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da relazione di Costantino Lazzari sotto presidenza Azimonti, Discorso Lazzari in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ta pubblicata sull'Avanti ! di pochi giorni fa, il punto di vista nel quale, secondo me, bisognerebbe mettersi per risolvere la questione intricata nella quale si trova il Partito. Per potere per') avere in mano gli elementi sufficienti onde decidere di fronte ai propositi chiaramente espressi di credere di risanare i mali del nostro Partito, di migliorare le sue condizioni nazionali ed internazionali per mezzo di una scissione, è necessario che noi risaliamo all'esame delle origini che hanno portato il Partito e il Congresso a dover trattare tale questione.
Per vedere se le ragioni, i moventi che ci hanno portato a questa situazione rispondono realmente ad una necessità naturale, ad un bisogno, ad un beneficio per le nostre condizioni di Partito di lotta e di Partita di avvenire, o non siano piuttosto il frutto di un qualche artificio o il prodotto di propositi e di sentimenti i quali sono in contrasto con quella che dovrebbe essere la giusta e ragionevole spinta che deve animare tutti i compagni che si iscrivono al Partito socialista [...]

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quell'atavismo delle generazioni passate, che aveva consumato se stesso per poter dare alla nostra nazionalità la sua indipendenza e la sua coesione. Attraverso circa trenta anni di lotta e di azione, il Partito si era portato compatto ad affrontare la situazione nel nostro Paese dopo la guerra e dopo la vittoria. I mezzi artificiali con cui l'anno scorso nel Congresso venne fatta trionfare questa esaltazione dei mezzi della violenza, che noi non abbiamo mai negato, ma che noi contestiamo continuamente possano e debbano essere uno dei mezzi di azione programmatici del, nostro Partito, ci ha convinti che non si è fatta abbastanza propaganda di questa verità fondamentale del nostro .movimento. Ed anche oggi noi siamo dominati da questa esaltazione per cui, forse, coloro che hanno trionfato nel Congresso di Bologna l'anno scorso, dovrebbero sentire pesare qualche rimorso per la situazione difficile che si è venuta creando a Bologna, a Ferrara ed in altri luoghi, ove appunto la facilità e l'illusione di credere che gli atti di violenza armata possano servire a maturare maggiormente i destini della classe lavoratrice d'Italia e l'avvenire della civiltà socialista, hanno messo il Partito in condizione inestricabile e difficile. (Applausi).
Noi consideriamo la violenza come una storica necessità, ma una[...]

[...]ngresso di Bologna l'anno scorso, dovrebbero sentire pesare qualche rimorso per la situazione difficile che si è venuta creando a Bologna, a Ferrara ed in altri luoghi, ove appunto la facilità e l'illusione di credere che gli atti di violenza armata possano servire a maturare maggiormente i destini della classe lavoratrice d'Italia e l'avvenire della civiltà socialista, hanno messo il Partito in condizione inestricabile e difficile. (Applausi).
Noi consideriamo la violenza come una storica necessità, ma una triste necessità. Si è secondo i metodi e gli incitamenti della classe dominante, che la violenza degli sfruttati, dei dominati, può essere utile e necessaria. Però vi è anche una violenza inutile. Ed a questo proposito io mi ricordo che quando nel mese di ottobre il giornale del na stro Partito ha pubblicato un certo articolo, non mi ricordo di chi, ma di un nostro compagno, il quale inneggiava alla violenza come risposta alla violenza dei nostri nemici, e concludeva col riprendere, attraverso un antico rudero della politica antica,[...]

[...]stato a sciogliere lo Stato maggiore dell'esercito russo, ha dovuto assistere impotente all'assassinio del generale Zakunine, che egli conduceva con sé dinanzi al Tribunale di Pietrogrado. Il compagno Krilenko ha pubblicato un proclama, che ho avuto il piacere di tradurre, che è stato pubblicato sull'Avanti! del 17, in cui richiamava i compa
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gni soldati di terra e di mare, a considerare la inutilità della violenza e della crudeltà. Ebbene, noi abbiamo adottato, voi avete adottato, nel Congresso dell'anno scorso, questo mezzo di azione, il quale confonde l'inutilità e l'utilità della violenza e la mette semplicemente a disposizione dei nostri volontaristi, o dei nostri compagni impazienti e insofferenti come un mezzo per la liberazione o per l'espressione della loro volontà e del loro diritto. Questo è quello che ci ha portati alla situazione in cui ci troviamo: che si è creata in mezzo a noi una frazione la quale appunto viene a domandare per il bene del Partito, per il bene della causa del proletariato d'Italia, di dividere il Par[...]

[...]iamo adottato, voi avete adottato, nel Congresso dell'anno scorso, questo mezzo di azione, il quale confonde l'inutilità e l'utilità della violenza e la mette semplicemente a disposizione dei nostri volontaristi, o dei nostri compagni impazienti e insofferenti come un mezzo per la liberazione o per l'espressione della loro volontà e del loro diritto. Questo è quello che ci ha portati alla situazione in cui ci troviamo: che si è creata in mezzo a noi una frazione la quale appunto viene a domandare per il bene del Partito, per il bene della causa del proletariato d'Italia, di dividere il Partito.
Dunque voi vedete, o compagni, che noi vecchi militanti ci'troviamo in una situazione molto complessa e ci è necessario di esporre davanti a voi tutto il quadro delle ragioni storiche, contingenti e future, per le quali la vostra e la nostra decisione potrà essere realmente una decisione seria, grave, meditata, in nome della quale noi, fuggendo da tutti quegli artifici che si adoperano in qualunque assemblea per potere assicurare ad una opinione il predominio e la vittoria, veniamo semplicemente a spiegarvi e domandarvi se la scissione, che è reclamata e voluta, proposta se volete, da una parte di noi, sia un bene o un male per la causa che noi sosteniamo.
E purtroppo per il nostro vecchio cuore di militanti, noi abbiamo cominciato le sedute di questo Congresso con un dolore. A questa tribuna si é presentato un simpatico giovinetto il quale è venuto a concludere le sue parole col chiamare « fantoccio » quel nome di unità che noi da quarant'anni a questa parte abbiamo avuto la fierezza e l'orgoglio di presentarvi in un Partito che è forza vera ed efficace, verso la quale e contro la quale i padroni del nostro Paese sono costretti a fare i conti oggi e saranno costretti a capitolare domani. (Applausi).
Oh, giovane compagno, io ti dico: Noi per quarant'anni abbiamo apprezzato i benefici della unità di tutti quegli elementi militanti, i quali, rinunciando a tutte le vecchie ideologie dei vecchi Partiti borghesi, hanno dichiarato, in base al nostro programma, di dedicarsi per la causa della giustizia e dell'uguaglianza, col proposito della espropriazione economica e politica delle classi dirigenti su un terreno e su una base chiaramente socialista. Ed è stato il secondo che si è espresso, dai primi tentativi e conati che venivano da tutta una predicazione idealistica che è stata fatta allora fino dai tempi subito dopo la Comune di[...]

[...]rghesi, hanno dichiarato, in base al nostro programma, di dedicarsi per la causa della giustizia e dell'uguaglianza, col proposito della espropriazione economica e politica delle classi dirigenti su un terreno e su una base chiaramente socialista. Ed è stato il secondo che si è espresso, dai primi tentativi e conati che venivano da tutta una predicazione idealistica che è stata fatta allora fino dai tempi subito dopo la Comune di Parigi. Ebbene, noi per quarant'anni abbiamo apprezzato i beni della unità: voi, in pochi anni, caro giovinetto, constatate gli inconvenienti della unità. Noi abbiamo sempre saputo che in mezzo ad ogni cosa di
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questo mondo, vi è la parte utile e vi é la zavorra, la parte dannosa. Siamo qui tutti per rimediare ai difetti dell'unità. Anche l'unità ha i suoi difetti. Sono tutti inconvenienti della vita e dell'azione degli uomini. Siamo qui per cercare di rimediare. Ma voi per rimediare chiamate e fantoccio » quello che è sempre stato il nostro culto, il nostra bisogno, verso il quale abbiamo fatto tutti i sacrifici. E voi avete portato un dolore a noi proprio all'inizio di questa discussione. Oggi i giovinetti pero dicono: Cosa importa se i vecc[...]

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questo mondo, vi è la parte utile e vi é la zavorra, la parte dannosa. Siamo qui tutti per rimediare ai difetti dell'unità. Anche l'unità ha i suoi difetti. Sono tutti inconvenienti della vita e dell'azione degli uomini. Siamo qui per cercare di rimediare. Ma voi per rimediare chiamate e fantoccio » quello che è sempre stato il nostro culto, il nostra bisogno, verso il quale abbiamo fatto tutti i sacrifici. E voi avete portato un dolore a noi proprio all'inizio di questa discussione. Oggi i giovinetti pero dicono: Cosa importa se i vecchi hanno dei dolori? Noi andiamo avanti per la nostra strada.
Allora, o compagni, è necessario richiamarvi ad un'altra considerazione di carattere etico e morale, che io credo non debba mai sfuggire dai nostri propositi e dalla nostra azione, e nemmeno dalle nostre riunioni. Voi sapete che noi vecchi del Partita, abbiamo passato tanti dispiaceri, tanti fastidi, tanti, di tutte le qualità. Pure noi ci siamo sempre ingegnati di portare come nostro distintivo questo criterio. In tutte le nostre riunioni noi abbiamo cercato di presentarci con quell'alto concetto e quell'alto patrimonio del sentimento della fraternità, della solidarietà, della uguaglianza che tutti i nostri compagni, che sono sul nostro terreno e vogliono lottare sulle basi del nostro programma, devono avere. E per questo che noi cerchiamo nelle varie nostre manifestazioni d'evitare tutte quelle forme che possono essere ingenerose e dannose, a offensive per la lealtà, per la semplicità, per la buona volontà dei nostri compagni. Ora, purtroppo, noi abbiamo visto dagli inizi di questo Congresso come troppo facilmente si dimentichi che deve alitare sopra di noi questo alto sentimento di fraternità e di uguaglianza in nome del quale, badate, dovremmo consolarci e sentirci allargare il cuore pensando che il nostro Partito é diventato gigantesco sí da fare Congressi in assemblee cosí enormi, cosí numerose ove sono tutti, ricchi e poveri, sapienti ed ignoranti, e consolarci al pensiero che la fratellanza socialista diventa piú grande e vada invadendo la grande massa del popolo italiano. (Applausi).
Dunque restiamo a terra, e restiamo in terra italiana, per vedere se il rimedio che viene proposto, della scissione, risponda realmente ad
una necessità de[...]

[...]terra, e restiamo in terra italiana, per vedere se il rimedio che viene proposto, della scissione, risponda realmente ad
una necessità del nostro movimento.
Il compagno Graziadei, che è venuto a parlare qui lungamente e che può portare la impressione piú fresca della sua permanenza a Mosca, nel centro della rivoluzione proletaria di Russia, ci ha comunicato l'impressione, i propositi, i risultati della missione alla quale egli ha partecipato. Noi abbiamc ascoltato con molta attenzione ciò che egli diceva per vedere se le sue conclusioni rispondevano oltre a quelle che
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sono le esigenze del movimento internazionale, a quelle che sono le esigenze del nostro movimento nazionale. In verità il compagno Graziadei ha creduto necessario, dopo il suo primo discorso di ieri mattina, di venire alla tribuna a fare una specie, non dico di atto di contrizione, ma una specie di spiegazione che poteva parere una giustificazione perché comunemente viene ritenuto che il suo atteggiamento di fronte alla guerra non fosse stato realmente un atteggiam[...]

[...]lle che sono le esigenze del nostro movimento nazionale. In verità il compagno Graziadei ha creduto necessario, dopo il suo primo discorso di ieri mattina, di venire alla tribuna a fare una specie, non dico di atto di contrizione, ma una specie di spiegazione che poteva parere una giustificazione perché comunemente viene ritenuto che il suo atteggiamento di fronte alla guerra non fosse stato realmente un atteggiamento contro la guerra. E difatti noi ricordiamo benissimo che quando nelle nostre manifestazioni di fronte a questo grave fatto politico della guerra, noi eravamo considerati come degli elementi pericolosi e siamo stati incolpati appunto per questo, anche il compagno Graziadei faceva le sue osservazioni in proposito, ma ricordiamoci che le sue osservazioni, i suoi scritti, i suoi commenti andavano sulle colonne del Giornale d'Italia e servivano come strumento contro di noi. (Applausi). Perché il torto del compagno Graziadei e di parecchi altri — qualcuno di essi appartiene alla sfera dei dotti, degli eruditi, dei professori — il loro torto é quello di considerare generalmente tutti i fatti e tutte le necessità della vita e della storia attraverso la lente della scienza. Il fatto della guerra deve essere osservato come un fatto scientifico? Io dico di no. Il giorno in cui abbiamo assunto la posizione di militanti politici, specialmente se siamo rappresentanti politici — e il deputato Graziadei è uno dei deputati piú anziani del momento presente e successore di A[...]

[...]tifico? Io dico di no. Il giorno in cui abbiamo assunto la posizione di militanti politici, specialmente se siamo rappresentanti politici — e il deputato Graziadei è uno dei deputati piú anziani del momento presente e successore di Andrea Costa — abbiamo il dovere di considerare questi fatti non comè fatti scientifici, ma come fatti politici e su di essi non possiamo fare le nostre esercitazioni dotte ed erudite. (Applausi, rumori).
Ecco perché noi dobbiamo tener presente la necessità di avere una visuale chiara e precisa la quale non abbia confusioni, né contorcimenti che vadano a urtare con altre necessità della vita: siamo una volontà politica e dobbiamo avere ben chiaro e preciso il nostro compito, e le decisioni che dobbiamo prendere.
Per questo, al compagno Graziadei, che come una delle conclusioni principali della sua adesione alla richiesta dell'Internazionale comunista, veniva qui a proporre una specie di scissione a scartamento ridotto, una epurazione, dicendo che egli si sentiva un pigmeo dinanzi ai giganti della rivoluzione[...]

[...]dobbiamo avere ben chiaro e preciso il nostro compito, e le decisioni che dobbiamo prendere.
Per questo, al compagno Graziadei, che come una delle conclusioni principali della sua adesione alla richiesta dell'Internazionale comunista, veniva qui a proporre una specie di scissione a scartamento ridotto, una epurazione, dicendo che egli si sentiva un pigmeo dinanzi ai giganti della rivoluzione russa, io devo rispondere: « Caro compagno Graziadei, noi vecchi socialisti d'Italia, non ci sentiamo né pigmei né giganti: ci sentiamo uomini naturali i quali sanno di avere un loro passato del quale devono rispondere, e un loro dovere da compiere verso l'avvenire, con lo stesso sentimento semplice e onesto col quale essi hanno cercato di compiere il loro dovere dal passato ad oggi ». (Approvazioni).
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Ma allora, mettendoci su questo punto di vista ed in questa posizione, con quella semplicità naturale e umana, cosí rispondente alla natura intima del nostro popolo, al nostro popolo italiano, di cui noi siamo l'espressione, noi che ci siamo semp[...]

[...]anno di avere un loro passato del quale devono rispondere, e un loro dovere da compiere verso l'avvenire, con lo stesso sentimento semplice e onesto col quale essi hanno cercato di compiere il loro dovere dal passato ad oggi ». (Approvazioni).
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Ma allora, mettendoci su questo punto di vista ed in questa posizione, con quella semplicità naturale e umana, cosí rispondente alla natura intima del nostro popolo, al nostro popolo italiano, di cui noi siamo l'espressione, noi che ci siamo sempre guadagnati il nostro pane ed il nostro salario lavorando per trenta o quarant'anni al servizio dei padroni, noi che abbiamo un carattere semplice e disadorno che non possono avere uomini della scienza e della dottrina, noi sentiamo come dalla nostra antica civiltà italica questa posizione di uomini semplici e naturali che non cercano di essere eroi, né cercano di diminuirsi, risponde realmente a quello che é il sentimento, l'istinto del nostro popolo. E guardate i fatti della politica come danno una giustificazione a questa sensazione che noi abbiamo. I popoli della vecchia civiltà hanno tutti un'anima speciale, tutti una psicologia speciale: avete visto il recente fenomeno che è avvenuto nella storia europea? Io meditavo stanotte e facevo passare le pagine di questo prezioso libro, che anche il compagno Graziadei ha portato a questa tribuna: « Le tesi dell'Internazionale comunista », che raccomando ai compagni di meditare per vedere quale immenso patrimonio di osservazioni, di coscienza e di onestà, vi sia in esse e come esse possano servire alla tesi che vengo a sostenere.
Avete osservato questi ultimi avvenimenti di Europa? Ha[...]

[...]o prezioso libro, che anche il compagno Graziadei ha portato a questa tribuna: « Le tesi dell'Internazionale comunista », che raccomando ai compagni di meditare per vedere quale immenso patrimonio di osservazioni, di coscienza e di onestà, vi sia in esse e come esse possano servire alla tesi che vengo a sostenere.
Avete osservato questi ultimi avvenimenti di Europa? Hanno un valore ed una importanza ed uno scopo diversi da quello che proponiamo noi, ma che rispondono per analogia, ai mezzi di sviluppo e di soluzione. Come risultato della guerra, i vincitori della guerra, l'Intesa, il blocco, la coalizione capitalisticoborghese anglosassone, hanno detronizzato il re di Grecia. Uno dei piú audaci avventurieri, il piú abile dell'imperialismo greco, Venizelos, era diventato l'arbitro della situazione. Il popolo di Grecia, il quale è uno dei popoli dell'antica civiltà, piú ancora, avanti di noi, che nella psicologia sua ha già liquidato questo vecchio culto verso l'eroismo degli altri, che anche per noi è roba vecchia e consumata che non risponde piú alla nostra vitalità. Ebbene, é successo questo: contro Venizelos le varie frazioni della borghesia che gli contrastavano il potere avevano armato la violenza dell'attentato. Egli è stato colpito da una palla di revolver. Ma questo non ha servito a niente. Cosa ha servito per liquidare Venizelos e la sua cricca imperialista? Ha servito semplicemente il suffragio universale ed il libero voto. Il successo elettorale della Grecia è stato quello che ha servito... (proteste dei comunisti) a liquidare Venizelos piú di quello che non abbiano fatto i me[...]

[...]to colpito da una palla di revolver. Ma questo non ha servito a niente. Cosa ha servito per liquidare Venizelos e la sua cricca imperialista? Ha servito semplicemente il suffragio universale ed il libero voto. Il successo elettorale della Grecia è stato quello che ha servito... (proteste dei comunisti) a liquidare Venizelos piú di quello che non abbiano fatto i mezzi violenti dei suoi rivali. (Rumori e interruzioni).
Questo dunque prova come in noi il culto dell'eroismo personale ed i propositi delle frazioni sono condannati a non avere possibilità di
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esercitare, su tutto lo spirito e su tutto l'insieme del sentimento del nostro popolo, quella forza di attrazione e di coesione che è pure necessaria perché la nostra azione di Partito possa servire a creare quella grande società in cui l'interesse del popolo italiano debba avere la possibilità di essere riconosciuto per liquidare la posizione venuta dopo la guerra.
Ma il compagno Graziadei concludeva il suo discorso in questo senso. Egli trovava che, perdurando nella sua composizio[...]

[...]sigenze rivoluzionarie che erano espresse dalle deliberazioni del Congresso della Terza Internazionale. La constatazione di questa impotenza rivoluzionaria del Partito socialista italiano portava il compagno Graziadei a domandare che per rimediare a questa condizione si dovesse allontanare la frazione riformista dal nostro Partito.
La frazione riformista 1 Io vorrei domandare a quattr'occhi al compagno Graziadei se egli crede proprio che quando noi avremo allontanato quei nostri compagni che si sono riuniti pochi mesi fa a Reggio Emilia ed hanno concluso la loro riunione con una deliberazione collettiva, se quando noi avremo allontanati questi compagni, il nostro Partito avrà acquistato una maggiore potenza rivoluzionaria. Io sono convinto che non sarebbe avvenuto nessun cambiamento sostanziale nella forma e nella capacità rivoluzionaria del nostro Partita. Sono convinto di questo, specialmente quando, osservando le deliberazioni di Reggio. Emilia, noi troviamo che questi nostri vecchi compagni legati al loro metodo ideale, al loro metodo riformista, sono già stati costretti ad ammettere questo concetto, che prima avevano continuamente rifiutato come dannoso alla vita del Partito, il concetto cioè dello sciopero generale, il concetto della dittatura del proletariato.
Noi, credo, dobbiamo felicitarci di essere riusciti; noi che abbiamo dominato nel Partito come maggioranza dopo il Congresso del 1912, dobbiamo felicitarci di essere riusciti a spogliare questo gruppo di nostri compagni dalle loro vecchie illusioni e dai loro vecchi spaventi. Sí, oggi anche tutta quella categoria dei Turati, dei Prampolini, ecc., non sentono piú quella paura che avevano prima di fronte alla pratica dello sciopero generale e della dittatura, e lo ammettono nelle loro conclusioni programmatiche. Noi dobbiamo quindi felicitarci nel vedere alla nostra azione coerente il Partito, e che la maggioranza vada lentamente
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sparendo. Tutt[...]

[...]mo dominato nel Partito come maggioranza dopo il Congresso del 1912, dobbiamo felicitarci di essere riusciti a spogliare questo gruppo di nostri compagni dalle loro vecchie illusioni e dai loro vecchi spaventi. Sí, oggi anche tutta quella categoria dei Turati, dei Prampolini, ecc., non sentono piú quella paura che avevano prima di fronte alla pratica dello sciopero generale e della dittatura, e lo ammettono nelle loro conclusioni programmatiche. Noi dobbiamo quindi felicitarci nel vedere alla nostra azione coerente il Partito, e che la maggioranza vada lentamente
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sparendo. Tutti questi gruppi che avevano danneggiata la vita del Partito vengono a far si che tutti coloro che appartengono al Partito, finiscono coll'essere realmente dei militanti utili e non hanno la possibilità né la volontà di impedire la sua potenza rivoluzionaria, la quale non. potrà essere acquistata per quelle importazioni che possono venire dall'estero, per le considerazioni che sono state fatte dai nostri compagni esteri venuti a parlare a questa tribuna, ma de[...]

[...]tutti coloro che appartengono al Partito, finiscono coll'essere realmente dei militanti utili e non hanno la possibilità né la volontà di impedire la sua potenza rivoluzionaria, la quale non. potrà essere acquistata per quelle importazioni che possono venire dall'estero, per le considerazioni che sono state fatte dai nostri compagni esteri venuti a parlare a questa tribuna, ma deve venire dalla nostra potenza rivoluzionaria, dalla situazione che noi abbiamo potuto determinare perché siamo alle prese con la nostra classe dominante.
Se lo sviluppo del nostro Partita è strettamente legato e deve subire per forza tutti i sentimenti e tutte le aspirazioni che sono in mezzoal nostro popolo, se vogliamo realmente raggiungere la nostra potenza rivoluzionaria, dobbiamo utilizzare continuamente i mezzi che abbiamo a disposizione nel nostro Paese e nella situazione nella quale ci troviamo. Certamente che la deliberazione approvata in quel Convegno che venne tenuto dai centristi e concentrazionisti a Reggio Emilia, certamente che quella deliberazio[...]

[...]Turati ha fatto sul serio quelle dichiarazioni che sono state illustrate a questa tribuna, dichiarazioni precise, specifiche per la istituzione di due Partiti con due programmi, con due obbiettivi diversi, se realmente ha fatto sul serio queste dichiarazioni, egli dovrebbe scegliere la sua via ed allontanarsi dalle nostre fila. Ma il giorno che egli e quelli che pensano e sentono come lui restano nel nostro Partita, io dico che è sufficiente per noi, è sufficiente per la nostra vitalità, per la possibilità e la libertà della formazione della potenza rivoluzionaria del nostro Partito, è sufficiente lasciare che quel principio che il compagno Graziadei ha rilevato cosí utile e cosí seducente nella sua esposizione, « la libertà del pensiero e' la disciplina nell'azione », quel principio serva . di norma e di garanzia perché la vitalità del nostro Partito debba essere sempre rivolta a quegli obiettivi, a quegli scopi, a quei mezzi che la volontà delle nostre assemblee hanno tracciato al Parlamento attraverso i diversi periodi della sua stori[...]

[...]quegli obiettivi, a quegli scopi, a quei mezzi che la volontà delle nostre assemblee hanno tracciato al Parlamento attraverso i diversi periodi della sua storia.
Purtroppo il compagno Graziadei trova che questa massima, di cui attribuisce a me la paternità (e che io accetto volentieri) non sia sostenuta dalle buone norme direttive della nostra vita organizzata. È vero che il compagno Graziadei dice che adesso questa massima non è piú utile, che noi ci troviamo di fronte ad esigenze speciali... Ah 1 no, compagno Graziadei. Quando tu riconosci la bontà e la forza di questa massima del passato e vieni a negarla nel presente, tu stesso sei vittima di
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un opportunismo che noi crediamo non debba essere ammesso nel sistema col quale noi affrontiamo le nostre diverse situazioni. Opportunismo politico che è stato colpito dalle deliberazioni della Terza Internazionale che ha pure vincoli e legami con questo opportunismo locale col quale si crede di sistemare in modo utile al nostro movimento. gli interni rapporti fra militanti dello stesso Partito. Io mi rifiuto di adottare questo sistema di opportunismo morale. Se c'è una massima la quale rappresenti, realmente, nella grande conquista della libertà di pensiero, la possibilità di tutta la coscienza e di tutta l'anima di coloro che sono raccolti in base al programma comune e deb[...]

[...]lti in base al programma comune e debba citare continuamente il tesoro della propria competenza attraverso il nostro movimento, è appunto questa libertà di pensiero che è il patrimonio piú grande che sia stato conquistato dalla nostra civiltà italiana. Ora, sacrificare questa per le esigenze di un popolo di nuova civiltà, il quale si è trovato in circostanze favorevoli di compiere prima degli altri la propria rivoluzione proletaria non è giusto. Noi siamo qui a battere le mani e a dare tutta la solidarietà, e non soltanto solidarietà apparente, ma efficace, al movimento dei nostri compagni russi, ma siamo qui anche a rivendicare la dignità del nostro movimento, la necessità della sua libertà ed a prendere le nostre deliberazioni. (Applausi). E la nostra adesione alla Terza Internazionale non sia deliberazione di pigmei, non sia deliberazione di deboli, ma di uomini di spirito libero che hanno coscienza della situazione nella quale ci troviamo e vogliono portare alla Terza Internazionale una forza compatta e cosciente e non una debolezza.[...]

[...]l nostro movimento, la necessità della sua libertà ed a prendere le nostre deliberazioni. (Applausi). E la nostra adesione alla Terza Internazionale non sia deliberazione di pigmei, non sia deliberazione di deboli, ma di uomini di spirito libero che hanno coscienza della situazione nella quale ci troviamo e vogliono portare alla Terza Internazionale una forza compatta e cosciente e non una debolezza. (Applausi).
Il compagno Graziadei diceva che noi, per i meriti che abbiamo nel passato, intendiamo ottenere delle eccezioni dai compagni della Terza Internazionale. No, noi non crediamo di avere meriti speciali:. noi crediamo, semplicemente — ed io che sono stato uno degli artefici responsabili dell'andamento del Partito durante la guerra — di avere sempre fatto il nostro dovere, tutto quel dovere che potevamo fare di fronte al dilemma della compagine socialista nazionale ed internazionale. Tutto quello che dovevamo, che potevamo fare, abbiamo cercato di farlo e quindi domandiamo ai nostri compagni di Russia non un riconoscimento dei nostri meriti, ma la valutazione chiara della situazione nella quale noi ci troviamo. Ecco perché noi non domandiamo eccezioni, ma facciamo semplicemente appello alle stesse [...]

[...]to uno degli artefici responsabili dell'andamento del Partito durante la guerra — di avere sempre fatto il nostro dovere, tutto quel dovere che potevamo fare di fronte al dilemma della compagine socialista nazionale ed internazionale. Tutto quello che dovevamo, che potevamo fare, abbiamo cercato di farlo e quindi domandiamo ai nostri compagni di Russia non un riconoscimento dei nostri meriti, ma la valutazione chiara della situazione nella quale noi ci troviamo. Ecco perché noi non domandiamo eccezioni, ma facciamo semplicemente appello alle stesse deliberazioni della Terza Internazionale, un appello certamente molto modesto, ma onesto, per cui nella mia mozione è appunto espresso chiaramente come la nostra adesione alla Terza Internazionale abbia una sua caratteristica
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speciale. Noi abbiamo data quella adesione prima di tutti gli altri Partiti in Europa e prima ancora di quelli che hanno risposto al messaggio del marzo 1918, perché la nostra adesione alla Terza Internazionale data dalla prima riunione di Zimmerwald, la quale è stata fatta e combinata appunto per gli sforzi dei nostri compagni proletari d'Italia, che a mezzo del compagno Morgari, nostro ambasciatore internazionale, hanno gettato le prime basi di quella che è stata poi la Terza Internazionale. (Applausi).
Dunque, cari compagni, noi siamo qui a sostenere questo diritto, semplice ed onesto, che siano tenute[...]

[...] e prima ancora di quelli che hanno risposto al messaggio del marzo 1918, perché la nostra adesione alla Terza Internazionale data dalla prima riunione di Zimmerwald, la quale è stata fatta e combinata appunto per gli sforzi dei nostri compagni proletari d'Italia, che a mezzo del compagno Morgari, nostro ambasciatore internazionale, hanno gettato le prime basi di quella che è stata poi la Terza Internazionale. (Applausi).
Dunque, cari compagni, noi siamo qui a sostenere questo diritto, semplice ed onesto, che siano tenute in considerazione le caratteristiche speciali del nostro movimento, non per farci dei meriti e non per domandare eccezioni. Però noi comprendiamo — guarda, compagno Graziadei, come noi siamo diretti nel nostro criterio, nel nostro giudizio, da questo alto sentimento di solidarietà e di fraternità coi compagni della Terza Internazionale — noi comprendiamo perché i compagni della Terza Internazionale manifestano delle preferenze e delle indulgenze per i compagni della Francia, dell'Inghilterra e della Germania i quali hanno compiuto meno di noi, anzi non hanno compiuto affatto, il loro dovere nazionale ed internazionale (bravo !) durante la guerra. Noi comprendiamo. E c'è qui scritto, nelle «Tesi e Statuto dell'Internazionale comunista », quel luminoso documento che è il « manifesto », ove si legge, nella prima parte, il primo documento portato. Troverete ivi espresso, in modo indiretto, questo concetto che io esprimo. Nell'orribile conflitto degli interessi capitalistici del mondo, che per 4 o 5 anni ha devastato tutta la vita morale e materiale della civiltà attuale, l'Italia non ha contato che come un accessorio, come una appendice, ed è stata trattata come una appendicite da potere risolvere e tagliare. La borghesia italiana, il capital[...]

