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Suggerimento: provare anche P.C.I.Il segmento testuale PCI è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 675Analitici , di cui in selezione 16 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Enzo Collotti, Luigi Cortesi e l'archivio Secchia ovvero come si monta un «caso» inesistente in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]o da approdare adesso a una lezione di massimalismo filologico, che può impressionare soltanto chi non sappia che cosa è un archivio o non conosca le cautele con le quali la stessa pubblicazione degli « Annali » Feltrinelli è stata da me presentata, senza peraltro che il Cortesi si sia sognato di informarne il lettore.
Devo premettere che Cortesi chiama in causa contemporaneamente la Fondazione Feltrinelli, il Comitato dell'Archivio Secchia, il PCI, il sottoscritto e non so chi altri ancora. È chiaro che risponderò soltanto su ciò di cui sono personalmente responsabile. Non essendo membro del Comitato scientifico della Fondazione Feltrinelli se non da epoca successiva alla pubblicazione del volume in parola, non essendo mai stato membro né del Comitato delle carte Secchia né del PCI, non sono in grado di interloquire su ciò che ad essi viene attribuito, cosí come nessuna responsabilità mi compete per affermazioni che possa avere fatto Ambrogio Donini circa la pubblicazione integrale dell'Archivio Secchia. Se quest'ultima sia l'obiettivo ultimo del Comitato per le carte Secchia, la cui composizione non è affatto una mia « rivelazione », come tra le tante altre cose vuole insinuare Cortesi per montare il senso del complotto intorno alla pubblicazione, essendo i nomi dei componenti comparsi a tutte lettere ne « l'Unità » del 7 luglio 1974 nel primo anniversario della morte [...]

[...]zioni di metodo e filologiche avanzate da Cortesi consiste proprio nel metodo di insinuazioni che egli introduce in tutta la lettura del volume) che l'archivio sia stato manomesso; perché, se le parole hanno un senso, nulla di diverso stanno a significare i numerosi appunti sulla mancata pubblicazione di questo o quel documento; o peggio ancora quando finge di credere o induce i terzi a pensare che l'Archivio di Pietro Secchia sia l'Archivio del pci.
A proposito di presunte omissioni nella pubblicazione delle carte Secchia. Non solo nelle presentazioni alle singole parti del volume, ma anche e soprattutto nella introduzione, ho avvertito ripetutamente sia delle lacune riscontrabili nell'archivio, sia di eventuali altre linee di ricerca che richiederebbero altri strumenti o l'uso di parti dell'archivio diverse da quelle prescelte per la pubblicazione degli « Annali » Feltrinelli. Alcuni esempi: proprio su un punto sul quale Cortesi lamenta che il materiale non pubblicato non consenta lumi (cfr. Cortesi, p. 531), ossia sull'esperienza di [...]

[...]tito ripetutamente sia delle lacune riscontrabili nell'archivio, sia di eventuali altre linee di ricerca che richiederebbero altri strumenti o l'uso di parti dell'archivio diverse da quelle prescelte per la pubblicazione degli « Annali » Feltrinelli. Alcuni esempi: proprio su un punto sul quale Cortesi lamenta che il materiale non pubblicato non consenta lumi (cfr. Cortesi, p. 531), ossia sull'esperienza di Secchia quale segretario regionale del Pci in Lombardia nel 195556, avevo esplicitamente avvertito che il materiale presente nell'archivio è del tutto insufficiente per uno studio di una qualche completezza (introduzione p. 120); altrove indico come filone di lavoro ancora non affrontato una ricerca sull'attività parlamentare di Secchia (p. 123), che implicherebbe fra l'altro l'ana
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lisi di quel che esiste del carteggio con il suo collegio elettorale; in altro passo ancora accenno alla necessità di approfondire il discorso sul lavoro di Secchia nelle organizzazioni di massa antifasciste e in particolare [...]

[...]attività parlamentare di Secchia (p. 123), che implicherebbe fra l'altro l'ana
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lisi di quel che esiste del carteggio con il suo collegio elettorale; in altro passo ancora accenno alla necessità di approfondire il discorso sul lavoro di Secchia nelle organizzazioni di massa antifasciste e in particolare all'interno dell'ANPI (p. 124); già in precedenza avevo avvertito che l'eventualità di disporre dell'Archivio del PcI avrebbe rappresentato una prospettiva di lavoro completamente diversa (p. 80); infine, non manca neppure un cenno ai limiti delle stesse carte della Commissione nazionale di organizzazione del PcI contenute nell'Archivio Secchia (p. 88). Come se non bastasse, nella presentazione ai Diari ho sottolineato come essi costituissero il corpo piú omogeneo dei materiali inediti lasciati da Pietro Secchia (p. 253) e ho fatto riferimento altresì al corpo complessivo dell'archivio per l'utilità che esso offre quale complemento strumentale alla lettura di questo corpo omogeneo (p. 256). In nessun caso quindi io ho nascosto che non di pubblicazione integrale dell'Archivio si trattava, ma delle sue parti che io continuo a ritenere le piú importanti e quelle veramente importanti nell'ottica considera[...]

[...]al 1945 al 1954 (cfr. « Belfagor », p. 537), c'è da domandarsi se parla con conoscenza di causa o se per caso non intendesse porre un quesito, sia pure con la mala grazia che gli è congeniale. La categoricità con la quale egli si pronuncia mi fa ritenere che soltanto il già citato metodo dell'insinuazione sia il supporto delle sue del tutto gratuite affermazioni, se non la volontà precipua di far credere che l'archivio Secchia sia l'archivio del PcI. L'ho già detto e lo ripeto: la parte essenziale dell'Archivio ha inizio con il 1954; non che per il periodo precedente manchi materiale. Ma vanno fatte alcune precisazioni: la prima è che il blocco piú consistente di questo materiale anteriore al 1954 è rappresentato dal Promemoria autobiografico pubblicato in apertura della parte documentaria del volume. La seconda, che un altro settore omogeneo, ma di cui non è stata ancora accertata la completezza, di materiale è costituito da stenogrammi (o probabilmente da dattiloscritti) di interventi di Secchia alle riunioni di c.c.: non è sicuro che [...]

