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Il segmento testuale Lenin è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 720Analitici , di cui in selezione 42 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]impidamente la coincidenza dei mezzi e dei fini e che lo Stato di dittatura, come si é realizzato in URSS, sia possibile intenderlo alla maniera gramsciana di Stato futuro « in nuce », anticipazione sostanziale dello Stato autenti camente socialista. Rimane, inutile negarlo, e la sincerità del termine ci aiuta, nella « dittatura del proletariato » sovietica una « contradictio in adjecto » in una certa misura irreparabile. Contraddizione, che nel leninismo e nel primo stalinismo prese forma nella teoria: mano a mano che il potere dittatoriale della classe operaia si sarebbe andato affermando, tanto più violenta sarebbe diventata la resistenza della classe exdominante, ora oppressa.
Dice Lenin: « La dittatura del proletariato é la guerra più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza é decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata » (« La malattia infantile »). E Stalin nel 1924, citando il pezzo, conferma: « La borghesia ha le sue ragioni per fare dei tentativi di restaurazione, perché, dopo esser stata rovesciata, essa resta ancora a lungo più forte del proletariato che l'ha rovesciata » (« Questioni del leninismo », vol. I, pag. 40, Ed. « L'Unità », 1945).
Dunque, la dittatura del proletariato non ha ancor[...]

[...] più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza é decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata » (« La malattia infantile »). E Stalin nel 1924, citando il pezzo, conferma: « La borghesia ha le sue ragioni per fare dei tentativi di restaurazione, perché, dopo esser stata rovesciata, essa resta ancora a lungo più forte del proletariato che l'ha rovesciata » (« Questioni del leninismo », vol. I, pag. 40, Ed. « L'Unità », 1945).
Dunque, la dittatura del proletariato non ha ancora all'inizio tutto il potere, né la maggior parte di esso (se la « maggioranza » del proletariato é ancora una « minoranza » nel rapporto di forza di uno a dieci). Ne discende che la dittatura del proletariato é, ancora, uno strumento negativo di guerra, e che non gli é quindi insita quella strutturazione potenziale che può portarla 'direttamente al nuovo Stato.
Ma il fatto più importante da rilevare é che tale teoria della necessità del perdurare delle forme violente del « salto dialettico », [...]

[...]olo senso manuale o tecnico) di codesti milioni di uomini ? Il partito deve stare, come sta, sopra lo Stato ? » « A quarant'anni dalla Rivoluzione d'ottobre la ' vita nuova ', che nell'Unione Sovietica non è più una aspirazione ma una realtà, può essere contenuta nei vecchi ordinamenti ? » « Da quali nuove forme, in quali nuove articolazioni concrete troverà piena espansione la democrazia socialista, peraltro espressa nella originaria concezione leninista dello Stato dei Soviet e nella Costituzione del 1936? » « In quali forme nuove la democrazia sovietica si esprimerà nell'avvenire, non solo all'interno del partito, ma nello Stato ? ».
È chiaro che non ha senso rispondere immediatamente a queste domande. Il lavoro da compiere non é certo astrattamente ideologico, sistematizzante, ma é un lavoro scientifico di rilevamento delle strutture, del loro funzionamento, dei loro rapporti, che può essere effettuato solo sulla materia viva, e con la più ampia compartecipazione degli specialisti e di tutti i cittadini interessati.
Tuttavia ha senso[...]

[...]e e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime di un gruppo sociale omogeneo dal punto di vista di classe » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non risolto meccanicismo sempre latente nel marxismo. Dalla pretesa marxista di rendere razionale
e verificabile, cioè scientifica, la dottrina della società (o economia politica) discende la nozione di Partito secondo Lenin, cioè di un organismo qualificato a farsi interprete scientifico della realtà e quindi quella di una sua 'infallibilità' relativa ad una situazione data. L'illusione (di carattere metafisico) che il margine di incontrollabilità (unio mystica) di tutti gli elementi del reale convogliati dall'esperienza del Partito fosse — paradossalmente — capace di assicurare in ogni momento un rendimentolimite; e il rifiuto di riconoscere che proprio quel margine doveva invece essere previsto per stabilire il rendimento reale della macchina, altre il quale cominciava l'errore
e l'usura; proprio quella illu[...]

[...] malfaisant non potrà che arretrare di fronte alle note, hegeliane, conseguenze di ogni illuminismo del genere, e farsi conservatore; e d'altra parte l'ottimismo marxista fallisce nella misura in cui ignora tutta la microscopica complessità dei conflitti umani, e affrontando meccanicamente il rapporto fra strutture e sovrastrutture dimentica il carattere universale della contraddi
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cato senza esclusioni. La ripresa leninista, oltre che un valore sentimentale, è un modo di ottenere una autorevole e insindacabile conferma dei passi in avanti, delle aperture effettuate.
Così l'effettiva battaglia delle idee ( e dei fatti) non trova una sua chiarificazione moderna. Sopra il duello fra novatori ed eventuali resistenti sta la ben più fragorosa battaglia celeste fra le figure mitiche di Lenin e di Stalin. Ed in questo senso, accanto alla denuncia degli errori d'ortodossia, sta una serie di premurose raccomandazioni a non ideologizzare, a non staccare la teoria dalla pratica, ad occuparsi del concreto. Questo fatto da un lato apre una possibilità positiva: il far cessare l'uso confermativo dell'ideologia ortodossa e classica, come copertura di una realtà tattica, mobile, eterodossa che non le corrisponde, ma dall'altro rischia il ripiegamento empiristico, minuto, contingentistico, ancora tanto poco libero da aver bisogno di altri, anche se diversi, e più ampi, aiuti classici. Così [...]

[...]n lato apre una possibilità positiva: il far cessare l'uso confermativo dell'ideologia ortodossa e classica, come copertura di una realtà tattica, mobile, eterodossa che non le corrisponde, ma dall'altro rischia il ripiegamento empiristico, minuto, contingentistico, ancora tanto poco libero da aver bisogno di altri, anche se diversi, e più ampi, aiuti classici. Così di volta in volta ci si copre ancora con una figura: Marx giovane, Marx vecchio, Lenin di u un passo avanti », Lenin di « due passi indietro ».
zione (come, forte dell'insegnamento di Mao, il P. C. Cinese ha soavemente ricordato ai sovietici). Ma é un fallimento 'in avanti'; e come agli errori della democrazia — diceva Masaryk — si rimedia solo con un di più di democrazia, così agli errori della obiettività e razionalità (o scientificità) dello sviluppo socialumano si rimedia solo con un di più di obiettività e razionalità. Nella sua lotta per l'attuazione di una totalità umana (e quindi 'tendenziale unanimità' o unità del genere umano) il marxismo può scambiare la parte per il tutto, e quindi errare; ma q[...]

[...]ltri. Ma la condizione essenziale per il rinnovamento democratico dello Stato sovietico sta essenzialmente nella capacità organizzativa generale che esso saprà studiare e concretare; il che significa operare uno sforzo ideologico e tecnico che ancora è in gran parte da effettuare e di cui vediamo oggi solo i primi segni.
Qui ci importava osservare soltanto che le condizioni oggettive liberano il niarxismo dai due vincoli fondamentali di origine leninianastaliniana, sciolti i quali ci si avvia alla condizione favorevole per l'autonomizzazione dello Stato o per una sua nuova impostazione democratica.
« Solo la forma sovietica di Stato », ci dice lo stesso Stalin, «facendo partecipare in modo continuo e incondizionato le organizzazioni di massa dei lavoratori e degli sfruttati al governo dello Stato, é in grado di preparare quella estinzione dello Stato, che é
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uno degli elementi essenziali della futura società senza Stato, della società comunista » (Q.d.L. pag. 49, vol. II). Lo Stato, estinguendosi, non annul[...]

