Brano: [...]alato, parlava per ellissi; leggevamo « Uomini e No », stam
pato su una grigia carta di guerra; e quella Nota scomparsa dalle più
recenti edizioni ch'era tanto chiara, per chi avesse saputo leggervi: « Cer
care in arte il progresso dell'umanità è tutt'altro che lottare per tale progresso sul terreno politico e sociale. In arte non conta la volontà, non conta la coscienza astratta, non contano le persuasioni razionali... La mia appartenenza al Partito Comunista indica dunque quello che voglio essere mentre il mio libro pub indicare soltanto quello che in effetti io sono ». Era già una difesa, una recinzione di territori. Restava la parola « progresso ». Di qui, in realtà, Vittorini non s'è mosso: troppo forte in lui il sentimento del «progresso» tecnico nella letteratura, della avanguardia degli scrittori e delle sue proprie invenzioni e ricerche; e, a un tempo, troppo forte l'antipatia per le intenzioni e la volontà. Voler essere un comunista significa: « non lo sono». La « debolezza d'uomo », cui la Nota attribuiva tutti i demeriti del l[...]
[...] delle elezioni municipali di Milano) si fecero sentire le voci contraddittorie dei diversi redattori. Era un lavoro appassionante e lo
ricordo con piacere. « Per fare il Politecnico — diceva Vittorini ci vogliono
le fiamme al didietro, come i carabinieri ». Non era l'ardore a mancarci. Ma ci si avvide subito che la vita del settimanale subiva influenze difficili a decifrare, contraccolpi dei rapporti personali del direttore e dell'editore col Partito Comunista. Credo, anzi che questa, a me ignota, storia dei rapporti fra la direzione culturale del P. C. e il «settimanale di cultura» sia un'altra storia del periodico. Non ero iscritto al Partito e molto, quindi, mi restava celato.
Il Politecnico, almeno in un primo momento, si propose di rivolgere agli intellettuali dell'antifascismo, alla frazione (( radicale » della borghesia e a quei lavoratori che la Resistenza aveva presentati alla responsabilità politica, un discorso complesso dove l'informazione (e la divulgazione) di tutti i resultati di quella cultura contemporanea «progressista» che il fascismo aveva cetata o stravoltat fosse, per metodo, linguaggio e correlazione di soluzioni e problemi, una proposta o fondazione di « cultura nuova ». L'ambizione del progetto era di inter[...]
[...]di qui il richiamo, fin dal primo numero, della guerra di Spagna, per il suo grande patetico di rivoluzione tradita dov'era confluito tutto l'antifascismo mondiale. Il romanza di Hemingway sulla guerra di Spagna cominciava ad esser pubblicato a puntate fra le sbarre rosse e nere, come una bandiera di anarchici, del settimanale; però i tagli operati allora nel testo del romanzo, se non valsero a scagionare Vittorini di fronte ai suoi dirigenti di partito dall'accusa di eccessiva amore per quel « decadente » scrittore americano, stanno a dimostrare come non si volesse guardar troppo da vicino a quella guerra di Spagna, che, pur era stata la drammatica prova dell'Intelligenza di sinistra.
Ma subito, al secondo numero, una citazione di Lenin sconsigliava i politici dal distrarre uno specialista culturale con immediati compiti politici; come se il giornale avvertisse subito il pericolo di essere impiegato come bruto strumento di propaganda. La si vide, in redazione, alle proteste violente suscitate da una assai infelice interpretazione classista[...]
[...]rincipali ne sono: l'esplorazione dei rapporti fra marxismo e scienza economica, psicanalisi, pragmatismo, esistenzialismo; delle possibilità di nuove vie della critica letteraria e della critica del teatro, del cinema, delle arti figurative; dei problemi sociali del nostro paese veduti nel loro aspetto politico. E tutto ció sullo sfondo dell'unico problema: quello dei rapporti fra azione culturale e partiti politici, fra cultura «di sinistra» e Partito Comunista.
Non v'è dubbio che il passaggio del Politecnico da settimanale a mensile coincide con la fine dell'idillio fra gli intellettuali che avevano aderito al comunismo nello spirito dei C.L.N. e i dirigenti politici del Partito che si apprestava ad affrontare le difficili prove degli anni seguenti. De Gasperi è da alcuni mesi capo del governo, e si capisce che vi resterà a lungo. Matura la svolta della politica americana. S'era fatto un gran discorrere di «partito nuovo », in quel tempo. Il V Congresso del P. C. affermava, nel nuovo statuto, la possibilità di appartenere al partito indipendentemente dalle proprie convinzioni filosofiche e religiose. Vedremo come il Politecnico, per bocca di Vittorini, interpreterà questa affermazione come la possibilità
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di rimettere in discussione gli stessi principi del marxismoleninismo; quando (e bastava aver letto, a questo proposito, gli scritti di Lenin sulla religione) l'unità nei fini politici più immediati era considerata solo propedeutica a quella ideologica. Tuttavia, quella « apertura » del Partito Comunista pareva fin da allora contraddetta dalla progressiva « chiusura » della situa[...]