[...]un altro settore omogeneo, ma di cui non è stata ancora accertata la completezza, di materiale è costituito da stenogrammi (o probabilmente da dattiloscritti) di interventi di Secchia alle riunioni di c.c.: non è sicuro che si tratti di stenogrammi perché bisognerebbe accertare a partire da quale epoca furono tenuti stenogrammi, circostanza sulla quale ho raccolto testimonianze troppo incerte per potere avanzare precisazioni: solo l'Archivio del PcI potrebbe illuminarci in proposito. Molto piú rari sono gli interventi in altri organismi di partito, alcuni di questi semplici riassunti, un paio relativi a riunioni della direzione; i dattiloscritti di alcuni discorsi sono forse, a giudicare dalla brevità e dal contesto, semplici tracce. Taluni dei rapporti al Comitato centrale, gli interventi ai congressi del partito, il rapporto alla conferenza nazionale di organizzazione del 1947 si trovano in testi pubblicati. Non esiste per questi anni alcuna corrispondenza interna di partito. Che cosa dedurne? Anzitutto la conferma che si tratta di un [...]

[...] l'esistenza dell'inedito o del documento clamoroso quando non esiste, questo sí è veramente inspiegabile e bizzarro, per usare due aggettivi cari al lessico di Cortesi. Che cosa vuole dippiú sullo scontro tra Secchia e Togliatti di quanto non abbia già detto Secchia e che si trova fedelmente e integralmente riprodotto negli « Annali »? Cercare ciò che nell'Archivio Secchia non esiste e che se mai esiste salterà forse un giorno dall'Archivio del pci, mi pare ozioso e pretestuoso insieme, proprio in presenza di tutto quello che è emerso dalla pubblicazione degli « Annali » (che non so quanto sia piaciuta al pci, a dispetto di quanto pensa Cortesi e a giudicare dalle recensioni alquanto liquidatorie che ne hanno scritto Spriano su « l'Unità » e Amendola su « Rinascita »: ma possibile che siano sfuggite a un lettore cosí puntiglioso come Cortesi?) e soprattutto del fatto che se c'è un uomo politico che ha cercato di lasciare la piú ampia testimonianza non soltanto scritta ma stampata del suo lavoro politico e del suo patrimonio ideale questo è proprio Pietro Secchia. Questo, anche per ribadire che è ridicolo lamentare (come fa Cortesi, ancora a p. 545 nota 27) che io abbia soltanto citato e non anche [...]

[...]materiale. Sottovaluta ad esempio che la figura di Secchia era insostituibile proprio perché il materiale documentario, che soprattutto nel primo dei volumi degli « Annali » proveniva essenzialmente dall'Archivio Tasca con integrazioni dall'Archivio dell'Istituto Gramsci, era inserito in un tessuto narrativo che è in gran parte un racconto autobiografico di Secchia. Lo stesso si dica per il
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volume sul contributo del PcI alla Resistenza, costruito anch'esso su carte personali di Secchia e su carte tratte da altri archivi; ma erano sempre la memoria e l'intervento personale di Secchia a fornire l'intelaiatura e la struttura del lavoro. È chiaro che il periodo dal 1945 in poi poneva problemi nuovi di redazione del volume anche per le mutate condizioni della lotta politica. Ora, considerando il complesso dell'Archivio per quest'ultimo periodo risulta evidente che fin quando Secchia ha operato come uno dei massimi dirigenti del PcI la testimonianza della sua attività deve trovarsi essenzialmente nell'Archivio del[...]

[...]hia e su carte tratte da altri archivi; ma erano sempre la memoria e l'intervento personale di Secchia a fornire l'intelaiatura e la struttura del lavoro. È chiaro che il periodo dal 1945 in poi poneva problemi nuovi di redazione del volume anche per le mutate condizioni della lotta politica. Ora, considerando il complesso dell'Archivio per quest'ultimo periodo risulta evidente che fin quando Secchia ha operato come uno dei massimi dirigenti del PcI la testimonianza della sua attività deve trovarsi essenzialmente nell'Archivio del PCI; ho già detto che cosa si trova nell'archivio Secchia: interventi ai comitati centrali, un numero assai minore di testi (o riassunti di essi) di interventi in altri organismi di partito, opuscolame e altre pubblicazioni che in buona parte sono servite per il lavoro di annotazione. Il Promemoria autobiografico è l'unica traccia compiuta che consenta la sutura con l'inizio del Diario,, che non a caso Secchia prende a scrivere dopo l'inizio dello scontro definitivo con Togliatti. Sarà banale osservazione, ma è presumibile che fino al luglio del 1954 Secchia non abbia avuto letteralmente la possi[...]

