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Il segmento testuale Nietzsche è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 207Analitici , di cui in selezione 7 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Recensione di Enrico Maria Massucci su Curt Paul Janz, Vita di Nietzsche. Il profeta della tragedia (1844-1879), Bari, Laterza, 1980, pp. XIV-802 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]acerato dalle rocce. Dafne e Tirsi, che agiscono per loro, li manovrano e li ammaestrano, li fanno passare attraverso l'esperienza della rinuncia, del compiacimento narcisistico, dell'inganno e della violenza per poi condurli alla finale accettazione dell'equilibrio instabile e malinconico dell'idillio. E il coro, in un commento conclusivo, esprime maliziosamente, e malinconicamente, la sua soddisfazione.
REMO CESERANI
CURT PAUL .JANZ, Vita di Nietzsche. Il profeta della tragedia (18441879), Bari, Laterza, 1980, pp. xiv802.
Si è ormai da alcuni anni affermata e consolidata, nella storiografia filosofica italiana ed europea, una generale tendenza ad una riconsiderazione critica della figura e dell'opera di Friedrich Nietzsche. Un rinnovato interesse ha investito un pensatore che, principalmente in campo marxista, ha conosciuto il peso della svalutazione e dell'anatema. Come è stato anche altrove ripetutamente affermato, la responsabilità maggiore dell'operazione ideologica di « neutralizzazione » del filosofo tedesco è da attribuire al Lukács de La distruzione della ragione che, confinando Nietzsche sul versante estremo dell'« irrazionalismo » vitalistico, gli ha affidato la mera funzione di espressione teoricofilosofica delle istanze di aggressiva espansione dell'imperialismo germanico. Su questa linea interpretativa Nietzsche è stato letto come momento di una piú generale rivolta contro la « ragione » che informerebbe la totalità dello sviluppo storico dell'Occidente.
Cosi la storia è diventata campo di una lotta — di sapore gnosticomanicheo — tra un originario telos storico in via di realizzazione in virtú di una interna necessità (appunto la Ragione come scansione di momenti in sé logicamente « positivi »), ed una confusa e torbida rivendicazione del « vitale » sull'intelletto e la ragione dialogica che raffigurerebbe, sempre secondo Lukács, la manifestazione specifica della stagnante e parassitaria (« negativa[...]

[...]gicamente « positivi »), ed una confusa e torbida rivendicazione del « vitale » sull'intelletto e la ragione dialogica che raffigurerebbe, sempre secondo Lukács, la manifestazione specifica della stagnante e parassitaria (« negativa ») opposizione reazionaria allo stesso sviluppo capitalistico ed alla conseguente formazione di quel proletariato moderno che è chiamato ad ereditare le « inadempienze » storiche della borghesia. Per Lukács, insomma, Nietzsche è la punta di diamante di questo movimento generalmente ed intrinsecamente regressivo che punta ad una fuoriuscita dalla razionalità storica o, quanto meno, a comprometterne lo svolgimento.
Non si può tacere il fatto che questa riduttiva assunzione della filosofia nietzscheana ha contribuito non poco a lasciare Nietzsche completamente nelle mani della pubblicistica di destra, sempre vigile ed ansiosa di gettarsi su anche grossolane ed improvvisate legittimazioni « culturali », ed in questo modo il filosofo ha finito per rappresentare, agli occhi del grande pubblico, il « precursore », l'antesignano della dottrina e del movimento nazionalsocialista.
Nella tradizione filosofica italiana soltanto Antonio Banfi, come si sa, ha reagito a questa impostazione ed è sembrato uscire dalle secche di una considerazione puramente « irrazionalistica » del pensiero nietzscheano, ma il suo tentativo si è scontrato con esige[...]

[...]i su anche grossolane ed improvvisate legittimazioni « culturali », ed in questo modo il filosofo ha finito per rappresentare, agli occhi del grande pubblico, il « precursore », l'antesignano della dottrina e del movimento nazionalsocialista.
Nella tradizione filosofica italiana soltanto Antonio Banfi, come si sa, ha reagito a questa impostazione ed è sembrato uscire dalle secche di una considerazione puramente « irrazionalistica » del pensiero nietzscheano, ma il suo tentativo si è scontrato con esigenze di politica culturale interne alla sinistra italiana del secondo dopoguerra che imponevano una rigida, e naturalmente semplificatoria, scelta di campo anche ideo
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logicofilosofica, e che hanno per lungo tempo precluso la possibilità di un'analisi piú spregiudicata della filosofia di Nietzsche.
Su un fronte « avverso » a quello lukácsiano si deve innanzitutto registrare l'influenza, forse ancora piú nefasta, della « grande biografia » che Elisabeth FörsterNietzsche, sorella del filosofo, venne pubblicando tra il 1895. ed il 1904. Se è sicuramente avventato che quest'ultima è la principale causa della « nazificazione » di Nietzsche, va però sottolineata la sua responsabilità nelle vistose deformazioni biografiche, oltre che nella pubblicazione dell'apocrifa Volontà di potenza che, com'è noto, lungi dal raffigurare una compiuta teorizzazione nietzscheana, rappresenta l'immagine che Elisabeth si era formata di Friedrich.
Bisogna dire che, sul piano piú specificamente biografico, le ricostruzioni della personalità di Nietzsche si sono mosse per lo piú oscillando tra l'esaltazione agiografica e celebrativa da un lato e l'affossamento spesso denigratorio dall'altro. Per la prima fa fede, appunto, la « grande biografia »; per quanto riguarda il secondo orientamento non possiamo non ricordare la discussa Catastrofe di Nietzsche a Torino (Torino, Einaudi, 1978) di Anacleto Verrecchia che legge in chiave di « patologia » lo svolgimento delle principali vicende della vita del filosofo.
Ma sembra giunto il momento, a giudicare dall'estensione e dal rilievo della tendenza prima accennata, di tentare di decifrare questa vita e quest'opera, anche sul piano biografico, abbandonando ipoteche e schemi precostituiti, senza per questo accettare i presunti dettami di un'improbabile « obbiettività ». Un passo sicuramente decisivo in questa direzione è stato compiuto dalla pubblicazione, ad opera di Giorgio Colli e Mazzino Montin[...]

