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Il segmento testuale Partito è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 837Analitici , di cui in selezione 56 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Francesco de Martino, Noterelle e schermaglie. Storia di Lelio Basso reprobo. in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: NOTERELLE E SCHERMAGLIE
STORIA DI LELIO BASSO REPROBO
La lettura di un libro recente 1, influenzato da idee attuali, che sono di moda nel partito socialista, mi induce ad un riesame il piú possibile obbiettivo di una vicenda che si svolse tra il Congresso di Firenze del 1949 e quello di Bologna del 1951 ed ebbe come epilogo assieme al consolidamento della maggioranza di sinistra l'esclusione di Lelio Basso dal gruppo dirigente del partito. Dico il piú possibile obbiettivo, perché sono convinto che non esistono storici imparziali nei giudizi, ma che è dovere di storici autentici di ricercare i fatti e la loro ricostruzione in modo scrupoloso e fedele evitando lacune, deformazioni e false interpretazioni dei documenti esistenti. La presente nota ha appunto lo scopo di utilizzare per il lettore i documenti relativi a quella vicenda e di fornire una testimonianza personale di fatti, che non sono attestati da altre fonti.
Dopo la sconfitta del Fronte popolare nel 1948 ed il grave insuccesso del partito socialista, che ottenne il p[...]

[...] dovere di storici autentici di ricercare i fatti e la loro ricostruzione in modo scrupoloso e fedele evitando lacune, deformazioni e false interpretazioni dei documenti esistenti. La presente nota ha appunto lo scopo di utilizzare per il lettore i documenti relativi a quella vicenda e di fornire una testimonianza personale di fatti, che non sono attestati da altre fonti.
Dopo la sconfitta del Fronte popolare nel 1948 ed il grave insuccesso del partito socialista, che ottenne il piú basso numero di eletti di tutto il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, una coalizione di centro aveva ottenuto la maggioranza nel PSI e tentò di seguire una politica piú autonoma del partito, pur senza negare l'unità con i comunisti e senza contestare il valore della rivoluzione sovietica e della funzione dell'uRs s, ma denunciando il rischio per la sinistra italiana di identificarsi con le esigenze di potenza di questo stato. Contro la linea centrista, che aveva in Riccardo Lombardi l'uomo di punta, la sinistra del partito condusse un'opposizione molto forte e talvolta con toni aspri e violenti, come si riscontrano nella polemica che insorse tra Morandi e Lombardi 2 e che aveva come tema fondamentale quello dei rapporti fra il movimento operaio italiano e quello comunista internazionale ed in ispecie l'Unione sovietica. Il centro perse la maggioranza che aveva conquistato meno di un anno prima in un momento di reazione del partito alla sconfitta elettorale, perché la sua politica non corrispondeva alle condizioni oggettive nelle quali si svolgeva la lotta politica e sociale del tempo, né interpretava le aspirazioni dei militanti, chiamati a fronteggiare un'ondata conservatrice e perfino reazionaria, che veniva montando dopo la vittoria democristiana del 1948.
1 P. AMATO, Il PSI tra frontismo e autonomia (19481954), Roma, Lerici, 1978.
2 Vedi ora i testi di tale polemica in R. MORANDI, La politica unitaria, Torino, Reprints Einaudi, 1975, p. 13 (scelta di scritti a cura di S. Merli dal vol. vi delle Opere di R. Morand[...]

[...]sentativi, intorno ai quali si era stretto un gruppo di giovani, destinati a costituire il nucleo piú significativo del nuovo gruppo dirigente, Luzzatto, Vecchietti, Valori, Gatto, Panzieri nonché Tolloy e Lami, che provenivano dal MUP costituitosi in Italia negli anni della guerra. Ad esso si ricollegava anche Sandro Pertini che aveva lasciato la posizione del centro al Congresso di Genova temendo che essa avrebbe in modo inevitabile portato il partito ad una rottura dell'unità con i comunisti 3. Una seconda componente faceva capo a Lelio Basso, che era stato il segretario del partito dopo la scissione socialdemocratica ed aveva nel modo piú lucido e coerente operato per una definizione rivoluzionaria e leninista del partito, non solo quindi rifuggendo da compromessi per evitare la scissione, ma anzi addirittura favorendola. Assieme a Basso vi erano molti giovani, fra i quali si possono ricordare A. Bottai, C. Bensi, G. Avolio, L. Ladaga, G. Bosio, etc. Vi era L. Matteucci, che proveniva dal vecchio partito socialista ed era autorevole esponente del partito nell'alto Lazio ed in Umbria, ed assieme a lui L. Anderlini ed A. Cirese, giovane intellettuale che si dedicava agli studi sulle credenze popolari, vi era Laura Conti, militante coraggiosa e fiera, vi erano economisti come Rienzi e tanti altri. Vi era anche chi scrive 4, che aveva sostenuto assieme ad E. Lussu fin dal Congresso di Cosenza dell'agosto 1944 del Partito d'azione la definizione socialista di esso e poi la fusione con il PSI. L'organo della corrente era il « Quarto Stato », nato nel 1945 con il nome significativo e simbolico, che ricordava quello della rivista di Rosselli e Nenni fondata nel 1926 per la lotta antifascista 5.
Assieme i due gruppi si erano imposti al Congresso di Firenze, in seguito al quale si era formata una direzione ed un esecutivo, del quale facevano parte oltre Basso, anche Bottai e chi scrive. Ma fin dall'inizio e via via piú intensamente si venne sviluppando una frattura tra Morandi e Basso, i cui termini sono poco comp[...]

[...]a lotta antifascista 5.
Assieme i due gruppi si erano imposti al Congresso di Firenze, in seguito al quale si era formata una direzione ed un esecutivo, del quale facevano parte oltre Basso, anche Bottai e chi scrive. Ma fin dall'inizio e via via piú intensamente si venne sviluppando una frattura tra Morandi e Basso, i cui termini sono poco comprensibili sul piano politico. Essa riguardava piú i modi di organizzazione interna e di direzione del partito, che secondo noi erano troppo chiusi ed obbedivano a criteri errati. Sul piano politico infatti le nostre tesi ed in particolare quelle di Basso accentuavano ancora di piú l'esigenza unitaria, come risulta in modo evidente dai nostri interventi al Congresso di Firenze e dal commento che lo stesso Basso dedicò ad esso, replicando alle critiche che ci erano state rivolte dalla stampa borghese. In tale commento Basso si riferisce sempre al mio inter
3 « Avanti! », 30.6.1948: in sintesi, Il partito socialista italiano nei suoi Congressi, y, 19421955, Milano, ed. del Gallo, 1968, p. 225. Pertini [...]

[...]edivano a criteri errati. Sul piano politico infatti le nostre tesi ed in particolare quelle di Basso accentuavano ancora di piú l'esigenza unitaria, come risulta in modo evidente dai nostri interventi al Congresso di Firenze e dal commento che lo stesso Basso dedicò ad esso, replicando alle critiche che ci erano state rivolte dalla stampa borghese. In tale commento Basso si riferisce sempre al mio inter
3 « Avanti! », 30.6.1948: in sintesi, Il partito socialista italiano nei suoi Congressi, y, 19421955, Milano, ed. del Gallo, 1968, p. 225. Pertini considerava di per sé ottima l'iniziativa del Fronte democratico popolare e criticava l'errore di averne fatto un cartello elettorale. Ma l'idea era valida e Pertini difese appassionatamente l'unità d'azione e si oppose all'adesione dell'Italia al piano Marshall giudicato strumento di asservimento e di crociata anticomunista (vedi anche la lettera di Pertini ai compagni in « Avanti! », 2.7.1948, in cui ribadisce la sua scelta).
4 Non dunque « morandiano di ferro » come scrive AMATO, op. cit., p.[...]

[...]glia a fondo contro l'opportunismo, portando dinanzi al Congresso il dibattito politico sul significato della posizione romitiana e chiedendo al Congres
so l'espulsione dei dirigenti opportunisti » (il corsivo è nostro). Ciò avrebbe dovuto servire anche a smascherare gli elementi di destra, che si erano inseriti
nelle posizioni del centro, espellendo anche questi ed annullando il centro, recuperandone la parte viva, in modo da far ritrovare il partito compatto per uno
slancio nuovo. Basso lamentava che questo però non era stato l'avviso della sinistra ed aggiungeva che era inutile recriminare sulle cose « che si potevano fare e non si sono fatte ».
Egli si dilungava con grande ricchezza di argomenti contro gli opportunisti, spiegava quale pericolo essi rappresentassero per il partito concepito come uno strumento per la lotta unitaria di classe e contro l'imperialismo e teorizzava l'incompatibilità della loro presenza nel partito stesso:
Dev'essere il Partito stesso a proclamare l'impossibilità di permanere nel Partito per tutti coloro che non sono sul terreno della lotta di classe, nel senso sopra spiegato, in modo da eliminare per quanto possibile tutti i focolai d'infezione che ancora sussistono [...]. Colpire inesorabilmente — affermava a conclusione di questa parte — questi « centri di infezione » è condizione per poter condurre un'opera di chiarificazione ideologica che rinsaldi in modo duraturo i vincoli della base del Partito.
A tale intransigente posizione, che sviluppava in modo coerente i motivi addotti contro il compromesso con la destra socialdemocratica di Saragat al momento
della scissione, faceva riscontro una non meno rigorosa ed intransigente posizione sui principi fondamentali, che avrebbero dovuto ispirare il partito socialista.
Nel replicare alle critiche mosse sulla stampa ed al discorso di De Gasperi all'Adriano di Roma, nel quale lo statista democristiano si era lungamente soffer
mato a citare polemicamente i passi del discorso relativi ai temi unitari: « E stato rimproverato a De Martino di aver negato la possibilità di una politica socialista, a me di aver accettato il concetto della guida dell'Unione Sovietica ». Egli ribadiva tali posizioni e nei confronti di un giudizio dell'« Unità » secondo la quale
6 Dopo il Congresso, « Quarto Stato », 1949, n. 89, pp. 3 ss.
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[...]asse si svolge fuori di schemi rigidi, citava il passo di Lenin sulla varietà e diversità delle forme di lotta secondo le condizioni del momento, si diffondeva sul tema dell'unità dei partiti della classe
operaia nell'Occidente e ribadiva il concetto, che del resto era stato comune a lui ed a Morandi durante il travaglio dell'elaborazione del Centro Interno, della
necessità di superare il dualismo fra socialisti e comunisti per creare un partito nuovo unificato, che « superando la unilateralità degli uni e degli altri, riesca veramente ad interpretare le esigenze politiche e guidare sul terreno della lotta le classi operaie dei differenti paesi ». Nei confronti dei comunisti la critica si rivolgeva all'impenetrabilità del loro linguaggio, ad un atteggiamento psicologico di chiusura, al loro schematismo ed analisi inadeguata dei dati reali, alla incapacità di tradurre in lingua occidentale la lingua comunista. In piú chiare parole la dif
ferenza tra i due partiti consisteva in diversità di spirito e di linguaggio e mai nella volon[...]

[...] la dif
ferenza tra i due partiti consisteva in diversità di spirito e di linguaggio e mai nella volontà di fare politiche diverse. Tali concetti ed analisi erano poi riassunti
in 5 punti finali, che si possono riassumere in pochi concetti: una sola politica, la comune partecipazione allo stesso schieramento internazionale, la pratica leale
dell'unità d'azione per superare le differenze attuali e giungere in una gara di emulazione al partito di tipo nuovo auspicato.
Come risulta evidente a chiunque si avvicini ai documenti originali senza preconcetti e pregiudizi, non vi era una diversità di sostanza tra le posizioni espresse da Basso e quelle dell'altra parte della sinistra ed in particolare di Mo
randi, che nella polemica con i centristi e con Lombardi aveva sostenuto con estrema decisione la funzione dell'uRs s nella lotta internazionale del proletariato.
Se mai la differenza consisteva nel rigore intransigente con il quale Basso si batteva contro la destra e contro l'opportunismo, fino a chiederne l'espulsione dal[...]

[...]ità di sostanza tra le posizioni espresse da Basso e quelle dell'altra parte della sinistra ed in particolare di Mo
randi, che nella polemica con i centristi e con Lombardi aveva sostenuto con estrema decisione la funzione dell'uRs s nella lotta internazionale del proletariato.
Se mai la differenza consisteva nel rigore intransigente con il quale Basso si batteva contro la destra e contro l'opportunismo, fino a chiederne l'espulsione dal partito, mentre Nenni e gli altri esponenti della sinistra non si spingevano a tanto. Non era dunque su questo che esistevano rilevanti contrasti. Pesavano invece nella lotta interna del partito socialista le posizioni assunte in precedenza ed in particolare l'avversione di Basso contro la politica di unità nazionale e l'alleanza con forze borghesi, la sua scelta per una linea rivoluzionaria rigidamente classista, le sue tendenze che in qualche momento assomigliavano alle critiche di Trotzskj contro Stalin, il che legittimava in qualche modo l'accusa di trotzskismo che talvolta si sentiva riecheggiare in quel tempo nei confronti di Basso e che anche

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Nenni in qualche misura condivideva. Ma non fu su questo che si sviluppò la polemica interna che c[...]

[...] che anche

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Nenni in qualche misura condivideva. Ma non fu su questo che si sviluppò la polemica interna che condusse alla fine alla rottura della sinistra ed alla estromissione di Basso dalla direzione.
Dopo il Congresso di Firenze nel quale la sinistra unita aveva battuto il centro, la posizione di Morandi si era rafforzata. Lo stesso Nenni aveva riconosciuto che a Morandi spettava una parte preminente nel partito, perché egli era stato l'uomo di punta nello scontro con i centristi, cosí come Basso lo era stato nella lotta contro la destra al tempo della scissione. Le piú importanti leve operative erano state dunque attribuite a Morandi e ad uomini del suo gruppo, tra i quali primeggiavano Lizzadri, Cacciatore e Tolloy, mentre Basso aveva avuto la responsabilità del lavoro ideologico di per sé importante, anzi fondamentale, ma che poteva essere facilmente ridotto ad una vuota accademia, se non congiunto ad un intenso lavoro politico e sostenuto da una comune volontà del gruppo dirigente. Del comitato e[...]