[...]ell'equilibrio internazionale e mondiale della borghesia, si desti e si sviluppi quella fiamma rivoluzionaria proletaria che purtroppo è stata una entità trascurabile in mano dei Par
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titi socialisti della Francia, dell'Inghilterra e della Germania, Partiti so cialisti che avevano tradizioni e passato maggiori del nostro, mezzi ed estensione maggiori del nostro, ma che erano, inizialmente, Partiti socialisti socialdemocratici e patriottici. Noi in Italia non siamo mai stati tali (approvazioni), perché fino dalle nostre origini, fino dalle origini proprie del Partito operaio italiano costituito da diciassette disperati proletari di Milano nel 1882, abbiamo sempre rifiutato di venderci alle seduzioni fatte in tutte le forme dalla socialdemocrazia attuale ed abbiamo sostenuto una lotta implacabile contro le vecchie nequizie, le vecchie menzogne che erano davanti a noi dal '48 in poi.
Ecco perché, si capisce, i nostri compagni russi debbono avere tanti riguardi per il movimento francese, inglese e tedesco. Che i compagni russi ci trattino piú o meno bene riguarda noi, però dobbiamo fare loro riconoscere che, come abbiamo compiuto fino a qui il nostro dovere, cercheremo di compierlo anche nell'avvenire.
Ecco quali sono le norme, la guida, l'indirizzo che noi cerchiamo di imprimere al nostro Partito perché il nostro Partito possa essere all'altezza dei tempi, all'altezza del movimento e degli avvenimenti che si preparano e possa affrettare questi avvenimenti con la sua forza compatta ed omogenea, sempre piú omogenea. Voi sapete che da quando si è creato il Partito, tanto lavoro si è fatto per spogliarlo delle sue scorie, dei suoi pericoli, dei suoi danni. Noi dobbiamo dire ai nostri compagni di Russia, ai nostri compagni della Terza Internazionale, i quali sono venuti a questa tribuna a dirci tante belle cose, a darci tanti bei consigli, ad esprimerci tante belle considerazioni, che debbono tener conto della situazione in cui si trova il Partita socialista d'Italia e debbono riconoscere quello che noi abbiamo fatto per la nostra vita ed anche a favore dei Partiti di tutto il mondo.
Vi ricordate nel 1912 quando il nostro Partito ha liquidato i socialpatrioti e i socialdemocratici che esistevano nel nostro Partito? I Bono mi, i Cabrini, i Podrecca, i Bissolati sono stati espulsi dal nostro Partito appunto perché erano la espressione di quella corrente, che cosí si è tolta dallo inceppare la vita del Partito. Tutto ciò non è stato mai fatto da nessun altro dei Partiti socialisti del mondo. Né Millerand, né Briand in Francia sono stati mai considerati fuori delle file del loro Partito per liq[...]

[...]abrini, i Podrecca, i Bissolati sono stati espulsi dal nostro Partito appunto perché erano la espressione di quella corrente, che cosí si è tolta dallo inceppare la vita del Partito. Tutto ciò non è stato mai fatto da nessun altro dei Partiti socialisti del mondo. Né Millerand, né Briand in Francia sono stati mai considerati fuori delle file del loro Partito per liquidare con questo atto la corrente di azione politica che loro rappresentavano. E noi abbiamo quindi pieno diritto di volere che si tenga conto di questi avvenimenti storici che hanno il loro valore. Ed è questo che nella nostra mozione, quando voi, all'art. 17, ci dite di romperla con la politica del riformismo, noi vi diciamo « Grazie,
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cari compagni, del consiglio: noi questo lo abbiamo già fatto nel 1912 ». (Approvazioni, applausi, rumori). E siamo pronti a farlo ancora. (Applausi). Per quella disciplina nell'azione che noi vogliamo sia resa sempre piú perfetta, sempre piú organica e piú effettiva ed efficace. Per questo mi sono scandalizzato — e lo dicevo al compagno Turati col quale sono vicino di posto e di studio negli uffici montecitoriali —quando il compagno Turati ha dato la mancia a quel ferroviere che conduceva quel treno. (Rumori). « Caro Turati, gli dicevo, questa volta l'hai fatta grossa... ». (Ilarità). Ed io ho sempre pensato che i compagni della Sezione di Milano avrebbero dovuto capire che era una bella occasione per dare una lezione, non al compagno Turati che la pub dare a noi, ma alla necessit[...]

[...]dicevo al compagno Turati col quale sono vicino di posto e di studio negli uffici montecitoriali —quando il compagno Turati ha dato la mancia a quel ferroviere che conduceva quel treno. (Rumori). « Caro Turati, gli dicevo, questa volta l'hai fatta grossa... ». (Ilarità). Ed io ho sempre pensato che i compagni della Sezione di Milano avrebbero dovuto capire che era una bella occasione per dare una lezione, non al compagno Turati che la pub dare a noi, ma alla necessità che la disciplina sia non semplicemente una parola scritta sulla carta, ma un fatto concreto e continuo per mantenere l'azione di tutti i compagni in quella continua direttiva che è stabilita alla Direzione dai nostri Congressi, dalle nostre assemblee. I nostri compagni di Milano sono stati invece di manica larga ed è passata anche questa. (Rumori).
Ecco, come vi dicevo, che voi avete già a vostra disposizione i mezzi coi quali potere rimediare agli errori, togliere i difetti senza ricorrere a questa scissione la quale ci viene consigliata da coloro che non conoscono la no[...]

[...]informati? Le informazioni che io ho dato al compagno Lenin ed al compagno Trotzki nelle riunioni di Zimmerwald e di Kienthal non portavano certamente alle conclusioni a cui essi sono venuti. (Approvazioni). Io mi ricordo che salutando i compagni di Russia, insieme ai quali facevo parte di diverse Commissioni, salutando quei compagni, perché si avvicinava il primo maggio ed era quindi necessario che io fossi in Italia, dissi al compagno Lenin: « Noi andiamo in Italia. Io ho la direzione del Partito socialista italiano. Io vi dico, compagni di Russia: Siamo nel pieno della guerra, nel pieno dei furori, degli orrori che sono scatenati nel mondo dal conflitto degli interessi degli sfruttatori del lavoro. Noi socialisti d'Italia non possiamo promettervi di fare grandi cose: vi promettiamo una cosa sola: noi non ci curveremo mai di fronte al misfatto dei nostri dominatori ». (Bravo !). Il compagno Lenin ha detto: « Questo basta per la nostra coscienza, per assicurarci della fede e della bontà del Partito socialista italiano ». Noi ci siamo lasciati, poi gli avvenimenti ci hanno travolto e oggi troviamo il compagno Lenin e gli altri compagni di Russia informati imperfettamente, non vogliamo dire artificiosamente informati, sulla situazione in cui ci troviamo. Oggi essi vengono a con
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sigliarci ed a spingerci continuamente verso la scissione fra noi, che non è né utile né necessaria.
La direttiva di questa scissione quale è? L'anno scorso a Bologna noi eravamo agitati da questa visione che naturalmente si era introdotta anche nelle file del nostro Partito e che era conseguenza dello scatenarsi della violenza della guerra, della violenza armata cosí perfetta, cosí sistematica, cosí bene organizzata dal capitalismo che aveva cagionato il conflitto, ed aveva fatalmente, logicamente portato l'animo di molti nostri compagni ad apprezzare questa forma della violenza armata come una forma di risoluzione delle questioni e dei conflitti che esistono continuamente. Quindi si capiva che il nostro Partito era costretto a dibattersi con questa visione. [...]

[...]le questioni e dei conflitti che esistono continuamente. Quindi si capiva che il nostro Partito era costretto a dibattersi con questa visione. Io lo chiamo un fantasma, io lo chiamo una deformazione dalle nostre vere direttive, che sono contrarie a credere che questo culto verso gli strumenti della violenza debba essere il vero veicolo che possa condurci al possesso, possa condurci a quella situazione di giustizia e di uguaglianza verso la quale noi aneliamo. È per questo che io ho sempre cercato di impedire che i nostri compagni dovessero lasciarsi trascinare da questa ondata di fanatismo verso la violenza, per la quale, con cieca fede, essi seguivano questa vecchia massima da gesuiti: « Il fine giustifica i mezzi ». Ah l no. Per me il fine non ha mai giustificato i mezzi; i mezzi malvagi non danno che fini malvagi, ed il fine buono ha bisogno di mezzi buoni. E per questo vincolo, per questa catena immediata e continua fra i mezzi ed il fine che noi siamo contro la violenza. Se c'è un esempio nella storia del mondo che può incoraggiarvi[...]

[...]re che i nostri compagni dovessero lasciarsi trascinare da questa ondata di fanatismo verso la violenza, per la quale, con cieca fede, essi seguivano questa vecchia massima da gesuiti: « Il fine giustifica i mezzi ». Ah l no. Per me il fine non ha mai giustificato i mezzi; i mezzi malvagi non danno che fini malvagi, ed il fine buono ha bisogno di mezzi buoni. E per questo vincolo, per questa catena immediata e continua fra i mezzi ed il fine che noi siamo contro la violenza. Se c'è un esempio nella storia del mondo che può incoraggiarvi su questa via, non esito a dirvi di considerarlo. Pensate però quello che è avvenuto alla fine dell'Impero romano. Le legioni cristiane di Procaspio che si sono trovate alla guerra di Persia non hanno avuto bisogno di esercitare la violenza. La violenza armata era data dal regime dell'Impero romano: la violenza dei cristiani è stata invece questa: una violenza morale che ha tolto loro il mezzo di adoperare le armi e gli strumenti che erano dati per difendere i privilegi, e con questa violenza morale essi [...]

[...]la guerra di Persia non hanno avuto bisogno di esercitare la violenza. La violenza armata era data dal regime dell'Impero romano: la violenza dei cristiani è stata invece questa: una violenza morale che ha tolto loro il mezzo di adoperare le armi e gli strumenti che erano dati per difendere i privilegi, e con questa violenza morale essi hanno lasciato cadere il regime iniquo dell'Impero romano. Ora questo grande esempio dovrebbe farci capire che noi apprezziamo anche oggi come la violenza sia una triste necessità storica, ma abbiamo bisogno di adoperare questa violenza non per se stessa, non come una bassa azione nostra in concorrenza con l'azione violenta dei nostri nemici e dominatori. Quando noi avremo illuminato la mente e la coscienza di coloro che maneggiano gli strumenti della violenza, avremo fatta la piú grande conquista. (Applausi della maggioranza, interruzioni dei comunisti).
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Purtroppo voi vedete come anche il nostro Partito, che può anche orgogliosamente guardare i successi elettorali di questi ultimi tempi, del 1919 e del 1920, purtroppo noi siamo costretti a considerare come siamo lontani ancora dall'avere conquistato con la nostra lotta e propaganda l'anima di questo povero proletariato italiano. Pensate alla situazione in cui si sono trovati con l'esito delle elezioni politiche del 1919. Ci avete mai pensato? Non siamo nemmeno raddoppiati come forza elettorale, e siamo quadruplicati di forza parlamentare. C'è una sproporzione evidente in questo successo elettorale politico che deve insegnare qualche cosa. Ma come? Noi abbiamo continuato per tutto il periodo della guerra nel nostro atteggiamento, nella nostra propaganda, nella [...]

[...]siamo lontani ancora dall'avere conquistato con la nostra lotta e propaganda l'anima di questo povero proletariato italiano. Pensate alla situazione in cui si sono trovati con l'esito delle elezioni politiche del 1919. Ci avete mai pensato? Non siamo nemmeno raddoppiati come forza elettorale, e siamo quadruplicati di forza parlamentare. C'è una sproporzione evidente in questo successo elettorale politico che deve insegnare qualche cosa. Ma come? Noi abbiamo continuato per tutto il periodo della guerra nel nostro atteggiamento, nella nostra propaganda, nella nostra influenza; noi dopo la guerra abbiamo cercato di rendere sempre piú perfetto il congegno della nostra lotta e siamo arrivati a questo risultato, negativo per me, per i concetti miei, di avere cioè quadruplicato le nostre forze parlamentari e di non avere neppure raddoppiate le nostre forze elettorali. Questo risultato è quello che ci deve ammonire della situazione in cui ci troviamo e deve farci capire come le esigenze e le necessità del nostro movimento non siano finite e non possiamo fare getto di questa nostra compagine e di questa nostra forza di organizzazione. Per questo la necessità della scissione, [...]

[...]lla situazione in cui ci troviamo e deve farci capire come le esigenze e le necessità del nostro movimento non siano finite e non possiamo fare getto di questa nostra compagine e di questa nostra forza di organizzazione. Per questo la necessità della scissione, che viene consigliata dai nostri compagni che lottano meravigliosamente per la rivoluzione russa, per la rivoluzione del loro paese, non è giusta e opportuna perché verrebbe ad indebolire noi nella lotta che dobbiamo fare non tanto contro i padroni del nostro paese, ma contro gli incoscienti, gli ignoranti e gli indifferenti dai quali siamo circondati.
Ecco, cari compagni, perché vi chiamo a considerare gravemente,. seriamente, ed anche tristemente, la situazione nella quale ci troviamo, di fronte alla necessità di decidere che abbiamo, perché la Direzione del Partito ci ha portati a decidere su questa base. La Terza Internazionale, la quale è stata male informata, in piena buona fede, ma imperfettamente, ed i nostri compagni di Russia ci consigliano continuamente, ci spingono a [...]

[...]rtati a decidere su questa base. La Terza Internazionale, la quale è stata male informata, in piena buona fede, ma imperfettamente, ed i nostri compagni di Russia ci consigliano continuamente, ci spingono a fare sí che questa scissione avvenga per la necessità del loro movimento e fanno appello agli organi loro speciali in Italia, coi quali si vede hanno rapporti diretti e che sono considerati come il loro Vangelo.
L'Ordine Nuovo di Torino. Sí, noi abbiamo visto con molta simpatia, anche per i muri delle città, i manifesti di questo giornale, significanti il mondo legato con le catene ed il proletariato che spezza queste catene che cascano nell'abisso del creato. È l'ordine nuovo ! Mi ricordo di essermi fermato davanti a quel manifesto. Ma guarda un po' ! L'Ordine Nuovo? Ma perché? Ma questo è ordine vecchio ! Noi abbia
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mo sempre lavorato e lottato per quest'ordine. Noi al popolo abbiamo sempre detto questo, abbiamo sempre detto che questo era l'ordine che si doveva raggiungere in un prossimo futuro e che dovevamo preparare. Di nuovo c'è niente sotto la cappa del cielo. Dal passato preistorico, allorché gli uomini erano fratelli e che poi si sono divisi per necessità della loro vita economica, da allora siamo arrivati al punto in cui oggi si trovano. E vengono all'ordine nuovo? No. Vengono all'ordine futuro, piú perfettamente, in cui sono garantiti gli interessi dei produttori, i quali non debbono piú essere né schiavi né vittime degli speculatori e dei prop[...]

[...]trovano. E vengono all'ordine nuovo? No. Vengono all'ordine futuro, piú perfettamente, in cui sono garantiti gli interessi dei produttori, i quali non debbono piú essere né schiavi né vittime degli speculatori e dei proprietari.
Ecco dunque. Quando mi sono trovato di fronte al gruppo dei. compagni torinesi, pieni di sapienza, di attività e di giovinezza, mi sono ricordato quando quaranta anni or sono abbiamo cominciato col Fascio operaio. Anche noi allora eravamo inesauribili di fecondità, nel gettare continuamente legna nel nostro vulcano intellettuale, nell'eccitare e gettare fuori continuamente il prodotto della nostra passione, il fremito delle nostre osservazioni. Bene; benissimo fanno i compagni dell'Ordine Nuovo. Ma ho osservato continuamente una specie di difetto nelle loro manifestazioni ed è una deficenza nel sentimento, in quel sentimento che ci deve guidare continuamente attraverso la nostra azione ed in rapporto al sentimento della fraternità e dell'uguaglianza fra di noi. (Approvazioni).
Guardate cosa mi capita di leggere[...]

[...]intellettuale, nell'eccitare e gettare fuori continuamente il prodotto della nostra passione, il fremito delle nostre osservazioni. Bene; benissimo fanno i compagni dell'Ordine Nuovo. Ma ho osservato continuamente una specie di difetto nelle loro manifestazioni ed è una deficenza nel sentimento, in quel sentimento che ci deve guidare continuamente attraverso la nostra azione ed in rapporto al sentimento della fraternità e dell'uguaglianza fra di noi. (Approvazioni).
Guardate cosa mi capita di leggere in questo giornale. Vi si pubblica il programma del Partito comunista il quale viene a dire che il Partito comunista, riunendo in sé la parte piú avanzata e cosciente del proletariato... Modestia a parte, i compagni nostri di Torino si credono la parte piú avanzata e piú cosciente del proletariato. Ho piacere di constatare in essi la superba sicurezza. Noi non ci siamo mai considerati né piú avanti, né piú coscienti degli altri, ma ci siamo sempre limitati a dire che, tenendo conto della situazione in cui ci troviamo, è necessario che tutti quanti uniamo le nostre facoltà, i nostri diritti, la nostra buona volontà; dobbiamo unirci compatti, solidali, fratelli, perché nella formazione delle organizzazioni non si creino frazioni di gruppo... (applausi della maggioranza), le quali ci possano condurre, attraverso qualche eccezione degli uni e degli altri, alla costituzione di frazioni e gruppi. Ogni organismo ha bisogno di vivere e di sviluppare e [...]

[...]che eccezione degli uni e degli altri, alla costituzione di frazioni e gruppi. Ogni organismo ha bisogno di vivere e di sviluppare e di dominare e non possiamo confondere lo sviluppo delle proprie frazioni con quello che deve essere lo sviluppo e l'interesse di tutta quanta la grande massa dei nostri compagni organizzati sulle basi dei nostri programmi.
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Ecco perché, attraverso tutto questo ragionamento, io vengo a dire che è necessario che noi affrontiamo nelle sue fondamenta teoriche questa situazione che si è venuta a determinare fra di noi, con questa distinzione che viene fatta fra il Partito socialista, (che attraverso i suoi uomini ormai da 40 anni ha scritto la sua storia nel nostra paese e che può dire di essere una forza, di contare per qualche cosa, di avere dato prima di tutti gli altri la sua adesione alla Terza Internazionale), ed il Partito comunista. Mi ricordo quando avevo ottenuto dalla Direzione del Partito l'adesione alla Terza Internazionale, il primo messaggio venuto, attraverso vicende romantiche, da Mosca. Allora vi sono stati compagni che hanno fatto critiche severe a questo atto a me ed alla Direzione di a[...]

[...]comunista. Mi ricordo quando avevo ottenuto dalla Direzione del Partito l'adesione alla Terza Internazionale, il primo messaggio venuto, attraverso vicende romantiche, da Mosca. Allora vi sono stati compagni che hanno fatto critiche severe a questo atto a me ed alla Direzione di allora. Il compagno Graziadei non ha mosso un dito per difendere le ragioni per le quali abbiamo dichiarato l'adesione nostra alla Terza Internazionale. (Approvazioni).
Noi abbiamo avuto sempre gelosa cura di volere che la dittatura sia la dittatura fatta dai proletari contro la borghesia, non la dittatura fatta dalle varie frazioni del Partito in seno al Partita. (Approvazioni). Ora la caratteristica calla quale oggi questa frazione, che si intitola « comunista », vuole portare la scissione fra noi, nella credenza, nella illusione di creare con questo una forza maggiore, una omogeneità maggiore nel nostro movimento, deve essere considerata molto seriamente. Contra questo nostro appellativo, questo nostro titolo di « socialisti » che noi ci siamo portati come nostro distintivo e connotato attraverso la storia delle nostre lotte, viene opposta la qualifica di « comunisti ». In Italia ha ragione di esistere questa distinzione? Io sono qui mandato anche dai contadini socialisti di Piana dei Greci. Il compagno Barbato, che mi ha incoraggiato ad accettare questo mandato, mi ha scritto una lunga lettera che fu pubblicata anche sull'Avanti ! di qualche mese fa, un po' greve e pesante, ma le cui conclusioni erano queste: In Italia, data la nostra storia, data la nostra attività, data la nostra politica, non esiste una differenza fra [...]

[...]esta distinzione? Io sono qui mandato anche dai contadini socialisti di Piana dei Greci. Il compagno Barbato, che mi ha incoraggiato ad accettare questo mandato, mi ha scritto una lunga lettera che fu pubblicata anche sull'Avanti ! di qualche mese fa, un po' greve e pesante, ma le cui conclusioni erano queste: In Italia, data la nostra storia, data la nostra attività, data la nostra politica, non esiste una differenza fra Comunismo e Socialismo. Noi siamo diventati socialisti quaranta anni fa, educando la nostra anima sulla base del « Manifesto dei comunisti », di Carlo Marx, del 1848. Noi ci siamo sempre considerati i veri comunisti, i soli comunisti che esistevano allora in Italia. Ci siamo chiamati socialisti perché? Perché il Socialismo esprime ed indica chiaramente che il nostro scopo è quello di capovolgere totalmente i rapporti della vita sociale moderna. Il Comunismo è per noi il contenuto di quel grande quadro, di quel grande patrimonio di civiltà che si chiama « civiltà socialista ». Il Socialismo è il contenente del Comunismo, il Comunismo è quella caratteristica
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speciale che é stata necessaria di adottare in Europa per l'abuso che venne fatto del name di socialista. Quelli che hanno fatto l'abuso hanno attaccato l'aggettivo qualificativo. Noi in Italia ci siamo sempre chiamati « socialisti » perché la nostra base era appunto quella del « Manifesto dei comunisti », il quale conclude appunto con queste memorabili parole. Meditatele compagni. A noi qui il Comitato ordinatore ha voluto ricordarcele con quel cartello perché fossero un ammonimento e dovessero consigliarci a pensare a quello che facciamo: «Proletari di tutti i paesi unitevi ». (Approvazioni, applausi della maggioranza).
Perché dice « unitevi » e non « dividetevi » ? perché dice « unite vi » e non « separatevi » ? (Approvazioni, applausi).
Perché, o proletari, la vostra unione sarà la vostra forza e la vostra divisione sarà la vostra debolezza. (Applausi della maggioranza, interruzioni dei comunisti).
Ma dice qualche cosa di piú, compagni. Meditatela questa conclusione de[...]

[...]i chiamano comunemente « socialisti » erano tutti dei transigenti, degli accomodanti, della gente collaborazionista con le classi dominanti ed hanno dovuto scegliere questo precipitato, questo termine di distinzione, nel Comunismo, il quale rappresenta appunto il futuro ordinamento economico della società comunista. E stato necessario adottarlo in Germania, in Svizzera, in Inghilterra, in Francia, dappertutto dove c'è stata questa confusione. Da noi in Italia, adottare questo nuovo nome sarebbe un fare credere che il Comunismo é qualche cosa di diverso dal Socialismo.
Guardate a che acciecamento si arriva ! C'è stato un buon compagno del nostro Partita, un mio consanguineo, il quale mi scriveva che egli aveva accettato di fare parte della frazione comunista perché «piú avanzata » e che si è trovato poi espulso dalla frazione comunista perché non ha voluto accettare il mezzo di azione della violenza, ed egli aveva creduto, appartenendo alla frazione comunista di essere piú avanzato ! Quando si viene a mettere la questione in questo modo,[...]

[...]oi quali
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non c'è da fare niente: andiamo con gli altri poiché il Comunismo sarà qualche cosa di diverso dal Socialismo ».
Per evitare i pericoli che possono avvenire, io vi prego di leggere e rileggere quell'opuscoletto che venne stampato dall'Avanti !, il primo manifesto firmato anche dai compagni Bombacci, Graziadei, Bordiga, il quale finisce col rilevare che l'obbiettivo generale che dobbiamo raggiungere é la civiltà socialista. Ora se noi abbiamo in questo titolo di «c socialista » comunemente accettato in Italia, la espressione chiara e completa del grande scopo che dobbiamo raggiungere, perché noi dobbiamo, nella speranza di rimediare ai mali ed ai difetti della nostra organizzazione, cambiare la nostra qualifica e diventare K comunisti »? In questo modo accettiamo di non essere mai stati dei comunisti, mentre in Italia abbiamo adottato come base della nostra dottrina, della nostra educazione, della nostra convinzione, i principi comunisti portati dal « Manifesto » di Carlo Marx.
Per evitare questa contraddizione noi diciamo chiaramente che non accettiamo questa distinzione, che è artificiale, che viene fatta in perfetta buona fede. Ah ! sí. Purtroppo il compagno Serrati é costretto a scontare oggi quella tentazione, quella debolezza che anche egli ha avuto, di essersi lasciato trascinare l'anno scorso su questo terreno nella discussione fatta al Congresso di Bologna che era la conseguenza di questa specie di fanatismo per il miracolo della violenza e del mezzo di azione della violenza, che non era certo da adottare per un Partito come il nostro. Certo vi sono nel nostro Partita elementi i quali hanno con[...]

[...]ono elementi che in generale nella loro vita hanno avuto una base continuamente mobile, movimentata, e quindi nella loro mente pare di mancare al loro compito ed al loro dovere se non vanno continuamente ad elaborare teorie nuove, dottrine nuove, punti di vista nuovi. C'é della gente a cui pare mancare al loro scopo, alla loro mente pare di mancare al loro compito ed al loro dovere se altri invece i quali hanno altre qualità, e in generale siamo noi, vecchi proletari, noi che abbiamo sempre combattuto (io non sono mai stato giovane socialista) e siamo diventati socialisti quando abbiamo scoperto che il segreto dell'ingiustizia era rivelato dalla scienza socialista comunista dei nostri compagni che ci hanno preceduto nello studio della situazione sociale. Siamo diventati socialisti col nostro pensiero fisso di raggiungere quello scopo che stava scritto nel nostro programma. Il solo mezzo di azione era la lotta implacabile, continua, inflessibile, intransigente contro i nemici dell'umanità. Una volta stabilitaquesta base di azione e questo punto di arrivo ci sia[...]

[...]lla situazione sociale. Siamo diventati socialisti col nostro pensiero fisso di raggiungere quello scopo che stava scritto nel nostro programma. Il solo mezzo di azione era la lotta implacabile, continua, inflessibile, intransigente contro i nemici dell'umanità. Una volta stabilitaquesta base di azione e questo punto di arrivo ci siamo dedicati tutti,
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con ogni sforzo, per raccogliere le masse immense ed innumerevoli dei proletari d'Italia. Noi cosí avevamo la nostra funzione realmente utile per la vita e l'umanità. Questa è la missione dei proletari, i quali non credono né al signore né alla madonna, né al re, né alla repubblica, vecchi fantasmi che hanno servito al brigantaggio delle altre civiltà: ma hanno bisogno di avere dinanzi a sé l'ideale socialista. Ed è per questo ideale che noi abbiamo chiamato intorno alla nostra fede grandi schiere di nostri compagni organizzati nelle organizzazioni politiche ed economiche. Continuiamo per questa via ed adoperiamo ogni nostra energia per fare in modo che questa massa diventi piú importante, piú omogenea, piú travolgente contro i nemici del nostro avvenire e della nostra civiltà.
Ed allora ecco perché dalla nostra opera ne è scaturita quella sensazione che noi siamo della gente di fermezza e di solidità e per questo, attraverso il Partito socialista, si è raccolto questo largo consenso, e per questo si sono sfrondate, attraverso a noi, tutte le malefatte che da una parte e dall'altra vi sono state. Oh ! sí, noi abbiamo partecipato al periodo convulsivo del tempo del sindacalismo, abbiamo attraversato il periodo del riformismo e del militarismo, eppure mai la nostra fermezza, mai la solidità di coloro che dirigevano la nostra frazione socialista, rivoluzionaria, intransigente, ha potuto raccogliere intorno a sé la possibilità di dire alla maggioranza del nostro Partito che questa teoria, che questa pratica, che questa politica, la quale ci ha dato questo successo elettorale, politico ed amministrativo, del quale dobbiamo andare giustamente fieri ed orgogliosi, sia una teoria sbagliata.
Il compagno B[...]

[...] discorso di questo genere che facevo all'Unione socialista romana, disse che questi sono successi della legalità, ma che dobbiamo tenere conto della illegalità. Questi comunisti che oggi qui, per bocca del compagno bulgaro, sono venuti a vantare le caratteristiche della loro qualità di interpreti veri, di veri rappresentanti della Terza Internazionale, che sono venuti a consigliarci la scissione e la liquidazione dei riformisti — riformisti che noi abbiamo liquidato sino dal 1912 — non hanno ancora liquidato dal loro Partito i massoni! (Approvazioni). Questo comunista bulgaro, sapete come è venuto a presentarci il successo del Partito socialista di Bulgaria? Non è venuto a presentarci un successo di lotta violenta, ma un successo elettorale. Noi siamo qui a congratularci per i vostri successi, ma abbiamo bisogno che voi vi congratuliate dei nostri. Fino a che dura nel mondo e nelle varie nazioni, che sono una creazione artificiale dei bisogni dello sfruttamento capitalista e dei bisogni dell'investi
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mento della proprietà privata passata attraverso i millenni della storia, ebbene fino a che dura la divisione delle nazioni, i popoli sono costretti a vivere in quella stretta collaborazione che è imposta dalla forza, dalla possibilità del regime capitalista che ha in mano la forza degli Stati, dei popoli e delle nazioni. La forza d[...]

[...]ttraverso i millenni della storia, ebbene fino a che dura la divisione delle nazioni, i popoli sono costretti a vivere in quella stretta collaborazione che è imposta dalla forza, dalla possibilità del regime capitalista che ha in mano la forza degli Stati, dei popoli e delle nazioni. La forza della legalità e dell'illegalità é in mano dei nostri oppressori. Attraverso i secoli essi hanno congegnato un meccanismo di Stato perfetto contro il quale noi lottiamo continuamente. Io che vi parlo, quante bastonate ho ricevuto dall'organismo giuridico dello Stato ! Noi siamo sorti di fronte a questo Stato enunciando le nostre ragioni, in nome dell'ideale nostro ed in nome del nostro coraggio, non per i mezzi della violenza. Sparare una revolverata contro un poliziotto e contra un re è un atto straordinario, ma non risolve niente della situazione sociale. Siamo sorti contro lo Stato, in nome del nostro diritto imprescindibile, e in Parlamento quando io, ultimo venuto dopo 34 anni di fiaschi elettorali, ho potuto presentarmi, oh ! quanti vecchi parlamentari e vecchi ministri, mentre io parlavo, abbassavano gli occhi e si stringevano nelle spalle e mi lasciava[...]

[...]sto vale qualche cosa, ed é dunque per questo che io dico che non dobbiamo lasciarci trascinare dalla illusione che creando questa scissione, creando questo Partito comunista possiamo fare realmente uno sforzo maggiore, piú perfetto, piú violento, piú capace di quello che é necessario sia fatto anche col concorso dei nostri compagni che vogliono distinguersi col loro comunismo e che non è che una parte del patrimonio che è stato sempre voluto da noi, che non vogliamo lasciarci defraudare ma che vogliamo sia con noi. (Applausi). Anche essi colla loro forza e col loro sacrificio, col sentimento della solidarietà e della fraternità devono essere con noi che ci sentiamo uguali ad essi in capacità, in devozione alla nostra causa. (Applausi).
Io ho assistito tre volte al cambiamento di nome del nostro Partito. L'articolo 17 delle condizioni per l'adesione alla Terza Internazionale dice chiaramente che, se vogliamo servire la causa della rivoluzione mondiale, dobbiamo spogliarci della giacchetta portata fino adesso e diventare Partito comunista, cambiare di connotati, cambiare di passaporto e diventare comunisti. Noi non avevamo diflïcoltà a cambiare di nome. Io che vi parlo ho assistito tre volte al cambiamento di nome, ma allora vi erano dell[...]

[...]uguali ad essi in capacità, in devozione alla nostra causa. (Applausi).
Io ho assistito tre volte al cambiamento di nome del nostro Partito. L'articolo 17 delle condizioni per l'adesione alla Terza Internazionale dice chiaramente che, se vogliamo servire la causa della rivoluzione mondiale, dobbiamo spogliarci della giacchetta portata fino adesso e diventare Partito comunista, cambiare di connotati, cambiare di passaporto e diventare comunisti. Noi non avevamo diflïcoltà a cambiare di nome. Io che vi parlo ho assistito tre volte al cambiamento di nome, ma allora vi erano delle circostanze che ci hanno obbligato a farlo. Perché noi nello svolgimento della nostra azione avevamo la coscienza di non aver mancato di rispetto e di devozione alle premesse che avevamo fatte ed alle chiare indicazioni del nostro programma. Noi abbiamo
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cambiato di nome semplicemente per la necessità di salvarci dai colpi della reazione che, allorquando eravamo deboli, impediva a noi di aiventare forti. Sí, quando il Partito si chiamava « Partito operaio » e fu sciolto dalla violenza borghese, si ribattezzò « Partito dei lavoratori ita liani », e quando ancora, sotto Depretis, sotto Crispi, sotto Pelloux, la violenza si accaní contro di noi, dovemmo nuovamente cambiare di nome per potere continuare la nostra opera. Allora il nostro nome non poteva essere considerato che come una semplice etichetta attraverso la quale noi avevamo la possibilità di fare il nostro cammino. Oggi, dopo che abbiamo scritto delle pagine nella storia e nella politica italiana, come ha scritto il Partito socialista italiano che nella sua formula, nel suo nome cosí chiaro e comprensibile è cosí preciso, noi non abbiamo bisogno di cambiare il nostro nome.
Chi è che viene a proporci di cambiare il nome? Sono i compagni russi, verso i quali abbiamo mandato, prima di tutti gli altri, la nostra ammirazione e devozione, sono quei nostri compagni che abbiamo sempre difeso anche quando gli altri non li comprendevano e non li difendevano. Essi ci consigliano di cambiare nome. E quale ne sarebbe la conseguenza? La conseguenza sarebbe questa. Nella storia di questi quaranta anni di lotta socialista noi abbiamo distrutto attorno a noi una quantità di idoli e di altari; noi abbiamo fatto una grande rovina i[...]

