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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 704

Brano: [...]vvicinare ad esse chi ne fu ostile e di aggiogarvelo. Si combatte ancora per queste purissime fedi, che racchiudono il progresso e la pace del nostro paese; e, se anche parrà che si incontrino altri infortuni, ogni battaglia avvicinerà sempre alla meta. Finché forse cadranno gli ultimi combattenti; ma l’idealità del popolo libero e redento trionferà un giorno in una luce perenne di letizia ».

Un bilancio di massima sull’esperienza storica del P.P.I. non è di facile stesura: molto utili, al riguardo, sono le osservazioni tentate da Giorgio Vecchio a conclusione del capitolo riguardante il P.P.I. nel suo lavoro già citato: « La debole unità interna, l’ancora limitata coscienza democratica dei cattolici italiani, la scarsa simpatia per uno Stato liberale che dopo tutto aveva posto fine allo Stato pontificio e si era basato su una cultura anticattolica, le abilissime avances di Mussolini verso la Chiesa,

il fallimento del progetto storico sturziano, l'autonomia e l’aconfessionalità spesso so

lo di facciata: tutto ciò, accompagnandosi alle difficoltà estreme del primo dopoguerra, all’invadenza del massimalismo rosso (rivoluzionario, del resto, solo a parole), alla crisi economica, [...]

[...]

Biografie di don Luigi Sturzo: G. De Rosa,

Sturzo, Torino 1977; AA.VV. Luigi Sturzo

\

nella storia d'Italia, 2 voli., Roma 1973;

F. Piva F. Malgeri, Vita di don Luigi Sturzo, Roma 1972; G. De Rosa, L’utopia politica di Luigi Sturzo, Brescia 1972.

Opere di Luigi Sturzo: L. Sturzo, L’Italia e il iascismo, Po’ogna 19^3; L. Sturzo, Il Partito Popolare Italiano, 3 voli., Bologna 19561957.

Su aspetti particolari della storia del P.P.I.:

G. Donati, Scritti politici, Roma 1956; F.L. Ferrari, Il « Domani d'Italia », Roma 1958;

F.L. Ferrari, L'Azione Cattolica e il Regime, Firenze 1958; G. Gualerzi, La politica estera dei Popolari, Roma 1959; A. Fappiani, Guido Miglioli ed il movimento contadino, Roma 1964; G. Fanello Marcucci, Attilio Piccioni e la sinistra popolare, Roma 1977.

II P.P.I. nel contesto della democrazia cristiana europea: G. Vecchio, La democrazia cristiana in Europa (18911963), Milano

1979.

Opere a carattere locale: B. Gariglio, Cattolici democratici e clericofascisti. Il mondo cattolico torinese alla prova del fascismo, Bologna 1976; S. Tramontin, Cattolici, popolari e fascisti nel Veneto, Roma 1975.

Antologia di documenti: A. Aga Rossi, Dal Partito Popolare alla D.C., Bologna 1969. Si rimanda, inoltre, ai capitoli relativi al P.P.I. in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (18601980), voli. 12: «I fatti e le idee», Torino 1981.

Popo[...]

[...]crazia cristiana europea: G. Vecchio, La democrazia cristiana in Europa (18911963), Milano

1979.

Opere a carattere locale: B. Gariglio, Cattolici democratici e clericofascisti. Il mondo cattolico torinese alla prova del fascismo, Bologna 1976; S. Tramontin, Cattolici, popolari e fascisti nel Veneto, Roma 1975.

Antologia di documenti: A. Aga Rossi, Dal Partito Popolare alla D.C., Bologna 1969. Si rimanda, inoltre, ai capitoli relativi al P.P.I. in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (18601980), voli. 12: «I fatti e le idee», Torino 1981.

Popolo, Brigate del

Formazioni partigiane di ispirazione cattolica, attive in Brianza, nel Bergamasco e nel Varesotto, organizzarono circa 1.200 partigiani combattenti, ordinati in 3 Divisioni e 29 Brigate.

Ispirate da Gai ileo Vercesi, dal l'ingegnere Bignotti e da Enrico Mattei (v.)f le Brigate del popolo furono organizzate da Edoardo Lamperti [Carlo) e da Franco Marra [R uff ini; Bandiera; Galli) che, dopo lo spostamento e l’arresto di Lamperti, ne divenne il comandante.[...]

[...]entrava soprattutto sull’oratorio deH’ImmacoIata di S. Alessandro in Colonna, fu tra le organizzazioni più impegnate nel sostenere la Resistenza, attraverso uomini come Duzioni, Gas pari ni, Beloni, Spini e altri.