[...] scrive, ma senza incarichi di qualche rilievo. Tutti gli altri membri dell'esecutivo si riferivano a Nenni e Morandi ed a quest'ultimo in particolare. Vi era una evidente sproporzione di forza e l'equilibrio interno era tutt'altro che solido. Cosí venne sviluppandosi via via una tensione, che si accentuò con il passare del tempo. La nostra critica riguardava principalmente la scarsa democrazia interna ed i metodi che si andavano instaurando nel partito con la tendenza a far cadere la scelta su elementi sicuri e quindi con una scarsa utilizzazione delle forze disponibili. Ma dall'altro lato si opponeva l'esigenza di una direzione compatta ed unita per guidare il partito nel corso di una lotta che si annunciava molto dura ed aspra. Negavamo che vi fossero differenze sulla linea politica, ma Basso accentuava le sue riserve sul modo come questa veniva realizzata. Egli mirava inoltre a riorganizzare il gruppo, si tenevano frequenti riunioni per stabilire quali dovessero essere i nostri comportamenti, si predisponevano piani di azione per conseguire all'interno un migliore equilibrio nei rapporti di forza. Questo lavorio, che in realtà non assunse mai dimensioni importanti ed infine si restringeva ad un numero limitato ed abbastanza modesto di partecipanti, susci[...]

[...]erio sui temi che noi sollevavamo.
Cosí si giunse nell'approssimarsi del Congresso di Bologna del 1951 ad una riunione dell'Esecutivo, nel corso della quale il gruppo morandiano passò all'offensiva, perché evidentemente aveva scelto la via della rottura e dell'esclusione di Basso. In tale riunione, mentre Nenni taceva, vi fu una sorta di processo, nel corso del quale l'accusa rivolta a Basso era di frazionismo e di attività nociva all'unità del partito. Ad uno ad uno i membri dell'Esecutivo formulavano la loro critica. Nessuno fece riferimento al cosiddetto deviazionismo di Basso, nessuno accennò ad interferenze comuniste o sovietiche. Solo uno, se non erro il compianto Corona affermò che in un suo viaggio nell'uxs s un esponente sovietico aveva detto, con allusione al PSI, che il « pesce puzza dalla testa ». Ma l'allusione era vaga e non venne raccolta. Basso non si difese né fece valere le nostre ragioni.
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Egli appariva rassegnato ad un evento, che giudicava inevitabile. Solo chi scrive, nuovo dei rituali in u[...]

[...]LIE
Egli appariva rassegnato ad un evento, che giudicava inevitabile. Solo chi scrive, nuovo dei rituali in uso in quel tempo nei partiti operai, tentò una difesa di Basso, suscitando la reazione di impazienza e di fastidio di Morandi. La riunione dell'Esecutivo non giunse ad una conclusione formale, ma la condanna era scritta negli interventi della maggioranza. A me l'esclusione che si prospettava di Basso appariva come ingiusta e non utile al partito e tentai di ottenere un intervento dei comunisti per evitare il peggio. Raccontai dunque ad Amendola e Paietta quello che stava avvenendo nel PSI ed espressi loro le mie preoccupazioni per la rottura che si profilava. Per onore del vero, essi tentarono di svolgere un'opera di mediazione e di pacificazione, ma ricevettero risposte gelide ed addirittura una sorta di ammonimento a non ingerirsi nelle vicende interne del partito socialista'. A me pareva utile affrontare un dibattito a viso aperto nel Congresso e porre la questione davanti a tutto il partito, ma Basso era preoccupato delle reazioni che questo avrebbe provocato e temeva di poter essere estromesso addirittura dal movimento operaio, mentre la milizia di classe per lui era il senso stesso della vita. Cosí dopo un colloquio privato con Morandi, i cui termini non mi furono resi noti, egli decise di abbandonare la lotta. Al Congresso l'intervento che egli pronunciò s non riprese i temi critici sui quali si era sviluppata la nostra azione né spiegò le ragioni del dissenso. In quei tempi duri gli interessi della lotta comune prevalevano sulle convinzioni individuali. Con questo si era san[...]

[...]ponde interamente a quello pubblicato da Bosio. Essa costituisce un documento importante per comprendere a pieno il clima del tempo, il senso profondo dei contrasti, il carattere degli uomini. I punti salienti consistono nella rivendicazione di una linea di sinistra piú coerente di quella di altri giunti in ritardo a convinzioni leniniste, nella conferma del proposito di battersi per il superamento dei partiti esistenti e la creazione di un solo partito della classe operaia, nell'esigenza di un rafforzamento strutturale del partito socialista per porlo in grado di promuovere tale processo, la critica ad una concezione del partito come subordinato alla guida comunista e quindi forza di
7 Basso ha poi narrato che l'intervento di Amendola e Paietta evitò che egli fosse espulso dal partito per l'accusa di avere avuto rapporti epistolari con Rajk, l'ex segretario del PC ungherese, impiccato nel 1949: « Mondo Operaio », 1979, p. 88. A me non risulta che tale espulsione fosse stata richiesta da alcuno, a meno che Morandi non avesse fatto una minaccia del genere nel colloquio di cui parlo nel testo. $ vero invece che tra le tante dicerie che giravano nel partito in quel tempo vi era anche questa del rapporto di Basso con Rajk, ma questo non formò oggetto di accuse esplicite, né vi furono riferimenti nella riunione dell'Esecutivo.
8 Egli si soffermò sull'asprezza della lotta e sui mezzi per opporsi alla reazione, indicando nell'alleanza del proletariato con i ceti medi un'esigenza fondamentale: Il partito nei suoi congressi, y, p. 317.
9 Giornale di un organizzatore di cultura, Milano, ed. Avanti, 1962, pp. 131143.
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retroguardia. Se le cose non dovessero mutare, ecco la conclusione piú significativa, allora non resterebbe che chiedere l'iscrizione al partito comunista. Ma subito dopo la gravità di tale affermazione veniva attenuata: « Io mi rendo conto che questo fatto potrebbe avere spiacevoli riflessi sul partito, e so d'altra parte che quando ci si iscrive ad un partito si contrae un vincolo verso i compagni che non si può poi spezzare in qualunque momento ed a proprio esclusivo arbitrio. È perciò che desidero a questo riguardo sentire anche il tuo giudizio » (Bosio, p. 143).
È chiaro che la preferenza manifestata per il passaggio al partito comunista era piuttosto una pressione sul Segretario del Partito, anziché una convinzione maturata e ferma. A questo giudizio si è autorizzati a giungere sulla base dei fatti e del comportamento di Basso negli anni che seguirono al suo isolamento. Quali siano state le reazioni di Nenni a tale lettera non si è in grado di dire. Egli non condivideva le idee di Basso, ma non desiderava il suo allontanamento dal partito, anche se poi come è accaduto in altre circostanze era disposto a correre questo rischio per lo sviluppo di una politica. Lizzadri, che nel gruppo morandiano era uno dei piú decisi assertori della stretta intesa con i comunisti ed avversava Basso, ha lasciato scritto che Nenni al Congresso di Bologna resistette a lungo alle pressioni sue e di altri per escludere Basso dalla Direzione, allo scopo di bilanciare la crescente influenza di Morandi 10. Ma fini con l'accettare questa richiesta appoggiata dalla maggioranza dei dirigenti della sinistra e nel suo intervento di replica esaltò il valore [...]

[...]ta appoggiata dalla maggioranza dei dirigenti della sinistra e nel suo intervento di replica esaltò il valore della compattezza del gruppo dirigente e della sua « assoluta omogeneità », citando addirittura una confidenza di Gottwald, l'uomo che aveva attuato il colpo di stato di Praga del 1948: « compagno Nenni, non c'era nulla di preparato, siamo stati sorpresi dalla massa degli avvenimenti che non prevedevamo e se avessimo avuto alla testa del partito un gruppo direttivo nel quale per giungere a conclusione fosse stato necessario discutere cinque minuti di troppo, avremmo perso la battaglia, che vincemmo solo per la tempestività delle nostre decisioni » 11
Per la formazione della nuova Direzione, decisa l'esclusione di Basso, Pertini mi venne a chiedere, anche a nome di Morandi e degli altri, di entrare a farne parte. Ero incerto e dubbioso, perché non ero d'accordo con l'esclusione di Basso. Ne parlai con quest'ultimo, il quale non era entusiasta della proposta, ma non si sentí nemmeno di indurmi a respingerla. Allora io richiesi di non [...]

[...]do con l'esclusione di Basso. Ne parlai con quest'ultimo, il quale non era entusiasta della proposta, ma non si sentí nemmeno di indurmi a respingerla. Allora io richiesi di non essere il solo dell'antica ala bassiana ad entrare nella Direzione e cosí venne scelto anche Matteucci. Nella prima riunione feci liberamente una dichiarazione, nella quale riconfermavo le posizioni assunte in precedenza. Cosí ebbe inizio un nuovo capitolo nella vita del partito, che fu caratterizzato dall'impegno e dal rigore, con il quale
lo Il socialismo italiano dal frontismo al centrosinistra, Roma, Lerici, 1969, p. 166.
11 « Avanti! », 29.1.1951. Lizzadri, che riproduce questo passo, commenta: « I congressisti scattarono in piedi e noi del gruppo dell'albergo Baglioni (quelli cioè che avevano costretto Nenni ad accettare l'esclusione di Basso) ci guardammo allibiti. Basso veniva sacrificato alla possibilità di una decisione rapida e immediata, praticamente alla possibilità di una rivoluzione. E migliaia di persone presenti in aula acclamavano queste cose? ». [...]

[...]oluzione. E migliaia di persone presenti in aula acclamavano queste cose? ».
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Morandi si accinse alla sua riorganizzazione, ponendo l'accento sulla partecipazione alle lotte di massa. Vi furono aspetti positivi in quest'opera, che furono largamente riconosciuti e che diedero i loro frutti anche nelle lotte elettorali. I tempi erano duri e questo certo limitava fortemente il dibattito interno e la vita democratica del partito. Anche la vecchia opposizione centrista si venne attenuando e fini con lo scomparire ed i principali esponenti del centro furono impegnati negli incarichi politici e sindacali.
Rimaneva il caso di Basso, che non si poteva considerare chiuso in via definitiva, data la statura dell'uomo. Cosí in modo paziente chi scrive perseguí lo scopo di ottenerne il ritorno nell'attività di direzione, esercitando in modo amichevole una continua pressione su Morandi. Il quale era cosciente dei rischi insiti nei metodi adottati, che talvolta venivano poi esasperati in modo militaresco e burocratico, e si pro[...]

[...]uel tempo si muoveva per una prospettiva di distensione anche all'interno. Basso mi sembrava persuaso di tale esigenza, ma davanti al Congresso pronunciò un discorso di critica tanto aspra ed intransigente contro la linea della distensione da rendere vano il mio sforzo. Contro le critiche di Basso replicò Nenni, il quale respinse gli attacchi che venivano mossi all'uso della parola distensione e soprattutto la critica sugli errori strategici del partito IZ. In tale dibattito riaffiorava l'antica convinzione di Basso intorno ai compiti ed alle funzioni di un partito rivoluzionario della classe operaia, che si era già manifestata al tempo della liberazione. Essa si scontrava con quella di tutta la sinistra ed in ispecie con la piú duttile visione di Nenni, che in questo Congresso fu il principale antagonista.
Nonostante il contrasto di fondo, nel 1954 riuscii finalmente a fare incontrare Morandi con Basso, al quale Morandi richiese esplicitamente di rientrare nell'attività del partito ed impegnarsi per il prossimo Congresso 13. Non si può escludere che Morandi paventando future mosse di Nenni per allentare il rigore della politica unitaria fosse interessato all'attiva presenza di un uomo, la cui intransigenza era assoluta. Ma qui entriamo nel campo delle congetture.
Iz Conclusioni Congressuali nell'opuscolo Davanti al paese l'alternativa socialista. Testi e Documenti a cura della Direzione del PSI, p. 45 ss. Gran parte dell'intervento di Nenni è dedicato alla polemica con Basso, al quale si rimproverava di correre il rischio di avventure estremiste (p. 52).
13 L. BAsso, [...]

[...]scolo Davanti al paese l'alternativa socialista. Testi e Documenti a cura della Direzione del PSI, p. 45 ss. Gran parte dell'intervento di Nenni è dedicato alla polemica con Basso, al quale si rimproverava di correre il rischio di avventure estremiste (p. 52).
13 L. BAsso, Il tessitore di Pralognan, « Il Giorno » 22.8.1976, p. 3: « sul finire del 1954 in una colazione con Morandi e De Martino mi sentii invitare a ritornare nella vita attiva del partito e a prendere di nuovo posizione nel prossimo congresso ». V. anche le dichiarazioni dello stesso Basso in « Mondo Operaio » 1977, n. 7/8, p. 63: « Per parecchi anni (i rapporti) con Morandi furono totalmente interrotti. A fine 54 attraverso De Martino, Morandi mi invitò a cena a casa sua. Anche lui non condivideva i probabili sviluppi della politica di Nenni e mi invitò a riprendere parte attiva alla vita del partito ». Per verità l'interruzione dei rapporti durò dal '51 al '54.
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 473
Un ultimo particolare. In occasione di un viaggio nell'uRss di una delegazione italiana nel 1951, della quale anch'io facevo parte, fui chiamato da Morandi, Cacciatore e Lizzadri, i quali non senza imbarazzo e con molto garbo e cautela mi fecero comprendere che erano interessati a conoscere che cosa avrei detto nei miei incontri. Compresi a volo e dissi loro apertamente che non avrei certo approfittato di un viaggio per formulare all'estero giudizi o reclami sul mio partito e che, se ne fossi stato ri[...]