[...] uomini, si avrà l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi di produzione » commenta Engels nell'« An.tidühring ».
L'antica concezione roussoiana della <« volontà generale », passata attraverso il marxismo, trova finalmente la sua incarnazione reale nella pianificazione organica, dove l'esercizio della sovranità e l'educazione alla libertà convergono e coincidono.
6) Passato e futuro del Partito
Il « Partito » concepito, secondo Lenin, come « forma suprema dell'unione di classe del proletariato » e, secondo Stalin, come « corpo politico della classe operaia », « stato maggiore di lotta del proletariato », « parte inseparabile della classe » e, insieme, « reparto organizzato di essa », « necessario al proletariato per conquistare e mantenere la dittatura », « strumento della dittatura » (Q.d.L., pag. 8492), sede, dunque, direttiva e ideologica della rivoluzione, viene ad assumere nelle circostanze attuali un aspetto diverso. Con lo sciogliersi dello Stato coercitivo in Stato amministrativofunzionale il compito del Partito i[...]

[...]pianificazione stessa (compito ideologico).
ROBERTO GUIDUCCI 71
La figura del Partito potrà spezzare la monoliticità da cui nasceva la sua antica forza, e la nuova forza sarà nelle correnti di pensiero libero, nelle proposte diverse di possibili soluzioni, nelle capacità di discussione scientifica per determinare le scelte o mantenere le differenze. All'estremo del suo ciclo, risolte le condizioni strutturali dei contrasti, l'elemento unitario leninista e stalinista produrrà precisamente il suo contrario: la pluralità oggettivamente libera delle opinioni e delle proposte. La « dittatura del proletariato », terminando il suo compito, riscatta il suo paradosso: lascia in eredità la realizzazione, per la prima volta autentica, della democrazia concreta.
Il decentramento dei funzionari nei luoghi di produzione é oggi un sintomo positivo in questo senso. Qui il Partito potrà vedere e preparare ciò che non avrebbe potuto vedere e preparare premendo dall'alto: l'organizzazione democratica dal basso. Nella terza rivoluzione industriale in atto [...]

[...]ere e preparare premendo dall'alto: l'organizzazione democratica dal basso. Nella terza rivoluzione industriale in atto ci avviamo verso forme più sottili e raffinate di organizzazione. Molti sono i metodi che il Partito potrà adottare, studiare, creare in questo senso, ricordando anche il vecchio consiglio di Stalin quando, non ancora all'apice del potere, insegnava nell'Università di Sverdlov, all'inizio dell'aprile 1924, i nuovi «Principi del leninismo » definendone lo stile: « In che cosa consistono i tratti caratteristici di questo stile ? Quali sono le sue particolarità? Queste particolarità sono due: a) lo slancio rivoluzionario russo e b) lo spirito pratico americano. Lo stile del leninismo consiste nell'unione di queste due particolarità nel lavoro di Partito e di Stato » (Q.d.L. pag. 96). Cioè ideologia rivoluzionaria più organizzazione scientifica. E, nello stesso corso, Stalin insegnava: « Il Partito é lo strumento della dittatura del proletariato. Da questo deriva che, con la scomparsa delle classi, con l'estinguersi della dittatura del proletariato, deve estinguersi anche il Partito » (Q.d.L. pag. 92).
8) Evoluzione discontinua ed evoluzione lineare.
Non c'é alcun dubbio che il XX Congresso segni una svolta brusca e che abbia l'apparenza di un « colpo di Stato » anch[...]



da [Gli interventi] Roberto Battaglia in Studi gramsciani

Brano: Roberto Battaglia

Paimiro Togliatti ha formulato un’osservazione che mi sembra di grande interesse per lo studio del pensiero di Gramsci. Mi riferisco all'osservazione con cui egli ha accennato alla novità del pensiero di Gramsci rispetto a quello di Antonio Labriola.

Cito dalla relazione di Togliatti: «La guida delle conclusioni leniniste sulla natura dteU’imperialismo fa superare a Gramsci il punto morto cui era giunta all’inizio del secolo l’indagine politica di A. Labriola e alla quale aveva corrisposto in sostanza la impossibilità del movimento operaio italiano di liberarsi sia dal riformismo che dall’estremismo ». Togliatti ha cosi richiamato la nostra attenzione non solo sulla linea di displuvio che corre tra il pensiero di Labriola e quello di Gramsci, ma sulla nuova prospettiva in base alla quale 'Gramsci va elaborando i suoi concetti, la prospettiva dell’età dell’imperialismo.

Affrontare quest’argomento, cioè l[...]

[...]ne di Gramsci dell’età dell’imperialismo, è evidentemente un tema assai vasto e impegnativo ed

10 qui non posso che limitarmi ad enunciarne qualche aspetto più evidente. Mi sembra che sia necessario innanzi tutto chiarire quale sia stato

11 « punto morto » cui arrivò il Labriola; e di qui partire per determinare il pensiero di Gramsci, per comprendere il suo metodo di formazione, il modo con cui egli — diciamo cosi — assimila la concezione leninista.

Il pensiero del Labriola sulletà dell’imperialismo, fino ad oggi è stato poco studiato ed è particolarmente noto attraverso l'interpretazione che ne ha dato Benedetto Croce. Quest’ultimo ha rivolto infatti un elogio di « fedeltà al marxismo » al Labriola, riferendosi agli atteggiamenti che526

Gli interventi

questi avrebbe assunto sulla questione coloniale: «Labriola — dice il Croce — guardò con simpatia all’impresa d’Africa e si manifestò favorevole a'U’impresa di Tripoli, fedele anche in ciò al marxismo che non concepisce un serio movimento proletario se non preceduto da un se[...]

[...]intuizione che si va verso un’epoca di continui, più approfonditi, « furiosi » contrasti. Tuttavia egli non va al di là di questa intuizione, né arriva a cogliere il profondo mutamento strutturale che subisce in questo periodo il capitalismo. In fondo egli ritiene che la nuova fase sia semplicemente un prolungamento, una continuazione della vecchia fase « liberale ». Né coglie nella nuova struttura del capitalismo quegli elementi che — come dice Lenin — « si stanno movendo in senso opposto ». Da qui deriva quel suo accenno alla probabile « accentuazione della concorrenza » che è formula quanto mai imprecisa od errata; mentre la formula esatta dovrebbe invece riferirsi alla fine della concorrenza e al sorgere del monopolio.

Cosi egli intuendo sollo confusamente le caratteristiche della nuova età, non può additare compiti precisi ai partiti operai. E l'enunciazione in cui attribuisce al movimento socialista una semplice funzione di « contrap528

Gli interventi

peso alla borghesia » è evidentemente una enunciazione lacunosa, tale da [...]

[...]l’idea che si debba ricercare in Gramsci, come ha detto Togliatti, il vangelo del perfetto militante marxista.

Se noi desideriamo comprendere come Gramsci abbia acquisito gli elementi fondamentali della concezione della nuova età, dobbiamo invece studiarlo nelle sue esperienze concrete e ben determinate storicamente, dobbiamo porre in rapporto queste esperienze con la loro elaborazione teorica, con l’assimilazioine dei principi essenziali del leninismo.

