Ma tu chi sei, che vai cercando? ».
« Andiamo » disse, prendendomi per un braccio.
Al barista disse: «A questo, il caffè glie lo diamo noi! ».
In Questura mi fecero aspettare tutta la mattina, poi mi fecero
passare da un vicecommissario.
«Quanto tempo è che sei tornato?» disse.
«Perché? » dissi.
« Non mi fare perdere tempo » disse. « Ti abbiamo rimpatriato
due mesi fa, ti abbiamo diffidato a tornare. Allora? ».
« Ma io la famiglia ce l'ho qui » dissi.
«E la residenza pure ce l'hai qui? ».
« Ho fatto domanda » dissi.
« Beh » disse, « se non ci hai altro da dire, adesso ti prendi un
mese e poi ti rimpatriamo un'altra volta. Dopo, se ci vuoi provare a
tornare, sempre a disposizione ».
Si voltò al poliziotto che m'aveva accompagnato.
« Questo resta a disposizione per gli accertamenti » disse.
Gli accertamenti cominciarono il pomeriggio; li faceva un com
missariocapo[...]

[...]ione per gli accertamenti » disse.
Gli accertamenti cominciarono il pomeriggio; li faceva un com
missariocapo.
« Tu lo sai che stanotte hanno ammazzato uno? » disse.
M'ero immaginato una cosa del genere; se no, non ci avrebbero
sprecato un commissariocapo.
« Tutte le notti ammazzano qualcuno » dissi.
« Stai attento a come rispondi » disse. « Dunque, di quello di sta
notte tu ne dovresti sapere qualche cosa, lo dovresti almeno conoscere,
perché era un pederasta conosciuto ».
«Perché? » dissi. «Adesso sto pure sulla lista dei pederasti? ».
«Sulla lista delle persone per bene...» disse alzandosi dalla sedia
e allungadomi due schiaffi, « certo che non ci stai », disse rimettendosi
a sedere.
too FRANCO LUCENTINI
Doveva essere uno scherzo in voga, perché me l'avevano già fatto
altre due volte.
Dopo volle sapere che cosa avevo fatto io quella notte, e natural
mente ci ebbi delle altre difficoltà. Alla fine, sebbene m'era riuscito di
inventare una storia verosimile, ci avevo la faccia gonfia.
« Tu, o ne sai qualche cosa di questo » disse in conclusione, prima
di telefonare all'ufficio accettazione del carcere, « o ne sai qualche cosa
di qualche cos'altro ».
Questo significava che sarei rimasto dentro fino a che lui non
trovava chi aveva maltrattato il pederasta. Almeno.
Nel carrettone eravamo cinque.
« Voi, non dite una parola » diss[...]

[...]ne ci riprovarono, riuscii a salvarne la
metà. Un altro paio le volle quello che mi accompagnò al Braccio,
prima di lasciarmi al piede della scala.
« Viene uno! » disse.
« Manda sempre » disse quello di sopra.
«Che hai fatto? » disse quello di sopra quando arrivai.
«Ho rubato» dissi. Quello doveva stare seduto sopra una sedia
tutta la notte, e gli andava di discorrere, se gli capitava. Ma io ce
n'avevo abbastanza delle domande.
«Allora, perché t'hanno messo isolato? » disse.
Sulla porta c'era scritto "isolato", infatti.
« Non lo so » dissi. « Non mi va di discorrere. Ho sonno ».
« Ah, come ti pare...» disse. Richiuse la porta.
Dopo un po' riapri lo sportello, disse che non dovevo fumare.
Disse che con quelli come me ci volevano le nerbate.
La mattina appresso mi riportarono in Questura per gli accertamen
LA PORTA 101
ti, poi un'altra vota due giorni dopo, poi per una settimana di seguito, tutti i giorni. Alla fine si calmarono, cominciarono a cercare da un'altra parte. A me mi lasciarono in aspettativa, sempre « isolato».
[...]

[...]lata Cirio, la mozzarella, il vino, tutto quello che c'era da comprare. Poi si rimetteva a letto e dormiva fino alla sveglia. Io invece non mi potevo riaddormentare. Poi suonava la sveglia, gli scopini portavano l'acqua, vuotavano i buglioli. Dopo veniva il sottocapo con la guardia che batteva i ferri. Una volta, quando vennero, io stavo ancora a letto.
« Che é successo? » disse il sottocapo. « Stai male? ».
LA PORTA 103
«Sì» dissi.
«Allora perché non hai chiesto visita? ».
« Eh... eh... » dissi.
« Uh... » urlai. « Uhà... uhà... » urlavo.
Quelli mi guardavano incuriositi, perché io prima ero stato sempre calmo.
« Adesso calmati » dissero. « Noi ripassiamo dopo ».
Quando ripassarono m'ero calmato.
((Ti sei calmato? » dissero.
« Sì » dissi.
((Ti serve qualche cosa? ».
« No » dissi. « Grazie, non mi serve niente ».
Quello della truffa mi offri un bicchiere di vino.
« Grazie » dissi. « Non bevo ».
Tutto quel giorno e il giorno appresso pensai a Adriana. Alla paura di sopra e a quella di sotto. All'idea che ci aveva avuto lei di andarsi a mettere là sotto. Alla porta che guardava lei e alla porta che guardavo io. Dalla porta che guardavo io adesso, ci entravano g[...]

[...]ompere. Non mi pare che ci sia un'altra rottura possibile, oltre a quella dei... Pere) non sono più tanto sicuro. Credo che ci avevi
104 FRANCO LUCENTINI
ragione quando dicevi del coraggio, che nessuno ce l'ha. Credo che tu ce l'hai avuto, e pure se sei tornata ce l'hai avuto lo stesso. Credo che se qualcuno si merita qualche cosa, sei tu. Adesso solo ho capito quello che volevi dire, col fatto del mostro. Ma se per te qualcuno verrà, non sarà perché avrai avuto paura. Sara. perché sei come io non t'ho saputo vedere in tempo, perché sei così calma e gentile, così leggera, così an gelo. Oramai, per volerti bene da vicino é tardi. Tu, oramai, per me non ci puoi avere che pieta. Io non so che farò, ma non m'importa. Di averti incontrata a te, un momento, mi deve bastare ».
Ci vollero altri tre mesi prima che trovassero quello che aveva sistemato il pederasta. Anzi, pare che non era nemmeno sicuro che era quello, ma a me in ogni modo pensarono di darmi il cambio, visto che c'ero stato quasi un anno. Mi dettero il foglio di via e mi misero sul treno. « Stai attento a non tornare » dissero. « Hai visto che succede a tornare.[...]

[...] attento a non tornare » dissero. « Hai visto che succede a tornare. E puoi essere contento che t'é andata bene ».
Scesi alla prima stazione e tornai a casa.
« Stai zitta » dissi a mia madre. « Non ti fare sentire. Non si deve sapere che sto qui ».
« Che hai fatto? » disse.
«Sai niente di Adriana? » dissi.
« No » disse. « Non s'è fatta più vedere. Tu che hai fatto? ». «Non é arrivata una lettera mia per Adriana? » dissi.
« No » disse. « Ma perché ti cercano, che hai fatto? ».
« Niente » dissi, « é per quella faccenda della residenza. Per adesso resto qui, ma bisogna stare attenti al portiere ».
Restai a letto una settimana, per vedere di farmi passare la febbre. Ogni volta che suonavano il campanello saltavo. Non avevo paura che fossero i poliziotti, pensavo che poteva essere Adriana. Perché poi la cosa, adesso, non era più così spirituale come s'era messa al principio. Adesso me la sognavo, la notte, che ci stavo a letto. Il giorno ci ripensavo. Tutto il giorno e la notte, alla fine, ci stavo a pensare. Ma c'erano di mezzo quelle due porte chiuse. Poi, non sapevo nemmeno se lei stesse ancora là dentro. Poteva essere che se ne fosse andata, senza tornare .a casa. Poteva essere capitata qualche altra cosa.
Non aspettai che la febbre mi fosse passata. Mi alzai una sera verso
LA PORTA 105
le sei, andai in cucina a farmi la barba. Ci avevo le gambe deboli, ma la testa non mi facev[...]

[...]o » disse mia sorella a quelli che stavano in
torno al tavolo.
« Piacere » dissi.
« Ah, piacere! » dissi quando vidi che uno era un prete. « Tanto
piacere! ».
Gli altri erano una ragazza che era un tipo di mezzo tra una troia
e un'impiegata, con un pettone; un sergente italiano; e un borghese
,d'una trentina d'anni, tutto vestito bene.
« Don Aldo » disse la ragazza, « ci stava dicendo che la conver
sione degli atei é sempre un miracolo, perché non si può fare senza
l'intervento della grazia ».
« Ma allora » disse il sergente italiano, « ciò vuol dire che i miracoli
si possono verificare pure oggigiorno! ».
Ma certamente! Certissimamente! » disse Don Aldo. « Senza an
108 FRANCO LUCENTINI
dare tanto lontano, ci basti il miracolo quotidiano dell'Eucaristia! ». «Appunto» disse la ragazza. « E come dicevo pure io. Questo dovrebbe convincere pure le teste di legno ».
« E dovrebbe convincere » disse sorridendo Don Aldo, « anche certe testoline bionde che mi so io... ».
« Certe testoline bionde ostinate...» continuò guardando mia [...]

[...]provviso e sbattuta, sfasciata del tutto. M'ero immaginato una cosa così fino dal principio. Ma non m'ero immaginato che lei al momento dello sfascio avrebbe chiamato il prete... Il prete e quegli altri... Adesso ci stava in mezzo. Lei, che per quanto avesse fatto e girato, in una merda simile non c'era stata mai.
« Adriana », dissi carezzandola. « È stata la paura, no? E per la paura che stai crisi? Che ti sei ridotta a stare con quelli? ».
« Perché? » disse. « Che ci hanno, quelli? ».
« Non sono come gli altri? » disse.
« Come gli altri? » dissi. « Come gli altri? Si. Si, ma...».
« Tu ci hai di meglio? » disse. « Conosci qualcuno meglio, da mandarmelo qua? ».
Volevo ancora rispondere, mi pareva che ci dovesse essere qualche cosa da rispondere, ma non c'era. C'era una cosa sola, forse ci avrei avuto ancora la faccia di dirla, ma lei lo disse prima.
« Che, tu ti credi... » disse. « Tu ti credi di essere meglio, tu? ». Cominciai a risalire per andarmene. Poi mi fermai, dissi:
« Non mi volere male » dissi. « Ti voglio bene. Adesso non[...]

[...]no al Pantheon, poi mi pare che voltai per l'Argentina e andai verso il fiume. Poi tornai indietro e non so dove
110 FRANCO LUCENTINI
andai, fino quasi alla mattina. Al primo caffè che trovai aperto entrai, chiesi un caffè doppio.
Mi accorsi che era il Caffè Notturno quando vidi quello appoggiato al banco che si alzava e mi veniva incontro.
« A questo, il caffè glie lo diamo noi » disse.
Quella notte non pare che avessero ammazzato nessuno, perché al carcere non ci restai nemmeno due mesi. Dopo però mi dovettero mettere all'ospedale per un altro po' di tempo e ci ebbi maniera di mandare avanti la domanda per la residenza, con certi soldi che m'aveva trovato mia madre.
Quando tornai da Adriana la cantina era piena di gente. Stavano seduti sulle casse svuotate o per terra, appoggiati al muro. Il prete e il dottor Micheli, con altri due, stavano al tavolino e pareva che ci avessero fatto una specie di ufficio. Mia sorella stava seduta pure lei sopra una cassa, con due americani. La strappai dalla cassa e andai dritto dal prete, tenendola[...]

[...] americani. La strappai dalla cassa e andai dritto dal prete, tenendola per un braccio.
« Che le avete fatto? » dissi.
Agguantai il prete pel collo e li scrollavo tutti e due, lei e il prete. Il dottor Micheli s'alzò e se ne voleva andare.
« Stai li » dissi. « T'ammazzo ».
Le lasciai il braccio e la presi per una mano.
« Che t'hanno fatto? » dissi. « Questo bagarozzo che ci ha fatto, qui sotto? La missione? La parrocchia? Tutti questi altri perché ce l'hanno chiamati? Per spartirsi meglio la roba? Per averci i testimoni a scarico? ».
Guardai il letto che pareva mezzo sfasciato.
«A te pure ti si sono spartita, eh? » dissi. «Tutti quanti o solo il comitato? E la roba tua se la sono spartita questi quattro, no? ».
Mia sorella non disse niente. Guardava da una parte e 'cercava di liberare la mano. Il prete, quando vide che lei stava zitta, con uno strattone si liberò e si alzò in piedi.
« Se lei crede di doverci rivolgere degli appunti per quel che riguarda la distribuzione » disse, « può esaminare il registro e parlare liberamente con[...]



da relazione di Costantino Lazzari sotto presidenza Azimonti, Discorso Lazzari in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]il frutto di un qualche artificio o il prodotto di propositi e di sentimenti i quali sono in contrasto con quella che dovrebbe essere la giusta e ragionevole spinta che deve animare tutti i compagni che si iscrivono al Partito socialista italiano. Io non esito a dichiarare che se la situazione, che il Partito ha affrontato l'anno scorso nel Congresso di Bologna, era già una situazione intricata e difficile, oggi essa è diventata ancora piú grave perché appunto il risultato del Congresso di Bologna è stato quello di introdurre negli usi, nelle abitudini, nei programmi del nostro Partito, come mezzo di azione, il mezzo della violenza: il mezzo della violenza che è ripugnante in un Partito sorto, come il nostro, per reazione contro il vecchio culto ed il vecchio fanatismo di credere che le questioni sociali possano essere risolte col mezzo della violenza.
Nel 1892 il Partito socialista in Italia è sorto appunto spogliandosi di tutte queste vecchie fantasie che ci erano lasciate in eredità da tutto
133
quell'atavismo delle generazioni passat[...]

[...]tenzione ciò che egli diceva per vedere se le sue conclusioni rispondevano oltre a quelle che
136
sono le esigenze del movimento internazionale, a quelle che sono le esigenze del nostro movimento nazionale. In verità il compagno Graziadei ha creduto necessario, dopo il suo primo discorso di ieri mattina, di venire alla tribuna a fare una specie, non dico di atto di contrizione, ma una specie di spiegazione che poteva parere una giustificazione perché comunemente viene ritenuto che il suo atteggiamento di fronte alla guerra non fosse stato realmente un atteggiamento contro la guerra. E difatti noi ricordiamo benissimo che quando nelle nostre manifestazioni di fronte a questo grave fatto politico della guerra, noi eravamo considerati come degli elementi pericolosi e siamo stati incolpati appunto per questo, anche il compagno Graziadei faceva le sue osservazioni in proposito, ma ricordiamoci che le sue osservazioni, i suoi scritti, i suoi commenti andavano sulle colonne del Giornale d'Italia e servivano come strumento contro di noi. (Applaus[...]

[...]rdiamo benissimo che quando nelle nostre manifestazioni di fronte a questo grave fatto politico della guerra, noi eravamo considerati come degli elementi pericolosi e siamo stati incolpati appunto per questo, anche il compagno Graziadei faceva le sue osservazioni in proposito, ma ricordiamoci che le sue osservazioni, i suoi scritti, i suoi commenti andavano sulle colonne del Giornale d'Italia e servivano come strumento contro di noi. (Applausi). Perché il torto del compagno Graziadei e di parecchi altri — qualcuno di essi appartiene alla sfera dei dotti, degli eruditi, dei professori — il loro torto é quello di considerare generalmente tutti i fatti e tutte le necessità della vita e della storia attraverso la lente della scienza. Il fatto della guerra deve essere osservato come un fatto scientifico? Io dico di no. Il giorno in cui abbiamo assunto la posizione di militanti politici, specialmente se siamo rappresentanti politici — e il deputato Graziadei è uno dei deputati piú anziani del momento presente e successore di Andrea Costa — abbiam[...]

[...]o scientifico? Io dico di no. Il giorno in cui abbiamo assunto la posizione di militanti politici, specialmente se siamo rappresentanti politici — e il deputato Graziadei è uno dei deputati piú anziani del momento presente e successore di Andrea Costa — abbiamo il dovere di considerare questi fatti non comè fatti scientifici, ma come fatti politici e su di essi non possiamo fare le nostre esercitazioni dotte ed erudite. (Applausi, rumori).
Ecco perché noi dobbiamo tener presente la necessità di avere una visuale chiara e precisa la quale non abbia confusioni, né contorcimenti che vadano a urtare con altre necessità della vita: siamo una volontà politica e dobbiamo avere ben chiaro e preciso il nostro compito, e le decisioni che dobbiamo prendere.
Per questo, al compagno Graziadei, che come una delle conclusioni principali della sua adesione alla richiesta dell'Internazionale comunista, veniva qui a proporre una specie di scissione a scartamento ridotto, una epurazione, dicendo che egli si sentiva un pigmeo dinanzi ai giganti della rivoluz[...]

[...]ha servito... (proteste dei comunisti) a liquidare Venizelos piú di quello che non abbiano fatto i mezzi violenti dei suoi rivali. (Rumori e interruzioni).
Questo dunque prova come in noi il culto dell'eroismo personale ed i propositi delle frazioni sono condannati a non avere possibilità di
138
esercitare, su tutto lo spirito e su tutto l'insieme del sentimento del nostro popolo, quella forza di attrazione e di coesione che è pure necessaria perché la nostra azione di Partito possa servire a creare quella grande società in cui l'interesse del popolo italiano debba avere la possibilità di essere riconosciuto per liquidare la posizione venuta dopo la guerra.
Ma il compagno Graziadei concludeva il suo discorso in questo senso. Egli trovava che, perdurando nella sua composizione attuale, colla sua formazione delle varie frazioni, il Partito socialista era condannato alla impotenza rivoluzionaria. Quindi era naturale e logico che la Terza Internazionale domandasse al Partito socialista italiano di modificare la sua composizione in modo da r[...]

[...]l Partito, finiscono coll'essere realmente dei militanti utili e non hanno la possibilità né la volontà di impedire la sua potenza rivoluzionaria, la quale non. potrà essere acquistata per quelle importazioni che possono venire dall'estero, per le considerazioni che sono state fatte dai nostri compagni esteri venuti a parlare a questa tribuna, ma deve venire dalla nostra potenza rivoluzionaria, dalla situazione che noi abbiamo potuto determinare perché siamo alle prese con la nostra classe dominante.
Se lo sviluppo del nostro Partita è strettamente legato e deve subire per forza tutti i sentimenti e tutte le aspirazioni che sono in mezzoal nostro popolo, se vogliamo realmente raggiungere la nostra potenza rivoluzionaria, dobbiamo utilizzare continuamente i mezzi che abbiamo a disposizione nel nostro Paese e nella situazione nella quale ci troviamo. Certamente che la deliberazione approvata in quel Convegno che venne tenuto dai centristi e concentrazionisti a Reggio Emilia, certamente che quella deliberazione imporrebbe ad alcuni di quei co[...]

