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Il segmento testuale Paura è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 126Analitici , di cui in selezione 4 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]r dentro il mondo intero; e loro, quelli dei governi, dei razzi, dei dischi e delle bombe, per primi!
Un ciac; un breve silenzio; poi un altro ciac; come se, invece che di gocce d'acqua, si trattasse di mosche che una mano scagliava da chissà dove perché andassero a schiacciarsi sulla terra.
La minestra da fare; il pezzo di fesa da battere... La Redenta lo guardò un'altra volta starsene li, sul tavolo, e un'altra volta avverti la sensazione di paura e di schifo che sempre provava davanti alla carne in genere e alla polleria in particolare: « carne a mezzogiorno e carne alla sera — si disse — Sempre carne 'sto scapolo d'uno scapolo! Come se non sapesse che metà della gente, a furia di arteriosclerosi e pressione alta va a finire a morir d'infarto! Coi duecento e più che ha! »
Lo scapolo era il fratello, quello con cui aveva vissuto fin li e con cui avrebbe forse vissuto fin alla fine; perché l'idea che il Luigi si decidesse a prender moglie alla bell'età di quarantacinque anni, non riusciva a persuaderla; questo anche se di tanto in tant[...]

[...]r sempre. Figurarsi, col carattere con cui era venuta al mondo, poi!
72 GIOVANNI TESTORI
Si e no un respiro, ed ecco un lampo più lungo degli altri saettar giù dalle nubi e lacerar i vetri della casa; nell'interno le stanze parvero incendiarsi; subito dopo, il tuono prese a correr nel cielo per perdersi poi in una catena di brontolii, là, oltre l'orizzonte.
Chiusa dentro la sottana della madre, la Lisetta si senti prender un'altra volta dalla paura; allora diede un grido da bestiolina ferita e ricominciò a tremare.
« Ma di cos'hai paura, scemetta? — fece la madre, cercando
di levarsela d'attorno — Mettiti là a far 'ste aste! ».
Ma di far le aste, la Lisetta non si sentiva; infatti, appena il temporale s'era annunciato, la piccola Borgonuovo s'era levata dal tavolo e s'era rifugiata nelle braccia della madre dove si trovava tuttora; in quel modo il quaderno era rimasto aperto sul tavolo, lá dove la sua matita aveva tracciato con timido impaccio le prime file di segni.
« Guarda il coraggio che ha il Tino! E si che è minore... »
Il Tino, maschio unico tra i molti Borgonuovo di via Aldini, era infatti uscito di casa alle pr[...]

[...] fu quello dell'Enrico.
« Dove si sarà cacciata, quella bestia ? » — fece rimettendo le mani dentro le maglie, i fazzoletti e le mutande.
Lampi, tuoni; qualche scroscio improvviso; nuove zaffate di aria; mulinelli di foglie; gocce, terra e immondizie.
Sull'ingresso il Tino, il Franchino e l'Enrico saltavano presi dall'emozione; ad ogni lampo che s'apriva nel buio delle nubi, era come se una vipera li mordesse alle caviglie, allora, tra gioia, paura e piacere uno gridava, l'altro imprecava e l'altro ancora aizzava la tempesta a raddoppiar la sua furia.
Intanto, dentro il biancore ingiallito e consunto dei lenzuoli, il vecchio Oliva continuava a guardar immobile oltre la finestra; ma era come se non vedesse niente. La lunga, leggendaria malattia (era infermo da più di sei anni) l'aveva fatto chiamar da tutti gli inquilini: la nostra mummia. Come altri, già diffusi o sul punto d'esserlo, a trovar quel soprannome era stata la Redenta; una volta che la madre del Luciano le aveva detto come non fosse riuscita
76 GIOVANNI TESTORI
a chiuder [...]

[...]fugiandosi inorriditi nell'interno — Aiuto! »
«Cosa c'è? — gridò dall'alto la Schieppati — Enrico? Cosa c'è?»
« E' venuto giù un pezzo di casa! » — fece dal basso l'Enrico, preso dal terrore.
«Cosa? »
Dalla sua porta era uscita intanto anche l'Enrica e, sporgendosi dalla ringhiera, chiedeva anche lei, con voce eccitata, cosa mai fosse successo.
« E' venuto giù un pezzo di casa! »
cc Un pezzo di casa? E come? E da che parte? »
« No! Niente paura! — intervenne a quel punto il Tino, che aveva trovato il coraggio di tornar fuori a veder quel che era successo. — E' stata una persiana. S'è tutta sfasciata... »
Così, mentre altre inquiline, gli occhi fuor dalla testa, si sporgevan dalla scala o s'affacciavan alle porte, il vento continuò a tur
IL FABBRICONE 79
binare tutt'intorno al casone e l'acqua a scrosciare senza trasformarsi però mai in tempesta, come invece, dalla cucina, la Redentat aveva continuato a desiderare e come il tonfo della persiana l'aveva indotta a più vivamente sperare.
Quando quei segni e altri che s'accavallarono[...]