A me sembra che nell’epoca della prima guerra mondiale Gramsci non avesse ancora una chiara concezione ddl’età dell’imperiaM’smò, Non è solo un problema di maturità politica — egli aveva ventitré anni allo scoppio del conflitto — ma direi che vi era per chiunque la difficoltà obiettiva di constatare in Italia le caratteristiche essenziali dell’imperialismo quali furono enunciate da Lenin. L’Italia nel grande conflitto internazionale è in fondo un campo periferico in cui non è sempre facile cogliere il centro della lotta: nel nostro Paese gli obiettivi imperialistici della borghesia, come l’espansione nei Balcani, s’intrecciano e si urtano con gli obiettivi democratici dell’irredentismo.

La vera, la decisiva esperienza di Gramsci si verifica piuttosto nelrimmediato dopoguerra e si dispiega pienamente nell’opera di direzione dell’Ordine Nuovo. Quando si parla di questa esperienza in genere ci siRoberto Battaglia

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richiama soltanto ai suoi elementi interni, cioè al [...]

[...]un’altra caratteristica fondamentale deirimperialismo, al problema dell’espansione coloniale, all’esigenza assoluta che il capitalismo ha in questa fase di lottare per la spartizione dei mercati nel mondo, non è un modo soltanto teorico; ma nasce da un’esperienza diretta che è la vittoriosa lotta condotta dal proletariato contro l’impresa d’Albania. Io non so se Gramsci avesse già530

Gli interventi

letto in quell’epoca il saggio famoso di Lenin sull’imperialismo, ma certo l’impostazione che egli dà alla questione coloniale e il nesso ch’egli stabilisce tra questa questione e la rivoluzione proletaria sono tipicamente leninisti. Egli scrive : « Le popolazioni colonali diventano cosi il piedistallo di tutto l’apparecchio di sfruttamento capitalistico; esse devono dare 'tutta la loro vita per Ilo sviluppo della civiltà industriale senza ottenere alcun beneficio, ecc. », poi continua : « Le imsurrezioni che si verificano tra le popolazioni soggette al regime coloniale consentono quindi di stabilire anche, con sempre maggiore precisione, la portata storica reale di queste previsioni energetiche del proletariato internazionale che lotta per la sua emancipazione, consapevole dell’alta missione storica che gl’incombe d[...]

[...]che trasformerà radicalmente la configurazione sociale di tutto il mondo».

È evidente che già in queste fomulaziomi del ’20, Gramsci è arrivato a un punto assai avanzato nel giudizio sui rapporti tra l’età dell imperialismo e la rivoluzione proletaria.

L’ultimo suo scritto destinato alla pubblicazione, il saggio sulla" Quistione meridionale, come ha detto giustamente Togliatti, dev’essere interpretato come uno scritto in cui i principi del leninismo hanno contribuito decisamente alla rottura degli schemi salveminiani. E di questo scritto si può sottolineare ancora un altro aspetto: esso spazzava via decisamente le vecchie concezioni borghesi che ponevano la soluzione della questione meridionale nell’espansione coloniale e che avevano teorizzato sulla esistenza dun imperialismo italiano di natura affatto speciale, il cosidetto « imperialismo democratico ». (Ricordiamo a questo proposito il saggio del Michels e la violenta risposta che ebbe occasione di dargli sul Communist Lenin.) Gramsci nemmeno ricorda o pone in discussione queste t[...]

[...]critto si può sottolineare ancora un altro aspetto: esso spazzava via decisamente le vecchie concezioni borghesi che ponevano la soluzione della questione meridionale nell’espansione coloniale e che avevano teorizzato sulla esistenza dun imperialismo italiano di natura affatto speciale, il cosidetto « imperialismo democratico ». (Ricordiamo a questo proposito il saggio del Michels e la violenta risposta che ebbe occasione di dargli sul Communist Lenin.) Gramsci nemmeno ricorda o pone in discussione queste teorie, tanto esse gli sembrano ormai superate dalla storia e dalla maturità politica del proletariato. Se noi pensiamo che il saggio del Michels è anteriore di appena nove anni allo scritto di Gramsci sulla Quistione meridionale ci rendiamo conto di come la concezione dell’« imperialismo democratico » sia stata rapidamente e definitivamente liquidata dall’impetuosa ascesa del proletariato nel dopoguerra (anche se posteriormente la demagogia fascista compirà ogni sforzo per riesumarla dalle sue ceneri).

Nei Quaderni del carcere noi tro[...]

[...] stabilmente la sua egemonia.

Ricordo su questo punto una delle sue citazioni più rapide ed illuminanti, allorché egli afferma che nel periodo del dopoguerra « l’apparato egemonico si sgretola e l’esercizio deU’egemonia da parte della borghesia diviene permanentemente difficile ed aleatorio. Il fenomeno viene presentato e trattato con vari nomi ed in vari aspetti secondari e derivati ». C’è qui la traduzione in termini gramsciani del concetto leninista del capitalismo morente, traduzione che nasce daH’interno stesso deH’esperienza pratica di Gramsci. Egli ha letto infatti gli scritti leninisti suirimperialismo quando già la sua coscienza di militante della classe operala era matura e disposta ad accoglierli, ricavando poi dagli stessi scritti l’impulso per una elaborazione ulteriore, per un successivo passo in avanti compiuto a contatto della realità in continuo sviluppo. Si veda a questo proposito l’acuta e puntuale analisi ch’egli fa dello Stato fascista, ponendo attenzione innanzi tutto a quella compenetrazione fra monopolio e apparato statale cui aveva già accennato Lenin nel suo saggio suH’imperialismo. Gramsci coglie il processo in uno stadio ben più avanzato, e, ravvisan[...]

[...]oscienza di militante della classe operala era matura e disposta ad accoglierli, ricavando poi dagli stessi scritti l’impulso per una elaborazione ulteriore, per un successivo passo in avanti compiuto a contatto della realità in continuo sviluppo. Si veda a questo proposito l’acuta e puntuale analisi ch’egli fa dello Stato fascista, ponendo attenzione innanzi tutto a quella compenetrazione fra monopolio e apparato statale cui aveva già accennato Lenin nel suo saggio suH’imperialismo. Gramsci coglie il processo in uno stadio ben più avanzato, e, ravvisando nel fascismo una delle più vistose manifestazioni dell’età imperialistica, respinge decisamente le tesi del Salvemini sul fascismo quale fenomeno della piccola borghesia : « Da questo complesso di (esigenze non sempre confessate, nasce la giustificazione storica delle cosidette tendenze corporative che si manifestano prevalentemente come esaltazione dello Stato in generale, concepito come qualche cosa di assoluto, e come 'diffidenza ed avversione alle forme tradizionali del capita532

[...]

