Brano: [...]pendice, col loro verismo di epigoni rozzi e retorici, col loro misto di situazioni melodrammatiche e coincidenze mirabolanti, col loro linguaggio fattizio, atteggiato e stereotipato.
cc Quando fu udito lo scoppio della pistola, l'orologio segnava le undici della notte del 2 gennaio 1848, lo stesso giorno e la stessa ora in cui nove anni fa era morto Giorgio Bartoli ». Cosi
MEMORIE DI UN' COMMERCIANTE 39
finisce Sotto altro cielo di Francesco Mastriani. La più importante, ma non la sola di analoghe meravigliose coincidenze si legge sul bel principio delle memorie di mio padre, per il quale l'emozione di porre a riscontro gli accadimenti della vita reale si tramutava in piacere letterario quando li accoglieva nella «narrazione » secondo i canoni dei modesti ma per lui classici maestri. Nella sua « odissea » egli vagheggerà la sua immagine al centro di una serie di peripezie, dove abbondano tracce di molti luoghi comuni ricorrenti nei romanzi d'appendice. E non solo le coincidenze, ma le agnizioni singolarissime, i fidanzamenti e le eredità d[...]
[...]do per perquisirlo) prevale un popolaresco lieto fine (« ma c'erano delle buone salzicce per cena, e con supremo sforzo feci venire il buonumore »). Una cordiale atmosfera di fortunaassistimiinvidiacrepa investe nel racconto anche qualche rara figura di impotente « cattivo » che vorrebbe ostacolare il protagonista sulla via del successo. E qui la stessa povertà dei mezzi espressivi gioca a favore del narratore di emergenza. Nel citato romanzo di Mastriani c'è un portinaio che vorrebbe impedire a un ragazzo di parlare alla sua aristocratica padrona. A parte il ritratto orripilante (« era questi un Dalmata di gigantesca statura e aspetto feroce: due lunghi baffi gli scendevano sul mento »...), nulla è risparmiato per farci assistere ad un autentico duello tra il « barbaro » e il o demonietto »:
— Che vuoi tu, monello? chiese a Giovanni con modo irascibile.
— Debbo parlare alla vostra padrona, rispose il fanciullo con
risolutezza.
— Tu! Oh! Oh! com'è curioso!
Il portinaio si pose a ridere sgangheratamente torcendosi le acu
minate punte dei [...]
[...]ntassi approssimativa e frettolosa di qualche periodo. Ma se ignora ogni nozione di purità (e ricorre al relazionare, e a calchi più o meno pesanti come commissionario e gattò di mariaggio) il suo « simpatico » maestro francese gli ha insegnato che cos'è il patois e che cos'è la lingua letteraria. Sicché quando cita parole o detti dialettali li sottolinea per distinguerli dalla sua prosa che non diversamente dagli scrittori più popolari (incluso Mastriani, incluso lo stesso De Amicis), ha sempre un po' il debole di indomenicarsi, di mettersi addosso il vestito migliore a disposizione. Perciò sulla semplicità estrema della forma narrativa risalta un linguaggio pieno di echi non diciamo libreschi, ma cartacei, proprio di chi ci tiene a distinguersi e ad evitare i pericoli dialettali del parlato. Non gli basta dire: « a prenderci », gli sembra meglio « a rilevarci ». E « sedermi a mensa » gli par necessario, per un banchetto imbandito da « veri signori ». L'aspirazione a un più borghese scrivere civile
MEMORIE DI UN COMMERCIANTE 43
lo sollecita[...]