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Il segmento testuale Pasolini è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 162Analitici , di cui in selezione 6 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Recensione di Rossella Regni su Pier Paolo Pasolini, Descrizioni di descrizioni, a cura di Graziella Chiarcossi, Torino, Einaudi, 1979, pp. 481 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano:
492 RECENSIONI

PIER PAOLO PASOLINI, Descrizioni di descrizioni, a cura di Graziella Chiarcossi, Torino, Einaudi, 1979, pp. 481.
« Ho fatto delle "descrizioni". Ecco tutto quello che so della mia critica in quanto critica. E "descrizioni" di che cosa? Di altre "descrizioni", che altro i libri non sono. [...] Nella vita accadono dei fatti; i libri li descrivono: ma in quanto libri sono anch'essi dei fatti: e quindi possono essere anch'essi descritti: dalla critica. [...] S'intende che chi descrive, descrive dal suo angolo visuale. Che non vuol sempre rigidamente dire soggettivo: esso è il punto di incontro di una infinità v[...]

[...] vuol sempre rigidamente dire soggettivo: esso è il punto di incontro di una infinità vorticosa di elementi, che in realtà appartengono ad universi distinti (esistenza e cultura, preistoria e storia, professionismo e dilettantismo, fenomenologia e psicologia: e altre simili coppie piú o meno antitetiche, all'infinito) » (pp. 457458). Nell'ultimo intervento su « Tempo », commiato molto intenso, significativamente dedicato a Todo modo di Sciascia, Pasolini ci offre una conclusione sulla sua attività di « recensore ». Si era svolta dalla fine del '72 agli inizi del '75 ed aveva quindi coperto piú o meno il periodo in cui uscirono gli Scritti corsari. Dato forse non del tutto trascurabile se non si rifiuta di leggere in questa contemporaneità un procedere parallelo, nella quantità superiore delle « descrizioni » l'impronta di una intrinseca, naturale predilezione e predisposizione.
« Nei saggi ideologici ci metto il mio senso comune: solo per quelli poetici, oh Tetis, il mio acume ». L'Epigramma iniziale, preposto ai dattiloscritti, conferma[...]

[...]tinatari. Il pregio comune a tutti gli articoli, a prescindere dai contenuti, è che sollecitano a leggere ciò che non si conosce, a ripensare criticamente su opere che si credeva di aver definito per sempre. Sono introduzioni ricche di stimoli, comunicative ma tutt'altro che semplicistiche o convenzionali; questa invidiabile compresenza si concretizza in pagine che hanno già scandalizzato per la loro spregiudicata devianza (come tutta l'opera di Pasolini) lontanissime come sono dalla piú remota velleità di « captatio benevolentiae ». Il lettore avverte questo procedere autonomo, viene attratto dal recensore che sembra scrivere per se stesso, magari attento a sfrondare il testo di ricercatezze per essere comunicativo ed espressivo, raffinato e semplice. L'autenticità e l'originalità delle letture corrispondono al rifiuto del linguaggiotipo del critico di mestiere e del giornalista; ne deriva una prosa che non ha niente da invidiare a quelle precedenti o contemporanee, densa di senso e rigorosa, lucidissima nel rifiuto di possibili ambiguità ma[...]

[...]autenticità e l'originalità delle letture corrispondono al rifiuto del linguaggiotipo del critico di mestiere e del giornalista; ne deriva una prosa che non ha niente da invidiare a quelle precedenti o contemporanee, densa di senso e rigorosa, lucidissima nel rifiuto di possibili ambiguità ma inconfondibile per la vibrazione, per il suo valore letterario.
La vastità della materia, la multiforme configurazione dell'universo artistico con cui Pasolini si misura non è definibile e schematizzabile: se infatti si può dire che si è occupato di poesia, di romanzi, di saggi, di cinema, la singola recensione non può essere catalogata in riferimento a questi settori se non approssimativamente. Per questo accade che le riflessioni su un saggio di religioni orientali porti poi a valutare la nuova cultura di destra del suo editore, che ha superato la retorica dello schema fascista. Il procedimento risulta forse poco organico, legato da un filo tenue a volte, da cui emerge però l'interesse del critico ad un preciso tema. Luciano, Pound, Abelardo, Fald[...]