[...] nome.
Chi è che viene a proporci di cambiare il nome? Sono i compagni russi, verso i quali abbiamo mandato, prima di tutti gli altri, la nostra ammirazione e devozione, sono quei nostri compagni che abbiamo sempre difeso anche quando gli altri non li comprendevano e non li difendevano. Essi ci consigliano di cambiare nome. E quale ne sarebbe la conseguenza? La conseguenza sarebbe questa. Nella storia di questi quaranta anni di lotta socialista noi abbiamo distrutto attorno a noi una quantità di idoli e di altari; noi abbiamo fatto una grande rovina intorno a noi per fare sorgere questa nostra bandiera, questo nostro albero del Partito socialista italiano. Ebbene, attorno a noi si aspetta che cambiamo di nome perché allora tutti i vari gruppi dei mistificatori, dei mestatori della politica operaia debbano approfittarne per farsi mettere questa divisa che solo noi abbiamo portato onoratamente. (Applausi della maggioranza, approvazioni). E cercare 'osí di fare passare le loro mistificazioni.
È per questo, cari compagni Serrati e Baratono, che noi affermiamo che neppure l'aggiunta di quell'aggettivo qualificativo ci può servire e ci può salvare da questo pericolo, perché il giorno che noi adottassimo questo sistema di mettere un aggettivo qualificativo di « comunista » al nostro Partito socialista, daremmo il diritto a tutte le emulazioni di mettere un aggettivo qualificativo a fianco del loro socialismo per farlo passare per una merce buona. (Approvazioni). Perché dobbiamo metterci in questa situazione? Perché dobbiamo negare la nostra situazione che storicamente, materialmente, politicamente è cosí bella, buona e utile? I comunisti dicono: « Intanto voi non fate la rivoluzione ! ». Noi intendiamo, ed io l'ho sempre detto chiaramente anche in Parlamento, che la nostra funzion[...]

[...]ificativo di « comunista » al nostro Partito socialista, daremmo il diritto a tutte le emulazioni di mettere un aggettivo qualificativo a fianco del loro socialismo per farlo passare per una merce buona. (Approvazioni). Perché dobbiamo metterci in questa situazione? Perché dobbiamo negare la nostra situazione che storicamente, materialmente, politicamente è cosí bella, buona e utile? I comunisti dicono: « Intanto voi non fate la rivoluzione ! ». Noi intendiamo, ed io l'ho sempre detto chiaramente anche in Parlamento, che la nostra funzione é quella di esercitare una ta
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le azione politica nel nostro paese perché si debbano maturare le situazioni rivoluzionarie. Tutto lavoro questo che noi, nelle nostre lotte in Parlamento ed in paese, cerchiamo di fare per impedire al potere esecutivo della classe dominante di compiere le sue imprese. Noi abbiamo la convinzione di servire in questo modo la causa della rivoluzione sul terreno politico ove noi ci troviamo. Qualche fatto è stato compiuto, ma noi cerchiamo di maturare la situazione favorevole, perché la rivoluzione, che non pub essere un'ondata, ma un preparativo come una miscela fatta nei gabinetti di chimica, sia il prodotto di una azione continua, sviluppata contro l'interesse della proprietà e del capitale. Noi crediamo che se anche non saremo gli esecutori della rivoluzione, abbiamo l'onore e la gloria di essere stati i preparatori ed i difensori. In questo modo intendiamo servire la causa della rivoluzione e tutti gli altri modi che vengono presentati come un rimedio non possono portare che all'impotenza. Cosí è per la proposta di scissioni piccole o grandi che non possono rendere un servigio alla causa della rivoluzione.
È per questo atteggiamento, tenuto ferma anche durante la guerra, che noi del Partito socialista italiano siamo guardati dall'Internazionale con tanto interesse. È per questo ch[...]

[...]tori della rivoluzione, abbiamo l'onore e la gloria di essere stati i preparatori ed i difensori. In questo modo intendiamo servire la causa della rivoluzione e tutti gli altri modi che vengono presentati come un rimedio non possono portare che all'impotenza. Cosí è per la proposta di scissioni piccole o grandi che non possono rendere un servigio alla causa della rivoluzione.
È per questo atteggiamento, tenuto ferma anche durante la guerra, che noi del Partito socialista italiano siamo guardati dall'Internazionale con tanto interesse. È per questo che i nostri compagni dell'Internazionale credono, e giustamente, che in Italia il periodo rivoluzionario vada maturando continuamente. E questo periodo noi affretteremo in tutti i modi. L'azione compiuta dalla Confederazione Generale del Lavoro ha dimostrato come realmente anche questi uomini, che nel campo politico vogliono distinguersi con la preferenza verso un modo piú dolce di condurre la nostra politica, sanno compiere realmente la loro funzione di socialisti, massime nell'organizzazione del proletariato. (Approvazioni). Perché attraverso tutte le critiche che possono fare i torinesi dell'Ordine Nuovo, nessuno ha, poi, potuto rilevare da parte di loro un qualche abuso di potere...
Voce: Il controllo delle fabbriche !
LAZZARI: Appunto: il[...]

[...]ione di socialisti, massime nell'organizzazione del proletariato. (Approvazioni). Perché attraverso tutte le critiche che possono fare i torinesi dell'Ordine Nuovo, nessuno ha, poi, potuto rilevare da parte di loro un qualche abuso di potere...
Voce: Il controllo delle fabbriche !
LAZZARI: Appunto: il controllo delle fabbriche. I compagni dell'Ordine Nuovo nelle continue critiche fatte alle deficenze del nostro Partito — che riconosciamo anche noi, ma che non si accomodano con la scissione presentata — hanno accennato anche a questo. Ma avete voi visto un recente fenomeno comunista? Avete sentito come il Partito comunista boemo si sia staccato dall'Internazionale? Esso oggi ha dichiarato di staccarsi dalla Terza Internazionale: come si vede il rimedio è trapassato in un altro campo. I nostri compagni vanno rilevando come, dopo Caporetto, il discorso di Filippo Turati fu nocivo alla politica socialista. I compagni dell'Ordine Nuovo avrebbero fatto bene a
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ricordare come dopo la rotta di Asiago il compagno Turati ha investito Saland[...]

[...](Approvazioni).
Voce: Rifare l'Italia ! (Tumulto).
LAZZARI: Cosí tutto va a risolversi in uno spirito di egemonia in questi uomini che hanno la superbia di credersi la parte piú avanzata, piú cosciente, che sentono quindi la volontà di diventare i dittatori del movimento del Partito. (Approvazioni, applausi della maggioranza).
Questo spirito di egemonia è quello che ha servito l'anno scorso per venirmi addosso al Congresso di Bologna. Ma oggi noi diciamo: Sí, voi dovete giustamente esercitare il vostro spirito di egemonia, ma esercitatelo in quei modi ed in quelle forme che siano realmente l'espressione del grande spirito di uguaglianza con tutti i vostri compagni. Soltanto in questo modo avrete diritto legittimo di esercitare questa egemonia, non separandovi, non creando una debolezza fra di noi, perché la debolezza nostra sarà anche la vostra, sarà una debolezza comune.
Uno degli araldi principali di questa separazione, di questa teorizzazione, di questo cambiamento di nome e di domicilio del socialismo italiano è, tra gli altri, il compagno Seassaro di Milano, il quale è altamente benemerito per avere studiato il rimedio ai nostri mali anche nell'organizzazione. È arrivato a presentare un progetto di organizzazione del Partito con sezioni militari. Speriamo che abbia fatto anche le caserme ed il Ministero della guerra e le fabbriche di proiettili e di f ucili, ecc. (Rumori e inter[...]

[...]banditori di queste ragioni della frazione comunista e della sua separazione dal Partito. Il compagno Seassaro è pieno di benemerenze. Ricordo però che egli è appena appena venuto al Partito... (nuove interruzioni dei comunisti) ed .ha militato fino a ieri nelle file della democrazia cristiana... (Rumori vivaci, interruzioni dei comunisti, applausi da altre parti). È venuto al nostro Partito trascinato e sedotto dal buon esempio che abbiamo dato noi durante la guerra. Noi ci felicitiamo della sua conversione, ma io mi credo in diritto di ricordare l'alto insegnamento che ci ha dato, in quel tempo, la conversione del compagno Edmondo De Amicis il quale, entrato nelle nostre file, vi è restato semplicemente, non col proposito di diventare un ispiratore di scissioni o di divisioni, ma semplicemente per essere un buon milite e fare anche lui la sua coscienza e la sua esperienza, (approvazioni), quella coscienza che tutti possono farsi. Ed in nome di questa io dico: andiamo adagio in queste voltate se non vogliamo correre il rischio di danneggiare maggiormente la c[...]

[...]verso questa seduzione, attraverso la credenza nella forza e nella potenza di una violenza che possiamo preparare per opporre alla violenza dei nostri nemici, è stato facile raccogliere tanti elementi che nella loro passione hanno il desiderio di potere manifestare per mezzo della violenza la forza della loro convinzione e della loro volontà. Pare ad essi che la causa della rivoluzione sociale non si possa servire che in questo modo, e purtroppo noi vediamo come essi sono costretti a mettersi sullo stesso terreno spiacevole nel quale si trovano i nostri avversari, i quali possono comandare solamente con la forza della violenza brutale che è affidata ad incoscienti che servono da mercenari e da sicari.
Si capisce che il giorno che voi nelle vostre deliberazioni, vi sarete rifiutati di accettare questa scissione, che non è dipendenza della discussione avvenuta a Bologna, vi saranno elementi che non troveranno piú soddisfazione nelle vostre file perché il loro fanatismo non può piú essere soddisfatto e si allontaneranno da noi. Ma non teme[...]

[...]comandare solamente con la forza della violenza brutale che è affidata ad incoscienti che servono da mercenari e da sicari.
Si capisce che il giorno che voi nelle vostre deliberazioni, vi sarete rifiutati di accettare questa scissione, che non è dipendenza della discussione avvenuta a Bologna, vi saranno elementi che non troveranno piú soddisfazione nelle vostre file perché il loro fanatismo non può piú essere soddisfatto e si allontaneranno da noi. Ma non temete, compagni, che in questo modo possano essere minate la forza di espansione e di coesione del nostro Partita. Ho sentito parecchi che attraverso la discussione delle Sezioni dicevano « che se noi comunisti non riusciremo a dominare nel Partito torneremo nelle file del Partito ». (Proteste .vivaci dei comunisti, rumori).
Voce: E vero ! è vero ! (Tumulto).
LAZZARI: Se vi sono anche fra di noi quelli che subiscono questa infatuazione a noi rincrescerà perdere dei buoni elementi, ma ne acquisteremo molti altri... (Rumori, interruzioni).
Voce: Giolitti diverrà segretario del vostro Partito !
LAZZARI: Io vi ricordo che queste discussioni non sono nuove nei nostri Congressi. Vi ricordo la terribile polemica degli anni passati che era agitata tra Marx e Bakunin che rappresentavano due poli di una
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azione che si contrastava allora per il dominio di questa forza ugualitaria che si andava presentando nel mondo. Allora non c'era stata la. guerra. La guerra mondiale non vi era stata. Vi era però la guerra del. '70. È stato neces[...]

[...]ra non c'era stata la. guerra. La guerra mondiale non vi era stata. Vi era però la guerra del. '70. È stato necessario ancora allora separare, dividere le responsabilità e purtroppo molte cose abbiamo visto. Vi sono state diverse fasi attra verso le quali è passato anche l'anarchismo. Esso però è rimasto come una forza filosofica dell'avvenire, non pratica; un sistema che non ha forza per liberáre dalla catena della schiavitú moderna. Per questo noi diciamo: Pensate a quello che fate.
Voce: Non siamo anarchici noi ! (Rumori).
LAZZARI: Questa scissione viene consigliata nell'interesse della Terza Internazionale. E veniamo a decidere su questa scissione. Il compagno Graziadei vi ha richiamati alla lettura delle pagine di questo libretto; ebbene, io vi ricordo, come ho ricordato in varie discussioni cui ho preso parte nelle diverse Sezioni, come l'alta coscienza dei nostri compagni di Russia abbia loro consigliato a definire chiaramente quale è la linea di condotta che si doveva tenere per servire realmente la Terza Internazionale e per servirla nei diversi paesi di Europa e del mondo. L'alta coscienza l[...]

[...]i i loro capi opportunisti, sollecitare il trapasso del potere politico dai rappresentanti diretti della borghesia ai ' luogotenenti operai della classe capitalistica ', per guarire, insomma, le masse, al piú presto possibile, dalle loro ultime illusioni in questi riguardi ».
Ora è possibile la deliberazione che è stata presa dal Comitato della Terza Internazionale? È possibile nella sua applicazione anche in Italia? Si, tutto é possibile. Per noi non c'é niente di impossibile. Ma è utile per il movimento italiano o dannoso? Messo sulla bilancia il risultato a cui darebbe luogo l'adottare questa forma di scissione che è indicata dagli articoli 7 e 17, noi vecchi militanti del Partito e vecchi amanti del Partita, non esitiamo a dichiarare che sarebbe dannoso. Ora il giorno che avremo messo i nostri compagni russi e la Terza Internazionale a conoscenza che applicando interamente gli articoli 7 e 17 da essi stabiliti si farebbe il danno del nostro movimento, non esito a credere che i nostri compagni diranno: Noi abbiamo bisogno di non fare il danno a nessun Partito organizzato, a nessun Partita rispettabile come il vostro che è realmente un Partito piú rispettabile di tutti gli altri.
Tutte le tirate fatte dai nostri avversari in questa discussione, sia nelle dichiarazioni della Terza Internazionale contro i socialpatriotti, contro i socialpacifisti, sono giuste, sono esatte, ma in Italia questi non esistono piú e dalle file del Partito socialista sono stati liquidati. Esiste sí, tuttora, questa frazione di concentrazione che ogni tanto dà segno della sua attività, ma finora noi abbiamo visto come q[...]

[...]te un Partito piú rispettabile di tutti gli altri.
Tutte le tirate fatte dai nostri avversari in questa discussione, sia nelle dichiarazioni della Terza Internazionale contro i socialpatriotti, contro i socialpacifisti, sono giuste, sono esatte, ma in Italia questi non esistono piú e dalle file del Partito socialista sono stati liquidati. Esiste sí, tuttora, questa frazione di concentrazione che ogni tanto dà segno della sua attività, ma finora noi abbiamo visto come questa frazione non abbia una vera influenza efficace sulla nostra politica, sulla nostra orientazione. Essa va facendo continuamente delle riserve platoniche. Ma perché vogliamo impedire questo, perché vogliamo sempre considerare che proprio soltanto noi abbiamo il monopolio e l'ipoteca di tutte le verità, della completa verità, che soltanto noi abbiamo il possesso di questa forza di vittoria? Tutti quanti accettano la lotta di classe, accettano
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l'espropriazione. Tutti hanno il diritto dì portare il contributo delle loro osservazioni, delle loro manifestazioni. Abbiamo bisogno di tirare il fiato in questa dura lotta che si continua. Ed allora diremo: Guarda Turati, cosa ci è venuto a dire ! (Rumori, interruzioni, approvazioni).
Le sue osservazioni per) non alterano niente per la condotta intransigente rivoluzionaria che si è ribadita nel 1914 quando non è piú stata possibile in Italia né la collaborazione di classe né la parte[...]

[...] loro osservazioni, delle loro manifestazioni. Abbiamo bisogno di tirare il fiato in questa dura lotta che si continua. Ed allora diremo: Guarda Turati, cosa ci è venuto a dire ! (Rumori, interruzioni, approvazioni).
Le sue osservazioni per) non alterano niente per la condotta intransigente rivoluzionaria che si è ribadita nel 1914 quando non è piú stata possibile in Italia né la collaborazione di classe né la partecipazione al potere. E quindi noi vecchi compagni possiamo dire che gli Scheidemann ed i Noske d'Italia noi li abbiamo già liquidati. (Commenti, approvazioni). Sono i Bissolati, i Cabrini e noi da otto anni ci siamo liberati da questo pericolo e ce ne libereremo ancora. Abbiamo fede nella nostra unità, nella nostra compattezza e non abbiamo questi timori i quali ci portano oggi a seguire questa corrente, a minacciare di indebolire e di scindere e di separare le forze del Partita socialista. Perché? La scissione fra di noi diventerebbe ancora piú dannosa non tanto per le file della nostra organizzazione politica come per la sua ripercussione in mezzo all'organizzazione economica. Quanta fatica c'è voluta per distruggere tutte quelle vecchie illusioni del corporativismo antico, le quali servivano di separazione e di divisione anche in mezzo alle forze economiche dei lavoratori ! Quante fatiche, quanti di quelli che sono qui ricordano le aspre lotte che abbiamo sostenuto in seno alle organizzazioni economiche, in mezzo alle masse per vedere di creare una potenza di classe ! Ebbene, la ripercussione della nostra s[...]

[...]li eruditi, il pozzo di sapienza, Kautsky, il traditore della intesa internazionale del movimento proletario, è indicato da Lenin come il piú pericoloso e nefasto degli scienziati che hanno illustrato la storia del socialismo mondiale. Kautsky è un pozzo di sapienza. Io ho avuto il piacere, la combinazione, di salutarlo e non ho esitato a dirgli: « No, la vostra dottrina è traditrice; vale piú la nostra pratica in
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Italia ». (Approvazioni). Noi non abbiamo scritto trattati, ma abbiamo fatto un'opera continua come quella del compagno Serrati che combatteva di fronte alla grande forza intellettuale anche dei nostri compagni di Russia. E una bellissima cosa. Noi italiani siamo di un'altra natura. Facciamo pochi trattati, pochi manuali e facciamo molte opere. (Commenti, approvazioni).
E da poveri, da semplici, da modesti uomini e proletari che siamo, abbiamo creato in Italia un movimento col quale le classi dominanti devono fare i conti oggi e dovranno capitolare domani. Ieri è venuto qui il rappresentante della Bulgaria a ricordarci le deliberazioni della Terza Internazionale anche sulla questione agraria. Vi siete mai accorti, leggendo i diversi manuali mandati da Mosca e da Pietrogrado come sono belli, pedagogici i consigli per diventare perfetti [...]

[...]ete mai accorti, leggendo i diversi manuali mandati da Mosca e da Pietrogrado come sono belli, pedagogici i consigli per diventare perfetti affiliati della Terza Internazionale? Belli, magnifici, ma non per i nostri contadini ed operai. Il nostro avvocato non fa un discorso da scienziato e da letterato, ma impone all'assemblea della borghesia italiana di ascoltarlo. (Applausi). È venuto a parlarci di questa questione agraria ma senza pensare che noi siamo in una condizione invidiabile di fronte ai nostri compagni stranieri della Francia, dell'Inghilterra, della Germania. Il nostro movimento non è tutto circoscritto nell'operaio industriale, nella popolazione di città, poiché per noi la campagna non è la nebulosa inesplicata e temuta. Noi in Italia abbiamo la superbia di avere affidato la trattazione di questa questione agraria alla Federazione nazionale dei lavoratori della terra, che è il lavoro piú avanzato, piú perfetto, piú grandioso del movimento di organizzazione dei contadini, dei lavoratori della terra che esiste in tutta Europa. (Approvazioni, interruzioni da parte dei comunisti).
MAZZONI: Cosa volete sapere voi, manica di ignoranti ! (Tumulto). La Russia ha un programma agricolo del <c Pipi ». (Nuovo tumulto violentissimo, con scambio di apostrofi fra i due gruppi nella sala e nei palchetti).
LAZZARI: Quindi, noi [...]

[...] che è il lavoro piú avanzato, piú perfetto, piú grandioso del movimento di organizzazione dei contadini, dei lavoratori della terra che esiste in tutta Europa. (Approvazioni, interruzioni da parte dei comunisti).
MAZZONI: Cosa volete sapere voi, manica di ignoranti ! (Tumulto). La Russia ha un programma agricolo del <c Pipi ». (Nuovo tumulto violentissimo, con scambio di apostrofi fra i due gruppi nella sala e nei palchetti).
LAZZARI: Quindi, noi siamo in questa condizione favorevole. Io vi ricordo, compagni, che le vostre deliberazioni conclusive che prenderete, dovete prenderle con piena libertà di coscienza e di voto. Io non so se si sia adottato ancora il sistema deplorevole adottato al Congresso di Bologna, dei voti imperativi. Noi il giorno che abbiamo ricevuto il mandato di sostenere le ragioni dei nostri compagni organizzati, abt biamo ricevuto il mandato di venire in mezzo ai fratelli con piena libertà di coscienza di fronte a quelli che sono i diversi apprezzamenti su questa questione. Se io mi sento sullo stesso terreno di uno qualsiasi
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dei propugnatori delle varie tesi, voglio essere libero di esprimere per me e per loro l'intera espressione del mio diritto sovrano di decisione. Spero che sarete venuti in questo Congresso con questa piena libertà di coscienza nel decidere. Ricordatevi delle conseguenze alle[...]

[...]o terreno di uno qualsiasi
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dei propugnatori delle varie tesi, voglio essere libero di esprimere per me e per loro l'intera espressione del mio diritto sovrano di decisione. Spero che sarete venuti in questo Congresso con questa piena libertà di coscienza nel decidere. Ricordatevi delle conseguenze alle quali andremo incontro se volete accettare questa scissione che ci viene consigliata dai nostri compagni di Russia, i quali hanno giudicato noi per le imperfette ed incomplete informazioni che hanno avuto del nostro movimento. Se volete tenere presente tutto il quadro storico del nostro movimento, credo che la maggioranza di voi dirà: « Noi siamo qui a decidere fra la unità e la scissione; quale è il maggior bene che noi possiamo fare al nostro movimento?)». Allora non esito a dichiarare che l'unico bene, inapprezzabile, indistruttibile che noi abbiamo a nostra disposizione, è l'unità colla quale possiamo portare alla Terza Internazionale una forza reale, effettiva e devota. Con una scissione si porterebbe una debolezza ed una frazione. Ora noi abbiamo il nostro precedente. Il Partito socialista italiano, sia per mezzo della sua Direzione, nel 1919, sia al Congresso di Bologna dell'anno scorso, ha confermato continuamente la sua entusiastica solidarietà colla Terza Internazionale e la sua adesione alla causa della rivoluzione mondiale. Noi manterremo questa nostra decisione, la confermeremo, anche se venisse la scissione fra noi. Coloro però che a nome di un comunismo che in Italia non è che artificiale per dividere le nostre forze, resterebbero aderenti alla Terza Internazionale potranno vantarsi di avere seguito ciecamente le norme che sono state prescritte per l'organizzazione della Terza Internazionale..
Voce da un palchetto: Piú quelle che le vostre ! (Rumori).
LAZZARI: Noi non mancheremo di mantenere continuamente, con la consapevolezza della nostra situazione e del nostro dovere, la nostra adesione alla Terza Internazionale, anche se non vi siamo ricevuti. Verrà il giorno in cui quella porta della Terza Internazionale, che ora pare si possa aprire facilmente agli anarchici ed ai sindacalisti, si aprirà trionfalmente anche a noi del Partito socialista italiano, e noi potremo entrarvi a fronte alta a portarvi il nostro entusiastico lavoro. (Ap plausi entusiastici della grande maggioranza del Congresso. I comunisti restano assenti dalla manifestazione pure senza ostacolarla. L'applauso dura qualche minuto e si rinnova. Qualcuno grida « Viva il Comunismo ! ». Il grido è seguito e contrapposto con quello di « Viva il Socialismo ! ». Indi tutto il Congresso intona l'Internazionale).
La seduta è tolta alle ore 12,15.
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da (Mito e civiltà moderna) Vittorio Lanternari, Frammenti religiosi e profezie di libertà fra i popoli coloniali in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]amente l'altare della chiesa negra di culto gunzistaamicalista. Entro una cappella di paglia tritata e fango, ad imitazione delle cappelle missionarie,
(19) Balandier 1957, 232.
(20) Quanto al concetto di « nativismo », il Linton (1943, 230) così si esprime: « Movimento nativista é ogni consapevole e organizzato tentativo da parte dei. componenti di una data società di revivificare o perpetuare alcuni prescelti aspetti della propria cultura ». Noi correggiamo detto concetto, in quanto che il « nativismo » non va visto unilateralmente in questo aspetto restaurativo e conservativo, ma nel suo congiunto aspetto prospettico che é volto polemicamente contra la cultura Occidentale, e mira a instaurare un culto esclusivo per gli aborigeni, insomma un culto nuovo.
(21) Balandier, 1957, 226.
(22) Balandier 1957, 229; Andersson, 12 sgg. (per Nzambi Pungu). Per il concetto di fallimento delle missioni cfr. Dalandier 1957, 2236.
(23) Balandier 1957, 219.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTÀ FRA I POPOLI COLONIALI 65
si eleva sopra alcuni [...]

[...]smo faceva un ulteriore passo in avanti ad opera di Simon Pierre Mpadi, nuovo profeta ed apostolo. Nativo della tribù Kongo (Leopoldville, Congo Belga), Mpadi annunciava già, nella scelta deliberata dei suoi due nomi — Simon e Pierre — un duplice programma: da un lato sviluppare il movimento fondato dal primo Simon (Kimbangu), dall'altro costruire, a imitazione di Pietro, la nuova « chiesa » negra. In effetti Simon Mpadi fondava la « Mission des Noirs », poi nota come movimento Kakista, che stabilisce attorno al « capo degli apostoli » una complessa e organizzata gerarchia ecclesiastica, cui si prescrive l'uso di un'uniforme color kaki (onde il name
(24) Balandier 1957, 2324. Id. 1955, 458.
(25) Balandier, 1957, 2345.
66 VITTORIO LANTERNARI
del movimento), a indicare pur esso lo spirito battagliero della religione kakista, ed in una l'auspicio di vittoria. Il culto tradizionale degli antenati resta al centro anche del nuovo messianesimo Kakista, caratterizzato altresì da manifestazioni di possessione collettiva, da un culto di guarig[...]

[...]o di emancipazione antibianchi già proprio del Kimbangismo. « Il Regno verrà — annuncia una profezia kakista reinterpretando a suo modo l'idea cristiana del "Regno" — quando Matsúa e Kimbangu torneranno tra i Negri, apportatori di potenza e dominio : sarà il `regno africano' ». « Dio di Abramo, Dio di Giacobbe, Dio di Simon Kimbangu e di André Matsúa — così suona la preghiera di Mavonda Ntangu —: quando scenderà la benedizione e la libertà su di noi? Orsù tralascia di ascoltare le preghiere dei bianchi, già a lungo ascoltati da te. Basta con le benedizioni ricevute da loro! ora volgiti a noi. Amen » (29).
(26) Balandier 1955, 43135, 44763; Andersson, 13850. Si noti che sopra l'altare kekista è effigiato un gallo, simbolo di PietroPierre Mpadi, accanto alla fotografia di Matsúa (Balandier 1955. 458).
(27) Andersson, 140 sgg., 151 sgg., 16275.
(28) Andersson, 174.
(29) Andersson, 193.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA FRA I POPOLI COLONIALI 67
Così il messaggio profetico di libertà fonde indissolubilmente il momento religioso con il momento politico: perché al livello di queste culture l'esperienza sacrale tanto più insopprimibilmente accompagna le esperienze profane, [...]

[...]ulse ad una messianica attesa degli Americani visti come mitici liberatori (35). Bene si scorge da ciò come il drammatico bisogno di rinnovare religione e cultura assuma, nei movimenti nativisti, forme mitiche e millenaristiche spesso caotiche e puerili, nelle quali vanno a conglomerarsi le più elementari esperienze vissute.
Il movimento Kitawala resta a tuttoggi una fra le più estese organizzazioni religiose nativiste dell'Africa Negra (36). « Noi siamo figli di Dio e perciò non siamo tenuti a riconoscere le leggi degli uomini » : cosí suona un annuncio dei fedeli Kitawala, dato in occasione d'una rivolta nell'Uganda nel 1942. E continua: « I tempi sono mutati: non obbediremo più alle leggi temporali, perché prestare obbedienza agli uomini significa obbedire a Satana » (37).
Annuncio di un'età che porrà fine per i Negri alle alienazioni, annuncio della fine del mondo con rovesciamento imminente dell'ordine attuale, invincibilità nella rivolta, lotta contra la stregoneria: sono questi i temi comuni non solamente alle varie organizzazio[...]

[...]olemica volta contro la cultura egemonica. Da tale opposizione si creano i presupposti per una graduale trasformazione della tradizione indigena. Ma il processo di trasformazione, scelta, in
(45) Dougall 1956; Andersson 1958, 2648; Parsons 1953; Ross 1955.
(46) Cfr. il mio saggio La politica culturale della Chiesa nelle campagne: la festa di S. Giovanni, Società 1955, 1.
(47) Bissainthe 1957, 1345. Vedi anche i vari contributi in: Des Prêtres Noirs s'interrogent, Paris 1957.
FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTÀ FRA I POPOLI COLONIALI 75
cremento è determinato dalle forze interne della tradizione, in opposizione alle varie coercizioni esterne: in risposta e a superamento della grande crisi storica determinata dall'urto.
Si è visto che le più numerose formazioni nativiste africane congiungono alla tendenza xenofoba ostile ai bianchi, la difesa dalla stregoneria o magia nera. Non si creda che le due manifestazioni siano del tutto indipendenti fra loro. L'avvento dei bianchi portava in Africa, e così anche in ogni altro territorio [...]

[...]RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTÀ FRA I POPOLI COLONIALI 83
di tali manifestazioni hanno radice in conflitti interculturali e pertanto in fattori d'urto di carattere esterno, un'altra parte altrettanto cospicua trova la sua origine in tensioni e conflitti d'ordine interno, provenienti da contraddizioni inerenti alla società stessa nel cui seno esse s'originano (63).
Beninteso, la distinzione tra origine « interna » ed « esterna » vuole avere per noi carattere dialetticostorico, e non staticomorfologico: tanto
i due momenti sono intimamente concatenati fra loro nel processo concreto. Converrà fermarsi brevemente in proposito.
In realtà non v'è movimento profetico d'origine « esterna » in cui non siano compenetrati motivi di crisi d'ordine interno, mentre reciprocamente a nessuna formazione profetica d'origine « interna » mancano decisive ripercussioni all'esterno. Del resto basti pensare che qualunque urto esterno in tanto genera crisi in quanta pone internamente la società nell'alternativa di una scelta tra una via tradizionale ormai s[...]

[...]i le uniche ed esclusive radici dei movimenti profetici indigeni: bensì quelli sono i fattori di gran lunga preponderanti, in rapporto con le sconcertanti conseguenze sociali, culturali, religiose che l'urto uniformemente induce nei gruppi inferiori.
Anche nelle società « primitive » avanti al contatto europeo, e nel nostro mondo occidentale moderno si dà luogo a manifestazioni storiche di profetismo e messianesimo. Entrambe queste ultime forme noi designiamo come « endogene ». Fuori di schematismi di sorta, e con le precisazioni già fatte in ordine al valore dialettico dei termini « interno » ed « esterno », intendiamo qui dire soprattutto che se nei profetismi generati da urto interculturale i fattori precipitanti sono d'origine esterna, negli altri i fattori precipitanti sono d'origine interna.
Moventi d'origine esterna ed interna s'intersecano nella formazione del profetismo giudaico, dal Mosaismo ai profeti dell'Esilio. Infatti all'urto interculturale tra due correnti, la pastorale e l'agricola, s'intreccia l'interno conflitto fra[...]

