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Il segmento testuale Lenin è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 720Analitici , di cui in selezione 42 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] U. Cerroni, Gramsci e il superamento della separazione tra società e Stato in Studi gramsciani

Brano: [...]reta ricostruzione della società, imposta come si è detto da una puntuale esigenza scienti
fica (oltre che storica di classe).
Scrive Gramsci ripetutamente che fine ultimo della rivoluzione comunista è la creazione di una « società regolata » ovvero il « riassorbimento della società politica nella società civile » 2. Tralasciando i problemi attinenti alle forme e ai ritmi del processo che a ciò conduce (su cui è ancora illuminante l'analisi di Lenin) preme piuttosto verificare sul piano teorico l'essenzialità di quel « riassorbimento » ai fini già accennati di una ricostruzione unitaria della società umana e della coscienza sociale.
A tal fine appare utile ricordare una acuta polemica di Lenin con Struve circa la natura dello Stato 3. Affermava Struve che la critica marxista dello Stato sarebbe stata «unilaterale » giacché, trascurando il fatto che « lo Stato è prima di tutto organizzazione dell'ordine » , avrebbe pro
dotto all'estremo la critica dello Stato postulandone la fine — e dimen
ticato cosí che la sua criticabilità è esclusivamente condizionata dalla struttura economica della società. Sicché — concludeva Struve — essendo tratto caratteristico dello Stato soltanto il potere coercitivo, una volta mutata (rivoluzionata) la struttura economica della società, nulla si oppone[...]

[...]itica dello Stato postulandone la fine — e dimen
ticato cosí che la sua criticabilità è esclusivamente condizionata dalla struttura economica della società. Sicché — concludeva Struve — essendo tratto caratteristico dello Stato soltanto il potere coercitivo, una volta mutata (rivoluzionata) la struttura economica della società, nulla si oppone.
M. S., pp. 133, 159.
2 Mach., p. 94. Nello stesso vol. vedi anche pp. 128, 130 e 132.
3 Vedi V. I. LENIN, Il contenuto economico del populismo in Opere, Roma, 1954, vol. I, pp. 431432.
108 I documenti del convegno
alla persistenza di tale potere, cioè dello Stato. A Struve, Lenin obiettava che il potere coercitivo non può essere assunto come tratto caratteristico essenziale dello Stato; « il potere coercitivo esiste in qualsiasi convivenza umana, nel sistema gentilizio come nella famiglia, ma là lo Stato non c'era » 1. In che cosa dunque consiste il « tratto caratteristico dello Stato » ? Citando Engels, Lenin ricordava a Struve che « uno dei caratteri distintivi essenziali dello Stato... consiste in un potere pubblico distinto dalla massa del popolo » . E, dopo aver esemplificato con Engels a proposito della nascita di un « potere pubblico » in seno alla società gentilizia (nascita che appunto intaccò sostanzialmente la specificità di tale società), concludeva affermando che « la caratteristica dello Stato è l'esistenza di una particolare classe di persone nelle cui mani si concentra il potere ». E specificava ulteriormente: « Nessuno, naturalmente, potrebbe chiamare Stato una comunità in cui " l'[...]

[...]alla società gentilizia (nascita che appunto intaccò sostanzialmente la specificità di tale società), concludeva affermando che « la caratteristica dello Stato è l'esistenza di una particolare classe di persone nelle cui mani si concentra il potere ». E specificava ulteriormente: « Nessuno, naturalmente, potrebbe chiamare Stato una comunità in cui " l'organizzazione dell'ordine " sia diretta a turno da tutti i suoi membri ».
Questa citazione di Lenin serve a precisare come e perché nel pensiero marxista la critica dello Stato (inteso non come potere coercitivo, ma come separazione della « organizzazione dell'ordine » dalla totalità del popolo, dalla società) assuma posto essenziale. E serve altresí a documentare come Gramsci, anche a questo proposito, sia strettamente coerente alla impostazione di Marx e Lenin. Come Marx e Lenin, infatti, Gramsci avverte che « solo il gruppo sociale che pone la fine dello Stato e di se stesso come fine da raggiungere, può creare uno Stato etico, tendente a porre fine alle divisioni interne di dominanti e dominati ecc., e a creare un organismo sociale unitario tecnicomorale » 2. Di piú: soltanto partendo dalla precisazione di Lenin circa la natura dello Stato se ne può intendere il condizionamento economico di classe che non discende già (soltanto) dalla deliberata volontà del gruppo dominante di opprimere, ma proprio dalla sostanziale e strutturale caratteristica dello Stato come risultanza necessaria della divisione della società in classi. Soltanto cosí, cioè, si può evitare l'errore soggettivistico — che non fu evitato, per esempio, dal Vyscinski — di concepire il condizionamento di classe
1 Struve, a sostegno della sua tesi, aveva affermato appunto che anche il sistema gentilizio conosceva lo Stato, che lo Stato, [...]