[...]assoluta in cui egli si addentra tanto da rasentare spesso la tentazione di riscrivere l'opera



RECENSIONI 493
altrui (e in non pochi casi sarebbe stato auspicabile!). Emergono quelle coppie antitetiche che lui stesso ci ha ricordato come elementi che intervengono nella critica, a volte con la prevalenza di una categoria sulle altre, producendo un discorso sempre libero da schemi. Nell'originalità dei contenuti ritroviamo un Pasolini già noto, che, come in Passione e ideologia, piú ancora in Empirismo eretico e negli Scritti corsari, rifiuta le mode culturali e lotta per impedire il danno del loro « terrorismo ». Contro le idee dominanti degli intellettuali di sinistra ci viene a ricordare proprio al momento giusto che il neoluogo comune sulla dissociazione tra arte e ideologia può essere pericoloso e per lui inaccettabile quando analizza, per esempio, lo stile di Céline, « mimesi » del buon senso borghese. È questa una delle tante stroncature « scandalose » dalle motivazioni sempre ben chiare, anche se non sempre accetta[...]

[...], anche se non sempre accettabili, che assolvono alla funzione di arginare intelligentemente, a volte genialmente, solo con l'intuito, il dilagante confuso falso anticonformismo degli intellettuali « aperti ». Accade cosi di leggere una feroce demolizione della Bibbia del Decadentismo, Controcorrente, ridotta a Manuale, in cui l'enfasi e la banalità di un linguaggio referenziale, lo stile impotente e rozzo esprimono un gusto ridicolo e superato. Pasolini non risparmia nemmeno Manzoni, Anticristo per il suo umorismo antievangelico, creatore di alcuni personaggi « pronti per un technicolor americano degli anni Cinquanta », in una delle pagine piú dissacranti, logiche conseguenze delle sue analisi improvvisate, « a braccio ». Tuttavia piú frequentemente la motivazione di fondo è rigorosamente circoscritta all'interno del fatto artistico, di come un'ideologia vive nella forma dell'opera: lo possiamo verificare nella stroncatura quasi totale de La Storia, dell'opera di Fenoglio, di Pavese, di Cassola, fino ad Amarcord o alla sceneggiatura di Berto[...]

[...]e de La Storia, dell'opera di Fenoglio, di Pavese, di Cassola, fino ad Amarcord o alla sceneggiatura di Berto, Oh Serafina, che lo indigna. Ritroviamo d'altra parte anche una benevolenza eccessiva, clamorosa per opere decisamente mediocri, valutate piú per un suo modo particolare di percepirle, in cui ritornano le categorie famose già indicate. L'effetto immediato è il disorientamento in cui si trova il lettore, per l'abolizione degli abissi che Pasolini cerca di realizzare, riducendo quello che il nostro gusto ha canonizzato come capolavoro e viceversa impreziosendo opere trascurabili. È un limite non piccolo, come d'altra parte lo è azzardare analisi freudiane approssimative e tendenziose (anche troppo rimproverate) che lo spingono a vedere omosessuali piú o meno falliti in molti autori. Non è il caso però di indugiare troppo su queste « carenze », se cosí si possono definire, non per ignorare un aspetto imprescindibile della personalità di Pasolini e quindi del suo particolarissimo, inimitabile modo di fare le « descrizioni », ma per privi[...]

[...]tro gusto ha canonizzato come capolavoro e viceversa impreziosendo opere trascurabili. È un limite non piccolo, come d'altra parte lo è azzardare analisi freudiane approssimative e tendenziose (anche troppo rimproverate) che lo spingono a vedere omosessuali piú o meno falliti in molti autori. Non è il caso però di indugiare troppo su queste « carenze », se cosí si possono definire, non per ignorare un aspetto imprescindibile della personalità di Pasolini e quindi del suo particolarissimo, inimitabile modo di fare le « descrizioni », ma per privilegiare nell'insieme i suoi procedimenti e valutare quanto ci sia da imparare, quanto egli riesca a vivificare il lettore, a liberarlo da schematismi inibenti.
Questi articoli d'occasione hanno certo un valore scientifico minore rispetto ai saggi, ma non è del tutto esatto scindere in Pasolini questo tipo di avvicinamento alla letteratura dalla ricerca della verità: in lui anzi c'è la compresenza di entrambe, e quando inveisce contro chi snatura la letteratura, contro i « terroristi », avvertiamo la sua ricerca della verità. La cultura umiliata ha una grande presenza in questi scritti e in tal senso il suo rimpianto e la sua angoscia sono perfettamente parallele al rimpianto e alla angoscia che destava in lui la scomparsa dell'identità culturale del mondo contadino per opera della civiltà industriale, del Potere. Non a caso lui, scandalizzato dal disprezzo piccoloborghese per la cu[...]