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da Graziadei (relatore), Discorso Graziadei in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...] domanda la parola sulla proposta di inversione dell'ordine del giorno, formulata dal compagno Misiano, la metto a partito.
È approvata, dopo prova e controprova. (Applausi).
E, allora, do la parola al compagno on. Graziadei, come uno dei relatori.
Discorso Graziadei
GRAZIADEI, relatore: Compagni, quale sia il fine che ci proponiamo, risulta dai modesti documenti che i seguaci della circolare Marabini hanno reso noti a suo tempo al Partito.
Noi non siamo una frazione, siamo una circolare... (si ride), perché il fine stesso che ci proponiamo è tale da non richiedere, anzi, è tale da persuadere di evitare la costituzione di una frazione.
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Noi ci rendiamo conto del valore storico che l'unità del Partito ha avuto in Italia; ma, piú che dell'unità formale del Partito, alle cui tradizioni ci inchiniamo, teniamo all'unità sostanziale, all'unità dei piú vicini. Prima di parlare nei limiti del possibile dell'unità del Partito, noi aspiriamo all'unità di tutti i comunisti sinceri. (Bravo !). E l'unica differenza che esiste tra noi ed i compagni della frazione comunista, riguarda la formula che deve chiarire la nuova composizione del Partito. Ma, ripetiamo qui quello che abbiamo detto dal primo giorno, e cioè che se, malgrado ogni nostra buona volontà, il sogno dell'accordo dei comunisti sinceri dovrà dileguarsi, noi non potremo mai votare che per coloro che soli possono essere riconosciuti e che sono già stati riconosciuti dalla Terza Internazionale. (Applausi).
Il problema dell'unità del Partito, e metto da parte il problema della composizione del nuovo Partito, è un problema di forza e di sostanza, e male hanno fatto quei compagni che hanno ucciso la sostanza attraverso il culto della forma. (Benissimo I).
L'unità del Partito e del movimento si pub considerare sotto due aspetti: l'aspetto internazionale e l'aspetto nazionale.
Come socialisti, cioè come internazionalisti, a noi preme piú l'unità inte[...]

[...]ternazionale. (Applausi).
Il problema dell'unità del Partito, e metto da parte il problema della composizione del nuovo Partito, è un problema di forza e di sostanza, e male hanno fatto quei compagni che hanno ucciso la sostanza attraverso il culto della forma. (Benissimo I).
L'unità del Partito e del movimento si pub considerare sotto due aspetti: l'aspetto internazionale e l'aspetto nazionale.
Come socialisti, cioè come internazionalisti, a noi preme piú l'unità internazionale, che non l'unità nazionale del movimento... (applausi), ed è per questo che siamo amici dell'unità del Partito, ma di quella sola che sia conciliabile con l'unità internazionale. (Applausi).
Il Congresso conosce l'ultimo documento, emanazione del Comitato esecutivo della Terza Internazionale. Io mi limito a ricordare ai compagni che, secondo le nostre troppo facili previsioni, quest'ultimo documento non è che la conseguenza di tutta una serie di altri documenti che lo hanno preceduta, che alla loro volta si riattaccano alla sostanza stessa dei cardini e dei p[...]

[...]la Terza Internazionale.
Fino dal 28 dicembre 1920, il Comitato esecutivo della Terza Internazionale, aveva dichiarato in un pubblico documento, comparso sull'Avanti 1, che coloro che in Italia vogliono marciare con l'Internazionale comunista, debbono sostenere la frazione comunista.
Prima ancora, sul giornale Il Comunista del 21 novembre 1920, era comparsa un'altra lettera di Zinowieff, a nome del Comitato esecutivo, nella quale era detto: <c noi non riconosciamo in Italia altra frazione comunista che la vostra ».
E, finalmente, fino dai primi del novembre del 1920, con un ritardo dovuto alla necessità di alcune correzioni di forma, era comparso un documento che, in realtà, nelle sue linee generali, il Comitato esecutivo aveva emanato fino dal settembre, e nel quale si diceva che chi
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non vuole difendere le tesi e le 21 condizioni di Mosca, non vuole appartenere alla Internazionale comunista.
I compagni della frazione di destra e della frazione del centro, affermano tutto il loro rispetto e la loro accettazione alle tesi ed alle[...]

[...]ate, ed applicate nei termini prescritti; ma, quando nel momento stesso in cui si dice di accettarle non si eseguiscono, praticamente è come se non venissero accettate.
Quali sono i motivi esposti per l'accettazione astratta, o per la non accettazione; ma in ogni caso sempre per un rinvio dell'applicazione?
Il motivo è unico. Si parla di autonomia. Il compagno Baldesi lo ha detto chiaramente: talune condizioni non le possiamo accettare, perché noi vogliamo l'autonomia. I compagni del centro dicono: noi le accettiamo; ma le applicheremo quando sarà del caso, perché anche noi vogliamo l'autonomia.
Ora, anche l'Internazionale comunista ammette l'autonomia. Voi tutti conoscete . perfettamente i famosi 21 punti. Orbene, ai punti 15 e 16 si parla di autonomia; ma se ne parla in un senso che è ben diverso da quello inteso dai compagni da cui io dissento, ed a cui fa appello anche il compagno Baratono nella sua relazione. Giacché la Terza Internazionale parla di autonomia nel senso di riconoscere che, siccome ogni paese ha particolari problemi o particolari modi in cui i problemi generali si pongono, rispetto a questa particolarità l'autonomia, sotto il controllo del C[...]

[...]vere una soluzione unica ed a tempo determinato. Non è considerato, quindi, sotto la specie dell'autonomia, e coloro che adoperano l'autonomia ad un fine diverso da quello che io accenno, sono, senza volerlo, al di fuori della Terza Internazionale. (Qualche applauso).
E i compagni che al Congresso di Halle e al Congresso di Tours, hanno combattuto le condizioni della Terza Internazionale, non l'hanno combattute a viso aperto, non hanno detto: « noi non le accettiamo »; ma hanno detto: « le accettiamo con l'autonomia », cioè rimandiamo a tempo indeterminato; e molti compagni non vedono — non intendo offendere qualcuno se qualche parola vivace mi sfuggisse, e non intendo affatto inasprire la discussione — ma molti compagni, senza accorgersene, non vedono che, invocando l'autonomia, in realtà, invocano la mancanza del rispetto alle condizioni fondamentali della III Internazionale.
Che cosa si vuole in nome dell'autonomia? Si vuole una composizione di Partiti socialisti aderenti alla Terza Internazionale, che, per la loro stessa natura, es[...]

[...]degli uomini rispetto ai quali, in seguito al disastro che li ha fatti perire miseramente nel mare, é stato detto dalla stampa borghese che era stato il Governo dei Soviet che li aveva trucidati ! (Commenti animatissimi. Interruzioni prolungate. Rumori).
Se questo è, o compagni, se cioè il conservare l'attuale situazione ci porta fuori della Terza Internazionale, io domando ai compagni presenti: ma fra due dolori, fra due strazi, perché dobbiam noi preferire il primo? L'unità nazionale all'unità internazionale? (Qualche applau so da parte dei comunisti. Commenti animatissimi). Perché dobbiamo ,essere secessionisti sul terreno internazionale? (Commenti animatissimi).
Si è fatta ai compagni della frazione comunista l'accusa di secessionismo, ed io, a suo tempo, mi permetterò di rivolgere qualche parola anche ai compagni di quella frazione; ma oggi, di fronte al movimento internazionale, i secessionisti sono proprio quelli che accusano la frazione comunista di secessionismo interno ! (Applausi da parte dei comunisti).
Compagni, non vogl[...]

[...]e, voi annullerete il movimento d'Italia, perché in Italia, come in qualunque altro paese d'Europa, oggi il movimento non si può considerare che come il movimento di un piccolo gruppo di armati in un grande esercito potentemente accentrato contro l'accentramento borghese. (Applausi da parte dei comunisti. Commenti animatissimi).
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Ma, o compagni, la situazione del nostro Partita in rapporto alla Terza Internazionale, è tanto piú grave, perché noi siamo stati, e fino a questo momento lo siamo ancora formalmente, aderenti alla Terza Internazionale.
È stato il Congresso di Bologna del settembre dell'anno passato che ha, fra grandi applausi, approvato l'opera della Direzione del Partito che qualche mese prima ancora aveva data la sua adesione alla Terza Internazionale !
Voci: C'erano le elezioni ! (Commenti animati).
GRAZIADEI: Compagni, vi prego, se avete delle domande da rivolgermi, e degli errori da correggermi, mi fate un grande piacere ad interrompermi; in caso contrario vi prego di astenervene perché le mie condizioni di salute n[...]

[...]plausi, approvato l'opera della Direzione del Partito che qualche mese prima ancora aveva data la sua adesione alla Terza Internazionale !
Voci: C'erano le elezioni ! (Commenti animati).
GRAZIADEI: Compagni, vi prego, se avete delle domande da rivolgermi, e degli errori da correggermi, mi fate un grande piacere ad interrompermi; in caso contrario vi prego di astenervene perché le mie condizioni di salute non sono buone.
Ora, compagni, badate, noi aderimmo alla Terza Internazionale fino dal settembre dell'anno passato; orbene, amici, la Terza Internazionale aveva già fatto il suo Congresso sino dal marzo 1919, e — io mi appello alla lealtà dei compagni che hanno letto le deliberazioni del I Congresso dell'Internazionale comunista, tenutosi a Mosca dal 2 al 6 marzo 1919 e dico loro che mi smentiscano se io affermo il contrario dal vero — io affermo che tutte le tesi del II Congresso non sono che lo sviluppo delle tesi e dei riassunti decisi già nel Prima. (Approvazioni).
Le tesi che attraversiamo un periodo storico rivoluzionario, che [...]

[...] questo periodo il problema prevalente è quello della conquista del potere, che il problema della democrazia deve essere posto in modo clas. sista, il fatto che occorre la dittatura del proletariato, la tesi agraria sono tutte contenute nelle tesi del I Congresso della Terza Internazio nale, in forma piú sintetica, ma sono tutte là dentro.
E allora, amici miei, se il II Congresso non ha fatto altro che sviluppare le tesi del Primo, come potremo noi, per le tesi del Secondo,. tradire la nostra adesione, data dopo il Primo?
O compagni, il fatto è che nel nostro Partito si è introdotta una strana moda, a me assai antipatica, la moda del patriottismo socialista italiano... (Applausi da parte dei comunisti. Interruzioni dell'onorevole Vella).
Se il carissimo compagno Vella ha delle osservazioni da farmi, me le faccia dopo, e gli risponderò ben volentieri; per adesso, se me lo consente, continuo il mio discorso dicendo che poiché questa moda si è introdotta, io, pur rispettando... (nuova interruzione dell'on. Vèlla.
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Rumori vivissimi da[...]

[...]e cooperative ed alle leghe?
Perché voi stessi, che accusate la Terza Internazionale di volontarismo, credete alla volontà della potente organizzazione !
Questa è l'unica forma di volontarismo della Terza Internazionale, ed è sana, è marxista, e senza di essa tutti potremmo chiudere bottega. (Interruzioni. Rumori).
Non raccoglierò mai le miserie personali, da alcuna parte ! (Bene !).
Ma un concetto essenziale della Terza Internazionale è che noi viviamo in un periodo storico rivoluzionario, prodotto dalla guerra, e che in questo periodo non ci sono che due vie da scegliere: una è quella di chi vuole disarmare gli animi, di chi ritiene che bisogna lasciare che la borghesia rimetta in pristino la sua compagine politica ed economica, di chi ritiene che la conquista del potere politico non è possibile che in un periodo successivo ed ancora molto lontano; l'altra quella di chi ritiene che appunto perché attraversiamo un periodo storico rivoluzionario, gli animi non debbano essere disarmati, ma armati con coscienza e consapevolezza morale,[...]

[...]ortarci domani di nuovo ad una inevitabile e necessaria guerra sua. (Applausi da parte dei comunisti).
Una voce: Ma se tu eri favorevole alla guerra !
GRAZIADEI: Al compagno che m'interrompe, per fatto personale, gli dico che gli faccio obbligo di portare quanto dice qui alla tribuna, solo allora gli risponderò. (Commenti animati).
Ora se questa è una delle condizioni contenute nelle tesi e nello spirito della Terza Internazionale, e cioè che noi viviamo, non per volontarismo dei singoli, ma per leggi storiche immanenti, in un periodo rivoluzionario, e che da questo periodo dobbiamo trarre le conseguenze logiche, ne segue anche, ed ecco un altro punto fondamentale della Terza Internazionale che molti compagni non hanno capita, che precisamente perché il periodo storico rivoluzionario esiste, in esso e per esso il problema preminente diventa la conquista del potere politico.
Modestamente io ho detto a Bologna, lo ripeto oggi, che se vivessimo in un periodo storico come quello anteriore in cui la ricchezza, sia pure attraverso l'ingran[...]

[...]graduale. Dico del comunismo graduale, perché coloro che non hanno mai letto niente di Lenin, dicono che Lenin voleva fare il comunismo in un solo giorno ! (Applausi da parte dei comunisti).
E un altro principio della Terza Internazionale è proprio questo principio profondamente marxista e la cui discussione ha nella storia del socialismo russo e nella storia del socialismo tedesco pagine di cultura ammirabili, che sarebbe bene che venissero da noi studiate — che
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la Terza Internazionale sostiene che in linea generale e in linea particolare non tutte le categorie o le sottoclassi della classe operaia e del, proletariato sono ugualmente atte all'attacco contro la rocca del potere politico, e che perciò vi è anche qui una graduatoria di valori, e mentre il proletariato industriale deve fare ogni sforzo per attrarre verso di sé la grande massa dei lavoratori delle altre categorie: piccoli industriali, artigiani e contadini, tutte queste categorie vanno considerate con criteri tecnici specializzati, ed è utile di consentire ad esse solo[...]

[...]ntra la concezione riformista socialdemocratica, socialpacifista.
Perché lo è? Ma, amici miei, io ho avuto occasione, non ho fatto che il mio dovere di studioso, sia verso i compagni russi che verso quelli della sinistra tedesca, di rompere le scatole a molti compagni, russi specialmente, per comprendere intieramente il loro punto di vista.
Orbene, essi sono i primi a riconoscere, e d'altra parte se non lo riconoscessero loro lo riconosceremmo noi, che nell'Europa occidentale e centrale non vi era e non vi poteva essere prima della guerra un periodo storico rivoluzionario, non vi poteva essere per le ragioni dell'aumento di ricchezza, di relativa libertà democratica e di sufficiente pace di cui vi ho parlato, ed appunto perché allora non vi erano le condizioni rivoluzionarie, a parte i gravi errori di metodo e di pensiero, si capisce che allora non poteva applicarsi che una concezione gradualista, in parte vera anche oggi, e che ad ogni modo non fosse possibile pensare a colpi di mano se non cadendo nell'operetta vecchio stile.
Ma qua[...]

[...] di relativa libertà democratica e di sufficiente pace di cui vi ho parlato, ed appunto perché allora non vi erano le condizioni rivoluzionarie, a parte i gravi errori di metodo e di pensiero, si capisce che allora non poteva applicarsi che una concezione gradualista, in parte vera anche oggi, e che ad ogni modo non fosse possibile pensare a colpi di mano se non cadendo nell'operetta vecchio stile.
Ma qualunque sia la loro opinione, è certo per noi che per i paesi dell'Europa centrale e occidentale si è aperto il periodo rivoluzionario storico dopo la guerra; ed in rapporto al dopo guerra nei nostri paesi,
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quelle concezioni che, a parte gli errori di metodi e di principio, avevano una ragione di essere un tempo, tanto vero che avevano valore, oggi vanno condannate.
Perché? Precisamente perché, come abbiamo visto, senza volontarismo, ma in nome della volontà collettiva, è necessaria in ogni paese la costituzione di un Partita comunista omogeneo, compatto, che agisca come un esercito ben guidato, tutto inteso alla conquista la piú r[...]

[...]leggere non è troppa, ma sono precisamente i procedimenti della Terza Internazionale quelli che sono aggetto della critica piú aspra, ma anche, secondo me, piú banale.
Io, appunto perché siamo liberi, liberi e disciplinati, disciplinati perché liberi, e liberi perché disciplinati, io mi guarderei bene dal dire che la Terza Internazionale è l'ultima parola dell'umana saggezza. Chi sa mai quanti errori la Terza Internazionale ha detto e fatto che noi non possiamo vedere oggi, ma che vedranno i nostri lontani nepoti;
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allo stesso modo che i socialisti di venti anni fa non potevano concepire a cosa sarebbero arrivate le loro promesse, noi non possiamo ora comprendere gli errori che la Terza Internazionale fa e farà.
La Terza Internazionale è tutt'altro che un'organizzazione perfetta: vi sono istruzioni, vi sono metodi che possono anche urtare qualche suscettibilità, lo comprendo, ma, amici, stiamo al disopra di questi piccdli errori, stiamo al disopra di queste piccole cose, e guardiamo nelle sue linee generali il metodo della Terza Internazionale. Ha dato esso dei risultati al proletariato mondiale ed alla rivoluzione? E voi dovete rispondere che li ha dati come nessun'altra organizzazione mai li ha dati. Perché?
Ma, amici [...]

[...]ato alla critica, ma non credo di essere un cultore dell'incensamento delle persone se vi dico che, modesto studioso, mi sono sentito un pigmeo di fronte a coloro che dirigono la rivoluzione russa ! (Applausi vivissimi).
Voci: E chi lo ha mai negato?
GRAZIADEI: Ed è appunto perché mi sono sentito un pigmeo che mi sono detto: se qualche forma è un po' rude, se qualche influenza è un po' eccessiva, hanno fatto tanto e fanno tanto che solo quando noi saremo capaci di altrettanto parleremo dove la Terza Internazionale possa risiedere. Non ora. (Applausi).
D'altronde, pur riconoscendo questa influenza, dico che questa influenza è stata relativamente — bisogna essere sempre sinceri — relativamente attenuata, perché nel Comitato esecutivo ci sono 5 russi e 16
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compagni di altre Nazioni con voto consultivo, e questi compagni crescono ancora di numero.
Un'altra accusa è questa: ma... la Terza Internazionale non ha trattato bene, non tratta bene i socialisti italiani ! Noi abbiamo fatto tanto per la Terza Internazionale e per la difesa del[...]

[...]edere. Non ora. (Applausi).
D'altronde, pur riconoscendo questa influenza, dico che questa influenza è stata relativamente — bisogna essere sempre sinceri — relativamente attenuata, perché nel Comitato esecutivo ci sono 5 russi e 16
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compagni di altre Nazioni con voto consultivo, e questi compagni crescono ancora di numero.
Un'altra accusa è questa: ma... la Terza Internazionale non ha trattato bene, non tratta bene i socialisti italiani ! Noi abbiamo fatto tanto per la Terza Internazionale e per la difesa della Repubblica dei Soviety, e sembra quasi che ci ripaghino con dell'ingratitudine !
Compagni, io non credo che la Terza Internazionale, nelle sue linee generali, abbia mancato mai di riguardo ai compagni, e quella che sembra mancanza di riguardi é un metodo che essi seguono per noi, come per i tedeschi, come per tutti.
Voci: Non è vero ! Anche coi francesi?
GRAZIADEI: Per tutti, e lo dimostrerò. (Commenti animatissimi).
Si dice: ma, è il tono ! Ripeto, se facciamo una questione di pura forma, riconosco che gli uomini della rivoluzione non possono mai essere troppo rispettosi delle forme, e non mi pare che la gloriosa rivoluzione di Francia, tanto ammirata nelle nostre scuole, fosse una cultrice eccessiva delle forme, né all'interno né all'estero (bene .'); ma, compagni, noi siamo stati in Russia, e posso dirvi che ci hanno accolti come i migliori amici, ci hanno acco[...]

[...]vero ! Anche coi francesi?
GRAZIADEI: Per tutti, e lo dimostrerò. (Commenti animatissimi).
Si dice: ma, è il tono ! Ripeto, se facciamo una questione di pura forma, riconosco che gli uomini della rivoluzione non possono mai essere troppo rispettosi delle forme, e non mi pare che la gloriosa rivoluzione di Francia, tanto ammirata nelle nostre scuole, fosse una cultrice eccessiva delle forme, né all'interno né all'estero (bene .'); ma, compagni, noi siamo stati in Russia, e posso dirvi che ci hanno accolti come i migliori amici, ci hanno accolti cosí bene che avveniva questo fenomeno, poco riguardoso verso gli altri compagni: che quando ad un comizio, od anche ad un'adunanza solenne come quella dei Soviety di Pietrogrado o di Mosca, prendevamo parte noi, ci applaudivano fino al delirio, mentre i compagni degli altri paesi erano trattati con una freddezza che poteva sembrare anche eccessiva.
E nella prima seduta della Terza Internazionale, quando si costituf di fatto il Comitato esecutivo, all'Italia venne data nel Comitato esecutivo una rappresentanza con voto deliberativo, come ai principali paesi socialisti d'Europa e del mondo. (Commenti animatissimi. Interruzioni).
Avrebbero fatto male a non farlo; ma poiché lo hanno fatto, l'accusa é infondata.
E, d'altra parte, compagni, permettetemi l'osservazione; la stima personale o la stima col[...]

[...] con voto deliberativo, come ai principali paesi socialisti d'Europa e del mondo. (Commenti animatissimi. Interruzioni).
Avrebbero fatto male a non farlo; ma poiché lo hanno fatto, l'accusa é infondata.
E, d'altra parte, compagni, permettetemi l'osservazione; la stima personale o la stima collettiva, cioè a dire la stima che . ha un socialista in confronto di un altro, o un Partito socialista in confronto di un altro, certo ha il suo valore, e noi abbiamo il diritto e il dovere di rivendicarla per il nostro Partito; ma non si può pretendere che in nome di una stima che meritiamo ci si faccia una condizione di eccezione di fronte ad una regola uguale per tutto il mondo ! (Applausi da parte dei comunisti. Commenti animatissimi e prolungati).
E ne volete una prova? Quando voi in una Sezione accettate due
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compagni, sempre che vi sia un minimo di moralità politica e individuale, non direte mica che tutti e due sono degni proprio della stessa stima; purtroppo, vi sarà una differenza a favore dell'uno contro l'altro; ma tutti e due, mal[...]

[...]o; ma ha fatto male.
« L'eventuale futura affiliazione del Partito socialista francese alla Terza Internazionale, affiliazione impossibile se non saranno escluse le correnti Rénaudel e Longuet, presenta, ciò malgrado, piú difficoltà e piú pericoli che quella stessa degli indipendenti tedeschi D.
Queste parole sono di Trotzki. Non si ingannano quegli uomini, e andiamo tutti a scuola da loro ! (Qualche applauso da parte dei comunisti).
Si dice: noi fummo contrari alla guerra. E, quindi, siamo il Partito socialista migliore in confronto di quel periodo drammatico, e, quindi, abbiamo speciali benemerenze che vanno tenute in conto.
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Ripeto, nessuno, in un'organizzazione collettiva, pub chiedere trattamenti di favore per le sue benemerenze passate.
Ma, d'altra parte, io domando: è vero che sarebbe profondamente ingiusto — vorrei dirvi una parola piú aspra — menomare la grande benemerenza del Partito socialista italiano, in confronto alla guerra; ma è anche vero — ed io modestamente l'ho sempre sostenuto, e non credo con ciò di aver rec[...]

[...]titudine di opposizione sul problema della guerra e sul problema della votazione dei crediti... ». (Interruzioni da varie parti).
Mi riferisco non al maggio 1915, ma a tutto il periodo che va dal 1914 al 1915.
«...atteso che l'Italia entrò in guerra nove mesi dopo gli altri paesi, e che esisteva un potente aggruppamento borghese, i cosiddetti giolittiani, che furono sempre ostili alla guerra. Queste circostanze permisero (è un dato storico che noi dobbiamo riconoscere, perché non menoma il merito dei nostri compagni che andarono in carcere, come Lazzari; ma al di sopra dei meriti loro c'è la realtà storica, e cerchiamo di capirla se vogliamo essere fedeli al « Manifesto dei comunisti »)... (Applausi da parte dei comunisti. Interruzioni dell'on. Lazzari).
« ...queste circostanze — studiamole queste parole, perché se fossero mie le potreste anche fischiare, ma sono di Trotzki ed abbiamo tutti da impararvi qualche cosa — (applausi da parte dei comunisti. Commenti animati. Interruzioni), queste circostanze permisero al Partito socialista [...]

[...]ale, indipendentemente dal suo atteggiamento per la guerra, perché per la Terza Internazionale il problema della guerra passata è superato, e c'è il grande problema del come sfruttarne per la rivoluzione le conseguenze, ed evitare, per quanto è possibile, un'altra guerra borghese che avverrà fatalmente tra pochi anni, piú terribile, e piú sanguinosa della precedente. (O000h, 0000h! Commenti animatissimi).
Si dice: la Terza Internazionale ha per noi, in rapporto a noi, contro di noi, delle informazioni errate.
Posso essere obbiettivo, anche perché, sulla mia parola, non ho mai dato e non darò mai informazioni a nessuno di nessuno.
Ma, intendiamoci bene, data l'enorme distanza tra noi e Mosca, date le difficoltà delle comunicazioni, dati altri inconvenienti, che io lealmente sono disposto ad ammettere nella maniera piú larga, è naturale che qualche impressione errata, non completamente esatta, è naturale che qualche errore sopra singoli individui, possa essere capitato.
Ma, compagni, giudichiamo noi la rivoluzione russa attraverso i giornali borghesi ed attraverso le relazioni dei commendatori... (applausi vivissimi), o crediamo, perbacco !, qualche errore potranno farlo anche i compagni russi? (Commenti animatissimi).
Qualche errare di informazione, dunque, io non escludo che possa essere avvenuto; ma credete proprio che l'atteggiamento della Terza Internazionale, che è uguale in tutto il mondo, dipenda da particolari informazioni sopra questo o quell'uomo secondario del Partito socialista italiano?
Ma, amici miei, al di sopra di piccoli errori, la rivoluzione russa ha una fonte di in[...]

[...]matissimi).
Qualche errare di informazione, dunque, io non escludo che possa essere avvenuto; ma credete proprio che l'atteggiamento della Terza Internazionale, che è uguale in tutto il mondo, dipenda da particolari informazioni sopra questo o quell'uomo secondario del Partito socialista italiano?
Ma, amici miei, al di sopra di piccoli errori, la rivoluzione russa ha una fonte di informazioni che è formidabile, che purtroppo non sbaglia, e che noi non siamo ancora in condizioni di comprendere. La
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fonte fondamentale delle informazioni della Terza Internazionale, la fonte della sua linea di condotta, sono l'esperienza di quattro rivoluzioni ! La rivoluzione russa, la rivoluzione ungherese, la rivoluzione germanica e la rivoluzione austriaca. Ecco le fonti formidabili delle informazioni della Terza Internazionale ! E, attraverso quella tragica , esperienza che si è fatta là, essa può vedere completamente quali sono le conseguenze ultime di premesse che da noi sembrano ancora innocue e prettamente socialiste. (Bene !).
E poi, amici, [...]

[...]ale delle informazioni della Terza Internazionale, la fonte della sua linea di condotta, sono l'esperienza di quattro rivoluzioni ! La rivoluzione russa, la rivoluzione ungherese, la rivoluzione germanica e la rivoluzione austriaca. Ecco le fonti formidabili delle informazioni della Terza Internazionale ! E, attraverso quella tragica , esperienza che si è fatta là, essa può vedere completamente quali sono le conseguenze ultime di premesse che da noi sembrano ancora innocue e prettamente socialiste. (Bene !).
E poi, amici, che ci possano essere delle informazioni errate, non lo nego; ma gli scritti sono scritti. Ora, date ad un uomo come Lenin, come Trotzki, o come il compagno Levy, e quegli altri che parleranno, ben piú degni di me e di noi, da questa tribuna, date a quegli uomini che hanno una cultura di cui non abbiamo alcun concetto, che hanno una esperienza di cui non abbiamo idea, date a loro un articola di un omuncolo come il signor Graziadei, di un uomo di valore come Turati, ed essi vi vedranno ciò che noi non sappiamo ancora vederci ! (Benissimo! da parte dei comunisti). Perché essi hanno un'esperienza rivoluzionaria che permette loro di dire che si comincia in questo modo; ma si finisce in quell'altro, per necessità di cose ! (Applausi da partedei comunisti).
Si dice anche: ma la Terza Internazionale, in sostanza, è un agente indiretto del Governo russo, e il Governo russo ci vuol far fare la rivoluzione al piú presto possibile per metterci nell'acqua ed alleggerire il suo peso.
Amici, quando sopra un popolo intiero pesano i sacrifici e si impongono gli eroismi che pesano e si impongono ai [...]

[...]ta somma tragica di responsabilità grava sopra un periodo storico appena iniziato, coloro che ne sono i piú alti rappresentanti possono essere inconsciamente qualche volta trascinati a . pregare i compagni degli altri paesi ad affrettare i loro passi; ma non è questa una speranza giusta, non è questo un desiderio onesto, non è questa una necessità, quasi, se si vuole salvare un popolo che da tanto tempo soffre, e una necessità non per sé, ma per noi stessi? (Applausi vivissimi).
Ma amici miei, se qualche eccessiva speranza può essere stata concepita in qualche senso dalla Terza Internazionale, se qualche stimolo prematuro può essere giunto qua e là, ma guardate alle linee generali, e voi resterete ammirati nel riconoscere che nel concetto dei guidatori dello Stato russo non è lo Stato russo quello che si serve come suo strumento della Terza Internazionale; ma è lo Stato russo che da loro vie
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ne considerato come strumento della rivoluzione, e, quindi, come agente della Terza Internazionale. (Benissimo !).
Per la loro coscienza rivo[...]

[...]i comunisti il compito del momenta non consiste nel provocare (amici romagnoli, voi che siete stati per tanto tempo dei romantici, non diventate oggi zitellone !) la rivoluzione con mezzi artificiali prima che si abbia una preparazione sufficiente, ma consiste nell'intensificare con l'azione la preparazione preventiva del proletariato ».
E i compagni Zinowieff, Lenin e Bukarin, nella lettera ai socialisti italiani del 27 agosto 1920 dicevano: « Noi siamo contro ogni provocazione artificiale di sommosse; noi siamo contro i moti impulsivi, impreparati ed incoerenti ». E la lettera aggiungeva altre cose di cui non mi posso occupare per non abusare della vostra pazienza, ma che non portano alla negazione di queste premesse, ma le integrano in quanto fanno vedere da una parte i pericoli di una rivoluzione affrettata, non preparata, artificialmente provocata, e dall'altra anche il pericolo — e noi anche di questo soffriamo — di parlare troppo maggiormente di rivoluzione, non solo, ma di accettare situazioni inizialmente rivoluzionarie per poi troppo rapidamente ritrarne il piede. (Commenti animatissimi).
Voci da parte dei comunisti: D'Aragona, D'Aragona !
GRAZIADEI: C'è poi la questione della Massoneria. (Commenti animatissimi).
Amici, permettetemi un'osservazione che non vuole essere cattiva, sul mio onore, ma che è proprio strappata dalla necessità polemica. Io non sono stato massone, mai, ma notoriamente fra i compagni che oggi attaccano di piú la Terza Internazionale vi sono mol[...]

[...]ni).
Caro Baldini, non farmi parlare sulla Massoneria !... (Commenti animati).
Ma, compagni, rispetto alla Terza Internazionale si è diffusa nel Partito questa leggenda offensiva, secondo me, ingiusta, del resto, e me ne appello agli altri compagni che erano con me a Mosca, perché nel giudizio dei fatti siamo tutti, anche qui, concordi, per() discordi, certamente contro il compagno Serrati, non come persona, ma per le sue affermazioni, secondo noi non esatte.
Dunque dicevo che rispetto alle condizioni dell'appartenenza alla Terza Internazionale, le cose al Congresso sono andate cosí. Parecchi di noi, specialmente italiani, e specialmente dell'estrema sinistra francese, anche Rosberg ed altri, abbiamo detto ai compagni del Comitato provvisorio del Congresso che a noi la questione della Massoneria premeva in particolare modo, ed essi ci hanno detto: <c È una questione che noi sentiamo, perché nei paesi slavi e tedeschi la Massoneria non è un ente politico, ma giacché ci dite, e lo crediamo certamente, che a voi preme, proponete al Congresso qualunque misura. Figuratevi ! La voteremo per i primi ! ».
Ma mentre si discutevano i 21 punti, che avevano una forma speciale ed una procedura speciale, Serrati ha presentato una mozione, cioè non ha presentato un criterio sotto forma di punto, cioè di tesi aggiunta, ma qualche cosa che, nella forma, proceduralmente non si inquadrava nello sviluppo della discussione.
Informato di questo, perché la cosa avvenne mentre ero vi[...]