[...]lo la superstizione politica immagina ancora oggi che la vita civile debba essere tenuta insieme dallo Stato, mentre, al contrario, è lo Stato, in realtà, che è tenuto insieme dalla vita civile » (K. MARX, La Sacra famiglia, Roma, Ed. Rinascita, 1954, p. 131). Di piú, riducendo alla volontà oppressiva della classe dominante la natura oppressiva dello Stato si scivola necessariamente nella vecchia teoria della violenza criticata da Marx, Engels e Lenin anche in sede politica. Naturalmente quella volontà esiste, solo che essa si trova a poter operare come oppressiva in forza di un processo storicosociale che genera lo Stato come « comunità illusoria », cioè come parte (classe) che opera illusoriamente per tutta la società. Su un altro piano, in relazione cioè al diritto, viene ancora piú nettamente rilevata la necessità di evitare questa soluzione volontaristica. Vyscinski, che pure aveva affermato « non l'arbitrio, ma lo stato delle forze produttive genera il diritto e la legge» (dr. Voprosy teorii gosudarstva % prava, Moskva, Gosinrizdat, [...]

[...]. È una satrapia, non è una funzione » 1. E si tratta invece proprio di ridurre il mezzo ad attività, la carica a funzione. E ancora: « A differenza dello Stato borghese che è tanto piú forte all'interno e all'esterno quanto meno i cittadini controllano e seguono l'attività dei poteri, lo Stato socialista domanda la partecipazione attiva e permanente dei compagni alla vita delle sue istituzioni ». Concetto, questo, che si trova quasi identico in Lenin: « L'ulteriore sviluppo dell'organizzazione sovietica dello Stato deve consistere in ciò che ogni membro del Soviet debba partecipare permanentemente all'amministrazione dello Stato oltre che alle assemblee dei Soviet; e inoltre deve consistere in ciò che la popolazione venga spinta in massa e gradualmente sia a partecipare alla organizzazione sovietica, sia ad assumersi la responsabilità dell'amministrazione statale » ~.
È infine utile segnalare due conseguenze che ci sembrano discendere da quanto è stato esposto. Oltre, infatti, a permettere una connessione organica tra rapporti di produzi[...]

[...]è stato esposto. Oltre, infatti, a permettere una connessione organica tra rapporti di produzione e istituzioni politicogiuridiche e a porre in luce la realizzazione pratica della critica teorica alla società divisa in classi, la prospettiva che abbiamo cercato di inquadrare consente di riproporre la distinzione tra la teoria marxista dello Stato e due concezioni che rischiano di riemergere al di sotto di essa. Alludiamo
O. N., p. 441.
2 V. I. LENIN, Opere, ed. russa, vol. XXVII, pp. 129130.
Umberto Cerroni 113
alla « teoria della violenza » (nelle varianti blanquista e soreliana) e all'anarchismo, contro cui i teorici del marxismo si sono nettamente pronunciati.
Circa la « teoria della violenza » occorre dire che, pur profondamente estranea al marxismo, essa rischia di riaffiorare ove venga perduto di vista il collegamento genetico tra le forme storiche dei rapporti di produzione e le istituzioni politicogiuridiche, le quali vengono ad essere unilateralmente considerate come elementi « sovrastrutturali », ideologici e quindi esclusiv[...]

[...]lmente considerate come elementi « sovrastrutturali », ideologici e quindi esclusivamente connessi con la « volontà di classe ». I pericoli sono particolarmente evidenti sul piano della teoria del diritto. Qui infatti si apre la possibilità di considerare il diritto soltanto come « volontà della classe dominante trasposta in legge », formula che fu bens' usata da Marx ma con allusione alla sola norma. Ché infatti è sempre presente 'in Marx (e in Lenin) il concetto della duplice composizione del diritto (come rapporto e poi come norma) 1. Ne consegue, inoltre, fatalmente un appiattimento del diritto nella politica, una esclusiva considerazione del momento coercitivo del diritto (come Gramsci acutamente vide) e non anche la sua adeguatezza ai rapporti di produzione. Cosí, ad esempio, può accadere che la critica del diritto borghese contemporaneo venga prevalentemente limitata alla « violazione della legalità borghese » e non estesa invece alla sua stessa natura di « norma eguale per condizioni diseguali » (Marx).
Per quanto riguarda l'anarc[...]

