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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 451

Brano: [...]odatate che, con tipico malcostume fascista, erano già state ampiamente introdotte a titolo formalmente onorifico (furono avviati ben 23.334 procedimenti); ma soprattutto epurò drasticamente il partito, ed assai più di quanto avessero fatto i suoi predecessori, giungendo alla cifra di circa 120.000 espulsi, equivalenti a un quinto del totale degli iscritti.

L’« era Starace »

Il 7.12.1931 ebbe inizio la segreteria più lunga nella storia del P.N.F.. A differenza di Giuriati, Achille Starace era in tutto e per tutto uomo di partito: da molti anni vicesegretario, gli venivano riconosciute capacità organizzative più che politiche, e il compito che sembrò fin dall’inizio essersi assunto fu quello dell’inquadramento degli italiani in un enorme organismo burocratico del tutto privo di influenza a livello centrale.

Caduta la linea del partito d’élite, nella nuova fase apertasi con gli anni Trenta, nella quale il regime puntava all’organizzazione diretta, dall’alto, delle masse, fu ovviamente decisa la riapertura delle iscrizioni, a partire [...]

[...] il compito che sembrò fin dall’inizio essersi assunto fu quello dell’inquadramento degli italiani in un enorme organismo burocratico del tutto privo di influenza a livello centrale.

Caduta la linea del partito d’élite, nella nuova fase apertasi con gli anni Trenta, nella quale il regime puntava all’organizzazione diretta, dall’alto, delle masse, fu ovviamente decisa la riapertura delle iscrizioni, a partire dall’ottobre 1932. Gli iscritti al P.N.F. aumentarono progressivamente nell’arco del decennio fino a raggiungere, dalla cifra iniziale di un milione circa nell’ottobre 1932, la consistenza di

2.600.000 effettivi nell’ottobre 1939, a cui si aggiungevano le 774.000 donne iscritte nei Fasci femminili.

La decisione di sancire l’obbligatorietà dell’iscrizione al partito per i candidati a concorsi statali, col suo valore di costrizione pratica tolse quasi del tutto ogni credibilità politica all’adesione al P.N.F.. Si aggiunga che dai nuovi statuti non solo veniva ribadito il rifiuto di ogni elettività nelle cariche, ma si giungeva al[...]

[...]ivamente nell’arco del decennio fino a raggiungere, dalla cifra iniziale di un milione circa nell’ottobre 1932, la consistenza di

2.600.000 effettivi nell’ottobre 1939, a cui si aggiungevano le 774.000 donne iscritte nei Fasci femminili.

La decisione di sancire l’obbligatorietà dell’iscrizione al partito per i candidati a concorsi statali, col suo valore di costrizione pratica tolse quasi del tutto ogni credibilità politica all’adesione al P.N.F.. Si aggiunga che dai nuovi statuti non solo veniva ribadito il rifiuto di ogni elettività nelle cariche, ma si giungeva alla contrazione della vita interna del P.N.F. ad una sola assemblea annuale.

Lo Statuto del 1932 esordiva con la di* chiarazione che « il P.N.F. è una Milizia civile, agli ordini del DUCE, al servizio dello Stato Fascista ».

Lo Statuto del 1938 avrebbe maggiormente enfatizzato il ruolo di Mussolini; veniva

Esibizioni di vigore fisico offerte dai gerarchi, ta il salto del cavallo (Roma, 1939)

infatti preceduto dalla voce « Fascismo » dell’Enciclopedia Treccani (che era parte integrante di esso) e, all 'art. 2, recitava: « Il Duce è il capo del P.N.F.. Impartisce gli ordini per l’azione da svolgere e, quando

10 ritiene necessario, convoca a Gran Rapporto le Gerarchie del P.N.F. ». I compiti del partito erano ridotti alla « difesa e il potenziamento della Rivoluzione fascista » e all’« educazione politica degli italiani ».

Peraltro, già prima della riapertura delle iscrizioni, il volto del P.N.F. appariva profondamente mutato quanto a dislocazione geografica e composizione sociale rispetto al partito delle origini, rispecchiando in pieno la collocazione ormai diversa del P.N.F. nel complesso della società nazionale. Le regioni nelle quali lo squadrismo si era manifestato in maniera più violenta e capillare, l’Emilia e la Toscana, venivano sopravanzate già all’inizio degli anni Trenta dalla Lombardia e dal Piemonte, mentre saliva in rapida progressione il peso delle regioni meridionali, « conquistate » dal fascismo solo dopo la « marcia su Roma » e l’avvio di una politica di fusioni e compensazioni con le consorterie dei notabili prefascisti.

La gestione del Partito fascista da parte di Starace è passata alla storia attraverso una serie di immagini,

o di vere e[...]

[...]roprie barzellette, che hanno teso a evidenziare l’aspetto più appariscente di tale gestione:

11 partito « macchina da parate », organizzatore di manifestazioni « oceaniche » e preordinate, che imponeva divise dalle fogge strane e fantasiose, nonché assurdi esercizi ginnici per dimostrare la «virilità» dei gerarchi.

Starace affron

Osservando con maggior distacco, possiamo notare anzitutto che, con la smisurata crescita dell’apparato del P.N.F. e delle sue organizzazioni collaterali, nel periodo Starace si creò per la prima volta un diffuso strato di personale politico di professione, regolarmente stipendiato e soggetto a rotazioni geografiche e mansionali notevoli, elemento di mediazione e di orientamento fra le direttive del regime e l’attività concreta degli organismi di massa che del regime stesso costituivano l’articolazione.

Inoltre, se l’elemento di « spoliticizzazione » ulteriore (rispetto al passato) che tutti hanno rilevato nell’attività del P.N.F. negli anni Trenta è innegabile, e trovò una sanzione ufficiale di subalt[...]

[...]r la prima volta un diffuso strato di personale politico di professione, regolarmente stipendiato e soggetto a rotazioni geografiche e mansionali notevoli, elemento di mediazione e di orientamento fra le direttive del regime e l’attività concreta degli organismi di massa che del regime stesso costituivano l’articolazione.

Inoltre, se l’elemento di « spoliticizzazione » ulteriore (rispetto al passato) che tutti hanno rilevato nell’attività del P.N.F. negli anni Trenta è innegabile, e trovò una sanzione ufficiale di subalternità l’11.1.1937 con la nomina del segretario del P.N.F. a ministro segretario di Stato, è pur vero che la vita di un organismo gigantesco come il P.N.F. di Starace non si risolveva unicamente nella sua pressoché nulla capacità di incidere sugli orientamenti centrali del regime, per cui sembrano troppo unilaterali le numerose interpretazioni sulla « fine del partito » durante l’« era Starace ».

