Brano: [...], assistente generale dell'A.C.I., lanciando i Convegni del Clero per l'estate del 1948 sull'argomento <c la Comunità parrocchiale» si muoveva la domanda:'— E finita la parrocchia ? —, ma poi rispondeva (7) con le parole del card. Schuster: « Le varie istituzioni, distinte dalla parrocchia, valgono soprattutto a trattenere nella religione e nelle pratiche del culto quelle persone che altrimenti non andrebbero nella parrocchia. Rappresentano un rimedio ad un male veramente esistente. Ecco quindi perché la Chiesa le loda, le favorisce, le promuove, come per gli infermi si aprono le buone case di salute. Resta però fermo che in linea normale, come la vita dell'individuo si svolge nella famiglia, così quella del cristiano si sviluppa soprattutto nella rispettiva Parrocchia » (8).
(6) « Crisi della Parrocchia moderna », in L'Ass. Eccl. 1948, VI.
(7) « La Comunità Parrocchiale », ivi, 1948, IV.
(8) Dalla Pastorale per la Quaresima del 1948 sulla « missione della P. ».
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La crisi della parrocchia tuttavia[...]
[...]ssionante. E, si sa, la ra
(9) La Spezia, Pola e Taranto, porti militari; Savona, Bari, Brindisi e Fiume, porti commerciali; Sesto San Giovanni, Legnano, Lecco e Varese, centri industriali; Merano, stazione climatica; e Torre Del Greco, limitrofa d'una grande città.
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rità delle chiese (ossia delle parrocchie) è direttamente proporzionale al numero dei fedeli che vi sono aggregati. Nei casi migliori,
il rimedio segue sempre il male, non lo previene; più spesso poi la mancanza di mezzi convince a soluzioni provvisorie o a compromessi che, invece di ritardare, finiscono per precipitare la crisi anzidetta.
Per esemplificare, il caso di Roma non è il meno significativo. Nel 1823 — è inutile spingersi troppo indietro nel tempo, nel
sec. XIV ad es., quando Roma aveva non meno di 261 parrocchie, che nel sec.. XVI erano ancora 132 —, nel 1823 la città toccava appena i 138.000 abitanti ed essi erano distribuiti in 81 parrocchie, con la media di 1680 anime per parrocchia. Una media anche troppo confortevole[...]
[...]toccava il 2530% degli obbligati (donne comprese). Dello stesso anno é un'inchiesta condotta dall'A.C. a Milano: nella capitale lombarda la frequenza alla messa festiva sarebbe variata, nelle varie parrocchie, con percentuali dal 14 al 36% (i giovani dal 6 all'8%, gli uomini dal 3 al 4%); il precetto pasquale avrebbe invece il 38% della popolazione mentre la dottrina domenicale solo l'1%.
Il prospetto più esauriente sulla pratica d'un capoluogo medio di provincia é stato dato da don Aldo Leoni (13) a proposito di Mantova che, nel 1948, l'anno base delle sue statistiche, contava 56.262 ab. suddivisi in undici parrocchie. In quell'anno, su 60 nati (sic), 9 non furono battezzati (o almeno non risultarono battezzati nel febbraio '49), 5 matrimoni su 383 e 4 funerali su 699 furono celebrati col solo rito civile. Alla messa festiva soddisfaceva normalmente più d'un terzo della popolazione (35%): delle donne il 47%, degli uomini il 24% (cioè neppure un quarto). Tra costoro i giovani erano il 31%, gli adulti il 17%. Il precetto pasquale era osser[...]
[...]ltimetrica e grado di permeabilità del terreno ci spingono a riconoscere nel territorio diocesano una zona morenica e ghiaiosa, bibula, di alta pianura, corrispondente in gran parte a quella da noi chiamata, sotto l'aspetto religioso, Alto Mantovano, di intensa pratica cristiana, e due zone di bassa pianura, impermeabili, tagliate dal Po, l'una siliceocalcareocretosa, l'altra alluvionale argillosa, corrispondenti in gran parte rispettivamente al Medio M., di media pratica religiosa, e al Basso M., di scarsa pratica religiosa. Tale coincidenza sarà meramente causale o non indicherà un'influenza della diversa natura del suolo sulle varietà delle attitudini religiose? Propendiamo per la risposta affermativa, giacché a diverse strutture del
(20) op. cit., p. 138.
(21) op. cit., p. 139.
(22) op. cit., cfr. i dettagli specifici a pp. 52, 79, 91 e 137.
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suolo corrispondono di fatto diversi generi di economia, diversi tenori di vita, che certamente incidono sulla struttura sociale e quindi anche sul fatto[...]
[...]moralità coniugale e individuale ». Anche (( le famiglie patriarcali non esistono [ormai] più ». Già nel 1936 le famiglie con 7 e più membri (compresi parenti ed estranei) erano appena un quinto, ma anche la loro compattezza interna non é certo più assoluta se si pensa ai fortissimi scarti fra uomini e donne e tra gruppi d'età nella pratica religiosa. Quanto ai concubinati notori, essi toccherebbero la media di 8 su mille famiglie, 6 nell'Alto e Medio M., più credenti, 12 nel Basso, più irreligioso.