Le Brigate del popolo del Bergamasco, guidate spiritualmente dal professore don Carlo Cremaschi e organizzate dai cattolici Apice e Antonio Cavalli (futuro deputato democristiano), inquadrarono circa 300 partigiani, ordinati in 5 gruppi (« Albenza », « Bassari », «Pontida», « Serio » e « Bronzone »). Nell'agosto 1944 una di queste formazioni accolse il generale Raffaele Cadorna paracadutato a Ranzanico. Esse ricevettero anche rifornimenti aviolanciati e subirono vari rastrellamenti.

I caduti

Nel corso della lotta le Brigate del popolo ebbero complessivamente 37 caduti, 56 feriti e mutilati, 39 arrestati politici.

I caduti furono: Arturo Arosio, Leo Barattini, Salvatore Barbieri, Umberto Biancardi, Guido Brighi, Angelo Broccolo, Angelo Bru

704



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 703

Brano: [...], però, assicurò che i deputati popolari si sarebbero impegnati per « la difesa più intensa e più valida della proporzionale ».

Assicurazione, questa ultima, di grande importanza, vista l’intenzione, palesata apertamente da Mussolini, di modificare i meccanismi elettorali nel modo che sarà poi disposto dalla famosa « legge Acerbo » (v. Elezioni prefasciste).

Questa fu l’ultima vera battaglia politica in cui si mobilitò tutto l'apparato del P.P.I. che, nell'intento di salvare l’unità interna, decise l'astensione di fronte alla legge. L’unità del partito non fu tuttavia salvata, perché alcuni esponenti popolari conservatori votarono a favo

re della legge, rompendo la disciplina di partito e schierandosi apertamente a fianco di Mussolini,

Epilogo

La meteora del P.P.I. si avviava verso la sua estinzione: di fronte alle minacce ed alle lusinghe del fascismo, il mosaico di forze cattoliche riunite dalla genialità politica di don Sturzo di sfaldò. Violentemente attaccato subito dopo il congresso di Torino, tre mesi più tardi (luglio 1923) don Sturzo fu costretto a lasciare la segreteria del partito per evitare (come scrisse) « che l’offensiva contro la Chiesa, iniziata proprio in occasione deH’atteggiamento popolare contro la riforma elettorale politica, dalle insidie e dalle minacce, andasse più oltre ». L’eredità di don Sturzo fu raccolta da un triumvirato e[...]

[...]to e, nel maggio 1924, da Alcide De Gasperi. Intanto, alla destra del partito, era sorta una compagine politica (il Centro Nazionale), formata da quei popolari che erano stati espulsi in seguito al voltafaccia operato nella votazione della « legge Acerbo » e che erano decisi a collaborare con il fascismo.

Le elezioni del 6.4.1924 sancirono (come era nelle previsioni) con il 64,9% la vittoria schiacciante del «listone fascista» (v.), mentre il P.P.I. ricevette il 9% dei suffragi. La sua esperienza politica era ormai esaurita e don Sturzo, qualche mese più tardi, dovette lasciare, esule, l’Italia. Dopo l’assassinio di Matteotti i deputati popolari aderirono alla secessione aventiniana (v. Aventino).

« Canto del cigno » del P.P.I. fu la vicenda giudiziaria di Giuseppe Donati (v.) direttore de II popoio, che ebbe il coraggio di denunciare alla magistratura, come mandante del delitto politico, il comandante in capo della polizia EmiJio De Bono. Dal 28 al 30.6.1925 si tenne a Roma il V Congresso del Partito, in un clima di semiclandestinità.

« Qualche cattolico collaborazionista — disse nella relazione introduttiva il segretario politico Alcide De Gasperi — ha tentato in questi giorni di far credere che queste linee teoretiche e pratiche del fascismo rappresentino semplicemente un contrasto coi principi e colla pratica[...]

[...]i semiclandestinità.

« Qualche cattolico collaborazionista — disse nella relazione introduttiva il segretario politico Alcide De Gasperi — ha tentato in questi giorni di far credere che queste linee teoretiche e pratiche del fascismo rappresentino semplicemente un contrasto coi principi e colla pratica del liberalismo classico [...]. È indiscutibile, invece, che esse contrastano fieramente col concetto di Stato cristiano ».

Il 9.11.1926 il P.P.I., come gli altri partiti antifascisti, fu sciolto d’autorità: dei suoi esponenti più in vista, De Gasperi, accusato di tentato espatrio clandestino e condannato,

703



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 701

Brano: [...]la specificità.

La polemica SturzoGemelli

Proprio su questo specifico tema si incentrò la polemica tra don Sturzo e padre Agostino Gemelli (il futuro fondatore della Università Cattolica del Sacro Cuore), che movimentò i primi mesi di vita del Partito popolare.

