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Il segmento testuale P.N.M. è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 773

Brano: [...]confitta monarchica del 2 giugno e l’avvento della repubblica segnarono infatti la fine del P.D.I..

Il Partito nazionale monarchico

Mentre VUnione monarchica italiana, associazione presieduta da Tullio Benedetti, si attribuiva la funzione di centro di raccolta dei monarchici indipendentemente dalle loro affiliazioni partitiche, la rappresentanza vera e propria dell’idea monarchica nel quadro nazionale passò al Partito nazionale monarchico (P.N.M.) di Alfredo Covelli, tipico raggruppamento clientelare nel Mezzogiorno e a base ristrettissima nel Nord e Centro Italia, ove più che altro si ritrovarono aristocratici e ufficiali in pensione, anacronistici e talora patetici ex dipendenti di casa Savoia.

Il lancio, da parte della D.C. e delle destre, della crociata anticomunista che doveva sfociare nelle elezioni del 18.4.1948, collocò naturalmente il partito di Covelli nell'onda della mareggiata reazionaria. Il leader della formazione monarchica comprese che l'unico ruo

lo al quale il suo partito si poteva aggrappare — oltre a quello d[...]

[...]8, collocò naturalmente il partito di Covelli nell'onda della mareggiata reazionaria. Il leader della formazione monarchica comprese che l'unico ruo

lo al quale il suo partito si poteva aggrappare — oltre a quello di parziale rappresentante delle nostalgie sabaude — consisteva nel raccogliere le spinte di destra degli strati borbonici del Mezzogiorno, da affiancare al più ampio e robusto movimento controllato dalla

D.C.: a tempo debito, il P.N.M. avrebbe poi tratto i vantaggi possibili da questa posizione di alleato di fatto della forza traente del fronte conservatore. Tuttavia il P.N.M. evitò prudentemente di misurarsi in modo autonomo di fronte all'elettorato e preferì unirsi ai liberali nel «Blocco Nazionale », al ? quale il 18.4.1948 le urne assegnarono 1.001.150 voti e 18 seggi. La successiva, decisa conversione a destra della D.C., concretizzatasi nel « centrismo » scelbiano e diretta a imprimere un corso autoritario alla politica governativa, offrì poi nuovi spazi di manovra a tutto il fronte reazionario, fino al neofascismo organizzato nelle file del M.S.I. (v. Movimento sociale italiano].

Il 9.4.1949, dalTesilio di Cascais, Umberto di Savoia designò ufficialmente [...]

[...] le urne assegnarono 1.001.150 voti e 18 seggi. La successiva, decisa conversione a destra della D.C., concretizzatasi nel « centrismo » scelbiano e diretta a imprimere un corso autoritario alla politica governativa, offrì poi nuovi spazi di manovra a tutto il fronte reazionario, fino al neofascismo organizzato nelle file del M.S.I. (v. Movimento sociale italiano].

Il 9.4.1949, dalTesilio di Cascais, Umberto di Savoia designò ufficialmente il P.N.M. come la formazione politica cui era affidata la « difesa della monarchia ». Nel dicembre successivo, al congresso nazionale del partito, i monarchici proclamavano senza ambagi la necessità che la D.C. e il governo De Gasperi riconoscessero in loro la vera for

za in grado di concorrere a quell'alternativa « nazionale » in cui doveva trovare sbocco la spinta clericale, liberandosi di alleati quali i socialdemocratici e i liberali. In questa manovra, caldeggiata dalla Azione Cattolica di Luigi Gedda e da circoli assai prossimi al pontefice Pio XII, la frenesia anticomunista riportava a galla [...]

[...]cessero in loro la vera for

za in grado di concorrere a quell'alternativa « nazionale » in cui doveva trovare sbocco la spinta clericale, liberandosi di alleati quali i socialdemocratici e i liberali. In questa manovra, caldeggiata dalla Azione Cattolica di Luigi Gedda e da circoli assai prossimi al pontefice Pio XII, la frenesia anticomunista riportava a galla tutte le scorie deH'avventurismo affaristico e politico.