[...] nuovi sviluppi dell’età contemporanea, in cui si .afferma cosi recisamente la certezza che l'imperialismo perderà ia sua base d’appoggio nei popoli coloniali, noi possiamo constatare come questa profezia non derivi da qualche misteriosa od occulta facoltà del pensiero di Gramsci, ma dalla sua chiarezza di prospettiva generale, dalla sua piena coscienza dell’età in cui vive e delle sue leggi di sviluppo. Proprio in virtù di tale chiarezza, tanto Lenin quanto Gramsci hanno contribuito a trasformare il mondo, hanno potuto affidare ila sua sorte non a una cosidetta fatalità della storia, ma alla coscienza e alla volontà dell’uomo.



da relazione di Costantino Lazzari sotto presidenza Azimonti, Discorso Lazzari in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ono stati invece di manica larga ed è passata anche questa. (Rumori).
Ecco, come vi dicevo, che voi avete già a vostra disposizione i mezzi coi quali potere rimediare agli errori, togliere i difetti senza ricorrere a questa scissione la quale ci viene consigliata da coloro che non conoscono la nostra storia, che non hanno cognizione della vera situazione in cui ci troviamo. Da chi sono stati informati? Le informazioni che io ho dato al compagno Lenin ed al compagno Trotzki nelle riunioni di Zimmerwald e di Kienthal non portavano certamente alle conclusioni a cui essi sono venuti. (Approvazioni). Io mi ricordo che salutando i compagni di Russia, insieme ai quali facevo parte di diverse Commissioni, salutando quei compagni, perché si avvicinava il primo maggio ed era quindi necessario che io fossi in Italia, dissi al compagno Lenin: « Noi andiamo in Italia. Io ho la direzione del Partito socialista italiano. Io vi dico, compagni di Russia: Siamo nel pieno della guerra, nel pieno dei furori, degli orrori che sono scatenati nel mondo dal conflitto degli interessi degli sfruttatori del lavoro. Noi socialisti d'Italia non possiamo promettervi di fare grandi cose: vi promettiamo una cosa sola: noi non ci curveremo mai di fronte al misfatto dei nostri dominatori ». (Bravo !). Il compagno Lenin ha detto: « Questo basta per la nostra coscienza, per assicurarci della fede e della bontà del Partito socialista italiano ». Noi ci s[...]

[...]diamo in Italia. Io ho la direzione del Partito socialista italiano. Io vi dico, compagni di Russia: Siamo nel pieno della guerra, nel pieno dei furori, degli orrori che sono scatenati nel mondo dal conflitto degli interessi degli sfruttatori del lavoro. Noi socialisti d'Italia non possiamo promettervi di fare grandi cose: vi promettiamo una cosa sola: noi non ci curveremo mai di fronte al misfatto dei nostri dominatori ». (Bravo !). Il compagno Lenin ha detto: « Questo basta per la nostra coscienza, per assicurarci della fede e della bontà del Partito socialista italiano ». Noi ci siamo lasciati, poi gli avvenimenti ci hanno travolto e oggi troviamo il compagno Lenin e gli altri compagni di Russia informati imperfettamente, non vogliamo dire artificiosamente informati, sulla situazione in cui ci troviamo. Oggi essi vengono a con
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sigliarci ed a spingerci continuamente verso la scissione fra noi, che non è né utile né necessaria.
La direttiva di questa scissione quale è? L'anno scorso a Bologna noi eravamo agitati da questa visione che naturalmente si era introdotta anche nelle file del nostro Partito e che era conseguenza dello scatenarsi della violenza della guerra, della violenza armata cosí perfetta, cosí sistematica, cosí bene organizzata dal ca[...]

[...]: Sí, è giusto, è legittimo che gli uomini che sono raccolti sotto una bandiera, che hanno fatto un esame della loro situazione debbano venire alla necessità della loro revisione. I revisionisti di Germania del tempo passato erano i revisionisti del riformismo di allora e si sono poi impadroniti del potere ed il sapiente degli eruditi, il pozzo di sapienza, Kautsky, il traditore della intesa internazionale del movimento proletario, è indicato da Lenin come il piú pericoloso e nefasto degli scienziati che hanno illustrato la storia del socialismo mondiale. Kautsky è un pozzo di sapienza. Io ho avuto il piacere, la combinazione, di salutarlo e non ho esitato a dirgli: « No, la vostra dottrina è traditrice; vale piú la nostra pratica in
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Italia ». (Approvazioni). Noi non abbiamo scritto trattati, ma abbiamo fatto un'opera continua come quella del compagno Serrati che combatteva di fronte alla grande forza intellettuale anche dei nostri compagni di Russia. E una bellissima cosa. Noi italiani siamo di un'altra natura. Facciamo pochi tratta[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Caracciolo, A proposito di Gramsci, la Russia e il movimento bolscevico in Studi gramsciani

Brano: [...] una valutazione storica piú consapevole abbisogna di cautele, riflessioni, apporti critici molteplici. Non avendo dietro di noi un lavoro abbastanza completo, ci limiteremo dunque ad esporre nella presente comunicazione alcune avvertenze metodologiche o tecniche, e a suggerire una prima posizione di problemi, rimandando ad altra occasione un'analisi piú diffusa. E limiteremo il discorso strettamente agli anni della rivoluzione e della direzione leniniana in Russia.
96 1 documenti del convegno
2. La ricerca è resa difficile anzitutto da alcune circostanze che valgono per ogni studio gramsciano, ma che pensiamo doveroso segnalare nuovamente in questa sede. In primo luogo sta quella di possedere ancora una edizione assai parziale degli scritti anteriori al carcere. Gli scritti del 191718, ripubblicati su Rinascita quest'anno, lasciano ancora desiderare altri articoli dello stesso periodo che solo adesso, a dodici anni dalla Liberazione, sono in corso di ristampa. Quelli dell'Ordine Nuovo, benché raccolti in volume, contengono omissioni che[...]

[...]onaggi che conservino una specie di « paternità spirituale » su movimenti politici in atto. Esiste cioè un giudizio ufficiale che circola, che diventa senso comune, e che rischia di indurre lo studioso non pienamente smaliziato a partire, piuttosto che dai testi originali, già subito dalla « interpretazione autentica » che ne dànno i contemporanei. Nel nostro caso specifico questo senso comune fa pensare a prima vista a un Gramsci semplicemente «leninista », che riporta in termini italiani l'esperienza dei bolscevichi. Molte questioni vengono perciò ridotte a una differenza di linguaggio, quando invece significano differenze reali. Molti svolgimenti del pensiero gramsciano attraverso il tempo vengono trascurati, dandosi l'immagine di un unico personaggio che è sempre se stesso 0 almeno che, superate le giovanili incertezze, è subito padrone di un monolitico corpo di concezioni. Sono un po' questi gli errori in cui sembra essere caduta la oleografia gramsciana di questi tempi, e in cui incorre in piú punti lo stesso libro recente di Ottino,[...]

[...]rpo di concezioni. Sono un po' questi gli errori in cui sembra essere caduta la oleografia gramsciana di questi tempi, e in cui incorre in piú punti lo stesso libro recente di Ottino, per tanti versi peraltro notevole e spregiudicato. È insomma una situazione nella quale occorre molta vigilanza critica per non cadere in un appiattimento dei
Alberto Caracciolo 97
problemi, specie a proposito di questioni delicate come quella dei rapporti Gramscileninismo, Gramsciesperienza russa.
Ancora come avvertenza per la ricerca, occorre aver presente che malgrado la ferrea disciplina d'azione invocata dal Comintern, malgrado la stretta dipendenza da un'unica centrale mondiale, il movimento comunista alle sue origini si presentava ben altrimenti articolato da quello di oggi, che pur si è tentati di prendere come punto di riferimento. V.s trovavano posto gruppi, frazioni, personalità assai autonome, e si aveva di conseguenza — almeno finché visse Lenin — un dibattito di idee estremamente vario ed aperto. Anche nella sua volontaria e affermata discipl[...]