[...]orna anche piú motivato il suo grande rifiuto all'omologazione, la scelta di una solitudine intellettuale senza scampo, la condanna ad avere molti denigratori e rari veri interlocutori (prima e dopo la morte). La neoavanguardia torna in questi articoli appena l'argomento lo rende possibile: « terroristica », « neocapitalistica », è oggetto di un'ostilità che ha perduto le forti punte polemiche personalistiche e tutto sommato si può affermare che Pasolini nobiliti le sue argomentazioni: trasferisce la questione sul piano culturale, carica di responsabilità il « nemico », lo incasella e lo data come un « fenomeno » ormai concluso, che sembra star 11 solo per confermare che lui aveva avuto da tempo ragione.
Il tema a cui Pasolini rivolge un'attenzione privilegiata nel già privilegiato contesto letterario è la produzione poetica, ragione intima, passione inconsumabile, che lo spinge a dedicare molte pagine a molto materiale, con un rigore ed una sicurezza di lettura che riscattano tutto quello che di viscerale si ritrova nei confronti della letteratura in prosa. Marianne Moore, Mandel'stam a Bellezza, Leonetti, Zanzotto, Kavafis e poi magari Giorgio Baffo: egli riafferma la volontà di una valutazione della poesia come valore finale assoluto, che non tollera di essere utile a qualcosa, che è innanzitutto ricerca formale[...]

[...]idicola della prosa di Fenoglio, il « pastiche » di Gozzano contro il « purismo » di Kafka, la mancanza di « vischiosità » in Soldati, la disorganica « scollatura » narrativa di Madame Bovary, la « decrepitezza » della pagina di Gisella, il « cursus » referenziale e poi lo scoppio lirico in Neve sottile di Junichiro Tanizaki, si riferiscono qui solo per dare un'idea telegrafica della capacità di articolazione e di penetrazione delle osservazioni pasoliniane.
Si potrebbe concludere ricordando ancora molti autori trascurati per necessità di concisione, ma sarebbe un'elencazione inutile di qualche centinaio di nomi e di osservazioni che inoltre non potrebbe dare idea del fervore intellettuale di Pasolini. Un nome in particolare deve però essere fatto, perché intorno ad esso ed alla sua esemplarità si possano valutare tutti i caratteri di questo ultimo Pasolini: Eros Alesi. Su di lui e sulla sua poesia egli scrive deciso: « [...] senza rilievo, anche quell'Eros Alesi di cui si presenta un puro e semplice documento di vita [...] in questi anni la moda ha voluto che questa tragedia fosse intollerabile ed enfatica e ha preteso soluzioni estreme. Non ho nessuna particolare pietà per questo disgraziato ragazzo, debole e ignorante, che è morto per la stessa ragione per cui si fanno crescere i capelli » (p. 96).
Ros SELLA REGNI



da m.m.[M. Marchi], scheda sintetica di «Officina» (1955-1959) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: Officina (19551959)
Fascicolo bimestrale di poesia.
I serie (nn. 112, maggio 1955aprile 1958)
redattori: Francesco Leonetti, Pier Paolo Pasolini,
Roberto Roversi.
Arti grafiche Calderini, Bologna.
II serie (nn. 1314, marzoaprile 1959 aprilegiugno 1959)
redattori: Franco Fortini, Francesco Leonetti, Pier Paolo Pasolini,
Angelo Romanò, Roberto Roversi, Gianni Scalia.
Bompiani editore, Milano,
formato: cm. 21,5x14.
Officina, col sottotitolo di « fascicolo bimestrale di poesía », fu fondata a Bologna nel 1955 da F. Leonetti, P. P. Pasolini e R. Roversi. Al comitato redazionale originario si aggiunsero ben presto A. Romanò, G. Scalia e F. Fortini, la cui attiva partecipazione alla vita della rivista fu resa ufficiale solo a partire dal n. 13. Il numero in questione dava inizio a una nuova serie di Officina, edita
da Bompiani, destinata ad esaurire la sua attività nel giro di pochi mesi, per un totale di due soli fascicoli usciti. Le motivazioni del fatto, piuttosto che nei dissapori insorti fra Pasolini e l'editore, andranno ricercate, al di là della mera occasionalità, nella rapida trasformazione del quadro politicoculturale i[...]