All’inizio del 1919 apparve presso l’editrice Vita e Pensiero di Milano un opuscolo, a opera dello stesso padre Gemelli e di don Francesco Olgiati, dal titolo: « Il programma del P.P.I.. Come è e come dovrebbe essere ». Gli autori rivendicavano per il neonato partito una maggior esplicitazione del carattere « cattolico »: « Il partito — scrivevano tra l’altro — non è il rappresentante né l’esponente dell’Azione Cattolica; ma ciò non toglie che [...] esso dev'essere pervaso, informato, vivificato dall’anima cristiana. E siccome in Italia, quando si parla di Cristianesimo, non si intende certo né il Cristianesimo luterano e neppure il Cristianesimo elettorale di nuovo conio, noi, una volta per sempre, dichiariamo che, parlando di principi cristiani, di anima cristiana, di Cris[...]

[...]sponente dell’Azione Cattolica; ma ciò non toglie che [...] esso dev'essere pervaso, informato, vivificato dall’anima cristiana. E siccome in Italia, quando si parla di Cristianesimo, non si intende certo né il Cristianesimo luterano e neppure il Cristianesimo elettorale di nuovo conio, noi, una volta per sempre, dichiariamo che, parlando di principi cristiani, di anima cristiana, di Cristianesimo, intendiamo parlare del Cattolicesimo romano. Il P.P.I., invece di agitare fieramente e senza paura la bandiera dei principi cristiani (che costituiscono la anima vivificatrice del suo programma), cerca di nasconderla in soffitta e di farla dimenticare. Con la preoccupazione di guadagnare qualche tesserato in più, si tenta di rendere lettera morta le belle parole dell”'Appello" ed il primo articolo dello "Statuto". Si procura di far tutto per far dimenticare che il programma del Partito dev'essere cristianamente ispirato. E perciò, nonostante il numero degli aderenti, manca in molti luoghi quell’ardore di vita e di entusiasmo che conferisce ad un [...]

[...]re qualche tesserato in più, si tenta di rendere lettera morta le belle parole dell”'Appello" ed il primo articolo dello "Statuto". Si procura di far tutto per far dimenticare che il programma del Partito dev'essere cristianamente ispirato. E perciò, nonostante il numero degli aderenti, manca in molti luoghi quell’ardore di vita e di entusiasmo che conferisce ad un partito una forza irresistibile e travolgente. Noi vorremmo, al contrario, che il P.P.I. affermasse maggiormente, o meglio, più decisamente, più ampiamente, più fortemente la sua anima cristiana ».

A queste osservazioni rispose direttamente don Sturzo dalla tribuna del primo Congresso del partito, apertosi a Bologna il 14.6.1919; egli esordì spiegando, come si è già ricordato, il motivo della scelta del nome e, pur premettendo che « sarebbe da ciò illogico dedurre che noi cadiamo nell’errore del liberalismo, che reputa la religione un semplice affare di coscienza, e cerca quindi nello Stato laico un principio informatore della morale pubblica », affermò decisamente: « Ma noi n[...]

[...]o essere emanazione e dipendenza di organismi ecclesiastici, né possiamo avvalorare della forza della Chiesa la nostra azione politica, sia in Parlamento che fuori dal Parlamento, nella organizzazione e nella tattica del partito, nelle diversità e nelle forti battaglie, che solo in nome nostro dobbiamo e possiamo combattere, sul me

desimo terreno degli altri partiti con noi in contrasto ».

Espressione del mondo cattolico

In effetti, nel P.P.I. convivevano le diverse anime del mondo cattolico italiano.

A tale riguardo, scrive Giorgio Vecchio in un recente studio («La d.c. in Europa»): « Sturzo funse in verità da catalizzatore delle diverse tendenze e delle diverse spinte che conducevano al partito e seppe proporre un disegno unificante, valido almeno sulla carta, e in una situazione normale pienamente coerente. Attorno alla sua idea vennero così a confluire tutte le varie esperienze del mondo cattolico ufficiale e non: vecchi deputati più o meno moderati come Meda, Longinotti, Micheli, Nava; giovani passati attraverso l’esperienz[...]

[...]guenza, d’aderire ai blocchi clericomoderati retaggio del Patto Gentiioni.

« Le difficoltà — scriverà don Sturzo — erano enormi: il passato clericomoderato di molte regioni d’Italia pesava su quelli che venivano dall’antica azione elettorale dei cattolici ».

Il Congresso di Bologna si concluse con la nomina della Direzione e del Consiglio nazionale del Partito, di cui don Sturzo fu riconfermato segretario.

Secondo partito italiano

Il P.P.I. si presentò alle elezioni del 16.11.1919, le prime dopo l’introduzione del sistema proporzionale, forte di liste proprie e di un programma ben definito che, in linea di massima, non si discostava da quello concordato in occasione della presentazione del partito stesso, undici mesi prima.

Programma elettorale del 1919 « 1. Integrità della famiglia. Tutela della moralità pubblica, assistenza e protezione dell’infanzia, ricerca della paternità.

2. Libertà d’insegnamento in ogni grado. Riforma scolastica. Lotta contro l’analfabetismo. Diffusione dell’istruzione professionale.