[...]sa pubblicazione avrebbe aperto prospettive assai diverse allo studio non solo del caso Secchia ma della storia del nci. Ma a questo punto mi permetto di dubitare che egli sarebbe in grado di farlo. I vuoti della pubblicazione non sono arbitrari né dovuti soltanto alla scelta, che ribadisco, di aver privilegiato la pubblicazione integrale dei Diari: sono un vuoto oggettivo dell'Archivio, non colmabile senza una compenetrazione con l'Archivio del PCI, se e nella misura in cui questo esiste ed è completo o quanto meno passabilmente completo.
Non sono frammenti di altri documenti o singoli documenti che possono essere rimasti fuori dalla pubblicazione a modificare questo quadro e questa situazione complessiva. Non da ultimo Cortesi dimostra di non capire che il « lauto (e costoso) `pranzo alle otto' di rivelazioni e anticipazioni che rischiano di rimpicciolire le questioni politiche alla scala del personale e dell'interpersonale ecc. » (p. 538: è un linguaggio che cito con fastidio, ma tant'è, è quello che piace a Cortesi) non è il frutto [...]

[...]ne di altre vicende che emergono dal complesso del lavoro e degli sviluppi dei quali fu partecipe Secchia, è bene dire che altrettanto arbitrario sarebbe stato qualsiasi altro criterio. Certo, volendo si poteva fare un volume solo di corrispondenza. Ma crede Cortesi che sarebbe stato veramente importante e comunque avrebbe potuto fornire la chiave di quegli elementi dei quali egli lamenta la mancanza per la comprensione politica della storia del PCI? Personalmente ne dubito, il che per conto mio non esclude che altri possa e voglia procedere ad una pubblicazione integrale. Ma il sospetto è l'arma ermeneutica di Cortesi: che anche sulla corrispondenza sia stata applicata la « censura »? Possibile che il criterio di selezione debba equivalere a una « censura »? Forse perché cosí è piú scandalistico? Perché fa piú rotocalco? Fa piú storia del PcI? Che il carteggio con Togliatti presente nell'Archivio Secchia cominci sul finire del 1954 si può spiegare con il fatto che la consuetudine di lavoro nel periodo precedente rese meno necessario il contatto epistolare; in secondo luogo, e prioritariamente, che la parte di questo carteggio relativa a questo periodo dovrebbe trovarsi nell'archivio del PCI, trattandosi probabilmente (e dico probabilmente perché dobbiamo ragionare per intuizione e per ipotesi non avendo io la pretesa della divinazione) di materiali non di discussione politicopersonale, come avverrà successivamente, ma piú strettamente politico. Ma c'è un richiamo di Cortesi che questa volta sorprende e induce a pensare o alla sua malafede o al suo candore, non soltanto come storico ma anche come ex militante del PCI. Meraviglia per l'appunto che uno come Cortesi che è stato all'interno del PCI abbia cosí scarsa capacità politica e metodologica di non percepire certe sfumature e certe spie del sistema di lavoro all'interno del partito, le regole in altri termini del gioco alle quali anche Secchia si atteneva scrupolosamente perché non erano regole né buone né cattive, moralisticamente intese, ma parte di un costume politico e di una disciplina politica tipici di un'epoca del comunismo italiano e internazionale. A proposito di una lettera di Secchia a Togliatti da me citata a p. 627 e da Secchia nei Diari, p. 289 e da me non pubblicata perché, scrivo, « di non rilevante interesse », [...]

[...]rano regole né buone né cattive, moralisticamente intese, ma parte di un costume politico e di una disciplina politica tipici di un'epoca del comunismo italiano e internazionale. A proposito di una lettera di Secchia a Togliatti da me citata a p. 627 e da Secchia nei Diari, p. 289 e da me non pubblicata perché, scrivo, « di non rilevante interesse », Cortesi stupito si chiede (p. 530): « Ma può mai essere tale una lettera tra i due dirigenti del PcI, e quella lettera in particolare, che cade nel periodo piú drammatico dei loro rapporti, e della vita politica del suo autore? ». Sissignore, ci creda o no Cortesi, è proprio cosí. Quella lettera non è stata pubblicata perché è una semplice lettera di accompagnamento alla relazione di viaggio nella DDR viceversa pubblicata. Ma qui sorge appunto il problema: come può Cortesi pensare che Secchia approfittasse di una circostanza del tutto secondaria del suo residuo lavoro di partito per affrontare con Togliatti problemi di ben altra natura? Secchia sapeva troppo bene quale divisione di ruoli esi[...]

[...]tesi, è proprio cosí. Quella lettera non è stata pubblicata perché è una semplice lettera di accompagnamento alla relazione di viaggio nella DDR viceversa pubblicata. Ma qui sorge appunto il problema: come può Cortesi pensare che Secchia approfittasse di una circostanza del tutto secondaria del suo residuo lavoro di partito per affrontare con Togliatti problemi di ben altra natura? Secchia sapeva troppo bene quale divisione di ruoli esisteva nel PcI; nel momento in cui gli era stato affidato il compito di recarsi nella DDR egli di questo e soltanto di questo riferiva a Togliatti. Gli altri problemi venivano trattati in separata sede, come dimostrano le altre lettere scambiate tra i due.
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Senza tenere conto di questa ferrea regola di non confondere cose e ruoli diversi,
la stessa possibilità di interpretare le vicende all'interno del Pci viene amputata di una delle sue regole metodologiche fondamentali.
Altrettanto incomprensibile, pare una gaffe, a essere benevoli, è lo stupore che Cortesi manifesta per il fatto che il carteggio con Longo appaia « quasi a senso unico, perché alle dodici lettere di Secchia fanno riscontro solo due lettere della controparte » (« Belfagor », p. 531). L'intero Diario di Secchia fa fede dei pessimi rapporti che intercorsero tra i due dirigenti dopo l'infortunio del 1954: io stesso ho accennato nell'introduzione al diverso atteggiamento che maturò nel rapporto tra Secchia e altri dirigenti del Pc[...]