A livello locale, il P.N.F. manteneva una insostituibile funzione di controllo ravvicinato delle masse, paese per paese, quartiere per quartiere: non a caso la mobilità geografica era assai ampia tra i segretari federali, mentre si riduceva notevolmente, fino a suggerire l’immagine di una sostanziale immobilità, anche generazionale, fra i segretari dei Fasci periferici e dei

451



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 450

Brano: Partito nazionale fascista

PAR UH ! NAZIONI \Ì Ai ! AS( IMA

CtttmW NAZIONALE 1928 V!

[*fì]

yjy Prezzo L. 15

Calendario del P.N.F. del 1928. A sinistra, in basso: il distintivo ufficiale del Fascio

cipio dell’unicità degli organi di stampa per ogni singola Federazione del partito.

Attraverso la fondazione (nel luglio 1926) e l’ampio uso del Foglio d’ordini del P.N.F., Turati puntò a una centralizzazione degli orientamenti e dei comportamenti politici, che divenne rapidamente una omogeneizzazione prima di allora mai attuata, e che andò progressivamente accentuandosi fino a raggiungere il culmine nel decennio successivo. Non furono estranei allo stabilirsi di questo clima il ruolo di supporto lucidamente assegnato al P.N.F. nei confronti della costruzione dello Stato autoritario, e la stessa campagna per il culto di Mussolini di cui Turati può essere considerato uno dei primi e maggiori responsabili con i suoi discorsi del 192627. Il nuovo Statuto del P.N.F., redatto da Mussolini e Turati nell’estate del 1926 e significativamente approvato dal Gran Consiglio nell’ottobre, al di fuori da ogni istanza specifica di . partito, sanciva in termini netti questa evoluzione.

Secondo il nuovo testo, il P.N.F. esplicava la sua azione « sotto la guida suprema del Duce del Fascismo e secondo le direttive stabilite dal Gran Consiglio Fascista ». Nell’elenco delle « gerarchie » del partito, il « Duce » veniva al primo posto, mentre fra organi del P.N.F. il iGran Consiglio precedeva il Direttorio e il Consiglio nazionale del partito.

Posto dunque anche formalmente sotto la direzione di autorità esterne, il P.N.F. subiva un netto rimodellamento rigidamente

« gerarchico che aboliva ogni forma di autogoverno e di elezioni al l'interno dei singoli organismi, e sanciva uniformemente il principio della nomina dall’alto.

Anche retrospettivamente, nel breve excursus di carattere « storico » che precedeva gli articoli veri e propri, le « assemblee » fasciste del passato venivano svalutate quanto a rappresentatività politica (« non furono che adunate di comandanti e di gregari »).

Scopo evidente del nuovo regolamento della vita interna del P.N.F. era quello di togliere ogni residua base di potere d’inf[...]

[...]utogoverno e di elezioni al l'interno dei singoli organismi, e sanciva uniformemente il principio della nomina dall’alto.

Anche retrospettivamente, nel breve excursus di carattere « storico » che precedeva gli articoli veri e propri, le « assemblee » fasciste del passato venivano svalutate quanto a rappresentatività politica (« non furono che adunate di comandanti e di gregari »).

Scopo evidente del nuovo regolamento della vita interna del P.N.F. era quello di togliere ogni residua base di potere d’influenza ai « ras » locali che avevano dominato il partito negli anni precedenti. Tutti questi provvedimenti miravano a rendere il Partito fascista una disciplinata struttura burocraticoamministrativa al servizio dello Stato fascista, anziché un organismo politicamente autonomo e in grado di influire sugli orientamenti di governo. È significativo, in questo senso, il notevole contributo personale che Turati diede, insieme a Giuseppe Bottai, alla campagna contro Edmondo Rossoni e il sindacato fascista, per lo « sbloccamento » di quest’ultim[...]

[...]onomo e in grado di influire sugli orientamenti di governo. È significativo, in questo senso, il notevole contributo personale che Turati diede, insieme a Giuseppe Bottai, alla campagna contro Edmondo Rossoni e il sindacato fascista, per lo « sbloccamento » di quest’ultimo, ossia per la perdita di autonomia e potere contrattuale residui di uno dei pochi organismi non ancora del tutto omologati alla funzione burocraticoamministrativa assegnata al P.N.F. e agli altri organismi di massa dello Stato fascista.

Circa i motivi dell’allontanamento di Turati dalla segreteria del P.N.F. nell’ottobre 1930, oltre ai consueti motivi invocati per giustificare i « cambi della guardja » (v.) all’interno degli organi di"potere fascisti (gelosia di Mussolini verso elementi relativamente autonomi e che si

avviavano a guadagnare una propria statura aH’interno del regime, ecc.), sembra di poter ipotizzare anche la necessità di correggere alcuni eccessi compiuti da Turati nel « normalizzare » il P.N.F..

Di fatto, il successore di Turati, Giovanni Giuriati, fu incaricato da Mussolini di procedere a un’ulteriore epurazione dei quadri fascisti, la quale avrebbe dovuto colpire la « zavorra » che appesantiva la marcia del partito. Nell’epurare gli elementi violenti e dal passato squadrista e nello zelo adoperato per far assumere al P.N.F. un volto « perbenista » e « governativo », Turati avrebbe dunque in primo luogo devitalizzato il partito privandolo delle energie più volgari, ma, al tempo stesso, più « genuine » in senso fascista, favorendo d’altro canto la promozione a ruoli di alta responsabilità di un personale opportunistico e carrieristico.

È da notare comunque che, in tutta la fase di stabilizzazione del P.N.F. in quanto partito unico, la sua fisionomia sembrò tendere a quella di un partito di quadri, relativamente ridotto nei suoi effettivi; tendenza che fu radicalmente rovesciata nel decennio successivo: svolta alla quale forse non fu estraneo l’operato di Giuriati.

All’epoca della sua nomina, Giuriati era presidente della Camera, aveva un passato irredentista e fiumano ed era già stato ministro di Mussolini. Nazionalista più ancora che fascista, notabile del regime più che uomo di partito, estraneo alle lotte fra correnti che in passato avevano avvelenato la vita interna del P.N.F. e senza bas[...]

[...]i; tendenza che fu radicalmente rovesciata nel decennio successivo: svolta alla quale forse non fu estraneo l’operato di Giuriati.

