Brano: [...]enza della campagna si comunichi ai cittadini » (Smanie, i, 10).
Ancora come la trilogia, La villeggiatura del 1756 è la storia di una signora sensibile ed esigente che torna dalla campagna sofferente e sconfitta. In villa la protagonista donna Lavinia ha cercato a lungo di ridestare l'affetto o almeno i sensi del marito don Gasparo, gran cacciatore di selvaggina e di giovani contadine, e al tempo stesso di ricondurre al suo onesto servizio don Paoluccio, il cicisbeo al quale si è mantenuta fedele durante i due anni trascorsi dal Cavaliere viaggiando per l'Europa. Alla fine, frustrata sia da Imene che da Amore, per impiegare una dicotomia pariniana del tutto pertinente, la signora deve incoraggiare la candidatura a suo cicisbeo dell'introverso don Mauro, servente appena licenziato dalla vivace donna Florida, se non vuole tornare sola in città.
Non meno evidenti e importanti sono le differenze tra La villeggiatura e le tre commedie di cinque anni dopo, riconducibili alla classe sociale cui appartengono i personaggi della prima, tutti nobili ([...]
[...]tare le loro debolezze.
Per tali personaggi titolati e blasés la villa di don Gasparo e donna La
12 Sono espressioni di Lavinia nell'ultima scena della Villeggiatura.
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vinia è come un'isola nel mare deserto della campagna. Ed è significativo che gli unici agganci col mondo di fuori, la caccia del padrone di casa e i viaggi all'estero dell'excicisbeo di sua moglie don Paoluccio, valgano soprattutto come spunti per due felici e bizzarre invenzioni comiche: le beccacce e le pernici che — emblemi di una natura degradata e rifiutata — don Gasparo regala alle contadine sue amiche per non doverle spartire con gli invitati della moglie, le contadine ai loro corteggiatori don Eustacchio
e don Riminaldo, e questi, ignorandone la provenienza, di nuovo a don Gasparo che le ha ammazzate; e l'ossessivo ticchio turisticoanalogico di Paoluccio, che è letteralmente incapace di capire quanto man mano gli passa davanti se non citando casi, personaggi, detti in cui si è imbattuto dur[...]
[...]valgano soprattutto come spunti per due felici e bizzarre invenzioni comiche: le beccacce e le pernici che — emblemi di una natura degradata e rifiutata — don Gasparo regala alle contadine sue amiche per non doverle spartire con gli invitati della moglie, le contadine ai loro corteggiatori don Eustacchio
e don Riminaldo, e questi, ignorandone la provenienza, di nuovo a don Gasparo che le ha ammazzate; e l'ossessivo ticchio turisticoanalogico di Paoluccio, che è letteralmente incapace di capire quanto man mano gli passa davanti se non citando casi, personaggi, detti in cui si è imbattuto durante l'esaltante esperienza del suo Grand tour: « Anche a Parigi si suol dire... » (ii, 6); « una burla simile ho veduto fare a Marsiglia » (ir, 15);
« anche a Versaglies si trovano di queste bellezze... » (III, 5); « cosí si fa in Inghilterra » (III, 8); « mi parete uno di quei superbi villani di Castiglia » (III, 17), ecc. ecc.
Come un'isola, dicevo, la villa di don Gasparo e donna Lavinia rappresenta per i suoi numerosi abitanti una provvisoria salvezz[...]
[...]ler e di aggressività che impronta tutta l'azione.