3. Riconosc[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 625

Brano: [...]Unione Popolare e qui si legò a don Luigi Sturzo, iniziando la propria carriera politica.

Dirigente del Partito Popolare

Già nel congresso di Venezia Spataro era entrato a far parte dei massimi dirigenti del Partito popolare italiano come consigliere nazionale e, poco dopo, fu nominato da Sturzo vice segretario politico nazionale del partito. Nei confronti del montante fascismo, con cui sera subito scontrato, prima nella F.U.C.I. e poi nel P.P.I., egli non mostrò nessun tentennamento, anche per la stretta collaborazione con Sturzo, dal quale continuava a farsi consigliare dopo le dimissioni di questo da segretario.

Entrato nel “triumvirato” direttivo insieme a Giovanni Gronchi e Giulio Rodino, Spataro organizzò soprattutto il settore della stampa di partito e in particolare la pubblicazione de II Popolo, affidato alla direzione di Giuseppe Donati. Durante le vicende giudiziarie seguite all 'assassinio di don Minzoni e nella campagna elettorale del 1924, il giornale difese i principi democratici sia contro i fascisti sia contro i cl[...]

[...]gretario generale, in tale ruolo intessé i rapporti coi partiti antifascisti che, all'indomani dell’uccisione di Matteotti, lo elessero segretario dell'istituito Comitato centrale in seguito alla scelta aventiniana (v. Aventino).

Con l’abolizione delle libertà democratiche, d’accordo con De Gasperi e con quanti si rendevano conto dell’infausto periodo politico che si preparava nella storia italiana, Spataro organizzò l'ultimo congresso

del P.P.I. a Roma (2830.6.1925). Sciolto di autorità il partito nel novembre 1926, rimase a Spataro il peso dei debiti contratti nella difficile gestione; debiti che vennero da lui liquidati poco a poco anche con le offerte raccolte fra i vecchi popolari rimasti fedeli. Dopo di che Spataro, fra mille difficoltà, riprese modestamente a esercitare la professione d’avvocato per non assoggettarsi al fascismo di cui naturalmente rifiutava la tessera. La sua casa, negli anni a seguire, doveva diventare un segreto punto di riferimento per alcuni autorevoli antifascisti cattolici, specie in certe date di festeg[...]

[...] amministrativo. Il suo nome infine è rimasto legato a due enti di diversa natura: alla R.A.I. (194650) e all’istituto superiore di studi intitolato a Luigi Sturzo, di cui fu il primo presidente dal 1964.

Bibliografia: Le sue carte d'archivio e le sue corrispondenze durante il periodo fascista sono in parte conservate presso i familiari e in parte presso l’istituto Sturzo. Oltre a ciò, S. ha lasciato un’apprezzabile memorialistica relativa al P.P.I. e alla D.C.: I democratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano, 1975 e De Gasperi e il P.P.I., Roma 1975.

L'importanza da lui avuta, tra le due guerre e nella clandestinità, per la difesa del patrimonio sturziano, è più o meno ampiamente sottolineata dalle varie storie della D.C., oltreché da saggi specifici come La terza pagina del “Popolo”, a cura di L. Bedeschi, Roma 1973 e G. Marcucci Fanello, Storia della FUCI, Roma 1971. Per il suo impegno nella Resistenza cfr. G. Intersimone, Cattolici nella resistenza romana, Roma 1976; E. Piscitelli, Storia della Resistenza romana, Bari 1965 e anche F. Monteleone, Storia della Rai dagli Alleati alla DC (194454), Bari 1984.

La sua attivi[...]

[...]e La terza pagina del “Popolo”, a cura di L. Bedeschi, Roma 1973 e G. Marcucci Fanello, Storia della FUCI, Roma 1971. Per il suo impegno nella Resistenza cfr. G. Intersimone, Cattolici nella resistenza romana, Roma 1976; E. Piscitelli, Storia della Resistenza romana, Bari 1965 e anche F. Monteleone, Storia della Rai dagli Alleati alla DC (194454), Bari 1984.

La sua attività di dirigente nel partito è riscontrabile negli Atti dei Congressi del PPI, a cura di F. Malgeri, Brescia 1969; L. Sturzo, Scritti inediti (19241940) a cura di L. Rizzi, Roma 1975, voli. 2° e 3°; G. Tupini, I democratici cristiani. Cronache di dieci anni, Milano 1954.

Per un giudizio storico politico del personaggio nella sua complessità cfr. G. De Rosa, Giuseppe Spataro. Dal Partito Popolare alla Democrazia Cristiana, in “Sociologia”, maggiodicembre 1971, pp. 3952.

L.Bed.