[...] il vecchio. — Quante volte devo dirvi che a furia di pietà, 'sti dannati stan prendendoci in mano il mondo? E dopo, quando ce li avremo anche qui, in casa? Cosa servirà, dopo, tutta la vostra pietà? Buoni sì, ma coglioni no. E a me pare che con quellilà... ».
Non era certamente questo l'avvio desiderato per la conversazione che pure avrebbe dovuto svolgersi fra i tre Oliva; visto anzi
IL FAI3RRICONE 85
quel tono, figlio e nipote ebbero quasi paura a cominciarla; la decisione, infatti, cui eran pervenuti nella seduta svoltasi al Circolino dalle sei alle sette e mezza, era che, al gesto dei rivali, bisognasse risponder si con fermezza, ma il più civilmente possibile.
«E allora cos'avete deciso? Su, avanti, cos'avete combinato? » — fece il vecchio, dopo un lungo silenzio d'attesa. Figlio e nipote si guardaron in faccia un momenta, quindi il primo fece al secondo:
« Spiegaglielo tu, Luigi; tu sei più pratico... ».
« Non è stato facile — fece il Luigi, mentre con un certo imbarazzo passava e ripassava le dita sui riccioli dell'acquasanti[...]

[...]gru
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mo di catarro cominciò a rendergli pesante e faticosa la voce — Democrazia si, ma per gli altri! Democrazia perché 'sti maiali possan propagandare con tutti i mezzi le loro teorie e il loro marcio! Quando poi tocca a noi, allora civiltà, bontà, carità... Si, altro che bontà, civiltà e carità, vigliaccheria! Vigliaccheria, che un giorno o l'altro potrebbero rinfacciarci tutti, preti e non preti! Vigliaccheria e, insieme, paura! Paura di prender una decisione che li sistemi una volta per sempre. Già, ma voi — fece, dopo essersi liberato da quel grumo di catarro, sputando in un fazzoletto che rimise subito sotto la pigna dei cuscini — che colpa potete avere, voi? E' il governo che ha colpa; il governo che sta diventando sempre piú molle! Fosse fatto di donne avrebbe piú decisione! »
« Ascolta un momento, nonno. Siccome la denuncia non si poteva fare... ».
« Abbiamo parlato, discusso... — intervenne a quel punto l'Oliva padre — Non crederai che non si sia pensato d'usar le maniere forti... Ma, ammesso che d'usarle fosse se[...]

[...]iscusso... — intervenne a quel punto l'Oliva padre — Non crederai che non si sia pensato d'usar le maniere forti... Ma, ammesso che d'usarle fosse sembrato il caso, cos'avremmo ottenuto? Niente, se non di scender anche noi al loro livello e perder quel che, in definitiva, è il nostro carattere ».
« La galera; ecco quello che ci voleva — cominciò a borbottar il vecchio — La galera... » — ma lo borbottò talmente piano da far credere che, o avesse paura d'esagerare, o volesse tener tutta per sé la goia con cui la fantasia gli mise davanti la scena dei Villa ch, ammanettati, la testa bassa, se ne uscivano, uno dietro l'altro, dal fabbricone; e che ci sputassero sopra tutti, santo dio! Perché poi, quand'è il momento, la religione la si deve difendere con le spade e le forche! Se la si vuol difendere!
« Insomma, ho capito: abbiam fatto i conigli un'altra volta; un'altra volta, un altro manifesto. E' vero che è cosí? Un altro manifesto che proclami a tutti quel che loro han fatto; un altro manifesto dove, a un certo punto, dovrebbe esserci scri[...]