All’epoca della sua nomina, Giuriati era presidente della Camera, aveva un passato irredentista e fiumano ed era già stato ministro di Mussolini. Nazionalista più ancora che fascista, notabile del regime più che uomo di partito, estraneo alle lotte fra correnti che in passato avevano avvelenato la vita interna del P.N.F. e senza basi di potere personale in

Edmondo Rossoni parla a un raduno fascista per il 21 aprile. Alla sua destra: Achille Starace

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 452

Brano: Partito nazionale fascista

Gruppi rionali cittadini, dove in genere l'organizzazione di partito rimaneva saldamente nelle mani dei vecchi squadristi in grado di conoscere in maniera capillare gli stati d’animo del piccolo mondo sul quale esercitavano il controllo, e la coloritura politica di ogni singolo nucleo familiare.

Del tutto ininfluente sul piano centrale, il P.N.F. era dunque ancora in grado di svolgere una funzione repressiva ravvicinata, nonché di assumere un ruolo di filtro tra il regime e le masse. La gestione Starace segnò indubbiamente la « fine » di un ambizioso progetto di partito che tentasse di contendere agli organi tradizionali dello Stato la direzione della vita politica e civile del paese, « plasmando » l’« uomo nuovo fascista », per usare una delle molte formule demagogiche che non vennero mai meno in tutto l'arco della parabola storica del fascismo; si affermò pienamente invece, all'interno del regime reazionario di massa, un partito che[...]

[...]non casualmente, dopo lo scoppio delia Seconda guerra mondiale, quando l’organizzazione di parate e la retorica militaresca non bastavano più a celare la reale impreparazione della società civile ad una avventura bellica. Anche la funzione di « parafulmine » assolta da Starace in termini di impopolarità o di aperto disprezzo, che tutti i testimoni ritengono fosse molto gradita a Mussolini, non poteva più giustificare la permanenza al vertici del P.N.F. di un uomo dalle caratteristiche politiche così logore e limitate.

Il cambio della guardia avvenne nel periodo della «non belligeranza» e coincise con il varo del cosiddetto gabinetto Ciano (per l’influenza che il ministro degli Èsteri Galeazzo Ciano ebbe nella sua ispirazione e composizione). A rilevare Starace fu prescelto !’1.11.1939 Ettore Muti, console generale della Milizia e uomo dal temperamento guerresco ed impolitico, che rapidamente sconfessò le aspettative del suo protettore Ciano, appoggiando con estrema decisione la tendenza mussoliniana di preparazione all’intervento. Oltre [...]

[...] la proposta avanzata nel dicembre 1939 al Gran Consiglio: formula che nella società italiana dell'epoca includeva la grande maggioranza dei cittadini di sesso maschile). In breve volgere di tempo, tale misura portò aH’incremento di oltre un milione di iscritti.

La dichiarazione attribuita a Muti da alcune testimonianze (« Quando tutti saranno fascisti non vi sarà più bisogno di un partito e allora io passerò alla storia per aver annullato il P.N.F. »), rende bene il clima di faciloneria dilettantesca in cui Muti assolse al suo mandato.

Tra i compiti principali assegnati al P.N.F. nel periodo della « non belligeranza » e, poi, nella prima fase della guerra fascista, vi era quello decisivo deH’ampliamento di funzioni militari e civili a sostegno dello sforzo bellico: da questo punto di vista la gestione di Muti fu completamente fallimentare e portò alla sua rimozione,

Nell’ottobre 1940, in un clima già appesantito dai primi gravi rovesci bellici, fu nominato segretario del P.N.F. Adelchi Serena, ex ministro dei Lavori pubblici, che cadde dopo poco più di un anno per screzi con altri ministri e senza essere riuscito a potenziare quella funzione di sostegno civile al governo di guerra che ormai veniva assegnata al partito.

Gli successe nel dicembre 1941 Aldo Vidussoni, giovane mutilato di guerra sconosciuto negli stessi ambienti romani e che avviò una politica moralizzatrice tesa ad attenuare lo sdegno della popolazione contro il regime. Vero « cervello » della nuova gestione sembra però essere stato il vicesegretario Carlo Havasio, direttore di fatto di Gerarchia e [...]

[...]nuova gestione sembra però essere stato il vicesegretario Carlo Havasio, direttore di fatto di Gerarchia e quindi uomo di fiducia di Mussolini. Il Ravasio, per motivi di salute, rifiutò la promozione a segretario allorché si rivelò in maniera clamorosa e insostenibile la pochezza di Vidussoni, consentendo così a quest’ultimo di rimanere ancora in carica per qualche tempo.

Dopo la lunga gestione Starace, come si vede, nel giro di pochi anni il P.N.F. aveva mutato i suoi vertici con un’intensità convulsa, sconosciuta fin dai primi anni del movimento fascista; ma erano la logica della società di guerra e l’andamento disastroso di quest’ultima che motivavano l’instabilità e l’inefficienza di un partito, il quale pure continuava, per motivi che ormai sfuggivano del tutto a ogni considerazione di tipo politico, ad aumentare i suoi effettivi.

Nel 1942 il P.N.F. aveva raggiunto

i 4.500.000 iscritti e, sommando gli iscritti alle sue organizzazioni collaterali, si avvicinava ai 25 milioni di associati su una popolazione italiana complessiva di 46 milioni di abitanti.

L’ultimo segretario del P.N.F. fu Carlo Scorza, nominato il 17.4.1943, uomo dal passato squadrista (fra l’altro, nel 1925 si era reso responsabile dell’aggressione a Giovanni

Il segretario del P.N.F. Vidussoni in procinto di partire con un treno di propaganda per il Fronte Orientale (1941)

452



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 448

Brano: Partito nazionale fascista

Fascista con signora nell’iconografia degli anni Vei>|f

va diretto il Partito socialista attraverso il controllo de\V Avanti!.

Ad ogni buon conto, bisogna ricordare che tra le molte anomalie del P.N.F. vi fu fin dall 'inizio quella di una posizione relativamente debole nei processi decisionali dell'insieme del movimento fascista e poi del regime in fase di edificazione; posizione indotta dal concorso di vari fattori, quali il ruolo personale di Mussolini e la subordinazione ad organi del governo e dello Stato,

o ad organismi « misti » dalla difficile definizione. Il più tipico e originale di questi fu senza dubbio il Gran Consiglio del fascismo (v.), nato come organismo di fatto il 12.1.1923 e che avrebbe trovato la sua costituzionalizzazione solo nel dicembre 1928; fin daH’inizio il Gra[...]