[...]e Cortesi manifesta per il fatto che il carteggio con Longo appaia « quasi a senso unico, perché alle dodici lettere di Secchia fanno riscontro solo due lettere della controparte » (« Belfagor », p. 531). L'intero Diario di Secchia fa fede dei pessimi rapporti che intercorsero tra i due dirigenti dopo l'infortunio del 1954: io stesso ho accennato nell'introduzione al diverso atteggiamento che maturò nel rapporto tra Secchia e altri dirigenti del Pci, in particolare nel rapporto con Longo (p. 109). Come se non bastasse, proprio nella presentazione della seconda sezione della corrispondenza io stesso ho anticipato questa annotazione, della quale Cortesi non si è degnato di informare il lettore di « Belfagor » e che riproduco integralmente (dalla p. 667 del volume) perché mi sembra che mi esima dall'aggiungere altre spiegazioni o altri rinvii ai Diari di Secchia:
Nella seconda sezione si troveranno le lettere di Secchia a Longo. Due osservazioni si impongono a questo riguardo: si tratta, con due sole eccezioni, unicamente di lettere di Sec[...]

[...]tere di Secchia a Longo. Due osservazioni si impongono a questo riguardo: si tratta, con due sole eccezioni, unicamente di lettere di Secchia, un'osservazione che richiama in generale il modo di lavorare e di coltivare i rapporti di Longo, come nota del resto nei quaderni lo stesso Secchia. La seconda osservazione sottolinea piuttosto un aspetto politico: non è forse casuale che, dopo la freddezza che si nota nei rapporti tra i due dirigenti del PCI negli anni immediatamente successivi al 1954, le lettere di Secchia si intensifichino dopo la nomina di Longo a segretario generale del PCI. La circostanza non sembra indicativa soltanto della maggior confidenza personale che Secchia aveva nei confronti di Longo, rispetto a Togliatti; essa fa pensare anche che Secchia considerasse la presenza di Longo alla segreteria del PCI come una garanzia del recupero di linee e di posizioni politiche che in altri anni e in altri periodi della vita del partito li avevano accomunati nelle stesse battaglie.
Se Cortesi avesse tenuto conto, come in altri casi, di queste e analoghe osservazioni, forse il processo indiziario che egli ha voluto intentare al volume degli « Annali » Feltrinelli avrebbe assunto un tono e uno spessore diversi. C'è fra l'altro un piccolo particolare che mi sfugge: procedendo all'annotazione dei Diari e di altri documenti riprodotti nel volume, io ho richiamato anche non pochi altri documenti contenuti n[...]

[...]armi come protagonista di un'operazione di occultamento o di archiviazione o come incon
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sapevole strumento di una simile congiura è il motivo sotteso a tutto il discorso
di Cortesi ed è esplicato a tutte lettere a p. 538 del suo scritto: « La pubblicazione di una parte dell'archivio di Pietro Secchia contribuisce, quindi, paradossal
mente, alla archiviazione di Pietro Secchia e alla emarginazione dalla storia del PcI di una serie di problemi e di dati reali del comunismo ». Ho conosciuto Pietro Secchia anche troppo bene e gli sono stato legato in un rapporto di reciproco rispetto e di reciproca discussione, ma non oserei per questo avanzare alcuna pretesa nei confronti della sua memoria né servirmi del suo nome per rituali affermazioni né per esibizionismi politici o personalistici. So di avere affrontato un lavoro ingrato e avrei gradito che se ne parlasse con uno spirito diverso da quello di uno azzeccacarbugli. Ma forse tanto era impossibile chiedere a Cortesi. La scarsa serietà della sua critica è dim[...]

[...]é per esibizionismi politici o personalistici. So di avere affrontato un lavoro ingrato e avrei gradito che se ne parlasse con uno spirito diverso da quello di uno azzeccacarbugli. Ma forse tanto era impossibile chiedere a Cortesi. La scarsa serietà della sua critica è dimostrata oltre tutto dalla greve insinuazione (siamo sempre purtroppo a questo genere d'inquisizione) che io abbia proceduto « a base di bene aggiustate citazioni da storici del PcI », le quali assieme alla riduzione interpretativa della figura di Secchia che io avrei operato, « rimandano al clima di compromesso nel quale ha preso corpo questa edizione dell'As » (p. 536). Siamo cosí arrivati alla conclusione fantapolitica, oltre che al tentativo di squalificare personalmente il mio lavoro facendo credere che io abbia acceduto a tendenziose e compiacenti citazioni di non meglio identificati storici del PcI. Siamo arrivati al punto che citare uno storico del PcI è di per sé un fatto infamante? Un lettore come Cortesi è in grado di distinguere dove la citazione ha valore di convalida di determinate ipotesi e dove serve per avviare un discorso critico? Nessuna distinzione esiste piú tra un uso e l'altro della citazione? O dovremo tacere di chi ha scritto, in modo apologetico o critico, della storia del PcI perché ha in tasca la tessera del PcI? Ingenuità, naturalmente, da parte mia. Ma che dire allora quando Cortesi si richiama alla « introduzione (pp. ci sgg.), molto precisa ed esplicita su tutta l'esperienza spagnola di Togliatti » (« Belfagor » p. 539, nota 15) di Paolo Spriano al tomo primo del IV volume delle Opere di Togliatti? Gli piacerebbe che si sospettasse di una sua connivenza o complicità con operazioni di occultamento politico del PcI?
ENZO COLLOTTI
Luigi Cortesi rinunzia al consueto intervento di chiusura, con la seguente breve lettera:
Caro Belfagor, non mi pare che la replica di Enzo Collotti introduca elementi di chiarimento e di discussione tali da rendere utile un mio nuovo intervento. Mi limito quindi a rimandare i lettori al mio scritto nel fascicolo del settembre scorso, e ad invitare i piú interessati ad un confronto fra le osservazioni ed argomentazioni mie e quelle di Collotti. Nella replica c'è invece la tendenza ad una degenerazione polemica sul piano personale, e io rinuncio a seguirla, diversiva com'è ri[...]