[...]entono come lui restano nel nostro Partita, io dico che è sufficiente per noi, è sufficiente per la nostra vitalità, per la possibilità e la libertà della formazione della potenza rivoluzionaria del nostro Partito, è sufficiente lasciare che quel principio che il compagno Graziadei ha rilevato cosí utile e cosí seducente nella sua esposizione, « la libertà del pensiero e' la disciplina nell'azione », quel principio serva . di norma e di garanzia perché la vitalità del nostro Partito debba essere sempre rivolta a quegli obiettivi, a quegli scopi, a quei mezzi che la volontà delle nostre assemblee hanno tracciato al Parlamento attraverso i diversi periodi della sua storia.
Purtroppo il compagno Graziadei trova che questa massima, di cui attribuisce a me la paternità (e che io accetto volentieri) non sia sostenuta dalle buone norme direttive della nostra vita organizzata. È vero che il compagno Graziadei dice che adesso questa massima non è piú utile, che noi ci troviamo di fronte ad esigenze speciali... Ah 1 no, compagno Graziadei. Quando tu[...]

[...]responsabili dell'andamento del Partito durante la guerra — di avere sempre fatto il nostro dovere, tutto quel dovere che potevamo fare di fronte al dilemma della compagine socialista nazionale ed internazionale. Tutto quello che dovevamo, che potevamo fare, abbiamo cercato di farlo e quindi domandiamo ai nostri compagni di Russia non un riconoscimento dei nostri meriti, ma la valutazione chiara della situazione nella quale noi ci troviamo. Ecco perché noi non domandiamo eccezioni, ma facciamo semplicemente appello alle stesse deliberazioni della Terza Internazionale, un appello certamente molto modesto, ma onesto, per cui nella mia mozione è appunto espresso chiaramente come la nostra adesione alla Terza Internazionale abbia una sua caratteristica
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speciale. Noi abbiamo data quella adesione prima di tutti gli altri Partiti in Europa e prima ancora di quelli che hanno risposto al messaggio del marzo 1918, perché la nostra adesione alla Terza Internazionale data dalla prima riunione di Zimmerwald, la quale è stata fatta e combinata appu[...]

[...]o eccezioni, ma facciamo semplicemente appello alle stesse deliberazioni della Terza Internazionale, un appello certamente molto modesto, ma onesto, per cui nella mia mozione è appunto espresso chiaramente come la nostra adesione alla Terza Internazionale abbia una sua caratteristica
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speciale. Noi abbiamo data quella adesione prima di tutti gli altri Partiti in Europa e prima ancora di quelli che hanno risposto al messaggio del marzo 1918, perché la nostra adesione alla Terza Internazionale data dalla prima riunione di Zimmerwald, la quale è stata fatta e combinata appunto per gli sforzi dei nostri compagni proletari d'Italia, che a mezzo del compagno Morgari, nostro ambasciatore internazionale, hanno gettato le prime basi di quella che è stata poi la Terza Internazionale. (Applausi).
Dunque, cari compagni, noi siamo qui a sostenere questo diritto, semplice ed onesto, che siano tenute in considerazione le caratteristiche speciali del nostro movimento, non per farci dei meriti e non per domandare eccezioni. Però noi comprendiamo — gua[...]

[...]ari compagni, noi siamo qui a sostenere questo diritto, semplice ed onesto, che siano tenute in considerazione le caratteristiche speciali del nostro movimento, non per farci dei meriti e non per domandare eccezioni. Però noi comprendiamo — guarda, compagno Graziadei, come noi siamo diretti nel nostro criterio, nel nostro giudizio, da questo alto sentimento di solidarietà e di fraternità coi compagni della Terza Internazionale — noi comprendiamo perché i compagni della Terza Internazionale manifestano delle preferenze e delle indulgenze per i compagni della Francia, dell'Inghilterra e della Germania i quali hanno compiuto meno di noi, anzi non hanno compiuto affatto, il loro dovere nazionale ed internazionale (bravo !) durante la guerra. Noi comprendiamo. E c'è qui scritto, nelle «Tesi e Statuto dell'Internazionale comunista », quel luminoso documento che è il « manifesto », ove si legge, nella prima parte, il primo documento portato. Troverete ivi espresso, in modo indiretto, questo concetto che io esprimo. Nell'orribile conflitto degli in[...]

[...]a, si desti e si sviluppi quella fiamma rivoluzionaria proletaria che purtroppo è stata una entità trascurabile in mano dei Par
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titi socialisti della Francia, dell'Inghilterra e della Germania, Partiti so cialisti che avevano tradizioni e passato maggiori del nostro, mezzi ed estensione maggiori del nostro, ma che erano, inizialmente, Partiti socialisti socialdemocratici e patriottici. Noi in Italia non siamo mai stati tali (approvazioni), perché fino dalle nostre origini, fino dalle origini proprie del Partito operaio italiano costituito da diciassette disperati proletari di Milano nel 1882, abbiamo sempre rifiutato di venderci alle seduzioni fatte in tutte le forme dalla socialdemocrazia attuale ed abbiamo sostenuto una lotta implacabile contro le vecchie nequizie, le vecchie menzogne che erano davanti a noi dal '48 in poi.
Ecco perché, si capisce, i nostri compagni russi debbono avere tanti riguardi per il movimento francese, inglese e tedesco. Che i compagni russi ci trattino piú o meno bene riguarda noi, però dobbiamo fare loro riconoscere che, come abbiamo compiuto fino a qui il nostro dovere, cercheremo di compierlo anche nell'avvenire.
Ecco quali sono le norme, la guida, l'indirizzo che noi cerchiamo di imprimere al nostro Partito perché il nostro Partito possa essere all'altezza dei tempi, all'altezza del movimento e degli avvenimenti che si preparano e possa affrettare questi avvenimenti con la sua forza compatta ed omogenea, sempre piú omogenea. Voi sapete che da quando si è creato il Partito, tanto lavoro si è fatto per spogliarlo delle sue scorie, dei suoi pericoli, dei suoi danni. Noi dobbiamo dire ai nostri compagni di Russia, ai nostri compagni della Terza Internazionale, i quali sono venuti a questa tribuna a dirci tante belle cose, a darci tanti bei consigli, ad esprimerci tante belle considerazioni, che debbono ten[...]

[...]considerazioni, che debbono tener conto della situazione in cui si trova il Partita socialista d'Italia e debbono riconoscere quello che noi abbiamo fatto per la nostra vita ed anche a favore dei Partiti di tutto il mondo.
Vi ricordate nel 1912 quando il nostro Partito ha liquidato i socialpatrioti e i socialdemocratici che esistevano nel nostro Partito? I Bono mi, i Cabrini, i Podrecca, i Bissolati sono stati espulsi dal nostro Partito appunto perché erano la espressione di quella corrente, che cosí si è tolta dallo inceppare la vita del Partito. Tutto ciò non è stato mai fatto da nessun altro dei Partiti socialisti del mondo. Né Millerand, né Briand in Francia sono stati mai considerati fuori delle file del loro Partito per liquidare con questo atto la corrente di azione politica che loro rappresentavano. E noi abbiamo quindi pieno diritto di volere che si tenga conto di questi avvenimenti storici che hanno il loro valore. Ed è questo che nella nostra mozione, quando voi, all'art. 17, ci dite di romperla con la politica del riformismo, n[...]

[...]conoscono la nostra storia, che non hanno cognizione della vera situazione in cui ci troviamo. Da chi sono stati informati? Le informazioni che io ho dato al compagno Lenin ed al compagno Trotzki nelle riunioni di Zimmerwald e di Kienthal non portavano certamente alle conclusioni a cui essi sono venuti. (Approvazioni). Io mi ricordo che salutando i compagni di Russia, insieme ai quali facevo parte di diverse Commissioni, salutando quei compagni, perché si avvicinava il primo maggio ed era quindi necessario che io fossi in Italia, dissi al compagno Lenin: « Noi andiamo in Italia. Io ho la direzione del Partito socialista italiano. Io vi dico, compagni di Russia: Siamo nel pieno della guerra, nel pieno dei furori, degli orrori che sono scatenati nel mondo dal conflitto degli interessi degli sfruttatori del lavoro. Noi socialisti d'Italia non possiamo promettervi di fare grandi cose: vi promettiamo una cosa sola: noi non ci curveremo mai di fronte al misfatto dei nostri dominatori ». (Bravo !). Il compagno Lenin ha detto: « Questo basta per la[...]

[...]quello che ci deve ammonire della situazione in cui ci troviamo e deve farci capire come le esigenze e le necessità del nostro movimento non siano finite e non possiamo fare getto di questa nostra compagine e di questa nostra forza di organizzazione. Per questo la necessità della scissione, che viene consigliata dai nostri compagni che lottano meravigliosamente per la rivoluzione russa, per la rivoluzione del loro paese, non è giusta e opportuna perché verrebbe ad indebolire noi nella lotta che dobbiamo fare non tanto contro i padroni del nostro paese, ma contro gli incoscienti, gli ignoranti e gli indifferenti dai quali siamo circondati.
Ecco, cari compagni, perché vi chiamo a considerare gravemente,. seriamente, ed anche tristemente, la situazione nella quale ci troviamo, di fronte alla necessità di decidere che abbiamo, perché la Direzione del Partito ci ha portati a decidere su questa base. La Terza Internazionale, la quale è stata male informata, in piena buona fede, ma imperfettamente, ed i nostri compagni di Russia ci consigliano continuamente, ci spingono a fare sí che questa scissione avvenga per la necessità del loro movimento e fanno appello agli organi loro speciali in Italia, coi quali si vede hanno rapporti diretti e che sono considerati come il loro Vangelo.
L'Ordine Nuovo di Torino. Sí, noi abbiamo visto con molta simpatia, anche per i muri delle città, i manifesti di questo giornale, significanti il [...]

[...] quali si vede hanno rapporti diretti e che sono considerati come il loro Vangelo.
L'Ordine Nuovo di Torino. Sí, noi abbiamo visto con molta simpatia, anche per i muri delle città, i manifesti di questo giornale, significanti il mondo legato con le catene ed il proletariato che spezza queste catene che cascano nell'abisso del creato. È l'ordine nuovo ! Mi ricordo di essermi fermato davanti a quel manifesto. Ma guarda un po' ! L'Ordine Nuovo? Ma perché? Ma questo è ordine vecchio ! Noi abbia
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mo sempre lavorato e lottato per quest'ordine. Noi al popolo abbiamo sempre detto questo, abbiamo sempre detto che questo era l'ordine che si doveva raggiungere in un prossimo futuro e che dovevamo preparare. Di nuovo c'è niente sotto la cappa del cielo. Dal passato preistorico, allorché gli uomini erano fratelli e che poi si sono divisi per necessità della loro vita economica, da allora siamo arrivati al punto in cui oggi si trovano. E vengono all'ordine nuovo? No. Vengono all'ordine futuro, piú perfettamente, in cui sono garantiti gli interessi [...]

[...]tri di Torino si credono la parte piú avanzata e piú cosciente del proletariato. Ho piacere di constatare in essi la superba sicurezza. Noi non ci siamo mai considerati né piú avanti, né piú coscienti degli altri, ma ci siamo sempre limitati a dire che, tenendo conto della situazione in cui ci troviamo, è necessario che tutti quanti uniamo le nostre facoltà, i nostri diritti, la nostra buona volontà; dobbiamo unirci compatti, solidali, fratelli, perché nella formazione delle organizzazioni non si creino frazioni di gruppo... (applausi della maggioranza), le quali ci possano condurre, attraverso qualche eccezione degli uni e degli altri, alla costituzione di frazioni e gruppi. Ogni organismo ha bisogno di vivere e di sviluppare e di dominare e non possiamo confondere lo sviluppo delle proprie frazioni con quello che deve essere lo sviluppo e l'interesse di tutta quanta la grande massa dei nostri compagni organizzati sulle basi dei nostri programmi.
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Ecco perché, attraverso tutto questo ragionamento, io vengo a dire che è necessario che [...]

[...]uppo... (applausi della maggioranza), le quali ci possano condurre, attraverso qualche eccezione degli uni e degli altri, alla costituzione di frazioni e gruppi. Ogni organismo ha bisogno di vivere e di sviluppare e di dominare e non possiamo confondere lo sviluppo delle proprie frazioni con quello che deve essere lo sviluppo e l'interesse di tutta quanta la grande massa dei nostri compagni organizzati sulle basi dei nostri programmi.
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Ecco perché, attraverso tutto questo ragionamento, io vengo a dire che è necessario che noi affrontiamo nelle sue fondamenta teoriche questa situazione che si è venuta a determinare fra di noi, con questa distinzione che viene fatta fra il Partito socialista, (che attraverso i suoi uomini ormai da 40 anni ha scritto la sua storia nel nostra paese e che può dire di essere una forza, di contare per qualche cosa, di avere dato prima di tutti gli altri la sua adesione alla Terza Internazionale), ed il Partito comunista. Mi ricordo quando avevo ottenuto dalla Direzione del Partito l'adesione alla Terza Intern[...]

[...]te, ma le cui conclusioni erano queste: In Italia, data la nostra storia, data la nostra attività, data la nostra politica, non esiste una differenza fra Comunismo e Socialismo. Noi siamo diventati socialisti quaranta anni fa, educando la nostra anima sulla base del « Manifesto dei comunisti », di Carlo Marx, del 1848. Noi ci siamo sempre considerati i veri comunisti, i soli comunisti che esistevano allora in Italia. Ci siamo chiamati socialisti perché? Perché il Socialismo esprime ed indica chiaramente che il nostro scopo è quello di capovolgere totalmente i rapporti della vita sociale moderna. Il Comunismo è per noi il contenuto di quel grande quadro, di quel grande patrimonio di civiltà che si chiama « civiltà socialista ». Il Socialismo è il contenente del Comunismo, il Comunismo è quella caratteristica
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speciale che é stata necessaria di adottare in Europa per l'abuso che venne fatto del name di socialista. Quelli che hanno fatto l'abuso hanno attaccato l'aggettivo qualificativo. Noi in Italia ci siamo sempre chiamati « socialisti » perch[...]

[...]unismo è per noi il contenuto di quel grande quadro, di quel grande patrimonio di civiltà che si chiama « civiltà socialista ». Il Socialismo è il contenente del Comunismo, il Comunismo è quella caratteristica
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speciale che é stata necessaria di adottare in Europa per l'abuso che venne fatto del name di socialista. Quelli che hanno fatto l'abuso hanno attaccato l'aggettivo qualificativo. Noi in Italia ci siamo sempre chiamati « socialisti » perché la nostra base era appunto quella del « Manifesto dei comunisti », il quale conclude appunto con queste memorabili parole. Meditatele compagni. A noi qui il Comitato ordinatore ha voluto ricordarcele con quel cartello perché fossero un ammonimento e dovessero consigliarci a pensare a quello che facciamo: «Proletari di tutti i paesi unitevi ». (Approvazioni, applausi della maggioranza).
Perché dice « unitevi » e non « dividetevi » ? perché dice « unite vi » e non « separatevi » ? (Approvazioni, applausi).
Perché, o proletari, la vostra unione sarà la vostra forza e la vostra divisione sarà la vostra debolezza. (Applausi della maggioranza, interruzioni dei comunisti).
Ma dice qualche cosa di piú, compagni. Meditatela questa conclusione del « Manifesto dei comunisti ». Perché non dice « Proletari comunisti di tutti i paesi unitevi » ?, (approvazioni), ma dice semplicemente: « proletari » ? Perché basta per gli interessi della civiltà futura, basta per gli interessi della rivoluzione, che tutti quei poveri individui, elementi della umanità, che vivono di lavoro e di salario, continuamente, che non hanno proprietà, non hanno ricchezze, e sono proletari, basta che essi si uniscano nella concezione della loro situazione, della loro situazione personale e della loro situazione di classe. Questo é necessario per avere in mano la leva che deve muovere il mondo.
Ecco perché il nostro compagno Carlo Marx concludeva in quel modo. I compagni dell'Ordine Nuovo credo dovrebbero capire molto dalla[...]

[...] della civiltà futura, basta per gli interessi della rivoluzione, che tutti quei poveri individui, elementi della umanità, che vivono di lavoro e di salario, continuamente, che non hanno proprietà, non hanno ricchezze, e sono proletari, basta che essi si uniscano nella concezione della loro situazione, della loro situazione personale e della loro situazione di classe. Questo é necessario per avere in mano la leva che deve muovere il mondo.
Ecco perché il nostro compagno Carlo Marx concludeva in quel modo. I compagni dell'Ordine Nuovo credo dovrebbero capire molto dalla precisione di linguaggio di Carlo Marx. (Approvazioni). Io non ho la possibilità e non ho i mezzi intellettuali, ma ricordo che parlando una sera in casa di Engels appunto commentando la precisione di linguaggio di Carlo Marx, Engels ripeteva e spiegava la esattezza meticolosa del compagno Marx, il quale pensava che ogni parola vuole dire qualche cosa, specialmente nella pratica. Allora io dico a voi: Considerate la precisione di quella esposizione, di quella espressione. Al[...]

[...] appunto commentando la precisione di linguaggio di Carlo Marx, Engels ripeteva e spiegava la esattezza meticolosa del compagno Marx, il quale pensava che ogni parola vuole dire qualche cosa, specialmente nella pratica. Allora io dico a voi: Considerate la precisione di quella esposizione, di quella espressione. Al compagno che stava scrivendo su quella tela quelle parole io dicevo: Guardate che Carlo Marx diceva: « Proletari di tutti i paesi », perché i paesi sono quelle formazioni speciali che sono determinate dallo sviluppo dell'umanità e della civiltà. E Carlo Marx era preciso. Siamo diventati socialisti e comunisti appunto per questo e diciamo chiaramente che questa separazione che si vuole fra comunisti e socialisti in Italia è una separazione artificiale e artificiosa. (Approvazioni, applau
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si prolungati ed entusiastici della grande maggioranza del Congresso). Voce: E allora perché vi siete divisi dagli anarchici? (Rumori, interruzioni).
Voce di un comunista: Viva il Comunismo ! (Applausi dei comunisti, tumulto).
LAZZARI: Il compagno Nicola Barbato mi ha consigliato di accettare il mandato dei contadini di Piana dei Greci di rappresentarli a questo Congresso appunto per questa, che è una ragione fondamentale e programmatica, di risolvere la questione nella quale ci troviamo di fronte a questa proposta, a questo progetto di scissione del Partito.
Io capisco perfettamente come i nostri compagni di Russia abbiano dovuto accettare questa distinzione, abbiano dovuto chiam[...]

[...]onale. Poiché bisogna pensare che in Russia anche i « riformisti » si chiamano « rivoluzionari ». Qui, in Italia, i nostri compagni sarebbero spaventati solo a chiamarsi « rivoluzionari ». In Russia la nuova organizzazione ha portato a questa distinzione; è stato necessario opporre come mezzo di selezione e di distinzione per le direttive che debbono seguire i proletari, di opporre la concezione comunista a quella che era la concezione generica, perché quelli che si chiamano comunemente « socialisti » erano tutti dei transigenti, degli accomodanti, della gente collaborazionista con le classi dominanti ed hanno dovuto scegliere questo precipitato, questo termine di distinzione, nel Comunismo, il quale rappresenta appunto il futuro ordinamento economico della società comunista. E stato necessario adottarlo in Germania, in Svizzera, in Inghilterra, in Francia, dappertutto dove c'è stata questa confusione. Da noi in Italia, adottare questo nuovo nome sarebbe un fare credere che il Comunismo é qualche cosa di diverso dal Socialismo.
Guardate a [...]