Il « laurismo »

Nel P.N.M., accanto a Covelli, salì da quel momento ai fasti della leadership politica l’armatore napoletano Achille Lauro (v.), già espropriato della sua flotta mercantile per collaborazionismo e illeciti profitti di guerra, ma tornato in men che non si dica al vertice della scala armatoriale e di quella del mondo finanziario grazie a complicati e oscuri maneggi. Con Lauro, il Partito monarchico resuscitava le forme del « lazzaronismo » borbonico, buttando sulla bilancia della lotta e del costume politico strumenti di corruzione di massa che facevano leva sulla miseria del sottoproletariato meridionale[...]

[...]essi speculativi: la città di Napoli, che avrebbe avuto a proprio sindaco il « comandante » Lauro, sarebbe stata il teatro principale e la principale vittima di queste pratiche; che le avrebbero lasciato un fardello immane di dissesti di bilancio comunale e di vandaliche soluzioni urbanistiche.

La guerra fredda e, nell'estate 1950,

10 scoppio della guerra in Corea, intensificando la pressione di destra nel Paese ringalluzzirono anche

11 P.N.M., il quale cominciò ormai a proporsi come fattore di unificazione dell’intera destra nostalgica sotto la tutela del binomio LauroCovelli. In tal caso, il «potere contrattuale » verso la D.C. dominata da spinte clericoreazionarie si sarebbe senza dubbio rafforzato e i dirigenti del P.N.M. avrebbero potuto porre una precisa ipoteca sul governo.

Calcoli analoghi si avevano all'interno del M.S.I., specie nel gruppo dirigente formato da Arturo Michelini e Augusto De Marsanich. Monarchici e missini trattarono perciò un patto di unità d’azione che fu reso pubblico nel dicembre del 1950 e che l’ex ministro fascista Giuseppe Bottai definì « uno splendido inizio », ovviamente per riporta



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 774

Brano: [...] 25.5.1952. In centri come Salerno, Cerignola, Andria e altrove la D.C. consacrò ufficialmente questa alleanza, seppure camuffando la propria presenza sotto l’insegna « civica ».

Il caso che fece più rumore fu però quello di Roma, dove don Luigi

Manifesto del P.C.I. contro l’alleanza clerteomonarcofascista (1963)

Sturzo in persona si fece promotore della « lista civica » comprendente, accanto ai democristiani, candidati del M.S.I. e del P.N.M.. L’« operazione Sturzo », contrabbandata come l’estremo tentativo di impedire che Roma, sede del pontefice e cuore della Chiesa cattolica, « divenisse una succursale di Mosca, una serva obbediente del Cremlino », incontrò resistenze nel P.L.I., nel P.R.I., nel P.S.D.I., e qualche tentennamento anche nelle file democristiane, sicché fu abbandonata. Nonostante le smentite postume, tutto il retroscena di questa operazione fu presto noto: del resto sin dal 5 aprile il presidente del P.N.M. Achille Lauro aveva rivelato in una intervista i contatti avuti con la D.C. perché l’intesa elettorale fosse[...]

[...]andata come l’estremo tentativo di impedire che Roma, sede del pontefice e cuore della Chiesa cattolica, « divenisse una succursale di Mosca, una serva obbediente del Cremlino », incontrò resistenze nel P.L.I., nel P.R.I., nel P.S.D.I., e qualche tentennamento anche nelle file democristiane, sicché fu abbandonata. Nonostante le smentite postume, tutto il retroscena di questa operazione fu presto noto: del resto sin dal 5 aprile il presidente del P.N.M. Achille Lauro aveva rivelato in una intervista i contatti avuti con la D.C. perché l’intesa elettorale fosse valida dovunque, progetti falliti solo per il fatto che la Direzione democristiana pretendeva che l’alleanza non fosse allargata in modo dichiarato al M.S.I..

La tattica elettorale della D.C. per sfaldare a proprio tornaconto lo schieramento di estrema destra si era concentrata anche sulle manovre scissionistiche all’interno del variopinto paesaggio monarchico. Il P.N.M. registrò così diverse diaspore locali. Un buon numero di suoi ex iscritti si ritrovò nel Fronte monarchico, costi[...]

[...]in una intervista i contatti avuti con la D.C. perché l’intesa elettorale fosse valida dovunque, progetti falliti solo per il fatto che la Direzione democristiana pretendeva che l’alleanza non fosse allargata in modo dichiarato al M.S.I..

La tattica elettorale della D.C. per sfaldare a proprio tornaconto lo schieramento di estrema destra si era concentrata anche sulle manovre scissionistiche all’interno del variopinto paesaggio monarchico. Il P.N.M. registrò così diverse diaspore locali. Un buon numero di suoi ex iscritti si ritrovò nel Fronte monarchico, costituito dagli onorevoli Alliata, Marchesano, Consiglio, Coppa, e rappresentativo soprattutto di collusioni tra gruppi clientelari della destra meridionale.