[...]zionale.
E veniamo ad un altro punto che mi permetterà di rispondere a Serrati su un appunto dei piú singolari.
Il compagno Serrati — cito il tuo nome, ma non intendo fare una polemica contro la tua persona, cito le tue opinioni, perché hanno valore, perché vengono dal direttore dell'Avanti .! — nell'Avanti ! ha molte volte sostenuto che la Terza Internazionale fa ai Partiti degli altri paesi condizioni di eccezione e di favore in confronto di noi. Con noi, i migliori dei suoi amici, la Terza Internazionale é cattiva, con i reprobi é piena di larghezze, piena di concessioni.
Compagni, nulla, nulla é piú inesatto di questo, e ve lo provo. Voci: E falso ! (Interruzioni. Rumori).
GRAZIADEI: Anche nel suo articolo del 14 corrente, l'Avanti! dichiara (faccio un'osservazione obbiettiva) che in Francia, in Germania, in Inghilterra, si sono fatte condizioni di favore circa le tesi dei 21 punti, meglio, circa quella tesi che contiene i 21 punti, in confronto della neroniana severità che si vuole usare ingiustamente contro il nostro Partito.
Cominciam[...]

[...]tta, entro certi limiti, indipendentemente dal suo passato, avrà diritto di entrare.
Dunque, non concessioni, ma interpretazioni giuste, esatte, precise di quei punti.
Ma veniamo alla seconda votazione del Congresso di Tours. Zinowieff e il Comitato esecutivo mandano un telegramma — cosí come li mandano a tutti i Congressi: non c'è differenza di trattamento — pubblicato nell'Humanité del 29 dicembre 1920 e letto al Congresso, in cui é detto: « Noi abbiamo visto un progetto di risoluzioni portante le firme dei compagni, ecc. Salvo qualche punto, per esempio, la denominazione del Partito, noi possiamo solidalizzare con quelle risoluzioni. Ma noi abbiamo qui anche un progetto di risoluzioni firmato da Longuet, ecc. Queste risoluzioni sono penetrate da uno spirito riformista e di democrazia meschina. L'Internazionale comunista non può avere niente di comune con gli autori di simile risoluzione, ed il piú cattivo servizio che si potrebbe rendere nelle presenti circostanze al proletariato francese sarebbe immaginare un compromesso elaborato tra questi e quegli altri. Noi siamo convinti che la Francia creerà un vero e proprio
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Partito comunista mettendo fuori di combattimento Longuet, ecc., ecc.». Come vedete, in materia di concessioni non c'è male
E sopra questo telegramma si fa una seconda votazione. In che modo? Il compagno Mistral propone, guardate che questo è caratteristico, che al telegramma di Zinowieff si debba rispondere con questa mozione: « Il Congresso, in presenza del telegramma del Comitato esecutivo della Terza Internazionale, dichiara che si rifiuta di procedere alle esclusioni domandate, e proclama la sua volontà di mantenere la unità at[...]

[...]punto il singolare Partito federativo del lavoro in Inghilterra.
Il problema è discutibile, ma è tutt'altra cosa che una concessione, nel senso inteso dall'Avanti!
E per concludere su questa grave questione della Terza Internazionale, è ben chiaro che intorno alla Terza Internazionale, alla quale aderimmo con tanta fede e con tanta convinzione, si è creata un'atmosfera di diffidenza e di sospetti, che non è degna della nostra tradizione, e che noi dobbiamo onestamente cancellare per sempre (Applausi).
La Terza Internazionale potrà sbagliare, e lo diranno apertamente quei compagni che apertamente dissentono da essa; ma tutto quello che si è detto intorno a questo o a quel dettaglio, a questa o a quella ingiustizia, a questa o quella concessione ecc. ecc. non corrisponde alla verità. La verità è che la Terza Internazionale ha posto a noi un dilemma tragico di dolore — specialmente per noi che non siamo giovani e che abbiamo vissuto e lottato per tanti anni con tanti compagni, ai quali non rinnegheremo mai, neppure domani, la passata amicizia — ci ha posto un dilemma, a noi come a tutto il mondo, e non è essa che ci impedisce di entrare, siamo noi che trascinati capziosamente in una concezione sbagliata da notizie errate, pretendiamo dalla Terza Internazionale quello che essa non ci poteva dare, non ci può dare, in nome della serietà della disciplina del movimento internazionale. (Applausi da parte dei comunisti).
Ma c'è l'altro problema: il problema interno. Abbiamo dimostrato che sul terreno internazionale, che è quello che piú dovrebbe premere ai socialisti, noi ci metteremmo, se seguissimo la via tracciata da alcuni
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T
compagni, ci metteremmo necessariamente contra la Terza Internazionale, cioè ci creeremmo secessionisti di fronte al , movimento interna zionale.
Per me è il massimo peccato, per degli internazionalisti.
Non ci pub essere indisciplina nazionale, ma soprattutto non ci pub e non ci deve essere una indisciplina internazionale, se non vogliamo creare gli stessi mali dei quali fu vittima la Seconda Internazionale, e, peggio ancora, il proletariato del mondo. (Benissimo ! da parte dei comunisti).
Si dice: ma, sul terreno nazionale, [...]

[...]a parte tutti i giorni impediscono la preparazione della conquista del potere politico con l'altro mezzo, e cosí non avrete né i vantaggi della collaborazione né quelli della rivoluzione, sarete impotenti !
Compagni, occorre scegliere, perché avere due cose in contrapposto, o, peggio ancora, fra le due una terza impossibile, è la piú triste e la piú pericolosa delle utopie.
Io dico ai compagni, poiché l'ora è grave e dolorosa, specialmente per noi che siamo dei vecchi nel Partito, dico: lasciamo ai giovani che sono in attesa di manifestare come vogliono il loro diritto alla vita e di camminare sopra il nostro cadavere, ma, compagni, anche dividendoci, sarebbe forse per questo necessario che noi ci trattassimo come degli uomini moralmente miserabili? Dovremmo noi dire, noi che per venticinque anni credemmo Filippo Turati un uomo di grande ingegno e di grande onestà, che, poiché ci siamo divisi, egli è diventato senz'altro un ladro od un cretino? no ! (Commenti animatissimi).
Noi possiamo, nell'interesse del Partito, nell'interesse della storia,. nell'interesse del proletariato, eventualmente dividerci, ma dobbiamo dividerci con dignità e con serena consapevolezza, la consapevolezza di chi dice: finora abbiamo marciato insieme, oggi ci separiamo, perché alcuni vogliono far subito ciò che subito forse si può fare, gli altri si riserbano domani la fase successiva di portare piú a sinistra una rivoluzione politica ed economica già in atto. In questo modo voi potete
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fare, nella successione del tempo, prima una cosa e poi l'altra; nel modo vostro né oggi né domani far[...]

[...]successione del tempo, prima una cosa e poi l'altra; nel modo vostro né oggi né domani farete mai né una cosa né l'altra.
Ed allora, se occorre scegliere, se tutti debbono compiere la loro funzione, se questa funzione non si deve considerare come una funzione di tradimento, ma di realizzazione, sia pure parziale per aprire i primi varchi, ebbene, se questo é, compagni, ognuno faccia la sua strada con coscienza, con rispetto, con dignità, e cosí noi serviremo, meglio che col culto dell'unità formale, gli interessi supremi del proletariato e della rivoluzione.
I compagni comunisti unitari hanno elevato il culto all'unità del Partito, ma questa unità oggi, pur troppo, non è piú che un cadavere, ed i Partiti che si galvanizzano nel culto dei cadaveri corrono il pericola di essere per sempre ammorbati e resi impotenti.
Consideriamo la realtà vera. Poiché l'adesione alla Terza Internazionale richiede una determinata linea di condotta, e poiché una parte dei compagni, e seconda me hanno ragione, non vogliono staccarsi dalla Seconda Internazi[...]

[...]essi giovanili, ma che nella parte dei suoi capi piú giovani è la nuova forza del nostro Partito, l'abbandonano per andare con coloro da cui dicono di essere piú lontani, e questa non è unità, è divisione, peggio ancora, è l'unità tra i piú lontani, contro la unità dei piú vicini ! (Vivissime approvazioni da parte dei comunisti).
Perché, amici, se al disopra delle nostre passioni personali, al di sopra del desiderio di vincere ci fosse in tutti noi — me compreso, ben si comprende — l'amore alla classe operaia, al proletariato, al comunismo rivoluzionario, allora potrei dire ai compagni comunisti unitari: voi potrete vincere al Congresso, ma che cosa creerete? Creerete un edificio sull'arena, creerete, senza volerlo, il Partito indipendente in Italia ! Sarà piú a sinistra del Partito indipendente tedesco, perché gli italiani, a parole, sono sempre piú a sinistra di tutti... (Ilarità. Applausi ironici. Commenti animatissimi).
No, amici, al di sopra della buona volontà o delle illusioni perso
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nali, la storia si impone a tutti, e que[...]

[...]la quando era il caso, non l'ha applicata quando non era il caso. Orbene, come il Partito non ha applicato la formula di fronte agli anarchici, né di fronte ai sindacalisti rivoluzionari, allo stesso modo il Partita ha commesso un grave errore, quando a Bologna ha creduto di poter conservare la disciplina, lasciando la libertà del pensiero.
Lo dissi e lo ripeto: quando dei compagni ci vengono a dire: voi avete votato il programma di Bologna, ma noi restiamo fedeli al programma di Genova, perché quello di Bologna è errato, da quel giorno nel Partito ci sono due programmi, cioè c'è l'impotenza, la contraddizione, ci sono due scuole, due parti incompatibili.
E, amico Lazzari, ecco perché è parzialmente vero quello che tu dici, ma è anche vero quello che dico io, che il Partito, nei momenti piú gravi, in cui le differenze di idee e di pensiero erano profonde, non ha applicata la formula.
E mai la differenza è piú profonda di oggi; la differenza tra noi e gli anarchici e i sindacalisti è molto meno grande di quelle che sono le differenze, [...]

[...]ologna è errato, da quel giorno nel Partito ci sono due programmi, cioè c'è l'impotenza, la contraddizione, ci sono due scuole, due parti incompatibili.
E, amico Lazzari, ecco perché è parzialmente vero quello che tu dici, ma è anche vero quello che dico io, che il Partito, nei momenti piú gravi, in cui le differenze di idee e di pensiero erano profonde, non ha applicata la formula.
E mai la differenza è piú profonda di oggi; la differenza tra noi e gli anarchici e i sindacalisti è molto meno grande di quelle che sono le differenze, oggi, tra coloro che tacitamente od esplicitamente hanno simpatia per una Seconda e mezza Internazionale, e coloro che hanno simpatia solo per la Terza Internazionale; le differenze nel problema della democrazia e della conquista del potere, nella concezione del movimento sindacale sono tali che danno luogo veramente all'impossibilità di applicare la formula.
D'altra parte, gli unitari a questa formula non hanno rinunziato. Ho letto la mozione di Firenze, ed in essa non ho trovato affermato tassativamente [...]

[...]incrollabilmente professore per non amare la libertà di pensiero, ma dico anche che quando ci sono due scuole in uno stesso Partito, quando ci sono due concezioni diverse sul terreno politico, sul terreno filosofico, sul terreno sociale, non c'è che un modo solo di rispettare la libertà di pensiero: mettersi nella condizione che questo pensiero possa diventare azione. Fate voi la vostra opera in nome della vostra libertà di pensiero e di azione, noi la rispetteremo, ma lasciate al Partito che veramente si chiama comunista, di fare esso la sua volontà di esplicazione. (Applausi da parte dei comunisti).
Compagni, ho finito, ma io devo dire che noi dobbiamo una parola anche ai compagni della frazione comunista.
Noi accettiamo, perché siamo comunisti, senza entrare nei piccoli dettagli di forma, accettiamo lo spirito e la lettera del programma della frazione comunista e della mozione di Imola, ma in un solo punto dissentiamo dai nostri compagni e dissentiremo perché crediamo che il nostro dissenso possa essere utile. Vi dirò quando é che cesserà. Prima della fine del Congresso sarà cessato. (Commenti da parte dei socialisti).
Noi dissentiamo in una sola cosa dalla formula con la quale voi volete riorganizzare il Partito. Io mi rendo conto delle formalità, dirò cosí, giuridiche e disciplinari, mi rendo conto che il nostro Partito era già aderente alla Terza Internazionale, ed il Convegno di Reggio può essere accusato di indisciplina, ma al di sopra delle piccole, e non grandi questioni di forma e di disciplina, c'é una grande questione, una questione, oserei dire, di tatto politico che é nell'interesse del Partito, secondo noi, e della massa operaia.
Voi, con la vostra formula che avete fatto? Voi dite: « Sono esclusi[...]

[...]ale voi volete riorganizzare il Partito. Io mi rendo conto delle formalità, dirò cosí, giuridiche e disciplinari, mi rendo conto che il nostro Partito era già aderente alla Terza Internazionale, ed il Convegno di Reggio può essere accusato di indisciplina, ma al di sopra delle piccole, e non grandi questioni di forma e di disciplina, c'é una grande questione, una questione, oserei dire, di tatto politico che é nell'interesse del Partito, secondo noi, e della massa operaia.
Voi, con la vostra formula che avete fatto? Voi dite: « Sono esclusi tutti coloro che sono stati a Reggio Emilia ». E voi dite nella seconda parte: « Sono esclusi tutti coloro che non dichiarano, ecc., ecc. ».
Ora dico: la prima parte della vostra formula, si spiega. Avrà magari, non lo nego, esercitato una influenza, perché ha esasperato la situazione e l'ha in un certo senso precipitata piú verso sinistra, ma effettivamente in sostanza questa formula ha urtato il sentimento uni
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tario di tanti nostri buoni compagni, e quindi sembra che nominare tassativamente u[...]

[...]eli a Filippo Turati ed a Reggio, che altri compagni che sono andati ad ingrossare, con soverchia rapidità, l'ala destra dei comunisti unitari. (Applausi da parte dei comunisti).
Non voglio lanciare sospetti, ma dico che i comunisti unitari sono forse troppo pochi come unitari ma sono troppi come comunisti !
E allora dico — almeno credo di poterlo dire, per quanto non abbia ancora avuto una intesa completa con i miei pochi amici — che, secondo noi, la vera formula di riorganizzazione del Partito, dovrebbe essere tale che dicesse, senza entrare nel passato, perché questo non è necessario assolutamente di fare, che, da ora innanzi, prima che il Congresso si chiuda, tutti coloro i quali non dichiareranno di accettare per libero consenso le tesi e le condizioni della Terza Internazionale e non si impegneranno di applicarle subito, finito il Congresso, costoro, con nostro dolore, si renderanno incompatibili con la loro permanenza nel Partito e nella Terza Internazionale. (Applausi da parte dei comunisti).
È una formula la quale può permett[...]

[...] della Terza Internazionale e non si impegneranno di applicarle subito, finito il Congresso, costoro, con nostro dolore, si renderanno incompatibili con la loro permanenza nel Partito e nella Terza Internazionale. (Applausi da parte dei comunisti).
È una formula la quale può permettere a molti compagni di superare il sentimento che ci angoscia tutti e di meglio affrettare la dolorosa realtà della storia.
Ho finito. Io chiudo dicendo: compagni, noi abbiamo uno scopo solo: che se la divisione deve avvenire, è inevitabile avvenga a destra
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anziché a sinistra, avvenga separando i piú lontani, anziché i piú vicini, ma se malgrado la nostra buona volontà e l'onestà dei nostri fini ciò non dovesse avvenire, noi, disciplinati perché liberi, liberi perché disciplinati, di fronte alla Terza Internazionale, voteremo per la Terza Internazionale, voteremo per la frazione comunista. (Applausi da parte dei comunisti).
Viva la Terza Internazionale. Viva la Repubblica dei Soviety (Applausi vivissimi).
(La seduta termina alle ore 20)
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da Mario La Cava, Il grande viaggio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]a d'entrata.
Rosaria aveva da annunziare la novità della giornata, appresa dopo il discorso che aveva fatto con commare Carmela : la sua figliuola era stata chiesta in isposa da Sebastiano della famiglia Riccio, colla quale però erano stati in lite, e perciò non lo volevano. Ma Rosaria aveva capito che il matrimonio si sarebbe fatto.
«Dopo tutto quello che si son dettò da una parte e dall'altra! » disse Rosaria.
« Tu credi che tutti sono come noi che siamo andati troppo per il sottile? » rispondeva Agata.
« A me non me ne importa niente. Che sposino o non sposino é lo stesso. Mi dispiace che ho dovuto correre tutti i campi per trovare questa minestra! » aggiungeva Peppina.
Parlarono allora di nuovo dei fratelli lontani, in Egitto : li avevano sposato tutt'e due, e da molti anni non venivano. Ma si ricordavano dei genitori ai quali ogni mese mandavano qualche cosa. E proprio il giorno prima avevano scritto una lettera.
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IL GRANDE VIAGGIO 93
« Filippo dice che la moglie é abortita per la terza volta, e così é rimasto senza nemmeno[...]

[...]lla.
« Quell'altra — riprese la madre — fece qualche gatto e poi le mori. Segno che l'aveva fatto bene... ».
« Dice che viene Filippo? » domandò il padre. E poi: « E di Antonio dice che viene? ».
« Ma no, che non vengono! » rispose Agata. « È da ieri che ve lo sto dicendo, e ancora non l'avete capito... ».
«Beh! Purché abbiano la salute e guadagnino bene» riprese il padre. Si rivolse a Rosaria e domandò: « Ma Giuseppe perché non passa mai da noi? Stiamo a due passi e non lo vedo mai. Lo vedo soltanto passare... ».
Agata rispose per la sorella : « Il signorino riceve solo le visite, non le restituisce... ».
Ma Rosaria non seppe scusare il marito. Il quale amava i parenti della moglie, ma si annoiava ai discorsi che soleva fare il vecchio fabbro Felice su un passato che non conosceva e al quale non si interessava.
Quando Giuseppe usciva, talvolta si fermava un momento a salutare i parenti; tal'altra, specialmente se era in compagnia tirava diritto, senza occuparsi di loro. Egli usciva di sera, finito il lavoro, oppure, quando non aveva voglia di lavorare o doveva andare a comprare la suola, anche di giorno. Il suo lavoro non era ostinato e continuo; perché egli non aveva sogni di ricchezza per la sua vita, si contentava di quello che guadagnava, e non voleva sacrificarsi. oltre misura[...]

[...]afie proprio al naturale! » disse Giuseppe; e dovendo finire per quella sera stessa la scarpa che aveva lasciato sulle ginocchia, riprese il lavoro.
Rosaria prese la lettera e, dopo avere indugiato alquanto, disse: « Ora vado dalla mamma ».
« Va » rispose Giuseppe; e infatti Rosaria uscì dalla porta per andare a dare notizia della lettera ai genitori e alle sorelle; consegnò la lettera ad Agata, che sapeva leggere, e ridendo annunziò: « Pure a noi ci vuole li! ».
« Stanno bene? » domandò il padre, che non aveva capito le parole della figlia.
« Si, stanno bene! » rispose Agata.
« Cosa vuole Filippo ? » domandò la madre.
« Aspettate che vi legga la lettera; vediamo cosa dice », propose Agata; e a voce alta chiamò Peppina ch'era a conversare più in lá, fuori della casa, colla figlia dei Crispini, quella che doveva sposare.
Il contenuto della lettera suscitò uno straordinario entusiamo in Agata. «È la vostra fortuna; e state a pensarvela? » disse.
((Si vede — aggiunse Peppina — che li si sta tanto bene che in coscienza non può fare a[...]

[...] a rivederla, al ritorno? Disse semplicemente: «Quando io ero giovane, non si facevano tanti viaggi, nessuno si muoveva; dopo, hanno incominciato a partire, hanno fatto ricchezze, ma molti hanno perduto la pace nella casa ».
Chi sa! » ammise Rosaria. « Per ora resteremo qui; Giuseppe ha tanto lavoro; non gli conviene lasciare la clientela; lo scriveremo a Filippo. In seguito si vedrà.. ».
«Aspettate prima ad invecchiare, come siamo invecchiate noi! » commentò amaramente Agata. E poi: «Ma io glielo dirò a Giuseppe che sbaglia, sbaglia davvero!... ».
Entrarono le bambine ch'erano fuori con altre a giocare a righetta e parvero, così come cinguettavano, folate di uccelli al tramonto. « Lo zio Filippo vi vuole in Egitto! » disse la madre.
Poi ritornarono tutte a casa loro; Giuseppe aveva già finito di lavorare, e si lavava le mani e il viso; quella sera voleva uscire. Sentiva il bisogno di conversare con amici.
Si diresse verso la spiaggia del mare e si fermò nei pressi del cancello di passaggio, dove sempre si riuniva gente e quella ser[...]

[...]agano tutto loro, e quando volessi andare li ci avrei sempre il posto del lavoro trovato e ogni aiuto... » disse Giuseppe.
« E che aspetti ad andarci? » domandò Luigi.
IL GRANDE VIAGGIO 99
« Sentite á me, che conosco l'America meglio del mio paese, si può dire, — disse un pescatore padrone di barca — se volete andare in qualche posto per lavorare, non avete che andare in America... ».
« Che Egitto ed Egitto! » disse il padre di Sebastiano.
«Noi abbiamo l'America, ed andiamo in Egitto? » fece un altro.
«L'Egitto é buono per chi va là e non intende più ritornare; non dico che non si stia bene; ma quanto a fare soldi, é come da noi » spiegò il fabbro.
«Non esagerare, ora! » non poté fare a meno di ribattere Giuseppe. Parlò ancora delle ragioni che forse lo avrebbe spinto ad andare in Egitto, dove aveva parenti tanto affezionati; ma concluse che per il momento non si sarebbe mosso. Tutti gli diedero addosso, che sbagliava, che non si sapeva regolare.
A casa quella sera stessa non si parlò più dell'Egitto; ma l'indomani Rosaria, svegliatasi, disse non aveva potuto dormire bene, per via di quel pensiero dell'Egitto.
In seguito fecero la lettera di risposta a Filippo: lo ringraziavano, ma per il momento non era il caso d[...]

[...]ente si licenziarono le due cognate da Rosaria, per le loro solite occupazioni: Matilde, per andare a servizio in una casa di milionari, donde sarebbe ritornata nel pomeriggio, e Vanda per andare al laboratorio dove faceva la sarta, e donde sarebbe ritornata un po' più tardi dell'altra, verso sera.
Prima che uscissero, Matilde si ricordò che nella dispensa c'era la carne per fare il brodo, e disse, rivolta a Rosaria: « Potete cucinarla per voi. Noi ritorneremo stasera ».
« Se non ci siete voi, che cucino a fare? Io mi contento di un po' di pane e formaggio ».
«Ma no! Se c'è la carne! » insisté Matilde. Vanda ripeté: «Se c'é la carnei ». Rosaria non rispose. Vide le due cognate andarsene e chiudere la porta. « Come sono eleganti! » si disse; e le segui collo sguardo dalla finestra fino a che si perdettero nella folla.
Rimasta sola, Rosaria non fece che curare le bambine e parlare con esse. A mezzogiorno mangiò pane e formaggio. Nel pomeriggio ritornarono le cognate, e poi i fratelli col marito.
A costui domandò: «Avete fatto buoni af[...]

[...]giorno mangiò pane e formaggio. Nel pomeriggio ritornarono le cognate, e poi i fratelli col marito.
A costui domandò: «Avete fatto buoni affari? »
« Si, mi sono deciso di lavorare al laboratorio di calzature, consigliato da Antonio. È meglio per me, se pure guadagno meno. Ma è il mio mestiere. Avrei potuto lavorare con Antonio e Filippo alla diga, ma io ho temuto di non sapermici adattare » rispose Giuseppe.
« Per questo no. Non lo devi dire. Noi non ci siamo adattati? » disse Antonio:
« E lui specialmente non aveva fatto mai lavori pesanti » aggiunse Filippo.
108 MARIO LA CAVA
Rosaria allora notò la corporatura dei fratelli ingrossata da quando erano partiti dal paese. Antonio specialmente era invecchiato, con tutti i capelli grigi, più grosso di Filippo ch'era il fratello minore.
« È che da principio non avrei potuto fare altro che il manovale: e io che al paese facevo il maestro, come mi sarei adattato a servire in un mestiere, che poi non era il mio ? Del resto, poi si vedrà... » si scusò Giuseppe.
« Noi non vogliamo forzare [...]

[...]RIO LA CAVA
Rosaria allora notò la corporatura dei fratelli ingrossata da quando erano partiti dal paese. Antonio specialmente era invecchiato, con tutti i capelli grigi, più grosso di Filippo ch'era il fratello minore.
« È che da principio non avrei potuto fare altro che il manovale: e io che al paese facevo il maestro, come mi sarei adattato a servire in un mestiere, che poi non era il mio ? Del resto, poi si vedrà... » si scusò Giuseppe.
« Noi non vogliamo forzare la tua volontà! » conclusero i fratelli. « E quando incominci a lavorare? » domandò Rosaria.
« Domani stesso » rispose Giuseppe.
« Beh! noi andiamo a preparare la nostra cena. Se volete mangiare con noi...» disse Vanda, muovendosi per andare nel suo appartamento.
« Loro faranno come meglio credono — intervenne Matilde. — Se vogliono mangiare insieme a noi, dato che stiamo nella stessa casa, noi siamo contenti. Se poi no, e preferiscono cucinarsi per conto loro, per noi é lo stesso... ».
«No, non c'é bisogno. Vale la pena fare due cucine? » rispose Giuseppe, che temeva di disturbare. Rosaria assenti, non rimanendo però contenta delle parole del marito.
« E allora andiamo — propose Matilde. — Fate il pomodoro, ché io pulisco la carne ».
«Voi come lo fate? Noi lo facciamo così» disse Rosaria, timidamente.
« No, é bene mettere un po' di prosciutto e di origano ».
« Si, si » s'affrettò a rispondere Rosaria.
Giuseppe, in un canto del tavolo, scriveva ai parenti e agli amici. L'onda dei ricordi del suo paese lo commuoveva. « Cosa vuoi che dica ai tuoi? » chiese, serio serio, a Rosaria.
« Che stiamo bene, che li pensiamo, che io sono contenta. Puoi pure dire il fatto della bambina : tanto, ormai é passato... ».
Stava in faccende nella cucina e andava di qua e di là, senza sapersi orientare: temeva di recare disturbo, si confondeva, poiché non era a[...]

[...]a di città, allora vi potrete impiegare pure voi » progettò Matilde.
« Oh no! io non saprò mai imparare! ».
IL GRANDE VIAGGIO 109
Entrò, poco dopo, Vanda con un piatto di lenticchie che portava in regalo a tutti.
Matilde spiegò : « Ci soliamo scambiare i cibi, a volte ».
« Qui bisogna lavorare! » disse Vanda a Rosaria. « Dovrete rendervi utile! ». E rise scherzando : « Da domattina andremo a fare la spesa insieme, e poi andrete sola, poiché noi dobbiamo correre al lavoro... ». Rosaria tremò di timidezza.
« E alla sera vogliamo divertirci! » esclamò Matilde. E poi, rivolta al marito: « Abbiamo diritto o no, Filippo, dopo avere lavorato ? ».
« Certamente! » rispose l'uomo.
« Anche Rosaria verrà con noi al cinematografo e al passeggio » dichiarò Matilde.
« Io? » chiese Rosaria.
« Anche tu diventerai cittadina! » affermò sorridendo Giuseppe.
Ma Rosaria non era portata a trasformarsi come le cognate. Indossò sempre il suo abito paesano e portò sul capo il fazzoletto azzurro. Imparò si ad andare al mercato e a contrattare cogli arabi; ma a divertimento quasi mai andò, senza essere accompagnata dal marito. Né fu capace di contribuire, come le cognate, col suo lavoro di impiegata, al mantenimento della famiglia. A casa restava tutto il giorno, la casa era il regno in cui essa dominava.
E vede[...]

[...]ca e non era ritornato; chi aveva ritirato la famiglia, chi se l'era formata là; i figli che avevano abbandonati i genitori, mariti che si erano dimenticati, a torto o a ragione, delle mogli.
« Molte disgrazie perciò sono avvenute! » dichiarò Rosaria.
«E si sa come succede! » rispose Antonio.
« Vedendo tutto quel movimento, perciò mi sono incoraggiato a venire; poiché chi stava indietro non concludeva nulla ed era perduto! » disse Giuseppe.
«Noi ve l'avevamo detto! » aggiunsero i fratelli.
« C'era chi mi dava torto a voler venire in Egitto, anziché andare in America... » continuò Giuseppe.
« Sciocchezze! » fece Filippo.
«Si, e voi sapete come io la penso!» concluse Giuseppe.
Certamente egli avrebbe voluto continuare anche in Egitto la bella vita, pur nella povertà, che faceva nel borgo; quando lavorava nelle ore che voleva, e si riposava a suo piacimento; quando chiacchierava
IL GRANDE VIAGGIO 111
coi clienti, seduto davanti al deschetto, e di essi conosceva il piede meglio di quello che non sapesse la faccia.
Ma ciò ormai non[...]

[...]— diceva la lettera — non é più e io non so come confortarmi, l'avevo sempre attorno a me e ora non la vedo più; e il padre é rimasto tanto male che non è capace più di parlare, e voi che avreste potuto darmi un po' di conforto siete lontani, e non avete avuto nemmeno la soddisfazione di vederla, per
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darle l'ultimo addio. E ora la nostra casa é divenuta piú sola e pare una barca sperduta, agitata nel mare in tempesta! ».
« E noi non siamo andati a trovarla, quando si poteva fare a tempo! » gridò Rosaria, mentre grosse goccie di lagrime le scorrevano sulle guance, ai fratelli che, ignari, rientravano dal lavoro; Giuseppe era già ritornato e'inutilmente aveva cercato di calmare la donna e le bambine che a vederla in quel modo s'erano messe a piangere.
«Cosa dici? » esclamarono i fratelli; diventando bianchi nel viso, prima ancora di sapere.
« È morta, é morta la nostra mamma! i) gridò Rosaria; e singhioz zando più non sapeva soggiungere.
Presero la lettera i fratelli, e la lessero; si sederono poi a capo chino attor[...]

[...]rava Giuseppe.
Rientrava in quel momento dalla casa di una compagna di scuola, Ernesta; e quasi prima della sua aggraziata persona si avverti la sua voce squillante di bambina felice.
« E questa qui non ce la lasciate ancora per qualche po' di tempo, dopo che sarete partiti? » chiese Matilde, anche a nome della cognata e degli altri.
Rosaria non rispose, mostrando dal volto che la cosa non era per niente possibile. « E tu non vuoi restare con noi ? » continuò Matilde,
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rivolgendosi alla figliuola. Ernestina arrossi, senza saper cosa dire. Ed il padre fu che disse: «Rispondi che vi rivedrete ogni tanto o che loro vengano da noi o che tu faccia qualche viaggio per qui, quando sarai grande, e se la fortuna ci aiuterà, come speriamo... ».
Nessuno più parlò della proposta, e solo i preparativi per la partenza da fare fra molti mesi furono discussi, come se si dovesse farla tra poco. Giuseppe chiese ed ottenne di lavorare due ore di più, per avere maggiore guadagno. Per la prima volta si assoggettò ad un'estenuante fatica, con un ardore di cui nessuno forse l'avrebbe creduto capace. Si stancava, nei mesi terribili dell'estate che sopravvenne, e pure resisteva.
Anche lui sognava il paese natio, gli amici, i parenti, la [...]