[...]Al comitato redazionale originario si aggiunsero ben presto A. Romanò, G. Scalia e F. Fortini, la cui attiva partecipazione alla vita della rivista fu resa ufficiale solo a partire dal n. 13. Il numero in questione dava inizio a una nuova serie di Officina, edita
da Bompiani, destinata ad esaurire la sua attività nel giro di pochi mesi, per un totale di due soli fascicoli usciti. Le motivazioni del fatto, piuttosto che nei dissapori insorti fra Pasolini e l'editore, andranno ricercate, al di là della mera occasionalità, nella rapida trasformazione del quadro politicoculturale in cui Officina aveva svolto la propria funzione e in una crisi ormai irreversibilmente acuita all'interno del gruppo circa i motivi alla base dell'operazione, fino ad allora dialetticamente condivisi.
Sorretta da un'ambigua ispirazione gramsciana, la rivista avverti l'urgenza di procedere ad una revisione della tradizione letteraria ermeticonovecentesca nell'ambito di un'attualità altrettanto insoddisfacente. Si. trattò di impostare una polemica bifronte, da condurre [...]

[...]della guerra in poi », ma che una volta liquidati i miti « dell'individualismo romantico, dell'evasionismo decadente, del conformistico anticonformismo dei poeti borghesi » partecipasse in modo davvero incisivo e responsabile alla risoluzione dei problemi della società e dell'uomo contemporaneo. In questa prospettiva si situano le riletture della recente tradizione letteraria alle spalle, per misurare distanze e rinvenire agganci (« Pascoli » di Pasolini, « Leopardi » di Leonetti, « Manzoni » e « La scapigliatura » di Romanò, « Serra » e « I crepuscolari » di Scalia); gli interventi di più esplicita teorizzazione dei motivi di poetica (si vedano le citate Analisi criticobibliografiche di Romanò); le inquietanti prese di posizione pasoliniane sullo « sperimentalismo » a carica polemicoeversiva; e, naturalmente, la pubblicazione dei testi creativi che l'intera équipe dei redattori, ad eccezione di Scalia, andava producendo.
Fra i suoi « ospiti » Officina accolse Gadda, Caproni, Bertolucci, Luzi, Bassani, Ungaretti, Sbarbaro, Penna, Rebora, Volponi, Erba e Pagliarani. Le presenze di questi ultimi autori all'interno del discorso militante della rivista (alcuni sono rappresentanti del filone ermetico) appaiono diversamente giustificate e giustificabili: uno dei tanti aspetti, talvolta positivamente contraddittori, della complessa [...]



da Federico Sanguineti, Varietà e documenti. Caterina Sforza nel "mito" Gramsciano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]d'ogni qualità di vendetta. E per mostrare che de' suoi figliuoli non si curava, mostrò loro le membra genitali, dicendo che aveva ancora il modo a rifarne.
Questa pagina ha posto ai suoi interpreti, a partire dall'Ottocento, il non facile problema della sua verosimiglianza storica; e probabilmente Gramsci non ignora il dibattito critico sull'argomento. Si hanno in breve due opinioni contrastanti: da un lato, nella sua monumentale biografia, il Pasolini considera questa mirabile difesa della rocca di Forlí per opera di Caterina Sforza come una specie di epopea popolare; Vittorio Cian, la cui attività critica è ben nota a Gramsci, proprio recensendo il volume del Pasolini, preferisce invece richiamarsi all'indole della fiera contessa, e ricordando alcuni dei suoi atti storicamente
1 Lettere dal carcere, a cura di S. Caprioglio e E. Fubini, Einaudi, Torino 1965, p. 412.
2 R. MARTINELLI, Una polemica del 1921 e l'esordio di Gramsci sull'o Avanti! » torinese, in « Critica marxista », a. X, n. 5, settembreottobre 1972, pp. 1556.
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provati, concludere all'opposto che la narrazione del Machiavelli deve essere considerata di una verosimiglianza innegabile 3.
Possiamo anche pensare che Gramsci (il quale nei suoi Quaderni del carcere si richi[...]