[...]ché li asciugasse; e così facendo, ripensò, come sempre faceva in quei casi, a quando il marito le aveva gridato il giorno in cui avevan dovuto decidere il nome da dare al primogenito: « Antonio? — aveva gridato — E perché, Antonio? Perché si chiamava così tuo fratello? Ma, a me, i nomi dei santi non piacciono... ». Viste, però, le sue insistenze, il marito aveva finito con l'arrendersi: « se proprio tu ci tieni, ecco, chiamiamolo Antonio; ma ho paura che quel nome non gli porterà fortuna... ». In quel modo i due successivi sui quali lei non aveva piú osato avanzar proposte, eran stati chiamati, uno Carlo, non per il
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GIOVANNI TESTORI

santo, ma per l'autore del « Capitale » e l'altra Liberata, perché in quegli anni l'Italia libera non era: un nome che, nelle loro intenzioni, doveva dunque esser di speranza, insieme che di ribellione.
« I nervi, si, i nervi! E ho tutte le ragioni d'averli! Quante volte devo dirti che a me, preparar la carne, mi rivolta ? Ê peggio che se preparassi quella d'un cristiano... » — disse la Redenta.[...]

[...]non
ne ho piú; se dunque riesci a guadagnarli con le tue mani bene,
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altrimenti va' per la tua strada'. E siccome di posti, a me, non ne ha mai trovati nessuno, i soldi me li son dovuti guadagnare con quel che ho a disposizione... »
« Sandrino... » — fece la madre cercando di prender il figlio per le spalle; fosse riuscita, l'avrebbe certo stretto in un abbraccio che sarebbe stato d'amore, insieme che di disperazione e di paura. Ma il Sandrind con un colpo gli sfuggi via.
« Sandrino... » — mormorò un'altra volta la donna.
« Lasciami andare, va, che non sto più in piedi dal sonno. Son qui tutto bagnato, non vedi? Del resto se proprio ti faccio schifo non hai che da dirmelo e me ne vado subito. Ormai ho visto che non si fa nessuna fatica a trovar chi, oltre alla grana, ti dà anche il letto. Si tratta solo di cambiar di tanto in tanto, come negli alberghi... »
Il Sandrino non aveva ancor finito di parlare che la madre, rotta dai singhiozzi, s'era abbandonata sul tavolo; nel colpo le ultime calze e gli ultimi fazzole[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Lelio Basso in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]mpedire uno sviluppo spontaneo, finisce col far appello, contro la spontaneità, all'ubbidienza meccanica, specialmente quando si vuole imprimere alla marcia delle cose un ritmo eccezionale e manca quindi il tempo di fare appello ad un processo, inevitabilmente più lento, di adesione cosciente. Ubbidienza meccanica si traduce spesso in ultima analisi in conformismo degli inferiori verso superiori, in caporalismo dei superiori verso gli inferiori. Paura della responsabilità in chi si limita a ubbidire senza discutere e magari senza assimilare, burocratismo nei quadri intermedi che si limitano a trasmettere la circolare o la direttiva, sclerosi del pensiero e del processo creativo negli intellettuali conformisti, esaltazione parossistica e tendenza all'abuso del potere nei dirigenti, via libera al carrierismo e al servilismo: queste sono conseguenze a cui difficilmente sfugge a lungo andare una dittatura. Credo che siano ben pochi nella storia gli esempi di persone portate dagli avvenimenti alle vette del potere e che abbiano ciononostante co[...]

[...]gilanza degli occidentali, e coloro che spiegano la destalinizzazione con ragioni di politica internazionale soltanto, sono fuori di strada. Basta leggere attentamente il rapporto introduttivo di Krus'ciáv, e in genere i discorsi tenuti dai dirigenti al XX Congresso, per rendersi conto che la lotta da essi impegnata é soprattutto una lotta contro quei formidabili nemici del progresso che sono il conformismo e il burocratismo, il caporalismo e la paura della responsabilità, il dogmatismo e l'assenza di spirito critico. Non una polemica storica contro le colpe passate di Stalin hanno condotto i dirigenti sovietici, ma una battaglia politica contro le sopravvivenze dello stalinismo; non contro Stalin morto ma contro lo stalinismo vivo, o perlomeno contro i suoi aspetti deteriori che gli sono sopravvissuti, hanno impegnato tuttte le loro energie. Certo, per condurre con estrema decisione questa battaglia, essi hanno dovuto infrangere il mito che sta dietro alla mentalità che si sono proposti di distruggere: solo riducendo Stalin alle sue reali[...]