[...]icare dall'estensione e dal rilievo della tendenza prima accennata, di tentare di decifrare questa vita e quest'opera, anche sul piano biografico, abbandonando ipoteche e schemi precostituiti, senza per questo accettare i presunti dettami di un'improbabile « obbiettività ». Un passo sicuramente decisivo in questa direzione è stato compiuto dalla pubblicazione, ad opera di Giorgio Colli e Mazzino Montinari dell'edizione critica tedesca dell'opera nietzscheana, che ha finalmente consentito di fruire della totalità degli scritti, carteggio compreso.
Cosí, a partire dalla fatica dei due studiosi italiani, è stato possibile accostarsi in modo nuovo ad un pensiero certamente non esente, come si è visto, da equivoci e da anche clamorose deformazioni e semplificazioni tutte piú o meno ruotanti intorno al tentativo di interpretarlo sulla base di stereotipi ritenuti in grado di spiegare la globalità del « fenomeno » Nietzsche. Da questo punto di vista i problemi della biografia sono diventati, ad esempio, quello della (piú o meno presunta) affezione si[...]

[...]finalmente consentito di fruire della totalità degli scritti, carteggio compreso.
Cosí, a partire dalla fatica dei due studiosi italiani, è stato possibile accostarsi in modo nuovo ad un pensiero certamente non esente, come si è visto, da equivoci e da anche clamorose deformazioni e semplificazioni tutte piú o meno ruotanti intorno al tentativo di interpretarlo sulla base di stereotipi ritenuti in grado di spiegare la globalità del « fenomeno » Nietzsche. Da questo punto di vista i problemi della biografia sono diventati, ad esempio, quello della (piú o meno presunta) affezione sifilitica, della data di inizio della malattia mentale, della conoscenza o meno da parte del filosofo dell'Unico stirneriano e cosí via. E la ricostruzione di una personalità quanto mai ricca e complessa è rimasta spesso appannaggio dell'esasperazione cronachistica e delle iperboli di un moralismo insipido e bacchettone. Il miglior modo per decapitare e rendere inoffensiva l'incandescente ed incontenibile eversività del filosofo di Naumburg.
Va però sottolineato che [...]

[...]fensiva l'incandescente ed incontenibile eversività del filosofo di Naumburg.
Va però sottolineato che biografie « neutrali » e pregevoli non sono mancate, ed hanno anche esercitato la loro benefica influenza. E noto, ad esempio, il lavoro compiuto da Charles Andler (uscito tra il 1920 ed il 1931 e ristampato nel 1958 da Gallimard). Ma sicuramente piú significativa è stata la pubblicazione del primo volume del libro di Richard Blunck (Friedrich Nietzsche Kindheit und Jugend, MünchenBasel, 1953). Quest'opera era il frutto del rifacimento di un piú ampio lavoro che le vicissitudini del secondo conflitto mondiale avevano disperso e vanificato. Il primo volume della nuova stesura usciva nel '53 e nel '62 lo studioso moriva. Ma intanto egli aveva avuto modo di introdursi all'Archivio Nietzsche ed alla consistente mole dei documenti in esso contenuti che erano in precedenza « custoditi » gelosamente da Elisabeth Nietzsche.
Con la morte di Blunck l'incarico di stendere una nuova biografia nietzscheana viene affidato allo svizzero Curt Paul Janz, autore di un pregevole testo sulle composizioni musicali del filosofo uscito nel 1976, il quale può, cosí, beneficiare del mate
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riale che Blunck aveva riunito e procedere ad un'ulteriore e piú approfondita rielaborazione. Dopo il 1960 l'ancora accresciuta possibilità di reperire documenti di prima mano permette a Janz di costruire un quadro sempre piú esauriente delle vicende della vita di Nietzsche. L'accesso all'Archivio GoetheSchiller di Weimar, nella RDT, nel quale sono contenuti anche i fondi dell'ex Archivio Nietzsche e la[...]

[...] affidato allo svizzero Curt Paul Janz, autore di un pregevole testo sulle composizioni musicali del filosofo uscito nel 1976, il quale può, cosí, beneficiare del mate
RECENSIONI 361
riale che Blunck aveva riunito e procedere ad un'ulteriore e piú approfondita rielaborazione. Dopo il 1960 l'ancora accresciuta possibilità di reperire documenti di prima mano permette a Janz di costruire un quadro sempre piú esauriente delle vicende della vita di Nietzsche. L'accesso all'Archivio GoetheSchiller di Weimar, nella RDT, nel quale sono contenuti anche i fondi dell'ex Archivio Nietzsche e la pubblicizzazione del materiale posseduto da E. Pfeiffer di Gottinga relativo al discusso rapporto tra il filosofo, Lou Salomé e Paul Rée completano il quadro dei riferimenti documentari che costituiscono la materia « grezza » del lavoro dello studioso di Basilea.
È precisamente il frutto di questa fatica che la Laterza di Bari mette a disposizione degli studiosi rompendo, bisogna dire, una tradizione editoriale che non la ha mai vista indulgere troppo a « cose » nietzscheane. Se escludiamo, infatti, la traduzione de La nascita della tragedia (1919) con Introduzione di Enrico Ruta e le s[...]

[...]el materiale posseduto da E. Pfeiffer di Gottinga relativo al discusso rapporto tra il filosofo, Lou Salomé e Paul Rée completano il quadro dei riferimenti documentari che costituiscono la materia « grezza » del lavoro dello studioso di Basilea.
È precisamente il frutto di questa fatica che la Laterza di Bari mette a disposizione degli studiosi rompendo, bisogna dire, una tradizione editoriale che non la ha mai vista indulgere troppo a « cose » nietzscheane. Se escludiamo, infatti, la traduzione de La nascita della tragedia (1919) con Introduzione di Enrico Ruta e le successive ristampe a cura di Paolo Chiarini, la pubblicazione di questa biografia sembra inaugurare una fase nuova per la casa editrice di Bari. Non possiamo che rallegrarcene, proprio per la piacevole novità rappresentata dal testo di Janz nel panorama degli studi, non solo biografici, sul pensatore tedesco.
Dietro questa ricostruzione della vita di Nietzsche c'è, con ogni evidenza, una domanda di fondo sulla legittimità di un'operazione di ricomposizione biografica che, tutta[...]