[...] stato necessario adottarlo in Germania, in Svizzera, in Inghilterra, in Francia, dappertutto dove c'è stata questa confusione. Da noi in Italia, adottare questo nuovo nome sarebbe un fare credere che il Comunismo é qualche cosa di diverso dal Socialismo.
Guardate a che acciecamento si arriva ! C'è stato un buon compagno del nostro Partita, un mio consanguineo, il quale mi scriveva che egli aveva accettato di fare parte della frazione comunista perché «piú avanzata » e che si è trovato poi espulso dalla frazione comunista perché non ha voluto accettare il mezzo di azione della violenza, ed egli aveva creduto, appartenendo alla frazione comunista di essere piú avanzato ! Quando si viene a mettere la questione in questo modo, e l'Ordine Nuovo viene a dire « Siamo la parte piú avanzata e cosciente... » allora si capisce che viene a determinarsi una situazione tale che un uomo di buona volontà dice: « Questi socialisti sono gente coi quali
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non c'è da fare niente: andiamo con gli altri poiché il Comunismo sarà qualche cosa di diverso dal Socialismo ».
Per evitare i pericoli che possono avvenire, io vi prego di legg[...]

[...]ossono avvenire, io vi prego di leggere e rileggere quell'opuscoletto che venne stampato dall'Avanti !, il primo manifesto firmato anche dai compagni Bombacci, Graziadei, Bordiga, il quale finisce col rilevare che l'obbiettivo generale che dobbiamo raggiungere é la civiltà socialista. Ora se noi abbiamo in questo titolo di «c socialista » comunemente accettato in Italia, la espressione chiara e completa del grande scopo che dobbiamo raggiungere, perché noi dobbiamo, nella speranza di rimediare ai mali ed ai difetti della nostra organizzazione, cambiare la nostra qualifica e diventare K comunisti »? In questo modo accettiamo di non essere mai stati dei comunisti, mentre in Italia abbiamo adottato come base della nostra dottrina, della nostra educazione, della nostra convinzione, i principi comunisti portati dal « Manifesto » di Carlo Marx.
Per evitare questa contraddizione noi diciamo chiaramente che non accettiamo questa distinzione, che è artificiale, che viene fatta in perfetta buona fede. Ah ! sí. Purtroppo il compagno Serrati é costret[...]

[...]ma hanno bisogno di avere dinanzi a sé l'ideale socialista. Ed è per questo ideale che noi abbiamo chiamato intorno alla nostra fede grandi schiere di nostri compagni organizzati nelle organizzazioni politiche ed economiche. Continuiamo per questa via ed adoperiamo ogni nostra energia per fare in modo che questa massa diventi piú importante, piú omogenea, piú travolgente contro i nemici del nostro avvenire e della nostra civiltà.
Ed allora ecco perché dalla nostra opera ne è scaturita quella sensazione che noi siamo della gente di fermezza e di solidità e per questo, attraverso il Partito socialista, si è raccolto questo largo consenso, e per questo si sono sfrondate, attraverso a noi, tutte le malefatte che da una parte e dall'altra vi sono state. Oh ! sí, noi abbiamo partecipato al periodo convulsivo del tempo del sindacalismo, abbiamo attraversato il periodo del riformismo e del militarismo, eppure mai la nostra fermezza, mai la solidità di coloro che dirigevano la nostra frazione socialista, rivoluzionaria, intransigente, ha potuto rac[...]

[...]adesione alla Terza Internazionale dice chiaramente che, se vogliamo servire la causa della rivoluzione mondiale, dobbiamo spogliarci della giacchetta portata fino adesso e diventare Partito comunista, cambiare di connotati, cambiare di passaporto e diventare comunisti. Noi non avevamo diflïcoltà a cambiare di nome. Io che vi parlo ho assistito tre volte al cambiamento di nome, ma allora vi erano delle circostanze che ci hanno obbligato a farlo. Perché noi nello svolgimento della nostra azione avevamo la coscienza di non aver mancato di rispetto e di devozione alle premesse che avevamo fatte ed alle chiare indicazioni del nostro programma. Noi abbiamo
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cambiato di nome semplicemente per la necessità di salvarci dai colpi della reazione che, allorquando eravamo deboli, impediva a noi di aiventare forti. Sí, quando il Partito si chiamava « Partito operaio » e fu sciolto dalla violenza borghese, si ribattezzò « Partito dei lavoratori ita liani », e quando ancora, sotto Depretis, sotto Crispi, sotto Pelloux, la violenza si accaní contro di[...]

[...]on li difendevano. Essi ci consigliano di cambiare nome. E quale ne sarebbe la conseguenza? La conseguenza sarebbe questa. Nella storia di questi quaranta anni di lotta socialista noi abbiamo distrutto attorno a noi una quantità di idoli e di altari; noi abbiamo fatto una grande rovina intorno a noi per fare sorgere questa nostra bandiera, questo nostro albero del Partito socialista italiano. Ebbene, attorno a noi si aspetta che cambiamo di nome perché allora tutti i vari gruppi dei mistificatori, dei mestatori della politica operaia debbano approfittarne per farsi mettere questa divisa che solo noi abbiamo portato onoratamente. (Applausi della maggioranza, approvazioni). E cercare 'osí di fare passare le loro mistificazioni.
È per questo, cari compagni Serrati e Baratono, che noi affermiamo che neppure l'aggiunta di quell'aggettivo qualificativo ci può servire e ci può salvare da questo pericolo, perché il giorno che noi adottassimo questo sistema di mettere un aggettivo qualificativo di « comunista » al nostro Partito socialista, daremmo[...]

[...]a tutti i vari gruppi dei mistificatori, dei mestatori della politica operaia debbano approfittarne per farsi mettere questa divisa che solo noi abbiamo portato onoratamente. (Applausi della maggioranza, approvazioni). E cercare 'osí di fare passare le loro mistificazioni.
È per questo, cari compagni Serrati e Baratono, che noi affermiamo che neppure l'aggiunta di quell'aggettivo qualificativo ci può servire e ci può salvare da questo pericolo, perché il giorno che noi adottassimo questo sistema di mettere un aggettivo qualificativo di « comunista » al nostro Partito socialista, daremmo il diritto a tutte le emulazioni di mettere un aggettivo qualificativo a fianco del loro socialismo per farlo passare per una merce buona. (Approvazioni). Perché dobbiamo metterci in questa situazione? Perché dobbiamo negare la nostra situazione che storicamente, materialmente, politicamente è cosí bella, buona e utile? I comunisti dicono: « Intanto voi non fate la rivoluzione ! ». Noi intendiamo, ed io l'ho sempre detto chiaramente anche in Parlamento, che la nostra funzione é quella di esercitare una ta
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le azione politica nel nostro paese perché si debbano maturare le situazioni rivoluzionarie. Tutto lavoro questo che noi, nelle nostre lotte in Parlamento ed in paese, cerchiamo di fare per impedire al potere esecutivo della classe dominante di compiere le sue imprese. Noi abbiamo la convinzione di servire in questo modo la causa della rivoluzione sul terreno politico ove noi ci troviamo. Qualche fatto è stato compiuto, ma noi cerchiamo di maturare la situazione favorevole, perché la rivoluzione, che non pub essere un'ondata, ma un preparativo come una miscela fatta nei gabinetti di chimica, sia il prodotto di una azione continua, sviluppata contro l'interesse della proprietà e del capitale. Noi crediamo che se anche non saremo gli esecutori della rivoluzione, abbiamo l'onore e la gloria di essere stati i preparatori ed i difensori. In questo modo intendiamo servire la causa della rivoluzione e tutti gli altri modi che vengono presentati come un rimedio non possono portare che all'impotenza. Cosí è per la proposta di scissioni piccole o grandi che non possono rendere u[...]

[...]eriodo rivoluzionario vada maturando continuamente. E questo periodo noi affretteremo in tutti i modi. L'azione compiuta dalla Confederazione Generale del Lavoro ha dimostrato come realmente anche questi uomini, che nel campo politico vogliono distinguersi con la preferenza verso un modo piú dolce di condurre la nostra politica, sanno compiere realmente la loro funzione di socialisti, massime nell'organizzazione del proletariato. (Approvazioni). Perché attraverso tutte le critiche che possono fare i torinesi dell'Ordine Nuovo, nessuno ha, poi, potuto rilevare da parte di loro un qualche abuso di potere...
Voce: Il controllo delle fabbriche !
LAZZARI: Appunto: il controllo delle fabbriche. I compagni dell'Ordine Nuovo nelle continue critiche fatte alle deficenze del nostro Partito — che riconosciamo anche noi, ma che non si accomodano con la scissione presentata — hanno accennato anche a questo. Ma avete voi visto un recente fenomeno comunista? Avete sentito come il Partito comunista boemo si sia staccato dall'Internazionale? Esso oggi ha [...]

[...]uello che ha servito l'anno scorso per venirmi addosso al Congresso di Bologna. Ma oggi noi diciamo: Sí, voi dovete giustamente esercitare il vostro spirito di egemonia, ma esercitatelo in quei modi ed in quelle forme che siano realmente l'espressione del grande spirito di uguaglianza con tutti i vostri compagni. Soltanto in questo modo avrete diritto legittimo di esercitare questa egemonia, non separandovi, non creando una debolezza fra di noi, perché la debolezza nostra sarà anche la vostra, sarà una debolezza comune.
Uno degli araldi principali di questa separazione, di questa teorizzazione, di questo cambiamento di nome e di domicilio del socialismo italiano è, tra gli altri, il compagno Seassaro di Milano, il quale è altamente benemerito per avere studiato il rimedio ai nostri mali anche nell'organizzazione. È arrivato a presentare un progetto di organizzazione del Partito con sezioni militari. Speriamo che abbia fatto anche le caserme ed il Ministero della guerra e le fabbriche di proiettili e di f ucili, ecc. (Rumori e interruzioni [...]

[...]so terreno spiacevole nel quale si trovano i nostri avversari, i quali possono comandare solamente con la forza della violenza brutale che è affidata ad incoscienti che servono da mercenari e da sicari.
Si capisce che il giorno che voi nelle vostre deliberazioni, vi sarete rifiutati di accettare questa scissione, che non è dipendenza della discussione avvenuta a Bologna, vi saranno elementi che non troveranno piú soddisfazione nelle vostre file perché il loro fanatismo non può piú essere soddisfatto e si allontaneranno da noi. Ma non temete, compagni, che in questo modo possano essere minate la forza di espansione e di coesione del nostro Partita. Ho sentito parecchi che attraverso la discussione delle Sezioni dicevano « che se noi comunisti non riusciremo a dominare nel Partito torneremo nelle file del Partito ». (Proteste .vivaci dei comunisti, rumori).
Voce: E vero ! è vero ! (Tumulto).
LAZZARI: Se vi sono anche fra di noi quelli che subiscono questa infatuazione a noi rincrescerà perdere dei buoni elementi, ma ne acquisteremo molti a[...]

[...]triotti, contro i socialpacifisti, sono giuste, sono esatte, ma in Italia questi non esistono piú e dalle file del Partito socialista sono stati liquidati. Esiste sí, tuttora, questa frazione di concentrazione che ogni tanto dà segno della sua attività, ma finora noi abbiamo visto come questa frazione non abbia una vera influenza efficace sulla nostra politica, sulla nostra orientazione. Essa va facendo continuamente delle riserve platoniche. Ma perché vogliamo impedire questo, perché vogliamo sempre considerare che proprio soltanto noi abbiamo il monopolio e l'ipoteca di tutte le verità, della completa verità, che soltanto noi abbiamo il possesso di questa forza di vittoria? Tutti quanti accettano la lotta di classe, accettano
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l'espropriazione. Tutti hanno il diritto dì portare il contributo delle loro osservazioni, delle loro manifestazioni. Abbiamo bisogno di tirare il fiato in questa dura lotta che si continua. Ed allora diremo: Guarda Turati, cosa ci è venuto a dire ! (Rumori, interruzioni, approvazioni).
Le sue osservazioni per) non alterano niente per la cond[...]

[...]gni possiamo dire che gli Scheidemann ed i Noske d'Italia noi li abbiamo già liquidati. (Commenti, approvazioni). Sono i Bissolati, i Cabrini e noi da otto anni ci siamo liberati da questo pericolo e ce ne libereremo ancora. Abbiamo fede nella nostra unità, nella nostra compattezza e non abbiamo questi timori i quali ci portano oggi a seguire questa corrente, a minacciare di indebolire e di scindere e di separare le forze del Partita socialista. Perché? La scissione fra di noi diventerebbe ancora piú dannosa non tanto per le file della nostra organizzazione politica come per la sua ripercussione in mezzo all'organizzazione economica. Quanta fatica c'è voluta per distruggere tutte quelle vecchie illusioni del corporativismo antico, le quali servivano di separazione e di divisione anche in mezzo alle forze economiche dei lavoratori ! Quante fatiche, quanti di quelli che sono qui ricordano le aspre lotte che abbiamo sostenuto in seno alle organizzazioni economiche, in mezzo alle masse per vedere di creare una potenza di classe ! Ebbene, la rip[...]



da Mario La Cava, Il grande viaggio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]dormiva ancora coi genitori, entrava la moglie Rosaria : spesso i due coniugi stavano insieme: la loro vita era tranquilla, se non felice, poiché la felicita é difficile su questa terra, e ora parlavano di una cosa ora di un'altra, talvolta, ma per poco, bisticciandosi.
9U MARIO LA CAVA
Diceva Rosaria : « Hai visto che Maria del povero Carmine non può vestirsi di chiaro, dopo tanti anni che teneva il lutto, nemmeno ora che si era sposata? ».
«Perché? Cosa le é successo? ».
« È morta la cognata! E non era quindici giorni che si era sposata! Va nel paese del marito e deve di nuovo vestirsi a nero... ».
« Sempre con questo lutto Maria! Ma chi é che é morto? ».
«Non the l'ho detto? La cognata, la sorella del marito, una ragazza di vent'anni bella come un fiore, che tanti la volevano... ».
«Pazienza! Il Signore non vuole nessuno troppo contento... ».
Compariva un cliente, un manovale del luogo che diceva di dover partire per trovare lavoro, e chiedeva delle scarpe che aveva dato per accomodare. «No, non l'ho ancora fatte! Ho dovuto fare [...]

[...]artire per trovare lavoro, e chiedeva delle scarpe che aveva dato per accomodare. «No, non l'ho ancora fatte! Ho dovuto fare altro lavoro d'urgenza. Domani! ».
« Ma se é una settimana che mi rimandate di giorno in giorno! No, io ve l'avevo detto. Debbo partire! Porterò, vuol dire, le scarpe da qualche maestro del paese » protestava il cliente.
« Portatele dove volete. Non ho potuto servirvi. Avevo altri impegni... ».
« Eh si! Altri impegni! E perché mi avevate promesso per una settimana fa, e poi per il giorno dopo, e così via, fino ad oggi, e ora mi rimandate a domani? ».
Interveniva Rosaria, e difendeva il marito: « Vi prometto io che gliele ricorderò io. Dopo che finirà le scarpe di Giuditta, l' `incaramel lata', che deve sposare, farà le vostre... ».
«Quando dunque debbo ritornare? Ditemi una parola definitiva! » chiedeva il cliente.
« Domani vi avevo detto, venite meglio dopodimani, così saremo più sicuri » prometteva Giuseppe; e la moglie, di rincalzo: « State si curo, compare Domenico, che ve le farà ». Il cliente allora se ne [...]

[...] ritornare? Ditemi una parola definitiva! » chiedeva il cliente.
« Domani vi avevo detto, venite meglio dopodimani, così saremo più sicuri » prometteva Giuseppe; e la moglie, di rincalzo: « State si curo, compare Domenico, che ve le farà ». Il cliente allora se ne andava.
Interveniva di nuovo la moglie e diceva: «Gliele puoi pure accomodare... ».
« Parlare é la cosa più facile — rispondeva Giuseppe —. Se non ho un minuto libero!... ».
«E lui perché non paga come gli altri? » — diceva il ragazzo che
IL GRANDE VIAGGIO 91
sapeva le faccende della bottega —. Giuseppe non rispondeva, mentre era intento al lavoro, e sorrideva appena.
Correndo e tenendosi per mano comparvero le due figliuole, Ernesta, la maggiore, e Lidia che aveva solo tre anni; la più grande aveva sette anni, andava a scuola, e faceva da guida nella casa alla più piccola. Venivano dai nonni e dalle zie che abitavano vicino, quasi di fronte, e avevano fame. La madre diede loro una fetta di pane per ognuna, bagnato coll'olio.
Le bambine si misero a mangiare, mentre il padr[...]

[...]a alle parole della sorella.
« Quell'altra — riprese la madre — fece qualche gatto e poi le mori. Segno che l'aveva fatto bene... ».
« Dice che viene Filippo? » domandò il padre. E poi: « E di Antonio dice che viene? ».
« Ma no, che non vengono! » rispose Agata. « È da ieri che ve lo sto dicendo, e ancora non l'avete capito... ».
«Beh! Purché abbiano la salute e guadagnino bene» riprese il padre. Si rivolse a Rosaria e domandò: « Ma Giuseppe perché non passa mai da noi? Stiamo a due passi e non lo vedo mai. Lo vedo soltanto passare... ».
Agata rispose per la sorella : « Il signorino riceve solo le visite, non le restituisce... ».
Ma Rosaria non seppe scusare il marito. Il quale amava i parenti della moglie, ma si annoiava ai discorsi che soleva fare il vecchio fabbro Felice su un passato che non conosceva e al quale non si interessava.
Quando Giuseppe usciva, talvolta si fermava un momento a salutare i parenti; tal'altra, specialmente se era in compagnia tirava diritto, senza occuparsi di loro. Egli usciva di sera, finito il lavoro, [...]

[...]si che soleva fare il vecchio fabbro Felice su un passato che non conosceva e al quale non si interessava.
Quando Giuseppe usciva, talvolta si fermava un momento a salutare i parenti; tal'altra, specialmente se era in compagnia tirava diritto, senza occuparsi di loro. Egli usciva di sera, finito il lavoro, oppure, quando non aveva voglia di lavorare o doveva andare a comprare la suola, anche di giorno. Il suo lavoro non era ostinato e continuo; perché egli non aveva sogni di ricchezza per la sua vita, si contentava di quello che guadagnava, e non voleva sacrificarsi. oltre misura.
Ritornata Rosaria a casa sua per preparare la cena della sera, Giuseppe già aveva smesso il lavoro, aveva licenziato il ragazzo e si era
94 MARIO LA CAVA
lavato. Le bambine giocavano tra di loro, e la più piccola rincorreva la grande, dandole dei piccoli colpi colle mani, gridando e ridendo.
«Per il pesce é inutile parlare, stasera — disse Rosaria metterò la.
pasta e la farò col pomidoro ».
« No, non é venuto! » rispose Giuseppe.
Ma proprio in quel momento[...]