[...]ati, ma lo davano a vedere, se non volevano ritornare.
«Sono le mogli che li trattengono» diceva Giuseppe alla moglie per spiegare la cosa.
«No, nemmeno questo — ormai hanno fatto dell'Egitto un altro loro paese ».
E nessuno dei due sospettava che tanto Antonio che Filippo, che del resto sembrava tanto impulsivo ed entusiasta, calcolassero meglio di loro le possibilià di vita nell'Egitto e quelle del loro paese.
« Qui spendono molto. E anche noi, accanto a loro, abbiamo speso tanto » diceva Giuseppe.
« Pazienza! Ma tu lo hai voluto, accettando di fare in tutto vita in comune con loro... ».
« Volevi anche tu allora... ».
IL GRANDE VIAGGIO 117
« Non é vero. Io l'avevo capito, e tu non l'hai voluto. E siamo rimasti tanto tempo lontani da casa! » concludeva Rosaria.
«"In questi mesi in cui non si va in nessun posto, si può risparmiare parecchio... » diceva Giuseppe.
Rosaria allora non si frenava dal criticare : « Sanno che i mariti sono in lutto e vanno lo stesso a divertirsi. E non hanno messo le vesti nere di lutto... ».
« Sono [...]

[...]to, accompagnata da Ernestina spaurita, ella era là, nel vicoletto angusto del borgo, mentre le sorelle accorrevano e commare Carmela, vinta dalla curiosità, saltava gli scalini della sua casa.
«No, commare Rosaria, cosa fate! », esclamó la vicina con voce sorpresa. «Non reggerete al dolore! Io lo so, da quando mi son morti i miei due figliuoletti maschi, che Dio li abbia in gloria! Non la fate andare, Agata, trattenetela, fatela stare qui con noi ancora un poco!... ».
Ma le sorelle avevano capito che Rosaria avrebbe trovato conforto nella visita che si preparava a fare, e non ardirono impedirle il cammino. Si offersero di andare a tenerle compagnia. Ma Agata aveva da cucire d'urgenza un abito da sposa che, malgrado la diminuita clientela, aveva trascurato; e Peppina era ancora stanca del viaggio che aveva fatto in campagna.
«Vado con Ernestina! Non c'è bisogno di voi! Andremo con voi qualche altra volta! », rispose Rosaria.
Si allontanava da loro e presto si dirigeva verso la strada che portava al camposanto. Il sole era ancora [...]



da Alberto L'Abate, Tre storie di emigrati in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]tà, in certi periodi, di trovare lavoro e di avere il permesso di soggiorno. E infatti molto probabile che un certo numero di italiani restino qui anche con permesso di soggiorno scaduto trovandosi nell'impossibilità di prendere un lavoro legalmente riconosciuto.
Uno studioso da me intervistato, professore di sociologia all'Università locale, si è detto molto preoccupato del continuo aggravarsi del problema. « Gli italiani stanno diventando per noi — mi ha detto pressapoco — un po' quello che i negri e i nord africani sono rispettivamente per l'America del Nord e per la Francia. Persone della cui forzalavoro abbiamo bisogno ma che vorremmo avessero meno diritti possibile. Ciò che rende ancor più grave il problema è il fatto che i pregiudizi contro gli italiani, molte volte completamente infondati o almeno molto esagerati, vanno ogni giorno aumentando tra la popolazione svizzera ed anche tra gli operai ». (A proposito di pregiudizi non è infrequente vedere sui giornali ginevrini avvisi come questo: `affittasi camera — italiani esclusi'. [...]

[...]tto mesi mori mia madre. Allora cominciò la mia vita di sacrifici: orfano di madre e, posso dire, anche di padre perché questi ci trattava male e ci disprezzava. Eravamo sei tra fratelli e sorelle. Dopo qualche anno mio padre si risposò con una donna che aveva pure lei sei figli. Fu triste tutta la mia fanciullezza: fame, pidocchi e bastonate in quantità. Mio padre aveva molti soldi, era un impresario boschivo, aveva tante proprietà e case, ma a noi ci lasciava quasi morire di fame e non ci fece neppure andare a scuola. E ci portò alla rovina. Litigava sempre con tutti e non andava d'accordo in famiglia. Beveva anche. Un giorno ebbe una questione con un vicino e gli sparò una schioppettata. Fu imprigionato ma riuscì a pagare 30.000 lire, che, a quei tempi, era una somma enorme, e dopo un mese fu rilasciato. Ma, a poco a poco, tra liti, avvocati ed il resto, si riempi di debiti e, quando mori, per una caduta da cavallo, di tutti i suoi beni non restava più niente.
Io ero andato a scuola fino alla seconda; appena mio padre vide che sapevo[...]

[...] trasferissero con tutta la loro famiglia. Il contratto era buono: vitto, alloggio e 17.000 franchi al mese tra stipendio ed allocazioni familiari. Appena in Francia ci portarono ad Auxerre, in una specie di campo di smistamento. Li si aspettava la chiamata da parte dei padroni, ma, quando venne, ci dissero che lo stipendio era di soli 6000 franchi al mese più 4000 per mia moglie se lavorava mezza giornata. E che poi al mangiare dovevamo pensare noi. E come potevo vivere con quella miseria con tutta la famiglia! Lo avessi saputo prima non ci sarei nemmeno andato. Così, dopo circa quaranta giorni di campo di smistamento, ce ne tornammo a casa.
Qualche anno dopo emigrai in Svizzera, nei Grigioni. Avevo addirittura due contratti di lavoro: uno, come contadino l'avevo avuto pagando 5000 lire ad uno svizzero, almeno così diceva di essere, che andava in giro vendendo contratti di lavoro per l'agricoltura persino a 20.000 lire. Tanto che dopo l'hanno arrestato. L'altro, nell'edilizia, attraverso un conoscente che era andato a lavorare in Svizz[...]

[...]e me. C'è la scuola di arti e mestieri, per esempio, che è molto buona. E per fortuna qui gli studi sono tutti gratis. Non è come in Italia che tocca sempre comprare il quaderno, i libri, le matite, eccetera, eccetera. Qui danno tutto loro.
Io resto per questo, per permettergli di studiare, perché abbia una vita migliore della mia. E poi mi ci trovo bene in Svizzera. Sono gente onesta. Si può lasciare la roba per la strada e nessuno la ruba. Da noi, invece, appena si pianta qualche cavolo e qualche altra cosa qualcuno viene di notte e se li porta via. Noi, per esempio, coi soldi guadagnati con il carbone, ci facemmo un bel fienile, non una cosa di lusso, lo facemmo noi stessi, ma finalmente avevamo qualcosa di nostro. Ci portavamo le bestie durante il giorno. Mia moglie aveva una mucca e qualche agnello, dormivano con noi, in paese, nella stanza di sotto, altrimenti le avrebbero rubate. Scassinarono due volte il lucchetto del fienile e presero tutto quello che c'era dentro. E sono sicuro che non è stato qualcuno che moriva di fame, probabilmente aveva più mucche di me.
Dopo un poco che trovai lavoro feci venire mia moglie ed i miei figli ed andammo ad abitare in uno chalet vicino Ginevra. Il padrone era un italiano che vive qui da circa 30 anni e che ha un'impresa edile. C'erano tre stanze più cucina, ma senza acqua né gabinetto. Ci faceva 'Pagare 200 franchi al mese compresa la luce ed il carbone. Ma tutte l[...]

[...]dieci anni che non metto piede alla messa. Prima ci andavo, ma poi i preti hanno cominciato a fare della politica e non li ho potuti più sopportare. Avrei voluto rispondergli, quando parlavano, ma era proibito. Così ho smesso di andarci. Qui andiamo talvolta al culto nella chiesa protestante. La prima volta che sentii parlare di loro fu da mia sorella, tanti anni fa. Lei aveva lavorato in una loro casa. « Sai, c'è della gente che è differente da noi, come religione, mi disse, si riuniscono, uno parla e poi cantano tutti insieme, é bello, sai ».
Non ne seppi più niente fino a qualche anno dopo: durante il fascismo vennero al mio paese dei protestanti confinati. Credo che il fascismo non gli volesse bene, ma forse anche per ragioni politiche. Non sono mai stato alle loro riunioni, sapevo però che si riunivano in casa di uno di loro e pregavano il Signore. Allora non ne sapevo altro.
Quando andai di leva c'era con me un soldato che era un vero delinquente. Ne combinava di tutti i colori: rubava, diceva bugie, si litigava con tutti, eccete[...]

[...] lavora come sarta. Appena arrivata qui non la volevano far lavorare perché dicevano che prima doveva fare l'apprendista; ma l'aveva già fatto in Italia, avevamo fatto dei sacrifici per farla studiare. La mandavamo da una mastra, per imparare il mestiere, e pagavamo anche. Ma quando la mastra doveva tagliare la stoffa mandava le apprendiste in un'altra stanza perché aveva paura che le rubassero il mestiere. È per questo che le cose non vanno, da noi, c'è troppa gelosia; ce n'è anche qui, ma meno forte. Qui a mia figlia la pagano e le fanno anche vedere come si deve fare, se non lo sa di già. Così le fecero il contratto di apprendistato. Dato che doveva lavorare tutto l'anno e che, essendo minorenne, non la potevamo lasciare sola, feci domanda per poter restare anche io nella stagione invernale. Ma non ne vollero sapere ed annullarono anche il contratto di mia figlia. Ma ora ha compiuto 18 anni e si è potuta impiegare regolarmente.
Tempo fa sono stato ad una riunione del sindacato (F.O.B.B.) (1). C'erano un sacco di italiani, tutti stagi[...]

[...]manda l'intervistato, un giovane trentatreenne che lavora da vari anni a Ginevra come operaio specializzato. Alla mia risposta affermativa continua: « Io ci sono stato durante la guerra: Terrasini, Misilmeri, Caltanisetta. Quando ero a Terrasini mi ricordo che una o due volte la settimana prendevamo il treno di notte. Si passava dall'Isola delle Femmine, da Sferracavallo e ci si fermava in un posto che ora non ricordo. Avevamo i sacchi vuoti con noi. Abbiamo saccheggiato tutti gli alberi di arancio della zona. Ma, che vuole, eravamo giovani e non ci davano abbastanza da mangiare. Le bucce ci toccava nasconderle sotto terra perché non si trovava più un arancio in paese e, se ci beccavano, erano guai. Uno che é stato preso a rubare un cavolo ha avuto due mesi di carcere e lo volevano denunciare all'alta corte. Poi, per fortuna, si sono ricordati che era solo un cavolo e l'hann.o lasciato libero. Il nostro comandante, invece, in quel periodo, faceva il contrabbando.
Di mestiere faccio l'alesatore, in una ditta che fabbrica macchine utensil[...]

[...]tutte le commissioni interne. Ne avevo approfittato per visitare anche la FIAT centrale. A quei tempi esisteva anche il consiglio di gestione ma, nella nostra fabbrica, ha sempre avuto poco valore. I dirigenti lo chiamavano ogni tanto, solo per dargli informazioni su qualcosa di secondario, ma non ha mai avuto un valore effettivo. In quel tempo, però, i padroni avevano ancora bisogno degli operai e si dimostravano gentili con loro. Ci dicevano « Noi non siamo nemici, dobbiamo collaborare insieme per ricostruire la fabbrica, abbiamo bisogno l'uno dell'altro » e così via. Ma a poco a poco che la fabbrica era rimessa su hanno incominciato ad essere sempre più duri ed a dire: « Se vi va è così, altrimenti fuori! ». Così si arrivò ai licenziamenti. Noi l'avevamo saputo e, per impedirli, occupammo la fabbrica. Stavamo nei refettori, volevamo impedire che i nostri compagni fossero licenziati. Dopo tre giorni arrivò la polizia; erano le sei del mattino, noi sfollammo ed i licenziamenti furono fatti ugualmente.
Io non fui mandato via, ma dopo un po' me ne venni via da solo perché non mi ci trovavo più bene. Avevo lavorato dodici anni in quella fabbrica. Avevamo lottato e sperato di dar vita ad un mondo migliore. Avevamo fatto gli scioperi del '44 per difendere dei compagni di lavoro che i tedeschi volevano mandare in Germania a lavorare; ricordo bene i comizi con le promesse e le minacce che ci tennero i repubblichini; ma si tenne duro, ed i compagni non andarono in Germania. Nel '55 invece non fummo capaci di difendere le nostre libertà ed il l[...]

[...]dentro. Ha attraversato tutta una cittadina in quelle condizioni. Fu un vero miracolo se non fu preso. Ci raccontava sempre questo episodio, per questo lo chiamavamo « La resistenza s. Ultimamente l'hanno chiamato da parte in seguito ad un suo litigio con un altro operaio, gli hanno fatto fare una visita dal loro medico ed hanno detto che era inabile al lavoro. Così l'hanno licenziato dopo 17 anni di lavoro nella fabbrica. Probabilmente gli dava noia, per le sue idee politiche. Lui si è fatto visitare da un altro medico e sta facendo causa. Forse riuscirà solo ad ottenere qualcosa di più, come liquidazione.
Visto quel clima decisi di partire. Avevo già pensato di emigrare in Svezia, qualche anno prima, poi ci avevo rinunciato per non lasciare soli i miei vecchi. Nel frattempo, però, erano morti. Un mio amico che era venuto a lavorare qui mi scrisse che si trovava bene e che cercavano operai. Anzi, un giorno mi fece sapere che la ditta dove lavoro attualmente cercava degli alesatori e che avrebbe mandato un suo rappresentante in un alber[...]

[...] un giorno mi fece sapere che la ditta dove lavoro attualmente cercava degli alesatori e che avrebbe mandato un suo rappresentante in un albergo a Varese per intervistare i candidati. Mi presentai e fui accettato.
Da allora lavoro in questa ditta. È una delle più grandi di questo genere e molto conosciuta, anche all'estero. Ci trattano bene. Siamo quasi il 10% circa di italiani, da Modena, Varese, dal Trentino e da altre zone. Qui non è come da noi che tengono sempre le vecchie macchine e sfruttano l'operaio più che possono. Qui ci sono tutti macchinari moderni ed anche la paga è buona: 4 franchi l'ora, ma lavoro a cottimo e posso prendere anche di più. E ci considerano molto più che da noi. Per esempio quando si lavora mi portano un disegno di un nuovo pezzo. Io lo guardo e dico « Io lo farei così ». Loro ascoltano e mi dicono solo se sbaglio o se c'è un metodo migliore per farlo, ma in caso contrario mi fanno fare a modo mio. Da noi invece ci portavano un disegno e ci dicevano: «Devi fare così e così ». Ed avevi voglia a dire che, magari, in un altro modo sarebbe venuto meglio! Non volevano intendere ragione; ci toccava fare a modo loro.
Poi, per quanto riguarda il macchinario, in Italia cercano sempre di utilizzare quello vecchio, che tante volte non funziona più e col quale é molto più difficile lavorare. Vede, per esempio, se devo fare un foro di una certa grandezza, qui ci sono tutti i ferri delle varie misure, e messi in ordine. Prendo quello segnato per la misura che mi occorre e sono sicuro che va bene, perché og[...]

[...] giorno, mangio in un ristorante di fronte a casa mia. I padroni sono italiani ed hanno una buona cucina. L'altro pasto lo prendo invece alla mensa della fabbrica, é cucinato alla svizzera, non è molto buono, ma meglio che niente.
Per la camera ho avuto fortuna: pago solo 55 franchi al mese. Per una camera cosí chiedono, di solito, 100 franchi ed anche piú. Ma c'è il cimitero, qui davanti, per questo il prezzo è basso. Ma a me i morti non danno noia, stanno sempre zitti. Sembra che ci sia seppellito anche Calvino, che era protestante. Io però non l'ho sentito protestare mai!
Ogni tanto, nelle ore libere, mi metto a disegnare. Che vuole, è un passatempo! Tempo fa mi sono anche comprato un giradischi. Di dischi ne ho pochi ma spero di farmene di più. L'altro giorno, per caso, ho comprato la quinta di Bethoven. Cercavo il disco di una musica che avevo sentito in un film: il «Crepuscolo degli dei » di Wagner. Non ce l'avevano e mi hanno dato questo. Non l'avevo mai ascoltato, prima: è magnifico, così forte, mi prende tutto. E stata una ver[...]

[...]Eravamo 6000 operai e riuscimmo a mantenere il lavoro per tutti, anche se a quei tempi, secondo la legge, se non c'era lavoro per lui, l'operaio aveva diritto ugualmente a buona parte della paga. Ma c'era l'entusiasmo e tutti lavoravamo alla ricostruzione. Lo stesso è successo nelle altre fabbriche Breda ».
« Anche alle Reggiane, dove lavoravo io — aggiunge un altro italiano presente all'intervista — è successa esattamente la stessa cosa, siamo noi che le abbiamo rimesse su ».
« C'era un consiglio di gestione centrale — riprende il primo operaio — ed a questo erano collegati tutti gli altri delle diverse fabbriche della stessa ditta. C'era un poco di caos, ma in complesso abbiamo fatto delle buone cose. Abbiamo potuto mantenere il lavoro a tutti gli operai, la produzione è andata avanti e la conversione in prodotti di pace, prima la Breda faceva soltanto materiale bellico, è avvenuta. C'erano delle riunioni periodiche per discutere sull'andamento della produzione e sul bilancio; in queste si decidevano tutte le questioni della fabbrica[...]

[...]ne, si preparava al momento in cui queste leve sarebbero state completamente nelle sue mani. Con questo spirito c'eravamo gettati li dentro e l'abbiamo sempre fatto con impegno. Oltre il consiglio di gestione c'era anche la commissione interna. Lavoravano spesso insieme, ma qualche volta si trovavano in contrasto. Se c'era, per esempio, da discu
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tere su dei licenziamenti, la commissione interna ci si opponeva per principio; noi, del consiglio di gestione, dovevamo invece studiare se il licenziamento di un certo numero di persone non avrebbe potuto migliorare le condizioni della fabbrica per poi permetterci, dopo qualche mese, di riassumere i licenziati.
Le cose sono andate avanti tosi fino a dopo il '48. Con la venuta di De Gasperi dell'America e la cacciata dal governo dei comunisti e dei socialisti, tutto è cambiato completamente. I consigli di gestione sono stati eliminati in tutte le industrie e, dopo poco, sono cominciati i licenziamenti e le riconversioni di molte industrie in produzioni di guerra. Così è suc[...]

[...]er poi permetterci, dopo qualche mese, di riassumere i licenziati.
Le cose sono andate avanti tosi fino a dopo il '48. Con la venuta di De Gasperi dell'America e la cacciata dal governo dei comunisti e dei socialisti, tutto è cambiato completamente. I consigli di gestione sono stati eliminati in tutte le industrie e, dopo poco, sono cominciati i licenziamenti e le riconversioni di molte industrie in produzioni di guerra. Così è successo pure da noi. Nel '49 ci sono stati i primi licenziamenti. Millecinquecento persone, tra cui tutti i partecipanti dei consigli di gestione e tutte le persone che più o meno erano state attive nella vita interna della fabbrica. Tra i licenziati c'erano 500 comunisti e 250 socialisti: una vera e propria epurazione politica. Noi decidemmo l'occupazione della fabbrica, continuammo pure a mandare avanti la produzione, finché c'era materiale all'interno, e solo un mese dopo circa ci decidemmo allo sgombero. Era venuto un intero reparto dell'Esercito e Polizia, con carri armati, cannoni, e tutto il resto. Non potevamo resistere: o fare la guerra civile o cedere. E abbiamo ceduto v.
Da noi — riprende l'altro operaio — l'occupazione della fabbrica, per evitare i licenziamenti, è durata quasi tre mesi, ma poi anche noi abbiamo dovuto cedere ».
cc Altri licenziamenti furono fatti nel '51 — continua il primo operaio —. Ora la Breda fa solo materiale da guerra per la NATO, proiettili e simili. La ditta dove lavoro attualmente seppe dei licenziamenti e come aveva bisogno di operai venne a cercarci. Fummo in cento assunti dalla mia ditta. Ci fecero la morale, ci dissero che ci davano del lavoro ma che ci si sarebbe dovuti comportare bene, che potevamo parlare di politica a casa nostra, ma che dentro la fabbrica era proibito, e così via. E venimmo a Ginevra. Prima del nostro arrivo c'era stata una questione per [...]

[...]una questione per il nostro contratto. L'abbiamo saputo dopo. Qui la paga è fissata insieme dai rappresentanti del sindacato con quelli degli imprenditori, e con l'arbitraggio di un ufficio speciale dello Stato. Gli imprenditori volevano darci 20 centesimi l'ora meno del minimo sindacale, ma il sindacato si è opposto ed è riuscito a spuntarla. Così siamo entrati col minimo. Quando l'abbiamo saputo abbiamo pensato che era giusto partecipare anche noi alle lotte del sindacato e ci siamo iscritti.
Nei primi tempi il salario era buono, avevamo un cottimo discreto. Ma poi è stato cambiato e ora non si riesce più a restare nei tempi. Bisogna dire che è anche colpa degli operai; per guadagnare di più si sforzavano di fare 50 invece di 30 in un'ora. Visto questo la Ditta ha pensato di approfittarne. Ha ridotto i tempi e ora ci tocca fare 50 con la stessa paga con cui prima si faceva 30. E non ce la facciamo quasi piú.
Anche qui si costruisce materiale bellico come alla Breda. Fa parte, più
TRE STORIE DI EMIGRATI 179
o meno, dello stesso cart[...]

[...] permesso di soggiorno un timbro con scritto sopra: « non può affittare un appartamento ». Cosi siamo costretti a prenderli in subaffitto e si paga molto più caro. Oppure si prende una camera in qualche famiglia, ma spesso non vogliono i bambini e tosi molti italiani non possono richiamare i loro familiari. Nella mia ditta si sta un poco meglio perché lo Stato ha dato dei sussidi alle fabbriche per degli appartamenti a buon mercato per operai. A noi non li danno, non ne abbiamo diritto, ma spesso gli svizzeri che ci vanno ci lasciano le loro vecchie case. Ma altri italiani vivono ancora in baracche o in condizioni orribili.
Inoltre non possiamo cambiare lavoro. Anche questo è scritto sul permesso di soggiorno. Perciò, anche se non ci si trova bene in una fabbrica, non si può andare in un'altra sotto pena di essere rispediti in Italia. In teoria, sarebbe possibile, se il padrone desse il permesso; ma in realtà non lo danno, perché hanno bisogno di noi, e se non ci fossimo noi a fare certi lavori, non troverebbero nessuno. E molte volte a[...]

[...]ri che ci vanno ci lasciano le loro vecchie case. Ma altri italiani vivono ancora in baracche o in condizioni orribili.
Inoltre non possiamo cambiare lavoro. Anche questo è scritto sul permesso di soggiorno. Perciò, anche se non ci si trova bene in una fabbrica, non si può andare in un'altra sotto pena di essere rispediti in Italia. In teoria, sarebbe possibile, se il padrone desse il permesso; ma in realtà non lo danno, perché hanno bisogno di noi, e se non ci fossimo noi a fare certi lavori, non troverebbero nessuno. E molte volte abbiamo insegnato a lavorare anche agli svizzeri. Qui sono meglio di noi come macchinari, hanno roba più moderna, ma come lavoro spesse volte i migliori siamo noi. Hanno voglia a dirci che ci fanno un favore a tenerci qui: in realtà si dà più di quello che abbiamo. Se uno della nostra ditta vuole cambiare, il nostro capo, che è nella commissione che decide i cambiamenti, scancella il suo nome e lui è costretto a restare li. Ma se la ditta resta senza lavoro ci può licenziare e non abbiamo nemmeno un sussidio. Eppure, coi soldi che mandiamo a casa, il nostro governo si arricchisce. Potrebbe pure pensare a darci un sussidio quando torniamo a casa, senza lavoro. Oh non abbiamo lavorato anche noi! La ditta fa contratti ogni tre mesi, per prova, e poi per s[...]

[...]ello che abbiamo. Se uno della nostra ditta vuole cambiare, il nostro capo, che è nella commissione che decide i cambiamenti, scancella il suo nome e lui è costretto a restare li. Ma se la ditta resta senza lavoro ci può licenziare e non abbiamo nemmeno un sussidio. Eppure, coi soldi che mandiamo a casa, il nostro governo si arricchisce. Potrebbe pure pensare a darci un sussidio quando torniamo a casa, senza lavoro. Oh non abbiamo lavorato anche noi! La ditta fa contratti ogni tre mesi, per prova, e poi per sei mesi, e se dopo non ha lavoro ti licenzia. Ultimamente volevano licenziare un certo numero di operai. Noi avevamo fatto uno studio dove si dimostrava che molti dei li
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cenziati avrebbero potuto ancora avere del lavoro. La commissione interna si è opposta ai licenziamenti facendo vedere questo studio. Cosi, quando c'è stata una riunione per discutere sui licenziamenti, i rappresentanti del governo che si interessano delle commesse alle ditte — c'è un ufficio apposito collegato al Ministero del lavoro — ci hanno dato ragione e hanno impedito una buona parte dei licenziamenti.
L'altro fatto che non va, per noi italiani, è quello della visita medica. Quando ci fanno entrare, ci [...]

[...]BATE
cenziati avrebbero potuto ancora avere del lavoro. La commissione interna si è opposta ai licenziamenti facendo vedere questo studio. Cosi, quando c'è stata una riunione per discutere sui licenziamenti, i rappresentanti del governo che si interessano delle commesse alle ditte — c'è un ufficio apposito collegato al Ministero del lavoro — ci hanno dato ragione e hanno impedito una buona parte dei licenziamenti.
L'altro fatto che non va, per noi italiani, è quello della visita medica. Quando ci fanno entrare, ci fanno tanto di visita, per vedere se siamo sani. Ma quando si esce non fanno niente, e se ci siamo presi una malattia e cadiamo ammalati in Italia, la cassa malattie di qui non paga una lira. Specie per gli stagionali: muratori, manovali, minatori, che ogni anno devono rientrare in Italia per qualche mese, questo fatto è gravissimo. Se prendono qualche malattia professionale, la silicosi, per esempio, per i minatori, e cadono ammalati in Italia, sono rovinati.
Quelli che lavorano nelle costruzioni, inoltre, se hanno famiglia[...]

[...] mese, questo fatto è gravissimo. Se prendono qualche malattia professionale, la silicosi, per esempio, per i minatori, e cadono ammalati in Italia, sono rovinati.
Quelli che lavorano nelle costruzioni, inoltre, se hanno famiglia in Italia, non hanno assegni familiari. E se hanno a carico i genitori o i fratelli gli tolgono pochissimo dalle tasse. Ma questo anche per le altre categorie.
Inoltre c'èé la questione della difesa militare. Perché a noi italiani ci tocca pagare per la difesa nazionale svizzera? I francesi hanno ottenuto di non farlo. Tempo fa, alla Cappella italiana, è venuto a parlare un nostro ministro. Quando ha finito, ho chiesto il contraddittorio e gli ho domandato perché il governo non facesse niente per farci togliere questa tassa. Ha cominciato a rispondere un sacco di belle cose, dicendo che, per amor della patria, era giusto che si pagasse per la difesa delle altre patrie contro l'aggressione. Io non ci ho visto più ed ho gridato: « Ma che patria e patria, il portafoglio! ». E diventato livido e bianco come un cen[...]

[...]lattia dell'oro. Non pensano che al denaro. Non lavorano che per accumulare un po' di soldi per comprarsi la casetta in Italia e poi poter tornare li, anche se saranno pagati di meno, tanto non avranno da pagare l'affitto. Sono loro che, quando i dirigenti dicono qualcosa, sono i più servili. Non pensano che a guadagnare di più e non gliene importa niente delle condizioni degli altri operai. Gli altri no, hanno invece una dignità. Ma quasi tutti noi pensiamo di ritornare in Italia. Siamo ancora italiani e speriamo che tra qualche anno le condizioni saranno cambiate e ci sarà lavoro anche per noi. Ci prepariamo per quel momento, non può mica continuare sempre così! ».



da Georg Lukacs, Problemi della coesistenza culturale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]no alla convinzione che anche la loro posizione, sia che venga esaminata nel campo della politica e dell'economia, della filosofia o dell'estetica, é una posizione di classe e non già la « rivelazione» di una ragione posta al difuori della società. Da tale convinzione non scaturisce affatto che i dialoganti debbano intendere il proprio punto di vista in modo relativo. Possono benissimo continuare a considerarlo l'unico giusto, così come facciamo noi marxisti; il riconoscimento teorico dell'inevitabilità del fondamento di classe nella pretesa di universalità sociale da parte dell'avversario, non deve portare ad un relativismo autocritico, giacché tale pretesa, pur essendo riconosciuta inevitabile sul piano sociale ed economico, può essere criticata su quello teorico come contraddittoria e insostenibile, così come avviene per l'ideologia capitalistica del punto di vista del marxismo. Di conseguenza, non si tratta di compiere ritirate né concessioni, ma soltanto di comprendere storicamente la posizione reale dell'avversario, di polemizzare [...]

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state scritte su oggetti filosofici non sono false ma prive di senso. Perciò a domande di questo genere non possiamo affatto rispondere ma soltanto accertare la loro mancanza di senso... E non c'è da stupirsi del fatto che i problemi piú profondi in sostanza non siano veri problemi ». Ed egli ne trae, con coraggio e coerenza, tutte le conseguenze. Così dice: «Per questo motivo, non vi possono essere proposizioni etiche », e più altre, « Noi sentiamo che anche se vi fosse una risposta per tutte le possibili domande scientifiche, i problemi della nostra vita non ne sarebbero affatto toccati ». A questo modo, Wittgenstein ha relegato tutti i problemi essenziali per l'uomo nel campo del non razionalizzabile, nell'irrazionale, e appunto con questo rifiuto radicale di tutti i problemi relativi alla concezione del mondo ne indica l'inevitabiltà praticoreale: gettandoli fuori della porta della filosofia, essi rientrano dalla finestra. Perciò non é un caso che l'esistenzialismo — e le concezioni del mondo, religiose o irreligiose, ad ess[...]

[...]i i campi della vita internazionale non può essere assolutamente il fine di questo saggio. Basti accennare soltanto alla questione negra, come problema di politica interna, e all'infausto appoggio dato, in politica estera, alle tendenze e ai governi più reazionari del Centro e SudAmerica, per rendere evidenti l'universalità di tale problema. Né questo saggio può porsi come obiettivo l'analisi delle possibilità e prospettive di tale sviluppo. Per noi, questo fatto Storico ha soprattutto una importanza ideologica. Infatti, una sua conseguente attuazione richiede un ripensamento ideologico quanto lo richiede nel mondo socialista il superamento dei metodi staliniani. Osserviamo, incidentalmente che la parola «quanta» dovrebbe essere messa tra virgolette, giacché il ripensamento ideologico del mondo borghese ha una struttura, una dinamica etc. differenti da quello marxista. Ma, per limitarci soltanto all'essenziale, quanto più coerentemente questo nuovo orientamento viene attuato sul piano pratico, tanto più viene a trovarsi in aspro contrast[...]

[...]e iniziali già esistenti, dalle manifestazioni sportive e gare di scacchi alle rappresentazioni di balletti e ai concerti di virtuosi. Data la manipolazione generale dell'opinione pubblica, che può avere per conseguenza che ampie masse di un sistema giudichino gli appartenenti all'altro sistema dei barbari della cultura, esse possono essere utili e istruttive, spianando la via a contatti più profondi, ma in esse manca assolutamente il motivo, da noi indicato come motivo centrale, del ((Chi a chi? ». Allo stesso modo, anche l'internazionalizzazione, sempre più necessaria, della scienza, soprattutto di quella applicata, non può costituire una svolta decisiva in questo problema. Quanta più essa si verifica, tanto
14 GEORG LUKACS
maggiore diviene di necessità l'abitudine straordinariamente importante all'internazionalità di tutti i campi di attività dell'uomo, teorici e pratici; tuttavia nessuno per ciò stesso vede minato il sentimento di appartenere al proprio sistema o viene attratto dall'altro perché magari in esso é stato inventato un [...]