[...]nfatti, la traduzione de La nascita della tragedia (1919) con Introduzione di Enrico Ruta e le successive ristampe a cura di Paolo Chiarini, la pubblicazione di questa biografia sembra inaugurare una fase nuova per la casa editrice di Bari. Non possiamo che rallegrarcene, proprio per la piacevole novità rappresentata dal testo di Janz nel panorama degli studi, non solo biografici, sul pensatore tedesco.
Dietro questa ricostruzione della vita di Nietzsche c'è, con ogni evidenza, una domanda di fondo sulla legittimità di un'operazione di ricomposizione biografica che, tuttavia, non appesantisce lo svolgimento dell'esposizione complessiva, ma la rende, anzi, piú densa e pregnante. Cosí, nel volerne indicare limiti e possibili insufficienze, l'autore ne evidenzia proprio l'intrinseca validità, la misura di un'originalità la cui esigenza era da tempo avvertita nel campo degli studi su Nietzsche. La piena consapevolezza di muoversi su un terreno aspro, scivoloso e cosparso di pericoli come quello biografico, fa assumere a Janz un atteggiamento piuttosto cauto nei confronti non solo del vasto materiale che occorre coordinare e rielaborare, ma di un metodo che egli vuole con forza sottrarre alle ipoteche della « neutralità » o del ripercorrimento di ipotesi interpretative ormai abusate fino alla nausea.
Pertanto egli riesce a svolgere la vita di Nietzsche in modo sorprendentemente distaccato, focalizza questa figura quasi separandosi con decisione da essa, e la spinge visibilmente sul[...]

[...]a consapevolezza di muoversi su un terreno aspro, scivoloso e cosparso di pericoli come quello biografico, fa assumere a Janz un atteggiamento piuttosto cauto nei confronti non solo del vasto materiale che occorre coordinare e rielaborare, ma di un metodo che egli vuole con forza sottrarre alle ipoteche della « neutralità » o del ripercorrimento di ipotesi interpretative ormai abusate fino alla nausea.
Pertanto egli riesce a svolgere la vita di Nietzsche in modo sorprendentemente distaccato, focalizza questa figura quasi separandosi con decisione da essa, e la spinge visibilmente sullo sfondo di un piú ampio ed oggettivo sviluppo delle vicende storiche e spirituali; pur ribadendo l'impossibilità di ripristinare fattualmente il « vero » Nietzsche, l'autore ci restituisce una personalità singolarmente reale e singolarmente aderente ad un ambiente che egli si dimostra in grado di decifrare con perizia ed altrettanta modestia.
Mantenendosi su questo terreno problematico, cioè sulla linea della rievocazione di una particolare atmosfera storica e culturale, Janz supera di slancio e neutralizza ogni esausta partizione tra agiografi e denigratori del filosofo, vale a dire ogni linea di demarcazione ideologica sulla quale la quasi totalità dei biografi si era attestata ritenendo con ciò di aver detto su Nietzsche tutto quanto vi fosse da dir[...]

[...]i dimostra in grado di decifrare con perizia ed altrettanta modestia.
Mantenendosi su questo terreno problematico, cioè sulla linea della rievocazione di una particolare atmosfera storica e culturale, Janz supera di slancio e neutralizza ogni esausta partizione tra agiografi e denigratori del filosofo, vale a dire ogni linea di demarcazione ideologica sulla quale la quasi totalità dei biografi si era attestata ritenendo con ciò di aver detto su Nietzsche tutto quanto vi fosse da dire. Ne esce una figura viva, piacevole, significativamente calata nella serie concreta degli eventi storici e spirituali dell'epoca, che non « precorre » o « anticipa » questo o quell'orientamento politico, che non prefigura messianicamente mondi e società future, che non compie operazioni di avallo per questa o quell'ideologia.
Janz non si sovrappone al suo oggetto né tenta eroiche identificazioni tra esso e l'autore della ricerca, nella persuasione, per altro esplicitamente affermata, che in ogni lavoro biografico la difficoltà principale consiste proprio nel ric[...]

[...]suo libro e lo tiene al riparo da « cadute » interpretative.
Sulla base di questa problematica impostazione metodologica l'autore viene svolgendo una rigorosa ricostruzione dei momenti dell'esistenza del filosofo che non lascia spazio alcuno alla congettura laddove il materiale documentario non l'autorizzi in modo manifesto, ma che non esita ad offrire una coerente sequela di credibili ipotesi quando questo lo consenta con larghezza. Ritroviamo Nietzsche bambino nella casa paterna e studente a Röcken, a Naumburg, a Lipsia; lo vediamo muoversi nell'ambiente universitario di Basilea nel quale viene prendendo corpo e rilievo la figura emergente di Jacob Burckhardt. Vediamo sfilare personaggi noti e meno noti, riconosciamo l'im
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RECENSIONI 363
mancabile Paul Rée, Malwida von Meysenburg, Erwin Rohde, Franz Overbeck ed altri. Troviamo rievocata con delicatezza e tatto l'amicizia di Nietzsche con Cosima
e Richard Wagner e, finalmente, possiamo leggere serenamente e senza concessioni al pettegolezzo il rapporto con la madre e, soprattutto, con la sorella. E tutto questo in una forma ed uno stile che sono un'autentica novità nel campo della pubblicistica nietzscheana, da sempre vincolata ad un linguaggio che subisce il fascino dell'espressione oracolare ed aforismatica.
ENRICO MARIA MASSUCCI
ELVIO FACHINELLI, La freccia ferma. Tre tentativi di annullare il tempo, Milano, L'erba voglio, 1979, pp. 176.
`Anomala' e tuttavia oltremodo interessante è questa recente ricerca di Fachinelli. Essa nasce « all'interno dell'esperienza psicoanalitica, come effetto primo della sorpresa » (p. 7) di trovarsi di fronte a un uomo (nevrotico ossessivo) che annulla il tempo, ma giunge, poi, — allargandosi e quasi capovolgendosi — a toccare altri problemi (p. 7), specif[...]