da Danilo Dolci, Pagine di un inchiesta a palermo, introduzione di Ernesto De Martino in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]quecento, maschi
e donne, avevamo il corpo sciolto (diarrea).
Il tifo, per forza doveva venire: perché le sporchezze erano trappe, le case sono strette, senza l'acqua, e ci stanno anche otto, dieci, e anche più persone per stanza: piccole celle. Qualcuna con pavimento di terra,
e certe sono grotte. In tante case per sedersi usano pietre o latte di conserva. Pidocchi a quintali. Quando sono morti quelli là, erano pieni di pidocchi che facevano paura. Sono venuti a portare delle polveri disinfettanti e le buttavano dentro le abitazioni, sulle strade, e anche andavano gli uomini e le donne così, vestiti, e ci aprivano la camicia e quelli ci buttavano la polvere dentro.
Anche quest'inverno passato c'é stato la pioggia potente e si sono riempite parecchie case e sono venute delle autorità a guardare e, se ne sono andate via. La gente mettevano sui carrettini materassi, cuscini, quei pochi stracci che avevano, e andavano in giro a cercare abitazione, con gente di altri quartieri, presentandosi alla legge. Tutti questi fuori di casa, l'hanno [...]

[...]La religione non conta qui dentro, perché la maggioranza sono compagni (io mi devo iscrivere alla D. C. Non per darci il voto ma per poter fare le cose mie) però, a tempo di votazione, viene il prete e qualche borghese, offrendo qualche coppa di pasta, con la speranza di avere il voto. Vengono, la maggioranza, la Monarchia; hanno fatto i tesserini, lasciavano l'indirizzo che dovevano andare a prendere un chilo di pasta. La maggioranza c'è chi ha paura e vota per il partito che loro ci dicono. Paura che il partito sapesse che non han votato per lui. La maggioranza non va in Chiesa, non c'è domenica né giorni di festa. La domenica c'è il pensiero come svolgere per pater apparecchiare la tavola con qualcosa da mangiare.
E un rione difficile. Una volta sono venuti due persone per far fotografie e uno di qui, ubriaco alle dieci e mezzo di mattino, monarchico, ha sdraiato le mani d'improvviso e ci ha acchiappato la macchina fotografica, che non vogliono che facciano fotografie. E quelli là, meschini, si misera in paura che si spezzava la macchina fotografica di 80.000 lire.
Chi ci ha otto f[...]

[...]va in Chiesa, non c'è domenica né giorni di festa. La domenica c'è il pensiero come svolgere per pater apparecchiare la tavola con qualcosa da mangiare.
E un rione difficile. Una volta sono venuti due persone per far fotografie e uno di qui, ubriaco alle dieci e mezzo di mattino, monarchico, ha sdraiato le mani d'improvviso e ci ha acchiappato la macchina fotografica, che non vogliono che facciano fotografie. E quelli là, meschini, si misera in paura che si spezzava la macchina fotografica di 80.000 lire.
Chi ci ha otto figli, chi sei, chi dieci: é l'unica delizia avere figli. E l'unica delizia della povertà.
Due tre volte ci son venuti i preti in questo quartiere, per insegnare la dottrina ai bambini : mancavano due mesi alle elezioni. Noi abbiamo pulito alla meglio e ammucchiata e spianata della terra. Dopo due o tre giorni sono venuti a fare un cinema di Madonne e santi. Poi hanno visto che il cortile era troppo sporco e i bambini erano indiavolati e non ci potevano badare e sono scomparsi dalla circolazione. I bambini
gli dicevano [...]

[...]hé non avevo soldi, andavo a trovare mia moglie all'ospedale a mani vuote. Era assai umiliante per me, non mi sentivo uomo, marito; un giorno che mi fu possibile portarle un'arancia, mi parve giorno di festa. Un'arancia. Che cosa é un'arancia? Eppure per me era tutto.
Mi sentivo isolato da tutti, andavo da un barbiere all'altro per avere lavoro: niente. Volevo andare a trovare qualche mia vecchia conoscenza per rifare quell'altro « lavoro »: la paura di lasciare mia moglie solo mi teneva. Incontrai un giorno un mio amico che borseggiava: mi regalò cinque lire che mi servirono per mangiare due giorni e portare qualche cosa a mia moglie. Mia madre, che comprendeva la mia intima lotta, una sera mentre a tavola mangiavo un piatto di minestra, mi disse: — A Gi', stai attento a quello che fai. Ricordate che adesso ci hai moje e nun poi fa' quello che te pare, speciarmente che quella na regazzina —. Quel consiglio mi rasserenò e, pare, mi portò fortuna. Pochi giorni dopo trovai lavoro in un barbiere napoletano guadagnando 25 lire la settimana ol[...]

