Brano: [...]epliche si ha, come spesso avviene in questi casi, l'impressione che la parte più importante della discussione non si sia svolta per iscritto, ma nelle conversazioni e nei rapporti personali. Il linguaggio della polemica è in genere, molto cortese, con qualche occasionale e intenzionale durezza. Ma, ripeto, si ha l'impressione che, almeno in principio, non si vogliano scrivere i termini autentici della questione. Infatti, quali sono le critiche? Luporini considera (cito dalla replica di Ferrata nel n. 30, II della rivista, che è del giugno 1946) la « nuova cultura » pretesa dal Politecnico «una velleitá romantica, un'illusione moralistica, e un abbraccio di generosi malintesi » 3; Alicata e per
3 Quasi con le medesime parole, anni più tardi, G. Pampaloni, giudicherà il Politecnico (in Belfagor) «una generosa illusione n. Con la differenza che, per Luporini, l'illusione moralistica è nell'intento predicatoria, parenetico, del foglio; per Pampaloni è illusorio, probabilmente, nel senso che « Cristo » non è cultura, ad ogni tentativo di sto
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lui Togliatti, che su «Rinascita» (ottobre 1946) dichiara esplicitamente di averne ispirata la nota, rimproverano una « ricerca astratta del nuovo, del diverso, del sorprendente ». Ora é , davvero sorprendente che queste critiche paiono riferirsi al settimanale, ai più scoperti difetti del settimanale, fingendo di ignorare le ragioni del passaggio a rivista e l'autocritica compiuta. Vittori[...]
[...]ottobre 1946) dichiara esplicitamente di averne ispirata la nota, rimproverano una « ricerca astratta del nuovo, del diverso, del sorprendente ». Ora é , davvero sorprendente che queste critiche paiono riferirsi al settimanale, ai più scoperti difetti del settimanale, fingendo di ignorare le ragioni del passaggio a rivista e l'autocritica compiuta. Vittorini lo farà ben notare in una prima nota alla lettera di Togliatti (n. 3334). Gli scritti di Luporini, Alicata, Togliatti, hanno insomma un falso scopo — la critica al confusionarismo del Politecnico settimanale — ed uno scopo reale: mettere in guardia i lettori comunisti contro i pericoli deviazionistici dell'« approfondimento » nella rivista mensile; e, al tempo stesso, provocare una decisiva autocritica del direttore della rivista. Il risultato sarà, naturalmente, che le critiche alla rivista come tale passeranno in second'ordine e il centro della discussione diventerà quello dei rapporti fra attività (o autorità) culturale e attività (o autorità) politica.
Non c'è dubbio che, da un punto[...]
[...]sile; e, al tempo stesso, provocare una decisiva autocritica del direttore della rivista. Il risultato sarà, naturalmente, che le critiche alla rivista come tale passeranno in second'ordine e il centro della discussione diventerà quello dei rapporti fra attività (o autorità) culturale e attività (o autorità) politica.
Non c'è dubbio che, da un punto di vista tanto politico quanto filosofico, le repliche di Ferrata e di Vittorini agli scritti di Luporini, Alicata e Togliatti sono evasive e manifestamente insufficienti. Finché si tratta di pubblicare Hemingway o Sartre o Reed, di mostrare simpatie per la narrativa sovietica, di difendere Gide`contro i «codini» o di parlar di «psicanalisi progressiva », tutto questo, almeno nel 1946, e in Italia, non sarebbe sufficiente a mettere in difficoltà disciplinari Vittorini e la sua rivista. Piuttosto, dietro gli scritti di Cantoni su Burnham, di Preti su Dewey e sull'Antiduering, di Leontiev sul pensiero economico sovietico; dietro le citazioni di Gramsci (che appunto in quei mesi cominciava ad esser [...]