In quel clima di arroventati appelli al raduno delle forze anticomuniste, il P.N.M. vide allargare i propri margini di azione e di parossistica campagna demagogica. I metodi laurini poterono sfrenarsi, impiegando strumenti di corruzione indecorosi e una volta di più indirizzati a carpire consensi nel sottoproletariato meridionale. I fiduciari del « comandante » rovesciarono sull’elettorato del Sud quantitativi enormi di pasta alimentare,, migliaia di scarpe spaiate (« Una scarpa subito, l’altra dopo il voto », era la promessa fatta dai galoppini elettorali), e di portafogli di plastica contenenti ciascuno un biglietto da mille lire.

I miliardi profusi e l’infuocata atmosf[...]

[...]ioni e ridurre gli alleati a semplici e docili comparse.

In una intervista al « Gazzettino Veneto » del 3.9.1952, De Gasperi stesso non esitò a lasciar intendere che la restaurazione monarchica era tecnicamente possibile: il che, tuttavia, aggiunse, rimaneva una ipotesi per il futuro, mentre per il presente il dovere dei fedeli sabaudi consisteva nel non disertare la lotta da condursi contro il comuniSmo. In altri termini, la D.C. blandiva il P.N.M. e nello stesso tempo chiamava l’elettorato monarchico a riservare i propri suffragi al blocco da lei guidato, facendogli balenare la possibilità che si pervenisse a un capovolgimento istituzionale.

Lauro e Covelli, dal canto loro, rinnovarono le istanze alla Chiesa perché accentuasse il proprio intervento sulla D.C. ai fini di unaintesa tra il blocco di centro e quel

lo di destra, sostenendo che neppure la « legge truffa » (contro cui votarono) avrebbe permesso al primo di assicurarsi il 51% dei voti.

In un certo senso, la profezia monarchica si avverò, poiché l’obiettivo democristia[...]

[...]olgimento istituzionale.

Lauro e Covelli, dal canto loro, rinnovarono le istanze alla Chiesa perché accentuasse il proprio intervento sulla D.C. ai fini di unaintesa tra il blocco di centro e quel

lo di destra, sostenendo che neppure la « legge truffa » (contro cui votarono) avrebbe permesso al primo di assicurarsi il 51% dei voti.

In un certo senso, la profezia monarchica si avverò, poiché l’obiettivo democristiano non fu raggiunto. Il P.N.M. conquistò ben 1.854.850 voti, pari al 6,8% del totale dei suffragi, e ottenne 40 seggi alla Camera. La sconfitta della « legge truffa » inaugurò una crisi nel vecchio equilibrio degasperiano che il leader della D.C. cercò di tamponare per rimettersi alla guida di un gabinetto quadripartito: ma, dopo convulse trattative e una crisi durata l’intera estate del 1953, egli riuscì soltanto a rabberciare un « monocolore » che, non avendo più la D.C. la maggioranza in Parlamento, poteva contare unicamente sull’appoggio del P.N.M..

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[...]ttenne 40 seggi alla Camera. La sconfitta della « legge truffa » inaugurò una crisi nel vecchio equilibrio degasperiano che il leader della D.C. cercò di tamponare per rimettersi alla guida di un gabinetto quadripartito: ma, dopo convulse trattative e una crisi durata l’intera estate del 1953, egli riuscì soltanto a rabberciare un « monocolore » che, non avendo più la D.C. la maggioranza in Parlamento, poteva contare unicamente sull’appoggio del P.N.M..

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 775

Brano: [...]ovelli, De Gasperi si trovò completamente isolato e, dopo sei anni consecutivi di presidenza del Consiglio, fu costretto a ritirarsi.

Lo scompiglio cagionato dal voto del 7 giugno causò pertanto un lento processo di rettifica delle linee di azione della D.C., anche se il « monocolore » varato da Giuseppe Pella il 17.8.1953, presentandosi ancora come una proiezione a destra della piattaforma « centrista », ottenne quindi il voto favorevole del P.N.M.. Si trattava comunque di un « governo di affari » e Pella diede a vedere di voTer condurre, nella selva delle lotte intestine della D.C., una propria linea di qualificazione. Ma il contrattacco di De ^Gasperi, alleato con Mario Scelbà, gli rese la vita difficile, anche se. in questa battaglia lo statista;trenttfio vinse sulle proprie ceneri, giacché lo sbocco fu una riedizione del « centrismo » sotto l’egida dello stesso Sceiba.