da Intervento di cirese al convegno sui giovani in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1977 - - ottobre - 13

Brano: [...]zio l'Unità per aver pubblicato, il 9 ottobre. un resoconto del mio interrento al convegno sulla crisi della società italiana e gli orientamenti delle nuove generazioni, organizzato dall'istituto Gramsci. Debbo tuttavia notare che (certo per mia poca chiarezza nell'esporre, e forse per la parzialità del resoconto imposta da ragioni di spazio) risultano piuttosto ridotte o appiattite certe distanze e diversità di prospettive che, dall'esterno dei PCI, intendevo inserire nel dibattito.
Tra l'altro il resoconto termina attribuendomi una frase in cui, con alcune sfumature in piú o in meno, potrei riconoscermi abbastanza (a Nessuno che abbia senso storico pub . tuttavia ipotizzare un'avanzata senza l'apporto dei PCI s), se non fosse che il discorso complessivo era il seguente: e Nessuno che abbia senso storico (almeno della mia generazio ne) può pensare che qualcosa possa avvenire senza d PCI: ma nessuno (se il pluralismo non vuole essere eclettismo a destra e integralismo a sinistra) pub pensare che qualcosa pub cambiare solo se c'è l'attuale politica del PCI s.
. Non attribuisco all'omissione nessuna particolare hilenzionalità. Vorrei solo segnalare che la completezza della espressione avrebbe portato a conferire una tonalità più accentuata alle altre considera . zioni di cui il resoconto dà notizia: per esempio a quella (di origine gramsciana) sul fatto che spesso ci si limita alla critica dell'occasionale, trascurando il permanente /il che, nel mio interrento, si legara anche al dibattito su intellettuali e politici; a quella sulla confusione che può nascere tra il richiamo all'austerità e la pacelliana polemica contro la smodata bramosia di g[...]

[...]eanze), o Invece pub scegliere altre direzioni: nel quale ultimo caso forse occorre rassegnarsi, tra l'altro, al fatto che altri cerchi di riempire, come sa e pub, to spazio marxista (politico, scientifico e culturale) che resta ruoto.
Dico il tutto senza intenzioni polemiche, e solo per chia
rezza anche verso f molti o i pochi che in Italia pensano anch'essi che it no al partito armato (e sfiniti) non significa s) alla attuale politica , del PCI. e viceversa. Del merito poi, che naturalmente pub essere giudicato discutibile, accadrà forse di riparlare, tanto pifc ora che sut giovani e la crisi s'è aperta nel PCI una ulteriore fase di riflessione a anche autocritica ». .
ALBERTO MARIO CIRESE (Roma)



da Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, I minatori maremmani (con tre documenti) [documenti: Lettera del Sindacato Minatori aderente alla CGIL, al Distretto Minerario di Grosseto del 7-8-1953 in cui si prospettano i pericoli derivanti dai metodi di conduzione della miniera, e in particolare dal cosiddetto metodo dei franamenti del tetto, firmata in calce «per la segreteria» Betti Duilio; Lettera di risposta del Distretto Minerario di Grosseto del 29 Ottobre 1953 firma in calce «L'ingegnere capo» Tullio Segu... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]la e quella industriale; al paese di montagna conservano un orto od una vigna che coltivano durante le ore libere dal lavoro, e perfino nei villaggi minerari alle case si affiancano magri orticetli. È una 'sorta di rapida rivoluzione industriale : i più giovani infatti abbandonano questo costume, ed insieme la mentalità tipica del contadino toscano, e diventano operai moderni, forse fra i più consapevoli e combattivi. In una recente « Storia del PCI », quella di Bellini e Galli, i minatori maremmani sono indicati, accanto agli operai di Sesto San Giovanni, fra le più combattive avanguardie del Partito Comunista Italiano.
12 LUCIANO BIANCIARDI CARLO CASSOLA
Una prima agitazione contro la Montecatini risale agli anni precedenti la guerra d'Africa, ed oggi se ne parla con tono di leg genda, mentre mancano del tutto documenti precisi accessibili. Ad ogni modo le cose andarono così : alla fine del '31 la Montecatini intese introdurre il sistema Bedaux, che è una specie di metodo Taylor applicato al lavoro di miniera. Ogni operazione lavora[...]

[...] evitano di parlare, dicono che non son tenuti a dare alcuna informazione, si guardano l'un l'altro con la faccia lunga.
I MINATORI MAREMMANI 17
La notizia che son venuti dei forestieri par che produca una sorta di paralisi : il medico della società, che pure é nostro amico, ed é stato nostro compagno di scuola, evita di incontrarci, e sapremo poi che si è chiuso in casa, dando ordine di non far entrare nessuno. Un giovane tecnico, iscritto al PCI, evita da mesi di in contrarsi con il segretario della sezione locale : ci dà qualche innocua informazione e si raccomanda poi che non si faccia il suo nome. In questi giorni é stato licenziato, per scarso rendimento.
Il clima della vita dei tecnici e degli impiegati é questo : scarsi i contatti e le visite reciproche, quando ci si trova, dopo il lavoro, non si parla di nulla, se non di donne, o si raccontano barzellette il più possibile anodine; da qualche tempo, fra gli argomenti da evitare, c'é anche il gioco del calcio.
Ribolla, subito dopo la fine della guerra, ebbe una brillante squad[...]