[...]corso di vari fattori, quali il ruolo personale di Mussolini e la subordinazione ad organi del governo e dello Stato,

o ad organismi « misti » dalla difficile definizione. Il più tipico e originale di questi fu senza dubbio il Gran Consiglio del fascismo (v.), nato come organismo di fatto il 12.1.1923 e che avrebbe trovato la sua costituzionalizzazione solo nel dicembre 1928; fin daH’inizio il Gran Consiglio esautorò di fatto la Direzione del P.N.F. e, in larga misura,

10 stesso Consiglio dei ministri, ponendosi come organo nel quale venivano tracciati gli orientamenti di fondo del regime nascente e venivano assunte direttive destinate poi ad essere attuate tanto dal partito quanto dal governo. Nei suoi primi anni di vita, comunque, il Gran Consiglio si occupò prevalentemente della vita interna del Partito fascista e della sua linea generale.

11 personale politico che costituì il nerbo del movimento del Partito fascista delle origini era prevalentemente di origine sindacalista (dal sindacalismo rivoluzionario provenivano, ad esempi[...]

[...]3, con l’Associazione nazionalista italiana (v. Nazionalismo italiano).

1 nazionalisti recarono con sé il bagaglio di una tradizione decisamente avversa a quella liberale, e una coerente propensione alla trasformazione in senso totalitario delle strutture dello Stato liberale, delle cui ideeforza furono i formulatori più lucidi aH’interno del fascismo, al di là di quella che può essere stata la partecipazione diretta agli organi dirigenti del P.N.F. (Roberto Davanzati fece parte comunque del Direttorio a quattro che gestì il P.N.F. nella fase iniziale della crisi Matteotti, e cospicua fu la presenza di nazionalisti nel Direttorio di 15 membri che subentrò nella fase più acuta della crisi stessa).

Nel periodo immediatamente successivo alla presa del potere, il P.N.F. fu travagliato da alcuni fenomeni di dissidenza interna (v. Dissidenti amo) di origine conservatrice, come nel caso di Ottavio Corgini e Alfredo Misuri, e di intransigenza agraria (Cesare Forni in provincia di Pavia e Raimondo Sala ad Alessandria) o urbana (Aurelio Padovani nel Napoletano, con una connotazione nettamente antitrasformistica contro le vecchie consorterie prefasciste meridionali che si avvicinavano progressivamente al fascismo). In questi fenomeni, che vanno ridimensionati rispetto al rilievo assunto nelle cronache dell’epoca, si può notare comunque la resistenza di uomini e for[...]

[...]ali che si avvicinavano progressivamente al fascismo). In questi fenomeni, che vanno ridimensionati rispetto al rilievo assunto nelle cronache dell’epoca, si può notare comunque la resistenza di uomini e forze del fascismo contro la netta subordinazione del partito agli organismi del governo e dello Stato, che fu rapidamente sancita (con le circo

lari ai prefettii nel 1923) né più rimessa in discussione.

Pur con questi limiti specifici, il P.N.F. veniva comunque configurandosi come un partito che aveva nella sua logica la tendenza a sostituirsi ad ogni altra formazione politica borghese, inglobandola al suo interno. Prima ancora dell'esperienza elettorale del 1924, con il cosiddetto listone fascista (v.), possiamo considerare rivelatrice la risoluzione che il Gran Consiglio approvò a maggioranza il 23.2.1923, nella quale veniva sancito il principio delia incompatibilità fra iscrizione al P.N.F. e appartenenza alla massoneria (v.), alla quale pure molti esponenti del gruppo dirigente fascista erano collegati. Oltre a rilevare in questo[...]

[...]veniva comunque configurandosi come un partito che aveva nella sua logica la tendenza a sostituirsi ad ogni altra formazione politica borghese, inglobandola al suo interno. Prima ancora dell'esperienza elettorale del 1924, con il cosiddetto listone fascista (v.), possiamo considerare rivelatrice la risoluzione che il Gran Consiglio approvò a maggioranza il 23.2.1923, nella quale veniva sancito il principio delia incompatibilità fra iscrizione al P.N.F. e appartenenza alla massoneria (v.), alla quale pure molti esponenti del gruppo dirigente fascista erano collegati. Oltre a rilevare in questo atteggiamento una costante mussoliniana (anche all’interno del Partito socialista Mussolini aveva agitato la bandiera della lotta aH’influenza massonica), si deve soprattutto notare la volontà di sostituirsi a quello che, in assenza di partiti modernamente intesi, era stato il reale centro di equilibrio e di mediazione tra i gruppi dirigenti dell’Italia prefascista.

Antonio Gramsci, nell’ultimo discorso che gli fu consentito di pronunciare alla Came[...]

[...] e affidando il partito all’ala intransigente che, dalle province, aveva suscitato la « seconda ondata » squadristica e aveva spinto potentemente alla risoluzione della crisi nella direzione dittatoriale sancita poi con il discorso del 3.1.1925. L’esponente più in vista dell’ala intransigente dei « ras » di provincia era il cremonese Roberto Farinacci (v.) che, il 12.2.1925, fu nominato aH’unanimità dal Gran Consiglio del fascismo segretario del P.N.F.. Tra i compiti affidati a Farinacci vi era quello di ridare compattezza a un

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 453

Brano: [...]ni del movimento,

Con l’approssimarsi della sconfitta, il motivo del « ritorno alle origini » era evidente in questo come negli altri affannosi provvedimenti del governo fascista nelle settimane che precedettero lo sbarco angloamericano in Sicilia. I primi proclami di Scorza sembrarono conformarsi a questo ruolo, con slogan populisti e appelli alla resistenza più strenua. Peraltro, il comportamento di Scorza e di tutto il gruppo dirigente del P.N.F. fu assolutamente passivo nel corso della crisi di palazzo che rovesciò Mussolini. Il 25.7,1943 Scorza votò contro l’O.d.g. Grandi, ma fece poi atto di sottomissione al nuovo governo Badoglio, adoperandosi per evitare reazioni dai settori più fanatici del P.N.F,.

Due giorni dopo, scriveva a Badoglio di considerare « esaurito il compito di persuasione e disciplina tra i fascisti » impostogli dalla sua coscienza e di restare in attesa delle decisioni del governo circa il futuro del partito.

Il P.N.F. fu sciolto dal nuovo governo, ma prima ancora della decisione formale le sue sedi furono m[...]

[...]lazzo che rovesciò Mussolini. Il 25.7,1943 Scorza votò contro l’O.d.g. Grandi, ma fece poi atto di sottomissione al nuovo governo Badoglio, adoperandosi per evitare reazioni dai settori più fanatici del P.N.F,.

