Brano: [...]on esattezza che la funzione dell'organizzazione della cultura di sinistra é quella di essere a servizio della base, di co
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glierne gli sforzi di rinnovamento potenziali, di riprenderli e restituirli in forme tecnicamente elaborate al fine di cooperare ad un continuo aggiornamento ideologico, liberamente dialettizzando con le posizioni politiche, già molti avanzano dubbi, parlano di unità del partito, di non distinzione fra intellettuale e dirigente, ecc., che sono poi tutti vecchi discorsi conservativi e giustificativi. E ben pochi intellettuali alla fine (ma esistono) sono disposti a cominciare a riconoscere a se stessi che se il lavoro di rinnovamento ideologico non é stato effettuato fino ad oggi che in misura molto modesta é anche perché molti uomini di cultura di sinistra, rimanendo ancora chiusi nell'atomismo tipico della tradizione borghese, non hanno saputo affrontarlo con strumenti nuovi. Cosicché essendo la loro attività rimasta (malgrado l'acquisizione di un metodo nuovo di ri[...]
[...], ma per rendere esplicito come da un determinato tipo di orga
di tutti gli interventi a tutti i livelli, così per cultura marxista non s'intende solo l'aspetto dell'alta cultura, ma anche quello delle competenze specifiche e particolari a qualsiasi livello, come andremo più avanti meglio chiarendo.
L'accento del discorso cade sugli intellettuali solo e proprio in quanto strumenti responsabili di elaborazione della cultura, come i dirigenti di partito lo sono per l'elaborazione della politica, senza con ciò naturalmente negare la possibilità della compresenza delle due responsabilità quando questo positivamente accada.
(2) L'analisi di questi fatti va tuttavia, a nostro avviso, francamente effettuata, ma in sede opportuna. Due sono gli opposti pericoli di affrontare in modo errato la questione, modi che rapidamente potremmo definire: « idealistico » e « cristiano D.
II primo pretende la minimizzazione dei fatti sul piano dell'ordinaria amministrazione o addirittura la svalutazione di esso. (La rivoluzione costa questo ed altro. Ma il fis[...]
[...]resto solo in questa sede e con questo metodo che anche dagli errori si può cavare dialetticamente il succo dell'esperienza. E poiché i due piani (verso l'esterno, verso l'interno) dovranno essere probabilmente spesso distinti fra loro, non è detto che I'articolazione fra politica e cultura non possa giovare anche a rendere più semplice la risoluzione di questo così complesso problema.
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del Partito, la sua omogeneizzazione, la sua solida organizzazione, un ruolo giocato su piano internazionale. Essi avevano effettivamente sfruttata fino in fondo, diremmo all'ultima goccia, la forza ideologica che veniva dalla trádizione marxista. Ma avevano supposto un avversario pressoché immutabile e statico, anzi in continua involuzione, alla vigilia di una crisi. Improvvisamente se ne trovarono davanti uno diverso e rafforzato. Cioè anche una realtà economicosociale nuova da studiare e da capire, da riafferrare e da dominare.
A questo punto su piano internazionale avvenne il disgelo. Fu una grossa [...]
[...]l'importanza di chiarire con fermezza (pur, comprendendo tutte le operazioni contingenti ed approvandole e favorendole in quanto tali) che se non è possibile portare tutto il marxismo ad ogni pranzo diplomatico, è indispensabile riprendere alcuni spinosi problemi, come quello della distinzione fra piano tattico (nelle sue articolazioni sindacali, parlamentari e politiche particolari) e piano politico generale (di classe, di movimento operaio, di Partito). 'Il secondo piano (politico generale) non è che il luogo, chiarito con tanta esattezza da Gramsci, dello Stato operaio e contadino in nuce, dove si esercita nel profondo la fatica rinnovatrice, dove ogni atto presente é anche costruzione di una civiltà futura. Il primo piano (tattico) può essere viceversa inteso come il luogo della diplomazia dello Stato in nuce, della sua politica estera, del suo rapportarsi con le altre classi, con gli altri partiti, con gli altri Stati, in una complessa rete di relazione (4).
dei Ministri, e il Presidente Eisenhower sono stati grandi artefici della caus[...]
[...]'aspetto d'intervento (politico) e quello di elaborazione (culturale) di quell'unico complesso che é l'ideologia marxista. Senza aver affrontato, anche per linee grandissime e problema tiche, questi quesiti di fondo, crediamo che non abbia certamente ormai senso parlare di una « questione » della cultura di sinistra.