[...]ul posto a lavorare. Era emozionante vedere come alcuni contadini, i quali erano reduci dalla guerra di liberazione, si facevano avanti per prendere loro la direzione dell'operazione. E mi si facevano attorno. Qualcuno guardava se veniva la polizia.
Ci siamo incamminati verso il feudo: era un mare, non si capiva niente, non ho la sensazione di quanti ettari era: cielo e terra. La strada era lunga, non si arrivava mai. Quando siamo arrivati, per paura che sul posto ci fossero mafiosi nascosti, v'era una specie di promontorio, e li ci fermammo a discutere se conveniva andarci tutti assieme o a quattro a quattro. Intanto che discutevamo, il capo della sezione locale se ne é andato solo, dentro il feudo. E così noi anche preoccupati per lui, solo, andammo tutti.
E qui quello che ti dicevo prima: uno mette la cinta, l'altro le pietre, l'altro un pezzo di canna. Ognuno prendeva per conto proprio. Il terreno i proprietari, credendo di fare i furbi, l'avevano fatto arare pochi giorni prima per dire che non era incolto. E intanto i contadini comi[...]

[...]dini che tenevano le bandiere: uno teneva la bandiera italiana, un altro la bandiera rossa. Abbassi queste bandiere! Qui non siamo comunisti — disse il maresciallo: — Via la bandiera rossa, questa non é italiana. — C'era il pericolo di cadere nella loro provocazione, come seppi poi era avvenuto a Bisaquino, che per via della bandiera era successo un pandemonio: ci sono stati feriti nella polizia e nella popolazione.
Si pattul — non ci facevano paura con tutti i loro mitra al collo —che le bandiere sarebbero state appoggiate al muro, ma non chiuse. E intanto l'ufficiale cercava di prender tempo dicendo che a Montelepre c'era il Prefetto che stava parlamentando con i contadini e mettendosi d'accordo che il terreno lo avrebbero dato senza bisogno di occuparlo.
Aspettavamo che venissero i contadini, di Montelepre, e ci mettemmo a giocare a « lignicedda ». Si attese, si attese, questi compagni non venivano. C'era qualcuno che diceva di cominciare ad andare a occupare il terreno. Si mandò uno incontro, a vedere cosa succedesse a Montelepre. I[...]

[...]no che eravamo arrestati. Intanto tutta la polizia li cacciava coi mitra: — Via. Avanti. Andatevene. — Allora perché non nascessero provocazioni, noi stessi dicevamo ai contadini: — Avanti, itevinne alle vostre case.
Ritorna la staffetta intanto, mentre i contadini se ne vanno, e dice che avevano accerchiato Montelepre e per quello i contadini non avevano potuto venire. Quello che era tornato era un tipo in gamba, setten trionale, che non aveva paura né di banditi né di carabinieri; li arringò e li condusse all'occupazione del feudo. Ma poi glie lo hanno tolto.
Intanto a me e gli altri ci condussero vicino a dei camion che erano sullo stradale. Intanto arrivò una macchina, l'ufficiale si fece sotto e fece tanto di saluto: doveva essere il Prefetto. Dopo che la macchina andò via, subito ci ordinarono di salire su due camion e ci condussero alla caserma dei carabinieri. Quando poi si accorsero che gli altri erano andati sul feudo, ci portarono al carcere, all'Ucciardone (dove poi hanno avvelenato Pisciotta con una tazza di caffè, senza che[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: Vita sfortunata di Ziu Marrosu Gangas vecchio orgolese in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]ngas.

Mi prende: — Che stai a fare?

— Lei si deve impicciare dei fatti suoi.

— O porco iddio!

Stavo a parlare con lui e lui fà l’occhio. Ecco <phe mi sentoINCHIESTA SU ORGOSOLO

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tirare il paio di pelli che avevo addosso. Volto la testa e vedo un ragazzo.

— Porca puttana!

Torno a parlare e mi sento tirare due o tre volte.

— Tu sei matto!

Allora ho visto un signore discosto che sorrideva.

Porca madonna! ho avuto paura. «Chi sarà questo?».

Era il giudice istruttore: — Oh, stai qui? Come stai?

. — Bene.

« Che diavolo vorrà questo » mi ho pensato.

— Senti, tu devi avere pochi anni. Ma non ho mai trovato una pelle così dura.

Non mi fa niente. Mi convita a bere. E andiamo dentro. Allora ho bevuto, e ha pagato tutto lui.

— Senti, so che sei buon cacciatore. Se ci hai un cinghiale di 67 chili te lo compro.

— Bene, bene.

Mi imputano la prima volta per una rapina a Benetutti, il 1890, e vado da lui. Era il giudice CoiPodda.

— Sentite, mi è successo questo.