Due giorni dopo, scriveva a Badoglio di considerare « esaurito il compito di persuasione e disciplina tra i fascisti » impostogli dalla sua coscienza e di restare in attesa delle decisioni del governo circa il futuro del partito.

Il P.N.F. fu sciolto dal nuovo governo, ma prima ancora della decisione formale le sue sedi furono messe a soqquadro e i suoi simboli furono rovesciati dall’indignazione popolare. Così, ingloriosamente, si concludeva la parabola del Partito nazionale fascista. La sua riesumazione sotto il governo di Salò e sotto etichetta « repubblicana » avrebbe obbedito infatti a una logica completamente diversa, configurandosi più come embrione di un neofascismo minoritario e subalterno nella società italiana che come prosecuzione di un’esperienza, quella di partito di massa della borghesia italiana, ormai estinta n[...]

[...]e subalterno nella società italiana che come prosecuzione di un’esperienza, quella di partito di massa della borghesia italiana, ormai estinta nella sua veste fascista (v. Partito fascista repubblicano). Si veda anche la voce Fascismo.

Nota bibliografica

Come abbiamo già accennato, manca uno studio serio e approfondito dedicato esplicitamente alla storia del Partito fascista.

È opera giornalistica brillante ma superficiale la Storia del P.N.F. di A. Gambino (Milano, Sugar, 1962), mentre svolge considerazioni dal carattere prevalentemente politologico e su fonti all’epoca limitate D. Germino, The Italian Fascist Party in Power: a Study in Totalitarian Rule, Minneapolis, Univ. of Minnesota Press, 1959.

È necessario ricorrere dunque ad opere generali sul periodo fascista e, fra queste, a quelle che dedicano maggiore attenzione al nostro argomento specifico. Si vedano

Partito politico

Effige bronzea di Mussolini abbattuta da dimostranti romani all’indomani del 25.7. 1943

ad esempio E. Ragionieri, La storia politica e social[...]

[...]lia e altri scritti, a cura di I, Delogu, Roma, Editori Riuniti, 1973; e, infine, l’opera più « storica » fra queste: A. Tasca. Nascita e avvento del fascismo, Firenze, La Nuova Italia, 1950.

La maggior parte delle opere citate si occupa prevalentemente del periodo iniziale del fenomeno fascista; sempre relativamente a questo perìodo l'opera storiografica indubbiamente più compiuta e matura è da considerarsi, per quanto riguarda la storia del P.N.F., il libro di A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari, Laterza, 1974.

Particolarmente ricche di documentazione sono al riguardo le opere di A. Aquarone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, e i molti volumi di R. De Felice dedicati alla biografia di Mussolini (in particolare i quattro tomi che coprono gli anni dal 1921 al 1940, pubblicati da Einaudi fra il 1966 e iJ 1981).

Mancano quegli studi di carattere locale che sarebbero necessari per la comprensione della vita e dell’articolazione concreta del P.N.F.; ma si vedano, per [...]

[...]icche di documentazione sono al riguardo le opere di A. Aquarone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, e i molti volumi di R. De Felice dedicati alla biografia di Mussolini (in particolare i quattro tomi che coprono gli anni dal 1921 al 1940, pubblicati da Einaudi fra il 1966 e iJ 1981).

Mancano quegli studi di carattere locale che sarebbero necessari per la comprensione della vita e dell’articolazione concreta del P.N.F.; ma si vedano, per la Toscana,

E. Ragionieri, Il partito fascista (Appunti per una ricerca), in AA.VV., La Toscana nel regime fascista (19221939), voi. I, Firenze, Olschki, 1978: alla Prefazione di quest'ultimo libro si rinvia per un'ampia panoramica sugli studi di carattere locale che abbiano qualche attinenza col nostro tema. Fra gli studi più recenti, cfr. M. Zangarini, La composizione sociale della classe dirigente nel regime fascista. Il caso di Verona, « Italia contemporanea », a.XXX, n. 132, pp.2747.

Uno studio molto limitato nella periodizzazione, ma stimolante sul piano metodol[...]

[...]della classe dirigente nel regime fascista. Il caso di Verona, « Italia contemporanea », a.XXX, n. 132, pp.2747.

Uno studio molto limitato nella periodizzazione, ma stimolante sul piano metodologico e che meriterebbe di venir ripreso su scala più ampia, è quello di J. Petersen, Elettorato e base sociale del fascismo italiano negli anni venti, « Studi storici », a.XVI, 1975, n. 3 pp. 627669.

Per quanto riguarda gli organismi collaterali del P.N.F., sono numerosi e di valore diseguale gli studi locali sul sindacato, per i quali cfr. i repertori bibliografici già citati. Fra gli studi complessivi su altri organismi, cfr, il saggio di E. Val Ieri, Dal partito armato al regime totalitario: la Milizia, « Italia contemporanea », a.XXXII, n. 141, pp.3160, e soprattutto l’ottimo libro di V. De Grazia, Consenso e cultura di massa nell’Italia fascista. L’organizzazione del Dopolavoro, Bari, Laterza.

Infine, va ricordato che sono numerosi e spesso di carattere superficiale i ritratti o i bozzetti dedicati a esponenti di spicco del P.N.F.. Nel [...]

[...] complessivi su altri organismi, cfr, il saggio di E. Val Ieri, Dal partito armato al regime totalitario: la Milizia, « Italia contemporanea », a.XXXII, n. 141, pp.3160, e soprattutto l’ottimo libro di V. De Grazia, Consenso e cultura di massa nell’Italia fascista. L’organizzazione del Dopolavoro, Bari, Laterza.

Infine, va ricordato che sono numerosi e spesso di carattere superficiale i ritratti o i bozzetti dedicati a esponenti di spicco del P.N.F.. Nel volume di G. Nozzoli, I ras del regime. Gli uomini che disfecero gli italiani, Milano, Bompiani, 1972, si trovano ritratti di Bianchi, Giunta, Turati, Arpinati, Starace, Muti, Farinacci ed altri.

A Farinacci sono state dedicate ben due biografie: U. Alfassio GrimaldiG. Bozzetti, Farinacci il più fascista, Milano, Bompiani 1972; e H. Fornari, La suocera del regime, Milano, Mondadori, 1972.

Nel complesso sono molto più seri e approfonditi alcuni ritratti contenuti in AA. VV., Uomini e volti del fascismo, a cura di

F. Cordova, Roma, Bulzoni 1980, tra i quali segnaliamo: M. Fatica, [...]

[...]tenuti in AA. VV., Uomini e volti del fascismo, a cura di

F. Cordova, Roma, Bulzoni 1980, tra i quali segnaliamo: M. Fatica, Michele Bianchi; S. Setta, Achille Starace; Ph. Morgan, Augusto Turati e, infine, le interessanti conclusioni di S.J. Woolf su II fascismo e i suoi gerarchi.

