Brano: [...] dietro la tenda, girai un po' per la cantina, guardando i pacchi e le casse. Una cassa era aperta e mezza piena di riviste americane e romanzi; presi una rivista e tornai a sedermi accanto al letto. In quel momento Adriana aprì gli occhi, mi guardò, fece un grande urlo. Saltai sul letto, prendendola per le braccia.
« Adriana » strillai, « amore mio, che c'é, che é stato? Che hai? Tesoro, che hai? Sono io! Di che hai avuto paura? Che hai visto? Non avere paura. Ci sto qui io ».
Lei stette un momento a guardarmi, esterrefatta, con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Poi chiuse gli occhi, li riaprì.
« Oddio » disse, « m'ero sognata... ».
Mi misi seduto sul letto e la sollevai per le spalle, cercando un altro cuscino da metterle dietro la testa.
« Aspetta » dissi, « ti prendo un altro cuscino, ti porto qualche cosa da bere ».
«No» disse, «stai qui. Stai qui ».
« Sto qui » dissi. « Non avere paura ».
La tenevo stretta contro il petto e la sentivo che tremava.
« Appòggiati così » dissi, sistemandola con la testa e le spalle appoggiate a me. «Non avere paura ».
Seguitava a tremare. Ogni tanto pareva che si calmasse, poi all'improvviso tremava più forte.
«Mi sono sognata...» disse.
«Non parlare» dissi, «stai calma. Adesso stai calma, tesoro, non parlare».
La camicia le era scesa dalle spalle, la ricoprii. .Le carezzavo le braccia, i capelli, il viso. Masse una mano sulla coperta, cercando la mia. Prendendole la mano pensai a tutta la vita che aveva fatto, alla vita che avevo fatto io. Alla vita che facevamo tutti. Le tenni la mano stretta, senza parlare, mentre lei tremava sempre più piano.
Alla fine si calmò, girò la testa e mi guardò, sorri[...]
[...]on la bocca sotto la mia.
Bestemmiai e mi volli alzare, ma non mi potevo muovere.
H.
Fuori doveva essere giorno, a momenti. Il lume s'era quasi spento.
«Franco, dormi? » disse.
Guardavo il soffito, che non si vedeva quasi piú, le ombre radu
nate agli angoli. Lo specchio dell'armadio luccicava come gli specchi
delle camere mobiliate, la sera, tra gli ultimi sospiri e le lenzuola spie
gazzate, col sudore addosso freddato.
« No » dissi.
« Non avere paura » disse.
« No. Di che? ».
« Che io adesso mi credo... pretendo... ».
« Non ho paura » dissi.
« Vuoi andare via subito? ».
« Non lo so ».
S'era aspettata quella risposta, ma incassò male lo stesso. La sentii
che s'aggrappava alla coperta, all'improvviso. Poi restò ferma, supina.
« Tu lo capisci » disse, « che io adesso devo restare qui? E chia
ro... adesso? ».
« Non lo so » dissi.
«Tu che farai? ».
« Ma, il solito, credo ».
Restammo un'altra volta in silenzio, a lungo. Il lume si spese del
tutto.
LA PORTA 97
Ricominciò a parlare, ma non parlava a me.
« Non avrò paura subito » [...]