Questi quesiti vanno dunque, come stiamo vedendo, più in là dei vizî di costume degli intellettuali di sinistra dentro e fuori il partito, vanno ben al di là della loro timidezza e della loro testardaggine a non occupare le sedie che la storia ha predisposto per loro. Il fatto é che portare avanti il marxismo non è cosa di poco conto: è portare avanti una civiltà in mezzo ad una civiltà contraria e vischiosa che pure vive, produce, si arrangia, che malgrado tutto ha sussulti, urti, scatti, invenzioni. In tutta questa vita che scompostamente pullula e contemporaneamente vermina occorre fare ordine, e per questo occorrono nervi saldi ed.. occhi bene aperti sulla lunga distanza.
Da molti sintomi sembra che sia questo il momento o[...]
[...] sulla lunga distanza.
Da molti sintomi sembra che sia questo il momento opportuno per mettere i puntini sugli « i », per salire sulle torri a vedere le città nel
chi siamo e cosa vogliamo » generale: le origini, la vicenda, le sconfitte, i risultati, le speranze e i fini ultimi del movimento operaio.
Se da un lato, chiarisce Nenni, « alternativa socialista, apertura a sinistra, dialogo con i cattolici, con le loro organizzazioni, con il loro partito, sono espressioni diverse di una medesima politica intesa ad estrarre dalla società italiana tutti gli 'acconti' possibili in materia di progresso democratico e di progresso sociale », dall'altro s siamo innanzitutto un Partito fedele alla dottrina del marxismo rivoluzionario, fedele alla pratica della lotta di classe, fedele ai principii dell'internazionalismo proletario a. E se le vie che conducono al socialismo possono essere tanto quella dell'« evoluzione a che quella della « rivoluzione a, rimane tuttavia fermo che l'« obbiettivo del socialismo e delle democrazia proletaria è unico: la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, l'abolizione delle classi, e in prospettiva l'abolizione stessa dello Stato che nelle sue forme attuali, o in quelle che assume in periodo rivoluzionario, é un limite alla lib[...]
[...]ediscono la sua stessa attività, tocca il segno, fa centro. Ma spesso non ne deduce forse tutte le conseguenze. Se é vero che la cultura di sinistra non ha trovato una sua nuova forma di organizzazione, ció vuol dire che non è ancora una nuova cultura o, meglio, che lo é non in senso originale creativo, ma in senso prevalentemente didascalico e ripetitivo di una cultura originale precedente. Non tosi era nei tempi vivi del movimento operaio. Nel partito di Lenin le invenzioni ideologiche diventavano modi di essere, passo avanti organico del pensare e del fare; nel partito di Gramsci il rischio ed il tentativo politico era anche ricerca filosofica, culturale, e lo sforzo di pensare era anche sforzo di vivere in modo diverso. Per questo c'è paradossalmente malgrado tutto una mezza verità nella collocazione, effettuata da qualcuno, degli intellettuali mar. xisti, anziché nel campo rivoluzionario, nella sinistra borghese, cioè, in ultima analisi, nel quadro della società borghese. Quali sono infatti le essenziali differenze fra il modo di lavorare dell'intellettuale borghese ed il modo di lavorare di molti intellettuali marxisti? Solo i politici comunisti e social[...]
[...] concesso agli intellettuali ritornava spesso come conferma, e non si traduceva in potere critico, in proposta inedita. I premi Stalin erano in. ultima analisi dei premi a Stalin.
A questo punto occorre decidere: se la cultura di Lenin, di Stalin, di Togliatti ecc., anche valutandola, senza dubbio alcuno, essenziale, fosse in realtà tutta la cultura marxista, allora per rinnovare la cultura dovremmo affrettarci tutti ad operare maggiormente nel partito, ma, si badi, non per esserne, come vorremmo, degli intellettuali efficienti, ma dei politici. E dovremmo dire a tutti di fare così, cercare che tutti gli intellettuali iscritti al partito e quelli indipendenti di sinistra diventino dei politici, assorbendo questa curiosa anomalia di una cultura borghese non borghese, questa piccolissima compagnia di ufficiali alleati, integrandoli nell'organico del proprio esercito. E sulla usurata obbiezione che, malgrado tutto, finché sussisterà una divisione in classi, la cultura di sinistra dovrebbe essere necessariamente aristocratica, particolare, in quanto legata allé strutture borghesi, non vale forse ormai la pena di insistere molto. Se è vero che metà degli strumenti di ricerca é in mano alla borghesia che detiene le grandi bibliotec[...]
[...]ancipazione della cultura da un politicismo limitativo é la condizione stessa del marxismo come pensiero vivente, come pratica liberatoria. E se un risultato c'è, non ovvio, a questi dieci, tristi. anni di cultura di sinistra in Italia, esso é proprio nel non aver perso i. propri sogni, nel coraggio rimasto a riproporli.