Su Starace è uscita recentemente anche una vera e propria « biografia » (di A. Spinosa, Milano, Rizzoli, 1981).

Infine, va ricordato che due ex segretari del P.N.F. hanno lasciato memorie non prive di interesse: A. Turati, Fuori dell'ombra della mia vita. Dieci anni del solco del fascismo, a cura di A. Fappani, Brescia, Centro bresciano di iniziative culturali, 1973; e >G, Giuriati, La parabola di Mussolini nei ricordi di un gerarca, Bari, Laterza, 1981.

G.Sa.

Partito politico

Associazione privata di cittadini uniti da ideali comuni, che si propone il raggiungimento di un fine pubblico, cioè l’attuazione di un determinato programma nei confronti della collettività politica.

453



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 447

Brano: Partito nazionale fascista

le e, soprattutto, l’elezione di Michele Bianchi (v.) a segretario del P.N.F., affiancato da Giuseppe Basti anini, Giovanni Marinelli, Attilio Teruzzi e Achille Starace come vicesegretari.

In un primo momento Mussolini e altri fedelissimi dichiararono di non accettare il mandato nella commissione esecutiva; decisione che fu poi tacitamente riassorbita nella prassi. Anche nella scelta del nome e della sede, Mussolini fu posto in minoranza: il nuovo partito non si chiamò Partito nazionale del lavoro

o Partito fascista del lavoro, come Mussolini aveva proposto in settembre al Gruppo parlamentare, ma più semplicemente Partito nazionale fascista, e la sua sede venne p[...]

[...]rbita nella prassi. Anche nella scelta del nome e della sede, Mussolini fu posto in minoranza: il nuovo partito non si chiamò Partito nazionale del lavoro

o Partito fascista del lavoro, come Mussolini aveva proposto in settembre al Gruppo parlamentare, ma più semplicemente Partito nazionale fascista, e la sua sede venne posta a Roma anziché a Milano, nella roccaforte di Mussolini.

Dal congresso dell’Augusteo emersero il primo Programma del P.N.F. e lo Statutoregolamento dello stesso. Già questa formula, inusitata nel lessico dei partiti politici italiani, era molto significativa, soprattutto perché l'accento cadeva più sul secondo termine che sul primo: era soprattutto di un « regolamento » che avevano bisogno le squadre e gli adepti di un movimento cresciuto tumultuosamente.

Ancor più singolare era, del resto, l’esordio dello stesso Programma del P.N.F.:

« Il Fascismo è costituito in Partito politico per rinsaldare la sua disciplina e per individuare il suo "credo” ».

Caratteristiche del partito

Quali erano le caratteristiche di fondo del nuovo partito?

Pur senza credere alla veridicità della relazione presentata all’Augusteo da Umberto Pasella (segretario amministrativo), le stime decisamente più attendibili del Ministero deH’Interno disegnano il quadro di un movimento che, per l’epoca, aveva già nettamente assunto dimensioni di massa.

Già all’inizio del 1921 il movimento fascista aveva una consistenza organizzativa paragonab[...]

[...] Umberto Pasella (segretario amministrativo), le stime decisamente più attendibili del Ministero deH’Interno disegnano il quadro di un movimento che, per l’epoca, aveva già nettamente assunto dimensioni di massa.

Già all’inizio del 1921 il movimento fascista aveva una consistenza organizzativa paragonabile a quella socialista (218.000 iscritti ai Fasci, contro 216.000 iscritti al Partito socialista); ma dalla primavera dell’anno successivo il P.N.F. assumerà proporzioni che ne faranno, prima della « marcia su Roma » e della progressiva conquista dei centri del potere, il più forte partito politico dell’epoca e anche il più consistente partito mai esistito nella storia d’Italia (322.000 iscritti al maggio 1922).

Cartolina con l’inno ufficiale fascista (1922)

Nella suddivisione per categorie sociali, il P.N.F. manteneva la forte presenza agricola, frutto dello sfaldamento delle organizzazioni socialiste della pianura padana (24,3% di lavoratori agricoli e un 12% di proprietari terrieri e fittavoli); presentava una debole ma non esigua presenza operaia (15%) ed era composto per il resto da studenti (13%), commercianti e artigiani (9,2%), impiegati (9,8%), e per il rimanente da strati diversi della borghesia. Secondo le stime del P.N.F., I’80% dei suoi iscritti era costituito da ex combattenti; ma il dato forse più significativo era quello relativo alla

giovane età dei suoi adepti: ben

59.000 aderenti ai Fasci non erano ancora iscritti nelle liste elettorali e, su questa base, si può calcolare che il 25% dei quadri del P.N.F. fosse costituito da giovani sotto i ventun anni.

Nonostante le stranezze già rilevate nel primo Statuto, si può dire che il P.N.F. non si differenziasse nettamente nella struttura organizzativa centrale e locale da modelli già affermati presso gli altri partiti di massa, se non per la vistosa anomalia di essere dotato di un’organizzazione di tipo militare, esplicitamente riconosciuta ed esaltata nei suoi documenti (anche se solo nel 1923, dopo la conquista del potere, con la creazione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (v.) fu data una struttura centralizzata e relativamente autonoma a questo « braccio armato » che, in molte regioni, costituiva il nerbo stesso del partito e tendeva, anche neH’immagine po[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 449

Brano: Partito nazionale fascista

organismo politico che aveva subito un notevole sbandamento e conosciuto una accentuata divaricazione di intenti nel corso della crisi. La convocazione del III Congresso del P.N.F. nel giugno del 1925 fu il passo più importante in questa direzione.

Nel suo discorso di chiusura, il 22 giugno, Farinacci lanciò la parola d’ordine dell'intransigenza assoluta: « Tutto il potere a tutto il fascismo ». Retrospettivamente, nella sua relazione al Consiglio nazionale del P.N.F. del 19.10.1925, così sintetizzerà gli obiettivi che avevano animato la sua corrente: « Cosa volevamo noi fautori dell'intransigenza, esponenti della parte più irrequieta del Partito? Volevamo che venisse legalizzato l’illegalismo fascista, volevamo leggi eccezionali per la difesa della nostra rivoluzione [...] ».