[...]vvertenza per la ricerca, occorre aver presente che malgrado la ferrea disciplina d'azione invocata dal Comintern, malgrado la stretta dipendenza da un'unica centrale mondiale, il movimento comunista alle sue origini si presentava ben altrimenti articolato da quello di oggi, che pur si è tentati di prendere come punto di riferimento. V.s trovavano posto gruppi, frazioni, personalità assai autonome, e si aveva di conseguenza — almeno finché visse Lenin — un dibattito di idee estremamente vario ed aperto. Anche nella sua volontaria e affermata disciplina, Gramsci con gli altri comunisti italiani portò cosí un contributo originale, derivato da situazioni ed esperienze diversissime da quella russa. Lo portò anzi in forme molto aperte, ciò che consente allo studioso di avere davanti agli occhi per quel periodo una documentazione abbastanza ricca sulle posizioni sostenute da singoli settori e personalità del comunismo mondiale, senza ricorrere alle complicate «letture fra le righe » che si rendono necessarie per cogliere le divergenze nei succes[...]

[...]ste e volontaristiche non marxiste. Altri potrà esaminare se non vi sia invece qui precisamente una sensibilità verso la piú genuina concezione marxiana dello Stato comunista come Stato dei produttori, come palestra di autogoverno, come luogo che rivaluta e torna a far emergere progressivamente dalla società politica la società civile. Si tratta comunque di una inclinazione inconfondibile del pensiero gramsciano, che lo distingue dal pensiero di Lenin e che a sua volta distingue il movimento dell'« Ordine Nuovo » — tutto generato dal basso, articolato, autogovernato — dal movimento dei Soviet russi tendente alla centralizzazione.
Non si può confondere il ruolo dei Soviet nella rivoluzione e dopo, col ruolo dei Consigli di fabbrica torinesi. Innanzitutto i Soviet, come organi di potere, erano diversi dai veri e propri Consigli di azienda che in Russia (seppure con compiti modesti, per la povertà dell'iniziativa proletaria in molti luoghi e anche per l'accentramento in atto, fin dalla primavera 1918, nella direzione economica dello Stato) e[...]

[...]igente, e della pericolante egemonia sui contadini, respingeva ogni possibilità di soluzione che significasse in qualche modo paternalismo o repressione in luogo di allargamento del consenso.
Non possiamo qui altro che proporre sommariamente questo argomento di grande rilievo teorico. E vero comunque che nelle speranze e nei giudizi del primo Gramsci è viva l'idea dell'egemonia come condizione per il potere. Essa è abbastanza vicina a quella di Lenin, ma non ha nulla a che fare con la prassi staliniana di una attribuzione al gruppo dirigente di partito, per un periodo di tempo indefinito, dei poteri essenziali della società e dello Stato. E sarà poi da vedere se ed in quale misura, dopo la sua andata in Russia nel 192223, Gramsci non sarà indotto a temperare il suo ragionamento, almeno per quanto riguarda l'esperienza sovietica. Un articolo del 1926, se scritto dalla sua penna, farebbe pensare ad una accettazione dell'idea di una egemonia che si compia dopo la presa del potere, dove si dice che « il gradualismo socialista diventa possibil[...]

[...]ensare ad una accettazione dell'idea di una egemonia che si compia dopo la presa del potere, dove si dice che « il gradualismo socialista diventa possibile solo quando il potere è passato nelle mani della classe operaia e quella ha creato un nuovo Stato al posto dello Stato capitalistico » 3. Comunque vari passi dei Quaderni e gli stessi sviluppi
« Note sulla rivoluzione russa », Il Grido del popolo, 29 aprile 1917, non firmato.
2 « L'opera di Lenin », Il Grido del popolo, 14 sett. 1918, non firmato.
3 « Riformismo e lotta di classe », L'Unità, 16 marzo 1926, non firmato.
8.
104 1 documenti del convegno
impressi da Gramsci alla azione del partito comunista dalla crisi Matteotti in poi fanno ritenere che il pensiero di Gramsci sulla questione del consenso rimanga sostanzialmente fermo. La stessa lettera dell'ottobre 1926 al Comitato centrale sovietico, purtroppo esclusa fino a ieri alla conoscenza dello studioso', dimostra un uso specifico e molto interessante del termine egemonia, laddove questo nella terminologia russa e internazion[...]

[...]tanzialmente fermo. La stessa lettera dell'ottobre 1926 al Comitato centrale sovietico, purtroppo esclusa fino a ieri alla conoscenza dello studioso', dimostra un uso specifico e molto interessante del termine egemonia, laddove questo nella terminologia russa e internazionale era interamente assorbito dal termine dittatura del proletariato. Dando la sensazione di una persistente originalità del pensiero gramsciano rispetto agli sviluppi che dopo Lenin i dirigenti bolscevichi diedero alla questione.
1 Pubblicata nel 1938 in Francia dalla rivista Problemi della rivoluzione italiana, ed ora, in copia fotografica, da Corrispondenza socialista, dicembre 1957.



da (Nove domande sullo stalinismo) Palmiro Togliatti in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]a tali e tante difficoltà e a tali e tanti nemici esterni ed interni, da sconfiggersi ad ogni costo, che l'unità della direzione politica e dell'azione dovette essere mantenuta e fu mantenuta con mezzi eccezionali. Guai se non si fosse fatto cosí! Il grave errore commesso da Stalin fu di avere illecitamente esteso questo sistema (peggiorandolo, anzi, perché il rispetto della legalità rivoluzionaria era sempre stato richiesto, nei primi tempi, da Lenin, anche se allora i limiti di questa legalità erano forzatamente assai ristretti), alle situazioni successive, quando non era più necessario e diventava quindi soltanto la base di un potere personale. E l'errore dei suoi collaboratori fu di non essersene accorti a tempo, di averlo lasciato fare sino al punto in cui la correzione non era più possibile senza danno per tutti.
5. 6. — A queste due domande risponderò assieme perché, a parte la loro formulazione concreta, che limiterebbe la ricerca a temi di ordine particolare, esse consentono, se si supera questa limitazione, di affrontare la ques[...]

[...] società sovietica poté giungere
a certe forme di allontanamento dalla via democratica e dalla
legalità che si era tracciata, e persino di degenerazione. Lo studio dovrà essere fatto seguendo le diverse tappe di sviluppo di que
sta società, e sono prima di tutti i compagni sovietici che debbono farlo, perché conoscono le cose meglio di noi, che possiamo sbagliare per parziale o errata conoscenza dei fatti.
A noi torna a mente, anzitutto, che Lenin, negli ultimi suoi discorsi e scritti, aveva posto l'accento sul pericolo di burocratizzazione che minacciava la nuova società. Ci sembra fuori dtibbio che gli errori di Stalin furono legati a un eccessivo aumento del peso degli apparati burocratici nella vita economica e politica sovietica, e forse prima di tutto nella vita del partito. E qui è assai difficile dire quale fosse la causa, quale la conseguenza. L'una cosa venne ad essere, a poco a poco, la espressione dell'altra. Questo peso eccessivo della burocrazia è anche da riferirsi a una tradizione, proveniente dalle forme di organizzazi[...]