Spazzoli, Antonio

Tonino. Medaglia d’oro al valor militare. N. a Coccolia (Ravenna) il 2.6.1899, ivi m. il 19.8.1944. Repubblicano interventista, fu volontario nella Prima guerra mondi[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 301

Brano: [...]ficienza per i cattolici di un riferimento di tipo elettorale verso i partiti non programmaticamente antireligiosi. All’individuazione di un più preciso volto politico contribuì il notista politico don Luigi Tognola che può definirsi il portavoce ufficiale del Partito popolare a Varese.

Agli inizi del 1919 la notizia della fondazione di questo partito incontrò a Varese entusiasti sostenitori e il “Luce” ne fu attivo propagandista. In città il P.P.I. nacque l’1.3. 1919, su spinta dell’Unione Cattolica e deU’Ufficio del lavoro, con il sostegno di tutti i circoli del circondario. Il gruppo dirigente era composto da Ambrogio Reggiori, Giuseppe Agazzi, Carlo Bocca, Gerolamo Pozzi, Attilio Campiotti, Car

lo Pasquale Monti, Camillo lanini e

un non meglio specificato cavalier Bianchi.

Assai aspri furono subito i rapporti con i socialisti. Ai contraddittori pubblici dei primi mesi fecero seguito scontri di una certa violenza: a Besozzo, il 4.5.1919, si videro bastoni e coltelli. Poco meditata può inoltre definirsi la battaglia condotta d[...]

[...]o meditata può inoltre definirsi la battaglia condotta dai popolari contro l’amministrazione socialista che, nel 1921, aveva conquistato il Comune di Varese. Essa venne difatti a sommarsi all’attacco condotto dalle forze moderate sconfitte alle elezioni, a quel

lo del quotidiano “Cronaca Prealpina” e alle azioni squadristiche dei fascisti che giunsero al punto di occupare il Municipio.

Si è scritto di recente: « Negli anni di esistenza del P.P.I. varesino non è dato di assistere ad un serio lavoro di maturazione culturale e politica dei suoi aderenti [...] In tale situazione l'azione del P.P.I. varesino resta per quasi tutto il tempo della sua esistenza a livello meramente pragmaticoelettoralistico, senza esprimere una capacità di seria riflessione culturale e senza un’adeguata precisazione della propria identità pubblica ».

Questi limiti di formazione dei popolari varesini divennero evidenti al momento dell’ascesa del fascismo. Nonostante la coerenza morale e anche politica di alcuni suoi esponenti (don Tognola, Carlo Monti e Jacini), la maggior parte degli aderenti al partito si tirò in disparte; alcuni addirittura entrarono nel “listone” fascista.

Una chiara denuncia dei pe[...]

[...]anche politica di alcuni suoi esponenti (don Tognola, Carlo Monti e Jacini), la maggior parte degli aderenti al partito si tirò in disparte; alcuni addirittura entrarono nel “listone” fascista.

Una chiara denuncia dei pericoli rappresentati dal fascismo era stata peraltro fatta da don Tognola nel febbraio del 1921 su “Luce”: sconfitto il bolscevismo « vedremo il fascismo lanciarsi contro le nostre istituzioni politiche ed economiiVie [...] Troppi, troppi sono i sintomi che ci autorizzano a guardare con pessimismo l'avvenire ». Ancora don Tognola ebbe il coraggio di additare « chi crea un esercito di milizie extralegali, e procede a mobilitazioni e ad invasioni, ad occupazioni, assalta municipi, sopprime organizzazioni proletarie, distrugge cooperative, viola i domicili delle persone valendosi soprattutto dell'inqualificabile debolezza delle autorità statali ».

Momento culminante dell’opposizione al fascismo fu, per i popolari varesini, la manifestazione del 15. 10.1922, ma non furono più di 500 le persone che scesero in piazza.

Il Parti[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 178

Brano: [...]tenne nella Camera dei deputati; nella quale rimase regolarmente confermato anche nelle successive elezioni, sempre come esponente del partito sturziano e rappresentante delle popolazioni della Bassa marchigiana.

Contro il fascismo

Di fronte alla politica mussoliniana non pare che U. Tupini abbia mai avuto momenti di incertezza nel coglierne le componenti antidemocratiche; e ciò anche prima del Congresso di Torino nel quale, com’è noto, il P.P.I. si dissociava da ogni forma di “collaborazionismo”. Col gruppo “popolare” aderì poi alla secessione aventiniana (v. Aventino) — cui dedicherà un acuto saggio politico — scontando tale decisione di lì a poco con l’annullamento del mandato parlamentare da parte del Governo fascista ed in seguito con l’arresto per atti compiuti contro il regime di Mussolini. Prosciolto in tribunale da tali accuse, ritornò al suo lavoro di avvocato e all’associazionismo cattolico secondo le forme allora tollerate. Qui ebbe modo di mantenere prudentemente i contatti con alcuni ex popolari, vittime della stessa sit[...]

[...]indaco di Roma per un biennio (195658), durante il quale, per l’abnorme fenomeno dell’urbanizzazione che stava investendo la Capitale, l’edilizia privata e pubblica in piena espansione non pare abbiano fatto molta attenzione alla difesa ambientale e artistica.

