Brano: [...]illa di quattro acacie e più distante la cabina elettrica, una cassapanca all'impiedi.
24.
Il serpente nero, steso nel 'muro, era mio padre che mi sbarrava il passo.
25.
Tutte queste malattie di oggi sono perché hanno spogliato i boschi perché prima rimanevano soffocate nelle chiome degli alberi.
26.
Il 1942, quando moristi, volevo sapere da te, dall'altro mondo, che dovevo fare: guerra non la feci. Matteotti. I mietitori, i calzolai, Innocenzo.
27.
— Certo che parlo di me, e di chi dovrei parlare? — dissi ad alta voce al serpente appena lo scorsi. Si girò indietro e scappò via.
28.
La lamiera si scaldava al sole, eppur così bella da stenderci le gambe il mattino negl'incavi, diventava nemica per quel suo friggere.
Quando pioveva le gocce suonavano nella casetta non ci si sentiva dal fragore della pioggia sulle lamiere. C'erano le pietre ai lati per tenerle ferme.
Le pietre della fabbrica, un pezzo al confino con Don Raffaele, erano smosse. Mio padre, lo vedevo, « c'é sempre qualcosa da fare » diceva « queste pietre, il g[...]
[...]lla. Pancrazio si affaccia fuori, con il capo, mentre ancora si veste.
Che bella mattinata che comincia, questa é l'ultima di Pancrazio scapolo, e tu, ti alzi, stella mattutina? Carmela non ti chiami o stella vera, non l'avevo con te, ma con Carmela.
L'ultima stella scompare in cielo.
Pancrazio si rivolge all'altro che dorme scuotendolo:
Tu che dici, compagno di galera? Dove ti fece giorno il sabato di sposo?
L'UVA PUTTANELLA 19
L'altro, Innocenzo, fissa la vecchia coppola :
Quel giorno non fosse mai venuto,
stavo contento come te, come una Pasqua;
ero in paese, mi chiamavano:
Nocé, oggi ti piazzi! E io correvo
Avanti con l'abito nuovo nella strada,
cercandola Maria mia, che stava
a due passi dalla mia porta,
cercando i compagni
che mi dovevano consigliare la cerimonia.
31.
— Perché vai cosí stracciato?
— No, quella poveretta ha da fare, è poca l'acqua, la pasta me l'ha fatta a colla. Ieri sera poi doveva calcinare il grano. E poi ha quattro bambini in braccio e non ha tempo.
— Tu devi fare un servizio a tua moglie, vieni da me, ti affilo un coltello di legno e le tagli l'orecchio e la porti al maresciallo.
— No, poveretta, è tanto impicciata non ha tempo né a[...]
[...]
Che dovevo fare adesso ? Mio cugino aveva cambiato già due mestieri; smise di fare il falegname perché ci vuole un'intera gioventù prima di tirare un soldo di giornata in casa, faceva dunque il mestiere dei fratelli, il sarto in una stanza di casa sua.
Ninuccio andava alla Pantana ogni giorno, dal mese di maggio fino alla vendemmia restava giorno e notte in campagna, lo rivedevo col sole che aveva preso come se tornasse da un altro paese.
E Innocenzo che non si perdeva mai la domenica in paese e le feste, stava in casa i giorni del morto, quando indossava l'abito della confraternita di Sant'Antonio, guadagnando trenta soldi per ogni accompagnamento.
Mentre Ninuccio aveva più terra, tutta alla Pantana, e un pezzo di vigna anche, ma vicino al paese, Innocenzo andava una volta alla Trinità, un'altra a Malcanale, e alla quota, che era la terra più lontana, nelle Matine.
24 ROCCO SCOTELLARO
Tutti e due, però, parevano come bestiole, o cani o capre, dietro i loro padri e dietro i muli.
Tentavo, aspettandoli la sera, i vecchi giuochi; dovevo aspettarli troppo perché finivano di mangiare tardi la pasta la sera e poi dovevano subito tornare in casa, chiamati dalle mamme, perché la mattina si alzavano presto. Già loro due, Innocenzo stava a pianterreno e Ninuccio sopra alla casa sulla scala, quasi non si riconoscevano più come gli amici dei giuoc[...]
[...]rinità, un'altra a Malcanale, e alla quota, che era la terra più lontana, nelle Matine.
24 ROCCO SCOTELLARO
Tutti e due, però, parevano come bestiole, o cani o capre, dietro i loro padri e dietro i muli.
Tentavo, aspettandoli la sera, i vecchi giuochi; dovevo aspettarli troppo perché finivano di mangiare tardi la pasta la sera e poi dovevano subito tornare in casa, chiamati dalle mamme, perché la mattina si alzavano presto. Già loro due, Innocenzo stava a pianterreno e Ninuccio sopra alla casa sulla scala, quasi non si riconoscevano più come gli amici dei giuochi di prima, parlavano di altri loro nuovi conoscenti che abitavano lontani dal vicinato, chi alla Rabata, chi sotto la piazza, chi alla Saracena, gente che io non conoscevo, me li nominarono come i nuovi eroi.
Allora volli seguirli, perché in quei giorni non avevo nulla da fare e gli studenti abitavano nelle varie città e poi io non ero convinto che avrei continuato la scuola.
Andai alla Pantana con Ninuccio.
2.
Ninuccio tornò da Bologna più assolato in volto di come era:[...]
[...]ato e dovevo fermarlo e ce le saremmo date a scapito del mio prestigio di maestro.
4.
Ero la massima autorità del paese, tanto che il ragazzo canterino mi citò nella sua filastrocca di rampogna con fiero e rispettoso orgoglio: Il sindaco del mio paese — è un giovinotto a posto — che prende De Gasperi — lo mette alla composta ». Capace dunque di stirare il corpo di De Gasperi, affilarlo in un vaso come un peperone, composto nell'olio. Mastro Innocenzo era il mio genitore. — Quando vuoi — mi disse — preparo una sedia, ti alzi tu, mi alzo io, gli cantiamo le corna a questi camorristi.
Il paese, dopo la venuta degli alleati, pensò alla raccolta, trasportò il grano, la luna era lucente e gli alberi erano ritornati amici. In piazza c'erano i manifesti di Alexander che parlavano così: Io, Alexander, ordino: ma nessuno li leggeva.
26 ROCCO SCOTELLARO
5.
3 caffè, il più stretto, dai tavolini un po' umidi e seggiole di ferro è frequentato dagli operai, primi ci andarono i muratori, adesso la piccola folla è quella solita degli artigiani, dei[...]