[...]o la Montecatini esercita il suo controllo anche per mezzo delle forze dell'ordine pubblico : abbiamo già visto il caso di un'operazione di polizia diretta da un funzionario della Montecatini, proprio quel Riccardi che di recente ha assunto la mansione di segretario del Gruppo Miniere Maremma, con incarico « assistenziale ».
Riccardi é la personificazione degli attuali metodi direttivi. Si tratta di un ex comunista, membro della federazione del PCI di
18 LUCIANO BIANCIARDI CARLO CASSOLA
Teramo, e per tre anni segretario della Camera del Lavoro in quella città. Non è il solo caso, in seno alla Montecatini : uno degli attuali direttori generali, lo Sferza, ebbe un'importante carica sindacale nella CGIL, e fu in contatto con il Riccardi. È stato lo Sferza a mettere il Riccardi al Gruppo Maremma, con l'incarico che abbiamo detto. E Riccardi lo adempie scrupolosamente.
A Massa Marittima, che è il capoluogo della Maremma mineraria, Riccardi ha messo su una sorta di circolo culturale, aperto esclusivamente a tecnici, impiegati e ceto medio[...]



da [s.a], occhiello «dopo la sparatoria poliziesca di Viareggio» titolo principale «reazioni di sdegno e di protesta» in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1969 - - gennaio - 2

Brano: Dopo la sparatoria poliziesca di Viareggio
REAZIONI DI SDEGNO E DI PROTESTA
Il PCI chiede una seduta anticipata della Camera e prenderà contatti con gli altri gruppi perchè venga elaborata e discussa
una mozione par il disarmo della polizia Manifestazioni in tutta Italia Rai e TV minimizzano e deformano il grave epi
sodio sul quale fino a tarda sera non è stato diffuso alcun comunicato ufficiale
Reazioni di sdegno hanno accolto in tutta Italia la notizia della sparatoria poliziesca di Viareggio. Si rinnova nel paese la protesta che seguì ai tragici fatti di Avola e torna in primo piano la richiesta che è comune alle forze democratiche, ai sindacati. ai movimenti giovan[...]

[...]e
Reazioni di sdegno hanno accolto in tutta Italia la notizia della sparatoria poliziesca di Viareggio. Si rinnova nel paese la protesta che seguì ai tragici fatti di Avola e torna in primo piano la richiesta che è comune alle forze democratiche, ai sindacati. ai movimenti giovanili, alla schiacciante maggioranza delFopinione pubblica: il disarmo della polizia. Questa precisa rivendicazme,ne è contenuta nel comunicati doll'CGfiiciu politico del PCI che riportiamo a parte. I parlamen tari comunisti prenderanno contatti con gli altri gruppi e proporranno loro che una mozione per il disarmo della polizia venga elaborata e discussa davanti alle Camere. Il compagno ingrazi presidente del gruppo dei deputati del PCI. farà dei passi perchè ci sia una riunione anticipata della Camera e per chè il governo sia chiamato a ri elire di questo nuovo grave episodio di violenza poliziesca.
Sono già indette manifestazioni di protesta per questa sera a Perugia. dove l'inizia tíva è partita dalla Carnera del L,avoru con I adesione c el movimento studentesco, e a Pisa dove prenderà la pa rola il compagno Giancarlo Pajetta. Altre manifestazioni si terranno in tutte le province. Dappertutto le federa=ioni comuniste hanno informo le popc!azioni dell'episo dio con manifesti, volantini e ordini del giorno. Radio e Televis[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Ignazio Silone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...] i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto, a suo tempo, alla versione staliniana sui processi e le cospirazioni, allo stesso modo come oggi essi credono alla condanna ufficiale, da parte dei successori di Stalin, di quei fatti mostruosi, é una delle tante irrefutabili prove che i comunisti di tutto il mondo, nei riguardi dei dirigenti di Mosca, sono tenuti alla più cieca obbedienza. La cosidetta u via italiana del comunismo », praticata dal PCI dopo la Liberazione, e di cui si attribuisce il merito a Palmiro Togliatti, sembra contraddire quest'asserzione così cruda, ma solo in apparenza. Basta ricordare che il destino dei singoli paesi europei dopo la Liberazione, fu sancito a Yalta e a Potsdam, negli incontri dei Quattro Grandi. L'Italia, assieme agli altri paesi d'Occidente, fu allora abbandonata da Stalin all'influenza occidentale, in cambio del disinteresse di Churchill e di Roosevelt per la sorte dei paesi dell'Europa orientale. Il PCI e il PCF dovettero fare di necessità virtù; ogni velleità in senso contrario (la cosidetta pr[...]

[...]to a Palmiro Togliatti, sembra contraddire quest'asserzione così cruda, ma solo in apparenza. Basta ricordare che il destino dei singoli paesi europei dopo la Liberazione, fu sancito a Yalta e a Potsdam, negli incontri dei Quattro Grandi. L'Italia, assieme agli altri paesi d'Occidente, fu allora abbandonata da Stalin all'influenza occidentale, in cambio del disinteresse di Churchill e di Roosevelt per la sorte dei paesi dell'Europa orientale. Il PCI e il PCF dovettero fare di necessità virtù; ogni velleità in senso contrario (la cosidetta prospettiva greca) vi fu tempestivamente repressa per ordine di Mosca così come lo stesso Stalin relegò in Siberia il ribelle Markos. La « via italiana del comunismo » era dunque anch'essa una via staliniana.
8. Che in Russia vi sia attualmente una distensione interna, molte notizie lo lasciano suppore; ma è forse prematuro affer

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mare che si sia aperta una fase politica nuova. Una svolta decisiva potrà aversi soltanto allorché un dissenso politico importante, sorto nel seno [...]