[...]la « fase della lotta di classe, fase suprema, in cui il proletariato ha il sopravvento come forza politica organizzata » , lo Stato « che viene usato dalla classe operaia e dai contadini per garantire la propria libertà di sviluppo, per eliminare completamente la borghesia dalia storia, per consolidare le condizioni materiali in cui nessuna oppressione di classi può ancora determinarsi » j. Sarà, insomma, lo Stato di transizione, di cui parlava Lenin, verso il comunismo ove « ogni problema e bisogno è pubblico, deve essere risolto socialmente dal piú limitato al piú universale, gradualmente », ove cessa, cioè, per storico esaurimento dei suoi presupposti materiali, la scissione tra individuo e società, tra Stato e società: « La differenza essenziale tra il regime capitalista e il comunismo consiste appunto in ciò: nell'essere il regime capitalista fondato sull'individuocittadino in latta con lo Stato e quindi con la società, mentre i1 comunismo avrà per base cellule già organiche di compagni solidali, i quali risolvono i loro problemi e s[...]



da Giancarlo Bergami, Partito e prospettiva della rivoluzione comunista in Bordiga in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]ionali. Essi non pongono infatti la funzione e la natura del partito in termini tatticostrategici adeguati alla maturità raggiunta dalla maggioranza del proletariato, o alla crisi storica delle forze capitalistiche nazionali e mondiali.
La stessa opposizione bordighiana alla guerra si intona, nella forma di un deciso antimilitarismo di classe, all'agitazione antibellicistica del massimalismo di sinistra, piuttosto che identificarsi con la linea leniniana, emersa negli incontri di Zimmerwald e di Kienthal, mirante a trasformare la guerra imperialistica in guerra civile, cioè nella lotta di classe generalizzata: la sola guerra della classe operaia. Si deve convenire che l'elaborazione di Bordiga, anche quando il dirigente socialista napoletano accentua la propria fedeltà all'internazionalismo proletario e prende le distanze dall'inconcludenza di certo massimalismo rumoroso, resta nel complesso « troppo inarticolata per poter essere collocata sullo stesso piano di quella di Lenin »
All'esperienza bolscevica non è invero assimilabile la visi[...]

[...]guerra imperialistica in guerra civile, cioè nella lotta di classe generalizzata: la sola guerra della classe operaia. Si deve convenire che l'elaborazione di Bordiga, anche quando il dirigente socialista napoletano accentua la propria fedeltà all'internazionalismo proletario e prende le distanze dall'inconcludenza di certo massimalismo rumoroso, resta nel complesso « troppo inarticolata per poter essere collocata sullo stesso piano di quella di Lenin »
All'esperienza bolscevica non è invero assimilabile la visione del partito quale interprete dogmatico delle leggi di sviluppo della società capitalistica.
1 A. DE CLEMENTI, Amadeo Bordiga, Torino, Einaudi, 1971, p. 32.
264 GIANCARLO BERGAMI
Analoga astrattezza era tipica del soviet bordighiano, sovrapposto alle masse attraverso i meccanismi di rappresentanza borghese, con i suoi seggi elettorali suddivisi per territorio (circoscrizioni cittadine e provinciali) e non per unità di lavoro. Non a caso lo scontro tra il PCD'I e l'Esecutivo del Komintern cresce di intensità nel 19211923 avend[...]

[...]e nel 19211922 le motivazioni dei dissensi sul fronte unico politico esplicitati nel « Soviet » del 4 luglio 1919, ancorché, nella preoccupazione di difendere il nuovo partito dai germi dissolvitori dell'opportunismo e del revisionismo, egli non valuti con esattezza la natura della reazione fascista e il possibile sbocco autoritario o militare di destra della crisi del dopoguerra.
Bordiga riecheggia in modo parziale e restrittivo l'insegnamento leniniano secondo cui soltanto il partito della classe operaia è in grado di raggruppare, educare, mobilitare l'avanguardia del : proletariato e di tutte le masse lavoratrici, consentendo di resistere alle oscillazioni piccoloborghesi
e alle tentazioni del corporativismo e dei pregiudizi professionali alle quali singole categorie di lavoratori e operai sono soggette nel regime del lavoro salariato. La rigidità della posizione bordighiana si rivela quando teorizza l'inferiorità delle organizzazioni spontanee, immediate, rispetto al partito politico, che le inquadra e disciplina allo scopo di realiz[...]