[...]. In occasione di un viaggio nell'uRss di una delegazione italiana nel 1951, della quale anch'io facevo parte, fui chiamato da Morandi, Cacciatore e Lizzadri, i quali non senza imbarazzo e con molto garbo e cautela mi fecero comprendere che erano interessati a conoscere che cosa avrei detto nei miei incontri. Compresi a volo e dissi loro apertamente che non avrei certo approfittato di un viaggio per formulare all'estero giudizi o reclami sul mio partito e che, se ne fossi stato richiesto, avrei dato un'informazione obbiettiva sulle nostre vicende. E cosí avvenne, allorché mi si chiese per quali ragioni Basso era stato escluso dalla Direzione. In tale circostanza mi si disse che i sovietici non erano entrati in alcun modo nelle questioni interne del nostro partito, il che dimostra che a Mosca erano giunte notizie su interferenze sovietiche nel caso di Basso. Si tenga conto, per comprendere il valore dell'episodio, che erano i tempi delle grandi epurazioni staliniane nei partiti comunisti dell'Est europeo e della scomunica di Tito. A stare all'assicurazione che mi fu spontaneamente data, l'accusa di deviazionismo, che si sentiva ricorrere, piú sussurrata che espressa apertamente, non aveva origine dalle fredde terre moscovite o dai lontani arcani del Cremlino, apparteneva all'armamentario polemico di una lotta che si svolse all'interno del PSI, non molt[...]

[...]i e circostanze. L'accusa di stalinismo — uno stalinismo in diciottesimo — che si muove ai metodi morandiani appare alquanto eccessiva. Certo i dissensi non venivano manifestati apertamente ed il clima era quello dell'unità sopra tutto, ma lo stesso Basso ritenuto reprobo ed escluso dagli organi dirigenti non fu bandito dalla politica. Nel 1953 fu rieletto deputato e su « Mondo Operaio » potette scrivere critiche alla politica di distensione del partito'. Certo il giudizio di Basso in tempi recenti è stato severo 15 e se ne può ben comprendere la ragione. Molto equilibrato appare il giudizio di un uomo, che era stato vicino a lui e che si era battuto per una libera cultura della sinistra, G. Bosio, formulato il 22 luglio 1955, allorché già si disperava di salvare Morandi, colpito da un male improvviso che rapidamente lo trascinava alla morte:
Colombo scuote la testa e dice che questo non ci voleva. Ed ha ragione, perché il Partito sta attraversando un periodo interessante, ma anche pericoloso ed il rigorismo di Morandi bilanciava il possibi[...]

[...]n tempi recenti è stato severo 15 e se ne può ben comprendere la ragione. Molto equilibrato appare il giudizio di un uomo, che era stato vicino a lui e che si era battuto per una libera cultura della sinistra, G. Bosio, formulato il 22 luglio 1955, allorché già si disperava di salvare Morandi, colpito da un male improvviso che rapidamente lo trascinava alla morte:
Colombo scuote la testa e dice che questo non ci voleva. Ed ha ragione, perché il Partito sta attraversando un periodo interessante, ma anche pericoloso ed il rigorismo di Morandi bilanciava il possibilismo di Nenni. Preoccupante la sostituzione:
14 Ad esse si riferisce anche Nenni nella replica citata alla nota precedente.
15 Non rispondono però allo stile ed alle convinzioni di Basso le parole che si leggono nel resoconto su l'« Avanti! » dell'8 dicembre 1978, p. 10, della Tavola Rotonda organizzata da « Mondo Operaio »: « si devono a Morandi tutte le disgrazie del partito socialista, che oggi senza quella parentesi sarebbe assai piú forte ». Nel testo di « Mondo Operaio », 19[...]

[...]sante, ma anche pericoloso ed il rigorismo di Morandi bilanciava il possibilismo di Nenni. Preoccupante la sostituzione:
14 Ad esse si riferisce anche Nenni nella replica citata alla nota precedente.
15 Non rispondono però allo stile ed alle convinzioni di Basso le parole che si leggono nel resoconto su l'« Avanti! » dell'8 dicembre 1978, p. 10, della Tavola Rotonda organizzata da « Mondo Operaio »: « si devono a Morandi tutte le disgrazie del partito socialista, che oggi senza quella parentesi sarebbe assai piú forte ». Nel testo di « Mondo Operaio », 1979, p. 87 si legge invece: « Ritengo che senza la gestione di Morandi il PSI avrebbe oggi una forza molto maggiore di quella che ha ». In genere la critica di Basso, come si è visto sopra, era a piú alto livello e non priva di momenti umani profondi, come risulta nell'intervista rilasciata a Mughini in « Mondo Operaio » n. 78, 1977, p. 63: « Di Morandi ho un ricordo ancora piú netto. A Perugia, verso la metà del 1955, un convegno di giovani socialisti, cui lo stesso Morandi mi aveva invita[...]

[...] priva di momenti umani profondi, come risulta nell'intervista rilasciata a Mughini in « Mondo Operaio » n. 78, 1977, p. 63: « Di Morandi ho un ricordo ancora piú netto. A Perugia, verso la metà del 1955, un convegno di giovani socialisti, cui lo stesso Morandi mi aveva invitato. A sera ebbi con lui un discorso lunghissimo, commovente, in cui mi confessò come sentisse completamente fallita la sua politica, il suo tentativo di costruire un ferreo partito frontista (il termine è improprio, forse si voleva dire leninista). Era deluso degli stessi uomini che gli stavano vicini. Un discorso che aveva il sapore di un testamento. Due mesi dopo sarebbe morto ».
474 NOTERELLE E SCHERMAGLIE
Morandi era divenuto, organizzativamente, l'arbitro del Partito, facendo il vuoto attorno a sé. Come si prospetterà la successione e quali conseguenze potrà avere? Anche se personalmente non condivido gran parte della linea di Morandi, si deve riconoscere che è una testa forte. Una disunione sarebbe assai piú dannosa al Partito del rigidismo morandiano (op. cit., p. 29).
Al di fuori delle passioni di allora, ma non certo per abbandonarsi ad altre mode, come quelle attuali, si può tentare un giudizio obbiettivo. Con tutti i suoi limiti di rigidismo, come dice Bosío, non di stalinismo, l'opera di Morandi permise al partito socialista di superare la grave crisi nella quale era caduto dopo le scissioni e la sconfitta del Fronte. Esso fu posto in grado di affrontare le lotte politiche e sociali cui era chiamato. Erano lotte dure, nelle quali occorreva coraggio e vigore unitario. Per un partito come quello, che anche Basso voleva e noi con lui, un partito rivoluzionario e classista, una struttura centralizzata era forse necessaria. Noi invece pensavamo che una maggiore democrazia interna lo avrebbe reso piú valido. Basso aspirava ad un partito nuovo, democratico, senza correnti, ma con un libero dibattito interno, capace di guidare una lotta unitaria delle masse e creare in esse la coscienza dei loro compiti. Il modello ideale era sugge
stivo e pieno di fascino. Ma non ve ne sono convincenti esempi storici. Perciò il suo pensiero inquieto oscillava tra Lenin e Rosa Luxemburg. Morandi nel suo
travaglio profondo dalla critica ai modelli storici del socialismo e del comunismo era giunto alla fine ad accettare il leninismo. Entrambi questi uomini apparten
gono ad un'epoca nella quale la lotta per il socialismo si concepiva come un'a[...]



da Vito Grasso, Turchia. Contraddizioni dell'alleato di ferro [sottotitolo: Anche qui la politica americana e della NATO è stata messa in discussione. I primi incerti passi della democrazia dopo la dittatura militare. Ma adesso i militari hanno recuperato gran parte del loro potere] in KBD-Periodici: Rinascita 1974 - 8 - 30 - numero 34

Brano: [...]avera del 1973 quando, al momento delle elezioni del presidente della Repubblica, da parte del Parlamento, subì una prima sconfitta. Nonostante il Parlamento fosse manipolato, esautorato, e per l'occasione particolarmente minacciato, il candidato dei militari non passò e fu invece eletto un exammiraglio di convinzioni legalitarie e costituzionali. I militari furono costretti a indire nuove elezioni legislative e nell'autunno dello stesso anno il Partito repubblicano del popolo di Butlent Ecevit — contro il quale si erano coalizzate tutte le forze conservatrici e vi erano interventi continui dell'ambasciata americana — ottenne una schiacciante vittoria, avvicinandosi alla' maggioranza assoluta e conquistando una solida maggioranza relativa. La vittoria fu molto indicativa: il partito repubblicano, infatti, era l'unica formazione legale che si ispirava a un programma democratico, e, sia pure genericamente, di sinistra (v. Rinascita del 4 gennaio 1974, n. 1). In altri termini, la dittatura militare siglava il suo fallimento col successo di una forza che appariva decisa a intraprendere l'opera di ricostruzione economica e di restaurazione democratica.
Tuttavia la situazione interna turca presenta un quadro che non può non suscitare perplessità riguardo alla vo lontà di rinnovamento che pure esiste nel gruppo repubblicano.
Il Partito repubblicano del popolo, dopo l'allontan[...]

[...]ia pure genericamente, di sinistra (v. Rinascita del 4 gennaio 1974, n. 1). In altri termini, la dittatura militare siglava il suo fallimento col successo di una forza che appariva decisa a intraprendere l'opera di ricostruzione economica e di restaurazione democratica.
Tuttavia la situazione interna turca presenta un quadro che non può non suscitare perplessità riguardo alla vo lontà di rinnovamento che pure esiste nel gruppo repubblicano.
Il Partito repubblicano del popolo, dopo l'allontanamento e poi la morte La fortezza di Famagosta dove i turcociprioti erano rimasti assediati dall'EokaB
di Inönü, sotto la guida di Bulent Ecevit si è profondamente rinnovato, uscendo dal confuso nazionalismo panturco che lo aveva caratterizzato negli anni della sconfitta e che lo aveva reso debole di fronte al più conseguente conservatorismo dei Menderes prima, e dei Demirel poi. Le scissioni interne, avvenute tutte a destra, non solo non lo hanno indebolito, come si è visto, nelle recenti elezioni politiche, ma gli hanno dato la possibilità di elabora[...]

[...]es prima, e dei Demirel poi. Le scissioni interne, avvenute tutte a destra, non solo non lo hanno indebolito, come si è visto, nelle recenti elezioni politiche, ma gli hanno dato la possibilità di elaborare delle linee programmatiche intorno alle ,quali chiamare tutte le forze progressiste del paese. Ecevit non ha esitato a dichiarare, in un paese in cui l'attribuzione della qualifica di comunista era sufficiente per essere deportati, che il suo partito è socialista e vuole, attraverso la democrazia, risolvere i problemi sociali e di struttura più profondi del paese. Né sono mancate iniziative concrete per dare almeno un avvio alle riforme più urgenti.
La situazione parlamentare e delle forze politiche e sociali in campo, ha però costretto Ecevit ad una alleanza con il Partito della salvezza nazionale, espressione dei gruppi musulmani più retrivi se non sul piano economicosociale, certo sul piano dei diritti civili e delle libertà politiche. Data la .indisponibilità ad entrare nella coalizione di governo dell'influente Partito della giustizia (diretto dal conservatore Demirel) il quale ha anzi organizzato il boicottaggio del governo nelle amministrazioni locali in cui ha la maggioranza; e data la impossibilità di ogni accordo con gli scissionisti di destra dello stesso partito repubblicano e con la formazione politica che si richiama al defunto Menderes; in breve dopo una lunga e travagliata crisi che minacciava di ripiombare il paese nel buio della dittatura militare, Ecevit ha trovato un'intesa con i gruppi religiosi presenti in Parlamento.
In questa situazione, il Partito della salvezza nazionale di Erbakan, pur essendo numericamente poco cospicuo, risulta condizionante e funge da freno alle iniziative di parte repubblicana. Vi è stato in questo senso il test dell'amnistia a favore dei prigionieri po litici. Decretata con ritardo solo nel luglio scorso, essa non è stata ancora interamente applicata e molti importanti prigionieri politici — fra cui Behice Bohran, presidentessa del disciolto Partito dei lavoratori turchi, condannata dalla giunta militare a venti
anni di lavori forzati sono ancora
in prigione. Per contro, Ecevit ha autorizzato la costituzione di un Partito socialista turco, che è avvenuta nello scorso giugno e ha raccolto i militanti del Partito dei lavoratori e altri gruppi marxisti.
Ma l'altra vera e pesante ipoteca che grava sul governo di Ecevit è la presenza in posizioni di controllo delle istituzioni dell'apparato militare. I generali golpisti pur politicamente squalificati e costretti con le elezioni a trasmettere i poteri a quell'Ecevit che all'indomani del colpo di Stato avevano incriminato, hanno sì subìto le indicazioni dei paese, ma nel contempo hanno conservato tutte le posizioni chiave per poter eventualmente ricattare il governo. L'azione a Cipro ha inoltre dato prestigio professionale agli ufficiali turchi e ne ha ra[...]



da senza firma, Elezioni in Turchia in KBD-Periodici: Rinascita 1965 - 10 - 16 - numero 41

Brano: Elezioni
in Turchia
Le elezioni per il rinnovo dell'assemblea nazionale tenutesi domenica scorsa in Turchia hanno provocato un grosso spostamento nella spartizione dei deputati tra i vari partiti. Quantunque ci si attendesse un progresso del Partito della giustizia (il partito di destra erede del partito democratico di Menderes), pochi potevano immaginarsi un suo cosi cospicuo successo: il 54 per cento dei voti, e cioè 255 seggi al posto di 158. Sconfitta netta, di contro del Partito repubblicano popolare di Ismet Inonu, sceso, con il 28 per cento dei voti, da 173 a 140 deputati. Degli altri partiti da segnalare la discreta affermazione d'un altro partito di destra, quello della nazione, accesamente sciovinista, che ha guadagnato una trentina di de putati (contro i 16 precedenti). Grave l'insuccesso del Partito repubblicano contadino, diretto da A. Turkesh (3 per cento circa dei voti) e positiva l'affermazione (2,5 per cento) del Partito operaio turco, la prima formazione chiaramente progressista che si presenti sulla scena del paese da molti anni a questa parte, ma inadeguata a fronteggiare Io sbandamento a destra complessivo.
A buon diritto, dunque, sulla scorta dell'esito della competizione, il presidente del Partito della giustizia, Suleiman Demirel, personaggio di età ancora giovane, dinamico e scaltro rivendica a sé l'incarico di formare il nuovo governo. Tuttavia numerosi sono gli interrogativi che si aprono per il paese. La vittoria del Partito della giustizia invero non suona conferma della validità dei suoi programmi, ma condanna della inadeguatezza, della incapacità ad avviare un autentico rinnovamento del partito repubblicano, che nel lungo periodo trascorso dalla consultazione precedente (1961) pur avendo nelle mani le leve del paese non è riuscito nè ad incidere sui legami clientelari e di tipo feudale che il Partito della giustizia intrattiene con le masse contadine, nè a raccogliere intorno a sè gli strati popolari delle città.
Va ricordato infatti che soltanto dal 1963 Inonu aveva cominciato a riflettere sulla necessità di sganciarsi alquanto dalla soggezione politicoeconomica agli Stati Uniti e, in concidenza con l'isolamento 4n cui era caduta la Turchia nella controversia per Cipro, aveva principiato a volgere l'attenzione verso i paesi del neutralismo positivo e verso i paesi socialisti. Troppo impacciate sono però state le sue mos se, troppo critica è la situazione economica della repubblica turca[...]

