Brano: [...]tato, ciò che dev'esser tenuto per giusto, per vero, e per bello, si deduce da questa direzione. Come potrebb'essere altrimenti? Non potrebbe. Ma un'idea di questo genere non inizia, anzi termina, ogni questione propriamente spirituale.
Il problema dell'arte e del comunismo fu discusso con qualche autenticità fra il 1925 e il 1935. L'intellettuale che lo discusse con più intelligenza e delle esigenze del comunirno e di quelle dell'arte fu André Malraux. Malraux ammetteva senz'altro che, nell'universo comunista, non si trattava di discutere in astratto sulla libertà, dell'artista o d'altri. Che alla libertà, fino a nuovo ordine, bisognasse rinunciare, era dato e concesso; che si dovesse aderire di tutto cuore al regime e al partito prima di avere il diritto di
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fare o dire una cosa qualsiasi, era un assioma primo. L'universo comunista era totalitario, sì, ma in nome die una grande idea, un'idea che s'identificava col solo compito etico escogitato dal pensiero moderno: l'umanizzazione visibile del mondo. Il comunis[...]
[...]a fede accolta la quale essi potessero sentirsi autorizzati a viverla e ad esprimerla e, sacrificando ad essa le vecchie idee e le antiche passioni, per questa via di disciplina e di fermezza interiore, diventare non già liberi di fare a proprio talento, ma liberi di essere comunisti: comunisti e liberi. Se la libertà cristiana era stata, perché non poteva essere la libertà comunista? E se questo era possibile, tutto il resto era secondario.
Né Malraux si fermava a mezza strada. Egli vedeva bene che il comunista militante non si confronta col mondo nella contemplazione, ma nell'azione. Ora, nell'azione — egli argomentava — l'uomo risoluto si trova faccia a faccia con una necessità che lo sorpassa infinitamente: il Destino. Che si manifesti nella fatalità della battaglia, o sotto forma di comando che impone di accettare la propria disfatta morale, al Destino non si sfugge con gli argomenti. Il comunista é l'uomo che, di fronte alle necessità dell'azione, é pronto a far gettito non solo della propria esistenza fisica,
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[...]lla propria coscienza d'individuo, o, per meglio dire, del proprio modo di concepire la logica degli eventi. Ma, nell'abnegazione totale, c'è una realtà alla quale il comunista non può rinunciare, ed é la realtà della coscienza. Perché la coscienza è data all'uomo come gli é data il destino: inesorabilmente. Ora, la coscienza della verità di quello che gli accade, il militante, nella lotta, può soltanto averla, non esprimerla; spetta — sosteneva Malraux — all'artista comunista di darle parola, forma e . figura. Li, in quell'opera che non poteva essere se non pienamente responsabile e dunque pienamente libera, si sarebbe affermata la libertà comunista: il senso del comunismo. Altrimenti, l'azione comunista sarebbe rimasta per sempre separata dalle regioni dove l'esistenza umana attinge un significato durevole. I comunisti avrebbero forse conquistato il mondo, ma se lo sarebbero dïmenticato via facendo, come i Mongoli di Voltaire.
Ma l'argomento di Malraux era puramente intellettuale. La sua domanda si riduceva a quella se la fede comunista f[...]
[...]ura. Li, in quell'opera che non poteva essere se non pienamente responsabile e dunque pienamente libera, si sarebbe affermata la libertà comunista: il senso del comunismo. Altrimenti, l'azione comunista sarebbe rimasta per sempre separata dalle regioni dove l'esistenza umana attinge un significato durevole. I comunisti avrebbero forse conquistato il mondo, ma se lo sarebbero dïmenticato via facendo, come i Mongoli di Voltaire.
Ma l'argomento di Malraux era puramente intellettuale. La sua domanda si riduceva a quella se la fede comunista fosse, in senso proprio, una fede comune, oppure un'insegna di comando, pertinenza esclusiva delle supreme gerarchie. A questa domanda, la risposta era già: venuta, era negli atti e nei fatti, nonché negli argomenti impiegati a giustificare gli atti e i fatti: la fede comunista — se di fede si poteva parlare —. era da riporre nei fatti compiuti e da compiere; li era la certezza, non nel regno vano delle « idee ». Le idee erano, per così dire, già avvenute, e servi vano, una volta per sempre, a rendere infles[...]
[...], e non hanno bisogno di esser classificati « socialisti » per nutrire quel rifiuto del mondo « così com'è » che è uno dei grandi motivi della coscienza moderna. Ma l'Operaio, la Costruzione Socialista, la Pace, il Popolo, eccetera, sono gli oggetti (mutevoli, per giunta) della devozione comunista. Il comunismo stesso, per trovarlo visto, descritto, amato, odiato, vissuto come esperienza e come tema, bisogna ricorrere ai libri degli excomunisti: Malraux, Silone, Koestler, Orwell. Se l'ideocrazia comunista avesse potuto ammettere altro che la retorica edificante, la propaganda e la bigotteria, essa sarebbe forse riuscita a trattenere quegli uomini irrequieti nella sua orbita, così come il cristianesimo seppe, per lungo tempo, tollerare e dominare non solo l'anticlericalismo, ma anche una grande quantità di elementi perfettamente estranei al
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l'ispirazione cristiana. Senonché, gli oggetti di devozione non sono soltanto dei temi prescritti: é prescritto, in essi, anche il senso in cui devano essere sentiti[...]