Farinacci, come vedremo, si dimostrò impari rispetto al compito di « legalizzare » compiutamente l'illegalismo fascista, e a ciò si deve la sua permanenza tutto sommato breve ai vertici del P.N.F.. Si trattò però di un’esperienza breve ma intensa, che coincise con una fase crucial[...]

[...]o animato la sua corrente: « Cosa volevamo noi fautori dell'intransigenza, esponenti della parte più irrequieta del Partito? Volevamo che venisse legalizzato l’illegalismo fascista, volevamo leggi eccezionali per la difesa della nostra rivoluzione [...] ».

Farinacci, come vedremo, si dimostrò impari rispetto al compito di « legalizzare » compiutamente l'illegalismo fascista, e a ciò si deve la sua permanenza tutto sommato breve ai vertici del P.N.F.. Si trattò però di un’esperienza breve ma intensa, che coincise con una fase cruciale della lotta politica in Italia. La nuova facciata di compattezza fu rapidamente imposta al movimento fascista, e io stesso Congresso di Roma fu la dimostrazione della definitiva estinzione della vivace dialettica interna che, in passato, aveva contraddistinto le violenti beghe interne al fascismo. Nessuna discussione fu consentita all'interno di un Congresso che, peraltro, si era aperto

in un clima nettamente antiintellettualistico, con la demagogica dichiarazione di Mussolini, secondo la quale era prefer[...]

[...]uita, sia pure con fini diversi, dai suoi immediati successori e che tendeva per il momento a superare incrinature e debolezze manifestate nella crisi Matteotti. Con il deliberato dell'8.10.

1925, parzialmente ammorbidito nei suoi effetti il 3.1.1926, il Gran Consiglio sanciva il principio della chiusura delle iscrizioni, ritenendo che la cifra di circa ottocentomila iscritti fosse più che sufficiente.

Durante la gestione di Farinacci, nel P.N.F. cominciarono a emergere elementi di una struttura permanente e, per la prima volta, furono attribuite responsabilità specifiche aH'interno della' segreteria. Inoltre si giunse alla completa « normalizzazione » del Gruppo parlamentare che, in passato, aveva goduto di una notevole anche se discontinua

autonomia, e i deputati vennero assoggettati a una disciplina rigorosa. Conseguiti questi notevoli risultati in tempo relativamente breve, la figura di Farinacci cominciò a divenire scomoda e contraddittoria proprio rispetto a quei compiti di « legalizzazione » e « normalizzazione » che egli si[...]

[...]amento da lui tenuto nel corso del processo di Chieti, che riproponeva brutalmente l’origine squadrista e illegale di un partito il quale si poneva ormai come partito unico, coincidente con il governo e con lo Stato.

L’ipotesi del partito di quadri

A Farinacci succedette, il 30.4.1926, il bresciano Augusto Turati. Nel giugno dell'anno precedente questi era stato cooptato, per iniziativa dello stesso Farinacci, nella segreteria centrale del P.N.F. dove aveva assolto a incarichi di natura sindacale, partecipando alle consultazioni culminate nel Patto di Palazzo Vidoni (v.).

Considerato figura di secondo piano e, a differenza di Farinacci, senza solide basi di potere nelle province, Turati venne affiancato all’atto della sua nomina da Leandro Arpinati, Alessandro Melchiorri, Renato Ricci e Achille Starace in qualità di vicesegretari. Nel corso della sua lunga segreteria (durata quattro anni e mezzo), Turati si rivelò politico adatto ai compiti di inquadramento e subordinazione ai poteri dello Stato che Mussolini attribuiva al P.N.F. e[...]

[...]o figura di secondo piano e, a differenza di Farinacci, senza solide basi di potere nelle province, Turati venne affiancato all’atto della sua nomina da Leandro Arpinati, Alessandro Melchiorri, Renato Ricci e Achille Starace in qualità di vicesegretari. Nel corso della sua lunga segreteria (durata quattro anni e mezzo), Turati si rivelò politico adatto ai compiti di inquadramento e subordinazione ai poteri dello Stato che Mussolini attribuiva al P.N.F. e che il nuovo Statuto avrebbe sancito come compiti di « milizia civile ».

La politica di « revisione » delle iscrizioni avviata da Farinacci fu proseguita, ma con obbiettivi inversi: Turati puntò soprattutto a scremare il partito dai « farinacciani » più intransigenti e chiassosi, nonché dalle componenti di squadrismo criminale più vistose e indifendibili. Circa sessantamila espulsi, se pure non tutti riconducibili sotto un unico segno, furono il bilancio della sua epurazione. Mantenendo il blocco delle iscrizioni, fu favorito l’afflusso di forze esclusivamente giovanili, attraverso le co[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 446

Brano: [...]Partito fascista repubblicano

dei 1944 queste posizioni si precisarono in un disegno pluralistico, legato alla consapevolezza della insufficienza del P.F.R. come strumento per la conquista della maggioranza. « Non esclusivismo politico della Repubblica », fu la scelta di quanti (e, tra questi, il direttore del « Messaggero » Bruno Spampanato) sostenevano che il P.F.R. « non doveva riprodurre nello Stato la stessa situazione istituzionale ,del P.N.F. ».

il partito unico veniva accusato (anche dal podestà di Milano, Parini) « di non aver capacità selettiva degli uomini destinati al comando e di consentire ogni sorta di tradimento. Non è detto — aggiungeva Parini — come le distanze tra noi e alcuni dei movimenti che si usa chiamare clandestini non si possano accorciare e anche annullare con un franco parlare ».

La polemica tra « schieramenti » si riaccese immediatamente: « Contro il meretricio politico » fu il titolo della prima risposta di Roberto Farinacci: « Con l’illusione di non compromettere la unità della patria — scriveva il r[...]

[...]ati.

G.D.L.

Nota bibliografica: S. Bertoldi, Salò. Vita e morte della RSI, Rizzoli, Milano, 1976; G. Bocca, La repubblica di Mussolini, Laterza, Bari, 1977; E. Cione, Storia della RSI, Latinità, Roma, 1950; F.W. Deakin, Storia della repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1963; Riservato a Mussolini, a cura di Natale Verdina, Feltrinelli, Milano, 1974; A. Tamaro, Due anni di storia, 19431945, Tosi, Roma, 1948.

Partito nazionale fascista

P.N.F.. Al Partito nazionale fascista è stata rivolta dagli storici una attenzione per lo più superficiale e concentrata pressoché esclusivamente sugli aspetti grotteschi e folcloristici della sua vita interna. Ancor oggi manca uno studio non giornalistico dedicato esplicitamente alla storia di questo organismo politico: sono limiti gravi della storiografia sul fascismo, sui quali torneremo più ampiamente e dettagliatamente nella bibliografia conclusiva.