[...]ita economica e politica sovietica, e forse prima di tutto nella vita del partito. E qui è assai difficile dire quale fosse la causa, quale la conseguenza. L'una cosa venne ad essere, a poco a poco, la espressione dell'altra. Questo peso eccessivo della burocrazia è anche da riferirsi a una tradizione, proveniente dalle forme di organizzaziòne politica e dal costume della vecchia Russia ? Forse non lo si può escludere e credo vi siano accenni di Lenin in questo senso; si tenga però presente che dopo la rivoluzione il personale dirigente cambiò totalmente o quasi, e a noi, poi, non interessa tanto valutare il residuo del vecchio, quanto il fatto che un nuovo tipo di direzione burocratica sia venuto sorgendo dal seno della nuova classe dirigente, nel momento in cui essa assolveva compiti del tutto nuovi.
I primi anni dopo la rivoluzione, poi, furono anni aspri, ter. ribili, di sovrumane difficoltà oggettive, di intervento straniero, di guerra e di guerra civile. Furono allora assolutamente necessari, tanto un massimo di centralizzazione del[...]

[...]aspri, ter. ribili, di sovrumane difficoltà oggettive, di intervento straniero, di guerra e di guerra civile. Furono allora assolutamente necessari, tanto un massimo di centralizzazione del potere, quanto l'adozione di misure repressive radicali per schiacciare la controrivoluzione. Era inevitabile, in questo periodo, che avvenisse come in guerra: se un compito non viene eseguito, il responsabile é sottoposto a uno sbrigativo giudizio! Lo stesso Lenin, come risulta da una lettera da lui indirizata a Dzerginski e ora resa pubblica, prevedeva si dovesse fare una svolta quando la controrivoluzione e l'intervento straniero fossero stati del tutto sconfitti, il
PALMIRO TOGLIATTI 127
che avvenne qualche anno prima della sua morte. Si dovrà vedere se questa svolta venne compiuta o se, quasi per forza di inerzia, non si consolidò una parte di ciò che avrebbe dovuto venire modificato o abbandonato. In questo momento, poi, si scatenò la lotta dei gruppi che contestavano la possibilità di una edificazione economica socialista e questo non poté non [...]

[...]do confuso, non privo di rotture pericolose. La cosa può apparire spiacevole, ma deriva da tutto ciò che era avvenuto prima. Era compito del gruppo dirigente, convinto che si dovesse liquidare il cattivo e cambiare corso, aprire la strada al nuovo corso con una energica critica dall'alto, oltre che con una prima correzione, di fatto, delle storture più gravi. Rieducare a una normale vita democratica, secondo il modello che era stato stabilito da Lenin nei primi anni della rivoluzione, rieducare, cioè, alla iniziativa nel campo delle idee e nella pratica, alla ricerca, al dibattito vivace, a quel grado di tolleranza degli errori che è indispensabile per scoprire la verità, alla piena indipendenza del giudizio e del carattere ecc. ecc. un quadro di partito di alcune centinaia di migliaia di donne e di uomini, attraverso di essi tutto il partito e attraverso il partito tutto uno sterminato paese, dove le condizioni della vita civile sono ancora molto diverse da regione a regione, è compito di enorme peso, che non si assolve né con tre anni di[...]



da Franco Fortini, Che cosa è stato il Politecnico in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]diera di anarchici, del settimanale; però i tagli operati allora nel testo del romanzo, se non valsero a scagionare Vittorini di fronte ai suoi dirigenti di partito dall'accusa di eccessiva amore per quel « decadente » scrittore americano, stanno a dimostrare come non si volesse guardar troppo da vicino a quella guerra di Spagna, che, pur era stata la drammatica prova dell'Intelligenza di sinistra.
Ma subito, al secondo numero, una citazione di Lenin sconsigliava i politici dal distrarre uno specialista culturale con immediati compiti politici; come se il giornale avvertisse subito il pericolo di essere impiegato come bruto strumento di propaganda. La si vide, in redazione, alle proteste violente suscitate da una assai infelice interpretazione classista dell'opera del Manzoni, pubblicata anonima, (e dovuta, si disse, a E. Sereni). Si discuteva molto, in redazione; Vittorini, poco amante delle dispute e temperamento insofferente di critiche, ne evitava le sedute. Si dovette ottenere che le discussioni fossero stenografate per costringerlo [...]

[...] tra le masse lavoratrici e i lavoratori stessi della cultura ». E, nel n. 5: «Il POLITECNICO... non presume affatto rinnovare la cultura italiana, ma vuole soltanto mostrare che sarebbe una buona cosa rinnovarla ». « Ogni rivoluzione è stata un tentativo più a meno riuscito della cultura viva di strappare il potere a Cesare e alla cultura morta che sempre è serva di Cesare e di instaurar, il «regno dei cieli», cioè il suo regno, sulla terra... Lenin era tipicamente uomo di cultura...» (n. 6). Sono appena passati due mesi dall'uscita del settimanale, e Vittorini, rispondendo a Bo, e ad altri critici del suo primo editoriale, accetta la traduzione del conflitto nella semplicistica contrapposizione di «via di fuori» e «via di dentro », di salvezza di tutti e di salvezza individuale, di storia e antistoria; un conflitto che ai giorni nostri continua ad essere volgarizzato a favore di scelte sentimentali e, in verità, ipocritamente interessate 1:
Tu parli di due vie, Carlo Bo, una che è dentro a noi e una che è fuori di noi. Io non voglio ne[...]

[...]mericana. S'era fatto un gran discorrere di «partito nuovo », in quel tempo. Il V Congresso del P. C. affermava, nel nuovo statuto, la possibilità di appartenere al partito indipendentemente dalle proprie convinzioni filosofiche e religiose. Vedremo come il Politecnico, per bocca di Vittorini, interpreterà questa affermazione come la possibilità
CHE COSA É STATO (( IL POLITECNICO» 191
di rimettere in discussione gli stessi principi del marxismoleninismo; quando (e bastava aver letto, a questo proposito, gli scritti di Lenin sulla religione) l'unità nei fini politici più immediati era considerata solo propedeutica a quella ideologica. Tuttavia, quella « apertura » del Partito Comunista pareva fin da allora contraddetta dalla progressiva « chiusura » della situazione politica. Si doveva provvedere ad organizzare la difesa. Ecco perché l'affermazione contenuta nell'ultimo numero del settimanale, di voler «approfondire la ricerca » voleva anche dire che era divenuto impossibile, ormai, intrattenere un dialogo immediato con un pubblico di lettori appartenente a cate gorie che l'attività del Partito prevedeva oggetto [...]