Bibliografia: per gli interventi di U. Tupini in sede parlamentare si rimanda agli Atti della Camera e del Senato. Brevi cenni biografici nelle varie storie del movimento cattolico, del P.P.I. e della D.C.. In particolare si vedano Gli Atti dei Congressi del P.P.I., a cura di F. Malgeri, Brescia 1969; Atti e documenti cristiani della DC (194367), a cura di A. Damilano, Roma 1968; G. Spataro, / democratici cristiani dalla dittatura alla repubblica, Milano 1968. Il suo pensiero religioso e politico è riscontrabile negli scritti e nei discorsi pubblicati a cura di A. Ciabattoni e P.G. Fabiani, Cinquantanni di vita pubblica di U. Tupini, Roma 1958.

L.Be.

Turani, Arturo

N. a Bergamo il 29.9.1888, ivi m. il 23.3.1944; architetto.

Dopo l’8 settembre prese parte attiva alla Guerra di liberazione, organizzando il primo nucleo della Brigata “Matteotti[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 83

Brano: [...]n Luigi Sturzo (v.), punta di diamante del

lo schieramento politico cattolico, a questo proposito si esprimeva così: « Per noi lo Stato è la società organizzata politicamente per raggiungere fini specifici; esso non sopprime, non annulla, non crea i diritti naturali dell'uomo, della famiglia, della classe, dei comuni, della religione; soltanto li riconosce, li tutela, li coordina, nei limiti della propria funzione politica » (IV Congresso del P.P.I., Torino, 1214.4.1923).

Dura si presentò la replica fascista attraverso Il Popolo d'Italia. Secondo l’organo ufficiale del P.N.F., il « prete di Caltagirone » non possedeva « anima romana », bensì « mentalità di pastore e di professione protestante ». I fascisti volevano in tal modo perseguire due obiettivi: etichettare un nemico giurato e isolarlo dal suo stesso ambiente, obiettivi raggiunti in brevissimo tempo grazie alla sostanziale resa delle autorità ecclesiastiche.

Il fascismo, ovviamente, non aveva alcun interesse a scontrarsi con la gerarchia vaticana, verso la quale si rivolgeva[...]

[...]va ventata politica si sarebbe adeguata alla realtà istituzionale stemperando il residuo estremismo. A tenere alta la bandiera delle libertà democratiche in campo cattolico restava, solo e isolato, il Partito Popolare (v.), tanto a livello di vertice (la segreteria nazionale) quanto la base (i circoli locali), mentre a livello di Gruppo parlamentare lo stesso partito si esprimeva in termini incerti. A Torino, comunque, nella primavera

1923 il P.P.I. seppe offrire una memorabile assise, al punto di essere definita tout court il « primo congresso antifascista ».

In tale occasione, difatti, « Sturzo riuscì a disincagliare il partito dalla collaborazione al governo Mussolini, a rimettere il partito in un rapporto più diretto con la propria base e a delineare con maggiore chiarezza le ragioni della sua opposizione al fascismo » (Gabriele De Rosa, “Sturzo”, Torino 1977).

Violenze squadriste

La struttura religiosapolitica che fiancheggiava i popolari, a questo punto, divenne oggetto di dure rappresaglie da parte squadrista: circoli dev[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 193

Brano: [...]artiti aventiniani, ma anche di associazioni democratiche apartitiche, ebbero vita più o meno lunga e più o meno intensa, ma in qualche città operarono seriamente e furono un anticipo di quelli che dovevano essere, vent’anni dopo, i C.L.N.. Sorsero nuove organizzazioni antifasciste, fra cui merita di essere ricordata L’Italia libera, organizzazione di combattenti antifascisti, che fu forse l’elemento più attivistico di quel periodo; e anche i Gruppi goliardici per la libertà, che si formarono in numerosi atenei e in qualcuno dei quali, come per esempio in quello milanese,

conquistarono in libere elezioni la maggioranza dellorganismo universitario.

Le polemiche ai vertici

Ai vertici, invece, nelle direzioni romane, era impossibile mettere d'accordo i partili aventiniani su una azione comune e l’Aventino si riduceva ad una vuota protesta e ad una vana attesa. Alcuni dirigenti per convinzione sincera, altri forse per pavidità, preferivano pensare che un processo irreversibile di dissoluzione della maggioranza fosse in atto e che un[...]

[...]
o dei militari, naturalmente per decisione del re.