Nel turbinio delle crisi che portarono al governo ScelbaSaragat, i

monarchici si destreggiarono per mantenere il contatto con la maggioranza, riuscendovi abbast[...]

[...]e alleanze periferiche con la D.C.. Nondimeno, la crisi interna da cui era squassato il Partito monarchico stava giungendo al

lo stadio più acuto: se l’ala capeggiata da Lauro aveva fretta di trarre profitto dalle circostanze stringendo alleanze con la destra democristiana nei vecchi feudi meridionali del conservatorismo agrario, i covelliani miravano ad « alzare il prezzo » del loro appoggio alla D.C.. Infine Lauro ruppe gli indugi, uscì dal P.N.M. portandosi appresso la sua consistente clientela campana e fondò il Partito monarchico popolare (3.6.1954). Nelle elezioni amministrative del maggio 1956, il P.M.P. a Napoli travolse addirittura le altre forze politiche, riscuotendo ben 276.599 voti su 548.721 votanti. Fu, in primo luogo, un successo personale di Lauro e del « laurismo » quale tecnica di imbonimento e di corruzione, nonché di diffusione di aspettative miracolistiche in un contesto economicosociale e culturale in cui stagnavano rancori, disperazione, miserie inenarrabili di masse da sempre ridotte ai margini della vita naziona[...]

[...]aresciallo Giovanni Messe (v.), il Centro pensionati italiani, il gruppo monarchico indipendente La Mole (che esisteva soltanto a Torino), e si studiò di avere il sostegno ufficiale della Confederazione generale italiana dell'agricoltura.

Le elezioni politiche del maggio 1958 non corrisposero alle speranze monarchiche: il P.M.P. ottenne 776.919 voti, quasi tutti raccolti nel Sud e in particolare nel Napoletano, per la percentuale del 2,6%; il P.N.M. ne raccolse 659.987, per la percentuale del 2,2%. Nel 1953, uniti, i monarchici avevano raggiunto un 2% in più.

Il negativo responso delle urne indusse i monarchici a riprendere le trattative per l’unificazione dei due partiti, e questi infatti si fusero nel congresso dell’11.4.1959. La nuova formazione assunse il nome di Partito democratico italiano che più tardi, al congresso del 1961, fu trasformato in Partito democratico italiano di unità monarchica.

Il governo Segni, succeduto al gabinetto Pantani come rinnovata affermazione della linea di destra prevalente nelle forze egemoni dell[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 282

Brano: [...]prese l’attività armatoriale, facendo della sua flotta una delle più potenti d’Italia. Legato al Partito nazionale monarchico (v.), nel 1951 divenne sindaco di Napoli.

Il «■ laurismo »

Rimasto in carica fino al 1958, il « comandante » diede avvio a una serie di vistose speculazioni fondiarie e malversazioni amministrative, tali da far diventare la città partenopea simbolo di caos urbanistico e di corruzione politica. Sempre nelle liste del P.N.M., nel

1953 Lauro continuò la sua carriera politica facendosi eleggere al Senato, ma rinunciò poi alla nomina, data l’incompatibilità tra la carica di sindaco e quella di senatore, preferendo conservare la prima.

Nel giugno 1954, in seguito a divergenze di linea con il suo Partito e favorevole a una alleanza con la Democrazia Cristiana (i cui esponenti napoletani erano Silvio Gava e Giovanni Leone), Lauro lasciò il P.N.M. per fondare una nuova formazione politica che chiamò Partito monarchico popolare. Questo, nelle elezioni amministrative del 1956 raccolse più del 50 per cento dei voti. Fu il più alto trionfo del « laurismo » ottenuto facendo ricorso a plateali forme di demagogia. Costretto a dimettersi da sindaco della città nel 1958, in seguito agli ininterrotti scandali amministrativi, divenne senatore nelle elezioni politiche di quello stesso anno, ma il P.M.P. da lui costituito registrò una notevole diminuzione di adesioni. Nel tentativo di recuperare i voti perduti, i due partiti monarchici unirono allo[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine P.N.M., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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