da Recensione di Anna Giubertoni su Friedrich Nietzsche, Scritti su Wagner, traduzione italiana di Sossio Giametta e Ferruccio Masini, con un saggio introduttivo di Mario Bortolotto, Milano, Adelphi, 1979, pp. 266 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: RECENSIONI
FRIEDRICH NIETZSCHE, Scritti su Wagner, traduzione italiana di Sossio Giametta e Ferruccio Masini, con un saggio introduttivo di Mario Bortolotto, Milano, Adelphi, 1979, pp. 266.
senz'altro da Thomas Mann che Mario Bortolotto ha appreso la sottile arte di leggere Nietzsche contro Nietzsche stesso, tenendo conto cioè della natura bifronte, del geniale « strabismo » che consentiva al filosofo tedesco di guardare gli oggetti ad un tempo con l'occhio dell'amore e con quello dell'odio. D'altronde già in un altro suo bel saggio — Introduzione al Lied romantico, Milano, Ricordi, 1961 — Bortolotto si era riallacciato proprio a Mann per sostenere, contro la storiografia che ne collega la fioritura alle antichissime manifestazioni del canto tedesco, la tesi di un Lied romantico come fenomeno quasi ex nihilo nella storia della musica. Anche in questo nuovo saggio, Altra aurora, preposto a[...]

[...]'amore e con quello dell'odio. D'altronde già in un altro suo bel saggio — Introduzione al Lied romantico, Milano, Ricordi, 1961 — Bortolotto si era riallacciato proprio a Mann per sostenere, contro la storiografia che ne collega la fioritura alle antichissime manifestazioni del canto tedesco, la tesi di un Lied romantico come fenomeno quasi ex nihilo nella storia della musica. Anche in questo nuovo saggio, Altra aurora, preposto agli scritti di Nietzsche su Wagner, Bortolotto trova non tanto, o non soltanto, nei vari Foucault, Lyotard, Bataille, ecc. piú volte citati nel testo, quanto piuttosto in Thomas Mann il musagete pronto a guidarlo attraverso l'intrico delle ambiguità e delle ambivalenze che intessono il rapporto tra il filosofo e il musicista.
L'analisi acuta e avvincente con la quale Bortolotto esamina quella specie di feuilleton che è stata la vicenda dell'amicizia e della successiva inimicizia tra i due, trova il suo ideale punto di riferimento nei saggi di Mann su Nietzsche e nel discorso su Wagner, col quale, nel 1933, lo scritt[...]

[...]Bataille, ecc. piú volte citati nel testo, quanto piuttosto in Thomas Mann il musagete pronto a guidarlo attraverso l'intrico delle ambiguità e delle ambivalenze che intessono il rapporto tra il filosofo e il musicista.
L'analisi acuta e avvincente con la quale Bortolotto esamina quella specie di feuilleton che è stata la vicenda dell'amicizia e della successiva inimicizia tra i due, trova il suo ideale punto di riferimento nei saggi di Mann su Nietzsche e nel discorso su Wagner, col quale, nel 1933, lo scrittore tedesco si era guadagnato l'esilio dalla Germania bayreuthiana e nazista.
Senza lasciarsi infatti ingannare dalle dichiarazioni di appassionata ammirazione, né, tantomeno, dai furori e dalle veemenze, Bortolotto è pronto, sulle orme di Thomas Mann, a cogliere nell'idillio di Triebschen le diffidenze e i sospetti, nei pamphlets non tanto l'apostasia quanto piuttosto un atto di superiore fedeltà. Nella ripugnanza di Nietzsche per il wagnerismo, che egli fini per riconoscere in Wagner e non soltanto nei « wagneristi », Bortolotto decif[...]

[...] quale, nel 1933, lo scrittore tedesco si era guadagnato l'esilio dalla Germania bayreuthiana e nazista.
Senza lasciarsi infatti ingannare dalle dichiarazioni di appassionata ammirazione, né, tantomeno, dai furori e dalle veemenze, Bortolotto è pronto, sulle orme di Thomas Mann, a cogliere nell'idillio di Triebschen le diffidenze e i sospetti, nei pamphlets non tanto l'apostasia quanto piuttosto un atto di superiore fedeltà. Nella ripugnanza di Nietzsche per il wagnerismo, che egli fini per riconoscere in Wagner e non soltanto nei « wagneristi », Bortolotto decifra i segni di un amore mai sopito, il proposito di difendere Wagner contro Wagner stesso, di salvare, nella sua musica, le « piccole cose preziose », i frammenti sublimi, distaccandoli dall'affresco ipertrofico e magniloquente del WortTonDrama. Operazione di salvataggio che comporta però, da parte di Nietzsche, il misconoscimento della totalità raggiunta, dell'architettura perfettamente compiuta della musica di Wagner.
E da Bayreuth, insomma, non da Wagner che Nietzsche si difende. E, per tratteggiare lo spirito di Bayreuth, Bortolotto schizza la silhouette di Cosima « avvolta nel plaid di cincillà » in attesa che si compia « la trasmutazione da Geneviève in Oriane ». Perché se Bortolotto è buon lettore di Mann, non meno lo è di Proust: tra le righe del suo saggio si indovinano infatti le emblematiche pagine che Proust ci ha dato del « cretinismo bayreuthiano », del quale l'esempio piú pregnante è pur sempre rappresentato dalle emicranie di Madame Verdurin.
Dalla matrice manniana — ed anche proustiana — l'analisi di Bortolotto si sviluppa e si evolve insere[...]