[...]nni di cui stiamo facendo discorso, scomparivano dalla vita politica e si ritiravano negli studi privati, con resultad forse ricchi di futuro ma, al presente, ben gravi. E poi uno degli aspetti più singolari di tutta la polemica è che vi si discutono i rapporti fra gli intellettuali e il Partito Comunista fing ndo di dimenticare che quel problema aveva dei precedenti storici e che quei precedenti si chiamavano non solo teoria del partito secondo Lenin ma storia del pensiero rivoluzionario marxista e non marxista fino a Lenin, e non leninista fino al 1924, e non stalinista dopo il 1924, storia insomma dei rapporti fra gli intellettuali e i partiti operai, in tutto il mondo, nell'ultimo mezzo secolo; che la guerra di Spagna aveva pur avuto, in questo senso, una sua storia; che la storia degli intellettuali comunisti e non comunisti in Unione sovietica, in Germania, in Cina, aveva pur qualcosa da insegnare. Gli uni e gli altri paiono invece preoccupatissimi di non estendere la discussione là dove solo avrebbe un senso, cioè sul terreno storicopolitico. E poi sembra impossibile che Vittorini, nelle righe più appassionate della su[...]



da Eugenio Garin, Gramsci nella cultura italiana in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]à, lo strumento di lavoro e la volontà non sono dissaldati, ma si identificano nell'atto storico. Credono pertanto che i canoni del materialismo storico valgano solo post factum, per studiare e compren' dere gli avvenimenti del passato, e non debbano diventare ipoteca sul presente e sul futuro... »; o Il nostro Marx (4 maggio 1918: a non è un mistico né un metafisico positivista; è uno storico... »). Poi vennero altre letture di Marx, letture di Lenin, e, soprattutto, esperienze decisive.
GRAMS CI NELLA CULTURA ITALIANA 163
bile giungere circa il linguaggio gramsciano: e respinta la tesi degli ' inconditi abbozzi', degli articoli di giornale occasionali, e delle lettere edificanti, sarà da considerarsi con cautela anche il concetto di una frammentarietà dovuta a una situazione anormale di lavoro — concetto in cui rischia di insinuarsi l'idea di una non organicità, e quindi di una non consapevolezza fondamentale. E neppure, per le ragioni indicate, sarà da accettare un netto distacco fra l'elaborazione del periodo dal '27 in poi e l'attiv[...]

[...]storica, anzi con una revisione della storia di quel popolo a cui apparteneva e tra cui operava. « Scoprire e inventare modi di vita originali » — com'egli dice — non si può se non rispondendo concretamente e positivamente a
(22) M.S. 312.
(23) Seguita: e in questo senso si può interpretare la tesi del proletariato tedesco erede della filosofia classica tedesca — e si può affermare che la teorizzazione e la realizzazione dell'egemonia fatta da Lenin è stata anche un grande avvenimento ' metafisico ' D. E ancora (M.S. 32): a nella storia l'uguaglianza ' reale, cioè il grado di spiritualità' raggiunto dal processo storico della ' natura umana ', sì identifica nel sistema di associazioni ' private e pubbliche ', ' esplicite ed implicite ' che si annodano nello ' Stato' e nel sistema mondiale politico: si tratta di ' uguaglianze' sentite come tali fra i membri di un'associazione e di ' diseguaglianze ' sentite tra le diverse associazioni; uguaglianze e diseguaglianze che valgono in quanto se ne abbia coscienza individualmente e come gruppo a[...]

[...]storico della ' natura umana ', sì identifica nel sistema di associazioni ' private e pubbliche ', ' esplicite ed implicite ' che si annodano nello ' Stato' e nel sistema mondiale politico: si tratta di ' uguaglianze' sentite come tali fra i membri di un'associazione e di ' diseguaglianze ' sentite tra le diverse associazioni; uguaglianze e diseguaglianze che valgono in quanto se ne abbia coscienza individualmente e come gruppo a. A proposito di Lenin, è interessante il testo di Croce, Pagine sparse, II, p. 177.
(24) L. 255.
GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA 169
domande reali, essenziali, maturate nella storia d'Italia, individuandole in una comprensione dei rapporti fra le sue molteplici componenti, e non isolandone alcune, a mutilandole per difendere interessi di parte ». E basterà rileggere gli articoli pubblicati sull'Avanti! nel novembre del '19, e riflettere sul sì detto a Cavour, e sul no detto a Giolitti, per comprendere, non solo la maturità della visione gramsciana della storia d'Italia, ma anche la sua vibrante condanna dell'esp[...]

[...]nella storia si consuma, tutta umana, di uomini e per uomini, quella che Gramsci cerca e per cui lotta: per questo, oltre le parti, egli è di quanti in Italia intendono lavorare insieme intorno a problemi precisi (alle « piccole cose »), con semplicità, con quanti più uomini é possibile. Sarà indulgenza alla retorica, ma come non concludere con la conclusione di quel
(40) P. GosETTI, La rivoluzione liberale, Torino, 1950, p. 117: « La figura di Lenin gli appariva come una volontà eroica di liberazione: i motivi ideali che costituivano il mito bolscevico... dovevano agire... come l'incitamento a una libera iniziativa operante dal basso ».
180
EUGENIO GARIN
l'ultima lettera al figlio? « io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi, e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società, e lavorano e lottano e migliorano se stessi, non può non piacere più di ogni altra cosa ».
EUGENIO MARIN[...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...]u costantemente partecipe al dibattito culturale anche nel momento della sua segregazione e lo segui fin negli aspetti marginali, in un dialogo serrato con l'altra posizione

per studiare e comprendere gli avvenimenti del passato, e non debbano diventare ipoteca sul presente e sul futuro...»; o « Il nostro Marx» (4 maggio 1918): « non è un mistico né un metafìsico positivista; è uno storico... » ). Poi vennero altre letture di Marx, letture di Lenin, e, soprattutto, esperienze decisive.

1 L., p. 58.404

Le relazioni

allora effettivamente significativa da noi: con l’interpretazione della storia d’Italia elaborata sotto la spinta dello storicismo crociano. Ai qual proposito, forse, non giova molto chiedersi se per avventura altre voci, soffocate dalla cosiddetta rinascita idealistica, fossero più importanti, e meritassero maggiore attenzione e più equo giudizio. Gramsci non intendeva fare opera di ricercatore erudito: la sua concezione del pensatore e dello storico lo impegnava in una situazione concreta, a scelte reali. E se, ogg[...]

[...]rico della “ natura umana ”, si identifica nel sistema di associazioni “ private e pubbliche ”, u esplicite ed implicite ” che si annodano nello “ Stato ” e nel sistema mondiale politico : si tratta di “ uguaglianze ” sentite come tali fra i membri di un’associazione e di “ diseguaglianze ” sentite tra le diverse associazioni; uguaglianze e diseguaglianze che valgono in quanto se ne abbia coscienza individualmente e come gruppo ». A proposito di Lenin, è interessante il testo di Croce, Vaginesparse, cit., II, p. 177.

2 L., 255.

3 O. N., pp. 299301; M. S., pp. 6162.Eugenio Garin

409

rivoluzione che muta la società: vuol richiamare al problema della traduzione varia in linguaggi nazionali di posizioni dottrinali « equivalenti ». La gramsciana filosofìa della prassi, se respinge ogni mistificazione speculativa, rifiuta ogni esperantismo; traduce il marxismo in italiano, ossia intende rispondere alle richieste maturate lungo la storia italiana in modo ad esse appropriato1. Non è, insomma, un formulario di risposte prefabbricate, m[...]

[...]lTultima lettera al figlio? « io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi, e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società, e lavorano e lottano e migliorano se stessi, non può non piacerti più di ogni altra cosa ».