[...]della lotta, Bordiga dal canto suo esalta, e per molti versi esaspera, « l'indipendenza del partito da tale movimento generale, di cui il partito stesso era organo e sintesi, poiché la classe operaia era da intendere già tutta espressa dalla teoria immutabile del marxismo rivoluzionario su cui esso si basava »4.
Nel momento in cui Bordiga fa dell'isolamento del PCD'I un valore da perseguire a ogni costo, riemerge l'incompatibilità con l'analisi leniniana e bolscevica delle funzioni del partito (i principi, il programma, la tattica), e delle questioni teoriche e metodologiche legate all'applicazione della dottrina marxista. E il PCD'I delimita la portata dell'appello del Komintern per il fronte unico operaio nell'ambito del fronte unico sindacale (e non politico).
Ciò non impedisce di affermare — come è detto nel Progetto di tesi presentate dal PCD'I al iv Congresso mondiale — che i comunisti propongono un'azione comune delle forze proletarie organizzate, salvo subordinare l'attuazione di questa tattica al compito fondamentale del partito[...]

[...] l'Engels che avevano rotto definitivamente con l'idealismo « borghese », con la democrazia « borghese », con la sinistra democratica anche nelle sue espressioni piú radicali (I primi dieci anni di vita del P.C.I. Documenti inediti dell'Archivio Angelo Tasca, Milano, Feltrinelli, 1967, pp. 212).
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 271
Su questo sfondo spicca la peculiarità della riflessione bordighiana nei riguardi del leninismo e dei problemi che i bolscevichi affrontavano per la conquista rivoluzionaria del potere. La vittoria dei bolscevichi non è per lui un evento in grado di modificare di per sé o integrare l'autentica lezione del marxismo, in cui sono contenuti gli strumenti di analisi della realtà capitalistica e l'orizzonte speculativo invariante per ogni comunista. Il pensiero di Marx offre la bussola per orientarsi nella lotta anticapitalistica, al punto che basta accoglierne le indicazioni per guidare il proletariato alla vittoria. Il bolscevismo russo, che non rappresenta alcuna novità dal punto di vi[...]

[...] di queste affermazioni di Bordiga, il cui accordo col bolscevismo si limita tuttavia alla concezione dello stato borghese da rovesciare con la violenza delle masse, e alla necessità della rottura con le correnti socialriformistiche, anche di quelle che si richiamano alle peculiarità del movimento operaio come si è venuto evolvendo nei diversi paesi. Restano in questo contesto valide le ragioni che avevano ispirato la tattica astensionistica, da Lenin giudicata semplicistica e infantile. In appendice a L'« Estremismo », malattia infantile del comunismo (aprilemaggio 1920), Lenin condanna la puerilità della negazione, tipica degli asten
272 GIANCARLO BERGAMI
sionisti, della partecipazione al parlamento, non senza risparmiare l'allergia di Bordiga e dei « sinistri » italiani a misurarsi con quei compiti particolari che il proletariato deve affrontare in modo costruttivo, se vuole superare i pregiudizi e le influenze intellettuali borghesi, rendendo vana l'inevitabile resistenza degli ambienti piccoloborghesi, storicamente ostili a una radicale trasformazione della realtà sociale da cui essi traggono giustificazione morale
e pratica. La difesa intransigente dei princ[...]

[...]realtà sociale da cui essi traggono giustificazione morale
e pratica. La difesa intransigente dei principi comunisti rivoluzionari si rivela però astratta e inconcludente, se disgiunta da un adeguato interesse per le istituzioni statali e organizzative attraverso cui la borghesia esercita
e perpetua il suo dominio di classe sull'intera società, fino a corrompere e assoggettare a sé larghi settori del movimento operaio.
Ne consegue l'obiezione leniniana a Bordiga e ai compagni della sinistra italiana di non sapere essi risolvere « il difficile problema della lotta contro le influenze democratiche borghesi in seno al movimento operaio, mentre in realtà si fugge soltanto la propria ombra, si chiudono soltanto gli occhi davanti alle difficoltà e si cerca soltanto di disfarsene con le parole ». Obiezione che, tradotta in termini generali, permette di scorgere il ritardo nell'educazione marxista di chi, appagato dall'estremismo, non vuole prendere atto che il comunismo « deve introdurre (e non vi riuscirà senza un lavoro lungo, perseverante, [...]