[...]ve inserendosi nel filone della piú recente esegesi nietzschiana, quella che riscatta il filosofo tanto dalla indebita appropriazione nazifascista, quanto dalle
486 RECENSIONI
accuse di irrazionalismo avanzate da Lukács. Bortolotto ripensa infatti e verifica in chiave musicale gli schemi interpretativi che da Heidegger giungono fino a Deleuze, valendosi del fatto che il rigetto del mondo eticopolitico e della gerarchia dei valori è compiuto da Nietzsche anche, o meglio, soprattutto « in nome della musica ». Considerando quella di Nietzsche una critica essenzialmente profetologica, Bortolotto coglie in essa il filo rosso del « destino » della musica e osserva come esso conduca — se pur non a Cage o a Kagel, come vorrebbe invece il Lyotard — alle composizioni telluriche e alla parodia neoclassica di Strawinski. È dalla parodia infatti, dal riso e dall'operetta, oltre che dalla musica « mediterranea » di Bizet, che la profezia di Nietzsche prende le mosse. E a questo punto Bortolotto, ben lungi dagli « ohibò! » di un Anacleto Verrecchia, prende in esame la predilezione di Nietzsche per l'operetta mettendo in luce come essa significhi per il filosofo il trionfo della fisiologia ritmica e la gioia esaltante che scaturisce dallo scuotersi di dosso la gerarchia dei valori. Questo sarà il terreno sul quale Nietzsche tenterà di trarre anche Wagner e, paradossalmente, proprio l'ultimo Wagner, quello dell'ascesi e del misticismo.
Sarà infatti la musica ipnotica del Parsifal, che come un anestetico spoglia l'ascoltatore di ogni volontà, ad essere definita dal filosofo: « una musica da operetta par excellence ». In essa Nietzsche scorge una segreta intenzione di gioco e di parodia, « il supremo riso di superiorità su se stesso, il trionfo della sua ultima, suprema libertà di artista, della sua trascendenza di artista, un Wagner che sa ridere di se medesimo ». E, rincalza Bortolotto controbattendo il « non abbastanza » di Boulez, il Parsifal è davvero un dramma « per nulla » cristiano. Tesi in linea con quella sostenuta da Massimo Mila che ritiene questa un'opera non cristiana bensí nibelungica. Proprio tra i vapori misticheggianti del Parsifal Nietzsche ravvisa la redenzione di Wagner dai valori, il supremo riscatto d[...]

[...]superiorità su se stesso, il trionfo della sua ultima, suprema libertà di artista, della sua trascendenza di artista, un Wagner che sa ridere di se medesimo ». E, rincalza Bortolotto controbattendo il « non abbastanza » di Boulez, il Parsifal è davvero un dramma « per nulla » cristiano. Tesi in linea con quella sostenuta da Massimo Mila che ritiene questa un'opera non cristiana bensí nibelungica. Proprio tra i vapori misticheggianti del Parsifal Nietzsche ravvisa la redenzione di Wagner dai valori, il supremo riscatto della schlegeliana transzendentale Buffonerie.
Su questo Höhepunkt Bortolotto conclude un'analisi che ha tra l'altro il merito di colmare — insieme alle preziose note di Mazzino Montinari — i vuoti che staccano i tre scritti nietzschiani contenuti nel volume. Nonostante le lusinghe del titolo infatti la nuova edizione uscita presso la casa Adelphi, comprende soltanto i tre saggi: Richard Wagner a Bayreuth, Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner, rispettivamente nelle belle traduzioni di Sossio Giametta e di Ferruccio Masini. N[...]

[...], il supremo riscatto della schlegeliana transzendentale Buffonerie.
Su questo Höhepunkt Bortolotto conclude un'analisi che ha tra l'altro il merito di colmare — insieme alle preziose note di Mazzino Montinari — i vuoti che staccano i tre scritti nietzschiani contenuti nel volume. Nonostante le lusinghe del titolo infatti la nuova edizione uscita presso la casa Adelphi, comprende soltanto i tre saggi: Richard Wagner a Bayreuth, Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner, rispettivamente nelle belle traduzioni di Sossio Giametta e di Ferruccio Masini. Non sono pertanto incluse le molte pagine che, a cominciare da quelle contenute nella Nascita della tragedia e in Aurora, stringono i nodi essenziali del rapporto tra il filosofo e il musicista.
Il saggio introduttivo è inoltre corredato da un'estesa bibliografia dalla quale è assente però la bellissima monografia di Gianni Vattimo — Il soggetto e la maschera, Milano, Bompiani, 1974 — nella quale Bortolotto avrebbe potuto trovare ulteriori elementi per focalizzare la questione della parodia, del r[...]

[...] Nascita della tragedia e in Aurora, stringono i nodi essenziali del rapporto tra il filosofo e il musicista.
Il saggio introduttivo è inoltre corredato da un'estesa bibliografia dalla quale è assente però la bellissima monografia di Gianni Vattimo — Il soggetto e la maschera, Milano, Bompiani, 1974 — nella quale Bortolotto avrebbe potuto trovare ulteriori elementi per focalizzare la questione della parodia, del riso e dell'operetta, poiché per Nietzsche nessun volto si cela dietro le maschere dell'esistenza e nessuna « verità » è possibile tranne quella che tintinna, variegata e multiforme, sul berretto a sonagli del buffone.
ANNA GIUBERTONI
LUCIANO GUERCI, Libertà degli antichi e libertà dei moderni. Sparta, Atene e i « philosophes » nella Francia del Settecento, Napoli, Guida, 1979, pp. 284.
C'est d'un discours célèbre de Benjamin Constant: De la liberté des anciens comparée à celle des modernes (1819), que Guerci emprunte son titre apparent: Libertà degli antichi e libertà dei moderni. Mais son titre véritable est son soustitre: Sparta[...]



da Claudio Magris, Saggi e studi. Quando è il presente? Rilke di fronte alle parole in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...] parola sembrano cosí contrapporsi o almeno divaricarsi; il senso è prigioniero della parola, che — nella lirica citata — viene definita quale dominio. Attento e calcolatore nell'arte di cancellare le tracce delle sue letture, Rilke amava presentarsi quale nonlettore di libri — tranne pochi, scelti ed esibiti secondo una strategia precisa — e proclamava soprattutto di non leggere filosofi. Fra gli autori parzialmente rimossi o nascosti c'è anche Nietzsche, nonostante le postille dedicate da Rilke alla Nascita della tragedia. La lezione di Nietzsche è presente, nell'opera di Rilke, anche nell'ambiguo accento del rapporto fra la vita e la parola. Nietzsche scorge in ogni parola un « pregiudizio » ossia una sistemazione gerarchica precostituita, che irrigidisce la vita e ne soffoca il selvaggio brulicare; la conoscenza, che vorrebbe fissare lo sguardo nel fluire dionisiaco non ancora immobilizzato dalla forma, inciampa in « parole dure come sassi » e finisce per « rompersi una gamba ». Se ci si vuole liberare di Dio, dice colui che vuole trasvalutare tutti i valori, occorre soprattutto liberarsi del soggetto psicologico e sintattico, che organizza e sclerotizza la vita nella formalizzazione categoriale. « L'anarchia degli atomi » celebrata da Ni[...]