1 P. Gobetti, La rivoluzione liberale, Torino, 1950, p. 117: «La figura di Lenin gli appariva come una volontà eroica di liberazione: i motivi ideali che costituivano il mito bolscevico... dovevano agire... come l’incitamento a una libera iniziativa operante dal basso ».



da Benno Sarel, Intellettuali e classe operaia nella Germania orientale durante la crisi del '56 in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]a rivista a Die Arbeit » (dicembre 1956) rileva
che gli effettivi sindacali sono raramente degli operai qualificati e che tuttavia si comportano in modo arrogante con gli operai semplici:
(6) « Neue Deutschland s, art. del 2 agosto 56.
INTELLETTUALI E CLASSE OPERAIA NELLA GERMANIA ORIENTALE 145
essi credono che « per risolvere i problemi sindacali delle imprese sia sufficiente di aver studiato, alla scuola dei quadri, i principt del marxismo leninismo » (7).
Nei confronti degli operai il regime si sforza di tornare alla politica di appello alla cooperazione, che aveva seguita nel 1954. A par tire dalla primavera del 1956 i consigli di produzione vengono convocati con maggior frequenza, tornano ad essere oggetto della attività sindacale e tendono a sostituire le conferenze economiche che erano state istituite nel 1955 con lo scopo di aumentare l'autorità dei quadri tecnici nell'impresa. Contemporaneamente viene fatto appello agli operai con accenti appassionati. « Si pub migliorare la tecnica, dichiara uno dei dirigenti sindacalisti, m[...]

[...]. Ma il regime — per l'occasione Naumann, membro del comitato centrale — interpreta il suo silenzio in questo modo: se egli contrappone l'iniziativa operaia a ciò che chiama pianificazione burocratica significa anche che contrappone classe operaia a Partito, poiché pianificazione e Partito non sono che una sola cosa (18).
Un assistente del prof. Behrens, Arne Benary, membro dell'Istituto delle Scienze Economiche, mette in discussione le tesi di Lenin sul Partito. Lenin, fa presente Benary, affermava the la spontaneità operaia, abbandonata a se stessa, porta a un predominio dell'ideologia borghese fra gli operai. Senza mettere in dubbio le tesi di Lenin, Benary afferma che non possono però applicarsi alla situazione della Repubblica Democratica Tedesca, dove l'ideologia borghese non é ormai più predominante. La conclusione che ne trae Benary è che un partito fortemente centralizzato non é più necessario (19).
Nelle principali biblioteche pubbliche la lista dei libri messi all'indice é ancora rispettata. Ma nelle biblioteche degli istituti univer sitari rifanno la loro comparsa Trotzki, Zinoviev, « Dieci giorni che sconvolsero il mondo », ecc. La leggenda della infallibilità di Stalin, col suo crollo, trascina seco quelle di Pieck, Ulbricht,[...]



da [Gli interventi] Livio Maitan in Studi gramsciani

Brano: [...]crisi rivoluzionaria e dalla necessità di un parziale ripiegamento dati gli sviluppi della situazione e non riguardava affatto una presunta differenziazione nei metodi di lotta per la conquista del potere in Occidente rispetto all’Oriiente.

Quanto a Trotzki poi, l’equivoco di Gramsci viene accentuato. Infatti, come è facile constatare, nella battaglia per il « fronte unico » contro gli ultrasinistri, Trotzki si è trovato sulla stessa linea di Lenin, assumendo persino in un’occasione ili ruolo di relatore a nome della Direzione delrinternazionale.580

Gli interventi

Altro esempio della scarsa pertinenza delie critiche di Gramsci a Trotzki: la teoria della rivoluzione permanente, sulla quale Togliatti ha riferito un accenno di Gramsci che può essere fatto solo partendo da una caricatura volgare e non da una. conoscenza diretta della teoria stessa.

Anche qui basterebbe un confronto tra quello che Gramsci dice e le reali formulazioni di Trotzki a dimostrare l’insussistenza della ripetuta critica gramsciana. Un elemento solo dovrebb[...]

[...], sul terreno più propriamente storicoculturale che non sul terreno più specificatamente politico. Se volessimo includere Gramsci nella schiera eletta dei grandi marxisti di tutti i paesi e di tutti i tempi, lo dovremmo includere di più per il suo contributo sul terreno storicoculturale ohe non per il contributo politico specifico.

Manacorda ha sottolineato alcune delle radici italiane del pensiero di Gramsci, Togliatti l’apporto decisivo del leninismo alla sua formazione. Su questo punto concordo. Il pensiero gramsciano si è formato sotto l'influenza diretta delle tesi di Lenin e della III Internazionale e senza questa influenza Gramsci non sarebbe probabilmente giunto a tutte le conclusioni cui è giunto. Schematizzando un po’, si può concludere che, su questo terreno, non esiste una vera e propria originalità di Gramsci.

Qual è il suo merito? Quello di aver compreso a fondo il pensiero leninista — e molto pochi lo comprendevano allora, anche tra coloro che a Lenin e alla III Internazionale si richiamavano, in Italia e in tutto il movimento operaio internazionale —, di arver compreso la portata universale di questo pensiero, di aver respinto le volgari interpretazioni socialdemocratiche e centriste.

Aggiungerei che si può parlare di originalità per quanto riguarda la questione dei Consigli, nonostante la stretta parentela con il leninismo anche su questo piano : questo, perché Gramsci è giunto alle sue formulazioni non sodo e non tanto per aver sentito quello che avveniva in Russia, quanto sulla base della propria diretta esperienza, dell esperienza della dasse operaia torinese alle cui lotte prendeva parte. Potrei dire — quasi paradossalmente — che le stesse manchevolezze nella concezione gramsciana dei Consigli costituiscono una riprova di originalità, perché è molto più facile prendere una tesi leninista belle pronta e riportarla meccanicamente, che non « ricrearla » sulla base di una esperienza propria.

A proposito [...]

[...]ano : questo, perché Gramsci è giunto alle sue formulazioni non sodo e non tanto per aver sentito quello che avveniva in Russia, quanto sulla base della propria diretta esperienza, dell esperienza della dasse operaia torinese alle cui lotte prendeva parte. Potrei dire — quasi paradossalmente — che le stesse manchevolezze nella concezione gramsciana dei Consigli costituiscono una riprova di originalità, perché è molto più facile prendere una tesi leninista belle pronta e riportarla meccanicamente, che non « ricrearla » sulla base di una esperienza propria.

A proposito dell’attualità politica del pensiero di Gramsci, vorrei riferirmi ad un’affermazione di Togliatti che esigerebbe un chiarimento.

38.584

Gli interventi

Togliatti dice che il pensiero politico di Gramsci « non è legato a una piattaforma politica determinata, quale poteva essere quella su cui venne fondato, nel 1921, il partito comunista».

Che il programma del ’21 non esaurisca il pensiero di Gramsci è fuori dubbio, ma non si può d’altro canto farne astrazione, in[...]

[...]poteva essere quella su cui venne fondato, nel 1921, il partito comunista».

Che il programma del ’21 non esaurisca il pensiero di Gramsci è fuori dubbio, ma non si può d’altro canto farne astrazione, insistendo soprattutto sul valore del metodo. Il metodo non è una cosa astratta, ma una cosa concreta ed è fecondo in quanto porta a determinati risultati e cioè a determinate tesi, a determinate teorie. E le tesi, le teorie per i marxisti, per i leninisti non sono che la cristallizzazione dell'esperienza del movimento precedente e la comprensione delle tendenze di sviluppo.

Le posizioni di Gramsci nel ’21 costituiscono il punto d’arrivo del suo pensiero in virtù dell utilizzazione di un determinato metodo. Il problema che si pone ora è di vedere se queste esperienze cristallizzate, queste generalizzazioni conservino valore di attualità. Per stabilirlo non basta ovviamente uno stucchevole 'richiamo meccanico alle posizioni di Gramsci in quanto tali, ma è necessaria un’analisi concreta.

Non posso entrare su di un terreno che non è quel[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Lenin, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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