Brano: [...]primi gradini.
« Questo legno dev'essere fradicio» dissi. « Non possiamo mica scen
dere. Qui si rompe, caschiamo di sotto ».
« Ma mica dobbiamo scendere » disse mia sorella.
Rimasi fermo, con l'apriscatole in mano, a guardarla.
« Ma che vuoi fare? » dissi. « Ci vuoi scendere dopo, da sola? Che... Ma che ti credi di trovare? Che credi... Di un po', perché, prima, non m'hai fatto portare il lume? Non ridere, stupida! Che c'é, là sotto? ».
« Non lo so » disse. « Non ci voglio scendere e non lo voglio sapere. Non ci voglio nemmeno guardare col lume e non voglio che ci guardi tu ».
Mi cominciai a impaurire. Non credevo che fosse proprio matta, ma pensavo per forza che ci avesse qualche brutta intenzione. Guardai il coltello che teneva in mano.
Lei si mise a ridere.
« Quanto sei stupido! Che, hai paura che ti voglio ammazzare? » rise.
Non pareva isterica, ma non mi sentivo per niente sicuro. «Perché m'hai fatto levare le tavole? » dissi.
Seguitò a ridere, però non era più un riso allegro.
«Perché m'hai fatto levare le tavole?» dissi anc[...]
[...]i spento.
«Franco, dormi? » disse.
Guardavo il soffito, che non si vedeva quasi piú, le ombre radu
nate agli angoli. Lo specchio dell'armadio luccicava come gli specchi
delle camere mobiliate, la sera, tra gli ultimi sospiri e le lenzuola spie
gazzate, col sudore addosso freddato.
« No » dissi.
« Non avere paura » disse.
« No. Di che? ».
« Che io adesso mi credo... pretendo... ».
« Non ho paura » dissi.
« Vuoi andare via subito? ».
« Non lo so ».
S'era aspettata quella risposta, ma incassò male lo stesso. La sentii
che s'aggrappava alla coperta, all'improvviso. Poi restò ferma, supina.
« Tu lo capisci » disse, « che io adesso devo restare qui? E chia
ro... adesso? ».
« Non lo so » dissi.
«Tu che farai? ».
« Ma, il solito, credo ».
Restammo un'altra volta in silenzio, a lungo. Il lume si spese del
tutto.
LA PORTA 97
Ricominciò a parlare, ma non parlava a me.
« Non avrò paura subito » disse. « Adesso ci avrò questo da pensare. Per parecchio tempo. Dopo comincerò a stare sveglia, a guardare la porta, il buio dietro la porta, aspettando. Ma non é come t'ho detto. Forse non è come t'ho detto. Non so che cosa aspetto. Ma aspetto che tutto questo si rompa. Qualunque cosa. Un urlo, una crepa, qualche cosa. Qualcuno. Una crepa, alla fine una crepa della terra, lá sotto[...]
[...] starci a pensare, no? Fuori ci abbiamo il tempo di farci delle speranze, alte speranze, e allora si ricomincia, non succede niente. Non si arriva mai avanti abbastanza, fuori... Ci abbiamo sempre qualche bella pensata, qualche bella consolazione, e allora non ci abbiamo piú voglia abbastanza di uscire, eh? La porta resta chiusa ».
« Resta chiusa » ripeté. « Se c'è qualcuno, di lá, non entra ».
«Tu credi che c'é qualcuno, di lá? ».
« Credo... Non lo so » disse. « Ci può essere. Ci dovrebbe essere. Mi sento che ci dovrebbe essere. Un'uscita... ci dovrebbe essere. Se no... ». «Perché, se no? ».
« Ah, dio » disse, « se no... ».
«Se no? ».
« Ma é perché nessuno ci ha coraggio » strillò. « Perché nessuno... nemmeno tu. Se credete che non c'è nessuno, perché non ci andate a guardare? Tutto sarebbe meglio, no? Sempre meglio di questi porci, di questa porcheria. O no? ».
« Non lo so » dissi.
« Ma se c'è... » disse. «Può essere che non c'è, che tutto questo non si può rompere... Ma se si rompe... se qualche cosa succede... allora questo basta, allora é finito, no? ».
«Perché? » dissi.
Ma non capisci... ».
« No » dissi.
La sentivo inghiottire, nel buio.
«Mi vuoi bene?» disse.
Il tempo non passava mai.
« Accendi il lume » disse. « Mi devo vestire ».
Stette a vestirsi tremando, perché faceva freddo e umido. Si rimise
98 FRANCO LUCENTINI
l'abito grigio, le scarpe. Andò dietro la tenda a truccarsi. Riuscì fuori e accese il fornello.
Vuoi che ti preparo qualche cosa[...]
[...]mpagnò al Braccio,
prima di lasciarmi al piede della scala.
« Viene uno! » disse.
« Manda sempre » disse quello di sopra.
«Che hai fatto? » disse quello di sopra quando arrivai.
«Ho rubato» dissi. Quello doveva stare seduto sopra una sedia
tutta la notte, e gli andava di discorrere, se gli capitava. Ma io ce
n'avevo abbastanza delle domande.
«Allora, perché t'hanno messo isolato? » disse.
Sulla porta c'era scritto "isolato", infatti.
« Non lo so » dissi. « Non mi va di discorrere. Ho sonno ».
« Ah, come ti pare...» disse. Richiuse la porta.
Dopo un po' riapri lo sportello, disse che non dovevo fumare.
Disse che con quelli come me ci volevano le nerbate.
La mattina appresso mi riportarono in Questura per gli accertamen
LA PORTA 101
ti, poi un'altra vota due giorni dopo, poi per una settimana di seguito, tutti i giorni. Alla fine si calmarono, cominciarono a cercare da un'altra parte. A me mi lasciarono in aspettativa, sempre « isolato».
Dopo quattro mesi dovettero fare posto a un'infornata di politici, mi tolsero l'isolamento.
[...]