Cosl si deduce facilmente che la cultura di sinistra non può essere soltanto una Sezione Culturale di un comitato centrale di partito. La cultura è il partito, come la politica è il partito. La cultura marxista. non può esaurirsi ad essere uno degli alleati della politica di sinistra. È la somma delle specializzazioni autentiche a tutti i livelli, dall'open raio e, dal contadino allo scienziato e al filosofo. È quindi naturale che capiti di domandarsi cosa significa distinguere— come vien fatto nella « Risoluzione della Sezione Culturale del PCÍ »: « Contro le ideologie dei monopoli » (2 agosto 1955) — fra Partito e intellettuali comunisti, fra
Partitoe' « riviste culturali che si ispirano' al marxismo > (Rinascita,' So
cieth;'Critica economica, ecc.), fra « lotta politica » e (( lotta ideale ». Qui
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é l'imbocco di due strade. Se si partisse dal presupposto che la lotta politica è il tutto e la lotta ideale una parte (una sezione) relativamente autonoma, in realtà subordinata al tutto, il pericolo dell'« eccesso di politicismo » e lo scadere dell'ideologia nell'« ideologismo », di cui parlano con serena chiarezza M. Cesarini e F. Onofri nel Contemporaneo (« Un'esigenza comune », n. 31, 681955), sarebbero inevitabili. [...]
[...]di comunicazione per questo messaggio non erano aperte. Mentre già il fenomeno si sviluppava vigorosamente, non se ne prendeva ancora atto: una rigida visione attendistica di una crisi del capitalismo non permetteva di coglierne le riprese. La sottovalutazione del Problema portò alla perdita di tutto un tempo prezioso nel quale l'avversario poté tranquillamente annodare e stendere le reti. Quando queste furono tirate, precipitarono situazioni di partito e di sindacato. Allora, dinanzi all'accaduto, ci si accorse della gravità dei fatti. Troppo tardi per ostacolare l'influenza dell'avversario con ben meditate critiche, con azioni tempestive. II problema era ormai divenuto un doppio problema. E si chiamarono a raccolta coloro che si erano perduti, si mandarono a studiare quelli che già avevano studiato.
Sulle linee generali del contenuto della risoluzione si può certamente essere d'accordo. Molti lo erano infatti prima, da tempo. Direi addirittura che, leggendo il testo, si provava la leggera noia di tutte le cose risapute e ovvie, e si rimas[...]
[...] campo marxista.
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monopoli, ma non esattamente in questi termini, soprattutto se la proposta di un superamento degli attuali limiti della cultura di sinistra a appare necessario non soltanto per consolidare ed estendere lo schieramento unitario di tutte le forze che si battono per la libertà della cultura italiana, ma anche ai fini dello sviluppo del marxismo, della conquista dei nuovi intellettuali e soprattutto di tecnici al Partito e del rafforzamento ideologico della classe operaia ». Per conquistare studiosi e tecnici seri, competenti nelle singole materie, soprattutto se spesso politicamente incerti o agnostici, occorre affrontare un discorso documentato che essi possano ascoltare, riconoscendone la competenza, e a cui possano partecipare sul terreno rigorosamente scientifico. Per questa via si può far comprendere a questi tecnici che un processo storicistico di demistificazione delle scienze, cioè una operazione sottile di liberazione dalle incrostazioni reazionarie ad esse sovrapposte da zelanti interpreti, da poli[...]
[...]ca sopporti la perdita dell'Europa, senza rovesciare nuovamente la direzione della sua politica. Ancora una volta siamo legati al ricatto della pace, della sopravvivenza biologica. Ma i rapporti di disgelo fra sinistra europea e Unione Sovietica hanno una prospettiva diversa, aprono una porta.
L'URSS non ha più, in certo senso, bisogno della sinistra europea in senso strategico. Ha solo bisogno di amicizie, e quanto più alto sarà il livello del partito amico, tanto piú alto potrà essere il suo prestigio. La richiesta di fedeltà quantitativa può spostarsi in richiesta di appoggio qualitativo. Ciò corrisponderebbe per la prima volta anche ai nostri interessi più diretti.
Ma non c'è da sperare in una libera corsa. Il limite delle nostre possibilità rimane: la pace americana conta sulla nostra immobilità.
Per questo rientrano nell'ideologia reazionaria la facile euforia autonomistica, le prime voci sullo scioglimento del Cominform, l'allegria turistica dell'eventualità di una facile estensione del passaporto ai paesi
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