da m. s., Sentiti a Padova dieci nuovi testi: ulteriori sviluppi [sopratitolo: Sempre più vasto il fronte delle operazioni giudiziarie antiterrorismo] [sottotitolo: Fais replica seccamente all'attacco anticomunista del collegio di difesa degli imputati] in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1979 - - maggio - 27

Brano: [...]di «supplenza» della conferenza stampa settimanale dei giudici che il titolare dell'istruttoria, Palombarini, ha temporaneamente sospeso, in attesa che avvengano le elezioni. Dell'assenza di un minimo di informazione da parte della magistratura ha subito approfittato il collegio di difesa che l'altro giorno ha tenuto un'ennesima conferenza stampa per ripetere che l'istruttoria in corso altro non è se non una manovra preelettorale organizzata dal PCI per criminalizzare ogni dissenso.
Ai difensori ha replicato ieri Fais con durezza: «Quando i militanti del PCI hanno avuto notizie utili in riferimento ad attentati e ad episodi specifici, le hanno sempre riferite alla magistratura, come hanno fatto anche altre persone, ad esempio i membri della consulta provinciale per l'ordine democratico. Questo è il preciso dovere di ogni cittadino: vorrei che tutti facessero così. Ma è una cosa ben diversa dalla strumentalizzazione. Quella della difesa è una montatura in malafede».



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]rso si colloca la sua amicizia con Togliatti: sincera indubbiamente da parte di Marchesi, non altrettanto, credo (qui dissentirei da La Penna, p. 87), da parte di Togliatti. Difficilmente un marxistacrociano come Togliatti può avere scritto con sincerità che Marchesi fu « il piú profondo degli umanisti e il piú audace dei pensatori moderni » (cfr. La Penna, p. 103). Bisogna, credo, ripensare al grande bisogno di intellettuali di prestigio che il Pci ha avuto sempre, dal '45 ad oggi, data la sua linea politica « nazionale », onnicomprensiva, anticlassista. Se gli intellettuali di prestigio erano piú « umanisti » che marxisti, tanto di guadagnato: non c'era il rischio che entrassero in conflitto col partito esigendo quella coerenza ideologicopolitica che esso, in conformità alla sua linea, non doveva possedere; e contribuivano a gettare un ponte verso l'intelligencija borghese, a dimostrarle che, pur di non discutere le scelte politiche, si poteva appartenere al PCi o fiancheggiarlo rimanendo « borghesi ». Intellettuali di questo stampo og[...]

[...]e », onnicomprensiva, anticlassista. Se gli intellettuali di prestigio erano piú « umanisti » che marxisti, tanto di guadagnato: non c'era il rischio che entrassero in conflitto col partito esigendo quella coerenza ideologicopolitica che esso, in conformità alla sua linea, non doveva possedere; e contribuivano a gettare un ponte verso l'intelligencija borghese, a dimostrarle che, pur di non discutere le scelte politiche, si poteva appartenere al PCi o fiancheggiarlo rimanendo « borghesi ». Intellettuali di questo stampo oggi sono legione: si può dire che ormai l'unica vera difficoltà ad aderire al Pci, per un cittadino italiano, è di avere idee comuniste e di aspirare a metterle in pratica. Nel '45 erano molto meno. Beninteso, Marchesi, con tutte le sue contraddizioni, non può in
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alcun modo essere confuso con certi odierni universitari del Pci: a suo modo, era appassionatamente comunista davvero, e, benché incapace di ogni atteggiamento coerente di opposizione interna al PCI togliattiano, fu anche, talvolta, un militante « scomodo »: non votò, unico tra i parlamentari del PCI, a favore del famigerato art. 7 della Costituzione; insisté piú volte, senza far nomi ma con un tono abbastanza marcatamente polemico (cfr. Umanesimo e comunismo, passim), sulla necessità di non degradare la cultura a propaganda di partito (la cultura, s'intende, era per lui l'espressione dell'« umanità eterna »; ma quella polemica aveva pure un suo valore difensivo non disprezzabile); la sua stessa passionale difesa di Stalin all'viiz Congresso del Pci nel 1956, politicamente aberrante, non mancò di una certa dignità di fronte ai destalinizzatori italiani dell'ultima ora (e destalinizzatori [...]

[...]avore del famigerato art. 7 della Costituzione; insisté piú volte, senza far nomi ma con un tono abbastanza marcatamente polemico (cfr. Umanesimo e comunismo, passim), sulla necessità di non degradare la cultura a propaganda di partito (la cultura, s'intende, era per lui l'espressione dell'« umanità eterna »; ma quella polemica aveva pure un suo valore difensivo non disprezzabile); la sua stessa passionale difesa di Stalin all'viiz Congresso del Pci nel 1956, politicamente aberrante, non mancò di una certa dignità di fronte ai destalinizzatori italiani dell'ultima ora (e destalinizzatori solo in superficie), i quali, a cominciare da Togliatti, avevano pronunciato all'indirizzo di Stalin vivo e potente, o appena morto, le piú vergognose piaggerie. Ciò forse andava ricordato a p. 87 del libro del La Penna, pur tenendo fermo che non è attraverso le nostalgie staliniste (o stalinisteumaniste) che si può ricreare una prospettiva socialista. Ma certo il suo prestigio di grande umanista dovette, con ragione, apparire prezioso a Togliatti: di qu[...]



da Giuseppe Podda, Un imponente sciopero generale ha paralizzato tutta la Sardegna in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1968 - - gennaio - 30