[...]ancora in modo tale che — nel migliore dei casi — viene «persuaso» soltanto chi é già persuaso. E perfino un obiettivo tanto modesto come quello di rafforzare in una certa misura i seguaci della propria concezione del mondo, viene raggiunto in modo assai problematico. Quando si verifica una perturbazione sociale, queste difese artificiali si dimostrano quanto mai incapaci di opporre una resistenza.
Per giustificare la necessità dell'esigenza da noi formulata sopra, basti accennare al fatto che un discorso impostato meramente sull'entusiasmo e la fede potrebbe essere forse in grado di infiammare gli ascoltatori per un breve scontro, ma anche se fosse ripe tuto più volte non riuscirebbe a suscitare la forza di resistenza spirituale e morale necessarie per una vera guerra. Applicando questo paragone alle lotte tra concezioni del mondo, si vedrà che la differenza tra una singola battaglia e una guerra prolungata non é che quest'ultima sia una sintesi meramente quantitativa di molteplici ripetizioni di quelle, bensì qualcosa di differente qu[...]

[...] o interpretata in madi diversi, serva di sostegno ora all'uno all'altro partner della discussione. Si pensi, ad esempio, alla seconda metà del secolo scorso, quando il darwinismo nelle sue linee principali appoggiava gli ideologi progressisti, ma contemporaneamente — ad esempio, nel cosiddetto darwinismo sociale — poteva costituire un ausilio per la reazione ideologica, e così via.
Date le circostanze, obbiettivamente non é contraddittorio che noi da un lato partiamo dal fatto che tutta la coesistenza culturale sia una grandelotta tra la concezione del mondo socialista e quella borghese, ma dall'altro, e contemporaneamente, nei singoli dibattiti che costituiscono gli elementi concreti di questa totalità, ammettiamo che la funzione volta per volta attuale di singole dottrine, teorie, metodi etc. sia del tutto diversa, anzi passa operare in senso opposto. Una concezione monoliticounivoca della lotta di classe tra concezioni del mondo di sistemi sociali in concorrenza conduce ad una incomprensione totale della sua essenza. Questo non é me[...]

[...]cezioni del mondo di sistemi sociali in concorrenza conduce ad una incomprensione totale della sua essenza. Questo non é meramente il risultato di singole innovazioni scientifiche etc., estremamente complesse, ma scaturisce piuttosto dall'essenza di ciascuna trasformazione sociale. Già nel 1916, Lenin si faceva beffe dei seguaci di una teoria così monolitica. «Le cose starebbero così » scriveva: « da una parte si raduna un esercito e dichiara: ' Noi siamo per il socialismo', e da un'altra parte si raduna un altro esercito e dichiara: ' Noi siamo per l'imperialismo', e questa è poi la rivoluzione sociale! » Giustamente egli definiva questo « un punto di vista ridicolo e pedante ». E' evidente che quanto più un fenomeno ideologico é lantano dalla lotta di classe immediata, tanto maggiormente conferma con i suoi effetti l'esattezza di queste parole di Lenin.
Ma ciò ha conseguenze di grande importanza per la lotta ideologica all'interno della coesistenza culturale. Per poterle anche soltanto scorgere, é necessario che in entrambi i sistemi vengano superati vecchi e stantii pregiudizi la cui essenza consiste nel
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PROBLEMI DELLA [...]

[...]tta tra concezioni del mondo, che scaturisce di necessità dalla coesistenza culturale, viene resa obbiettivamente impossibile da questo metodo di concepire l'avversario in modo volgarmente monolitico.
La concezione monolitica é cieca tanto di fronte allo sviluppo ineguale dei differenti campi di cultura quanto alle controversie reali all'interno di un sistema particolare. Soltanto respingendola si può arrivare a comprendere come le posizioni da noi sostenute possano sempre trovare alleati totali o parziali, anzi, che può accadere addirittura di assimilare criticamente la dottrina o il metodo di un ideologo dell'altro sistema. Così, ad esempio, Marx ha incorporato Darwin o L. H. Morgan nella sua concezione del mondo, che ne è risultata arricchita e concretizzata. Ovviamente, oggi non si riesce a scorgere un'analogia con questo esempio, ma ciò non significa affatto che un marxista possa ignorare i contrasti ideologici esistenti in Occidente, per esempio le posizioni assai contraverse sul problema dell'alienazione, la coraggiosa posizione [...]

[...]ta della lotta tra concezioni del mondo — che tali impressioni vengono nuovamente incorporate nel vecchio sistema di persuasione — e per ciò stesso rese socialmente « innocue u — assai più facilmente che non le influenze direttamente intellettuali e ideologiche.
In ogni caso, non si debbono sottovalutare gli effetti dell'arte, sia che sconvolgano o plachino, producano rivolta o apatia, entusiasmo o cinismo, sul piano della concezione del mondo. Noi crediamo anzi che le grandi e decisive emozioni che da essa scaturiscono abbiano le più profonde radici proprio nel terreno del contenuto umano della concezione del mondo. Quando l'aspetto puramente formale dell'arte viene posto in modo quasi esclusivo al centro dell'interesse, questo è generalmente il segno di un sostanziale affievolimento del rapporto tra arte e pubblico, ovvero il convergere dei suoi effetti in un accomodamento cinicoapatico dalle forme di vita volta per volta date, mentre il vero realismo — in modi sempre differenti — suole esercitare un'influenza stimolante, liberatrice [...]



da Giovanni Testo, Ritratti critici di contemporanei. Lalla Romano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: RITRATTI CRITICI DI CONTEMPORANEI
LALLA ROMANO
1. Ad un tema di argomento dantesco svolto dal figlio, al solito, in modo non ordinario e giudicato dall'insegnante che glielo aveva dato « fuori del consueto » — l'episodio è raccontato ne Le parole tra noi leggère —, Lalla Romano ha apposto questa chiosa: « Comunque sono certa che non solo per furore logico né per desiderio di singolarità interpretò a quel modo il tema, la ragione prima — della quale non poteva essere consapevole allora — era che la sola lettura interessante per lui era quella dal punto di vista dell'autore: il fatto creativo insomma » (Torino 1969, p. 156). La postilla (postilla verba auctoris, ne è il caso) contiene un pensiero altrimenti espresso, in modo ancora piú esplicito e in una sede propriamente critica, nella Presentazione della ristampa di Maria fatta per le scuole [...]

[...]ira come un'attesa per cosi dire geometrica, lontana, in virtú del segno, dalle figure sognanti in perplessità che, piacevano ai crepuscolari. Questo, nonostante che il periodo si serri in sottraendo, con calibrata sprezzatura. Si mostra insomma subito evidente, fin dall'esordio, un processo creativo che contiene intero il suo sviluppo. Nel principio dell'opera è il suo centro, e pensiamo, con qualche ragionevole licenza, ancora a Le parole
tra noi leggère, dove è detto che « non si può diventare quello che non si è già » (Le parole cit., p. 22).
Maria è il primo consistente personaggio della Romano, che nasca dalla memoria, se è vero che il libro fu scritto, come è detto nella Presentazione già citata, quando non era piú nella casa della scrittrice. Ma la sua forza d'attrazione è sorta prima e si è imposta impercettibilmente, a poco a poco, e insieme subito, intuitivamente, come un segno d'ordine, « quasi un ordine invisibile nel disordine del mondo » (p. 5). La sua scomparsa — che poi fosse destinata a risultare temporanea non era da[...]

[...] tradotto i Trois contes, può bene valere a conferma. (Si veda la recente Nota introduttiva che introduce la ristampa dei Tre racconti nelle « Centopagine » einaudiane). Con Maria, salvo alcuni precedenti coevi alla produzione in versi, ha inizio quello che la stessa scrittrice ha chiamato « un cammino dalla poesia alla
prosa ». Anche se, a ben vedere, nel modo di comporre, per frammenti compiuti, per respiri illuminati — anche ne Le parole tra noi leggère e in
Una giovinezza inventata che sono i piú prosastici — l'impronta (l'imprinting) della formazione di poeta non verrà mai meno.
674 GIOVANNI TESIO
2. Una giovinezza inventata (1979) è il ritratto della scrittrice da giovane. Dylan Thomas ha detto da qualche parte che una « certezza deve pure esistere, se non di amare bene, almeno di non amare »2 e la considerazione sta nel libro come un emblema. In Una giovinezza inventata (Torino 1979) c'è una pagina che apre con una cert'aria di risolutezza e insieme, quasi, di sfida un po' trepidante, il capitolo xxxix:
Dissi a Venturi che vo[...]

[...]uare nella Romano i tratti di una poetica e di un linguaggio peculiari.
2 Citiamo dal romanzo L'archiamore (Milano, Guanda, 1980) dell'esordiente OSVALDO GUERRIERI.
LALLA ROMANO 675
Prima della Penombra erano stati pubblicati Tetto murato (1957), L'uomo che parlava solo (1961) e, a parte, il Diario di Grecia (da Rebellato, nel '59). Dopo la Penombra sono poi venuti, trascurando le ristampe, che pure non sono mai senza revisioni, Le parole tra noi leggère (1969), L'ospite (1973), Una giovinezza inventata (1979) e tra L'ospite e Una giovinezza inventata due libri coevi, uno di racconti, La villeggiante, e l'altro di fotografie commentate, Lettura di un'immagine (1975). Senza dimenticare l'esercizio della poesia, che ha dato nel '74 Giovane è il tempo, frutto di una scelta riveduta delle due raccolte precedenti (Fiore prima, e poi L'autunno, 1955) e di molte poesie nuove. Si tratta di un percorso segnato negli anni da stazioni ben pausate, quasi periodiche, come esistesse una misura ritmica anche nel licenziare, oltre che nel comporre, i[...]

[...] » del capitolo, ma ci troviamo già un poco nel clima della Penombra. Cosí in Tetto murato ci soccorre una traccia esile ma proficua: « La stanza non era "remota". Vi era in essa una mescolanza di rustico e di civile, di primitivo e di prezioso che aveva per me il sapore della mia infanzia » (p. 45). E ancora, tornando a Maria, in piú di un tratto del rapporto della Romano con il figlio, è contenuto l'embrione di quelle che saranno Le parole tra noi leggère.
Periodo non nuovo dunque, ma se non nuovo, piú deciso, piú fermo; in una parola: maturo. Quello in cui lo scrittore è finalmente consapevole di avere trovato la sua strada e insieme il « modo » esatto di percorrerla, senza piú perplessità. Comincia propriamente dalla Penombra il personale e non proustiano, nonostante il titolo, « rimemorare metodico » della Romano. In lei, nonostante la passione, la memoria non ha urgenze, si dispone con un ritmo grave, si modula per adagi, è pausata, respira. È il caso di appellarci a Barthes quando parla dei momenti in cui è preso dalla voglia imp[...]

[...]la Romano è un personaggio che vive con gli altri personaggi e ne condivide il destino, ne ricerca le dissonanze, ne suggerisce, o ne dice, le affinità. Borlenghi molto acutamente, a proposito della presenza della scrittrice nella Penombra, ha parlato di « una propria storia in minore, nel cerchio delle memorie ».
C'è sempre una dialettica intensa — un dramma — in questo rapporto tra personaggio e personaggi (il punto estremo sono Le parole tra noi leggère), spesso doloroso fino allo spasimo perché la memoria (autentica) non vuole patire inganni. In questo senso, l'opera della Romano è memoriale e non autobiografica: una differenza, che ha la sua ragion d'essere e che è
stata polemicamente ribadita piú volte dalla scrittrice nelle interviste, con taglio perfino troppo netto:
È vero che un romanzo, in quanto tale, brucia e ricrea ogni dato, ogni fatto — reale o immaginario — cosí che i fatti stessi costituiscono appunto un materiale; ora, questi dati si possono sempre far risalire all'esperienza piú o meno diretta — esistenziale, cultu[...]

[...]embre 1979.
LALLA ROMANO 683
mori sperimentali (la discrezione, s'è detto, e s'intende discrezione stilistica, è la sua misura) non si è mai nemmeno rinchiusa in una ricetta. E accaduto in Una giovinezza inventata, dove il valore del documento assume un posto cospicuo e svolge una importante funzione narrativa. Ma su questa strada, che arriva a Una giovinezza inventata, non può non essere considerata decisiva la tappa del romanzo Le parole tra noi leggère. Qui infatti il dramma di un rapporto assume le sue tinte piú forti, e il modo di rappresentarlo una spregiudicatezza inventiva mai sperimentata prima.
Le parole tra noi leggère sciolgono in chiarezza intellettuale (e poetica) i nodi di uno scacco. Il romanzo racconta un assedio, una contesa, un duello e tutt'e due i personaggi sono in primo piano, sono dei protagonisti. La lotta è aspra — certo dolorosa — e richiede grande impegno. Ma la caccia insidiosa che la madre dà a suo figlio è sfortunata, e la scrittrice di fatto è relegata, in un crescendo pieno di significato, negli spazi riservati delle postille, delle chiose, dei piccoli commenti.
Ma poi basterebbe leggere, con l'esordio (magnifico), che enuncia il motivo conduttore, il finale, risolto in una ba[...]

[...] compaiono già in Maria. Quel tratto, ad esempio (« Quando prendeva il mio latte, il bambino sembrava feroce; io ne provavo timore, e mi sentivo a lui sottomessa », p. 20), che è ripreso con altra intonazione ne Le parole: « Quando succhiava il mio latte, mi sembrava feroce, come se allattassi un leoncino (infatti mordeva). Ero intimidita, preoccupata, non irritata » (p. 9). Ma solo qui assumono una prospettiva intera, non corsiva. Le parole tra noi leggère è un romanzo progressivo non nel senso di un rispetto rigoroso ad un ordinamento cronologico (questo, nella Romano, non c'è mai: la memoria insegue la sua cronologia) ma nel senso che rispetta grosso modo delle tappe che si succedono e riprende il discorso — il romanzo è anche un saggio, e un viaggio —, lo aggiorna, se si vuole, in corrispondenza con i diversi stadi evolutivi.
Il libro si può leggere come il dramma delle affinità non appagate, delle attese frustrate, di una vocazione elusa insomma — quella dell'arte —, come grande frammento di un discorso amoroso e insieme costruttiv[...]

[...] Adesso, gli giro intorno; un tempo invece lo assalivo. Ma anche adesso ogni
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tanto — raramente — sbotto. Allora lui mi guarda con la sua famosa calma e dice: — Tu mi manchi di rispetto! La mia collera di ora dev'essere un residuo delle antiche battaglie, quando io reagivo come se lui fosse una parte di me che tradiva se stessa e dunque mi tradiva. Ai miei assalti e assedi ormai piú che altro ammirativi, lui oppone freddezza, noia e perfino gentilezza (distratta).
Ma soprattutto io non rinunzio a tentare di conoscerlo, discorsivamente voglio dire. So bene che le domande sono un sistema sbagliato; ma ci ricasco. Lui è seduto davanti a me, immerso in un libro (magari un fumetto). Io provo a incominciare un discorso, e per di piú su temi generali. Senza alzare il capo risponde: — Non so (p. 9).
GIOVANNI TESIO
BIBLIOGRAFIA
OPERE DI LALLA ROMANO. Poesia: Fiore, Torino, Frassinelli, 1941; L'autunno, Milano, Edizioni della Meridiana, 1955; Giovane è il tempo, Torino, Einaudi, 1974. Poesie di Lalla Romano sono apparse in[...]

[...]); Maria, ivi, 1953 (poi nei « Coralli », 1965; nelle « Letture per la scuola media », 1973; nei « Nuovi Coralli », 1975); Tetto murato, ivi, 1957 (poi nei « Supercoralli », 1972); Diario di Grecia, Padova, Rebellato, 1959 (poi, con qualche variante, presso Einaudi, nei « Nuovi Coralli », 1974); L'uomo che parlava solo, Torino, Einaudi, 1961; La penombra che abbiamo attraversato, Torino, Einaudi, 1964 (poi negli « Struzzi », 1977); Le parole tra noi leggère, ivi, 1969 (poi negli « Struzzi », 1972); L'ospite, ivi, 1973 (poi nelle « Letture per la scuola media », 1978); Lettura di un'immagine, ivi, 1975; La villeggiante, ivi, 1975; Pralève, ivi, 1978 (ma già compreso ne La villeggiante); Una giovinezza inventata, ivi, 1979.
Traduzioni: G. Flaubert, Tre racconti, Torino, Einaudi, 1944 (e ora, con Nota introduttiva, nelle « Centopagine », 1980); E. Delacroix, Diario (18221863), Torino, Chiantore, 1945; B. Beck, Léon Morin, prete, Torino, Einaudi, 1954.
SCRITTI SU LALLA ROMANO. A parte i repertori e le storie letterarie del Novecento, che [...]

[...] 1961; C. Bo, « Corriere della Sera », 21 giugno 1964; F. Antonicelli, « La Stampa »,
1 luglio 1964; L. Baldacci, « Epoca », 12 luglio 1964; L. Lamberti, « Corriere del Giorno », 22 luglio 1964; G. M. Biovi, « Paese Sera », 24 luglio 1964; T. Fiore, « Gazzetta del Mezzogiorno », 26 luglio 1964; P. Milano, « L'Espresso », 26 luglio 1964; P. Bianchi, « Il Giorno », 29 luglio 1964; L. Gigli, « La Gazzetta del Popolo », 29 luglio 1964; I. Tutino, « Noi donne », 1 agosto 1964; O. Del Buono, « Settimana Incom Illustrata », 2 agosto 1964; L. Baldacci, « Giornale del Mattino », 6 agosto 1964; G. Gramigna, « Amica », 9 agosto 1964; G. Vigorelli, « Tempo », 22 agosto 1964; G. Ferrata, « Rinascita », 22 agosto 1964; C. Marabini, « Il Resto del Carlino »,
2 settembre 1964; V. Volpini, « La Fiera Letteraria », 4 ottobre 1964; F. Bolzoni, « Orizzonti », 18 ottobre 1964; M. Rago, « L'Unità », 18 ottobre 1964; C. Salinari, « Vie Nuove », 22 ottobre 1964; A. Borlenghi, « L'Approdo letterario », ottobredicembre 1964; B. Marchiaro, « 45° Parallelo », 11 [...]

[...]o 1969; G. Pullini, « Comunità », giugno 1969; C. Salinari, « Vie Nuove », 3 luglio 1969; D. Straniero, « La Notte », 7 luglio 1969; A. Paolini, « Il Giorno », 9 luglio 1969; G. Gramigna, « Corriere d'Informazione », 12 luglio 1969; M. Visani, « Il Giornale d'Italia », 26 luglio 1969; A. Borlenghi, « L'Approdo Letterario », luglio 1969; M. Di Cagno, « La Rocca », luglio 1969; G. Giordanengo, « Cuneo Provincia Grande », agosto 1969; A. Cambria, « Noi donne », 16 agosto 1969; G. Arpino, « La Stampa », 29 ottobre 1969;
I. A. Chiusano, « Settanta », V, 1970; M. Forti, « Il Bimestre », gennaiofebbraio 1970; W. Pedullà, « Avanti! », 22 luglio 1971; A. Bocelli, « La Stampa », 23 luglio 1971; A. M. Catalucci, « Corriere del Ticino », 25 luglio 1971; A. De Lorenzi, « Il Messaggero Veneto », 8 agosto 1971; M. Serini, «L'Espresso », 4 marzo 1973; E. Siciliano, « Il Mondo », 29 marzo 1973; L. Surdich, « Il Secolo XIX », 13 aprile 1973; V. Vettori, « L'Adige », 13 aprile 1973; V. Lisiani, « La Notte », 18 aprile 1973; A. M. Catalucci, « Il Corriere [...]



da (Comunismo e occidente, 3°) Benno Sarel, Proletariato e ordine democratico popolare nella Germania Orientale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]ella manutenzione delle macchine di Nina Nasarova, quale viene applicato nella Germania Orientale, consiste soprattutto nell'effettuare i lavori di manutenzione dopo finita la giornata di lavoro.
BENNO SAREL PROLETARIATO E ORDINE DEMOCRATICO POPOLARE 169
zia. Egli cita il caso di uno dei dirigenti il quale, invece di propagan dare l'affermazione corrente « il vero aumento dei salari sarà il risultato del sorpassamento del piano » proclama : « Noi non abbiamo più nessun diritto. Non abbiamo più accordi collettivi. Abbiamo oggi delle ordinanze come sotto il fascismo ». E Rudolf Kirchner commenta : « Quando si parla così, non si sa più dove comincia e dove finisce il sinistrismo ed il trotskismo » (9).
L'anno, seguente è Gerhard Ziller, Ministro per la costruzione delle macchine, che torna alla carica contro il sindacato dell'edilizia dichiarando davanti alla VI sessione del Comitato Centrale del partito: « Nel campo dell'edilizia la situazione é tale che il comitato federale del sindacato ha pubblicato, nel maggio 1949, un elenco di no[...]

[...]ella quale lavora tuttora in un'altra strada... ma il cronometrista risponde che i miei compagni hanno già
176 ' COMUNISMO E OCCIDENTE
aderito all'aumento delle norme, e che la direzione del cantiere ha già le loro firme. Replico che è una bugia, ed avevo ragione. Vedendo fallita la sua manovra, il cronometrista mi dice che ad ogni modo egli non lascia lavorare sui grandi cantieri se non le squadre che hanno aumentato le norme. Ed allora anche noi abbiamo aumentato la nostra norma del 6,5%. Il caposquadra Rocke narra l'esperienza da lui fatta davanti alla assemblea del 28 maggio. Le lingue si sciolgono, e si viene a sapere che « alcune squadre di carpentieri » dell'isolato G. Nord ed « alcune squadre » della Strausberger Platz in conflitto con il dipartimento delle norme della impresa « avevano sospeso il lavoro » (l'articolo non fa la parola « sciopero »). Si viene anche a sapere che il segretario berlinese del partita, Bruno Baum, il 27 maggio a proposito degli avvenimenti dell'isolato G. Nord, aveva dichiarato che « sarebbe bene dar[...]

[...]endicazioni economiche si sono trasformate in rivendicazioni politiche. Davanti alla sede del Ministero, davanti al Ministro Selbmann che tenta di parlar loro, questi operai non organizzati danno prova di una grande maturità, quella maturità, quell'impeto fiducioso nella propria forza, che le giornate rivoluzionarie danno agli operai. « Sono un operaio comunista », dice il Ministro. « Te ne sei dimenticato — gli gridano — i veri comunisti siamo noi, non tu ». E presentano le loro rivendicazioni.
Lo svolgimento dei fatti di Berlino del 17 giugno é noto : nuove manifestazioni degli operai edili; sciopero nelle principali aziende; intervento di gruppi semifascisti dalla BerlinoOvest (soprattutto l'Unio ne della gioventù tedesca); entrata in scena dei carri armati sovietici venuti in soccorso della polizia popolare.
180 COMUNISMO E OCCIDENTE
È bene sottolineare il diverso carattere della giornata del 17 giugno, a seconda che ci si trovi entro una fascia di 500 metri all'incirca
dalla linea di demarcazione del settore occidentale, o più [...]

[...] occupano le sedi del partito, si disarmano i poliziotti, si liberano i prigionieri politici, ecc. ecc.
I comitati di sciopero adottano in generale atteggiamenti differenti, a seconda che abbiano a che fare con le autorità tedesche o sovietiche. Le prime vengono ignorate, con le seconde si offre di trattare. Ecco il telegramma che il comitato centrale di sciopero di Bitterfeld invia al comandante sovietico in Berlino :
« Sig. Alto Commissario, noi lavoratori del circondario di Bitterfeld vi preghiamo di togliere senza indugio lo stato di assedio da Berlino, tosi come ogni altra misura diretta contra gli operai, di guisa che sia possibile a noi tedeschi continuare a credere che voi siete veramente il rappresentante di un governo di lavoratori ».
Ed ecco il telegramma che lo stesso comitato indirizza al governo di BerlinoEst:
BENNO SAREI. PROLETARIATO E ORDINE DEMOCRATICO POPOLARE 181
«Noi lavoratori del circondario di Bitterfeld esigiamo: dimissioni del sedicente governo democratico tedesco... costituzione di un governo provvisorio composto di lavoratori progressisti... » (25).
Vi sono stati casi in cui alcuni comandanti sovietici locali, prima di aver ricevuto l'ordine di repressione, hanno riconosciuto i comitati di sciopero ed hanno trattato con essi. Questo fatto si é verificato specialmente nelle imprese aventi lo statuto di società anonime sovietiche.
Indubbiamente la rivolta non è stata esclusivamente proletaria. Scesi in strada, gli operai si sono visti unire a loro [...]

[...]... n (28).
Le riunioni di fabbrica di quel periodo prendono un'aria sinistra. L'ufficio di presidenza delle riunioni viene rinforzato con un membro
(28) Tribune, organo dei sindacati, del 28.8.53.
184 COMUNISMO E OCCIDENTE
del Comitato centrale o regionale. Spesso le riunioni si aprono con una minaccia. Agli stabilimenti ferroviari di Halle, un certo Mattern, inviato del Comitato centrale, dice: «Vi è qualcuno fra di voi che si immagina che noi abbiamo i ginocchi tremanti per la paura ». A costoro, come a tutti i sabotatori, egli promette «...dei colpi tali sulla testa da far perdere loro la parola ed il senno » (29). La porta della sala di riunione è sorvegliata da elementi della polizia di fabbrica. I resoconti delle assemblee si chiudono quasi sempre con queste parole: «I provocatori (seguono i nomi) sono stati consegnati alle autorità ». In mold casi gli operai non si lasciano intimidire e riescono ad impedire gli arresti; le riunioni vengono allora rinviate. Durante il mese di ottobre le riunioni cambiano carattere: si fanno de[...]

[...]elezioni dei delegati ai congressi locali; contemporaneamente si rinnovano i comitati di fabbrica e di impresa del partito. Ora, si dà il fatto che il proletariato della Germania Orientale, apparentemente lo stesso di prima del 17 giugno, é in realtà cambiato. La critica operaia é sempre stata vivace nella Germania Orientale, e non si limitava alle quisquilie della vita di fabbrica. Osservazioni come t< I poliziotti hanno buone calzature, ma per noi non ce ne sono n oppure « I nuovi dirigenti non sono meglio dei capitalisti », erano moneta corrente, anche in seno al partito. Generalmente nulla di male capitava a chi faceva discorsi di questo genere, se essi erano spontanei e se era evidente che essi non nascevano da tutto un sistema di idee. Dopo il 17 giugno, quei medesimi discorsi assumono però un altro valore. Tanto per l'operaio che ha partecipato alla rivolta, quanto per l'uomo ligio al potere che l'ha repressa, osservazioni di quel genere pronunciate nelle riunioni, allo spaccio, nei treni, evocano adesso qualche cosa di ben precis[...]



da Saverio Montalto, Memoriale dal carcere in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 7 - 1 - numero 3

Brano: MEMORIALE DAL CARCERE (*)

IlLmo Signor Giudice Istruttore di P...

Durante la mia vita rasentai più volte l’aldilà, ma si vede che il crudo destino mi riservava prove più dure della morte.

E, per non annoiare di troppo la Giustizia, vengo subito ai fatti che più di tutti hanno, da dodici a tredici anni a questa parte, sconvolto la mia esistenza. Se potessi, veramente, ne farei a meno di raccontare, giacché, al solo pensarle certe cose, sento un freddo agghiacciante nelle vene e che il cuore cessa di battere e che 1*anima rimane sbigottita e atterrita. Oh, come un giorno agognavo di poter raccontare certi fatti della mia vita con la mente sgombra e serena! Ma i Fati, forse per loro ragioni speciali, non hanno permesso ed

io raccolgo le ultime forze che mi avanzano e mi sottometto ancora una v[...]

[...]no dopo l’Aurora si vedevano anche loro raramente, perché impegnate, dicevano loro, l’Elena all’assesto della casa e la Iva a stare in permanenza nel negozio specie quando non c’era presente il padre, per vendere qualcosa di ciò che ancora vi era rimasto. Io, dato che li sapevo in ristrettezze, i presenti, e specialmente i genitori e l’Aurora, i quali erano, ripeto, in quel periodo i più assidui in casa mia, li facevo restare spesso a pranzo con noi o a cena. Dopo un certo tempo me ne accorsi che sia la madre che la figlia se ne venivano da noi tutte addobbate e impomatate e che non tralasciavano occasione per mettere in mostra la loro bellezza e le loro qualità personali. La madre principalmente, ad ogni minimoché, non faceva altro che magnificare la sua bellezza di quand’era giovane, che, del resto, si poteva vedere anche oggi che aveva circa quarantasei anni (e forse si avvicinava ai cinquanta) e che era madre di otto figli. Della sua bontà poi, del suo sapere fare come economia e come donna di casa, della sua onestà principalmente e di tante cose e rose che non ricordo più, non c’era neanche d’avere la più minima idea, giacché e[...]

[...]o la rendeva più attraente ed intraprendente dall’altro poteva far pensare piuttosto ad una donna navigata, ma nel resto tutto a meraviglia. La madre inoltre quando parlava di mia sorella e di me, ma in ispecie di mia sorella, sembrava addirittura che le volassimo entrambi dagli occhi. Dato ormai che il destino aveva voluto così ella ci considerava già più che figli e non c’erano parole adatte per potere esprimere tutto l’affetto che nutriva per noi due. Certo il suo Giacomo bello, il suo Giacomo meraviglioso, il suo Giacomo grande ed immenso era sempre la pinna del suo cuore, ma noi, noi eravamo ancora qualcosa più di lui! Anche don Cesare ed il resto dei figli, quantunque meno espansivi, si dimostravano a quell’epoca affettuosi, obbedienti e riverenti. Giacomo ora verso di me sembrava avere anche soggezione e sottomissione e mi fece ricredere in gran134

SAVERIO MONTALTO

parte di tutta la mia paura che un tempo avevo nutrito verso di lui. Ed io ci credevo a tutto, avevo considerazione e compassione perché la sfortuna aveva voluto metterli in quelle condizioni e mi attaccavo sempre più a loro, perché vedevo che ormai mia sorella era felice e ciò m’interessava più di tut[...]

[...]che prenderò si aggiusterà ogni cosa. E poi, se anche oggi vi dessi queste cinquemila lire, cosa fareste? Il negozio non ve lo potete impiantare sicuramente, perché cinquemila lire non bastano neanche per le tasse che si debbono pagare. Perciò conviene aspettare, perché intanto forse i tempi cambieranno e da cosa nasce cosa ».

«Per me figurati! Era per te che io mi preoccupavo, perché pensavo che volessi stare libero. Ma ormai che è così, per noi tanto di guadagnato. Significa che quando ti sposerai poi se ne parlerà. Del resto neanche Giacomo ha detto più nulla, perché sa bene che con cinquemila non c’è niente da fare e che se ne andranno di qua e di là senza alcuno profitto. Io penso però che le voleva per Aurora, ma ormai che hanno scombinato il matrimonio, credo che non ci pensa più neanche lui. E poi come potevano fare? Se non hanno, come si dice, neanche per comprarsi il pane? Come facevano a dare le diecimila lire che il padre di Spezzano chiedeva? ».

Passarono diversi mesi. In questo frattempo mi era capitato un fatterello [...]

[...]leva per Aurora, ma ormai che hanno scombinato il matrimonio, credo che non ci pensa più neanche lui. E poi come potevano fare? Se non hanno, come si dice, neanche per comprarsi il pane? Come facevano a dare le diecimila lire che il padre di Spezzano chiedeva? ».

Passarono diversi mesi. In questo frattempo mi era capitato un fatterello degno di essere raccontato. Ad un certo punto me n’ero accorto che la madre di mio cognato anziché venire da noi in compagnia della figlia, preferiva venire piuttosto sola ed allo spesso. Un giorno, non ricordo più come fu, ci trovammo soli in cucina mentre si preparava da mangiare. Io stavo, essendo la cucina alquanto piccola,136

SAVERIO MONTALTO

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in un punto che per uscire e scendere giù, dovevo passare assolutamente dietro le sue spalle. E giacché lei era abbastanza voluminosa, chiesi permesso; ma lei sorrise in modo strano e senza affatto spostarsi.

Io allora, tutto trasecolato, richiesi permesso e lei, quasi adirata, rispose: «Passate! Non vi mangio! ». Io dovetti strisciare vicino al[...]