All'estremo opposto del materiale don Ciccio, la tenera e sospirosa donna Lavinia è oggetto d'una non meno severa Verfremdung. Tra i tentativi assai ingenui per risvegliare l'attenzione del marito e il savoir faire con cui tratta ospiti e cicisbei, la sua principale caratteristica è d'esser « dominata dalla passione », come dice di lei donna Florida (ii, 7, e lei stessa piú tardi all'incostante Paoluccio: « Lasciatemi sfogare almeno la mia passione »: III, 8). Ma il paggio Zerbino, commentando le rimostranze della padrona al marito che era partito per la caccia senza salutarla offre del suo paterna una spiegazione terra terra (« Poverina! la compatisco. Vorrebbe ora l'addio che non le ha dato questa mattina »: i, 4), che sembra confermata da quanto dice Lavinia a Gasparo nella scena seguente: « Fareste molto meglio a starvene a letto la mattina, come fanno gli altri mariti colle loro mogli ».
Nei dialoghi di Lavinia con Zerbino e don Gasparo (I, 45) la parola letto torna 11 volte, ma il mari[...]
[...] atto, quando Lavinia finge un'indisposizione quale « pretesto ragionevole » per « sciogliere la compagnia, troncar le scene per tempo, finir la villeggiatura » (9), don Gasparo si trincera dietro l'ironia di un'interpretazione letterale: « Voi altre donne avete sempre qualche cosa che duole ... Andate a letto, e domani si farà venire il chirurgo, e vi caverà sangue » (III, 10; e fra sé: « Queste donne si fanno venir male quando vogliono ... Don Paoluccio le avrà fatto venire le pulsazioni »: in, 11).
Il fatto è che i sintomi accusati da Lavinia (« Marito mio, ho del gran male intorno, mi sento una pulsazione interna, un'agitazione negli spiriti, una lassitudine universale con giramenti di capo ») sono l'involontaria con
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fessione di una condizione isterica, e questa il risultato del disagio con cui la signora si adatta alla perpetua dimensione teatrale della vita patrizia, esasperata dalla paradossale clausura in campagna: pubblico scambio di complimenti, recitazio[...]
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fessione di una condizione isterica, e questa il risultato del disagio con cui la signora si adatta alla perpetua dimensione teatrale della vita patrizia, esasperata dalla paradossale clausura in campagna: pubblico scambio di complimenti, recitazioni d'avventure di viaggio o galanti, bons mots, pungenti malignità, ma anche teatro segreto dei sentimenti, secondo le teorie dell'amore clandestino, o « alla parigina », professate da don Paoluccio. Come un diplomatico che decida di mentire al suo interlocutore perché questi, scartata l'ipotesi troppo ovvia della menzogna, si aspetta da lui la verità, cosí i discreti amanti della Villeggiatura dovrebbero scambiarsi studiate attenzioni solo per evitare che la loro pubblica indifferenza sia interpretata come « occulta parzialità » (III, 13).
Tra la brutale franchezza di don Ciccio e di don Gasparo da un lato, gli allusivi ed elusivi silenzi di don Paoluccio dall'altro, il linguaggio della passione che Lavinia vorrebbe ascoltare e impiegare non ha piú corso. Troppo borghese in fondo per l[...]
[...]n diplomatico che decida di mentire al suo interlocutore perché questi, scartata l'ipotesi troppo ovvia della menzogna, si aspetta da lui la verità, cosí i discreti amanti della Villeggiatura dovrebbero scambiarsi studiate attenzioni solo per evitare che la loro pubblica indifferenza sia interpretata come « occulta parzialità » (III, 13).
Tra la brutale franchezza di don Ciccio e di don Gasparo da un lato, gli allusivi ed elusivi silenzi di don Paoluccio dall'altro, il linguaggio della passione che Lavinia vorrebbe ascoltare e impiegare non ha piú corso. Troppo borghese in fondo per l'atmosfera di edonistica disponibilità in cui sono perfettamente a loro agio gli altri nobili e le contadine, la dama riparte per la città senza aver conseguito i suoi fini, e senza aver convinto il pubblico di meritare miglior successo.
In campagna i nobili, se non altro, riescono talvolta a risparmiare: « Non vi è altra differenza, se non che in città vi vogliono dei zecchini, e qui con pochi paoli si fa figura », nota don Eustacchio nella Villeggiatura (III, [...]