Brano: [...]ti: la segreteria regionale della CGIL, la segreteria della Camera confederale del Lavoro. i rappresentanti degli Jettrici, dei portualif dei metallurgici. dei trann eri. degli edili. degli studenti. Tro gli altri, sfilavano numerasi professori universitari: Cirese, Rambaldi, Pala, Barbarisi, Maria, Restaino, Granese, Noitzo,
Gliozzi. Ed ancora i dirigenti dei partiti e organizzazioni di massa: Cardia, Luigi Pintor, Atzeni. Cossu, Raggio per il PCI; Genovesi e Ferrara per il PSU; Zucca per il PSIUP; Giorgio Frau per il Movimento dei socialisti autonomi; Giovanni Laurg, Melis. Sanno per l'Alleanza dei contadini e pastori: Torrente e Poddighe per la Lega delle cooperative; i consiglieri comunali Manica, Montaldo, Macis, Mameli, Antinoro.
A caratterizzare il corteo sono stati soprattutto i giovani: essi hanno chiesto a gran voce l'allontanamento e la punizione dei responsabili di questa ennesima montatura
poliziesca. Si leggeva in un volantino distributo in migliaia di copie dall'UGl e dalla Intesa Cattolica: c L'arresto di Giovannetti e[...]

[...]lla Intesa Cattolica: c L'arresto di Giovannetti e Fenu non è un caso isolato. ma rientra in una programmata volontà di reprimere con la violenza ogni espressione critica e alternativa ,.
Ed ora si vuole soffocare il movimento popolare sardo, colpendo in primo luogo quei dirigenti proletari che operano per mettere la forza della organizzazione operaia al servizio della lotta dei pastori. La ARPAS — in un documento firmato dai rappresentanti del PCI, del PSU. del PSd'A, del PSIUP e del MSA — mette giustamente in guardia i sardi affermando che l'azione repressiva in atto te particolarmente grave e irresponsabile in quanto tende a scoraggiare le lotte democratiche ed a respingere pastori verso disperate forme di ribellione individuale, e tende inoltre o colpire il processo crescente di solidarietd tra masse operaie e masse contadine e pastorali nella azione per il rinnovamento della Sardegna a.
Nonostante gli arresti e le denunce, il movimento di rinascita non si ferma. Anzi, va avanti. trascinando dietro di sé nuove forze nelle fahbriche[...]



da Leoncarlo Settimelli, Il Vicario rappresentato a Firenze in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1965 - - febbraio - 26

Brano: [...]riduttore del dramma e aiuto regista di Volonté, nelle prime ore del pomeriggio, utilizzando il largo schermo panoramico sul quale vengono propiettati i film a cura dell'Organismo rappresentativo degli studenti fiorentini (ORUF).
Poco prima dell'inizio esaurito l'ingresso delle personalità invitate — erano presenti Enzo Eriques Agnolett, vicesindaco di Firenze e presidente del Consiglio regionale della resistenza; l'onorevole Carlo Galluzzi, del PCI; il presidente dell'amministrazione provinciale, Elio Gabbuggiani; i critici e gli inviati dei giornali italiani e stranieri i quali, come noi, non poterono assistere alla recita nel teatrino di via Belsiana, essendone stati brutalmente cacciati; personalità del mondo universitario e della cultura — la porta del salone è stata chiusa e sorvegliata da ufficiali e sottoufficiali della polizia e dei carabinieri. Fuori è rimasto, per qualche minuto, un gruppetto di esclusi tra i quali si sono insinuati alcuni provocatori cercando di attizzare la scintilla di possibili incidenti. Non è durato a lu[...]

[...]nza, poi che emettesse un'ordinanza con la quale, per la prima volta dalla sua entrata in vigore, la Costituzione veniva piegata, "violentata" e subordinata a un articolo del Concordato. Il Vicario non si è ancora fatto a Roma, è vero e il problema, adesso, non è quello di ottenere una "riparazione" all'abuso e all'illegalità, quanto di ristabilire l'ordine costituzionale, annullando il decreto del prefetto (la mozione presentata alla camera dal PCI mira a ciò).
Perché si è fatto a Firenze, e perché nella sede del Organismo rappresentativo universitario, su iniziativa della Federazione giovanile repubblicana?
Lo abbiamo chiesto stamattina — mentre i giovani attori del "Teatro Scelta" di Gian Maria Volonté, nella vecchia ma splendida chiesa duecentesca di Sant'Apollonia, sconsacrata nel 1808 per la soppressione dell'ordine religioso delle suore Camaldolesi e adibita, più recentemente a sala cinematografica, erano alle prese con le luci e i movimenti di scena — a Giovanni Spinoso, vicepresidente della Giunta dell'ORUF (l'organismo rapprese[...]



da Alberto Sobrero, Incontro con A.M. Cirese. Con «Intellettuali, folklore e istinti di classe», di prossima pubblicazione, l'antropologo ripropone le sue note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1976 - - gennaio - 22

Brano: [...]Deledda m è parsa interessante la ideologia verso il mondo subalterno siciliano o sardo; di Scotellaro poi mi sono occupato solo come raccoglitore di biografie contadine. Quanto agli anni '45'55, sarebbe lungo parlare del carattere di rottura che — a ragione o a torto — certi terni o autori assunsero nel clima delle lotte per la terra. di Melissa e Portella della Ginestra, di Scelba e del «culturame », della militanza nelle sezioni del PSI o del PCI praticata anche come azione per il rinnovamento della cultura. Comunque, Verga fu riferimento emergente per chi da sinistra operava per uscire dagli s:hemi crociani, e attorno a Scotellaro si apri la politica meridionalistica e il problema del legame fra contadini e operai.
Dopo vent'anni, ora che il movimento operaio è tanto più forte sul terreno sociale e culturale, che senso ha per te riproporre queste tue esperienze di studio?
Potrei ricordare 1attualità del a caso Verga » o delle discussioni sul populismo o sulla regionalitil. risollecitate anche dagli anniversari della Deledda
e di S[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine PCI, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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