[...]ialisti. Troppo impacciate sono però state le sue mos se, troppo critica è la situazione economica della repubblica turca perehè i modesti passi tentati potessero avere consistenti conseguenze. La timidezza, di conseguenza, ha finito col favorire i suoi avversari.
Battuto da un voto del Parlamento nel febbraio di quest'anno, Inonu pensava di riconquistare adesso il potere, ma la sua propaganda è risultata fiacca e poco convincente. Di contro il Partito della giustizia non esitava a far sue talune iniziative di Inonu accettando di proseguire, ad esempio, il riavvicinamento diplomatico e commerciale con l'URSS. E la grande borghesia turca, in accordo con i grandi monopoli internazionali, che non poteva non desiderare di affidare tale incarico al partito « più sicuro » lo ha sfacciatamente appoggiato in queste elezioni.
Resta da vedere se i militari —a partire dal presidente della Re
pubblica gen. Gursel riusciran
no a trovare l'accordo con i vincitori di oggi, seguaci di quel regime dittatoriale che essi hanno abbattuto nel 1960.



da Giancarlo Bergami, Partito e prospettiva della rivoluzione comunista in Bordiga in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: PARTITO E PROSPETTIVA
DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA
1. Partito e classe nella battaglia di Bordiga per l'unità del proletariato. — La concezione bordighiana del partito politico della classe operaia ha la sua origine teoricopratica nell'impegno del fondatore del circolo rivoluzionario intitolato a Carlo Marx di ricostituire, negli anni che precedono la prima guerra mondiale, una corrente di sinistra capace di applicare il programma classista al di fuori dei particolarismi municipalistici, e contro il duplice revisionismo riformista e sindacalista. La lotta pressoché esclusiva alla tattica bloccarda e alle « morbose degenerazioni » del socialismo napoletano, che si era lasciato attrarre nello schieramento variopinto delle consorterie laiche, massoniche e demo[...]

[...]evisionismo riformista e sindacalista. La lotta pressoché esclusiva alla tattica bloccarda e alle « morbose degenerazioni » del socialismo napoletano, che si era lasciato attrarre nello schieramento variopinto delle consorterie laiche, massoniche e democrateggianti, indica nondimeno il titolo di merito e, insieme, il punto debole del marxismo di Bordiga e dei suoi giovani compagni meridionali. Essi non pongono infatti la funzione e la natura del partito in termini tatticostrategici adeguati alla maturità raggiunta dalla maggioranza del proletariato, o alla crisi storica delle forze capitalistiche nazionali e mondiali.
La stessa opposizione bordighiana alla guerra si intona, nella forma di un deciso antimilitarismo di classe, all'agitazione antibellicistica del massimalismo di sinistra, piuttosto che identificarsi con la linea leniniana, emersa negli incontri di Zimmerwald e di Kienthal, mirante a trasformare la guerra imperialistica in guerra civile, cioè nella lotta di classe generalizzata: la sola guerra della classe operaia. Si deve conv[...]

[...]zata: la sola guerra della classe operaia. Si deve convenire che l'elaborazione di Bordiga, anche quando il dirigente socialista napoletano accentua la propria fedeltà all'internazionalismo proletario e prende le distanze dall'inconcludenza di certo massimalismo rumoroso, resta nel complesso « troppo inarticolata per poter essere collocata sullo stesso piano di quella di Lenin »
All'esperienza bolscevica non è invero assimilabile la visione del partito quale interprete dogmatico delle leggi di sviluppo della società capitalistica.
1 A. DE CLEMENTI, Amadeo Bordiga, Torino, Einaudi, 1971, p. 32.
264 GIANCARLO BERGAMI
Analoga astrattezza era tipica del soviet bordighiano, sovrapposto alle masse attraverso i meccanismi di rappresentanza borghese, con i suoi seggi elettorali suddivisi per territorio (circoscrizioni cittadine e provinciali) e non per unità di lavoro. Non a caso lo scontro tra il PCD'I e l'Esecutivo del Komintern cresce di intensità nel 19211923 avendo al centro la questione aggrovigliata del fronte unico (sindacale e/o politic[...]

[...]tipica del soviet bordighiano, sovrapposto alle masse attraverso i meccanismi di rappresentanza borghese, con i suoi seggi elettorali suddivisi per territorio (circoscrizioni cittadine e provinciali) e non per unità di lavoro. Non a caso lo scontro tra il PCD'I e l'Esecutivo del Komintern cresce di intensità nel 19211923 avendo al centro la questione aggrovigliata del fronte unico (sindacale e/o politico), vale a dire il nodo dei rapporti tra il partito comunista come avanguardia del proletariato rivoluzionario e il movimento operaio nelle sue concrete ramificazioni organizzative
e di classe. Bordiga ripropone nel 19211922 le motivazioni dei dissensi sul fronte unico politico esplicitati nel « Soviet » del 4 luglio 1919, ancorché, nella preoccupazione di difendere il nuovo partito dai germi dissolvitori dell'opportunismo e del revisionismo, egli non valuti con esattezza la natura della reazione fascista e il possibile sbocco autoritario o militare di destra della crisi del dopoguerra.
Bordiga riecheggia in modo parziale e restrittivo l'insegnamento leniniano secondo cui soltanto il partito della classe operaia è in grado di raggruppare, educare, mobilitare l'avanguardia del : proletariato e di tutte le masse lavoratrici, consentendo di resistere alle oscillazioni piccoloborghesi
e alle tentazioni del corporativismo e dei pregiudizi professionali alle quali singole categorie di lavoratori e operai sono soggette nel regime del lavoro salariato. La rigidità della posizione bordighiana si rivela quando teorizza l'inferiorità delle organizzazioni spontanee, immediate, rispetto al partito politico, che le inquadra e disciplina allo scopo di realizzare la dittatura del proletariato. [...]

[...], educare, mobilitare l'avanguardia del : proletariato e di tutte le masse lavoratrici, consentendo di resistere alle oscillazioni piccoloborghesi
e alle tentazioni del corporativismo e dei pregiudizi professionali alle quali singole categorie di lavoratori e operai sono soggette nel regime del lavoro salariato. La rigidità della posizione bordighiana si rivela quando teorizza l'inferiorità delle organizzazioni spontanee, immediate, rispetto al partito politico, che le inquadra e disciplina allo scopo di realizzare la dittatura del proletariato. Il partito in quanto organo e non parte, e prima organo che parte, della classe operaia, si definisce in ragione di princìpi meccanici; il partito, anzi, preesiste alla classe, della quale si reputa l'avanguardia precorritrice. A rigore, per Bordiga, « non si potrebbe nemmeno parlare di classe quando non esista una minoranza di questa classe, tendente ad organizzarsi in partito politico » 2.
Al minoritarismo congenito del PCD'I inteso quale frazione di classe, cui sono ammessi solo i comunisti pronti ad accettare la disciplina accentratrice
e settaria sintetizzata nel principio del centralismo organico (e non democratico), si opponeva la visione terzinternazionalistica dell'organizzazione che privilegiava i problemi della tattica efficace per giungere all'unità di azione
e alla coesione delle forze proletarie. Bordiga rettifica la nota formula del centralismo democratico, poiché la democrazia « non può essere per noi un principio; il centralismo lo è indubbiament[...]

[...]ipio del centralismo organico (e non democratico), si opponeva la visione terzinternazionalistica dell'organizzazione che privilegiava i problemi della tattica efficace per giungere all'unità di azione
e alla coesione delle forze proletarie. Bordiga rettifica la nota formula del centralismo democratico, poiché la democrazia « non può essere per noi un principio; il centralismo lo è indubbiamente, poiché i caratteri essenziali del
2 A. BORDIGA, Partito e classe, « Rassegna Comunista », Milano, I, n. 2, 15 aprile 1921, p. 63; dr. anche A. BoRDIGA, Il Partito Comunista, « l'Ordine Nuovo », Torino, I, n. 120, 1° maggio 1921, p. 1.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 265
l'organizzazione del partito devono essere l'unità di struttura e di movimento »3. Il rilievo, coerente con un approccio subordinante la tattica a un corpus di verità allergiche alla verifica dei fatti, è la spia di un dissenso di fondo tra la direzione del PCD'I e il Komintern, dissenso che si manifesta a proposito del modo di intendere e applicare la serie di 25 tesi sul fronte unico operaio divulgate nel dicembre del 1921 dall'Esecutivo dell'Internazionale comunista.
Mentre nella direttiva approvata al III Congresso del Komintern per la conquista della maggioranza del proletariato si riflette l'orientamento di render[...]

[...]i un dissenso di fondo tra la direzione del PCD'I e il Komintern, dissenso che si manifesta a proposito del modo di intendere e applicare la serie di 25 tesi sul fronte unico operaio divulgate nel dicembre del 1921 dall'Esecutivo dell'Internazionale comunista.
Mentre nella direttiva approvata al III Congresso del Komintern per la conquista della maggioranza del proletariato si riflette l'orientamento di rendere assai stretto il collegamento del partito con il movimento di massa nella sua storicità, di cui il partito è la risultante piú avanzata, capace di far camminare la dottrina marxista nella realtà e piegarla alle esigenze della lotta, Bordiga dal canto suo esalta, e per molti versi esaspera, « l'indipendenza del partito da tale movimento generale, di cui il partito stesso era organo e sintesi, poiché la classe operaia era da intendere già tutta espressa dalla teoria immutabile del marxismo rivoluzionario su cui esso si basava »4.
Nel momento in cui Bordiga fa dell'isolamento del PCD'I un valore da perseguire a ogni costo, riemerge l'incompatibilità con l'analisi leniniana e bolscevica delle funzioni del partito (i principi, il programma, la tattica), e delle questioni teoriche e metodologiche legate all'applicazione della dottrina marxista. E il PCD'I delimita la portata dell'appello del Komintern per il fronte unico operaio nell'ambito del fronte unico sindacale (e non politico).
Ciò non impedisce di affermare — come è detto nel Progetto di tesi presentate dal PCD'I al iv Congresso mondiale — che i comunisti propongono un'azione comune delle forze proletarie organizzate, salvo subordinare l'attuazione di questa tattica al compito fondamentale del partito comunista: la diffusione nella massa operai[...]

[...]icazione della dottrina marxista. E il PCD'I delimita la portata dell'appello del Komintern per il fronte unico operaio nell'ambito del fronte unico sindacale (e non politico).
Ciò non impedisce di affermare — come è detto nel Progetto di tesi presentate dal PCD'I al iv Congresso mondiale — che i comunisti propongono un'azione comune delle forze proletarie organizzate, salvo subordinare l'attuazione di questa tattica al compito fondamentale del partito comunista: la diffusione nella massa operaia della coscienza che solo il programma comunista e l'inquadramento diretto dal partito comunista la condurranno alla sua emancipazione. Di qui l'interpretazione strumentale della politica del fronte unico, attraverso la quale deve essere precisata e intensificata la campagna contro influenze e programmi opportunistici o socialriformistici che minacciano l'integrità classista del movimento operaio, fino a radicare ed estendere la convinzione tra le masse che il partito comunista sia il meglio preparato a far prevalere la causa del proletariato.
Bordiga teme soprattutto che le fusioni di sezioni isolate dell'Internazionale con altri organismi politici, ovvero il graduale assorbimento di frazioni
3 A. BORDIGA, Il principio democratico, « Rassegna Comunista », Napoli, II, n. 18, 28 febbraio 1922, p. 888.
4 F. LIvoxsI, Amadeo Bordiga. Il pensiero e l'azione politica 19121970, Roma, Editori Riuniti, 1976, pp. 1967.
266 GIANCARLO BERGAMI
o gruppi di organizzati su basi tendenziali nel seno dell'organizzazione, come la penetrazione sistematica e il noyautage [...]

[...]mo e rotture disciplinari. Se dovesse arrestarsi
o invertirsi il processo per tendere alla eliminazione di tali anormalità o se queste dovessero elevarsi a sistema, si presenterebbe con estrema gravità il pericolo di una ricaduta nell'opportunismo (La tattica dell'Internazionale Comunista nel progetto di tesi presentate dal P.C.I. al IV Congresso mondiale, « Lo Stato Operaio », Roma, II, n. 6, 6 marzo 1924, p. 6).
Per Bordiga l'aggregazione al partito comunista di altri partiti, o di parti staccate di essi, indebolisce le potenzialità dell'organismo cosí artificiosamente composto, e paralizza l'opera di inquadramento e di radicalizzazione delle masse che in maggioranza seguono i socialdemocratici. La lotta per l'unità proletaria va condotta con la medesima energia con cui si affronta la politica dei riformisti, scontato che per la borghesia il metodo socialdemocratico valga quanto quello fascista. Anzi, l'acutizzarsi della pressione rivoluzionaria indurrà la classe borghese a dispiegare al massimo i due dispositivi ai quali essa si affida [...]

[...]L'analisi del fascismo nel primo tempo del PCD'I. All'interno di questo discorso si qualifica la ricognizione bordighiana della natura del fascismo, identificato con un espediente di reazione borghese, con un'organizzazione di guardie bianche di cui la borghesia si sarebbe liberata non appena raggiunto l'obiettivo di coinvolgere nella collaborazione di governo i socialdemocratici riluttanti. Secondo il punto di vista comunistico — rifiutato dal partito socialista, che invece persegue con ostinazione « uno stagnamento della situazione entro il ritorno "alla vita normale" che gli lasci continuare la tradizionale opera pacifica a cui è foggiata la sua struttura » —, il fascismo « non è che un altro aspetto della violenza statale borghese contrapposta alla fatale violenza rivoluzionaria del proletariato come ultima ratio difensiva e controffensiva » 5. Il che non vieta poi di scorgere i molteplici con
5 A. BORDIGA, Come matura il « noskismo », « l'Ordine Nuovo », Torino, i, n. 200, 20 luglio 1921, p. 1.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE[...]