— Non ti preoccupare. Ti tiro[...]

[...]— Due — faccio con le dita. Mi metto ancora a fare di quei segni, che volevano dire: Mangiare. Fumare. Mi danno pane e formaggio ed

io mi butto che sembrava che mai avessi visto da un anno almeno quella grazia di Dio. Poi un pezzetto di sigaro: e mi ho fatto una fumatina.

Intanto arrivano i miei compagni e ci siamo buttati addosso.

— Dammi due pecore — dico io — o ti ammazzo col coltello.

Quelli, a sentire la voce, si hanno preso più paura. Così ne abbiamo prese tutte e venti e le abbiamo vendute a certi di Napoli che viaggiano in Orgosolo per quel mestiere.

Mi è capitato pure di fare il fantasma nel paese.

Per un affare da fare contro certi pecorai di Oliena che ci avevano pecore in paese mi trovo solo una notte, vicino al Cimitero. Passa una donna e sento: — Oh! oh! oh!

— Che diavolo c’è?

— C’è il diavolo. C’è il diavolo qui — si mette a gridare.

Scappa via e non ho avuto il tempo di sparare.

Il giorno dopo tutti sapevano che c’era il diavolo in paese. È sortita una voce, in paese, che dura sino ad ora. Ed i[...]

[...]
— C’è il diavolo. C’è il diavolo qui — si mette a gridare.

Scappa via e non ho avuto il tempo di sparare.

Il giorno dopo tutti sapevano che c’era il diavolo in paese. È sortita una voce, in paese, che dura sino ad ora. Ed invece il diavolo, povero diavolo, non ero che io.

Ma anche questo non lo ho tralasciato e mi è servito per il mio mestiere.

Una volta stavamo in tre o quattro giovanotti: — Visto che c’è104

FRANCO CAGNETTA

paura nel paese — dico io — non ce ne stiamo con le mani in mano. Andiamo nelle case facendo spavento a dire che siamo i morti. E poi mangiamo come vivi.

Dicono: — Bene. — E tutti d’accordo siamo andati prima a casa di un mio zio. Ci avevamo la faccia con un po’ di nerofumo e un fazzoletto scuro. Andiamo a mezzanotte e bussiamo.

— Come vi chiamate?

— Mi chiamo Gangas Luigi. Faccio il pastore.

— Adesso vi prendiamo e vi portiamo al cimitero. Siamo anime dannate.

Incomincia a gridare, a chiamare la moglie.

— Beh, che ci avete di bevere?

Tirano un po’ di vino.

— Perché adesso c[...]

[...]a in casa di un altro vicino e gli chiediamo:

— Diteci il vostro nome. E dite, poi, chi siete.

— Puddighino Antonio Michele. Son porcaio.

— Voi siete avvisato a morire. Siamo le anime d’inferno.

— O Dio mio, Dio mio. Pietà, pietà!

— O morite di volontà vostra o vi facciamo ammazzare.

— Dite un poco. C*è anche un mio parente, tale, là dove siete?

— Altro che! Ma si vede poco.

Allora, per la contentezza, si è dimenticato di paura e ci ha dato due o tre pezze di formaggio, che avevamo chieste.

Poi si è chiuso. E si è messo anche a pregare.

Andiamo a un terzo e gli diciamo:

— Siamo i morti.

— Beh — dice un altro — lo sapete allora il Pater noster? Dite quattro Ave e preparatevi a morire.

— Per la mia anima?

— Sì. Pure per la vostra.

— Io sono analfabeta. Non le so dire. Non le so dire.

— Allora, per penitenza, dateci due salami e una pelle pecorina.

Ce le ha date e tremando tutto tutto.INCHIESTA SU ORGOSOLO 105

Andiamo in casa di una donna:

— Dov’è vostro marito?

— È sortito con le p[...]

[...]INCHIESTA SU ORGOSOLO 105

Andiamo in casa di una donna:

— Dov’è vostro marito?

— È sortito con le pecore.

— Noi siamo morti e lo veniamo a prendere.

— Bene, bene — dice la donna. — Ora vi faccio il caffè.

Ci dà due sigari ma poi, pensando, si mette tutta a tremare.

Faceva l’alba e allora ce ne abbiamo fuggiti. In tutta Orgosolo il giorno dopo si è parlato di questi morti. Che mangiano pure i morti. E si parla ora.

Questa paura dei pastori ci serviva proprio assai.

Andiamo un giorno in quel di Fonni ed io ho detto a certi amici:

— Andiamo, andiamo! Ora i pastori li impauriamo e vedrete quante pecore.