[...]vedersi anche dopo, più volte; con Antonio la conoscenza era avvenuta in un negozio di pelli del paese della marina, dove Giuseppe andava a comprare la roba occorrente per il suo lavoro, e dove Antonio aiutava il padrone nella vendita.
In seguito i due fratelli erano partiti per l'Egitto, ma il destino aveva voluto che Giuseppe si fidanzasse con la loro sorella, Rosaria, che prima di allora non aveva conosciuta. Il matrimonio stava per fallire, perché Giuseppe, troppo giovane, si era pentito del passo che stava per fare; ma fu per un riguardo ai fratelli lontani che tutto si aggiustò, decidendosi alfine a sposare la donna che, del resto, per la dote che portava, non era un partito sconveniente per lui.
Dall'Egitto i due fratelli mantennero buone relazioni sia con Rosaria che con Giuseppe: non scrivevano spesso, ma_nelle feste non mancava mai una loro cartolina o una lettera; di tanto in tanto mandavano regali o per le bambine o per l'adornamento e le comodità della casa : ed era strano come si fossero dimenticati delle condizioni e delle [...]

[...]prima e poi potresti ritirare Rosaria con le bambine, tanto più che le donne si possono impiegare, e io ho mia moglie che guadagna quasi più di me. Pochi anni di sacrifizio e poi potresti ritornare in Italia a fare il proprietario... ».
« Dice di andare al Cairo, ci vuole li a tutti i costi... » spiegò Giuseppe, ridendo.
« Ah! » esclamò semplicemente Rosaria.
« Prima vuole che vada io a vedere come si sta; e poi ti manderei l'atto di richiamo perché mi raggiungessi... ».
t~ E lasceremmo tutto ? » disse Rosaria.
« Bah! Poi si vedrà... ». concluse Giuseppe. La moglie rimase pen
f

IL GRANDE VIAGGIO 97
sierosa, mentre il ragazzo incominciò: «In questa settimana partirà zio Carlo per l'America ».
« Certo l'America é più lontana ». disse Giuseppe; ma per Rosaria l'Egitto o l'America era la stessa cosa. Il marito, scherzando ancora, aggiunse : « Non si danno pace che sono senza figli; e vogliono, si vede, avere bambini dello stesso loro sangue per casa... ».
« Quanto godrebbero vedere da vicino le figliuole; le fotografie che abbiamo[...]

[...]cchio fabbro Felice allora intervenne, col suo solito fare sentenzioso, e disse: «Chi vede il bene e lo lascia, é pazzo! Se vi conviene, che state ad aspettare? ». La madre non aggiunse parola, restando mesta e pensierosa.
I fratelli d'Egitto sempre insistevano; ma chi sembrava potesse dissuadere dal far intraprendere il viaggio al marito, fu commare Carmela dei Crispini, che disse: « Commare Rosaria, per carità! Non fate partire vostro marito, perché vi pentirete! Come mi sono pentita io! E tanti anni che il marito se n'è andato in America, e ora non ho speranza di vederlo piú, senza utile inoltre: perché che cosa è accaduto di bene per me e per i miei figli? ».
Invece il marito di commare Carmela aveva mandato soldi, aveva migliorato la propria posizione, e aveva potuto sposare bene le figlie. Tutte queste cose la donna sembrava avesse dimenticate; e anche Rosaria non le considerava.
« Se poi ve ne andate anche voi, che ci vogliamo tanto bene, come due sorelle, come faremo a vivere lontana una dall'altra? E ora che sposerò l'ultima figliuola non vi dovrei avere a lato per consiglio e aiuto come fu per le altre? ».
«No, che ancora Giuseppe non se n'é andato; né io l'ho seguito! » prometteva[...]

[...]seppe.
ic Che cosa? Che cosa? » chiese Antonio, e per la curiosità il suo viso si rianimava.
Fu raccontato a pezzi e a frammenti il dolore per lo smarrimento della bambina; e poi arrivati a casa, davanti al tavolo dove Matilde offri il tè coi biscotti, fu ancora ripetuta la storia con maggiori chiarimenti. Nell'attenzione con cui António ascoltava, si capiva che era altrettanto buono che il fratello; entrambe le mogli, però, ridevano al fatto, perché non capivano.
Rosaria non fu capace di bere il té : essa non era abituata e le disgustava. Giuseppe invece lo sorbì, con sforzo, assicurando che era ottimo. Ernesta mangiò i biscotti, e poi le banane sbucciate; la piccola Lidia sbocconcellò appena un biscotto.
« Ha la febbre! » disse Rosaria; e la mise a letto, nella camera preparata per la sua famiglia. « Che bel letto! » esclamò, toccando i materassi soffici di cotone, ricordando quelli duri, di crine, della sua casa abbandonata.
Mangiarono più tardi il pranzo cucinato da Matilde e Vanda: sulla tavola portarono pasta asciutta col sugo de[...]

[...]tatto del pubblico, e la soddisfazione di formare tutto da sé un bel paio di scarpe o di vedere in viso il cliente che doveva servire gli era venuta a mancare.
Né il compenso che ricavava era rilevante in rapporto alla vita che si conduceva : i cognati guadagnavano di più alla diga, e Giuseppe a stento li seguiva nelle spese che occorreva fare per il mantenimento della famiglia nella stessa casa. Se metteva qualche cosa da parte ogni tanto, era perché rifiutava di andarsi a divertire con loro e restava a casa con la moglie.
In quel tempo volentieri s'intratteneva con lei, dopo una giornata ch'era stato fuori, e la piccola Lidia, che non sempre usciva cogli zii, appena lo vedeva, gli si buttava tra le braccia. La sua salute era delicata, brevi febbri di tanto in tanto la colpivano; il padre quasi non si preoccupava, ma come affettuosamente si rivolgeva a lei, sollevandola in alto nelle braccia, come la prediligeva al confronto della maggiore, che godeva tanto a fare la signorina colle zie!
Ernesta sola, si può dire godesse in pieno della [...]

[...]lla moglie per farsi un'idea, quando, nel laboratorio, presente un lavorante arabo di cui egli non si era accorto, cominciò a scherzare sugli usi del luogo. L'arabo, credendosi beffato, si scagliò infuriato contro Giuseppe e lo prese alla gola. I compagni li divisero; altrimenti Giuseppe, finita la sorpresa, avrebbe potuto pure bucargli le budella col trincetto.
Riferita la cosa ai cognati, costoro risposero : « Sono fetenti; bisogna guardarsi, perché non ragionano, specialmente se toccati nella loro religione.
« Ma io non volevo offendere nessuno! » rispose Giuseppe.
« Non hai dunque capito come sono e che s'infiammano per niente? » ribatté Antonio.
In seguito a ciò Giuseppe si decise di andare a lavorare alla diga, in qualità di aiutante muratore; già era incominciato il forte calore dell'estate, e le sofferenze di Giuseppe, non abituato, erano grandi. E dopo tanti anni di lavoro da calzolaio, una nuova attività si iniziava per lui, di cui le conseguenze il Signore solo poteva sapere quali sarebbero state.
I guadagni ora erano davver[...]

[...]ossono colpire dovunque. Antonio insisteva che prima bisognava considerare in che condizione si trovasse il portafoglio : e dello stesso pensiero era Giuseppe.
Dal paese zia Agata a nome di tutti chiedeva quando ritornassero; diceva che essa ardeva dal desiderio di rivederli, e che oramai le bambine dovevano essere grandi. Non solo un anno, ma due erano passati e il terzo stava per finire. E dunque? Le promesse così si mantenevano?
D'altronde, perché non sarebbero partiti pure Filippo e Antonio colle loro mogli, per una breve permanenza al paese, se proprio non avessero voluto rimanervi per sempre, come ella consigliava?
Ma dire una cosa é più facile che farla e il progettare viaggi più semplice del realizzarli: per quanto Egitto fosse, le necessità della vita imponevano a tutti non poche restrizioni; e una di queste era di non poter correre di tanto in tanto a vedere i vecchi genitori e le sorelle al paese.
Si rimandava il viaggio come se quelli fossero sempre giovani e non dovessero mai morire; alla loro morte nessuno pensava; e meno [...]

[...]saria — dicevano allora le cognate. — Un altro po' di sacrifizio e poi avrete il piacere di ritornare a casa vostra... ».
Matilde da sola continuava : « E non ci vedremo più qui al Cairo ? Giacché io verrò di tanto in tanto al vostro paese... ».
« Verremo, verremo! » prometteva Vanda.
Rosaria non rispondeva, ma sorrideva, perduta nel sogno del suo paese natale.
« Ella non si é mai adattata alla vita del Cairo! » dichiarava Antonio.
« Non so perché non ti è mai piaciuto. l'Egitto » continuava Filippo. « Eppure non sei stata ammalata, altro che un po' agli occhi, e la bambina ha avuto qualche febbre... ».
« Febbre me la chiami? Stava per morire, povera piccina mia! » rispondeva Rosaria.
« Si, ormai é stabilito. Col lavoro straordinario che farò, sarò in grado di raggranellare presto i soldi che ci vogliono per le cinquemila lire! » assicurava Giuseppe.
Rientrava in quel momento dalla casa di una compagna di scuola, Ernesta; e quasi prima della sua aggraziata persona si avverti la sua voce squillante di bambina felice.
« E questa qui [...]

[...].
« Lo so! Ma... » obbiettava Rosaria, senza aggiungere altro; poiché la sua critica era semplice e leggera, non avvelenata, ed ella sapeva bene quanto dovesse essere grata al trattamento che aveva ricevuto dalle cognate.
Dalle quali poi si divise, quando venne il giorno della partenza, nell'inverno dello stesso anno con un dolore che non aveva pensato, immaginando la gioia del ritorno, e che superava perfino quello di dividersi dai fratelli.
Perché né Antonio né Filippo — come era facile prevedere, si erano potuto liberare dagli impegni per partire con loro. Filippo solennemente promise però che in primavera sarebbe stato in Italia. Antonio lo avrebbe seguito nell'estate insieme a Vanda e, magari, a Matilde, se quest'ultima avesse potuto ottenere dai padroni il congedo che avrebbe desiderato.
« Ci rivedremo, ci rivedremo! » gridava Matilde, ch'era quella che meno era libera e meno poteva disporre del futuro; si chinava a baciare le bambine, stringendosele al seno e piangendo, ed imitata in tutto da Vanda che a sua volta esclamava : « S[...]

[...]bianca e Peppina coi capelli già grigi. Si precipitano nelle braccia della sorella, salutano il cognato, baciano le bambine.
E Agata, circondando col suo braccio il collo di Ernestina alta quasi quanto lei esclama : « Come sei cresciuta, che non mi debbo più chinare per baciarti! ». E la bacia e sorride, pur con le lagrime agli occhi, pensando alla mamma, mentre dice alla piccola Lidia : « Tu proprio mi sembri Ernesta quando era più piccola. Ma perché così sciupata? Ti ha fatto forse male il viaggio? ».
Peppina sorride vergognosa, tenendo per mano il cognato, e introducendo tutti nella casa. Dentro c'é il padre che non sta tanto bene;
e pure si solleva dalla sedia, dov'era a riposare, e va all'incontro.
E Rosaria lo vide così come si alzava, che pareva una tavola liscia
appoggiata alla sedia, tanto era magro; e il cuore le cadde di angoscia
nel vederlo a quel modo.
« Come state padre? » domanda; e tutti con lei.
IL GRANDE VIAGGIO 119
11 « Eh, sono stato ammalato, ancora non sono uscito sulla porta, meno male che ti ho vista! » dice[...]

[...]sunto presto in servizio : dopo che avesse dato inizio ai lavori di riparazione del ponte sulla strada, rovinato dalle acque: si aspettava l'approvazione del Genio Civile: ecco non sarebbe passato molto tempo, questione di giorni, tutto si sarebbe accomodato per il meglio nell'interesse di entrambi.
Gli diede un anticipo di mille lire sullo stipendio già fissato, e cosí Giuseppe restò legato alla sua azienda. Dovettero passare molti mesi ancora perché i lavori progettati avessero inizio. E dopo che Giuseppe cominciò a prestare la sua opera di assistente, ora riceveva il mensile ora no, a seconda delle oscillazioni del bilancio dissestato del piccolo appaltatore. Certe volte, in amicizia, per improvvise difficoltà sopravvenute, doveva restituire i denari avuti, altre volte gli toccava sudare parecchio per poter avere a pezzetti quello che gli spettava.
Diventava perciò preoccupato e malinconico : quella continua agitazione, alla quale non era abituato, lo stancava, e non solo i tempi beati di quando faceva il calzolaio e aveva a che fare c[...]

[...]lo le urla della madre vi erano che potevano scuoterlo dal suo pauroso abbattimento, spingerlo a soccorrerla come meglio poteva. Le sorelle piangevano sommessamente, dandosi da fare per confortare coloro che più non potevano essere confortati. Ernestina, in un canto, trascurata dai vicini che non avevano pensato di portarla con loro né attirata dal vecchio nonno, rimasto solo nella sua casa, piangeva a dirotto, ripetendo le parole della madre.
«Perché questo destino? Perché? » domandava la madre; e colle guance bagnate di pianto si voltava verso il marito. «Perché? Perché? » ripetevano tutti. Ed esclamavano: «Morte! Terribile morte! ».
Nessuno si era presentato a dar loro conforto; la paura agghiacciava il cuore ardente del popolo. «Perché tutto questo? » continuava Rosaria; e nell'orrore di quanto accadeva vi era qualcosa di più terribile che ancora non veniva pensato.
124 MARIO LA CAVA
«Medico cattivo! Leggi ingiuste! » gridava Rosaria; e le sorelle si trovavano d'accordo con lei. Ugualmente Giuseppe s'abbandonava allo strazio di essere stato ingiustamente offeso dagli uomini.
«Avrebbero potuto fare in altro modo...» dicevano. E da ciò risalivano di nuovo al sentimento della loro sventura senza nome né volto.
Poi a poco a poco la vita della bambina risorse nella loro mente con tutto lo splendore della sua bellezza. Come i[...]

[...]andonato sui materassi disfatti, non aveva sensi per niente, aspettava il lento passare delle ore fino all'arrivo del marito alla sera.
Giuseppe la sorprendeva a quel modo e il dolore che nella giornata solo a tratti, rompendo il pensiero delle occupazioni continue, raggiungeva la profondità della coscienza, esplodeva ora con furia selvaggia.
« Rosaria mia! » esclamava, buttandosi tr`a le sue braccia; e dolcemente chino su di lei domandava : « Perché sei tanto smarrita, Rosaria? Sono stato assente per così lunghe ore, e tu non hai fatto niente nella casal... Sempre a pensare, a pensare... ».
« Si, si... » rispondeva Rosaria vagamente; e dal posto dove si tro
126 MARIO LA CAVA
vaya, non si moveva nemmeno per dare il cibo ad Ernestina che lo chiedeva.
« Vedi come faccio io che con tanto lavoro mi svago; poi penso, e dopo mi riposo, e poi penso di nuovo; e così passo la giornata, al contrario di te... ».
Io non posso, non posso... ».
Giuseppe la guardava, e quindi chiedeva : « Sono venute le sorelle? Ti hanno tenuto compagnia? ». Vede[...]

[...]a sonnolenza: «No, non è venuto nessuno! ».
E veramente solo le vicine, stanche del loro dovere, erano mancate nella visita alla madre sventurata; le sorelle, trascurando le occupazioni della casa e Agata in particolare quelle del lavoro di cucito, si erano fatte vedere più volte. E come suol accadere, invano avevano cercato di consolare la madre con i discorsi e i ragionamenti. Poi avevano invitato Ernestina ad uscire con loro all'aria aperta, perché non intristisse nel buio della stanza chiusa. La figliuola aveva accettato e s'era messa perfino a giocare con una delle nipoti di commare Carmela non aveva resistito a lungo e dopo poco era corsa nuovamente dalla madre.
Un giorno arrivò finalmente, con qualche ritardo, la lettera di condoglianze dei fratelli in Egitto. Essi in breve, come sogliono fare gli uomini, espressero il loro compianto per l'irreparabile perdita. Le mogli, Matilde e Vanda, completarono la lettera, scrivendo a lungo e rievocando fatti della vita felice di ún tempo, quando viveva la bambina. Vanda, che nella sua precis[...]

[...]chi innocenti! Lidia! Oh figliuola mia perduta! ».
Le lagrime, di cui pareva che si fosse inaridita la fonte, nuovamente sgorgarono dai suoi occhi. Piangeva, febbrilmente parlava, e ora l'immagine della bambina morta col suo corpicino boccheggiante e il collo che pareva si volesse staccare, si presentava alla sua fantasia, ora si allontanava.
«Figliuola mia lontana dove ti trovi? In quale cielo sperduta? Chi ti ha rapita? Chi ti ha nascosta? E perché non ritorni più su questa terra, dove c'é la tua mamma, il tuo babbo e la sorellina? Oh brutta, crudele morte, che strappi i figli dai genitori e non hai vergogna di squarciare un povero cuore insanguinato! ».
Dopo essersi sfogata alquanto, scostava Ernestina che s'era messa a sedere sul marmo e piangeva alla vista della madre, e si dava a pulire la tomba della polvere che si era depositata e delle foglie che vi erano cadute. Accendeva la lampada, toglieva qualche moscerino annegato nell'olio, disponeva i fiori in un vaso che vi era accanto. Quindi, dopo aver meditato, si chinava sul marmo e[...]

[...]re. « Ernestina! », chiamava il padre entrando; e si soffermava un istante, incredulo e sbigottito: gli pareva di aver chiamato per errore l'altra figliuola, Lidia, quella che non c'era piú; e tendendo l'orecchio sentiva l'eco, come se ripetesse: «Lidia! Lidia!».
La madre, allora, pareva volesse conformarsi ai pensieri di lui, e rievocava : « Mi veniva sempre dietro, e io le dicevo : — Mi sembri un cagnolino! —. Ed ella dolcemente rispondeva: — Perché non mi chiami meglio una pecorella?—».
Spesso però i genitori stavano in silenzio, ognuno dei due pensando
IL GRANDE VIAGGIO 131
a cose del passato; se Giuseppe voleva comunicare alla moglie qualche cosa delle difficoltà della vita del presente, s'accorgeva che ella non lo seguiva e non si interessava.
Quello era il tempo in cui l'albero di fico, prima così caro a Rosaria, poteva venir danneggiato dai ragazzi, saliti a rubare e a giocare, il bel ramo che adornava la porta, poteva venire strappato, e nessuno ci faceva caso. La gente si riuniva a giocare ora da un amico ora da un altro, e p[...]