[...] normale" che gli lasci continuare la tradizionale opera pacifica a cui è foggiata la sua struttura » —, il fascismo « non è che un altro aspetto della violenza statale borghese contrapposta alla fatale violenza rivoluzionaria del proletariato come ultima ratio difensiva e controffensiva » 5. Il che non vieta poi di scorgere i molteplici con
5 A. BORDIGA, Come matura il « noskismo », « l'Ordine Nuovo », Torino, i, n. 200, 20 luglio 1921, p. 1.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 267
traddittori legami del fascismo con i ceti medi e col blocco di forze con
servatrici dominanti in Italia all'indomani della guerra mondiale. Nel suo rapporto sul fascismo al iv Congresso mondiale (12a seduta Mosca, 16
novembre 1922), Bordiga indica nella seconda metà del 1920 il punto culminante della crisi rivoluzionaria del biennio rosso, col volgersi delle classi
medie dalla neutralità, se non in alcuni casi dall'aperta simpatia, verso il movimento operaio all'appoggio palese o occulto al fascismo.
Con le sconfitte operaie del [...]

[...] metà del 1920 il punto culminante della crisi rivoluzionaria del biennio rosso, col volgersi delle classi
medie dalla neutralità, se non in alcuni casi dall'aperta simpatia, verso il movimento operaio all'appoggio palese o occulto al fascismo.
Con le sconfitte operaie del 1920, e col generale riflusso della capacità di lotta e di iniziativa del proletariato al termine dell'occupazione delle
fabbriche, i ceti medi constatarono l'impotenza del partito socialista ad organizzarsi per spingere a fondo l'azione per la conquista del potere e anda
rono ad ingrossare la massa di manovra e di rincalzo di una borghesia in apparenza disorientata e cedevole. Osserva Bordiga nel suo rapporto:
È il momento in cui ha inizio e si scatena l'offensiva capitalistica e borghese. Questa offensiva in buona parte scaturisce e trae alimento dallo sfruttamento dello stato d'animo in cui la classe media era venuta a trovarsi. Grazie alla sua composizione estremamente eterogenea, il fascismo rappresentava la soluzione del problema di mobilitare le classi medie ai[...]

[...]iga sur le fascisme. Débats sur l'offensive du capital [compterendu sténographique du Ive Congrès mondial de l'I.c. (1922), douzième séance (Moscou, 16 novembre)], « La Correspondance Internationale », Berlin, 2e a., n. 36, 22 décembre 1922, p. 1 [supplement documentaire].
268 GIANCARLO BERGAMI
sviluppa sul terreno delle contraddizioni e della capacità offensiva del sistema capitalistico nazionale nel suo complesso. Il fascismo appare come
il partito unitario, ad organizzazione centralizzata e fortemente disciplinata, della borghesia e delle classi che gravitano nell'orbita di questa. È lo stato democraticoborghese, completato da una organizzazione dei cittadini. Come lo stato di tutti ha benissimo servito alla amministrazione degli interessi dei pochi, cosí vi servirà un partito di massa. E per trarre questo partito dagli effettivi tentennamenti di tutti i vecchi partiti o semipartiti borghesi, i metodi della violenza reazionaria sono senza contrasto combinati alla demagogia democratica. La confluenza col riformismo è chiara. I comunisti respingono il riformismo come un agente della causa borghese nelle file della classe proletaria. Il fascismo pretende di respingerlo come un agente della causa rivoluzionaria nelle istituzioni borghesi (A. Bordiga, Mosca e Roma, « Il Lavoratore », Trieste, 17 gennaio 1923, p. 1).
Per questo insieme di considerazioni il fascismo non è un movimento egemonizzato dagli agra[...]

[...]uracchio troppe volte agitato da demagoghi di ogni colore e appunto perciò poco plausibile.
Egli non intende decampare dai fondamenti dottrinari del comunismo rivoluzionario, né egli ammette che ai partiti comunisti, sorti dalla rottura con l'opportunismo riformista e menscevico, spetti di dar vita a vasti schieramenti per fronteggiare l'assalto reazionario. Ogni intesa con altri partiti operai è bandita a livello di fronte unico politico: « Il Partito comunista — sostiene nella prima riunione del Comitato centrale alla fine dei lavori del Congresso di Roma del PCD'I (marzo 1911) — sta alla rivoluzione come il Partito socialista alla controrivoluzione ». Equazione che risponde a una logica a suo modo realistica, poiché Bordiga auspicava il confronto « con chiunque: nelle organizzazioni sindacali », consapevole che il problema vero
7 Rapport de Bordiga sur le fascisme. Débats sur l'offensive du capital, cit., p. 2.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 269
resta quello di parlare alle masse e che, per risolverlo, non serve l'avvicinamento ai capi socialdemocratici, screditati e privi di volontà di lotta: « Di quali mezzi nuovi potremo servirci dopo avere parlato con i capi? » $.
identificato quindi il piano strategico su cui si collocano le forze dirigenti borghesi in quanto espressione unitaria del capitalismo italiano, il cui obiettivo determinante è non solo l'impedire a qualunque costo la rivoluzione proletaria, ma altresì « lo schiacciare l'organizzazione operaia divenuta incompati[...]

[...]permane una riserva di fondo verso la tattica e la disciplina dell'Internazionale: « non per politicantismo, ma proprio per la sua particolare forma mentis, per certi suoi apriorismi, per la sua naturale rigidità di uomo tutto d'un pezzo, convinto come un apostolo, inflessibile come un capo militare ». In altri termini, la tattica del fronte unico fu da Bordiga combattuta special mente perché egli « non poté ammettere mai un'azione comune tra un Partito omogeneo e disciplinato come il Comunista e l'inconcludenza caotica di certo massimalismo » (A. VIGLONGO, Bordiga, « La Rivoluzione Liberale », Torino, iI, n. 33, 30 ottobre 1923, pp. 133134).
9 [A. BORDIGA], La riscossa proletaria da Verona a Roma, « Rassegna Comunista », Roma, I, n. 13, 15 novembre 1921, p. 599.
80 [A. BoRDIGA], Fallimento e panico nel mondo borghese, « Rassegna Comunista », Roma, r, n. 16, 30 dicembre 1921, p. 746. La conclusione della guerra imperialistica ha scatenato nuovi contrasti tra le potenze capitalistiche mondiali: « Lo schiacciamento militare della Germania lu[...]

[...]delle bande mamertiniche all'assalto della macchina statale, si fonda e risolve nella deficienza di una salda analisi socioeconomica, carenza comunque ascrivi bile al bilancio passivo della elaborazione bordighiana.
3. Bordiga e la tradizione bolscevicointernazionalistica. — Alla luce del contrasto, che via via si acutizza con il Komintern, sulla questione del fronte unico si comprende meglio la funzione assegnata da Bordiga alla dialettica del partito di classe con le masse operaie, dialettica che si porrà in termini di divergenza rispetto al centrismo gramsciano. Il diverso modo, da parte di Bordiga e di Gramsci, di impostare e risolvere il problema dell'eredità ideale e storica del socialismo italiano si riflette sul tipo di collocazione internazionalistica che i due dirigenti comunisti attribuiscono al PCD'I, mentre essi approdavano a scelte tattiche irriducibili. Il proposito gramsciano di un rinnovamento dal basso del movimento operaio mediante la partecipazione delle masse lavoratrici alla direzione degli organi politici e sindacali [...]

[...]gsoniane, egli aveva polemizzato, sin da giovane, nel socialismo napoletano. Le fonti, per Bordiga, erano le sacre pagine del Manifesto, erano il Marx e l'Engels che avevano rotto definitivamente con l'idealismo « borghese », con la democrazia « borghese », con la sinistra democratica anche nelle sue espressioni piú radicali (I primi dieci anni di vita del P.C.I. Documenti inediti dell'Archivio Angelo Tasca, Milano, Feltrinelli, 1967, pp. 212).
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 271
Su questo sfondo spicca la peculiarità della riflessione bordighiana nei riguardi del leninismo e dei problemi che i bolscevichi affrontavano per la conquista rivoluzionaria del potere. La vittoria dei bolscevichi non è per lui un evento in grado di modificare di per sé o integrare l'autentica lezione del marxismo, in cui sono contenuti gli strumenti di analisi della realtà capitalistica e l'orizzonte speculativo invariante per ogni comunista. Il pensiero di Marx offre la bussola per orientarsi nella lotta anticapitalistica, al punto c[...]

[...]vista dei quali i comunisti conducono
« fin d'ora le masse alla lotta: ora che non si tratta, purtroppo, d'impadronirsi del potere ma di conquistare una minoranza della classe operaia », le tesi di Roma
diminuiscono, banalizzano la necessità della lotta per la conquista della maggioranza della classe operaia, cioè relegano in secondo piano il compito piú impor'
II V. I. LENIN, Opere complete, vol. xxxi, Roma, Editori Riuniti, 1967, pp. 1045.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 273
tante che incombe ad un partito giovane come il Pcd'I. Invece di dire al partito: lotta per ogni singolo operaio, tentativo di conquistarlo, tentativo di conquistare la maggioranza della classe operaia, le tesi forniscono pretesti dottrinali intesi a provare che il problema non è cosí urgente. Vi è in questo un grave pericolo, di cui l'Esecutivo, senza indietreggiare davanti ad alcun mezzo, avvertirà il partito 12.
La natura della divergenza dall'indirizzo dell'Internazionale non potrebbe essere espressa piú nettamente, anche se i ragionamenti sopra riferiti rendono solo in parte l'originalità della posizione bordighiana davanti al bolscevismo. Un episodio rivelatore, per fare il punto sul rapporto con l'opera di Lenin e con il leninismo, è costituito dalla conferenza Lenin nel cammino della rivoluzione, pronunciata da Bordiga per mandato del partito comunista il 24 febbraio 1924 alla Casa del popolo di Roma. Essa segna, per la sua impostazione generale e per taluni giudizi che vi sono contenuti sulla figura e le tesi di Trotsky, un avvicinamento all'Opposizione russa che negli stessi mesi subiva l'attacco della maggioranza capeggiata nel partito bolscevico da Stalin; e in questo spirito la conferenza sarà letta e pubblicata nel 1928, col titolo: Lénine sur le chemin de la révolution, nella rivista diretta da Pierre Naville n. Bordiga vi esalta la polemica leniniana contro le correnti gradualistiche, le falsificazioni del programma rivoluzionario tentate dai partiti opportunisti.
La restaurazione dei fondamenti della dottrina marxista si deve compiere, in Russia e nelle cittadelle avanzate del capitalismo europeo, sui due fronti della critica radicale al « marxismo » borghese dei socialdemocratici e all'economismo, che distoglie il p[...]

[...] 4, 1928, pp. 98107; e n. 5, pp. 131139.
14 A. BORDIGA, Lenin nel cammino della rivoluzione, Napoli, Edizioni Prometeo, 1924; ora col titolo: Lenin, presentazione di Alfonso Leonetti, Roma, Partisan, 1970, p. 28 (in appendice l'art. di A. GRAMSCI, « Capo »).
274 GIANCARLO BERGAMI
nismo, ma quello della ferrea unità della forza e della storia della rivoluzione ».
Pur apprezzando il valore della lotta teoretica che verso il 1900 si accende nel Partito operaio socialdemocratico russo — nel corso della quale si riflette il contenuto della campagna contro il revisionismo bernsteiniano internazionale anteriore alla prima guerra mondiale, l'opportunismo socialnazionalista degli anni di guerra, il menscevismo del dopoguerra —, e che culmina nella scissione del 1903, Bordiga prende le distanze dall'insieme dell'esperienza bolscevica intesa quale corpo chiuso di indicazioni tattiche e di insegnamenti validi in assoluto per i partiti aderenti all'Internazionale comunista. Egli rilutta a vedere nel leninismo una dottrina a sé, che consista nell'ideo[...]

[...]viettista con l'assegnare peso preponderante alla rappresentanza degli operai rispetto a quella delle masse contadine, e dal fatto che è la prima a dare alla nuova macchina dello stato operaio il suo personale. Dimenticare questa preminenza di compiti rivoluzionari può essere fonte di esagerazioni ed equivoci, e notevolissime si sono rivelate a questo riguardo le rampogne di Trotsky alle tendenze contadinistiche che alimentano l'opportunismo nel partito francese. Le conclusioni bordighiane discendono dalle tesi del 1921 sulla questione agraria, in cui i rapporti dialettici oggettivi fra città e campagna, o i temi di uno sviluppo dell'economia agraria in senso socialista, vengono elusi, o quanto meno sottovalutati, mentre dietro le censure e le condanne pronunciate all'indirizzo di quelle che sono definite le tendenze contadinistiche si restringe il nucleo della lezione leniniana.
Non si considera che Lenin non è, o non è soltanto, il rigido puritano delle scissioni, intento ad allontanare i tiepidi, gli inetti, i traditori della causa, ines[...]

[...]in senso socialista, vengono elusi, o quanto meno sottovalutati, mentre dietro le censure e le condanne pronunciate all'indirizzo di quelle che sono definite le tendenze contadinistiche si restringe il nucleo della lezione leniniana.
Non si considera che Lenin non è, o non è soltanto, il rigido puritano delle scissioni, intento ad allontanare i tiepidi, gli inetti, i traditori della causa, inesorabile nel recidere le parti malsane del corpo del partito, colui
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 275
che discrimina tra le forze protagoniste del divenire della rivoluzione o sa solo distribuire piombo agli avversari, ma che egli è, secondo le notazioni di Alfonso Leonetti, « soprattutto l'unificatore; l'uomo che sa unire non solo gli operai tra loro, che è primordiale, ma unire gli operai con i loro alleati naturali e cioè i contadini e i popoli dei paesi oppressi e infine non disdegna affatto gli intellettuali » (in A. Bordiga, Lenin, cit., p. 9).
Ï limiti nella comprensione del ruolo di Lenin non inficiano il merito bordighiano di[...]