[...]re; la conoscenza, che vorrebbe fissare lo sguardo nel fluire dionisiaco non ancora immobilizzato dalla forma, inciampa in « parole dure come sassi » e finisce per « rompersi una gamba ». Se ci si vuole liberare di Dio, dice colui che vuole trasvalutare tutti i valori, occorre soprattutto liberarsi del soggetto psicologico e sintattico, che organizza e sclerotizza la vita nella formalizzazione categoriale. « L'anarchia degli atomi » celebrata da Nietzsche libera la vita da ogni unità ossia da ogni gerarchia del discorso, che pretende di ordinare la vita e di imporle un significato; questa « disgregazione della volontà », come la chiama Nietzsche — ed anche, sulle sue orme, Musil — restituisce la « libertà dell'individuo », la « vibrazione e l'esuberanza della vita », della vita nuda e selvaggia. La parola è il fondamento del grande stile, come Nietzsche lo chiama, e il grande stile è la capacità della poesia di ridurre il mondo all'essenziale e di dominare il molteplice in una laconica unità di significato; il grande stile costringe e comprime le dolorose dissonanze della vita — ma anche le sue riottose diversità — nella compatta armonia della forma. Il grande stile è quindi pure violenza, è la violenza metafisica di un pensiero che impone alle cose una camicia di forza e fa di esse i simboli di un universale e di un'identità che viola la loro singolarità e la loro autonomia. « I filosofi, scrive Musil nell'Uomo senza qualità, sono dei viole[...]

[...] parola sembrano cosí contrapporsi o almeno divaricarsi; il senso è prigioniero della parola, che — nella lirica citata — viene definita quale dominio. Attento e calcolatore nell'arte di cancellare le tracce delle sue letture, Rilke amava presentarsi quale nonlettore di libri — tranne pochi, scelti ed esibiti secondo una strategia precisa — e proclamava soprattutto di non leggere filosofi. Fra gli autori parzialmente rimossi o nascosti c'è anche Nietzsche, nonostante le postille dedicate da Rilke alla Nascita della tragedia. La lezione di Nietzsche è presente, nell'opera di Rilke, anche nell'ambiguo accento del rapporto fra la vita e la parola. Nietzsche scorge in ogni parola un « pregiudizio » ossia una sistemazione gerarchica precostituita, che irrigidisce la vita e ne soffoca il selvaggio brulicare; la conoscenza, che vorrebbe fissare lo sguardo nel fluire dionisiaco non ancora immobilizzato dalla forma, inciampa in « parole dure come sassi » e finisce per « rompersi una gamba ». Se ci si vuole liberare di Dio, dice colui che vuole trasvalutare tutti i valori, occorre soprattutto liberarsi del soggetto psicologico e sintattico, che organizza e sclerotizza la vita nella formalizzazione categoriale. « L'anarchia degli atomi » celebrata da Ni[...]

[...]re; la conoscenza, che vorrebbe fissare lo sguardo nel fluire dionisiaco non ancora immobilizzato dalla forma, inciampa in « parole dure come sassi » e finisce per « rompersi una gamba ». Se ci si vuole liberare di Dio, dice colui che vuole trasvalutare tutti i valori, occorre soprattutto liberarsi del soggetto psicologico e sintattico, che organizza e sclerotizza la vita nella formalizzazione categoriale. « L'anarchia degli atomi » celebrata da Nietzsche libera la vita da ogni unità ossia da ogni gerarchia del discorso, che pretende di ordinare la vita e di imporle un significato; questa « disgregazione della volontà », come la chiama Nietzsche — ed anche, sulle sue orme, Musil — restituisce la « libertà dell'individuo », la « vibrazione e l'esuberanza della vita », della vita nuda e selvaggia. La parola è il fondamento del grande stile, come Nietzsche lo chiama, e il grande stile è la capacità della poesia di ridurre il mondo all'essenziale e di dominare il molteplice in una laconica unità di significato; il grande stile costringe e comprime le dolorose dissonanze della vita — ma anche le sue riottose diversità — nella compatta armonia della forma. Il grande stile è quindi pure violenza, è la violenza metafisica di un pensiero che impone alle cose una camicia di forza e fa di esse i simboli di un universale e di un'identità che viola la loro singolarità e la loro autonomia. « I filosofi, scrive Musil nell'Uomo senza qualità, sono dei viole[...]

[...]olenza, è la violenza metafisica di un pensiero che impone alle cose una camicia di forza e fa di esse i simboli di un universale e di un'identità che viola la loro singolarità e la loro autonomia. « I filosofi, scrive Musil nell'Uomo senza qualità, sono dei violenti che non dispongono di un esercito e perciò s'impadroniscono del mondo rinchiudendolo in un sistema. »
624
CLAUDIO MAGRIS

Da un parte, quindi, la parola è impari a ciò che Nietzsche chiama « il raffinamento dell'organo per la percezione di molte cose piccolissime e fuggevolissime »; il linguaggio, dice Musil, « mette raramente a disposizione per le sottospecie del sentimento dei plurali sufficienti » e finché si pensa in frasi con il punto finale troppe cose non si lasciano dire. Ma in quanto violenza e dominio, il linguaggio anche affascina Nietzsche, gli sembra non certo espressione della vita — della sua verità, del suo senso — bensí forza capace di soggiogare la vita o, com'egli dice, « estensione dello sguardo su maggiori moltitudini e vastità [ ... ] espressione di una volontà vittoriosa, di un coordinamento intensificato, [ ... ] di una spinta di gravità infallibilmente perpendicolare ».
Dietro le parole vi può quindi essere, per Rilke, il senso della vita che riluce inattingibile oppure la materia bruta da plasmare; le parolemuri appariranno ostacoli da superare, oltre i quali gettare lo sguardo nostalgico verso la vita, o superbi[...]