[...]tese pagargli di stipendio neppure un centesimo. Giuseppe fu costretto ad offrire i suoi servigi all'ingegnere Pappalone che già altra volta gli aveva detto di non avere bisogno di lui. Ora era evidente che dovesse avere bisogno di qualcuno, poiché l'assistente che aveva era partito. Ma l'ingegnere Pappalone rispose che non lo poteva proprio accontentare. Fra sé pensava: « Dovrei proprio io assumere uno che ha lavorato con una ditta screditata? 'Perché portasse anche me al fallimento? ». E trovava altro dipendente ritenuto migliore.
Si rivolgeva allora Giuseppe al commerciante Carabino che aveva anche una vasta proprietà fondiaria da amministrare. Questi non gli rispose né si né no. Giuseppe stette con l'animo sospeso per molto tempo. E non ne guadagnò che il rancore dell'appaltatore Artù che non ammetteva per il suo dipendente il diritto di cercare altra strada se con lui non poteva vivere.
Ora Giuseppe era divenuto come ai primi tempi del suo ritorno dall'Egitto, quando lungamente dovette affaticarsi per ottenere un posto civile nel suo[...]

[...]l paese, e gli errori di prima non si sarebbero ripetuti.
Parlò a Rosaria dei suoi progetti. « No, no, meglio restare qua. Non sarei capace di partire dalla terra dove so che dorme la mia bambina! », rispose la moglie che aveva creduto di doverlo accompagnare.
« Tu resterai qui con la bambina. E io in pochi anni farò fortuna. Poi ritornerò. Vedi come ogni cosa mi va male, vedi come è stato un errore ritornare troppo presto dall'Egitto! ».
« E perché non vuoi ritornare al Cairo, dove i fratelli potrebbero aiutarti? ».
« So che in America si possono fare guadagni maggiori coi quali ritornerei più presto a casa... ».
« Io non so... Ma ho paura di restare sola! Vedi come sono ammalata e stanca...».
134 MARIO LA CAVA
«Se tu stessa ti rivolgessi alla famiglia Chirico che sempre ti ha voluto bene, potresti ottenere un prestito per il viaggio con poco interesse, o senza affatto interesse... ».
« Ma davvero vuoi dunque partire? », gridò Rosaria e si mise a piangere come una bambina.
In seguito si discusse a lungo della cosa. Agata e Peppina[...]



da Alberto Moravia, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Il comunismo al potere e i problemi dell'arte in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]le non puó toccare l'arte che attraverso la mediazione della natura. Giacché l'arte è il dialogo dell'uomo con la natura, dialogo iniziato agli albori dell'umanità, quando non c'erano religioni né tanto meno partiti e, da allora, mai più interrotto. Le caverne di Altamira esistevano prima di Cristo e prima di Marx.
* * *
I marxisti vorrebbero un'arte completamente sociale, senza residui né evasioni di alcun genere. La ragazza che ama l'operaio perché questi ha oltrepassato la « norma » di lavoro, buon esempio di questa pretesa. E forse riusciranno nel loro intento. Ma quel giorno scopriranno che la « norma » ha assunto un carattere erotico. La natura regna nell'arte, non la società.
* * *
Quando tutto é stato detto sull'arte, l'ultima parola spetta pur sempre agli artisti. Il brodo di pollo non si fa se non c'é il pollo. In certi casi il pollo scappa sulla cima del campanile e la caldaia dell'acqua continua a bollire invano.
* * *
L'esame delle opere d'arte dei paesi comunisti rivela negli artisti una preoccupazione d'ordine pratico p[...]

[...]n si fa se non c'é il pollo. In certi casi il pollo scappa sulla cima del campanile e la caldaia dell'acqua continua a bollire invano.
* * *
L'esame delle opere d'arte dei paesi comunisti rivela negli artisti una preoccupazione d'ordine pratico predominante: far la propaganda all'ideologia di stato, essere in regola con questa ideologia, non far nulla che possa suonare non soltanto come disaccordo ma anche come indifferenza a questa ideologia. Perché questa preoccupazione ci appare diversa da quella, poniamo, dei primitivi italiani i quali, tuttavia facevano arte cristiana e soltanto quella? Perché i primitivi italiani non potevano essere che cristiani, mentre i comunisti potrebbero ancora oggi essere o non essere comunisti. C'è, insomma, tuttora una possibilità di scelta e dunque, purtroppo, anche di coercizione. E basta l'ombra della coercizione per far sfumare la poesia. I comunisti dovranno conquistare il mondo intero prima di avere un'arte degna di questo nome.
***
La teoria della sovrastruttura dovuta al momento in cui Marx scrisse i suoi libri. Un cattivo momento per l'arte, senza dubbio, ma pas
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 5
seggero. Due secoli p[...]

[...]dunque sembra logico inferirne che tutte le altre attività umane debbano esserle ancelle. Ma fate che la marea politica si ritragga e si vedrà che il suo flusso non ha cambiato che la cosa politica, lasciando inalterati gli altri campi.
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 7
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Il caso di Dostoieschi, bandito dalle ristampe nel suo paese, pone la questione della finale conciliazione con la storia. Dostoieschi é bandito perché evidentemente la partita del comunismo con la storia non é ancora chiusa. Ma quando sarà chiusa? Il giorno che Dostoieschi sarà riconosciuto anche nel suo paese come un grandissimo scrittore oppure il giorno in cui non si parlerà più di Dostoieschi e perfino il suo nome sarà cancellato dalla memoria degli uomini?
***
Il fronte dell'elettrificazione, il fronte dell'industria pesante, il fronte del romanzo, il fronte del cinema... quante volte abbiamo veduto le opere di poesia messe sullo stesso piano e confuse con quelle d'ingegneria e di meccanica. Tuttavia, lo stato sovietico, dopo trent'a[...]

[...]l fronte dell'industria pesante, il fronte del romanzo, il fronte del cinema... quante volte abbiamo veduto le opere di poesia messe sullo stesso piano e confuse con quelle d'ingegneria e di meccanica. Tuttavia, lo stato sovietico, dopo trent'anni e più di comunismo, pue, presentare al mondo opere pubbliche gigantesche, ma non un Guerra e Pace, non un Boris Godunof, gli equivalenti poetici, sulla scala della grandezza, di quelle opere pubbliche. Perché? Al contrario degli operai e degli ingegneri, gli artisti hanno forse sabotato la produzione? Oppure si tratterebbe di due fronti diversi, nel primo dei quali valgono i piani e le direttive e nel secondo proprio la mancanza di piani e di direttive?
Il vizio segreto del cosidetto realismo socialista é, per dirla con una formula spiccia, di essere realista su tutto fuorché sul socialismo. E poiché il socialismo in certi paesi ò tutto, di non essere sovente realista affatto. Ora non si dà realismo se non totale, senza riguardi, né rispetti, né compromessi, né convenzioni, né limiti di sorta. Le[...]

[...]dichiarano volentieri che tale arte di classe o
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8 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
arte ufficiale o arte sovrastrutturale cesserà di esistere, appunto, quando sarà stata raggiunta la soèietà senza classi. Perché allora l'arte dei paesi orientali, più forse di ogni arte contemporanea, offre gli aspetti noti dell'arte di classe o ufficiale o sovrastrutturale? La risposta non pare dubbia: l'arte non ha affatto bisogno di una rivoluzione per essere vera arte, basta che l'artista attinga per conto suo alla zona nella quale le classi non ci sono, né mai ci furono, né mai ci saranno, alla poesia. Come, infatti, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, senza aspettare la rivoluzione comunista, fecero i veri artisti. D'altronde l'arte dei paesi orientali ha un tal carattere di arte di classe perché il proletaria[...]

[...] sovrastrutturale? La risposta non pare dubbia: l'arte non ha affatto bisogno di una rivoluzione per essere vera arte, basta che l'artista attinga per conto suo alla zona nella quale le classi non ci sono, né mai ci furono, né mai ci saranno, alla poesia. Come, infatti, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, senza aspettare la rivoluzione comunista, fecero i veri artisti. D'altronde l'arte dei paesi orientali ha un tal carattere di arte di classe perché il proletariato in quei paesi si considera tuttora proletariato ossia classe e non è ancora riuscito a ritrovare in se stesso l'uomo, vecchio o nuovo, ma senza classi.
* * *
Le correlazioni tra l'arte e la società non sono di ordine morale o moralistico come vorrebbero far supporre tutti coloro che annettono alla parola decadente un significato negativo; bensì di ordine tecnico. L'arte é in rapporto con la vitalità di una società, non con la sua moralità.
* * *
L'arte è memoria, la propaganda profezia. Però i profeti non hanno mai vaticinato altro che disastri. Profeti ottimisti, ecco la [...]

[...]alistico come vorrebbero far supporre tutti coloro che annettono alla parola decadente un significato negativo; bensì di ordine tecnico. L'arte é in rapporto con la vitalità di una società, non con la sua moralità.
* * *
L'arte è memoria, la propaganda profezia. Però i profeti non hanno mai vaticinato altro che disastri. Profeti ottimisti, ecco la grande novità.
* * *
Se l'arte é sovrastruttura, come mai riesce a sopravvivere alla struttura? Perché mai leggiamo ancora l'Iliade, sopratruttura, a quanto si dice, del feudalesimo arcaico greco? E che cos'è che garantisce vita eterna alla sovrastruttura? E perché la struttura transeunte é considerata più importante della soprastruttura che non lo è?
* * *
Le idee dei comunisti sull'arte sono giuste, chi potrebbe negarlo? Nello stesso termine di realismo socialista é contenuta una riflessione critica inoppugnabile: l'arte fu sempre realista o non fu affatto e inoltre essa fu sempre legata direttamente o indirettamente alla ideologia
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del momento. Il realismo è dunque inseparabile dall'arte, almeno da quella europea; l'ideologia anche. Che c'è dunque di strano che lo stato socialista chieda [...]

[...]'arte dei paesi orientali sono di scarso valore artistico. E come potrebbero? Essi non credono al vero bensì al verosimile, alla natura bensì alla ragione, alla realtà bensì all'ideologia, alla poesia bensì all'artificio, alla spontaneità creativa bensì alla volontà costruttiva. Essi faranno dell'arte certamente, un giorno o l'altro, ma loro malgrado e senza rendersene conto.
I comunisti sembrano propugnare un'arte classica. Diciamo « sembrano» perché nulla é sicuro in un regime così sicuro come la dittatura, sia pure del proletariato. Dunque, partendo dal presupposto marxista che ogni società nel momento della sua massima funzionalità e necessità storica esprime un'arte perfettamente oggettiva e completamente realistica, senza reticenze né compromessi, né evasioni, né parzialità, insomma classica, i comunisti contrappongono questo momento solare a quello del tramonto ossia della decadenza di ogni società, decadenza che si esprimerebbe invece in un'arte malsanamente soggettiva, incompleta, astratta, evasiva, reticente e insomma, appunto, d[...]

[...]ruzioni di sorta. Si vede, così, come nell'ideologia comunista non c'è posto per le smentite anche minime della realtà. Tutto é tirato a fil di logica, tutto é razionale, il comunismo non può non produrre la società perfetta e la società perfetta non può non produrre l'arte più alta. In questa situazione l'artista che voglia discutere con il comunismo fa figura di avvocato dell'irrazionalità, ossia del nulla, per non dire del male_
Non si vede, perché, dopo avere accettato e confermato l'autonomia del fatto linguistico, quell'uomo di stato orientale non faccia lo stesso per l'autonomia del fatto artistico. Non se ne vede il perché sebbene lo si possa indovinare: la lingua, come ebbe a dire quell'uomo di stato, non é né borghese né socialista, é simile alle locomotive: é un mezzo. Invece l'arte può essere, é un fine. Ora non può esserci altro fine se non quello della rivoluzione socialista.
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Perché realismo socialista e non, poniamo, neoclassicismo? Perché l'ultima arte oggettiva europea fu quella naturalistica. Gli stati non sono mai all'avanguardia, checché se ne dica. La Chiesa è ferma a Raffaello che fu il grande mediatore tra il mondo dell'Antico Testamento e l'Ellenismo. Gli stati conoscono la storia, non l'estetica.
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Tra l'alienazione dell'operaio e l'alienazione dell'artista non c'è alcun rapporto. L'operaio é alienato in quanto, nell'economia di mercato, egli é una merce come tutte le altre, ed essendo tale viene defraudato, in base al prezzo di mercato, del plus valore, ossia di ciò
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che rap[...]

[...]ndo: l'alienazione dell'operaio è di specie economica, quella dell'artista di specie espressiva. E di conseguenza si impedisce all'operaio di essere uomo riducendolo a merce e pagandolo per tale; all'artista di essere uomo riducendolo a operaio e pagandolo per tale. E ancora: l'operaio che viene colpito nella mercede non potrà essere uomo e perciò neppure artista, ma l'artista colpito nell'espressione nonché uomo non potrà neppure essere operaio perché egli era già uomo in partenza ossia dotato originariamente di quelle facoltà espressive che nell'operaio si liberano soltanto .nel momento in cui egli comincia ad essere uomo. Finalmente, colpendo l'artista, si colpisce anche, indirettamente, l'operaio che nell'artista vede il suo supremo ideale umano di libera e completa espressività.
Il comunismo tenta di assorbire la cultura e l'arte dell'occidente nei. suoi uomini e prodotti migliori, in modo da lasciare alla borghesia soltanto gli uomini e i prodotti deteriori. Questo tentativo potrebbe anche riuscire. Ma resta dubbio che il risultato s[...]

[...]a in cui, per così dire, essa si confonde e dissolve nell'umanità, o, se si preferisce, si espande fino ad abbracciare l'umanità. Questo é un processo storico lungo e difficile; lo stesso cristianesimo non largì all'arte tale autonomia che dopo qualche secolo. Ma è indubitabile che, sia essa una questione di secoli o di anni, di lotte sanguinose o di rapide e agevoli trasformazioni, l'arte, senza tale autonomia, non può fiorire convenientemente. Perché l'arte, come é
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stato accennato, guarda alla natura e non alla società; e quando guarda alla società vuol dire che la società é diventata natura.
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I rapporti dell'arte con il comunismo possono a tutta prima apparire come rapporti dell'arte con una dittatura qualsiasi tra le tante che ci sono state nella storia. E si può essere portati a fare in proposito le riflessioni solite che valgono appunto per qualsiasi dittatura. Tuttavia ad un secondo sguardo, si vede che il problema non cambia, anche nel caso che tale dittatura cessi di esistere. Si vede [...]

[...]apporti dell'arte con il comunismo sono in realtà rapporti dell'arte con una data società capace o meno di assicurare all'arte l'autonomia di cui questa ha bisogno. Ci sono state società per nulla dittatoriali che però non consentivano all'arte alcuna autonomia. Ci sono state società .dittatoriali che invece permettevano una larga autonomia. In tutti i casi l'autonomia dell'arte non é mai stata largita, bensì conquistata, talvolta a caro prezzo, perché è proprio ad ogni società non consentire alcuna autonomia ad alcuna attività umana, ricondurre tutto a se stessa in maniera diretta e testuale. Questo avviene soprattutto agli inizi delle società, quando le regole sono ancora strette e gli interessi urgenti. Una società che comprenda e ammetta interessi indiretti e lontani, é già una società raffinata, matura, riflessiva.
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Nelle faccende dell'arte, il comunismo si comporta come certe madri che non vorrebbero mai che le figlie crescessero e continuano a chiamarle « le mie bambine » anche quando hanno vent'anni, e si indignano se queste ba[...]

[...]gli altri partigiani che, loro, combattono con le armi e con l'azione politica. All'artista incombe prima di tutto il dovere di far dell'arte, poiché egli sa che un'arte che non sia un'arte non può portare alcun contributo efficace alla causa in cui crede. Se riesce a far della vera arte, la questione si risolve da sé, anzi non si pone nemmeno. Ma se non ne fa, bisognerà esaminare di chi sia la colpa: se dell'artista che non seppe fare dell'arte perché in realtà non credeva nella causa per la quale pretendeva di lottare; o se della società che gli richiese di fare una determinata arte che non era arte o in qualche modo gli impedì di fare del
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l'arte. È evidente che la società darà sempre la colpa all'artista, per bocca dei suoi rappresentanti ufficiali, e come potrebbe avvenire diversamente? Ma noi siamo convinti che, in certi casi, la colpa della cattiva arte di un artista possa anche essere della società; e che comunque, tra artista e società, per quanto riguarda l'arte, non possa né debba esserci un[...]

[...]essa, qualunque sia il suo livello, deve lavorare per il popolo e soltanto per il popolo. Giusto concetto, ma chi dira all'arte in che modo essa deve lavorare per il popolo? Evidentemente non il popolo stesso il quale, per ragioni storiche, pub anche ignorare ciò che gli é utile, bensì i dirigenti che sono i depositarii e gli amministratori dell'ideologia dominante. Ed è qui appunto che sta il luogo debole dello schieramento dell'arte comunista. Perché l'ideologia comunista, nel suo autoritarismo, da una parte é tratta spesso a confondere ciò che é utile al popolo con ciò che é utile ai dirigenti; dall'altra non sembra, almeno per ora, in grado di elaborare una sua estetica (ivi compresa quella del realismo socialista) che possa resistere alla pressione degli eventi e non venga alla fine mortificata e sviata dalle esigenze utilitarie della dittatura e della guerra e ridotta così alla funzione di semplice strumento di controllo. In queste condizioni potrebbe anche avvenire che l'arte invece di lavorare per il popolo e soltanto per il popolo,[...]

[...]cialista) che possa resistere alla pressione degli eventi e non venga alla fine mortificata e sviata dalle esigenze utilitarie della dittatura e della guerra e ridotta così alla funzione di semplice strumento di controllo. In queste condizioni potrebbe anche avvenire che l'arte invece di lavorare per il popolo e soltanto per il popolo, si distacchi dal popolo.
A un'arte di partito, si dovrebbe chiedere prima di tutto di non sembrare di partito. Perché, se non altro, gli uccelli non si lasciano prendere se le reti non sono ben dissimulate.
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Non abbiamo nulla in contrario al realismo socialista o qualsiasi altra estetica desunta dal marxismo. Ma non ci convince del tutto il fatto che questa estetica o altra simile diventi l'estetica ufficiale di uno stato potente, proprietario di tutte le case editrici, di tutti i giornali
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e le riviste, di tutti i musei, di tutte le sale di concerto, di tutti gli studi di cinema e di tutti i teatri. Ove fosse lasciata all'arte l'autonomia ch[...]

[...] all'arte.
Non illudetevi che le cose siano cambiate: l'uomo preistorico che fermava sulle pareti della caverna gli atteggiamenti dei bisonti in fuga non era gran che diverso da Balzac che descrive in un suo romanzo il contegno degli agenti di borsa in un giorno di mercato. Ed é pur vero che l'uomo preistorico viveva di caccia e i personaggi di Balzac del gioco al rialzo e al ribasso. Ma quello che in ambedue i casi interessa l'artista non è il perché, bensì il come. Il movimento della vita non le cause di quel movimento.
Quanta filosofia, quanto pensiero per arrivare a dire ciò che nell'antichità si sarebbe data in poche parole: vogliamo un'arte che sia utile allo stato, alla società. Ciò che distingue il mondo moderno da quello antico é la sua incapacità di cinismo. Il mondo antico era vicino alla natura e la natura é cinica, diretta e ingenua. Il mondo mo demo invece é lontano dalla natura, intellettualistico, indiretto, scaltro.
Zdanov, in un suo discorso, dice tra l'altro: «rappresentare le nuove virtù degli uomini sovietici, mostra[...]