Troviamo una testa di cavallo morto e ci metto dentro agli occhi due lumini. Li accendo e metto la testa su una pertica.

Allora siamo andati e cantavamo tutti insieme:

In cantu erabamus vivos andammos rio rios Como che semos mortos andamos per sos ortos (*).

I pastori se ne sono scappati a gambe all’aria e noi ci abbiamo preso 5 o 6 pecore, ma di quelle buone!

Una volta invece ho trovato io di quest[...]

[...]se ci stava un certo ziu Mattiu Catgiu, majariu, ossia stregone. Un giorno mi dice: Marrosu, io ci ho un libro che fa venire subito i diavoli e tutto spiega. Vuoi entrare con me, come aiutante?

Io gli dico: — Sentite. Questi non son conti miei.

— Ma è cosa da niente. Ti dò a mangiare ogni giorno.

— Piuttosto — dico io — se c’è qualche maiale grasso, non se ne vede da tanto, andiamo a prenderlo.

No. Parlava per quelle cose: — Ci avrai paura?

Si era messo in mezzo a convincermi un mio parente, Piredda Antonio, suo socio.

— Sentite. Arrangiatevi voi, tra diavoli.

— Vieni. Facciamo le cose in famiglia.

— Allora fatemi dormire con vostra figlia.

Gli ha preso davvero un diavolo per capello.

Si trattava di questo: mentre loro due leggevano il libro io dovevo fare il diavolo in persona. Dovevo tingermi di rosso tutta la faccia, gridare come un cane, e stare lì a far capriole in mezzo alla stanza, mentre i pastori chiedevano di furti, di malattie, di amore. Si trattava anche — e qui mi convinceva — di questo : per i fu[...]

[...].

Ci ha dato 80, 90 pesi, qualche cosa di più. Da mangiare. Ma è scappata via.

Il giorno dopo si perde il posto.

Andiamo a un’altra casa. Ci manda ancora il Patronato, lo scrivanello di Benetutti. E qui restiamo molto.

Arrivo e: Meglio!

C’erano 4 o 5 maiali.

Anche qui la padrona era donna. «Non sarà mai come quella». E aveva due figlie belle. Ci porta in giro a vedere e appena io vedo i maiali mi metto a fare: — Ohi, ohi! — Per paura.

— Non fanno niente. Non fanno niente — dice la padrona. Ed io niente: facevo finta di aver paura, sempre paura.

In una stanza dormiva una serva e le due figlie. Un giorno vedo una nella stanza, nuda, e con un fischio speciale chiamo i maiali. Ecco i maiali ed io mi butto in quella stanza là.

— Andate via! Andate via! — e si mette la mano là.

— Oh, oh. Ci ho paura di quei porci.

Breve: mi cacciano di là. Torno a imballare grano, in camerone.

Quei maiali mi passavano giorno e notte tra le gambe. Era troppa tentazione. Da quando li avevo visti.

Mi accorgo che sto solo, mi sincero bene bene, e: pam! pam!112

FRANCO CAGNETTA

Due maialetti sono morti. Li metto nelle ballette per il grano e li passo ad un mio compagno. La notte li mangiamo.

Quando si sono accorti del furto non potevano pensare a me, credendo la mia paura.

— È stato uno puzone. Lo ho visto che scendeva dall’alto.

Si hanno bevuto. E basta.

Un giorno con tre compagni [...]

[...]e: mi cacciano di là. Torno a imballare grano, in camerone.

Quei maiali mi passavano giorno e notte tra le gambe. Era troppa tentazione. Da quando li avevo visti.

Mi accorgo che sto solo, mi sincero bene bene, e: pam! pam!112

FRANCO CAGNETTA

Due maialetti sono morti. Li metto nelle ballette per il grano e li passo ad un mio compagno. La notte li mangiamo.

Quando si sono accorti del furto non potevano pensare a me, credendo la mia paura.

— È stato uno puzone. Lo ho visto che scendeva dall’alto.

Si hanno bevuto. E basta.

Un giorno con tre compagni (quello di Orune era morto: incidente di fabbro) andiamo in un grand hotel. Eravamo tutti sardi. E all’entrata del grand hotel c’erano tante forme di formaggio sardo. Ho detto al cantiniere: — Dammi un litro di sarvenas — così si chiama la birra. Mentre bevevamo, davanti al cantiniere, spostiamo con i piedi i pezzi di formaggio. Così facevo io ed un mio compagno. Abbiamo preso 14 o 15 pezze. E come rotolavano nel grand hotel l’altro compagno le raccoglieva.