da Bertrand Hemmerdinger, recensione su Luciano Guerci, Libertà degli antichi e libertà dei moderni, Sparta, Atene e i «philosophes» nella Francia del settecento, Napoli, Guida, 1979, pp. 284 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: 486 RECENSIONI
accuse di irrazionalismo avanzate da Lukács. Bortolotto ripensa infatti e verifica in chiave musicale gli schemi interpretativi che da Heidegger giungono fino a Deleuze, valendosi del fatto che il rigetto del mondo eticopolitico e della gerarchia dei valori è compiuto da Nietzsche anche, o meglio, soprattutto « in nome della musica ». Considerando quella di Nietzsche una critica essenzialmente profetologica, Bortolotto coglie in essa il filo rosso del « destino » della musica e osserva come esso conduca — se pur non a Cage o a Kagel, come vorrebbe invece il Lyotard — alle composizioni telluriche e alla parodia neoclassica di Strawinski. È dalla parodia infatti, dal riso e dall'operetta, oltre che dalla musica « mediterranea » di Bizet, che la profezia di Nietzsche prende le mosse. E a questo punto Bortolotto, ben lungi dagli « ohibò! » di un Anacleto Verrecchia, prende in esame la predilezione di Nietzsche per l'operetta mettendo in luce come essa significhi per il filosofo il trionfo della fisiologia ritmica e la gioia esaltante che scaturisce dallo scuotersi di dosso la gerarchia dei valori. Questo sarà il terreno sul quale Nietzsche tenterà di trarre anche Wagner e, paradossalmente, proprio l'ultimo Wagner, quello dell'ascesi e del misticismo.
Sarà infatti la musica ipnotica del Parsifal, che come un anestetico spoglia l'ascoltatore di ogni volontà, ad essere definita dal filosofo: « una musica da operetta par excellence ». In essa Nietzsche scorge una segreta intenzione di gioco e di parodia, « il supremo riso di superiorità su se stesso, il trionfo della sua ultima, suprema libertà di artista, della sua trascendenza di artista, un Wagner che sa ridere di se medesimo ». E, rincalza Bortolotto controbattendo il « non abbastanza » di Boulez, il Parsifal è davvero un dramma « per nulla » cristiano. Tesi in linea con quella sostenuta da Massimo Mila che ritiene questa un'opera non cristiana bensí nibelungica. Proprio tra i vapori misticheggianti del Parsifal Nietzsche ravvisa la redenzione di Wagner dai valori, il supremo riscatto d[...]

[...]superiorità su se stesso, il trionfo della sua ultima, suprema libertà di artista, della sua trascendenza di artista, un Wagner che sa ridere di se medesimo ». E, rincalza Bortolotto controbattendo il « non abbastanza » di Boulez, il Parsifal è davvero un dramma « per nulla » cristiano. Tesi in linea con quella sostenuta da Massimo Mila che ritiene questa un'opera non cristiana bensí nibelungica. Proprio tra i vapori misticheggianti del Parsifal Nietzsche ravvisa la redenzione di Wagner dai valori, il supremo riscatto della schlegeliana transzendentale Buffonerie.
Su questo Höhepunkt Bortolotto conclude un'analisi che ha tra l'altro il merito di colmare — insieme alle preziose note di Mazzino Montinari — i vuoti che staccano i tre scritti nietzschiani contenuti nel volume. Nonostante le lusinghe del titolo infatti la nuova edizione uscita presso la casa Adelphi, comprende soltanto i tre saggi: Richard Wagner a Bayreuth, Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner, rispettivamente nelle belle traduzioni di Sossio Giametta e di Ferruccio Masini. N[...]

[...], il supremo riscatto della schlegeliana transzendentale Buffonerie.
Su questo Höhepunkt Bortolotto conclude un'analisi che ha tra l'altro il merito di colmare — insieme alle preziose note di Mazzino Montinari — i vuoti che staccano i tre scritti nietzschiani contenuti nel volume. Nonostante le lusinghe del titolo infatti la nuova edizione uscita presso la casa Adelphi, comprende soltanto i tre saggi: Richard Wagner a Bayreuth, Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner, rispettivamente nelle belle traduzioni di Sossio Giametta e di Ferruccio Masini. Non sono pertanto incluse le molte pagine che, a cominciare da quelle contenute nella Nascita della tragedia e in Aurora, stringono i nodi essenziali del rapporto tra il filosofo e il musicista.
Il saggio introduttivo è inoltre corredato da un'estesa bibliografia dalla quale è assente però la bellissima monografia di Gianni Vattimo — Il soggetto e la maschera, Milano, Bompiani, 1974 — nella quale Bortolotto avrebbe potuto trovare ulteriori elementi per focalizzare la questione della parodia, del r[...]

[...] Nascita della tragedia e in Aurora, stringono i nodi essenziali del rapporto tra il filosofo e il musicista.
Il saggio introduttivo è inoltre corredato da un'estesa bibliografia dalla quale è assente però la bellissima monografia di Gianni Vattimo — Il soggetto e la maschera, Milano, Bompiani, 1974 — nella quale Bortolotto avrebbe potuto trovare ulteriori elementi per focalizzare la questione della parodia, del riso e dell'operetta, poiché per Nietzsche nessun volto si cela dietro le maschere dell'esistenza e nessuna « verità » è possibile tranne quella che tintinna, variegata e multiforme, sul berretto a sonagli del buffone.
ANNA GIUBERTONI
LUCIANO GUERCI, Libertà degli antichi e libertà dei moderni. Sparta, Atene e i « philosophes » nella Francia del Settecento, Napoli, Guida, 1979, pp. 284.
C'est d'un discours célèbre de Benjamin Constant: De la liberté des anciens comparée à celle des modernes (1819), que Guerci emprunte son titre apparent: Libertà degli antichi e libertà dei moderni. Mais son titre véritable est son soustitre: Sparta[...]