[...]a civiltà raggiunse l'apice della maturità. Essa nasce infatti nei momenti di perfetta e profonda stabilità quando la classe al potere si illude di aver trovato un assetto definitivo, eterno; ossia nei momenti in cui più lontana anzi impossibile appare ogni revisione dei valori. E non é forse questa l'ambizione massima del comunismo, di giungere ad una tale stabilità e immutabilità dei valori? Ma le civiltà del passato raggiunsero il classicismo perché seppero rispettare la natura ossia lo stile individuale dell'artista pur, talvolta, imponendo determinati con tenuti ideologici o religiosi. Il comunismo, invece non soltanto vuole imporre un determinato contenuto ideologico ma anche esige un determinato stile. Su questa strada, il comunismo non incontrerà l'arte classica, bensì la stilizzazione rituale bizantina.
Il marxismo é un potente strumento di risanamento e di rinnovamento nel mondo presente. Esso é all'opera da quasi cinquant'anni e ad esso, in parte, si deve se l'enorme eredità passiva dell'ultimo ottocento sia stata liquidata e il[...]

[...]diamo: il tempo è galantuomo ed esso porterà senza fallo al riconoscimento dell'autonomia del fatto artistico.
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I comunisti ci dicono ancora: siamo in guerra, siamo in lotta, siamo in crociata, l'arte in tali condizioni non può non essere un'arma, uno strumento, un mezzo. Al che noi rispondiamo: potete anche aver ragione, almeno per quanto vi riguarda, ma non vi accorgete che la vostra arte non può essere un'arma, uno strumento, un mezzo, perché è cattiva arte? Per la rivoluzione, un romanzo come Guerra e Pace farebbe più che una guerra vinta. Ma i vostri romanzi sono invece altrettante battaglie perdute. E non venite a dirci che non siamo in grado di apprezzarli. La forma, il contenuto dell'arte possono forse essere legati ad un'ideologia, non il suo valore. E questo valore, anche a volerne fare un mero valore di utilità politica, non c'è, dal momento che, appunto, i vostri romanzi non sono ammirati.
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Il problema dell'arte comunista è strettamente legato alla questione della decadenza di tutte le arti in tutto il mondo. Quest[...]

[...]e l'arte, la cosa più seria del mondo, diventi materia di machiavellismo?
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Nei paesi socialisti, il rapporto tra le masse e la ragion di stato é così stretto che non c'è posto per l'arte. Appena si produrrà uno iato, l'arte respirerà.
Prima della rivoluzione l'artista dovrebbe informare la sua arte al concetto marxista di struttura e sovrastruttura; ma dopo la rivoluzione tale concetto va abbandonato, perché, come é ovvio, esso porterebbe ad una critica corrosiva della società stessa che la rivoluzione ha instaurato. Questo passaggio e questa trasformazione prendono tutto il loro spicco nei paesi in cui la rivoluzione comunista non ha avuto luogo. In questi paesi i critici di fede marxista, sono marxisti per quanto riguarda l'arte borghese dei loro paesi e conformisti per quanto riguarda invece l'arte dei paesi comunisti. L'opera d'arte americana sarà indicativa di una data situazione sociale, l'opera d'arte sovietica invece non lo sarà affatto. Che cosa se ne deve arguire? Forse che le teorie ma[...]

[...]addrizzarla. Quando la biologia bussa alla porta della storia, essa non si contenta di una rivoluzione. Essa chiede le grandi migrazioni dei popoli, le invasioni, i medi evi. E la storia compiacemente le dá quanto essa chiede, magari servendosi dei comunisti.
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I tuoi libri non rispondono alla ideologia dominante e dunque non li pubblichiamo. Ma io non posso fare a meno di scrivere in questo modo. Allora sei un traditore. Sono un traditore perché scrivo questi libri o perché non posso fare ameno di scriverli? Sei un traditore perché non puoi fare a meno di scriverli.
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Che rapporto c'è tra il marxismo e l'arte cosidetta partitica? Nessuno a ben guardare. Il marxismo, con il suo determinismo brutale ma sano svelando il carattere, appunto, partitico, dell'arte borghese, in realtà contribuisce a purificarla, a liberarla, a rafforzarne l'autonomia. Invece l'arte partitica, sia pure del partito comunista, tende a rimettere le cose come stavano prima del marxismo. In altri termini il proletariato imita, sia pure inconsapevolmente, la borghesia del peggiore per[...]

[...] Invece l'arte partitica, sia pure del partito comunista, tende a rimettere le cose come stavano prima del marxismo. In altri termini il proletariato imita, sia pure inconsapevolmente, la borghesia del peggiore periodo vittoriano. E valga un solo esempio: nel David Copperfield di Dickens, il personaggio dissipato e incapace di Micawber, alla fine, con caratteristico compromesso vittoriano, viene fatto partire per l'Australia dove diventa, chissà perché, un cittadino esemplare. Mettete al posto dell'Australia l'Asia centrale e al posto degli allevamenti di pecore, le fabbriche e avrete il personaggio di certi romanzi russi con la sua trasformazione positiva ed esterna dettata non da una logica interna del personaggio bensì dalla volontà di compromesso dello scrittore con la società sovietica.
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L'arte per l'arte, dai critici comunisti, viene contrapposta di solito all'arte partitica. In realtà questo contrasto non esiste e né l'una né l'altra possono dirsi espressioni sane e dirette di una data società. L'arte sana e diretta nasce dall[...]



da Liliana Magrini, Il silenzio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]stintivamente, Marco aveva cercato su quel bianco il fiore rosso che le aveva visto sul petto quando, nelle prime ore del pomeriggio, era scesa verso la città.
Prima di riabbassare lo sguardo sul lavoro, Antonio lo portò un attimo sul figlio: ma come se non lo vedesse.
Con la mano, toccò piano qualcosa nella tasca destra : la stessa tasca dove Marco gli aveva veduto nascondere il garofano. Si, proprio nascosto, lo aveva, si disse il ragazzo. E perché ora non lo guardava, non gli diceva niente?
« Come? » chiese con aria assente Antonio, in risposta a una domanda di Teresa, come se cercasse solo di prendere tempo fermando un rumore che lo infastidiva. Continuò a incidere un segno che si piegava in una curva slanciata: « Come? ah, si, la cornice che ho portato al dottore? » Con un ferro acuminato modificò lievemente il segno. « Duemila ».
Ecco, disse Teresa. Al solito, lui non aveva saputo farsi pagare abbastanza. Lo sfrigolio vivo del pesce nella padella confuse per un momento la sua voce: poi, attraverso il borbottio lento dell'olio, ess[...]

[...]senza guardare avanti. Non pareva attendere nessuno. Forse veramente, in qualche modo inspiegabile, Michele era in casa? Se era tornato, anche Nino doveva saperlo, ormai, e facevano apposta a lasciarlo in quell'ansia. L'ira lo stava prendendo di nuovo, come sul greto: ma non solamente contro Nino, adesso, anche contro Michele. Era colpa sua se aveva accettato la gara che Nino aveva proposto, pur essendo più piccolo e avendo meno forza di loro. E perché, ma perché li aveva sfidati, Nino, sicuro com'era di vincere? Rivide il sorriso maligno col quale, già lontano da riva, Nino si voltava a guardare i due che seguivano, ormai distanziati. C'era ancora, in quel momento, Michele? Ma come poteva saperlo? Anche lui, aveva meno forza di Nino: pensava solo a inseguirlo, col cuore che gli martellava, e
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nella bocca quel gusto tepido di sfinimento, più forte della frescura dell'acqua e del morso del sale. Non ne aveva colpa. « Non ne ho colpa » si ripeté, preso da un'accorata pietà di sé.
Provò ora un oscuro bisogno di provocare gli sguardi[...]

[...]spettavano sulla strada: ogni volta, ne portavano uno giù di volata per la discesa, a freni sciolti. Come rideva, Costanza! Quando passavano, Antonio si faceva alla finestra : appena raso, con quell'aria linda delle mattine di domenica. Si, era allegra, Costanza. E non stava mai in casa, adesso : anche questo lo diceva sempre, Teresa, e che quel mestiere di vendere sigarette giù al porto una donna onesta non l'avrebbe fatto, lo aveva scelto solo perché le piaceva stare in giro. E così, nessuno sapeva mai dove fosse Michele. Rientrava quando voleva, anche a sera, talvolta. Del resto, lo faceva apposta a star fuori, per non trovarsi solo con suo padre. Era per questo, che ora i Cataldo potevano non preoccuparsi del ritardo, sentirsi tranquilli. Eppure, Marco non sapeva sentire del risentimento per Costanza: aveva solo voglia di piangere udendo il suo riso. Ma gli altri, no. Si sentiva gonfio d'odio contro tutti. Contro Nino che aveva paura. Contro gli altri, così distratti, così pigri a rendersi conto.
La cena era stata come tutte le sere. L[...]

[...] gli altri, no. Si sentiva gonfio d'odio contro tutti. Contro Nino che aveva paura. Contro gli altri, così distratti, così pigri a rendersi conto.
La cena era stata come tutte le sere. Luigi Stura, il fratello maggiore di Marco, era rientrato come sempre all'ultimo momento. Eri poco tempo che aveva un lavoro fisso: solo un anno prima, faceva qualcosa qua e lá come avventizio, e il resto della giornata Io passava a pedalare su e giù per i colli, perché diceva di voler diventare un corridore. Poi, s'era trovato la ragazza, e lei l'aveva convinto a cercarsi un posto giù ai cantieri: per potersi sposare, diceva. Ma era mutato, da allora: parlava poco, e non stava mai con Marco. Anche stasera era uscito di nuovo, dopo mangiato l'ultimo boccone.
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IL SILENZIO
Era già un sollievo, l'essersi alzati da tavola. Mai le pause erano parse a Marco così lunghe. Quella sensazione gli era diventata cosí greve che s'era domandato, per un attimo, se sapessero già, e facessero apposta, aspettando che lui dicesse ciò a cui tutti pensavano. Fini per non li[...]

[...]etto nero, aveva, nella sua fissità, un'espressione di solitaria vigilanza. Ma l'aveva sempre vista così; non significava niente, neppure che fosse veramente sola: sola nella stanza, cioè, e non di quella solitudine che era la sua da quando il marito le era morto, e il figlio maggiore era stato ucciso in guerra, e Giacomo era diventato una specie di straccio. Per lo niù stava seduta, senza un gesto, nello stesso angolo, più polveroso degli altri perché non lo lasciava neppure quando Costanza scopava. Non sembrava occuparsi di qualche cosa che quando vegliava, per delle ore, il figlio ubriaco.
Fuggi per non vederla piú, senza neppure pensare agli altri due. Aveva paura.
Una qualunque porta d'osteria, con la parte superiore di vetro smerigliato. In alto, un'insegna debolmente illuminata da un fanale lontano : La Grotta. Antonio Stura vi andava spesso : per trovarsi con gli amici, diceva vagamente a Teresa. Marcò esitò: non v'era mai entrato.
Un passo risuonò dietro di lui, dalla parte di Oregina: spinse il battente. C'era un piccolo gruppo[...]

[...], l'usciere del municipio, usci con loro. Marco aspettava di sentir parlare suo padre con lo stesso imbarazzo di quando pensava che avrebbe cantato. Gli pareva dovesse farlo in modo diverso dal solito, con Spinola: sapeva che si trovavano spesso insieme alla Grotta. Per un po' tacquero. Poi Antonio domandò come stava Caterina. Al solito, disse Spinola. Più avanti, osservò che era proprio una bella sera; doveva esserci stato un temporale lontano, perché l'aria era così pulita. Si, disse Antonio, era raro vedere tante stelle. Meno male, disse Spinola; perché nella giornata, in quelle sale chiuse del municipio, si soffocava. Poi li lasciò. Andava a cercare una farmacia aperta, disse. Doveva prendere una medicina per Caterina.
« Sei amico di Spinola ? », chiese quasi involontariamente Marco, con voce timida. « ...Si », rispose Antonio in tono un po' stupito. Parve voler aggiungere qualche cosa. Ma poi tacque.
Il passo d'Antonio era lento, mentre salivano il colle, ma non più goffo: era un modo pacato di posare il piede, calcandolo bene, come per sentire le asperità e la levigatezza di quel vecchio asfalto tormentato. Eppure parve così breve, a M[...]

[...]di nuovo sul petto.
Con aria imbarazzata, Filippo spegneva tra le dita la sigaretta appena acccesa.
Costanza continuava a singhiozzare.
Marco vide suo padre stringersi una mano contro l'altra, come ansioso di fare qualche cosa, e non sapesse che. Fece un passo avanti. Anche Marco, involontariamente, s'avvicinò.
S'udì infine Antonio chiamarla piano per nome : « Costanza ».
Fu suo padre, ora, a parlare. Avevano taciuto tutti, si diceva Marco. Perché proprio lui, adesso, faceva così? Con una voce sorda, la supplicava d'aspettare, che non poteva essere accaduto niente, che se voleva sarebbe andato lui a cercare.
Dapprima tremante, la voce di Antonio si faceva via via più pacata. Ma il padre non credeva a quello che diceva, si disse Marco. Lui sapeva perché suo padre parlava. Voleva soltanto che Costanza non piangesse.
Singhiozzando piano, Costanza scuoteva la testa. Anche Teresa e Filippo avevano ripreso a parlare.
Quando Costanza aveva cominciata a piangere, Giacomo s'era na
IL SILENZIO 173
scosto il viso tra le mani. Non s'era più mosso. Ma un grido improvviso di Costanza gli fece alzare gli occhi.
« Non voglio. Non voglio. Basta. Ho avuto la mia parte. Dio sa se l'ho avuta ».
Il viso della donna esprimeva una rivolta veemente. Che fosse bella, Marco l'aveva sempre saputo, ma solo perché l'aveva udito dagli altri. Adesso era diverso. « [...]

[...] scuoteva la testa. Anche Teresa e Filippo avevano ripreso a parlare.
Quando Costanza aveva cominciata a piangere, Giacomo s'era na
IL SILENZIO 173
scosto il viso tra le mani. Non s'era più mosso. Ma un grido improvviso di Costanza gli fece alzare gli occhi.
« Non voglio. Non voglio. Basta. Ho avuto la mia parte. Dio sa se l'ho avuta ».
Il viso della donna esprimeva una rivolta veemente. Che fosse bella, Marco l'aveva sempre saputo, ma solo perché l'aveva udito dagli altri. Adesso era diverso. « Com'è bella »! si disse. Si sentiva sollevato, rassicurato dalla violenza di lei. Dunque c'era ancora modo di negare, di difendersi...
« Basta. Basta », ripeté ancora Costanza. Il suo viso s'indurì in una contrazione cattiva. « Per forza, il ragazzo non pensa che a scappare. Non può resistere, in casa. Nessuno ci resiste ». Si voltò verso Giacomo. « Soltanto tua madre », disse, « che é come morta ».
Giacomo aveva di nuovo distolto gli occhi. La testa china, le mani penzoloni, grandi, inerti. Marco, appoggiato al muro, si sentiva quasi fisicam[...]

[...]revi, intatte. Com'era possibile che nulla vi fosse apparso, dopo: e prima, non un grido? Ma forse invece Michele aveva gridato; forse, sentendosi sfinito, li aveva chiamati. Non avrebbero udito ugualmente, lui e Nino, l'acqua sciabordava negli orecchi, il sangue batteva forte alle tempie. «Pensavamo solo a correre », si disse. «Non un momento, ci è venuta l'idea che Michele avesse bisogno che lo aspettassimo. Di questo, avevamo colpa ». Ma Dio, perché gettarla tutta su loro, la colpa, fare che fossero soli a portarla?
Rivide il viso maligno di Nino nel nuoto, e quelle braccia intrise di fango, che quando s'erano screpolate asciugandosi, parevano coperte d'una pelle malata. « Non volevo che nascondesse tutto così... come... come degli assassini ». Aridi singhiozzi lo scuotevano. Perché, perché lui solo doveva essere legato a quello sguardo di Nino, a quelle braccia viscide di fango, mentre gli altri, tutti, potevano difendersi, accusare?
S'era alzato dal letto, vagava inquieto per la stanza: come sempre, i fondi di caffè nella pentola, e i piatti, e la brillantina che Luigi si metteva in testa la sera, ne restava nell'aria un odore dolciastro; e di nuovo i rigidi, stupidi fiori pazientemente incisi da Antonio. Prese in mano una delle asticciole, stette a guardarla un momento, poi la gettò bruscamente sul tavolo.
Si decise a uscire. Trovò d'improvviso la notte: cosi lieve di brezz[...]

[...]re primi e dodici secondi. Cosa ne dici? ». Alla prossima gara per dilettanti, disse, era sicuro di vincere. « Voglio vedere la faccia di Maria! » Ebbe un bel sorriso, che gli restituì il suo viso di ragazzino.
Andò finalmente nel bugigattolo adiacente, dove dormiva. Si mosse a lungo, infine Marco udì il cigolio delle molle del letto.
Era stanco di sentir parlare. Di nuovo pensava a Michele come sul colle, e che non gli importava più di nulla, perché poteva fare come lui. « Avrei parlato, se volevano. Bastava che avessero voluto ». Ma ormai, non si trattava più di questo. Era come se la cosa non li riguardasse piú. In qualche modo, l'aveva presa su di sé. Con Michele.
Quando Teresa e Antonio entrarono, finse di dormire. Bisbigliavano piano. Attraverso le palpebre appena socchiuse, vedeva la punta dei propri alluci tendere il lenzuolo in una sola rigida linea, fino al petto. Si sentiva stranamente unito e compatto, in quella compostezza e in quel pensiero fermo e tranquillo: posso fare anch'io come Michele.
Gli diede fastidio, quando si [...]

[...]he gli vellicava il collo lo tradì. «Dormi?» chiese piano Teresa. Trattenne il respiro. Teresa gli accostò iI viso alla guancia. La senti umida. Mormorava piano, in modo sommesso e tenero: con la voce, forse, si disse Marco, con cui gli parlava quando lui non poteva ancora capire. A lui non poteva accadere, diceva Teresa; non era vero, che non poteva accadere? Lei gli stava attenta, Marco lo sapeva che era sempre attenta. Gli voleva troppo bene, perché potesse accadergli la cosa che era accaduta a Michele, Non era vero, che era sempre preoccupata di lui?
Gli parlava, ma non aspettava risposta, come se lo supponesse in un vago dormiveglia o come a un bimbo molto piccolo. Era stanca, diceva ora, tanto stanca; e poi, poi, oh, perché Antonio era così? Ma Marco no, Marco non l'avrebbe mai abbandonata. Non era vero che sarebbe rimasto lá, sempre, con lei? Il suo Marco.
Marco si sentiva avvolgere dal calore che emanava dal corpo di
i
IL SILENZIO 179
sua madre, e da quell'odore noto e vivo, un odore di stanchezza e di lagrime. Il corpo angoloso dì Teresa si faceva, da vicino, ampio e molle. E Marco si sentiva sempre più tendere dal bisogno di appoggiarvisi, di lasciarvisi andare: di piangere, forse. Sentiva il proprio corpo, rigido dalla punta dell'alluce alle palme tese, cedere lentamente. Si disse duramente di no. Non d[...]