[...]to alla ripetizione di pregiudiziali e schemi rivoluzionari, non avvertano che puntare sempre e unicamente sul fine dell'abbattimento della borghesia e della conquista del potere politico da parte del proletariato sposta solo in avanti il problema di fare i conti con le influenze borghesi diffuse nel movimento operaio, poiché le medesime difficoltà della lotta per sradicarle, in seguito si presenteranno aggravate in misura mag giore.
Ai rilievi leniniani, che centrano il cuore del dissidio con Bordiga, si deve aggiungere la critica del Presidium dell'Internazionale alle tesi sulla tattica redatte da Bordiga e Terracini per il ii Congresso del PCD'I. Lungi dal determinare gli obiettivi transitori in vista dei quali i comunisti conducono
« fin d'ora le masse alla lotta: ora che non si tratta, purtroppo, d'impadronirsi del potere ma di conquistare una minoranza della classe operaia », le tesi di Roma
diminuiscono, banalizzano la necessità della lotta per la conquista della maggioranza della classe operaia, cioè relegano in secondo piano il[...]

[...]ii Congresso del PCD'I. Lungi dal determinare gli obiettivi transitori in vista dei quali i comunisti conducono
« fin d'ora le masse alla lotta: ora che non si tratta, purtroppo, d'impadronirsi del potere ma di conquistare una minoranza della classe operaia », le tesi di Roma
diminuiscono, banalizzano la necessità della lotta per la conquista della maggioranza della classe operaia, cioè relegano in secondo piano il compito piú impor'
II V. I. LENIN, Opere complete, vol. xxxi, Roma, Editori Riuniti, 1967, pp. 1045.
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 273
tante che incombe ad un partito giovane come il Pcd'I. Invece di dire al partito: lotta per ogni singolo operaio, tentativo di conquistarlo, tentativo di conquistare la maggioranza della classe operaia, le tesi forniscono pretesti dottrinali intesi a provare che il problema non è cosí urgente. Vi è in questo un grave pericolo, di cui l'Esecutivo, senza indietreggiare davanti ad alcun mezzo, avvertirà il partito 12.
La natura della divergenza dall'indirizzo del[...]

[...] non è cosí urgente. Vi è in questo un grave pericolo, di cui l'Esecutivo, senza indietreggiare davanti ad alcun mezzo, avvertirà il partito 12.
La natura della divergenza dall'indirizzo dell'Internazionale non potrebbe essere espressa piú nettamente, anche se i ragionamenti sopra riferiti rendono solo in parte l'originalità della posizione bordighiana davanti al bolscevismo. Un episodio rivelatore, per fare il punto sul rapporto con l'opera di Lenin e con il leninismo, è costituito dalla conferenza Lenin nel cammino della rivoluzione, pronunciata da Bordiga per mandato del partito comunista il 24 febbraio 1924 alla Casa del popolo di Roma. Essa segna, per la sua impostazione generale e per taluni giudizi che vi sono contenuti sulla figura e le tesi di Trotsky, un avvicinamento all'Opposizione russa che negli stessi mesi subiva l'attacco della maggioranza capeggiata nel partito bolscevico da Stalin; e in questo spirito la conferenza sarà letta e pubblicata nel 1928, col titolo: Lénine sur le chemin de la révolution, nella rivista diretta da Pierre Naville n. Bordiga vi esalta la polemica lenin[...]

[...]ronunciata da Bordiga per mandato del partito comunista il 24 febbraio 1924 alla Casa del popolo di Roma. Essa segna, per la sua impostazione generale e per taluni giudizi che vi sono contenuti sulla figura e le tesi di Trotsky, un avvicinamento all'Opposizione russa che negli stessi mesi subiva l'attacco della maggioranza capeggiata nel partito bolscevico da Stalin; e in questo spirito la conferenza sarà letta e pubblicata nel 1928, col titolo: Lénine sur le chemin de la révolution, nella rivista diretta da Pierre Naville n. Bordiga vi esalta la polemica leniniana contro le correnti gradualistiche, le falsificazioni del programma rivoluzionario tentate dai partiti opportunisti.
La restaurazione dei fondamenti della dottrina marxista si deve compiere, in Russia e nelle cittadelle avanzate del capitalismo europeo, sui due fronti della critica radicale al « marxismo » borghese dei socialdemocratici e all'economismo, che distoglie il proletariato dai compiti di organizzazione della propria forza per confinarne l'iniziativa nell'ambito del rivendicazionismo settoriale e frammentario, lasciando alla borghesia l'egemonia del movimento che abbatterà l'aut[...]