[...]comprendere che non ne volevo sapere di niente e che non avevo intenzione di sposare, lei rimase male e per poco non fece una malattia, tanto vero che un giorno fummo costretti insieme a mio cognato di portarla a M... dal dott. Nino D’Ascola perché la visitasse attentamente per stabilire di che cosa si trattava. Il dott. D’Ascola non trovò niente di straordinario e così tutti ci pacificammo. Seppi in seguito che per il fatto che la Iva veniva da noi, ci furono in quel tempo, fra l’Aurora e la madre delle scenate, guerre, ingiurie scambievoli ecc. ecc. E dichiaro, fin da questo momento, che se io sono stato costretto fin qui a mettere in chiaro alcuni fatti poco piacevoli riguardanti le donne della famiglia Armoni, come del resto sarò costretto ancora nel seguito di questa esposizione, non l’ho fatto, né lo farò, per mia giustificazione, perché io ormai non ho nulla più da sperare dalla vita, ma l’ho fatto e lo farò perché mio cognato Giacomo impari a conoscere, e sempre che Iddio, o presto o tardi, gli voglia togliere dagli occhi il fitt[...]

[...], che hanno tuttavia, sotto la casa di Angelo Chiarenza, col quale feci

il contratto e gli pagai pel momento il fitto e poiché il locale era molto grande fu stabilito di dividerlo a metà mediante un tramezzo e così provvisoriamente la metà anteriore fu adattata a magazzino e la metà posteriore per dormire mio cognato e mia sorella considerato che andare e venire da me non era possibile perché abbastanza lontano ed anche perché ormai ognuno di noi voleva rendersi libero per i fatti suoi.

Intanto la Iva aveva smesso anche lei di venire a casa mia, però

io avevo continuato lo stesso ad andare da loro, ma ora sia la madre che il resto della famiglia, benché si sforzassero di accogliermi come prima, pur si capiva benissimo che lo facevano per necessità e perché sapevano che ancora senza di me sarebbero morti di fame. La madre in ispecie si vedeva così chiaro che schizzava veleno da tutti i poriSAVERIO MONTALTO

della pelle che solo chi non avesse voluto per partito preso non avrebbe intuito la feroce malvagità contenuta e son cert[...]

[...]o preso non avrebbe intuito la feroce malvagità contenuta e son certo che se lei avesse potuto mi avrebbe senza pietà e misericordia pestato sotto le piante dei piedi. Ma io pel momento fingevo di non capire e mi ripromettevo di allontanarmene definitivamente come infatti feci dopo un certo tempo. Anche mio cognato Giacomo aveva manifestato tutto ad un tratto la sua natura bestiale e violenta circa alcune screzie ch’erano nate ultimamente tra di noi, screzie che difficilmente si possono evitare nella vita in comune e prolungata; tanto vero che in una di quelle ultime sere che rimase in casa mia, non potendo sfogare diversamente, si mise a battere così violentemente la sua piccola Rosa, che io rimasi paralizzato senza avere nemmeno la forza di fiatare ed intesi che Panr tico freddo caratteristico di paura m’assaliva in tutta la persona più forte ancora di quando l’avevo incontrato un tempo a N... insieme a mia sorella ed all’altra faccia che non ebbi la forza di mirare.

Anche mia sorella aveva capito già molto ed aveva incominciato ad [...]

[...]olita ira e ferocia, specie verso gli ultimi tempi, che né lei, né i suoi mi serbavano gratitudine alcuna, perché ciò che avevo fatto io, l’avevo fatto esclusivamente per mia sorella e non per loro; e, forse, in ciò, non aveva torto). «Ma tutto il sacrificio che hai fatto fin’ora se tu ora ci abbandoni, è andato perduto, perché ora più di prima abbiamo bisogno d’aiuto. Di tutto quello che per il momento si guadagna, che sarà certamente ben poco, noi non possiamo toccare niente, giacché dobMEMORIALE DAL CARCERE

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biamo pensare d’ingrandire il negozio ed io spero fra pochi anni, con Giacomo che compra la roba, poiché in ciò è molto bravo come tu stesso hai potuto vedere, ed io che vendo come mi hai consigliato tu, e stai certo che io mi lascerò guidare da te e non da altri e che non farò come facevano loro che se un individuo entrava la prima non entrava la seconda volta nel negozio, di metterci in condizione di guadagnare per tutti e di non disturbare più a te. Perciò tu finché noi non ci metteremo a posto definitivamente ci dara[...]

[...]re il negozio ed io spero fra pochi anni, con Giacomo che compra la roba, poiché in ciò è molto bravo come tu stesso hai potuto vedere, ed io che vendo come mi hai consigliato tu, e stai certo che io mi lascerò guidare da te e non da altri e che non farò come facevano loro che se un individuo entrava la prima non entrava la seconda volta nel negozio, di metterci in condizione di guadagnare per tutti e di non disturbare più a te. Perciò tu finché noi non ci metteremo a posto definitivamente ci darai due o trecento lire al mese, perché a te in fondo non ti fanno niente, e così noi pagheremo l’affitto del negozio e con qualche altra piccola cosa che arrangeremo possiamo, se non altro, comprare almeno il pane per vivere. Se poi abbiamo bisogno qualche volta di altro danaro per comprare momentaneamente della merce, ce lo darai lo stesso, se puoi, ma di questo m’impegno io stessa di restituirtelo non appena fatta la vendita, mettendolo da parte per te ».

«Non ti preoccupare, che farò tutto. Però vedi che ti avverto fin da ora, e lo dirai anche a tuo marito, che là dentro non deve venire nessuno a fare il soprastante e specie il padre e la madre, altrimenti non farete ni[...]

[...]a siamo rovinati! ».

Io spaventato domandai: «Che cosa è successo?».

«Che cosa? È successo che a Giacomo, mentre andava a Palermo per comprare la merce, gli hanno preso il portafoglio con mille lire ed anche col libretto dell’abbonamento » — mio cognato aveva l’abbonamento che io stesso avevo consigliato per potere sostituire volta per volta, poiché i capitali non c’erano, gli articoli che venivano a mancare nel magazzino — « Capirai che a noi mille lire ci fanno assai per quanto lui se la sente più per la figura che ha fatto che per altro. Difatti è nel letto perché dice che vuole morire e che non vuole sapere più di niente. Menomale che ha trovato uno di P... che gli haMEMORIALE DAL CARCERE

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prestato cento lire per il ritorno. Ora, se tu non fai quest’altro sacrificio, siamo perduti. Mi ha chiamato anche la suocera, perché la suocera quando ha necessità, io e te siamo i loro salvatori e tante altre cose belle. Poi quando non ha più bisogno, allora siamo.. Basta! Tu del resto quello che fai lo fai per me! ».

«Lo sapev[...]

[...]ra è così. Cerca di spiegare ciò a lei con parole tue. Mi capisci? ».

«Ti capisco! E son certa che con te non avrà a soffrire anche se tu non dovessi volerle bene; per quanto questo, non è possibile. Ma sì! E poi dobbiamo restare in perpetuo a questo mondo? Tu stesso hai sempre detto che fra cinquantanni, al massimo, saremo tutti cenere ».

«Tu a lei dirai che la sposo perché le voglio bene e perché non parla mai ed è la più affezionata con noi. Però il matrimonio si faràMEMORIALE DAL CARCERE

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sotto certe condizioni: anzitutto dobbiamo dormire a parte e tuttocciò non per venire meno agli impegni coniugali. Con te si può parlare perché sei sposata. Il fatto di dormire separati, se mai, dovrebbe servire a maggior stimolo dei sensi. Ma la ragione è ben altra. La ragione è che io ormai mi avvicino ai quarantanni ed abituato a dormire finora sempre solo, non sarei capace ad abituarmi in compagnia. E poi gli aristocratici dormono ognuno per conto loro. Fingiamo di essere anche noi aristocratici e tutto è fatto! In secondo luogo [...]

[...]biamo dormire a parte e tuttocciò non per venire meno agli impegni coniugali. Con te si può parlare perché sei sposata. Il fatto di dormire separati, se mai, dovrebbe servire a maggior stimolo dei sensi. Ma la ragione è ben altra. La ragione è che io ormai mi avvicino ai quarantanni ed abituato a dormire finora sempre solo, non sarei capace ad abituarmi in compagnia. E poi gli aristocratici dormono ognuno per conto loro. Fingiamo di essere anche noi aristocratici e tutto è fatto! In secondo luogo lei mi dovrà obbedire in tutto quel che io dico in casa per il motivo che io ho più esperienza di lei; non debbo essere disturbato, perché intendo studiare e per il fatto che non sa né cucinare, né fare altro non importa perché si abituerà insieme a me. Come sai, io so fare tutto. Desidero infine che dopo sposati nessuno deve venire in casa mia a rompermi il capo, perché ora basta; e, certo, non devono pretendere più nulla da me, comprese le trecento lire al mese che vi ho date fino adesso, perché ormai col negozio che è a buon punto e col frate[...]

[...]nti: tranne di Aurora, s’intende. La madre ha fatto una smorfia, quando ha sentito che non vuoi saperne di lei,156

SAVERIO MONTALTO

ma poi contentissima anche lei e non sanno ora tutti come carezzarmi e volermi bene. Anzi la suocera mi ha dichiarato espressamente che ora che si fa questo matrimonio, è pensiero suo come deve trattare me e i miei figli. Giacomo però sai che cosa mi ha detto ridendo? Non credo che tuo fratello farà anche con noi come cogli altri fidanzamenti? Io Tho rassicurato ed allora egli mi ha fatto capire che il letto ed una cassa li fa lo stesso, a spese sue, tanto per fare vedere che c’è il letto matrimoniale se viene qualcuno. Per dormire assieme o divisi, son cose, che riguardano te e tua moglie. Egli, quando vuole, certe cose le capisce bene».

«Ed Iva?».

« Iva mi ha detto che lei è contentissima anche se tu le dirai di stare o di dormire in cucina. Per tutto il resto quando sentirai una parola dalla sua bocca di cucirgliela coll’ago. E poi bisogna dire che ti vuole assai bene ed anche a me ». \

Qu[...]

[...]estarono pietosamente e cortesemente i signori Muratore e poi venni curato definitivamente dal dottor Giulio Castagna, il quale in quel tempo lo credevo amico e benché stesse allora nella borgata S. Giuseppe, alquanto distante dal paese, ormai era divenuto medico di famiglia di mia suocera e di mia sorella dietro mio suggerimento dato che cogli altri medici del centro mia suocera non era in buoni rapporti. Anzi dopo che incominciammo a chiamarlo noi acquistò una certa clientela pure nel centro, tanto vero che intese la necessità di stabilirsi quivi. E ciò lo fece anche per suggerimento di mia suocera, giacché dopo un po’ di tempo era diventato l’idolo della famiglia. Il Castagna da parte sua, per sdebitarsi da tanta idolatria, non si stancava mai, specie in quel periodo, di frequentare la casa della mia suocera, sia che c’era e sia che non c’era bisogno dell’opera sua. Mi ricordo a questo punto che una volta parlando con Giuseppe Larussa dei miei guai di famiglia ebbe a dirmi queste parole: «Caro amico, non ve l’abbiate a male, ma io non[...]

[...]rito. Hanno invidia perché la gente quando viene cerca sempre di me e vuole comprare con me. L’altra volta la madre si mise a ballare ed a fare le mosse che fanno quelle che tu sai, senza spiegare, dicendo: «Vuole fare la bambolina di negozio! Vuole fare la donna bella! Vuole fare la donna elegante! Vuole fare la donna aristocratica ed ammanierata! Ah bagasciona vecchia! Mettetevi a fare il bucato ed a lavare piatti. Ti riesce, che hai trovato a noi, per farti il servo?! ». Son cose, ti assicuro, che tagliano il core dei santi! Ma io voglio fare tutto. Ma come posso fare se con loro non si può stare e solo posso trovare un momento di pace quando sono nel negozio? Ma io ormai li lascio liberi tutti, compreso mio marito! ».

«Va bene! Adesso manderò a chiamare tuo marito!». Mi alzai ed uscii.

Mentre ritornavo a casa mi sentivo avvilito e pensavo : « Ma perché, perché tanta malvagità sulla terra? Che cosa ha fatto per essere trattata così dagli uomini? Adesso se ne vuole andare! E dove andrà? Ed io poi come potrei continuare a vivere c[...]

[...]to e pensavo : « Ma perché, perché tanta malvagità sulla terra? Che cosa ha fatto per essere trattata così dagli uomini? Adesso se ne vuole andare! E dove andrà? Ed io poi come potrei continuare a vivere con mia moglie? ».

Dopo pranzo mandai a chiamare mio cognato Giacomo. Lo feci sedere nello studio e gli parlai così: «Vi prego, abbiate un po’ di carità per quella donna! Vostra madre lo sapete, è insopportabile con166

SAVERIO MONTALTO

noialtri, immaginate poi con la nuora. Io non vi dico di non trattarla e non crediate che io le voglia del male, no; però non è giusto che per causa sua voi dobbiate malmenare così mia sorella. Vostra madre è così e forse neanche lei ci ha colpa! Ma se non ha fatto mai pane con nessuno? E se è nemica con suo fratello, volete proprio che vada d’accordo con mia sorella? Vi prego, cambiate casa, giacché son disposto di pagarvi anche l’affitto. Adesso dice che se ne vuole andare! Capirete che un fatto simile, porterà varie conseguenze anche per mia moglie ».

<c Ma io in questo momento non posso ca[...]

[...]rmo! ! ! » mettendomi in mezzo. La bestia al mio urlo s’intimorì e si ritrasse placandosi. Poi uscì. Mia sorella si gettò quasi nuda nelle mie braccia ripetendo « Mi vogliono ammazzare! ». Il suo cuore batteva con tanta violenza che mi faceva male sul petto. « Calmati, non te ne spaventare! » gli dissi « Dovranno passare prima sul mio cadavere! ». Dopo un certo tempo si calmò e più tardi entrò il marito dicendo: «Ciò che abbiamo stabilito tra di noi, non è fattibile, perché mia madre asserisce che non si dica mai al mondo che sua figlia debba ritornarsene in casa sua! ».

« Ma io non ho detto né ho pensato tutto questo! Si trattava semplicemente di una cosa che tutti fanno. Del resto la proposta era venuta da voi! ».

«E se l’è presa anche con me! Ma o fanno o no, è così! Se mia moglie non vuole stare se ne può andare! Però la bambina deve restare con me, perché lei non è donna di educare bambine! ».

« Sta bene! Per il momento consiglio a tutti la calma! Ora andrò io giù da vostra madre e la pregherò, se si vorrà persuadere, che r[...]

[...]dre tutta ammaccata e trasfigurata e piena di lividure; e non ricordo più neanche se fu verso questo periodo che un giorno il mio cognato Giacomo a proposito della cattiva condotta di sua sorella Aurora ed Elena, ebbe a dichiararmi : « Credete forse che io e mio fratello Giovanni non saremmo capaci di tirare un colpo in fronte a mia sorella Aurora ed un altro ad Elena e poi sotterrarle nel basso o nell’orto e spargere la voce che sono scomparse? Noi saremmo capaci ed ancora non è detta l’ultima parola! ». E fu forse in seguito a questa sua dichiarazione che subentrò in me la convinzione che gli Armoni avendo assassinata già e sotterrata nel loro basso mia sorella, dovevo allontanarmi da N##* diversamente avrebbero assassinato anche me pver cui avevo scritto due lettere, una al Podestà ed una al Tenente dei RR. CC. per giustificare la mia decisione ed il mio allontanamento. E se le lettere poi rimasero nel tiretto ed io non mi fui per allora allontanato più, non lo feci perché prevalse in me la paura che ovunque fossi andato o nascosto, g[...]

[...]ra stata capace di abituarsi al tu.

« Voglio che vi educhiate vostra sorella, sennò l’educo io! ».

Mi veniva da piangere, ma mi feci forza e per quella volta non piansi.

«E dimmi; come lo sai che lei parla male della tua famiglia? ».

« Lo so, perché oggi l’ho vista parlare con Angela Chiaravalle e quando mi ha visto smise ».

« Smise non perché parlava male della tua famiglia, ma perché sa che voialtri pensate sempre al male».

« Noi non pensiamo mai al male e vi dico, anche a voi, di finirla. La mia famiglia è la prima di N... per correttezza, onestà e tutto e vostra sorella non era meritevole di entrare nella nostra famiglia, perché lei è la regina di N..., perché ha un giovane di marito che non lo174

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ha nessuno ed è trattata meglio di tutti, per mangiare, per bere, per dormire e per vestire. Avete capito? ».

« Ho capito tutto. Però ti prego di essere più umano e di non andare dietro a tua madre».

« A mia madre non la deve nominare nessuno, perché neanche voi siete degno di nominarla. Avete[...]

[...]o vedere, perché con loro non può avere contatto nessuno, perché finisce sempre a fetore. E poi c’è un’altra cosa importante. Ora che mio marito sa che io e forse anche tu sappiamo delle malefatte delle sue sorelle si sente minorato, tanto vero che un giorno mi ha detto che le figurine che si son fatte nella sua famiglia non si son fatte in nessun’altra, e perciò non potendo sfogare la rabbia con sua madre che non le ha sapute educare, sfoga con noi. Capisci? ».

«Guarda Anna! Te l’ho detto altre volte: la realtà crea i santi ed i diavoli, crea il serpente e crea il canarino, crea il bene e crea il male e via discorrendo; e questi termini estremi sono entrambi necessari altrimenti il mondo non sarebbe quello che è. Perciò cerca di sopportare per ora: intanto la madre se ne andrà a C... col figlio perché ha avuto, come sai, il posto di maestro lì e finché ritornerà speriamo che sarai per i fatti tuoi divisa e così forse le cose cambieranno! ».

« Ma io per intanto non posso più sopportare, perché non son di ferro; e poi son sicura che[...]

[...]izia il mio stato. Io ora difronte a mia moglie mi sforzavo di apparire calmo e tranquillo, ma lei comprendeva tuttocciò che passava dentro di me anche perché sapeva tutto. Non ero capace di sfogare, perché la paura mi teneva muto, e sentivo che la mente ed il cuore mi venivano meno. C’erano dei momenti che sentivo di non essere più me stesso, ma un altro. Una sera mentre ero nel negozio con mia sorella arrivò mio cognato Giacomo e s’impegnò fra noi una lunga discussione. Mio cognato a volte gridava come un ossesso e voleva battere mia sorella anche in mia presenza. Io lo trattenevo e poi si continuava la discussione. Si era fatto un pò* tardi e si era girata anche la porta del negozio. L’Ottavio, il più piccolo dei fratelli Armoni, se n’era andato e per fortuna che pioveva e quindi le voci non si sentivano tanto. Ad un certo punto entrò miaMEMORIALE DAL CARCERE

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moglie col veleno agli occhi come non l’avevo vista mai accompagnata da uno dei fratelli che non ricordo più chi era e mi sembra anche dalla serva. Sbatte dietro di sé[...]

[...] che mentre mi avvicino a quest’ultima epoca mi assalgono iMEMORIALE DAL CARCERE

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brividi fin dentro al midollo delle ossa; ma spero di farmi forza e coraggio e di poter raccontare.

La vigilia di Natale mia moglie pretendeva insieme al fratello Lorenzo, sceso a bella posta, che io fossi andato insième a loro a C... per passare il Natale colla madre. Io dissi allora a mia moglie che ero pronto ad andarci ma che però doveva venire con noi anche mia sorella Anna. Mia moglie e suo fratello mi risposero che per mia sorella Anna era impossibile ed io quindi di rimando lasciai libera mia moglie di andare lei dove avesse voluto perché io mi stavo a casa mia. Mio cognato Lorenzo capita l’antifona se ne andò e mia moglie subito si mise a letto. Io passai il Natale del 1939 e non ricordo più se anche il Capodanno del 1940 solo a tavola e con la serva e la madre della serva in cucina e con il pranzo preparato da me. Da mia sorella non ci potevo andare, perché avrei suscitate delle reazioni poco piacevoli non solo da parte di mia moglie [...]

[...]etta negò, ma poi, dietro le mie insistenze alquanto aspre, mi dichiarò che mia moglie amoreggiava col medico Castagna. Mi disse che quando io mancavo lei se la faceva sempre alla finestra dirimpetto allo studio del Castagna, che una mattina il Castagna, mentre io ero all’ufficio, colla scusa che cercava di me, era salito sopra e si era intrattenuto in salotto con mia moglie e che tutto ciò lo sapeva anche la padrona di casa che abitava sotto di noi e forse anche il resto della famiglia. Io non volli sapere niente più, le raccomandai se si fosse accorta di altro per l’avvenire di riferirlo a me e mi serrai nello studio. Nello studio intesi che la mia casa ormai era definitivamente crollata e che ora per davvero non c’era alcuna via di scampo. « Anche le corna! » mi ripetevo chiuso in me passeggiando su e giù e poi soggiungevo: «Dote no, posizione sociale no, intelligenza no, bontà niente del tutto: ed anche disonesta? ». E poi soggiungevo ancora: «Eh già! La meraviglia sarebbe stata se fosse stata onesta!». Non so più quanto tempo rimasi[...]



da [Le relazioni] P. Togliatti, Gramsci e il leninismo in Studi gramsciani

Brano: [...]ono stati momenti di incertezza, esitazioni, errori e correzioni di errori, e questo può indurre a considerare determinate posizioni come un frammento, da respingersi con un puro giudizio negativo. La indagine più attenta rivela che un puro giudizio negativo non può essere dato.

Vorrei servirmi, come esempio, dell’accettazione passiva, o relativamente passiva, che ad un certo punto venne fatta da Gramsci della direzione chiusa, settaria, come noi diciamo, del partito comunista nel primo periodo della esistenza di questo. Non vi è dubbio che ci troviamo, qui,, di fronte ad un errore, che lo stesso Gramsci in seguito dovette riconoscere, che egli criticò, respinse e corresse.

Però, da che cosa proveniva queU’errore? Qui si pone il problema del ritmo del pensiero e dell’azione. Credo si possa affermare che l’errore discendeva, in sostanza, dall’adesione di Gramsci a una esigenza di negazione totale di precedenti indirizzi politici, e questa esigenza non partiva da una pura critica dell’intelletto, bensì da una critica che era sgorgata[...]

[...]no al giudizio nostro, che l’opera di Lenin ha mutato il corso della storia, ha aperto un’èra nuova nello sviluppo degli avvenimenti mondiali. Tale è la realtà. L’opera di Lenin deve essere collocata, analogicamente, sullo stesso piano su cui si può collocare l’opera della Rivoluzione francese. Dopo la Rivoluzione francese il mondo cambia; cambia il modo di pensare degli uomini. Anche dopo Lenin il modo di pensare degli uomini cambia. Dopo Lenin noi pensiamo tutti in modo diverso da come pensavamo prima. Parlo dei politici, prima di tutto, ma non parlo soltanto dei politici; parlo di tutti gli uomini i quali cercano di formarsi una coscienza critica della realtà che li circonda e anche delle grandi masse umane a cui le nuove scoperte del pensiero e dell’attività creatrice degli uomini arrivano nella forma della fede o dell’informazione lontana. Non escludo, cioè, coloro che non sono politici pratici e non escludo coloro i quali non sono in grado di arrivare a una consapevolezza critica del corso degli avvenimenti. Un rivolgimento, — e qu[...]

[...]tici e non escludo coloro i quali non sono in grado di arrivare a una consapevolezza critica del corso degli avvenimenti. Un rivolgimento, — e questa è una delle tesi fondamentali di Gramsci — che assume un valore metafisico, quale fu la grande Rivoluzione socialista portata alla vittoria da Lenin, crea anche un nuovo « senso comune », un nuovo elemento di coscienza quasi religiosa, nuove forme di giudizio generale, una nuova fede.

Dopo Lenin noi operiamo tutti diversamente, perché abbiamo compreso in modo nuovo la realtà che sta davanti a noi, ne abbiamo penetrato la sostanza cosi come prima ancora non si era riusciti.

Ora, che cosa vi è in Lenin di fondamentalmente nuovo? Scusate se a questo punto l’esposizione, per esser rapida, dovrà essere per forzaPalmiro Togliatti

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alquanto schematica. Vi sono in Lenin almeno tre capitoli principali, che determinano tutto lo sviluppo della azione e del pensiero : una dottrina deirimperialismo, come fase suprema del capitalismo; una dottrina della rivoluzione e quindi dello Stato, del potere e una dottrina del partito. Sono tre capitoli strettamente uniti, fusi quasi 'l’uno nell’[...]

[...]ome altro piaccia di datare il vertiginoso erompere dell’èra liberale. Il secolo che si chiude è 1’“ èra liberale ” ».

Ma che cosa potrà essere il secolo che si apre? Mancano, al vecchio marxista italiano, gli elementi di analisi, di dimostrazione e di convinzione che gli consentano di affermare che il secolo che si apre è l’èra del passaggio al socialismo. La sua ricerca si chiude, a questo punto, con una nota di incertezza e di sfiducia : « Noi non sappiamo — dice — dove la storia andrà a finire ». È vero che subito aggiunge una giustificazione di questa affermazione, che teoricamente è giusta; non si può fare a meno, però, di rilevare che l’incertezza e la sfiducia, che permangono, sono conseguenza della incapacità di compiere quel passo, quel salto, anzi, che Lenin compiva, quando partito da un’analisi assai più approfondita della struttura deH’economia capitalistica e nel primo periodo e nel momento del passaggio al periodo successivo, che è quello deirimperialismo, era in grado di definire con precisione il carattere dell’epoca [...]

[...]mo storico non sono cosi ferrei come si potrebbe pensare e si è pensato... Ecco tutto... [Essi] non hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina esteriore, di affermazioni dogmatiche e indiscutibili. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco e che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e naturalistiche ». Anche questa è una affermazione da noi oggi non accettabile. Non in Marx era avvenuta la contaminazione, ma nei trattatelli e opuscoli di propaganda quintessenziale, dove il pensiero marxista era stato ridotto a ciò che non era e non poteva essere.

« Questo pensiero — continua Gramsci — pone sempre come massimo fattore di storia non i fatti economici, bruti, ma l’uomo, ma le società degli uomini, degli uomini che si accostano fra di loro, si intendono fra di loro, sviluppano attraverso questi contatti (civiltà) una volontà sociale, collettiva, e comprendono i fatti economici, e li giudicano, e li adeguano alla loro volontà... M[...]

[...]ento in cui egli dà inizio al proprio lavoro.

Eravamo nel primo decennio del ’900. periodo di profonda crisi nello sviluppo della società italiana. Le scelte che vennero fatte in quel periodoebbero una efficacia fatale su ciò che è avvenuto in seguito. Negli indirizzi,.432

Le relazioni

ideali e pratici che in quel periodo maturarono e presero consistenza, sono presenti i germi di parecchi dei mali che più tardi si abbatterono sopra, di noi e che non fu difficile denunciare e respingere quando si manifestarono nel ventennio fascista, ma non era facile intuire^ criticare e respingere quando si presentarono, nel loro germe, in quel periodo lontano.

Risale a quegli anni l’inizio della decomposizione del vecchio blocco politico risorgimentale. E la crisi venne dalle cose, dagli sviluppi economici che spingono il capitalismo italiano sulla via déH’imperialismo, e dal movimento delle masse. La opposizione contadina, che la Chiesa cattolica aveva cercato di organizzare, mantenere viva e dirigere, per farne la propria base di lotta c[...]

[...]quale si sarebbero finalmente dovute inserire anche le forze clericali.

In crisi era, in quel momento, anche la cultura. Sono attaccate e crollano le vecchie ideologie ottocentesche e tutta la visione della storia del nostro paese subisce una scossa profonda, ad opera di dilettanti, è vero, e non ancora di scienziati, ma in modo tale che lascia traccia profonda. È il momento — si ricordi — in cui viene diffusa ed esaltata l’opera storica, che noi oggi sappiamo come debba essere giudicata, di Alfredo Oriani. È il momento del crollo dei sistemi positivistici e del tramonto, insieme con essi, di tutta una cultura.

Come si muove Gramsci in quel momento di cosi profonda crisi? L’influenza delle nuove correnti idealistiche lo porta a respingere le volgarità delle interpretazioni positivistiche del marxismo. Egli è però, in pari tempo, agli antipodi della visione idealistica della storia e della situazione del nostro paese. Respinge con repugnanza tanto l’esasperato e ridicolo individualismo dannunziano quanto l’esaltazione nazionalistica[...]

[...]tuto elaborare la sua dottrina dell’alleanza della classe operaia del Nord con le masse contadine italiane, particolarmente dell’Italia meridionale, per risolvere il problema della unità del nostro paese; non avrebbe potuto dare una nuova e cosi profonda interpretazione del rapporto tra la città e la campagna nello sviluppo della storia d’Italia. Tutto il suo pensiero storiografico e politico non avrebbe potuto avere quel rigoglioso sviluppo che noi sappiamo, se non vi fosse inizialmente stata in lui la efficacia di quel filone di pensiero che abbiamo indicato, e se egli non avesse fecondato quel filone con le proprie indagini e con le proprie conclusioni.

Giusto è ricordare, come mediatore di questa efficacia, il nome di Gaetano Salvemini, per quanto la polemica di Gramsci con Salvemini sia stata continua dall’inizio della prima guerra mondiale in poi.

In Salvemini l’elemento positivo della visione storica e politica si disperdeva in frammenti. Lo sforzo di sintesi politica era d’altra parte soggetto alla influenza di elementi di [...]

[...] dell’organizzazione della produzione, dei rapporti con la piccola e media borghesia produttrice e con le sue formazioni politiche. Basta ricordare come Lenin giungeva a parlare di variazioni nelle forme del potere, quando fossero entrate in azione le grandi masse umane deirOriente, come oggi sta avvenendo.

Il pensiero di Gramsci si è mosso per questa via, che è la via dello sviluppo creativo del marxismo. Su di essa è stato guidato da Lenin. Noi cerchiamo e troviamo nel suo pensiero non delle formule, ma una guida per comprendere i problemi del mondo d’oggi, per lavorare a risolvere le contraddizioni che oggi si presentano sulla scena economica e politica, e che sorgono anche là dove il potere è già nelle mani della classe operaia, dovendo allora essere trattate e portate a soluzione con metodi particolari, diversi da quelli con cui si risolvono le contraddizioni antagonistiche del mondo capitalistico.

Ma giunti a questo punto è necessario fermarsi. L’esame delle questioni nuove, che oggi nella lotta politica quotidiana ci si pres[...]

[...] sue lettere, egli parla con amarezza, ma con fierezza, della propria esistenza. « Io non parlo mai — dice — dell’aspetto negativo della mia vita, prima di tutto perché non voglio essere compianto; ero un combattente che non ha avuto fortuna nella lotta immediata, e i combattenti non possono e non devono essere compianti, quando essi hanno lottato non perché costretti, ma perché cosi hanno essi stessi voluto consapevolmente ».

Ebbene, Gramsci noi non lo compiangiamo, noi ci sforziamo di continuare l’opera sua.


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Noi, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---siano <--- <---Del resto <---Diritto <---abbiano <---comunista <---comunisti <---italiano <---socialista <---Così <---Ecco <---Pratica <---Stato <---socialismo <---Ciò <---Dialettica <---Francia <---Lenin <---Meccanica <---Partito <---Perché <---capitalismo <---d'Italia <---imperialismo <---italiani <---lasciano <---marxismo <---socialisti <---Agraria <---Basta <---Cosa <---Dio <---Filosofia <---Però <---comunismo <---fascismo <---fascista <---ideologia <---italiana <---marxista <---Bologna <---Carlo Marx <---Chiesa <---Come <---Dei <---Etica <---Già <---Gli <---Il lavoro <---La guerra <---La sera <---Logica <---Marx <---Non voglio <---Più <---Poetica <---Sulla <---Torino <---Trotzki <---Voglio <---artigiani <---capitalista <---cristiano <---dell'America <---dell'Impero <---dell'Italia <---fascisti <---ideologica <---ideologiche <---ideologici <---ideologico <---imperialista <---individualismo <---marxisti <---materialismo <---opportunismo <---riformismo <---sindacalismo 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