Brano: [...]ese. Potevo soltanto dire una cosa nuova agli amici: che da una finestra del convento avevo visto su quella rotabile passare i corridori del Giro d'Italia, che non toccavano mai il nostro paese.
Che dovevo fare adesso ? Mio cugino aveva cambiato già due mestieri; smise di fare il falegname perché ci vuole un'intera gioventù prima di tirare un soldo di giornata in casa, faceva dunque il mestiere dei fratelli, il sarto in una stanza di casa sua.
Ninuccio andava alla Pantana ogni giorno, dal mese di maggio fino alla vendemmia restava giorno e notte in campagna, lo rivedevo col sole che aveva preso come se tornasse da un altro paese.
E Innocenzo che non si perdeva mai la domenica in paese e le feste, stava in casa i giorni del morto, quando indossava l'abito della confraternita di Sant'Antonio, guadagnando trenta soldi per ogni accompagnamento.
Mentre Ninuccio aveva più terra, tutta alla Pantana, e un pezzo di vigna anche, ma vicino al paese, Innocenzo andava una volta alla Trinità, un'altra a Malcanale, e alla quota, che era la terra più lontana, nelle Matine.
24 ROCCO SCOTELLARO
Tutti e due, però, parevano come bestiole, o cani o capre, dietro i loro padri e dietro i muli.
Tentavo, aspettandoli la sera, i vecchi giuochi; dovevo aspettarli troppo perché finivano di mangiare tardi la pasta la sera e poi dovevano subito tornare in casa, chiamati dalle mamme, perché la mattina si alzavano presto. Già loro due, Innocenzo stava a pianterreno e Ni[...]
[...]e alla quota, che era la terra più lontana, nelle Matine.
24 ROCCO SCOTELLARO
Tutti e due, però, parevano come bestiole, o cani o capre, dietro i loro padri e dietro i muli.
Tentavo, aspettandoli la sera, i vecchi giuochi; dovevo aspettarli troppo perché finivano di mangiare tardi la pasta la sera e poi dovevano subito tornare in casa, chiamati dalle mamme, perché la mattina si alzavano presto. Già loro due, Innocenzo stava a pianterreno e Ninuccio sopra alla casa sulla scala, quasi non si riconoscevano più come gli amici dei giuochi di prima, parlavano di altri loro nuovi conoscenti che abitavano lontani dal vicinato, chi alla Rabata, chi sotto la piazza, chi alla Saracena, gente che io non conoscevo, me li nominarono come i nuovi eroi.
Allora volli seguirli, perché in quei giorni non avevo nulla da fare e gli studenti abitavano nelle varie città e poi io non ero convinto che avrei continuato la scuola.
Andai alla Pantana con Ninuccio.
2.
Ninuccio tornò da Bologna più assolato in volto di come era: la stessa crosta, che tingeva gli[...]
[...]i riconoscevano più come gli amici dei giuochi di prima, parlavano di altri loro nuovi conoscenti che abitavano lontani dal vicinato, chi alla Rabata, chi sotto la piazza, chi alla Saracena, gente che io non conoscevo, me li nominarono come i nuovi eroi.
Allora volli seguirli, perché in quei giorni non avevo nulla da fare e gli studenti abitavano nelle varie città e poi io non ero convinto che avrei continuato la scuola.
Andai alla Pantana con Ninuccio.
2.
Ninuccio tornò da Bologna più assolato in volto di come era: la stessa crosta, che tingeva gli artigiani — sarti e scarpari — che andavano soldati con la faccia bianca e oliva e con la lingua rossa e tornavano tinti e bruni, tinse anche lui che aveva preso da quando teneva tre anni tutto il sole caduto sulle terre della Pantana.
Disse che se ne aveva visto bene: femmine a tutta forza e soldi, perché un ufficiale e un civile gli facevano fare il servizio militare nel genio e la guerra contro i tedeschi era un mestiere qualunque, che era quello di tagliare filo di rame delle linee ferroviarie quanto pi[...]
[...]ldi, perché un ufficiale e un civile gli facevano fare il servizio militare nel genio e la guerra contro i tedeschi era un mestiere qualunque, che era quello di tagliare filo di rame delle linee ferroviarie quanto più poteva e di trasportarlo a rocioli in certi posti. Cosi i racconti del padre, Battista, che aveva fatto l'attendente, erano ormai cosa da nulla, e se egli ancora ii contava, certe sere, dinanzi a persone estranee per intrattenersi, Ninuccio puntava con la forchetta i maccheroni lunghi e fingeva di essere attento, nettandosi le labbra quando il bariletto di vino stava per passargli in mano, alle parole del padre, che bevuto e nettandosi con la manica anche lui le labbra, passava il bariletto e diceva: — La vita militare e la guerra di mó é fesseria.
L'UVA PUTTANELLA 25
Se poi lo stuzzicava molto il padre, Ninuccio usciva a dire con tanto di educazione: — I fatti vostri, tatta, li so a memoria; quelli miei me li sono scordati e forse non si possono raccontare perché sono lunghi e non ho buona memoria perché sono capitati veramente ma sono più sogni che fatti.
3.
Facevo lezione agli altri bambini nelle scale di casa: io sul primo pianerottolo con la mia sedia, gli altri ai banchi dei gradini. Erano 7 maschi e 4 femmine la scolaresca. — La scolaresca è disciplinata — diceva il maestro al direttore quando veniva a ispezionarci. La mia non solo era disciplinata, ma atterrita di me. A turno, per un certo [...]
[...]io sul primo pianerottolo con la mia sedia, gli altri ai banchi dei gradini. Erano 7 maschi e 4 femmine la scolaresca. — La scolaresca è disciplinata — diceva il maestro al direttore quando veniva a ispezionarci. La mia non solo era disciplinata, ma atterrita di me. A turno, per un certo gusto appreso dal vero maestro, li mettevo in ginocchio con i ceci sotto, oppure li prendevo con le orecchie per sol levarli da terra, avevo anche la bacchetta. Ninuccio che era il più forte e non si ribellava solo perché gli risolvevo i problemi di scuola — quando toccava a lui la penitenza dei ceci, sapeva convincermi di smettere la lezione per finire la punizione : intendevo bene che continuando se ne sarebbe scappato e dovevo fermarlo e ce le saremmo date a scapito del mio prestigio di maestro.
4.
Ero la massima autorità del paese, tanto che il ragazzo canterino mi citò nella sua filastrocca di rampogna con fiero e rispettoso orgoglio: Il sindaco del mio paese — è un giovinotto a posto — che prende De Gasperi — lo mette alla composta ». Capace dunque [...]