Fu per cominciare a dare una prospettiva all'Aventino che Turati diede il 1° luglio un’intervista al Popo

lo, organo del Partito popolare, in cui riprendeva il tema di una possibile collaborazione governativa fra socialisti e popolari, intorno alla quale si era già inutilmente discusso in passato. Alla proposta fece eco favorevole De Gasperi, in una riunione dei segretari provinciali del P.P.I. del 16 luglio; ma fu pronta la reazione dei gesuiti che, nella Civiltà cattolica del 2 agosto, dichiararono « inopportuna » la presa di posizione di De Gasperi e fecero invece l’elogio dei « nobili propositi » manifestati dal ministro dell’interno Federzoni, e delle direttive del governo fascista « circa la religione ». Nella polemica interveniva successivamente lo stesso papa Pio XI, prendendo posizione contro la ventilata collaborazione; e, ai tentativi del « Popolo » di dare un'interpretazione generica alle parole del papa, replicava {'Osservatore Romano, ribadendo in modo perentorio che n[...]

[...]olo » di dare un'interpretazione generica alle parole del papa, replicava {'Osservatore Romano, ribadendo in modo perentorio che nessun cattolico avrebbe potuto approvare la collaborazione con i socialisti, « col pretesto » di opporsi alle violenze fasciste. Questi moniti della Chiesa trovarono larga eco anche nei deputati popolari, nonostante che De Gasperi e il coraggioso direttore del « Popo

lo », Giuseppe Donati, si battessero per dare al P.P.I. una ferma e coerente impostazione antifascista.

La ripresa del fascismo

La mancanza di prospettive e le incertezze aventiniane favorirono naturalmente il gioco mussoliniano e la ripresa del fascismo. Subito all’indomani del delitto, Mussolini si era sforzato di negare ogni responsabilità e di promettere piena luce e giustizia; al tempo stesso, aveva affermato che respingeva qualsiasi speculazione politica, qualsiasi tentativo di allargare la sfera delle responsabilità. Ne erano seguiti appelli alla concordia, alla pacificazione degli animi; ma per stabilire la concordia era necessario l[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 136

Brano: [...]onuncia il suo famoso discorso interventista a Quarto (Genova) il 5.5.1915

to dalle sue posizioni: il transfuga fu isolato e battuto, così VAvanti! (v.), sotto la direzione di Giacinto Menotti Serrati, continuò a lottare per tener l’Italia fuori dal conflitto e poi per mantenere il partito socialista su posizioni di non adesione alla guerra. La questione della rivoluzione non fu posta, nel

1915 e nel 1916, né dalla Direzione né da altri gruppi: si pensava, in generale, che la lotta per il socialismo sarebbe ripresa alla fine del conflitto.

D’altra parte, nel corso della guerra, l’attività politica divenne più difficile. La mobilitazione di varie industrie nella produzione bellica aveva assoggettato una parte del proletariato urbano alla disciplina militare; il fatto poi che numerosi operai, per le stesse necessità della produzione, fossero tenuti lontani dal fronte, aveva scavato un solco d’incomprensione tra essi e i contadini che formavano il grosso della fanteria.

Tali difficoltà oggettive non devono però portare a sottova[...]

[...] industrie nella produzione bellica aveva assoggettato una parte del proletariato urbano alla disciplina militare; il fatto poi che numerosi operai, per le stesse necessità della produzione, fossero tenuti lontani dal fronte, aveva scavato un solco d’incomprensione tra essi e i contadini che formavano il grosso della fanteria.

Tali difficoltà oggettive non devono però portare a sottovalutare la debolezza di direzione che vi fu da parte dei gruppi dirigenti socialisti, i quali non tentarono né di portare il proletariato urbano alla rivoluzione né di svolgere un’efficace attività propagandistica verso i contadini. Nel corso del conflitto, questi ultimi sentirono spesso ripetere la parola d’ordine « la terra ai contadini », ma ad adoperarla era la borghesia, con chiaro intendimento strumentale.

Gli avvenimenti del 1917 misero in movimento la situazione: la rivolta di Torino e le due rivoluzioni russe del febbraio e dell'ottobre riproposero con forza all’attenzione dei dirigenti del P.S.I. la

questione della presa del potere. La sco[...]

[...]lezioni un grande successo: 156 deputati socialisti entrarono alla Camera. Accanto ad essi c’erano 100 deputati popolari. La fondazione del Partito popolare italiano (v.), avvenuta nel 1919, aveva portato dunque sulla scena po

litica un’altra grande forza che, in teoria, si poneva al di fuori dello stato liberale e contro di esso. Ma si trattava di una forza che, pur avendo un’ala sinistra guidata da Guido Miglioli (v.), era poi diretta da gruppi moderati e conservatori. In realtà l’attività politica del P.P.I., che si presentava come rappresentante del ceto medio e dei contadini, era diretta in funzione essenzialmente antisocialista: se i fondamenti ideologici su cui essa poggiava erano decisamente antiliberali, sul piano pratico l’azione dei popolari trovò un punto di saldatura con quella delle forze liberali proprio nella comunanza di interessi antisocialisti.