[...]i due fronti della critica radicale al « marxismo » borghese dei socialdemocratici e all'economismo, che distoglie il proletariato dai compiti di organizzazione della propria forza per confinarne l'iniziativa nell'ambito del rivendicazionismo settoriale e frammentario, lasciando alla borghesia l'egemonia del movimento che abbatterà l'autocrazia zarista e instaurerà, con le libertà politiche, le condizioni di un democratico scontro fra i partiti. Lenin incarna la negazione di tutto questo: « non è la classe operaia — osserva Bordiga — che servirà per la rivoluzione dei borghesi: ma è la rivoluzione che sarà fatta in Russia dalla classe operaia, e per se stessa »14. In tale prospettiva la guida dell'Ottobre « non rimane il simbolo della accidentalità pratica dell'opportu
12 Cfr. il Contributo del Presidium del Komintern al progetto di programma del PCD'I (marzo 1922), in A. AGOSTI, La Terza Internazionale. Storia documentaria, prefazione di E. Ragionieri, vol. I. 19191923, 2, Roma, Editori Riuniti, 1974, pp. 5601.
13 Cfr. « La Lutte de Cla[...]

[...]le prospettiva la guida dell'Ottobre « non rimane il simbolo della accidentalità pratica dell'opportu
12 Cfr. il Contributo del Presidium del Komintern al progetto di programma del PCD'I (marzo 1922), in A. AGOSTI, La Terza Internazionale. Storia documentaria, prefazione di E. Ragionieri, vol. I. 19191923, 2, Roma, Editori Riuniti, 1974, pp. 5601.
13 Cfr. « La Lutte de Classe », Paris, n. 4, 1928, pp. 98107; e n. 5, pp. 131139.
14 A. BORDIGA, Lenin nel cammino della rivoluzione, Napoli, Edizioni Prometeo, 1924; ora col titolo: Lenin, presentazione di Alfonso Leonetti, Roma, Partisan, 1970, p. 28 (in appendice l'art. di A. GRAMSCI, « Capo »).
274 GIANCARLO BERGAMI
nismo, ma quello della ferrea unità della forza e della storia della rivoluzione ».
Pur apprezzando il valore della lotta teoretica che verso il 1900 si accende nel Partito operaio socialdemocratico russo — nel corso della quale si riflette il contenuto della campagna contro il revisionismo bernsteiniano internazionale anteriore alla prima guerra mondiale, l'opportunismo socialnazionalista degli anni di guerra, il menscevismo del dopoguerra —, e che culmina n[...]

[...]ntro il revisionismo bernsteiniano internazionale anteriore alla prima guerra mondiale, l'opportunismo socialnazionalista degli anni di guerra, il menscevismo del dopoguerra —, e che culmina nella scissione del 1903, Bordiga prende le distanze dall'insieme dell'esperienza bolscevica intesa quale corpo chiuso di indicazioni tattiche e di insegnamenti validi in assoluto per i partiti aderenti all'Internazionale comunista. Egli rilutta a vedere nel leninismo una dottrina a sé, che consista nell'ideologia rivoluzionaria del proletariato in alleanza coi contadini, in quanto potrebbe prestarsi ad essere adoperata dai controrivoluzionari mascherati da fautori di un ripiegamento storico della portata della rivoluzione russa. E contro il presidente del Komintern, Zinoviev — ma anche contro Gramsci, che riconosce nei contadini una delle forze motrici nell'alleanza organica che dovrà portare alla vittoria la rivoluzione italiana —, reputa che l'intuizione con cui i bolscevichi hanno tenuto testa alla pressione socialrivoluzionaria stia nell'avere ess[...]