Tra le più imprevedute ammissioni del nostro autore va però riconosciuta quella sui rapporti tra cultura e religiosità. Ammesso che oggi il 97% dei fanciulli frequenta regolarmente la scuola obbligatoria e che l'analfabetismo residuo é più diffuso nelle donne che negli uomini (12% delle prime e 8% dei secondi nel 1931), egli dice testualmente: (( Confrontando lo stato dell'istruzione con i dati della pratica religiosa della fine del secolo scorso e del momento attuale, si rileva il parallelismo tra analfabetismo e intensa pratica religiosa da [...]
[...]68.
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stante coincidenza, la zona della diocesi in cui — in evidente nettissimo contrasto con le altre — l'indifferenza religiosa segna le punte più spinte, senza accennare a una sosta nel suo metodico affermarsi. Inutile dire che dei bambini non battezzati nel 1948, 29 su 30 appartenevano a questa regione; dei matrimoni civili, 14 su 15; dei funerali civili 17 su 22. Quanta al precetto festivo, mentre gli osservanti nell'Alto e Medio M. erano rispettivamente il 47 e il 36%, nel Basso M, risultavano il 26 (i maschi adulti rispettivamente il 34, il 17 e il 10%; le femmine adulte, il 55, il 41 e il 32%). Ma sarebbe monotono continuare. Più interessante invece é constatare il moto accelerato dell'allontanamento del B. M. dalla pratica religiosa pur nel generale riflusso a cui sottostanno anche le altre due partizioni del territorio. L'osservanza del precetto pasquale nel 1885 e nel 1948 segnava queste percentuali (% della popolazione complessiva) nell'A. M. e B. Mantovano: 82,3 75 e 77% nel 1885; 69, 61 e 51 nel 1948, con uno[...]
[...]ratica religiosa. Il parallelismo é troppo lampante, le coincidenze troppo numerose e precise perché si possano spiegare senza ricorrere all'interdipendenza dei fenomeni e in modo particolare all'influsso esercitato dalle condizioni politi che che al pari di quelle religiose, subiscono le influenze dell'ambiente esterno... » (29).
Ha scritto il De Rosa a proposito della crisi economica della campagna italiana negli ultimi decenni dell'800: «Nel Medio Evo l'anello di congiunzione tra le due parti, tra il dominio del signore ed il lavoro del contadino, era costituito dall'autorità religiosa, dal vescovo che svolgeva una funzione mediatrice tra i due e proteggeva il contadino dagli arbitrii del signore. Si trattava di una mediazione corporativa tra due classi economiche che vivevano unificate in una stessa concezione teocratica e religiosa della vita. La divisione del lavoro e la separazione dei due poteri, civile e religioso, introdotti dalla «rivoluzione », hanno tolto all'autorità religiosa questa funzione, senza pers riuscire a sostituir[...]
[...]itaria, nella maggior parte dei casi, introflessa e chiusa, rivelando solo nel campo sociale una notevole facoltà di ripresa; la vita religiosa propriamente detta, infine, è proprio quella che accusa i deficit più gravi. Con questo non si vuol minimamente disconoscere gli sforzi compiuti dall'alto e dal basso clero per una riforma .adeguata dell'istituto parrocchiale. Le buone volontà non sono davvero mancate, ma i risultati sono stati piuttosto mediocri sia per lo sproporzionato aumento dei nuovi bisogni e per le reMore frapposte dai vecchi metodi e mezzi, sia, e soprattutto, per gli infausti compromessi con la politica.
Se la parrocchia infatti ha perduto terreno sul settore religioso, s'è avvantaggiata enormemente, in questi ultimi anni, su quello politico, a beneficio, s'intende, delle mire egemoniche della Chiesa. E che questa sua progressiva profanizzazione sia un bene, nessun vero credente vorrà certo sostenerlo. Si è detto della prevalenza eccessiva che nell'attuale dopoguerra hanno assunto nella parrocchia italiana gli attributi [...]
[...]e a questi interrogativi, tanto la realtà gli apparirà d'un'evidenza violenta.
Ebbene, quali conseguenze matureranno da questo stato di cose ? Naturalmente, non è facile prevederle. Troppi imprevisti possono sovvertire i calcoli più prudenti. Ma una cosa si può tranquillamente asserire: e cioè che la strada della politicizzazione porterà la Chiesa a delle amare esperienze. Oggi essa sta tentando con tutte le sue forze di slaicizzare l'Italia, rimedioevizzandola in una nuova teocrazia solo apparentemente più rispettosa del progresso e aperta al riconoscimento dei valori terrestri. Dopo l'antitesi ottocentesca, stile «piononista », insomma, la sintesi novecentesca, stile «piododicista ». Ma non si concilia, sopraffacendo. Leone XIII osò assai meno, e lasciò in eredità il modernismo, il murrismo e il combismo. La reazione all'attuale progressiva egemonia clericale potrà esser forse dilazionata, ma avverrà fatalmente. E se sorprenderà la parrocchia religiosamente inaridita, quella sarà, per il Cattolicesimo italiano, l'ora più critica.
CARLO[...]