Non si hanno [...]

[...] pastore non si sveglia o, se si sveglia appena, pensa che è un animale: ci ha l’abitudine.

Se il pastore si sveglia o se è sveglio, è più complicato. Si cerca prima coi metodi come se non ci fosse o se stesse addormentato. Se non si riesce si può tentare in vari modi. Si cerca dapprima con una frasca di ramo, senza farsi vedere, di attirare qualche pecorella, ad una ad una. Si può pigliare anche una pecora col fargli vedere il fucile: che di paura scappa avanti. Si taglia subito la collana o si leva il batacchio del campanello, in fretta. Così si fa poco rumore o nulla. Per questo si possono legare anche le gambe a una pecora o più pecore e portarle sulle spalle.

Se si ha l’accordo con uno o più servi del pastore si può cercare, più apertamente, di attaccare il pastore. È una rapina falsa. Ma tante volte occorre una rapina vera.116

FRANCO CAGNETTA

Allora ci vuole coraggio — che questo non si vende — e fucile, cartucce, funi, coltello, e un po’ di vino. Non si va soli ma con qualcuno. E si circonda la capanna. Si fa silenzio e[...]

[...]ti do — dice Antonio Maria.

Ma uno stava nascosto e così il carabiniere lo ha sparato.

Del figlio Diego che è morto, or mi è poco, è meglio che non parlo.120

FRANCO CAGNETTA

Delle mie figlie dicono, pure, che di notte si mettono i calzoni e fanno cose che sono peggio di quelle che fanno gli uomini.

È falso.

10 ho fatto di tutto per educarli sempre su una strada buona. A sa balentia. Gli ho sempre detto che: 1) non devono avere paura; 2) devono usare il cervello; 3) devono sapere usare le armi.

Per esser coraggiosi, sin da piccoli, li tenevo alla campagna. Tante volte li facevo: — Bau, bau — all’improvviso. Poi gli dicevo: — Lo faccio io.

Paura non avevano più di nessuno.

11 coraggio ognuno se lo prende da se: è una natura. Ma bisogna fargli scuola e svilupparlo per il tempo.

La notte li mandavo sempre fuori, in ogni ora. C’era un modo che ho usato con Giuseppe e con Antonio Maria. Per ogni croce che mi portavano dal cimitero a mezzanotte gli davo una lira. E la notte stessa dovevano riportarla : il cimitero si rispetta.

Io dicevo: — Non avete paura per niente. Non esiste niente.

Gli mettevo l’arma in mano e giocavano come ogni bambina con la bambola.

Una volta ho trovato Giuseppe con un fucile che sparava: meglio di me. Ed io, non per vantarmi, con il fucile ci sapevo fare.

Hanno detto che li ho educati ladri, imbroglioni, assassini. Che per avere un pezzo di carne ogni giorno li avrei voluti vedere morire e ridotti ad un pezzo di carne. Che dicevo: — Vergogna, oggi sei meno delinquente di un altro. Fai ancora a tempo. Provvedi.

Non è vero. I miei figli si sono fatti da loro e li ho educati così bene che non si sono mai lasc[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Paura, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <---Perché <---Andate <---Artiglieria <---Basta <---Cosa <---Così <---Dei <---Del resto <---Dico <---Diritto <---Ecco <---Pure <---Vado <---comunisti <---italiano <---mangiano <---marxista <---socialismo <---socialista <---A.A. <---A.B. <---A.G. <---A.R. <---A.V. <---Abbassi <---Agustinu <---Almeno <---Americhe <---Andiamo <---Anticristi <---Antonio Maria <---Antonio Marrosu <---Arnpos <---Arrisvegliati <---Arzana <---Ascolta <---Aspettamo <---Aspettar <---Aspettare <---Aver <---Avete <---Avìanu <---B.A. <---B.C. <---Babele <---Baggina <---Ballar <---Ballarti <---Balzani <---Bastioni <---Battonia <---Bellissimo <---Benedette <---Benetutti <---Beria <---Binda <---Bisaquino <---Bitti <---Bocada <---Borgonuovo <---Bragalone <---Buoni <---C.A. <---C.C. <---C.D. <---C.F.R.B. <---C.G. <---C.I. <---C.M. <---C.P. <---C.V. <---Calava <---Calmati <---Cambiarlo <---Campagna <---Capitale <---Carcere <---Caro Direttore <---Carrobbio <---Case Nuove <---Castello S <---Cattedrale 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