[...] e religiose. Vedremo come il Politecnico, per bocca di Vittorini, interpreterà questa affermazione come la possibilità
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di rimettere in discussione gli stessi principi del marxismoleninismo; quando (e bastava aver letto, a questo proposito, gli scritti di Lenin sulla religione) l'unità nei fini politici più immediati era considerata solo propedeutica a quella ideologica. Tuttavia, quella « apertura » del Partito Comunista pareva fin da allora contraddetta dalla progressiva « chiusura » della situazione politica. Si doveva provvedere ad organizzare la difesa. Ecco perché l'affermazione contenuta nell'ultimo numero del settimanale, di voler «approfondire la ricerca » voleva anche dire che era divenuto impossibile, ormai, intrattenere un dialogo immediato con un pubblico di lettori appartenente a cate gorie che l'attività del Partito prevedeva oggetto di una scrupolosa disciplina ideologica. Il pensiero e l'arte della tradizione rivoluzionaria non possono più esser presentati per una mozione degli affetti, ma debbono esser ripensati criticamente; è necessario vedere che cosa, in realtà, consegua alle generiche istanze di rinnovamento. Ma questa ricerca, (faranno capire i dirigenti culturali del P. C. a Vittorini), non pub esser compiuta portando lo smarrimento e l'incertezza fra i « compagni di base ». Ecco perché la rivista si preoccupa subito di definirsi « indipendente di sinistra », e di riaffermare che non è una rivi[...]
[...]sa, in realtà, consegua alle generiche istanze di rinnovamento. Ma questa ricerca, (faranno capire i dirigenti culturali del P. C. a Vittorini), non pub esser compiuta portando lo smarrimento e l'incertezza fra i « compagni di base ». Ecco perché la rivista si preoccupa subito di definirsi « indipendente di sinistra », e di riaffermare che non è una rivista comunista.
Precauzioni insufficienti. Il nome di Vittorini, in qualche modo, impe gna il Partito. A nessun livello si possono ammettere « deviazioni a. Di qui il conflitto; che si è creduto evitare ritirandosi in una pubblicazione per specialisti ma che si conduderà solo con la fine della rivista.
A leggere ora tutta l'intricata rete di lettere, risposte, repliche si ha, come spesso avviene in questi casi, l'impressione che la parte più importante della discussione non si sia svolta per iscritto, ma nelle conversazioni e nei rapporti personali. Il linguaggio della polemica è in genere, molto cortese, con qualche occasionale e intenzionale durezza. Ma, ripeto, si ha l'impressione che, al[...]
[...]ignificano che esiste una situazione nuova per i comunisti nel mondo e che i comunisti italiani sono maturi per comprenderla e darle sviluppo di vita. E finito il tempo nel quale era sufficiente, da parte dei comunisti, `risolvere' ogni questione sul piano dottri
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tro e di discussione per quegli intellettuali che opportunismo o sincera evoluzione politica avrebbero portato, negli anni, seguenti, fuori del Partito Comunista. Una parte di costoro, evidentemente non vorrà che «tornare all'ovile », ma un'altra parte avrebbe potuto costituire una linea ideologica e politica su posizioni non comuniste senza avventurarsi sul piano inclinato della collaborazione _ con la restaurazione idealistica e cattolica. Taluno, per questa supposizione, mi chiamerà ingenuo; non nego che, per uno spregiudicato giudizio politico, il Partito Comunista abbia guadagnato a perderli piuttosto che a trovarli, molti degli intellettuali che in questi anni hanno abbandonato le sue file o le sue vicinanze; ma essi erano, come d'altronde una buona parte di quelli che sono tuttavia nel Partito, solo la prima fila, la più visibile, di tutta una categoria di intellettuali che furono dell'anti fascismo e della Resistenza e che, negli anni di cui stiamo facendo discorso, scomparivano dalla vita politica e si ritiravano negli studi privati, con resultad forse ricchi di futuro ma, al presente, ben gravi. E poi uno degli aspetti più singolari di tutta la polemica è che vi si discutono i rapporti fra gli intellettuali e il Partito Comunista fing ndo di dimenticare che quel problema aveva dei precedenti storici e che quei precedenti si chiamavano non solo teoria del partito secondo Lenin ma storia del pensiero rivoluzionario marxista e non marxista fino a Lenin, e non leninista fino al 1924, e non stalinista dopo il 1924, storia insomma dei rapporti fra gli intellettuali e i partiti operai, in tutto il mondo, nell'ultimo mezzo secolo; che la guerra di Spagna aveva pur avuto, in questo senso, una sua storia; che la storia degli intellettuali comunisti e non comunisti in Unione sovietica, in Germania, in Cina, aveva pur qualcosa da insegnare. Gli uni e gli altri paiono invece preoccupatissimi di non estendere la discussione là dove solo avrebbe un senso, cioè sul [...]