[...]iamento talvolta ambiguo e contraddittorio dello stesso Trotsky, connotati di maggiore coerenza, sia per i contenuti e il terreno di scontro prescelto, sia per la rivendicazione all'indisciplina. Ciò non impediva di realizzare un collegamento con le tesi trotskyste nel giudizio sulla genesi della crisi attuale del Komintern. Bordiga individua nei vizi di fondo inerenti ai metodi di direzione del comunismo mondiale, e nelle incrinature interne al partito russo, i motivi della propria indisponibilità a scorgere nel bolscevismo la via maestra ed esclusiva della rivoluzione proletaria:
La conclusione piú importante che emerge, a nostro parere, dalla efficace analisi cui Trotsky sottopone la preparazione e la effettuazione della lotta di ottobre in Russia, è che la riluttanza della destra non si presenta solo come un errore nella valutazione delle forze e nella scelta del momento dell'azione, ma come una vera incomprensione di principio del processo storico rivoluzionario e come la proposta che questo prenda uno sbocco diverso da quello della di[...]

[...]gano del Comitato esecutivo dell'Internazionale una dura requisitoria contro il bordighismo, rilevando come dopo il v Congresso mondiale, malgrado le dichiarazioni sulla disciplina e sul centralismo, Bordiga si discosti piú marcatamente dalla tattica dell'Internazionale. Per il dirigente comunista italiano, anzi, è l'intera tattica dell'Internazionale a divenire errata; ed egli accentua la propria posizione critica e di rifiuto:
All'interno del partito comunista, egli si rafforza sempre piú nella sua posizione « astensionista » e rifiuta di applicare le direttive dell'Ic. Quando il partito gli affida un mandato di deputato al Parlamento, lo respinge; cosí quando il partito gli rivolge l'invito a collaborare col Comitato centrale, egli parimenti rifiuta, dimenticando quanto aveva affermato al iv Congresso (A. Chiarini, Le « Bordiguisme », « L'Internationale Communiste », Paris, n. 2, août 1925, p. 120).
A. Leonetti dal canto suo denuncia le incongruenze teoricopratiche e i feticci dell'estrema sinistra italiana, alla quale ricorda il compito assorbente del partito rivoluzionario della classe operaia: intervenire in ogni situazione per spostare i rapporti di forza esistenti in vista del rovesciamento del potere borghese:
Ciò spiega la distinzione leninista di tattica e di strategia, distinzione che non si trova in nessun passo delle tesi della estrema sinistra e per la cui incomprensione l'estrema sinistra è condotta a muovere il rimprovero all'Internazionale di non avere una linea tattica precisa e di subire troppo le suggestioni delle situazioni (I dissensi con l'Internazionale ovvero i feticci dell'estrema sinistra italiana, « l'Unità », Milano, zr,[...]

[...]ienne, 4e a., n. 53, 5 août 1924, p. 553. Nel medesimo spirito Karl Radek aveva affermato, concludendo il proprio discorso alla sesta seduta (21 giugno 1924) del v Congresso mondiale: « Se, all'interno dell'Internazionale, noi ci limitiamo a osservare unicamente la disciplina ufficiale, diventeremo uno scheletro ufficiale, non una Internazionale vivente » (cfr. « La Correspondance Internationale », Vienne, 4e a., n. 40, 3 juillet 1924, p. 420).
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 277
La polemica vede schierati in prima fila i dirigenti comunisti italiani fino al 1924 vicini a Bordiga. Ercoli approfondisce con acribía il tema delle « basi idealistiche » del bordighismo, giudicato incapace di fare propria la concezione di un vero partito di massa. Bordiga, secondo Togliatti, difetta d'una visione integrale della realtà e si muove al di fuori del campo della dialettica marxista, mentre della concretezza e della molteplicità dei fenomeni egli « non vede che i punti che coincidono per caso con il piano immutabile dello schema astratto che si sforza di imporre alla realtà ». In conclusione, Bordiga « opera fuori del campo della dialettica materialista, che è il fondamento del marxismo; è imprigionato nelle sue concezioni filosofiche idealistiche, e si sperde in speculazioni e ragionamenti astratti completamente estranei allo spir[...]

[...]lla dialettica materialista, che è il fondamento del marxismo; è imprigionato nelle sue concezioni filosofiche idealistiche, e si sperde in speculazioni e ragionamenti astratti completamente estranei allo spirito del marxismo ».".
Bordiga riprende, intanto, le sue argomentazioni nello scontro con Stalin avvenuto al vi Plenum dell'Esecutivo allargato (Mosca, febbraio 1926), in cui senza rispettare la richiesta ufficiale del Comitato centrale del partito russo alle varie sezioni dell'Internazionale (richiesta avanzata in seguito al xiv Congresso del PCR) di non occuparsi della questione russa egli entra in medias res, interrogando: « Dove va la Russia? Quali sono i caratteri e gli sviluppi della sua economia? » l'. Il 22 febbraio 1926 Bordiga ha modo di domandare al « compagno Stalin » se ritenga che nel determinare la politica del partito russo sia necessaria la collaborazione degli altri partiti comunisti; e che « se si voleva non discutere delle questioni russe a questo Allargato, doveva essere l'Allargato stesso a decidere in questo senso ». Stalin invita, nella risposta, a badare alla sostanza delle cose e alla posizione privilegiata che il partito russo ha nell'Internazionale, posizione tale che « non si può pensare sia possibile risolvere con la procedura i problemi che toccano i rapporti fra il Partito russo stesso e la Internazionale e gli altri Partiti »18.
Intervenendo il 25 febbraio 1926 alla 9a seduta dell'Esecutivo allargato, ove si discute delle lotte all'interno del partito russo dominato ora dal bloc
16 ERCOLI [P. TOGLIATTI], Les bases idéalistes du bordiguisme, « L'Internationale Communiste », Paris, n. 10, avril 1926, p. 321; poi in P. TOGLIATTI, Opere, a cura di E. Ragionieri, II. 19261929, Roma, Editori Riuniti, 1972, p. 26 e p. 27.
v Cfr. il verbale della riunione del 21 febbraio 1926 della delegazione italiana al vi Plenum dell'Esecutivo Allargato dell'Internazionale comunista, in APC 1926, 272/6; citaz. in F. ORMEA, Le origini dello Stalinismo nel PCI. Storia della « svolta » comunista degli anni Trenta, Milano, Feltrinelli, 1978, p. 86.
18 Cfr. il ve[...]

[...]1926 della delegazione italiana — con gli interventi di Stalin —, in « Annali », VIII, 1966, Istituto Giangiacomo Feltrinelli di Milano, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 26370.
278 GIANCARLO BERGAMI
co StalinBucharin, Bordiga è colpito dallo spettacolo di ortodossia forzata, e dall'umiliazione che viene riservata agli oppositori:
Io penso che la caccia al frazionismo continuerà e darà i risultati che già ha dato sin qui. Noi lo vediamo bene nel partito tedesco. Devo dire che questo metodo di umiliazione è un metodo deplorevole, anche quando è applicato a taluni elementi politici che io ho duramente combattuto nel passato. Non riesco a capire come questo sistema di umiliazione possa essere considerato rivoluzionario, tanto piú che gli esempi recenti mostrano come si sia voluto tentarlo contro compagni che non solo avevano dietro di sé un grande passato, ma che restavano preziosi per il futuro della rivoluzione. Ritengo che la maggioranza che offre prova della propria ortodossia è probabilmente formata di antichi oppositori già una volta umil[...]

[...]ppositori già una volta umiliati. Questa mania di demolirci a vicenda deve cessare, se veramente vogliamo porre la nostra candidatura alla direzione della lotta rivoluzionaria del proletariato (cfr. « La Correspondance Internazionale », Vienne, 6ea., n. 36, 19 mars 1926, p. 343, e in « Annali », viii, cit., p. 517).
Risaltano la correttezza e l'onestà bordighiane nel tentativo di ridare respiro alla dialettica politica necessaria e vitale in un partito comunista rivoluzionario, insieme alla constatata impossibilità di mantenere quel minimo spazio che consenta a ogni opposizione di svolgere un ruolo appena significativo di stimolo e di confronto. Le critiche esplicite mosse alla pratica della bolscevizzazione — zinovievista prima, stalinista poi — e alla leadership del partito russo nel Komintern, nel momento in cui tali sistemi ottenevano le approvazioni pressoché generali dei gruppi dirigenti dei diversi partiti comunisti, meritano a Bordiga l'attenta considerazione di quanti ricercano origini e cause della degenerazione burocratica della autonoma iniziativa delle masse proletarie.
Dopo le condanne settarie caratteristiche del passato stalinista del movimento comunista italiano, ci si va convincendo, sia pure con lentezza e tra contraddizioni politicoideologiche irrisolte, dell'impossibilità di dare una seria valutazione del complesso fenomeno che fu il bordighi[...]



da Velio Spano, L'Unità del popolo sardo nella lotta per la sua redenzione in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: [...] di queste cricche locali avevano conservato il potere mettendo la camicia nera, e continuando come per il passato a governare la Sardegna in nome e per conto dei gruppi dominanti del capitale finanziario continentale e dello Stato italiano, di cui il fascismo riusciva male a mascherare la rapacità; dopo il 25 luglio, conservarono ancora il potere togliendo la camicia nera e barattando rapidamente la loro c fede > fascista con quella di un altro partito più o meno esistente su scala nazionale. In molti casi le cricche cambiarono di esponente, riassumendo a loro capo qualcuno che non si era troppo mescolato al fascismo, sia perchè eccessivamente compromesso con movimenti antifascisti, sia anche, talvolta, per dignità politica. In ogni caso, le cricche restavano al potere, con i loro sindaci, i loro prefetti, i loro innumerevoli funzionari avvinghiati alle innumerevoli cariche create e inventate dal fascismo. La peculiarità della situazione reazionaria esistente oggi in Sardegna risiede proprio in questo : mentre in Sicilia, per esempio, la co[...]

[...]manifestò immediatamente invece come espressione di vecchi gruppi o di vecchie clientele che avevano prosperato con il fascismo o che al fasci
smo erano sopravvissute proprio in quanto alleate ed agenti degli_sfruttatori continentali delle masse lavoratrici sarde.
Su questo punto, per il lettore poco avvertito delle cose di Sardegna, è necessario un chiarimento: sarebbe un errore grossolano confondere il movimento sardista del 19191923, con il Partito sardo d'Azione di oggi, il quale non riesce affatto, malgrado la buona volontà di alcuni suoi quadri, ad essere un movimento popolare.
Dopo la grande guerra imperialistica del 1418, i contadini e i pastori sardi che nel viaggio di andata e ritorno fra i loro villaggi e le trincee avevano visto c il Continente >, si erano facilmente persuasi che le belle città e la vita relativamente prospera dell' Italia settentrionale erano il frutto dei minerali esportati dalla Sardegna, dei benefizi realizzati sul lavoro e sulle foreste dei sardi, delle tasse esosamente estorte dallo Stato italiano. L'ind[...]

[...]nto
nazionale >, il sardismo si ripresenta oggi come la caricatura del sardismo di 25 anni or sono. D'istinto, le masse popolari hanno fiutato il trucco, del resto mal mascherato dalla fraseologia e dal costume politico fascista che continuano a dare la loro impronta al movimento. Le clientele locali, abbastanza vaste, di alcuni grandi avvocati che hanno avuto il merito di non compromettersi direttamente col fascismo, danno un certo rilievo al Partito sardo; il quale però, incapace oramai di fare leva sulle rivendicazioni e sulle aspirazioni proprie dei lavoratori sardi, non riesce più ad essere un vero partito di masse.
D'altra parte, se il fascismo riuscì a sovrapporsi
LA RINASCITA 21
tanto facilmente alle popolazioni sarde, se oggi la ripresa democratica è tanto lenta, ciò si deve essenzialmente al fatto che nessuna corrente politica è ancora riuscita a vincere in Sardegna la forza centrifuga e disgregatrice delle vecchie cricche paesane reazionarie, le quali oltre a disperdere le sane energie isolane costringendole a una lotta politica di villaggio, le disgregano e le indeboliscono, rendendole impotenti contro lo sfruttamento coloniale da parte del continente. 4 Pocos, locos y mal unidos , co[...]

[...]nte contro lo Stato italiano e ignorò quasi di proposito, e il grande alleato naturale dei contadini e dei pastori di Sardegna, la classe operaia italiana, e il loro nemico interno, i proprietari reazionari sardi, agenti e strumenti degli sfruttatori continentali della Sardegna. Incapace di elevarsi a una corretta analisi delle forze sociali, sia progressive che reazionarie, il sardismo ingenerò un grande confusionismo politico, dal quale trasse partito l'opportunismo, prima, la reazione, più tardi. E malgrado l'integrità morale di alcuni dirigenti sardisti, i proprietari fondiari e i loro agenti si impadronirono del movimento per smembrarlo e darlo in pasto al fascismo svuotandolo proprio, e totalmente, del suo contenuto csardistas. Le masse che avevano seguito il sardismo degli anni eroici sono oggi profondamente disorientate; l'influenza personale di alcuni capi ancora popolari potrà senza dubbio ancora, con formule di compromessi o di patteggiamenti politici operati a scopo elettorale, prolungare l'incertezza di queste masse, introducend[...]

[...]sorientate; l'influenza personale di alcuni capi ancora popolari potrà senza dubbio ancora, con formule di compromessi o di patteggiamenti politici operati a scopo elettorale, prolungare l'incertezza di queste masse, introducendo nuovi elementi di disorientamento. Ma esse, in definitiva, si orienteranno inevitabilmente verso l'uno o l'altro dei due soli partiti che si presentino attualmente in Sardegna come possibili grandi partiti di massa : Il Partito comunista alleato e fratello del Partito socialista, e la Democraziacristiana.
E' necessario che le masse sarde si orientino verso il Partito comunista il quale, strettamente unito al Partito socialista, è il solo che possa assolvere veramente la necessaria funzione di unificazione degli operai, dei contadini, dei pastori, degli intellettuali di Sardegna, il solo che possa dare alle giuste rivendicazioni autonomistiche delle popola zioni sarde il loro necessario contenuto sociale progressivo.
Il solo aspetto positivo della situazione attuale della Sardegna è il fatto che nell'isola, contrariamente a quanto è avvenuto nel Continente, molti problemi politici sono diventati più semplici, più accessibili alle masse. Come conseguenza degli stessi errori del vecchio socialismo e del pr[...]