[...]ll'epoca di Zimmerwald e di Kienthal, Gramsci inizia a porsi il problema di conoscere e di collegarsi colle correnti rivoluzionarie del movimento operaio internazionale 7. Come simbolo dell'Internazionale, Caterina Sforza si contrappone cosí alla figura oleografica dell'Italia come donna con la corona turrita e il peplo classico, di cui gli italiani sono i figli.
Nel « mito » il gesto plebeo è elevato a simbolo del proletariato, secondo
3 P.D. PASOLINI, Caterina Sforza, Loescher, Roma 1893, vol. I, pp. 2345; V. CIAN, Caterina Sforza (A proposito della «Caterina Sforza » di Pier Demetrio Pasolini), in « Rivista storica italiana », a. X, fasc. 4, ottobredicembre 1893, pp. 577610.
4 T. BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso, a cura di G. Rua, Laterza, Bari 1910, pp. 1201.
5 E la ricetta soreliana, alla quale Gramsci si richiamerà esplicitamente nella sua interpretazione del Príncipe di Machiavelli come « mito ». Cfr. G. SOREL, L'Opera di Luciano Jean, in « Divenire sociale », 1 giugno 1910, p. 148.
6 La matrice, in Cronache torinesi (19131917), a cura di S. Caprioglio, Einaudi, Torino 1980, pp. 3978.
7 P. TOGLIATTI, Il capo della classe operaia italiana, in Gramsci, a cura di E. Ragionieri[...]



da (9 Domande sul romanzo) Carlo Cassola in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...] non in un romanzo : il compito del romanziere essendo appunto quello di dire, di esprimere, di entrare brutalmente nel vivo dei sentimenti, e non già di girarci intorno con delicate allusioni.
7) Il dialetto ha indubbiamente dei limiti molto grandi. E sono troppo note le ragioni di questa verità perché debba stare a ripeterle. Mi limiterò a dire che l'uso del dialetto é oggi connesso o allo sperimentalismo linguistico (Gadda) o al neorealismo (Pasolini). Ora si potranno apprezzare in certa misura i risultati ottenuti da Gadda nel Pasticciaccio e anche quelli ottenuti da Pasolini nei Ragazzi di vita; ma rimane ferma la nostra avversione di principio così al pastiche linguistico come al pregiudizio neorealista che la letteratura consista in una trascrizione immediata e passiva dei dati della realtà.
8) Io credo che la storia debba essere soltanto la cornice, lo sfondo delle vicende e dei destini individuali. La storia romanzata non mi persuade più di quanto mi persuada l'ideologia romanzata.
9) Più che dei romanzieri, preferirei esprimere le mie preferenze a proposito dei singoli romanzi. E questo perché la caratteriristica di quasi tutti i maggiori scrittori del nos[...]



da m.m.[M. Marchi], scheda sintetica di «Italian Studies» in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: [...]oscoloManzoniLeopardi, vennero ad affiancarsi, quasi in sordina, recensioni a romanzi di Pratolini e di Palazzeschi: un antefatto significativo dell'ampio spazio che il periodico avrebbe accordato ai problemi letterari novecenteschi negli anni settanta. Negli ultimi numeri sono comparsi infatti studi, spesso non a carattere piattamente divulgativo, sui rapporti tra il futurismo e il fascismo, sulla rilevanza della componente ebraica in Svevo, su Pasolini filologopolitico; sul versante della poesia, tentativi di ricostruzione di parabole artistiche e sintetici profili (« The poetry of Giuseppe Ungaretti », « The poetry of Vittorio Sereni », dovuti rispettivamente a G. Singh e B. Merry), ma anche ricerche criticamente più appuntite, su petti particolari dell'opera di un poeta
(« Montale's dialectic memory » di F. J. Jones, « Vertical and Hon zontal Sightings on Montale's Satura » di M. M. Grimshaw).
L'articolazione di Italian Studies consta attualmente di tre sezioni: Articles, nel cui ambito sono accolti gli studi e la pubblicazione di impor[...]



da Giacinto Spagnoletti, Carlo Bernari in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...] privata verità? Per dare maggiore evidenza a questa indagine, lo scrittore doveva impadronirsi innanzitutto di uno strumento linguistico capace di penetrare nel tessuto sociale, in quel mondo stratificato di costumi, di convenzioni e di sentimenti a sé stanti. Da ciò nacque la contaminazione fra lingua nazionale e dialetto, caratteristica di tali romanzi. Va osservato che l'operazione ebbe luogo con alcuni anni di anticipo su Ragazzi di vita di Pasolini e su altri risultati del genere, mentre già in taluni scrittori, come Marotta, l'adesione al neorealismo volgeva al ricalco folcloristico. Bernari, con Speranzella specialmente, balzò piú su del livello mimetico a cui erano giunti tutti gli altri negli anni caldi del neorealismo, dandoci, secondo la bella definizione di Enzo Golino, « un andante narrativo larghissimo, un disteso piglio cantabile ».
Ma ora urge definire il carattere essenziale della narrativa bernariana, al di là di quello che essa debba al tempo e alle sue suggestioni. Basterebbe, a mio avviso, riflettere al « calore » prese[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Pasolini, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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