[...]'opportunismo nel partito francese. Le conclusioni bordighiane discendono dalle tesi del 1921 sulla questione agraria, in cui i rapporti dialettici oggettivi fra città e campagna, o i temi di uno sviluppo dell'economia agraria in senso socialista, vengono elusi, o quanto meno sottovalutati, mentre dietro le censure e le condanne pronunciate all'indirizzo di quelle che sono definite le tendenze contadinistiche si restringe il nucleo della lezione leniniana.
Non si considera che Lenin non è, o non è soltanto, il rigido puritano delle scissioni, intento ad allontanare i tiepidi, gli inetti, i traditori della causa, inesorabile nel recidere le parti malsane del corpo del partito, colui
PARTITO E PROSPETTIVA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA IN BORDIGA 275
che discrimina tra le forze protagoniste del divenire della rivoluzione o sa solo distribuire piombo agli avversari, ma che egli è, secondo le notazioni di Alfonso Leonetti, « soprattutto l'unificatore; l'uomo che sa unire non solo gli operai tra loro, che è primordiale, ma unire gli operai con i loro alleati naturali e cioè i [...]

[...]N BORDIGA 275
che discrimina tra le forze protagoniste del divenire della rivoluzione o sa solo distribuire piombo agli avversari, ma che egli è, secondo le notazioni di Alfonso Leonetti, « soprattutto l'unificatore; l'uomo che sa unire non solo gli operai tra loro, che è primordiale, ma unire gli operai con i loro alleati naturali e cioè i contadini e i popoli dei paesi oppressi e infine non disdegna affatto gli intellettuali » (in A. Bordiga, Lenin, cit., p. 9).
Ï limiti nella comprensione del ruolo di Lenin non inficiano il merito bordighiano di denunciare con prontezza e lucidità l'involuzione staliniana e i pericoli della bolscevizzazione zinovievista, intesa quale subordinazione delle sezioni dell'Internazionale alla logica e agli interessi dello stato sovietico, con la conseguente paralisi di qualsiasi alternativa rivoluzionaria al burocratismo. Quella bordighiana si qualificherà sempre meglio come una battaglia per la rigenerazione dell'Internazionale, presentando, a paragone con le incertezze e l'atteggiamento talvolta ambiguo e contraddittorio dello stesso Trotsky, connotati di maggiore c[...]

[...]A. Chiarini, Le « Bordiguisme », « L'Internationale Communiste », Paris, n. 2, août 1925, p. 120).
A. Leonetti dal canto suo denuncia le incongruenze teoricopratiche e i feticci dell'estrema sinistra italiana, alla quale ricorda il compito assorbente del partito rivoluzionario della classe operaia: intervenire in ogni situazione per spostare i rapporti di forza esistenti in vista del rovesciamento del potere borghese:
Ciò spiega la distinzione leninista di tattica e di strategia, distinzione che non si trova in nessun passo delle tesi della estrema sinistra e per la cui incomprensione l'estrema sinistra è condotta a muovere il rimprovero all'Internazionale di non avere una linea tattica precisa e di subire troppo le suggestioni delle situazioni (I dissensi con l'Internazionale ovvero i feticci dell'estrema sinistra italiana, « l'Unità », Milano, zr, n. 213, 13 settembre 1925, p. 3).
Is Cfr. l'intervento di Bordiga in « La Correspondance Internationale », Vienne, 4e a., n. 53, 5 août 1924, p. 553. Nel medesimo spirito Karl Radek aveva af[...]

[...]di azione e di strumenti propagandistici e organizzativi con cui Bordiga diffonde principi di rigore classista e di netta differenziazione rispetto alle demagogiche enunciazioni del socialismo tradeunionista. Si tratta ora di verificare alla luce di questo approccio il significato e i limiti dell'esperienza bordighiana, al confronto con le contemporanee vicende del movimento rivoluzionario comunista internazionale e con l'elaborazione bolscevica leniniana.
GIANCARLO BERGAMI