Oggi, comunque, l’orientamento di fondo della storiografia mira, nella sua ispirazione complessiva, a superare le immagini e i giudizi riduttivi[...]

[...]e folcloristici della sua vita interna. Ancor oggi manca uno studio non giornalistico dedicato esplicitamente alla storia di questo organismo politico: sono limiti gravi della storiografia sul fascismo, sui quali torneremo più ampiamente e dettagliatamente nella bibliografia conclusiva.

Oggi, comunque, l’orientamento di fondo della storiografia mira, nella sua ispirazione complessiva, a superare le immagini e i giudizi riduttivi sul ruolo del P.N.F. formulati immediatamente dopo la caduta del regime e riconosce, soprattutto grazie alle suggestioni maturate in seguito alla diffusione delle « Lezioni sul fascismo » di Paimiro Togliatti, la serietà e l’importanza del l’argomento in un’ottica di lungo periodo della storia della società italiana.

In quest’ottica, oggi il P.N.F. non può non emergere come il primo partito di massa della borghesia italiana; il primo organismo politico

di tale natura che, con grande ritardo sulle esperienze straniere, la borghesia italiana sia riuscita a darsi, superando la logica delle consorterie di notabili e dei rapporti puramente clientelar'! che erano stati la norma della vita politica dell’Italia liberale. Da questo punto di vista, assume un valore più che simbolico il fatto che il Partito liberale (v. Liberale Italiano, Partito), in Italia si sia costituito in quanto « moderno » partito politico solo nell’ottobre 1922, neH’im[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 162

Brano: Ricci, Ottavio

a Genova l'8.11.1952; geometra. Dipendente della Amministrazione Provinciale di Pesaro, antifascista, negli anni del regime fu licenziato, per essersi rifiutato di iscriversi al P.N.F.; passò quindi alle dipendenze della ditta edile dei compagni Pierangeli e Cangiotti. Nel 1932 svolse attività clandestina nella cellula comunista di Pesaro, ma in seguito agli arresti avvenuti in questa città nel 1933 e nel 1936 si trasferì a Sanremo.

Mentre lavorava in Liguria, d'accordo con il compagno Egisto Cappellini si collegò con il Centro estero del P.C.I.. Tornato a Pesaro dopo

il 25.7.1943, ebbe quindi l’incarico dal Partito di costituire con altri compagni la Guardia Nazionale. Con la successiva trasformazione di questa in formazioni garibaldine, coordinò i collegamenti e le [...]

[...]ascio carrarese, si guadagnò ben presto una fama di duro che consolidò nei sanguinosi scontri di Santo Stefano Magra e Sarzana del luglio 1921, nonché nelle violenze contro i lavoratori genovesi durante lo “sciopero legalitario” dell'agosto 1922.

Gerarca fascista

Nel gennaio 1923 fu designato dal Gran Consiglio del fascismo (v.) a far parte di una commissione mista che doveva discutere i rapporti tra fascisti e nazionalisti (la fusione tra P.N.F. e l'Associazione dei nazionalisti avverrà il 26 febbraio). Nel febbraio 1923 venne nominato alto commissario politico del P.N.F. e console generale della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (v.). Lo stesso Gran Consiglio gli affidò una serie di inchieste politiche in varie province tra il febbraio del 1923 e l'aprile del 1926. Fu membro del Direttorio nazionale del P.N.F., quindi vicesegretario del partito (agosto 1924), carica che conservò nel 1926 nella nuova gestione Turati, insieme a quella di deputato fascista (dal 1924).

Durante la crisi Matteotti fu uno dei più accesi fautori della linea oltranzista: organizzò il raduno di Firenze del 31.12.1925, nel quale ribadì la sua fedeltà agli ordini di Mussolini, condizionandola però a una svolta della politica governativa verso una esplicita “azione dittatoriale”.

Tipico esponente del “rassismo”, Ricci aveva solidi legami con gli ambienti economici carraresi (v. MassaCarrara). Imparentato a una delle più c[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 704

Brano: [...]nte ai giovani dei G.U.F., convenuti nella Capitale per i Littoriali, la parola d’ordine fascista « Libro e moschetto! » (Roma, 1935)

o accademie militari e provenienti dalla organizzazione giovanile fascista (v. O.N.B.) ; dai 21 ai 28 anni, gli iscritti alle università o istituti superiori o accademie militari e membri del Partito nazionale fascista; fino ai 28 anni, i laureati

o gli ufficiali usciti da un’accademia militare e iscritti al P.N.F.; dai 21 ai 28 anni, gli iscritti al P.N.F. in possesso di diploma di un istituto medio superiore.

Quantunque l'iscrizione al G.U.F. non fosse formalmente obbligatoria, il regime mirava a generalizzarla tra gli studenti, per controllare attraverso di essa ogni fermento di opposizione della gioventù studiosa. In armonia con i principi « eugenetici » del fascismo, l’iscrizione era tuttavia subordinata al conseguimento di un « brevetto sportivo ». Potevano far parte del G.U.F. anche le donne, raccolte però in una apposita « Sezione femminile », il cui compito era quello di prepararle « al compito che il fascismo attribuisce alla donna [...]

[...]fermento di opposizione della gioventù studiosa. In armonia con i principi « eugenetici » del fascismo, l’iscrizione era tuttavia subordinata al conseguimento di un « brevetto sportivo ». Potevano far parte del G.U.F. anche le donne, raccolte però in una apposita « Sezione femminile », il cui compito era quello di prepararle « al compito che il fascismo attribuisce alla donna italiana ».

A capo dei G.U.F. era, nazionalmente, il segretario del P.N.F., coadiuvato da un vicesegretario ai G.U.F.. In ogni capoluogo di provincia il gruppo locale era diretto da un segretario (nominato dal P.N.F., su segnalazione del segretario federale), da un vicesegretario e da un direttorio di 5 membri. Per rendere più capillare l’organizzazione, doveva sorgere un gruppo in ogni città nella quale risiedessero almeno 25 studenti universitari. Presso ogm

G.U.F. provinciale venivano istituite una sezione laureati e diplomati (con compiti prevalentemente assistenziali e di tutela professionale) e una sezione studenti stranieri. Nel 1927 i G.U.F. dichiararono 12.560 iscritti. Questi salirono a 30.803 nel 1931 e a 82.004 nel 1937.

La Federazione dei G.U.F. aderì alla Confederazione internazionale [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine P.N.F., nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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