Occupazione delle fabbriche (1920)

L’affermazione elettorale del P.S.I. e del P.P.I. venne a mutare profondamente i vecchi rapporti di forza parlamentari, ma non pose in termini veramente nuovi la questione del potere. La direzione massimalista del P.S.I. continuava a credere e ad affermare necessaria ed imminente la rivoluzione, ma non intervenne attivamente nemmeno nelle lotte proletarie che si svolsero nel 1920.

La battaglia più importante si ebbe con l’occupazione delle fabbriche che fu preceduta, a Torino, da un grande sciopero dei metallurgici svoltosi nell’aprile e finito con la sconfitta del proletariato. Nell’agosto, in risposta ad una serrata padronale, gli opera[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 564

Brano: [...]ano riunendosi in assemblee e congressi periodici.

La F.U.C.I. e il fascismo

Particolarmente illuminata fu negli anni 191012 la presidenza di Francesco Luigi Ferrari (v.), un laico che avrebbe dato filo da torcere al regime fascista come esponente del Partito Popolare di don Luigi Sturzo. Alla vigilia della Prima guerra mondiale la Fuci, dopo un tentennamento filonazionalista condannò questo atteggiamento. Al termine della guerra, tra i gruppi della Fuci si segnalò per vivacità a Brescia (v.) quello della “Fionda”, tra le fila del quale erano personaggi della tempra di padre Bevilacqua e di Ludovico e Giovan Battista Montini (v. Paolo VI).

Molti fucini confluirono nel P.P.I., tra questi Giuseppe Spataro (v.), presidente tra il 1920 e il 1922. Ma l’inclinazione politica della Fuci nel dopoguerra fu bruscamente interrotta dall'avanzare del fascismo, che si sarebbe di lì a pochi anni scontrato con l’Azione cattolica (v.) e l'intera Chiesa italiana.

All'interno della Fuci prevalse ancora una volta la linea più moderata (meno politica e meno vivace). Ma ormai lo scontro tra Fuci e Gruppi universitari fascisti (v. G.U.F.) era una realtà. Dal congresso bolognese del 1925 a tutto il 1933 la Fuci fu bersaglio quasi quotidiano delle intimidazioni e delle violenze fasciste, anche se i fucini non erano tutti dichiaratamente antifa

scisti.

Su questioni di diplomazia con il regime caddero le teste di assistenti spirituali quali don Giandomenico Pini, don Luigi Pistelli e infine lo stesso Montini. Il 1925 fu anche l'anno in cui papa Ratti (Pio XI) decretò la revisione degli statuti dell'Azione cattolica in una struttura ancor più gerarchica e controllata nelle ramificazioni. Anch[...]

[...]ifa

scisti.

Su questioni di diplomazia con il regime caddero le teste di assistenti spirituali quali don Giandomenico Pini, don Luigi Pistelli e infine lo stesso Montini. Il 1925 fu anche l'anno in cui papa Ratti (Pio XI) decretò la revisione degli statuti dell'Azione cattolica in una struttura ancor più gerarchica e controllata nelle ramificazioni. Anche i presidenti nazionali della Fuci, fino a quel momento eletti democraticamente dai gruppi, da allora in poi vennero scelti dal Romano Pontefice.

Il maggior legame tra Fuci e giunta dell'A.c. non mise al riparo i fucini dalle vessazioni fasciste. La via della Fuci sembrava tuttavia segnata: ripiegarsi sulla formazione spirituale e culturale, l'unica che concedesse spazi di libertà non controllati dal regime e dalla stessa gerarchia ecclesiastica (almeno fino a un certo punto).

Per l'intera cattolicità italiana una data spartiacque fu senz’altro il

1929, anno della stipula dei Patti Lateranensi (v.) che ponevano termine a una cinquantennale ferita: la questione romana, cioè[...]

[...]la Provvidenza”, ma al coro dei consensi non si associò più di un fucino, tra cui i vertici stessi della federazione, che ogni giorno sperimentavano nelle università la prassi dei Guf e sapevano fin troppo bene di qual tenore fosse l'ideologia che cementava gli ordini dell’uomo della Provvidenza.

Non si può dire che i fucini manifestassero dichiaratamente il loro dissenso, ma nella corrispondenza privata tra loro o con esponenti ex fucini del P.P.I. in esilio molti di essi esprimevano assai chiaramente i loro dubbi e pericoli insiti nel l'aver vincolato l'opera apostolica della chiesa, concordandola con il cavalier Benito. Essi dimostravano, come scriverà lo storico Nicola Antonetti, « di volersi giovare solo della lettera delle garanzie concordatarie » e di essere invece riluttanti nei confronti « dello spirito che ha animato la attuazione » dei Patti stessi.

La Fuci ufficiale mostrò anche nei fatti di rifiutare la protezione del regime, consapevole che la posta in gioco era il vasto campo dell’educazione giovanile e, nella fattispec[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine P.P.I., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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