[...] sono quelle che hanno sofferto del fascismo, della guerra e della disfatta e che sono oggi, all'ingrosso, rappresentate dai partiti antifascisti e particolarmente dai comunisti, dai socialisti e dalla Democrazia cristiana, alla quale peraltro si porrà sempre più nettamente il dilemma : — o abbandonare le scorie reazionarie che imprimono oggi, ad una sua importante frazione, atteggiamenti esclusivamente anticomunistici, o rinunziare ad essere un partito progressivo di massa, Il grande obiettivo politico immediato è evidentemente quello di mobilitare tutte le forze progressive per schiacciare la reazione : da una parte, dando un contributo sempre più importante alla guerra contro il nazismo e il fascismo ; dall' altra parte, spezzando decisamente la situazione locale reazionaria.
Può questa mobilitazione essere oggi politicamente efficace ? Naturalmente, la soluzione dei problemi che travagliano la vita sarda non dipende unicamente dalla volontà degli italiani e tanto meno unicamente dalla volontà dei sardi. Il miglioramento delle condizioni[...]

[...]ella Sardegna, come non basta essere continentali , per esserne necessariamente nemici. In questi ultimi 25 anni è apparso chiaro che, come le cricche reazionarie sarde sono gli strumenti del capitalismo sfruttatore continentale così il movimento proletario ,e democratico del Continente, nemico principale del nemico principale della Sardegna, è necessariamente un alleato delle popolazioni lavoratrici 'dell'isola. E non è per caso, certo,' che il Partito comunista italiano ha fatto proprie, fin dal 1924, le aspirazioni del popolo sardo.
Come negare che oggi la vittoria militare sul nazifascismo, la distruzione all'interno delle radici, e intanto dei residui e delle forme di oppressione del fascismo, costituiscono l'interesse fondamentale comune del popolo sardo e del popolo italiano ? In questo senso si può dire che il movimento democratico sardo può, e anzi deve necessariamente legarsi a quello più vasto dell'Italia intiera. E sarà facile, per i sardi, determinare quali siano nel Continente le forze realmente progressive, giacchè ad indicar[...]

[...] dell'isola. Questi sono i grandi problemi della vita sarda che bisogna sin da oggi impostare e avviare a soluzione. E due sono i compiti che si pongono, in relazione a,questi problemi, ai comunisti di Sardegna : — rendere politicamente attive le grandi masse delle città e delle campagne, dando loro una chiara visione delle prospettive di sviluppo del movimento democratico, che deve essere necessariamente progressivo e popolare ; fare del nostro Partito comunista il grande partito democratico e progressivo di tutto il popolo sardo, i] partito dell'unità di tutte le forze sane e progressive dell' isola, il grande partito capace di guidare i sardi nella lotta contro i loro sfruttatori ed i loro oppressori, nella lotta per la redenzione della Sardegna.
VELIO SPANO



da prof. Mondolfi (presidente), Il saluto del Sindaco di Livorno in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: Se non vi sono osservazioni pongo a partito questi nomi.
Sono approvati.
Dopo di che cedo subito la presidenza effettiva al compagno Mon
dolfi, sindaco di Livorno. (Grida di « Viva Livorno proletaria! ». Ap
plausi vivissimi e prolungati).
~l saluto dei Sindaco di Livorno
Presidenza Mondolfi.
MONDOLFI, presidente : Compagni, è inutile dirvi che io di già sapevo di essere stato designato all'altissimo onore di porgervi il saluto della mia Livorno. Pur tuttavia, credetemelo, dico il vero, io non ho voluto prepararmi a porgervi questo saluto, e non l'ho voluto determinatamente, perché non fosse questo saluto una delle solite gelide [...]

[...]do che mi sarà. dato, nel porgervi questo saluto della mia Livorno, dal mio sentimento di socialista.
E questo sentimento, in questo momento, dico in questo solo momento, vuole essere ampio tanto da portarvi non solo il saluto dei nostri compagni; ma anche dell'aureola che c'è intorno di simpatizzanti, ed anche, per questo momento solo, di coloro che pure non militando nelle nostre file, pur non avendo per noi simpatia, rispettano quello che il Partito socialista rappresenta. Del restante, naturalmente, non me ne curo, ed io non posso rispondere dei sentimenti di quello che avanza della cittadinanza di Livorno. (Benissimo!).
Se io non fossi, permettetemelo, un unitario, dovrei essere per la circostanza unitario, perché il mio saluto fosse comprensivo e si estendesse con uguale effetto . a tutte quante le frazioni del Partita, da Turati a Bombacci. (Benissimo! Qualche applauso).
12
Lasciate che ci sia almeno questo momento pienamente concorde,
che poi sarà diviso da discussioni.
Io non intendo certo dirvi, come il poeta,
che di zaffiro[...]

[...] questo nostro banchetto; ma sta il ricco Epulone... (vive approvazioni. Applausi), ... sta la borghesia, che dal nostro banchetto intellettuale spera di raccogliere qualche rifiuto! Ma io non credo che noi prepareremo con questo nostro Congresso alla borghesia nuovi ministri, al re nuovi cugini! (Vivissime approvazioni).
Noi, a questi di fuori, che godono di sapere che tra noi ci sono dissensi, rispondiamo che è sí una crisi quella attuale del Partito; ma non è una crisi di povertà, è bensí una crisi di ricchezza.
Se essi ci accusano delle tendenze che ci dividono, noi dobbiamo rispondere ad essi: e quale è il pensiero complesso in cui manchino contraddizioni, cozzi di pensiero e di sentimento fra l'uno e l'altro animo individuali?
Se la teoria del nostro maestro è che le lotte delle classi sono il movente principale della storia, nel campo dell'intelletto il cozzo delle lotte di pensiero è certo il movente dello svolgimento e del progresso umano.
Noi non cerchiamo qui che cosa fare, non cerchiamo il program
13
ma di azione definitiva[...]

[...]ano.
Noi non cerchiamo qui che cosa fare, non cerchiamo il program
13
ma di azione definitiva, noi sappiamo benissimo che la realtà è molto complessa, che a noi è dato soltanto preparare alcuni fili che nella trama entreranno e resteranno, e, mentre che agli sciocchi pub parere che il filo sia interrotto, esso resiste ancora, perché la realtà ha una sua continuità complessa.
Questo noi dobbiamo rispondere a quanti, non appartenenti al nostro Partito, cercano di speculare su questo Congresso e ne attendono un vantaggio per loro.
Io ho detto che mi sentivo unitario, ho detto anche che volevo raccogliere non i sentimenti soltanto degli iscritti al nostro Partito; ma anche di coloro che ci stanno dintorno; ma questo non significhi che noi non affermiamo nettamente la nostra divisione dai Partiti borghesi.
Io vi porto il saluto di questa mia cara città, nella quale il popolo ha virtú inestimabili e tesori inestimabili di bontà, di generosità, di fierezza, e sono sicuro, porgendovi questo saluto affettuoso di interpretare bene i sentimenti di questo popolo.
Termino, e lasciate che io termini con un augurio; è l'augurio di colui che rappresenta in questo momenta l'ospite, che ha il dovere di essere imparziale, di colui che rappresenta tutto ciò che ci [...]

[...] è l'augurio di colui che rappresenta in questo momenta l'ospite, che ha il dovere di essere imparziale, di colui che rappresenta tutto ciò che ci pub essere a Livorno di sentimento ospitale, indipendentemente da ogni altra determinazione; ebbene, fate che l'ospite, non io persona, ma il simbolo della ospitalità che qui vi ha riuniti, non vi veda partire divisi. (Applausi).
Ed ora dò la parola al compagno Levy, il quale, come rappresentante del Partito comunista unificato di Germania, in nome di questo Partito ha chiesto di parlare. (Applausi vivissimi).
Il saluto del Partito comunista unificato
di Germania
LEVY (accenna a parlare, ma è subito interrotto dai palchi dei comunisti da ripetute, altissime grida di « Viva Spartaco! », alle quali subito dopo si unisce tutto il resto del Congresso. I comunisti commentano ironicamente gli applausi dei socialisti. Giacinto Menotti Serrati sorge allora in piedi su di una sedia e grida a gran voce : « Viva Spartaco! Ci siamo stati noi prima di voi! ». Applausi vivissimi da parte dei socialisti accolgono queste parole, che sono, invece, rumoreggiate,
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da senza firma, Elezioni in Turchia in KBD-Periodici: Rinascita 1966 - 6 - 18 - numero 25

Brano: Elezioni
i Turchia
Le elezioni che si sono tenute in Turchia il 5 giugno scorso, qua ntunque fossero soltanto parziali, rivestivano una notevole importanza: infatti dopo la grande vittoria del Partito della giustizia . nell'autunno 1965, era questa la prima occasione per registrare gli umori dell'elettorato. Scopo della consultazione era di rinnovare un terzo del Senato (50 seggi) e di rimpiazzare tre deputati deceduti e i risultati non hanno dato luogo a sorprese di rilievo: il partito al governo ha ottenuto il 58 per cento circa dei voti, il suo principale antagonista, il Partito repubblica no del popolo, il 30 per cento, mentre il restante 13 per cento circa è andato alle formazioni minori. Tuttavia, in base alla legge elettorate, che rispetta in qualche modo i partiti con meno voti, nella spariizione dei seggi v'è stata una diretta proporzionalità con i suffragi: ciò in pratica ha significato un leggero aumento per i repubblicanopopolari (da otto a dodici seggi) e, soprattutto, che al Partito della giustizia non è stato possibile raggiungere, come sperava, anche al Senato la maggioranza assoluta come ha alla Camera. Ancora va aggiunto, per completare il quadro, che tra i partiti più piccoli l'unico che confermi d'essere in lenta espansione é il Partito operaio, coraggiosamente di sinistra e per tale motivò accanitamente attaccato da ogni parte (ancora il 22 maggio, ad esempio, una riunione a Smirne di tale partito è stata assaltata da « sconosciuti »).
Nonostante abbia nelle mani le leve del potere e abbia potuta ricorrere a tutti i mezzi di pressione immaginabili il Partito della giustizia, come lia dichiarato lo stesso primo ministro, appena resi noti i risultati, non è soddisfatto: puntava alla maggioranza assoluta e non l'ha ottenuta, ;sente" anzi, che d'ora in poi ulteriori progressi diventeranno` anche più diffici :b, che in avvenire c'è ii rischio di;. essere condizionati da altri parti ti e, di conseguenza e deciso a mettere all'ordine del giorno la revi sione della legge elettorale, affinchè il partito più forte diventi l'arbitro assoluto delle assemblée parla mentari.
Il Partito della giustizia; in breve, va raccogliendo quello che ha seminato: salito al potere con lo scopo di rovesciare gli orientamen ti potenzialmente neutralistici di Ismet Inonu, non è andato più in là, nonostante l'abilità personate di Demirel, del ristabilimento dell'intesa con ' gli Stati Uniti e non e riuscito a sviluppare un'iniziativa politica atta ad alleviare gli enormi squilibri che affliggono il paese.
E' per questo che per assicurarsi il controllo permanente sul governo deve far ricorso alla scelta del l'attivismo terroristico e reazionario.
In verità, la Turchia, alla ,luce.. della[...]

[...]la scelta del l'attivismo terroristico e reazionario.
In verità, la Turchia, alla ,luce.. della vivacissima campagna elet torale, dei risultati e " dei primi commenti, non pare avere ancora ritrovato se stessa: le gerarchie mi
litari si rifiutano, nel complesso, di svolgere la funzione rinnovatri
ce che è toccata sovente agli eser
citi in svariati paesi africani e asiatici, l'opposizione di Inon.n ri
sulta sempre fiacca ed invecchiata, il Partito della giustizia, dimostrando di aver imparatoo ben poco dalla rivoluzione del 1960 torna ad aspirare al potere assoluto.



da Lettura del saluto della Presidenza del C.E. del Partito comunista in Olanda in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: per il prossimo Congresso nazionale di Livorno. Ne profitteremo volentieri ed invieremo uno o due delegati al Congresso.
«Come nel frattempo avete letto, da noi si effettua la scissione del Partito socialdemocratico.
«I riformisti, guidati ora dagli opportunisticentristi Grimm e Nobs, si fanno in quattro per creare a Vienna una nuova Internazionale con Longuet, Hilferding, Adler, ecc.
« Ci è molto piaciuto il vostro reciso rifiuto di partecipare alla preconferenza di Berna per ricostruire la Internazionale di Vienna.
« Ci auguriamo che il vostro prossimo Congresso comprenderà e sanzionerà la condotta della vostra Direzione in questa questione. Noi consideriamo ogni tentativo di questi opportunisti come un delitto contro la Terza Internazionale comunista.
«Voi comprenderete che non p[...]