[...]e da caffè non sciacquate, sul tavolo; quel letto ancora sfatto, col cuscino sgualcito e pesto dalla parte di Teresa, da quella d'Antonio diritto e quasi liscio; c'era perfino, attaccato alla finestra, lo specchietto punteggiato di spruzzi di sapone, come di domenica. Era forse per andare in questura che Luigi s'era fatto la barba alla mattina, e non come il solito al ritorno del lavoro. Teresa doveva anche aver pulito le scarpe buone d'Antonio, perché c'era fuori il lucido nero e la spazzola.
Si vesti, poi sedette sull'orlo del letto, preso da una grande spossatezza. Non comprendeva più la propria ira. Soltanto, si sentiva come derubato di qualche cosa. Provò a ritrovare il viso di Michele, come l'aveva visto la sera prima : ma non ne era capace. Per un istante,. gli pareva di afferrarne una linea, isolata: le sopracciglia schiarite dal sole sugli occhi mobili, l'orecchio un po' sporgente sul collo esile. Ma subito lo perdeva.
Pensò vagamente che i questurini sarebbero venuti, e che forse li avrebbero arrestati per aver taciuto; ma senza[...]

[...]vrebbe potuto volergli fare del male? Ma no, é assurdo. E poi, qualunque cosa si sarebbe saputa ». Parlava in modo monotono, uguale nelle domande e nelle risposte, come se le avesse troppe volte ripetute.
rr
IL SILENZIO 185
Marco s'era seduto a lato della casa, sul filo d'ombra che la separava dalla strada assolata. Udiva Costanza senza vederla. Non l'aveva vista neppure passando rasente al muro, sebbene le imposte fossero spalancate.
«E voi perché tacete? » proruppe all'improvviso Costanza, con voce diversa, spezzata e violenta. « Perché tacete, tutti e due? Non avete detto una parola. Che cosa pensate? »
Nessuno rispose.
« Che cosa pensate? Dio, che nessuno parli? »
« Anch'io ho tanto gridato », disse una voce fredda e spenta. Marco comprese che era quella della vecchia, sebbene gli sembrasse di non averla mai udita parlare.
« Sta zitta. Parli come se fossi già sicura! Ma tu, Giacomo, tu l'hai visto prima che uscisse! Non ti ha detto proprio niente? Non ti ha detto dove pensava d'andare... quando sarebbe tornato? ».
Ruppe in singhiozzi; diversi da quelli della sera prima, ammorbiditi di lagrime: erano striduli, ora, esa[...]

[...] », disse una voce fredda e spenta. Marco comprese che era quella della vecchia, sebbene gli sembrasse di non averla mai udita parlare.
« Sta zitta. Parli come se fossi già sicura! Ma tu, Giacomo, tu l'hai visto prima che uscisse! Non ti ha detto proprio niente? Non ti ha detto dove pensava d'andare... quando sarebbe tornato? ».
Ruppe in singhiozzi; diversi da quelli della sera prima, ammorbiditi di lagrime: erano striduli, ora, esasperati.
« Perché mi guardi in quel modo? Tu sai qualche cosa ».
« Te l'ho detto, non so niente », rispose stancamente Giacomo. « Perché io? Perché io e non tu? Perché non eri là, a chiedergli dove era che andava? Ne avevi abbastanza ,di vedermi, non è vero? Forse, se tu fossi stata qui... Avevi il diritto di stare in giro, no? Perché sei giovane, è questo che pensavi? E io, non lo ero come te? E anche colpa tua ». La sua voce era diventata tagliente. « Tu, si... E anche colpa tua, se è andata così ».
Così?! allora tu lo sai. Lo sai! ». C'era dell'odio, in quella voce, una collera trattenuta che lo fece rabbrividire.
La risposta di Giacomo, stanca e come lontana, si fece attendere.
« L'altra sera... l'altra sera quando è tornato, tu non c'eri... Mi ha detto: vado via e non torno piú. Mi guardava, mi guardava in un modo... Ho paura. Non poteva voler dire questo: ma se penso a come mi guardava... ho paura ».
Non vi fu al[...]

[...] della morente. Doveva vederla. Fu questo ad aiutarlo a strapparsi di lá, e a correre verso l'ultima casa d'Oregina.
Passando, scorse tutti i ragazzi seduti sul ciglio del campo di calcio, tranquilli: non giocavano, guardavano verso la valle.
Il sole si spalancava, accecante, sul colle nudo. In alto, nella vibrazione della calura, si staccava nitido e fermo il forte del Righi.
Come sempre in assenza di Giuseppe Spinola, la porta era socchiusa perché i vicini potessero accorrere se Caterina avesse chiamato. Traversò la cucina, e a qualche passo dalla soglia lo colse lo sguardo della malata, fermo nella sua direzione. Marco sapeva che vedeva : ma nulla ormai, da tempo, né un gesto né una contrazione della pupilla, rivelava in lei la percezione di una nuova presenza.
S'avvicinò lentamente fino ai piedi' del letto.
Una mosca batteva contro i vetri chiusi. Lontanissimo, giungeva ogni tanto qualche suono di clackson. Spalancati, gli occhi di Caterina lo accoglievano sempre nel loro sguardo immobile.
« Hai fatto andare l'elicottero? » chiese[...]

[...], non si potevano udire gli altri. E avrebbe voluto dire che sapeva molte cose di Michele : sapeva che quando serrava i denti, e gli apparivano sulle guance due chiazze livide, era che non poteva più correre, e non lo diceva; e quando veniva a cercarlo all'improvviso, in certe ore di sole in cui non si vedeva in giro che qualche cane appiattito sul selciato, e gli proponeva di salire sul Righi o dì andare a rubare la frutta
in qualche orto, era perché aveva paura Giacomo, e non lo diceva.
E non avrebbe tollerato che lui lo dicesse.
Ma in questo non c'era niente di cui si potesse parlare. Eppure, ormai, non sapeva pensare ad altro. Tutto s'era fatto così confuso. Riandò con la memoria a quel grido : non sapeva più ritrovarlo.
Caterina aveva lo sguardo fisso alla cresta del Righi. Si vedevano ora lassù, nitide, lontanissime, due persone : una delle tante coppie che salivano con la funivia e vagavano per il colle.
La mano d'Antonio gli premeva di nuovo la spalla, guidandolo verso la porta. Lo segui.
Gli parve, mentre scendevano le scale,[...]



da Elemire Zolla, Antropologia negativa [Il borghese progenitore dell'uomo di massa, L'uomo massa come Prospero, La memoria dell'uomo massa è eccezionale,Il gusto dell'uomo massa è sicuro, L'uomo massa sa di essere tale,L'uomo massa pensa intensamente, L'uomo massa è poetico, L'uomo massa moltiplica il linguaggio. L'uomo massa è diabolico, Ciò che annoia diverte e viceversa,Ciò che è comico ha dignità e viceversa, Ciò che si pensa seriamente si finge scherzoso e viceversa, Chiama gioioso ciò che è torturan... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]e di falsa coscienza. Essa è forse meglio adatta che non malafede per designare loANTROPOLOGIA NEGATIVA

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stato d’animo del borghese che si abbandoni ai suoi entusiasmi, che non sia intento a calcolare.

L’assenza di buona fede è denunciata dal borghese stesso quando emette uno dei suoi più disgustosi luoghi comuni: « chiunque parteggi in buona fede è da rispettare ». È questa una interiorizzazione del criterio etico che lo distrugge, perché la buona fede diventa a tal punto l’inaccertabile scriminante di ogni sorta di delitti. Buona fede si può dare soltanto dove la coscienza soggettiva sia adeguata alla realtà oggettiva. Un contadino dell’antica Roma repubblicana, lottando contro i popoli vicini, non aveva bisogno di credere di difendere il campo seminato, la casa e l’aratro foggiato dai padri che ancora confusamente aleggiavano attorno al focolare, poiché di fatto egli difendeva queste cose ben tangibili, insieme ai propri vicini, al suo prossimo; la sua scelta non era fra credere come gli veniva detto di credere o ribellarsi [...]

[...]i lumi, e non solo ad opera dei philosophes ma anche degl’inventori di nuove macchine. Da allora non si può ammettere che un uomo sia immerso in una tradizione, poiché di fatto egli è posto oggettivamente nella posizione di chi può scegliere fra una tradizione ed un’altra e nessuna; comunque scelga non può invocare la scriminante dell’ingenuità, della cecità di chi è calato e fuso in una tradizione. Se resta attaccato alla sua religione avita, è perché l’ha scelta, e come borghese la sceglie perché è vantaggiosa all’ordine borghese od al suo interesse economico o psichico (gli dà conforto o pace o tranquillità o altro bene, il ché è segno di calcolo e non certo di spontanea vita religiosa). Allo stesso modo sceglie di aderire alla sua nazione così come è retta, tanto che, se dissente, va in esilio; infatti il commercio internazionale fonde i popoli e la vita cosmopolita dei ceti più ricchi o degli artisti oggettivamente abolisce le antiche barriere, che la lucida mente del borghese doveva essere comunque tratta a criticare. Eppure in guerra il borghese fingeva di ignorare che i lumi era[...]

[...]afat si difenderà citando i sacrifici sofferti per bene interpretare la parte. Dovremo prestargli ascolto? Nella stessa misura in cui prestiamo ascolto alle isteriche sterili, quando simulano i dolori del parto, capaci di sudare, lacrimare, torcersi e svenire.

Una volta capito il suo principio fondamentale, che egli, tranne quando calcoli, recita senza posa, ecco che il borghese ci appare limpido, da torbidamente enigmatico che sembrava: ecco perché non credendo alla virtù stroncava i fiori del male, non credendo all’amore lo dichiarava con enfasi senza precedenti, non sapendo nutrire sentimenti rigurgitava e ingurgitava sentimentalismi, stava al calcolo più efferato ed al cinismo più smascheratore in bottega e poi piangeva lacrime (uretrali, avverte Freud) al suono d’una canzoncina languorosa o d’una marcia militare, non si abbandonava mai completamente ed il calcolo affiorava in ogni suo gesto eppure conservava i ricordi di tuttiantropologia negativa

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gli avvenimenti debitamente commoventi della sua abietta esistenza (per il [...]

[...]tavano su di lui i segni di speranza della libertà. La rinuncia al sogno di un universo di solidarietà doveva essere conquistata a prezzo di sofferenze, il ricordo della madre gratuitamente affettuosa poteva sorgergli davanti come uno spettro ad ogni passo della sua carriera. Il borghese aveva momenti di vita, pur nelle torture della coscienza infelice, anche se egli chiamava malattia il sorgere della vita. L’uomo massa è di là di tali tormenti, perché si è convertito in mera efficienza, ha imparato a schivare i pericoli del sentimento. L’uomo massa ha ripartito la sua vita in settori separati, il lavoro e il tempo libero, li ha affidati a potenze oggettive, che lo controllano togliendogli il peso della decisione e della scelta (tutt’al più l’uomo massa dovrà optare, votare per questa o quella alternativa preformata dalle potenze industriali alle quali si è consegnato come un cadavere). Per parte sua egli affronta tanto il lavoro come il tempo libero con lo stesso spirito: sportivo, scherzoso e repressivo. Per giungere a tanto si esige la m[...]

[...]elevisione. Non solo, ma l’uomo massa ricorda le canzonette in voga a mano a mano che gliele impone l’industria dei dischi, anzi è suo vizio caratteristico fischiarle o canticchiarle come a segnalare «mi sono sottomesso agli ordini dell’industria dei dischi » ; egli ricorda altresì le trasmissioni radiofoniche o televisive, i conteggi dei punti delle squadre sportive, i caratteri distintivi dei vari tipi di automobili nonché d’altre macchine.

Perché? Invano cercheremo nella lista dei vizi e delle virtù l’incentivo che spinge a stipare nella memoria tanta immondizia. Per capire bisogna rifarsi ai metodi di allenamento dell’esercito tedesco. Uno dei «mezzi per piegare la volontà», anzi, fra quelli il più efficace, era il martirio degli «ordini insensati». Così: obbligare i soldati a destarsi nel cuor della notte e correre a svuotare in breve l’acqua d’una cisterna onde riversarla in un’altra usando di gavette o tazze; meglio ancora: destarli nel108

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cuor della notte e ordinare di arrampicarsi sugli armadi e ridiscendere[...]

[...]zze; meglio ancora: destarli nel108

ELÉMIRE ZOLLA

cuor della notte e ordinare di arrampicarsi sugli armadi e ridiscendere in meno di quattro minuti. Questo accorgimento militaresco l’uomo massa applica volontariamente a se stesso: a furia di compiere operazioni mentali inutili, stipando la mente di notizie superflue, eccolo garantito dall’affiorare di domande pericolose, di pericolosi sentimenti.

Il soldato tedesco poteva domandarsi: — perché mi danno ordini gli ufficiali, con quale diritto umano? Il metodo serviva a dimostrargli che gli ordini erano di fatto antiumani, e che quindi era inutile porsi la domanda. Così l’uomo massa a furia di inzeppare notizie inutili nella sua mente evita di prendere sul serio la domanda: — perché debbo fare come vuole l’industria? Se impara a riverire un annunciatore della televisione o una cantante di canzonette o un giocatore di calcio, sarà talmente allenato ad accettare tutto senza mai domandarsi quid jurisì, che eviterà domande come: — perché mi vogliono far credere che l’azienda dove lavoro è una famiglia o una squadra sportiva dove tutti si vogliono bene, quando è evidente che è un’azienda e basta? Perché debbo credere agli esperti che sbagliano nel calcolare gli effetti dei vaccini, nel predire gli effetti delle esplosioni atomiche, che mutano di anno in anno le loro opinioni su ciò che giova e ciò che danneggia? Perché in particolare debbo adattarmi lietamente ad essere sottoposto a superiori evidentemente idioti? Perché devo fare come suggeriscono gli agenti pubblicitari e i giornalisti? Perché debbo tenere un’automobile dell'ultimo tipo, rassegnandomi alla servitù delle rate?

Nell’Inghilterra borghese, durante la prima rivoluzione industriale, i fanciulli erano sottoposti ad ogni sorta di sevizie al fine di cavarne un reddito secondo l’impiego più razionale: quali costretti a scopare i camini, essendo più economico sacrificare taluno di loro nella cappa che rifare gli impianti, quali altri indotti ad ingoiare grosse dosi di alcool per fermare la crescita, sicché restassero bassi quanto bastasse per insinuarsi nei cunicoli delle miniere.antropologia negativa

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L’orrore c[...]

[...]ll’infame lavoro, ma dalla scomoda crescita del loro corpo.

L’uomo massa fa a se stesso ciò che erano un tempo i riranni a fare ai loro sudditi. Egli reprime sitematicamente nella sua memoria così ampia e tenace il ricordo di tutto ciò che possa avere un umano interesse. Un uomo massa giunge a punti di altissima raffinatezza nell’eseguire l’operazione: egli ricorda la lista d’attori d’un film, ma non c’è verso che ricordi il nome del regista. Perché non è visibile? No, tanto che egli ricorda il nome della casa produttrice. E’ chiaro che egli intuisce il pericolo di poter interrompere, grazie all’associazione dei caratteri personali della regìa di varii film, la serie dei film che egli vede, di far apparire un’opera umana, imprevedibile, nella serie dei prodotti intercambiabili.

La memoria dell’uomo massa seleziona, ma per respingere tutto quanto possa parlargli dell’uomo e dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri.110

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Il gusto dell’uomo massa è sicuro

Nel secolo andato i popolani leggevano a caso tutte le opere n[...]

[...] dal loglio. All’uomo massa è tuttavia offerta un’amplissima scelta; egli può frequentare teatri, se li preferisce agli stadi, può comprar libri, se li preferisce ai rotocalchi, può frequentare concerti invece di azionare macchinettegiradischi, ma di fatto la sua scelta obbedisce alla legge di Gresham, opta per la moneta falsa. Ciò significa che sa distinguere al suono la falsa dalla buona. Per un’intuizione di natura animalesca, o non piuttosto perché la sua intelligenza ne fa un Prospero lucido e saggio? Valga un esempio.

Capitò a chi scrive di soffermarsi in una locanda e di avvicinare alcuni uomini massa i quali, dopo aver spostato sul quadrante della radio il bottone di comando, si fermarono udendo una certa musica consistente di sette note non accompagnate da veruna armonia, a distanze e rapporti pressoché invariati per cinANTROPOLOGIA NEGATIVA

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que minuti primi, con un ritmo uguale, inflessibile come il battito di un orologio. Questa preferivano ad altra, costruita bellamente eppur semplice. Vinto dalla curiosità domanda[...]

[...]drante della radio il bottone di comando, si fermarono udendo una certa musica consistente di sette note non accompagnate da veruna armonia, a distanze e rapporti pressoché invariati per cinANTROPOLOGIA NEGATIVA

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que minuti primi, con un ritmo uguale, inflessibile come il battito di un orologio. Questa preferivano ad altra, costruita bellamente eppur semplice. Vinto dalla curiosità domandai, pur rendendomi conto del non lieve pericolo, perché mai preferissero la prima alla seconda. Caso volle che fossero bene disposti, e dopo varia mia insistenza e vario scambiarsi occhiate di pazientante sufficienza fra loro, risposero: «la sua musica fa tristezza». Che la loro facesse altro era ben difficile credere, né d’altra parte la musica che io suggerivo aveva a motivo la tristezza, era anzi leggiadramente serena. Volevano dire: — La musica che lei suggerisce la conosciamo bene, è di quelle perigliose che ci ricordano la gioia e la tristezza, ci ricordano che possiamo contrastar questa e vagheggiar quella con deboli mezzi umani soltanto. D[...]

[...]aziona » l’intelligenza e la critica, anzi, sì poco le teme che ne accoglie senz’altro la diagnosi. Così le adoratrici di certo jazz si denominano jitterbugs o insetti fremebondi, gli sciagurati che impiegano il breve tempo che li separa dalla morte a stiparsi la mente di notizie sugli sports si denominano fans o janatics. I tifosi già hanno provveduto a classificarsi come malati. Che cosa si può fare per costoro? La ragione resta impotente, non perché essi siano pronti a perseguitarla, come ancora i loro avi borghesi che almeno così, nella loro indignazione, mostravano almeno di prenderla sul serio, ma, molto più disperatamente, perché ne condividono la diagnosi.

L’uomo massa pensa intensamente

La facoltà di connettere è tutt’altro che minorata nell’uomo massa, anzi la sua occupazione preferita è la rapida classificazione di oggetti irrilevanti secondo categorie inutili.

Uno dei diletti maggiori degli uomini massa bersagliati da bombardieri era un ebete classificare gli apparecchi in volo su di loro a seconda della sagoma e del rumore, che consentivano di identificare la ditta costruttrice. Gli antichi popoli sottoposti a dure prove esclamavano: « così vuole l’Altissimo» per dire la loro rassegnazione, oggi l’uomo [...]