[...]rmania, in Cina, aveva pur qualcosa da insegnare. Gli uni e gli altri paiono invece preoccupatissimi di non estendere la discussione là dove solo avrebbe un senso, cioè sul terreno storicopolitico. E poi sembra impossibile che Vittorini, nelle righe più appassionate della sua Lettera a Togliatti ((pando discorre della rivoluzione che ha come fine l'individuo, quando dice di sperare in una rivoluzione straordinaria, o parla dell'occhio vitreo del Partito, o rifiuta di suonare il piffero per la rivoluzione o definisce i compiti dello scrittore rivoluzionario) non si rendesse conto che, pur nella
nano o su quello deliberativo della Terza Internazionale... è necessario che pongano una dialettica concreta delle varie situazioni nazionali... lo spirito del marxismo è nel superamento effettivo del contrasto non nella rinuncia a porlo fino alle sue estreme conseguenze v.
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apparente confusione del suo dettato, egli chiedeva non solo un mutamento della politica culturale del P. C., ma una nuova teoria politica, una nuova filosofi[...]
[...]erni veri e quella del pratico dalle mani impastate e grossolane sono ambedue volgari figurazioni, figure d'uomini volgari, di cattivi chierici e di pessimi pratici; e come tali dovremo sempre combatterli, con le loro medesime armi. Ma il solo modo di combatterli è quello di prenderli in parola. Cioè: discuterli. Quando i piccoli politici (di oggi o di ieri) proclamano la necessità della dissimulazione, della tattica e della ragion di stato o di partito, supponiamoli veri politici; diamo subito importanza a quelle loro idee; aiutiamoli anzi a tradurre in idee la loro balbuzie; ed ecco che avremo innanzi non più una volgare figurazione, ma una teoria, un fatto di cultura... L'errore di tutti i cattivi amici di Politecnico e di Rinascita, l'errore nel quale tu stesso sembri talvolta cadere, è quello di credere che l'unità fra cultura
e politica sia una trovata provvisoria, un matrimonio di ragione, qualcosa che va bene per il tempo di pace... Per me invece è evidente che cultura
e politica sono la medesima cosa, espressa con. mezzi diversi; [...]
[...]e avrei fatto forse un anno fa. Mi domando se siamo più utili .tacendo o parlando, testimoniando e agendo perché le scelte non totnino ad essere sublimi e grottesche come in tempo di guerra; perché sono persuaso che non siamo in fase 'qualitativa' ma assai piattamente 'quantitativa'. Insomma, mi sembra venuto il momento davvero di attenuare la propria flessibilità e di stabilire quale sia il limite di rottura, il limite al quale devi dire che il Partito ha torto oppure non devi dir nulla e tacere... ».
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riprendevano a vivere o a vegetare, grazie alla «libera iniziativa privata », senza dar retta ai piani regolatori. E non mancavano, anzi crescevano ogni giorno coloro che in tutto questo vedevano solo una conferma del loro cattolico pessimismo, coltivando amorevolmente quella cattiva coscienza che, negli ultimi anni, par diventata per molti un titolo d'onore.
Così dunque finiva il Politecnico. Pochi mesi più tardi, spento l'ottimismo elettorale del convegno fiorentino promosso dall'Alleanza della C[...]
[...] distinzione di letteratura e politica e finalmente di poesia e letteratura, per non dire all'opposizione fra poesia e cultura. Invece di difendere dalla riduzione all'immediato propagandistico e insomma dalla critica delle armi, dalle soluzioni di forza dei comitati centrali, tutta la cultura, tutta la ricerca, anche quella di più immediate risultanze politiche (come quella storica, filosofica, economica) e quindi implicitamente proporre al suo partito, restandovi o uscendone, e più in genere agli organismi della «sinistra» italiana, con le armi della critica, nuove soluzioni teoriche e pratiche, Vittorini finiva col formulare la richiesta «corporativa» della libertà della letteratura. Il periodico, che s'era aperto chiedendo una « cultura che prendesse il potere» si chiudeva con una istanza assai meno preoccupante per i nostri uomini di governo. Sarebbe invece stato possibile dar battaglia sulla breccia aperta dalla Lettera a Togliatti, assumere intero il compito di ripensamento delle ideologie rivoluzionarie che, proprio in quei mesi, gli[...]
[...]ni di lettere tradizionali, i quali avevano lungamente ignorata e disprezzata la rivista (e aspettavano a braccia aperte il ritorno del figliuol prodigo) che, fra '46 e '47, essa andava sempre più, e naturalmente, rivolgendosi.
Bisogna tuttavia aggiungere che probabilmente era impossibile, nell'aria del 1948, tentar su di una nuova disciplina e rigore una ripresa della rivista; essa avrebbe richiesto inevitabilmente una immediata rottura con il Partito Comunista e un lungo, forse definitivo, periodo di isolamento. Ora, il '48 fu anno di battaglie aperte, di situazione ancora fluida. Forse nessuno di
8 Vittorini pensò ad una serie di volumidialogo. Ma non se ne fece poi nulla.
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coloro che più tardi sarebbero usciti dal P. C. o dai quali — come ebbe a dire, in un pauroso accesso d'orgoglio, un di costoro — il P. C. sarebbe uscito, era preparato alla serietà del compito. Così, quando, quattro anni più tardi, su La Stampa, Vittorini farà la sua prima dichiarazione pubblica dopo il suo allontanamento d[...]