[...]ng, Adler, ecc.
« Ci è molto piaciuto il vostro reciso rifiuto di partecipare alla preconferenza di Berna per ricostruire la Internazionale di Vienna.
« Ci auguriamo che il vostro prossimo Congresso comprenderà e sanzionerà la condotta della vostra Direzione in questa questione. Noi consideriamo ogni tentativo di questi opportunisti come un delitto contro la Terza Internazionale comunista.
«Voi comprenderete che non potevamo piú restare in un Partito coi Nobs, Grimm ed i loro aderenti.
« È necessario assolutamente per la Svizzera che gli elementi veramente rivoluzionari si costituiscano in una forte Sezione della Terza Internazionale perché possa, al momento opportuno, creare veramente l'avanguardia della classe operaia della Svizzera.
«Speriamo, alla fine di gennaio od ai primi di febbraio, di poterci fondere con il piccolo Partito comunista svizzero in un Partito unificato comunista, Sezione della Terza Internazionale. Ci sarebbe allora molto grato di poter salutare uno o piú vostri delegati.
« Saluti comunisti.
La Centrale del Partito socialista di sinistra D.
Partito comunista olandese
«Compagni,
«Abbiamo avvertito il nostro compagno Rutgers, che è in questo momento in Italia, di voler rappresentarci al vostro Congresso. Noi speriamo che gli sarà possibile venire a Livorno.
« Ad ogni modo noi vi auguriamo un buon Congresso, cioè un Congresso che cementi realmente la solidarietà internazionale per l'accettazione delle tesi e dei principi di Mosca, non solamente nella lettera ma con le loro intenzioni veridiche di allontanare ogni ambiguità ed ogni an fibità.
La Presidenza del C.E. del Partito comunista in Olanda ».
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[...]e è in questo momento in Italia, di voler rappresentarci al vostro Congresso. Noi speriamo che gli sarà possibile venire a Livorno.
« Ad ogni modo noi vi auguriamo un buon Congresso, cioè un Congresso che cementi realmente la solidarietà internazionale per l'accettazione delle tesi e dei principi di Mosca, non solamente nella lettera ma con le loro intenzioni veridiche di allontanare ogni ambiguità ed ogni an fibità.
La Presidenza del C.E. del Partito comunista in Olanda ».
22



da Voce enciclopedica di G.Pr [Giovanni Primavera], Siria in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S)

Brano: [...]iriana aveva strutture più democratiche rispetto alle monarchie arabe confinanti, non aveva quella pressante necessità di mantenere un equilibrio di rapporti interni fra cristiani e musulmani (come era il caso del Libano) e godeva della presenza di un ceto intellettuale che, fin dal secolo scorso, aveva dato un contributo fondamentale alla formazione dell'ideologia del nazionalismo arabo.
Al Blocco nazionale che reggeva il governo (diviso in un partito filosaudita e in uno filoirakeno) si contrapponevano i socialisti e il Ba'th (un piccolo movimento fondato nel 1943 da Michel Aflaq) che raccoglievano adesioni fra studenti, gruppi di ufficiali dell'esercito e fra le minoranze.
Colpi di stato
Nel dicembre 1948, quando scoppiarono sommosse contro il governo, il presidente della repubblica Shukri Al Quwatli, con l'appoggio dell'esercito, ricorse alla forza. Si ebbe così il primo di una lunga serie di colpi di stato (29.3.1949), guidato dal colonnello Hosni EzZa'Im che però rimase al potere per soli 134 giorni: egli fece appena in tempo a conv[...]

[...]che modo appoggiati dai funzionari del precedente governo civile.
II 10.7.1953 Shishakli, consolidatosi al potere, fece approvare una costituzione che reintroduceva la repubblica presidenziale, e dopo aver indetto per l'ottobre dello stesso anno nuove elezioni, autorizzò in settembre la ricostituzione dei disciolti partiti politici. Le opposizioni boicottarono la farsa elettorale e le elezioni furono vinte dal Movimento di liberazione arabo, il partito che Shishakli stesso aveva appositamente fondato nel 1952. Alle proteste dell'opposizione il dittatore rispose arrestandone i leader (novembre 1953), ma pochi mesi dopo egli stesso venne destituito da un nuovo colpo di stato capeggiato dal colonnello Feisal Al Atassi (febbraio 1954).
Intanto, dal 1949 al 1954, era cresciuta l'influenza del Ba'th e del Partito comunista siriano che, fondato nel 1924 e guidato (dal 1935) dal curdo Khaled Begdash, si era battuto fin dal 1944 per una politica di liberazione nazionale e per una rivoluzione nazionaldemocratica, da realizzarsi sulla base di un ampio schieramento politico.
L'intrusione americana
Quegli stessi anni Cinquanta videro la massiccia entrata in scena de
gli U.S.A. nel Medio Oriente. II programma enunciato nel 1949 dal presidente degli Stati Uniti Harry Truman, da una parte con il riconoscimento dello Stato di Israele e dall'altra con gli "aiuti economici" erogati ai governi arabi aveva defini[...]

[...]momento il governo siriano decretò la mobilitazione: il 17.10.1957 truppe egiziane sbarcarono a Latakia in appoggio al governo siriano e l'U.R.S.S. inviò due navi da guerra a protezione della costa: la politica americana aveva di fatto permesso all'U.R.S.S. e all'Egitto di porsi come protettori della Siria di fronte agli attacchi dell'Occidente.
La Repubblica Araba Unita
Dalla fine del 1957 l'influenza sovietica in Siria crebbe, rafforzando il Partito comunista siriano, ma all'interno del paese gran parte della borghesia era tutt'altro che favorevole a tale situazione e lo stesso partito Ba'th preferiva affidarsi piuttosto al regime nasseriano. Cominciò in tal modo a prendere piede l'idea di una unione federale con l'Egitto, quale primo nucleo di una più vasta unità araba. II Partito comunista siriano guidato da Begdash (vecchio quadro formatosi in Francia sotto la guida della Terza Internazionale) era il meglio organizzato del Medio Oriente e profondamente legato all'Unione Sovietica, ma il successo di questo partito in Siria dipendeva molto dal suo rapporto con una borghesia nazionale che non aveva alcuna intenzione di creare un regime comunista e mirava a una democrazia parlamentare, nella quale la presenza dei comunisti avrebbe garantito l'appoggio dell'Unione Sovietica. A ciò si opponeva tuttavia il Ba'th che non aveva alcuna intenzione di perdere la propria egemonia a favore dei comunisti e, dal momento che anche i militari premevano fortemente per costituire una federazione con l'Egitto, il governo siriano indisse un referendum popolare che vide il 91,75% dei votanti favorevoli a fondare la R.A.U.. [...]

[...]nte a quanto era accaduto in Egitto, i comunisti (accusati di essersi opposti alla fusione) vennero messi fuori legge e Begdash dovette lasciare il paese.
Se l'obiettivo del Ba'th era di mantenere l'egemonia in Siria, ben diverse erano le intenzioni di Nasser, secondo il quale l'esercito siriano non avrebbe più dovuto occuparsi di politica e tutti i partiti si sarebbero dovuti sciogliere per far convergere i loro iscritti nell'Unione nazionale, partito unico di modello egiziano. In realtà Nasser mirava a fare della Siria un polo di attrazione per le popolazioni arabe con essa confinanti, quindi l'unione tra i due paesi si dimostrò subito assai più problematica del previsto: di fatto i siriani si trovarono politicamente, militarmente ed economicamente subordinati agli egiziani e il Ba'th si rese conto che stava per perdere un qualsivoglia ruolo dirigente. La situazione interna peggiorò anche in seguito al clima di repressione instaurato dal colonnello Sarraj (ministro siriano "regionale" agli Interni, nel quadro della R.A.U.), dimostratosi b[...]

[...] conto che stava per perdere un qualsivoglia ruolo dirigente. La situazione interna peggiorò anche in seguito al clima di repressione instaurato dal colonnello Sarraj (ministro siriano "regionale" agli Interni, nel quadro della R.A.U.), dimostratosi ben presto più legato ai leader egiziani che non al proprio paese.
Un ulteriore elemento di tensione giunse dall'Iraq, dove nel luglio 1958 il generale Kassem aveva spodestato la monarchia e dove il Partito comunista stava conquistando, con il favore delle masse, un notevole peso politico, tutto ciò grazie all'appoggio sovietico. Questo rivolgimento iracheno offriva ai siriani un'alternativa concreta, per cui i rapporti degli egiziani con il Ba'th e con la borghesia siriana si deteriorarono rapidamente. A ciò si aggiunse una pesante situazione economica, inasprita dalla concorrenza dei capitali e delle industrie egiziane nonché dal fallimento della riforma agraria.
11 28.9.1961 la situazione sfociò in un nuovo colpo di stato militare che staccò la Siria dall'Egitto. 11 15 novembre dello stesso [...]

[...]on la fede religiosa doveva costituire la principale forza di unificazione del mondo arabo. Grazie al suo laicismo il Ba'th era quindi in grado di superare le profonde divisioni sussistenti in Siria tra le varie minoranze religiose che non potevano unirsi sotto la bandiera dell'Islam sunnita. Sorto come si è detto nel 1943, dopo un decennio di vita stentata questo movimento aveva avuto una svolta decisiva nel 1953, grazie alla sua fusione con il Partito socialista arabo guidato da Akram Awrani. Era sorto così il Partito socialista della rinascita araba (di cui il Ba'th costituiva l'ala più radicale), la cui influenza si era estesa rapidamente fra gli intellettuali e i ceti medi progressisti. L'adesione alla R.A.U.
e l'infelice esito di tale esperienza avevano provocato all'interno del nuovo partito gravi tensioni, esplose nel colpo di stato dell'8.3.1963, sostenuto appunto dalla sua ala radicale.
In seguito al colpo di stato del marzo 1963 si formò un governo guidato dal colonnello (ora generale) Feisal Al Atassi e risultò costituito da una coalizione di "ba'thisti", di militari e di nazionalisti filonasseriani. Quando questi ultimi, il 18.7. 1963, tentarono con un nuovo colpo di stato di impadronirsi completamente del potere, furono sconfitti
e il loro fallimento rinforzò il Ba'th, che portò alla presidenza del C.N. C.R. Amin Al Hafiz. Nell'aprile 1964 fu promulgata una nuova costitu[...]

[...]i della borghesia. Agli oppositori, il nuovo regime fece fronte istituendo un tribunale militare speciale.
D'altra parte, i conflitti ideologici attraversavano anche il Ba'th, nel quale era sorta una nuova generazione di militanti che, convinti del, la necessità di collegare la lotta nazionale a una prospettiva di azione contro l'imperialismo occidentale, non condividevano il puro
e semplice nazionalismo di Aflaq e degli altri capi storici del partito. Nell'ottobre 1963, al VI Congresso del Ba'th, quest'ala di sinistra ebbe la maggioranza e il 23.2.1966, in seguito a un ennesimo colpo di stato militare, Aflaq e Bitar vennero espulsi dal partito e costretti all'esilio. Alla testa del nuovo governo fu posto Yusuf Zuwayyin, ma l'azione era stata ispirata dal generale Salah Jedid.
Riprese quindi il cammino verso una ristrutturazione economica di tipo socialista all'interno, mentre in politica estera si aveva un'avvicinamento all'U.R.S.S. e un miglioramento dei rapporti con Nasser (a sua volta orientatosi, nel frattempo, verso il "socialismo scientifico"). La partecipazione siriana a fianco dell'Egitto, cioè all'attacco militare egiziano contro Israele nella cosiddetta "guerra dei sei giorni"
e la conseguente disfatta del giugno 1967 c[...]

[...]ento all'U.R.S.S. e un miglioramento dei rapporti con Nasser (a sua volta orientatosi, nel frattempo, verso il "socialismo scientifico"). La partecipazione siriana a fianco dell'Egitto, cioè all'attacco militare egiziano contro Israele nella cosiddetta "guerra dei sei giorni"
e la conseguente disfatta del giugno 1967 che costò alla Siria la perdita delle alture del Golan, indebolirono grandemente la posizione del governo ba'thista (nel quale il Partito comunista siriano era entrato a far parte nel 1966) e determinarono una nuova crisi: del dissidio tra comunisti e Ba'th poterono profittare i militari, dimostrandosi ancora una volta la forza dominante del regime ba'thista. All'interno della sinistra del Ba'th acquistò grande potere il generale Hafez El Assad, un alauita che era ministro della Difesa e leader di un nucleo nazionalista più spregiudicato in campo economico e sociale.
L'ascesa di Assad
Nel 1969 Assad riuscì a compiere il suo colpo di stato prendendo di fatto il potere che consolidò l'anno successivo, manovrando abilmente in ca[...]

[...]averso una gestione molto personale del potere e per mezzo di un liberismo realista Assad riuscì a guadagnarsi l'adesione di buona parte della borghesia mercadora che si era rapidamente sostituita all'aristocrazia fondiaria, formando un nuovo strato sociale urbano strettamente le gato allo Stato e ai militari. Bloccate le nazionalizzazioni e acquistato un certo seguito anche fra i sunniti (nonostante che il Ba'th si identifichi, in Siria, con il partito degli alauiti, cioè di una minoranza numericamente insignificante), e fronteggiando l'opposizione interna dei Fratelli musulmani con i Servizi di sicurezza, il regime di Assad si è posto il compito di realizzare gli obiettivi strategici dei governi che l'hanno preceduto: stabilire la supremazia siriana nella "mezzaluna fertile" attraverso il controllo del Libano, della Giordania e della Palestina (ossia dell'O.L.P.) , cercando di tener fuori da questa zona, attraverso vari sistemi di alleanza, Iraq ed Egitto. In tale quadro sono da considerare l'intervento del 1976 ire Libano (cioè, in giugno[...]



da m. r., Precarietà in Turchia [sopratitolo: Dopo la visita di Inonu a Washington e Londra] in KBD-Periodici: Rinascita 1964 - 7 - 11 - numero 28

Brano: [...]orse estremo tentativo per impedire alla Turchia un profondo rivolgimento dalle conseguenze imprevedibili? Si diceva che si tratta di fenomeni sia politici, sia economici.
Sul piano politico più immediato sono da registrarsi l'andamento delle elezioni dell'8 giugno per il rinnovo parziale del Senato e l'esito del voto di fiducia ottenuto da Inonu proprio subito prima di partire per gli Stati Uniti. I senatori da rieleggere erano 51 su 165 e il partito più forte dell'opposizione, il Partito della giustizia, erede della tradizione semifascista di Bayar e Menderes, ha rafforzato ulteriormente la maggioranza relativa che detiene grazie alla politica clientelare sviluppata nelle campagne: il Partito della giustizia ha cioè aumentato i suffragi da 29 a 31 senatori, mentre il Partito repubblicano popolare di Inonu è passato da 16 a 19. I partiti minori (Partito della nuova Turchia e Partito contadino) sono invece pressoché scomparsi, favorendo il radicalizzarsi della lotta e lasciando il partito di Inonu in una complessa situazione parlamentare.
E' vero che ha partecipato alla consultazione solo il 50 per cento del corpo elettorale, ma tale fatto, insieme a certe modifiche della legge per le votazioni, avrebbe, in teoria, dovuto giocare a favore del partito al governo; invece solo il decesso improvviso del generale Gumuspala, capo del Partito della giustizia, ha impedito a quest'ultimo di trarre immediato vantaggio del successo conseguito. Quanto al voto di fiducia esso è stato dei più miseri per il ministero in carica: 199 voti a favore su 450 deputati e 194 contro. In sostanza tanto lo schieramento degli oppositori di destra, assai forti nelle assemblee parlamentari, quanto i gruppi di oppositori di e sinistra », molto solidi, ad esempio, presso, determinati circoli militari, non sono mai apparsi così minacciosi come in questo momento di incertezza, di dissensi con Washington e di malessere economico.
E il grave è precisamente [...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Partito, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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