[...]tamente, ma l’idea che mi debba sopravvivere, mi è quasi dolorosa.ANTROPOLOGIA NEGATIVA

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Favole? Basta uscir di casa per incontrare i nomadi del nord apparentemente inoffensivi e gli Odradek apparentemente innocui. Sostiamo dinanzi a questo bar: ecco uomini massa con facce corrugate intenti attorno ad un bigliardino a provocare l’accensione di lampadine elettriche girando una manovella; è un gioco puro, senza infingimenti di interessi, perché non si può ricavare alcun guadagno facendolo, un gioco del tutto idiota, e infatti uomini massa stanno con faccia accigliata ad osservare. Vedine altri attorno ad una tabella che reca risultati sportivi, con pari animalesca serietà intenti a mandarli a mente quasi si trattasse d’un poema soavissimo. Nello stanzino riservato vedine altri che fissano lo schermo della televisione: paiono assopiti, cullati dalla dolce certezza che qualcuno parla e guarda in vece loro.

Dapprima in questi accampamenti dei nomadi ci si inoltra sicuri, ma poco alla volta ci si accorge che il terreno è pericoloso. [...]

[...] soavissimo. Nello stanzino riservato vedine altri che fissano lo schermo della televisione: paiono assopiti, cullati dalla dolce certezza che qualcuno parla e guarda in vece loro.

Dapprima in questi accampamenti dei nomadi ci si inoltra sicuri, ma poco alla volta ci si accorge che il terreno è pericoloso. Impercettibilmente il nostro sguardo devia, per disattenzione, verso lo schermo, e avvinto senza che se ne avveda, si posa su di esso, non perché vi sia qualcosa da osservare che non sia un’immagine quando non degradata superflua e filistea della realtà, ma perché si è indotti a rivolgere a Odradektelevisione la stolida domanda:

— chi sei? —, per ottenere la stolida risposta: — Odradek, quasi fosse un canto di sirena. Così si viene irretiti da un banco di sirene che al contrario delle antiche, minacciose perché tutto rammentavano della guerra di Troia, tutto fanno scordare: lobotomizzano; poi altro banco ancora di tali creature sollecita muto il nostro sguardo: in mano ad altri uomini massa scorgiamo rotocalchi cosparsi di figure che, a furia di ricomparire esigono imperiosamente un cenno di riconoscimento, e seppure paiopo persone (attori, calciatori, annunciatori), non sono in verità che nuove apparizioni di Odradek. O ancora vedi, uscendo da codesto antro di tentazioni del non tentante, di allettamenti del non attirante, per la strada gruppi d’uomini massa contemplanti, fermi attorno ad una autom[...]

[...]sigono imperiosamente un cenno di riconoscimento, e seppure paiopo persone (attori, calciatori, annunciatori), non sono in verità che nuove apparizioni di Odradek. O ancora vedi, uscendo da codesto antro di tentazioni del non tentante, di allettamenti del non attirante, per la strada gruppi d’uomini massa contemplanti, fermi attorno ad una automobile.

Osservi la forma di blatta della carrozzeria, odi il rumore sgradevole che getta, ti domandi perché abbiano a guardarlo e,116

ELEMIRE ZOLLA

sapendoli sforniti di linguaggio e incuranti d’imparare il tuo, figgi lo sguardo nell’oggetto stesso e, disperato, lo domandi ad esso, e ti risponderà: — Odradek.

L’uomo massa moltiplica il linguaggio

Forse si obietterà all’idealizzazione poetica dell’uomo massa che Kafka ha torto dicendo che esso non ha un linguaggio. Di fatto esso talvolta parla, ma è il suo un linguaggio o non una pluralità di linguaggi che esclude la comunicazione?

Il borghese corrompeva il linguaggio con la rettorica. L’uomo massa non ha bisogno di servirsene male, [...]

[...]e ti risponderà: — Odradek.

L’uomo massa moltiplica il linguaggio

Forse si obietterà all’idealizzazione poetica dell’uomo massa che Kafka ha torto dicendo che esso non ha un linguaggio. Di fatto esso talvolta parla, ma è il suo un linguaggio o non una pluralità di linguaggi che esclude la comunicazione?

Il borghese corrompeva il linguaggio con la rettorica. L’uomo massa non ha bisogno di servirsene male, lo fa proliferare come un cancro perché muoia e non possa dare più fastidio.

Anzitutto l’uomo massa crea per ogni attività un linguaggio cifrato a parte del tutto superfluo ai fini della comunicazione, ma sommamente utile nel dividere il mondo del lavoro dal mondo umano generale. Un tempo un medico si esprimeva nella lingua italiana o francese o inglese o latina, ora ha un gergo di parole gratuitamente formate per ravvolgere d’una nebbia il discorso scientifico. Una sentenza di cent’anni fa poteva essere prontamente compresa dalla massima parte dei buoni parlanti, oggi i giudici si industriano di scriverla in modo che appaia ind[...]

[...] e a conii grecolatini, e tali maschere sono soltanto d’impaccio.

Invece della lingua unica ne sorgono tante quanti sono i rami di specializzazione degli studi. Ma quando l’uomo massa non lavora, quale lingua usa? Come sul lavoro parla una lingua grottesca, comicissima con volto serissimo, così nel tempo libero parlaANTROPOLOGIA NEGATIVA

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una lingua mortalmente triste con volto sempre scherzoso. Il suo linguaggio quotidiano è triste perché non è né scelto né ereditato, ma raccattato, subito per disattenzione e conformismo; esso si compone di termini « lanciati » dall’industria dei giornali, dai programmi di varietà e di canzonette. Esiste una formazione costante di termini nuovi superflui, a parte i neologismi necessari per nuove realtà. L’utilità dei nuovi termini sta nell’essere adeguati alla mentalità di massa, ovvero indeterminati e tuttavia perentori. Sono come segnali di traffico, frecce indicative, sono involucri senza un contenuto metaforico vivo. Possono anche essere termini del linguaggio tradizionale, che l’uomo mass[...]

[...] il genere e la declinabilità.

Per l’uomo massa l’imprecisione è un reagente che lo fa sentire più vivo, e per rimediare alla crescente imprecisione ricorre alla moltiplicazione di gerghi spurii e convenzionali.

L’uomo massa è diabolico

L’uomo massa non vuole dunque comunicare, e infatti evita la conversazione, e quando mai debba affrontarla la ridurrà a notiziario deH’industria culturale ed a luoghi comuni. Egli è estremamente discreto perché non potrebbe mai vedere in altri qualcosa che non sia la « simpaticità » o « l’antipaticità », alla stregua degli idioti. Tutto poggia su un equivoco, affermava Kafka. Ma l’equivoco è voluto dall’uomo massa, il quale ha stabilito le seguenti inversioni.

Ciò che annoia diverte e viceversa

Sarà dunque divertente un romanzo poliziesco, la sosta micidiale sotto il sole in una pubblica spiaggia, un film triviale, un programma televisivo di domande, una partita sportita, e via enumerando, mentre un poema, una conversazione saranno tediosi, (o barbosi) termine slang di origine forse scolastica[...]

[...]i simili a verifiche di macchinari (overhaulings o chec\ups), o considerare il cibo non più benedizione celeste ma lubrificante e carburante da correggere con additivi, ritenere la propria persona non già immagine di Dio ma sagoma (il gergo italiano ha sostituito a persona sagoma) da dimensionare o colorire a seconda dei precetti dei fabbricanti di dimagranti o abbronzanti o ringiovanenti.

Sono queste alcune delle distorsioni dell’uomo massa. Perché è indotto a operarle? A cagione delle sue infermità. Eccole:

L’uomo massa è sordo. Infatti non percepisce la distinzione fra suono e rumore e aborre dal silenzio. Domandai un giorno ad un cameriere costretto a stare l’intero giorno in una sala dove suonava un apparecchiogiradischi: — come fa a sopportarlo? —. Mi rispose — Non lo sento neanche.

L’uomo massa è cieco. Vede soltanto attraverso il diaframma delle fotografie una realtà sterilizzata, e se mai riesce a concepire una visione non fotografica, mortuaria dunque, essa sarà fatta di linee astratte. Manca il rapporto interpretativo fr[...]

[...]zzo che nutre per i suoi colleghi. Il giorno che l’uomo massa dovesse smascherare il sistema degli esperti, cesserebbe d’essere uomo massa, non per ritornare borghese o artigiano ma per rifarsi al momento in cui inizia l’antropologia negativa (non necessariamente negativa, quindi doloroantropologia negativa

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samente tale), al Rinascimento che vide uomini interi come Leonardo o l’Alberti. I tempi sono tanto maturi come impropizi, maturi perché mai come oggi è stata chiara l’usurpazione del potere da parte degli esperti, mai come oggi è stato possibile pensare di estendere a tutti una educazione politecnica e mai come oggi v’è una sete di liberazione che si manifesta nella puerilità del do it yourselves, impropizi perché mai come oggi l’uomo ha temuto la responsabilità, il rischio personalmente accettati, e deve delegarne l’esercizio all’esperto (arriva al punto di affidare perfino la propria casa alle mani di un esperto, l’arredatore). Subire le conseguenze degli errori altrui gli par più lieve che subire quelle dei propri.

L’uomo massa sa differenziarsi

(Dome può un uomo massa volersi differenziare dagli altri uomini massa? Il borghese che avesse accumulato denaro a sufficienza si atteggiava a gentiluomo per dividersi dai suoi compagni di tribolazione mercantile, imitava gli aristocratici, sposandone [...]

[...] certi stereotipi o attraverso l’adozione di trovate, nella vita o nel vestiario o nei gusti. Così i frequentatori di luoghi turistici particolari, gli esseri contrassegnati dalla personalità artificiosa in serie acquistata grazie al rovesciamento dell’uniformità di massa. Essi hanno un linguaggio simile allo slang prevalente, ma con storpiature di parole o abbreviazioni o nuovi conii

o soltanto con pronunce particolari che essi affettano non perché le ritengano miglioramenti ma perché rispondono allo schema astratto e generico deU’affettazione in se stessa e quindi escludono ogni movente serio, quale poteva esserci nell’antico snobismo, che era un tentativo maldestro di attingere forme di vita più alte. Essi accolgono la musica delle masse, ma prediligendo bande ancora poco note, sofisticate; si occupano di sports facendo ridicole distinzioni fra sports vili e nobili oppure occupandosi appunto dei più diffusi con un tono che insinua — ce ne occupiamo, ma in modo diverso dagli altri — al modo di certe rubriche sportive su periodici di cultura italiani. E’ gente assai più vo[...]

[...]riprodotti. A vuoto; così come i membri del partito si compiacciono della ripetizione ottundente d’una propaganda prevedibile e monotona. L’uomo massa non può evadere dunque attraverso lo snobismo d’una o d’altra sorta, che gli consente soltanto il tetro divertimento del prigioniero che nella sua cella si spoglia della casacca a strisce per avere un’illusione di libertà.

L’uomo massa non si sa difendere

L’uomo massa non può difendersi, non perché manchi di sofismi ma perché lo pungola internamente un senso di colpa; così Oreste, creatura della civiltà patriarcale era perseguitato dalle Furie, divinità del mondo matriarcale crollante.

Quanto a pretesti, a mezzi di difesa d’ogni sorta, l’uomo massa ne sfodera in copia, confermando ancora di essere non già un Calibano, ma un Prospero. Anzitutto l’uomo massa solleverà un’eccezione alla competenza di chi lo giudica: «Con quale diritto si mescolano psicologia, letteratura, filosofia, sociologia per dare un quadro necessariamente falso della società e dell’uomo che in essa vive ? Si tratta di specialità da lasciare [...]

[...]sostituito per l’uomo massa l’orrore della mescolanza di sangue dei primitivi, e l’idea del valore (scientifico) come dolorosa serietà di mutilato.

Ma, venendo al merito: l’uomo massa si difenderà sfoderando un nominalismo radicale, affermando che uomo massa (o eterodiretto) è un concetto di comodo, una etichetta che l’epistemologia avverte di non scambiare per una realtà. Il che è inu130

ELEMIRE ZOLLA

tilmente vero e ovviamente falso, perché anche un tavolo è ùn concetto di comodo per la sottostante realtà di particelle atomiche o subatomiche, e ancora queste sono un concetto di comodo, un’ipotesi senza sostanza. Esaurita tale arma, l’uomo massa ricorrerà alla metafisica che lo difenda dalla storia: «l’uomo resta immutato a dispetto di tutte le vicende, e ciò che par nuovo non è che la veste di una sostanza inalterabile nel tempo». Ma se mai si volesse concedere che l’uomo fondamentalmente non muta, bisognerebbe anche aggiungere che dei suoi fondamenti importa assai poco, perché immutevoli appunto, e ciò che preme di scoprire è l[...]

[...]subatomiche, e ancora queste sono un concetto di comodo, un’ipotesi senza sostanza. Esaurita tale arma, l’uomo massa ricorrerà alla metafisica che lo difenda dalla storia: «l’uomo resta immutato a dispetto di tutte le vicende, e ciò che par nuovo non è che la veste di una sostanza inalterabile nel tempo». Ma se mai si volesse concedere che l’uomo fondamentalmente non muta, bisognerebbe anche aggiungere che dei suoi fondamenti importa assai poco, perché immutevoli appunto, e ciò che preme di scoprire è la diversa «accidentalità» del presente.

L’uomo massa ricorrerà poi al pragmatismo, ribattendo che, una volta individuati i mali della società, affermato che la vita di massa è degradante, se questa verità non serve a nulla è una non verità, poiché la verità è uno strumento per modificare il mondo. Se non si ha una terapia per massa, inutile fare diagnosi. La terapia invece è pronta: basta che ci si persuada di non poter uscire dalla caverna platonica a tre per tre ma solo a uno a uno, o, al massimo, come Lara Fédornovna ed il dottor Zivago[...]

[...]ù smorta e squallida, meno viva e perciò, quando crudele, sconfinatamente e tecnicamente tale. Ancor meno si tenta di fomentare nostalgia per tempi andati: se mai si ricorda che in Atene le menti non erano ipnotizzate dai cocchi, ciò serve a chiaroscurare il quadro del momento attuale, non è assurdo invito a marciare a ritroso nella storia; è all’idea del bene quale è pur concepibile nelle attuali condizioni che si vuole semmai indirizzare. « Ma perché occuparsi di simili banalità ? » è l’intervento adesivo che tenterà il letterato d’antico stampo o il filosofo accademico, che desiderano tenersi nel limbo della vuotezza e quindi disarmati dinanzi alla realtà come è.

Se invano avrà tentato di rassicurarsi contro la sua colpa con codesti argomenti alti, l’uomo massa si difenderà con una fuga nella nevrosi, recitando una scena isterica: chiederà l’assoluzione per incapacità d’intendere. Per coazione alla succubanza: «Ma

lo fa anche Tizio», e il nome invocato sarà cinto di prestigio sociale (l’uomo massa è del tutto incapace di giudicare [...]

[...]sì capita che criticando una certa istituzione di massa, il foot ball o i bigliardini o le canzonette, si sia aggrediti da un «Ma lo faccio anch’io! », con la variente civettuola: « io guardo la televisione, m’interesso di sport e tuttavia non potete dire che questo mi impedisca di gustare l’arte o di amare o di cogliere la singolarità d’ogni momento ddl’esistenza » dove si vuole ignorare che l’usura del Kitsch è lenta e se ci è voluto del tempo perché i popolani italiani devoti all’opera lirica nazionale diventassero degli uomini132

ELÉMIRE ZOLLA

massa fischiettanti canzonette sincopate o giulebbose, sull’individuo l’usura potrà essere quasi inavvertibile (ma facendo attenzione non sarà difficile reperire i segni clinici della degenerazione, così come l’occhio esercitato scorge nel bevitore che si vanta ancora della sua capacità di resistere senza danno, i primi segni dell’alcolismo).

« Ma che male vi fa ? » è l’ultima folle sortita dell’uomo massa: gli si risponderà: «il male che ti fai».

Un’ipotesi sulla nascita dell’uomo ma[...]

[...]tore che si vanta ancora della sua capacità di resistere senza danno, i primi segni dell’alcolismo).

« Ma che male vi fa ? » è l’ultima folle sortita dell’uomo massa: gli si risponderà: «il male che ti fai».

Un’ipotesi sulla nascita dell’uomo massa che potrebbe aiutare a

provocarne la morte

In fondo tutte le manifestazioni interiori della civiltà di massa sono fenomeni secondari, prodotti dell’industria che controlla il tempo libero. Perché mai però l’uomo massa sottopone il suo tempo libero alla preformazione del Kitsch ? Prospetto una ipotesi sull’origine pedagogica del Kitsch.

L’uomo massa ricorda un tempo in cui la sua memoria e la sua attenzione erano calamitate spontaneamente da cose singolari e non da clichés: l’infanzia. La terapia proustiana contro la noia borghese stava appunto nel far scaturire il senso della verginale scoperta delle cose mediante un contatto per associazioni di sensazioni con quel tempo, con il paradiso perduto della percezione incorrotta. Ma quel paradiso perduto sta sotto il segno di una partico[...]

[...]a coercizione impersonale della scuola anonima, miscuglio di promiscuità e fredda solitudine, lizza per una libera concorrenza nei voti. La prima esperienza del mondo reale come dura palestra e della separazione del pubblico dal privato introduce allo studio. Il Kitsch è associato alla protezione familiare e umana e insieme al giulebboso terrorismo, mentre lo studio e la serietà sono associati all’impersonalità ed alla noia. Così forse si spiega perché il Kitsch viene cercato pur non avendo esso nulla da offrire, per un riflesso condizionato simile a quello per cui un gatto ci corre incontro quando con le labbra imitiamo un pigolìo d’uccelli, ricordo di fieri assalti al suo tempo di libertà. Ma come il pigolìo simulato è ormai il segnale della servitù dei gatti, così il Kitsch è l’emblema della noia quotidiana (sul New Yor\er apparve una vignetta di due persone intente a guardare la televisione, l’una reagisce alla faccia annoiata dell’altra esclamando: programs are always thè same, but then what isn’t?).

Elemire Zolla


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Perché, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---italiano <---italiana <---Pratica <---Diritto <---Così <---Ciò <---italiani <---socialista <---Ecco <---socialismo <---comunisti <---abbiano <---comunista <---ideologia <---marxista <---Basta <---Del resto <---Filosofia <---fascismo <---Logica <--- <---comunismo <---socialisti <---Più <---fascista <---realismo <---Dio <---Stato <---marxismo <---Scienze <---Sulla <---capitalismo <---d'Italia <---ideologico <---Dialettica <---Fisica <---Però <---cristiana <---ideologie <---Cosa <---Francia <---Lenin <---Poetica <---Estetica <---Quale <---ideologica <---Già <---La sera <---Linguistica <---Meccanica <---Psicologia <---Sistematica <---lasciano <---psicologia <---psicologica <---psicologico <---Bologna <---Dico <---Gramsci <---Retorica <---Voglio <---dell'Italia <---ideologici <---italiane <---lista <---materialismo <---parallelismo <---Come <---Dei <---Marx <---Niente <---Non voglio <---Partito <---Storiografia <---artigiani <---fascisti <---filologico <---marxisti 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