da Recensione di Remo Ceserani su Francesco Orlando, freudiano del «misanthrope» e due scritti teorici, Torino, Einaudi, 1979, pp. 248 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]acerato dalle rocce. Dafne e Tirsi, che agiscono per loro, li manovrano e li ammaestrano, li fanno passare attraverso l'esperienza della rinuncia, del compiacimento narcisistico, dell'inganno e della violenza per poi condurli alla finale accettazione dell'equilibrio instabile e malinconico dell'idillio. E il coro, in un commento conclusivo, esprime maliziosamente, e malinconicamente, la sua soddisfazione.
REMO CESERANI
CURT PAUL .JANZ, Vita di Nietzsche. Il profeta della tragedia (18441879), Bari, Laterza, 1980, pp. xiv802.
Si è ormai da alcuni anni affermata e consolidata, nella storiografia filosofica italiana ed europea, una generale tendenza ad una riconsiderazione critica della figura e dell'opera di Friedrich Nietzsche. Un rinnovato interesse ha investito un pensatore che, principalmente in campo marxista, ha conosciuto il peso della svalutazione e dell'anatema. Come è stato anche altrove ripetutamente affermato, la responsabilità maggiore dell'operazione ideologica di « neutralizzazione » del filosofo tedesco è da attribuire al Lukács de La distruzione della ragione che, confinando Nietzsche sul versante estremo dell'« irrazionalismo » vitalistico, gli ha affidato la mera funzione di espressione teoricofilosofica delle istanze di aggressiva espansione dell'imperialismo germanico. Su questa linea interpretativa Nietzsche è stato letto come momento di una piú generale rivolta contro la « ragione » che informerebbe la totalità dello sviluppo storico dell'Occidente.
Cosi la storia è diventata campo di una lotta — di sapore gnosticomanicheo — tra un originario telos storico in via di realizzazione in virtú di una interna necessità (appunto la Ragione come scansione di momenti in sé logicamente « positivi »), ed una confusa e torbida rivendicazione del « vitale » sull'intelletto e la ragione dialogica che raffigurerebbe, sempre secondo Lukács, la manifestazione specifica della stagnante e parassitaria (« negativa[...]

[...]gicamente « positivi »), ed una confusa e torbida rivendicazione del « vitale » sull'intelletto e la ragione dialogica che raffigurerebbe, sempre secondo Lukács, la manifestazione specifica della stagnante e parassitaria (« negativa ») opposizione reazionaria allo stesso sviluppo capitalistico ed alla conseguente formazione di quel proletariato moderno che è chiamato ad ereditare le « inadempienze » storiche della borghesia. Per Lukács, insomma, Nietzsche è la punta di diamante di questo movimento generalmente ed intrinsecamente regressivo che punta ad una fuoriuscita dalla razionalità storica o, quanto meno, a comprometterne lo svolgimento.
Non si può tacere il fatto che questa riduttiva assunzione della filosofia nietzscheana ha contribuito non poco a lasciare Nietzsche completamente nelle mani della pubblicistica di destra, sempre vigile ed ansiosa di gettarsi su anche grossolane ed improvvisate legittimazioni « culturali », ed in questo modo il filosofo ha finito per rappresentare, agli occhi del grande pubblico, il « precursore », l'antesignano della dottrina e del movimento nazionalsocialista.
Nella tradizione filosofica italiana soltanto Antonio Banfi, come si sa, ha reagito a questa impostazione ed è sembrato uscire dalle secche di una considerazione puramente « irrazionalistica » del pensiero nietzscheano, ma il suo tentativo si è scontrato con esige[...]

[...]i su anche grossolane ed improvvisate legittimazioni « culturali », ed in questo modo il filosofo ha finito per rappresentare, agli occhi del grande pubblico, il « precursore », l'antesignano della dottrina e del movimento nazionalsocialista.
Nella tradizione filosofica italiana soltanto Antonio Banfi, come si sa, ha reagito a questa impostazione ed è sembrato uscire dalle secche di una considerazione puramente « irrazionalistica » del pensiero nietzscheano, ma il suo tentativo si è scontrato con esigenze di politica culturale interne alla sinistra italiana del secondo dopoguerra che imponevano una rigida, e naturalmente semplificatoria, scelta di campo anche ideo



da (Mito e civiltà moderna) Diego Carpitella, I «primitivi» e la musica contemporanea in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]arte moderna. Freud ha insegnato che esiste una connessione tra la vita psichica del selvaggi e dei neurotici (13): orbene il compositore disdegna i selvaggi e si attiene a
(12) Così prosegue Adorno: « Il Sacre non si sarebbe potuto eseguire nel terzo Reich dalle innumerevoli vittime umane: e chiunque osava ammettere direttamente nell'ideologia la barbarie della prassi, cadeva in disgrazia. La barbarie tedesca — era forse stata questa l'idea di Nietzsche — avrebbe, senza menzogne, sradicato insieme con l'ideologia, la barbarie stessa. Nonostante ciò l'affinità del Sacre con il suo modello é incontestabile, e così il suo gauguinismo, le simpatie del suo autore che, come riferisce Cocteau, sbalordiva i giocatori di Montecarlo mettendosi i gioielli di un sovrano negro » (Le coq et l'Arlequin, op. cit.). Sulla degenerazione del primitivismo in barbarie cfr. l'introdu clone di R. Bianchi Bandinelli a Frobenius, Storia delle civiltà africane (Torino, Einaudi, 1958, 2a ediz.).
(13) S. FREUD, Totem e tabù, op. cit.
118 DIEGO CARPITELLA
ciò di cui [...]



da Recensione di Federico La Sala su Alvio Facchinelli, La Freccia Ferma. Tre tentativi di annullare il tempo, Milano, L'Erba Voglio, 1979, pp. 176 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: 11
RECENSIONI 363
mancabile Paul Rée, Malwida von Meysenburg, Erwin Rohde, Franz Overbeck ed altri. Troviamo rievocata con delicatezza e tatto l'amicizia di Nietzsche con Cosima
e Richard Wagner e, finalmente, possiamo leggere serenamente e senza concessioni al pettegolezzo il rapporto con la madre e, soprattutto, con la sorella. E tutto questo in una forma ed uno stile che sono un'autentica novità nel campo della pubblicistica nietzscheana, da sempre vincolata ad un linguaggio che subisce il fascino dell'espressione oracolare ed aforismatica.
ENRICO MARIA MASSUCCI
ELVIO FACHINELLI, La freccia ferma. Tre tentativi di annullare il tempo, Milano, L'erba voglio, 1979, pp. 176.
`Anomala' e tuttavia oltremodo interessante è questa recente ricerca di Fachinelli. Essa nasce « all'interno dell'esperienza psicoanalitica, come effetto primo della sorpresa » (p. 7) di trovarsi di fronte a un uomo (nevrotico ossessivo) che annulla il tempo, ma giunge, poi, — allargandosi e quasi capovolgendosi — a toccare altri problemi (p. 7), specif[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Nietzsche, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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