da Mario Montagnana, Il maresciallo Giuseppe Stalin in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: [...]o e per mantenerlo immune da ogni infiltrazione antimarxista nei cupi anni della reazione zarista ; tutte queste e le malte altre attività giovanili di Giuseppe Stalin sa
rebbero state sufficienti per fare di lui un gran capo della classe operaia.
Ma è soprattutto dopo la pubblicazione del suo studio — il più profondo, il più esauriente, il migliore che sia stato scritto finora — sopra ( La questione nazionale ,; dopo i suoi primi contatti con Lenin (che lo chiamava allora c un maraviglioso georgiano ,) e dopo la sua inclusione nel Comitato Centrale del Partito bolscevico — 31 anno or sono—che la personalità di Stalin passa al primo piano, eome dirigente del partito all'interno del paese, in tutta la Russia.
Durante i moltissimi anni in cui Stalin militò e lavorò sotto la direzione di Lenin, non vi ebbe mai, tra di loro, la benchè minima divergenza politica. Da quando Lenin conobbe Stalin, questi fu sempre il più fedele, il più capace, il miglior collaboratore del capo della Rivoluzione russa.
Fu Stalin infatti che diresse il partito, sotto la guida di Lenin, nel periodo in cui Lenin fu obbligato a vivere illegalmente dopo le giernate del luglio 1917. Fu Stalin che diresse il Comitato militare rivoluzionario ohe organizzò e fece trionfare l'insurrezione nei giorni d'Ottobre e che, dopo quei giorni, venne chiamato ad occupare il pasto — eccezionalmente importante e di enorme responsabilità nella nuova Russia sovietica — di Commissario delle Nazionalità, nel primo Commissariato del Popolo presieduto da Lenin. Fu Stalin quegli che Lenin inviava, durante i tre anni di guerra civile e di guerra contro il mondo della reazione capitalista coalizzato, nei punti del fronte dove la situazione appariva più grave, al sud e al nord, all'est e all'ovest, per eliminare i traditori e gli incapaci, per imporre le sue geniali concezioni politiche e militari, strategiche e tattiche, e per assicurare, ovunque,
12 LA RINASCITA
la vittoria dell'Esercitq rosso. Fu Stalin, infine, il Segretario generale del) Partito bolscevico quando ancora Lenin era vivente, e il .braccio destro di Lenin nella soluzione di tutti i gravi problemi che si presen[...]

[...]e di guerra contro il mondo della reazione capitalista coalizzato, nei punti del fronte dove la situazione appariva più grave, al sud e al nord, all'est e all'ovest, per eliminare i traditori e gli incapaci, per imporre le sue geniali concezioni politiche e militari, strategiche e tattiche, e per assicurare, ovunque,
12 LA RINASCITA
la vittoria dell'Esercitq rosso. Fu Stalin, infine, il Segretario generale del) Partito bolscevico quando ancora Lenin era vivente, e il .braccio destro di Lenin nella soluzione di tutti i gravi problemi che si presentavano in quegli anni terribili.
I nemici di Stalin fingevano di ignorare tutto questo, ma tutto questo era ben conosciuto dai comunisti, dagli operai, dai lavoratori di tutto il mondo.
E quando la malattia e la morte ci tolsero per sempre Lenin, immediatamente i bolscevichi, gli operai, i lavoratori dell' Unione Sovietica, così come i comunisti, gli operai e i lavoratori di tutti i paesi riconobbero in Stalin l'uomo, l'unico uomo che poteva sostituire pienamente il caro e grande capo scómparso.
Giuseppe Stalin rappresenta, in sè stesso e nella sua opera, la più alta prova dei valore inestimabile e della assoluta superiorità della teoria marxistaleninista su qualsiasi" altra teoria filosofica, politica e sociale.
c La teoria marxistaleninista non è un dogma, ma una guida per l'azione v. Grazie a questa guida Giuseppe Stalin potè prevedere, preparare e realizzare la sua opera grandiosa, la sua opera decisiva per le sorti dell'Unione Sovietica e del mondo.
Chi esamina con attenzione gli scritti, i discorsi e gli atti di Giuseppe Stalin in questi ultimi venti anni non può non rimanere stupefatto dalla forza di previsione che essi rivelano.
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. ed il mondo se Stalin non avesse lottato, durante molti anni, con un 'ardore e una tenacia bolsceviche — fino a schiacciarli e a eliminarli per sempre — contro [...]

[...]portare all' interno del partito la ideologia e la politica delle classi nemiche, di indebolire il potere sovietico e di impedire la vittoria della politica stalinista tendente a preparare, fin d' allora, le premesse e le basi delle attuali vittorie ?
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. e il mondo se Stalin non avesse dimostrato, nella teoria e nella pratica, lottando accanitamente contro i traditori trotzkisti e i destristi, la giustezza della tesi leninista circa la possibilità di costruire il socialismo nell'Unione Sovietica, anche nel caso di un ritardo della rivoluzione proletaria negli altri paesi ?
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. e il mondo se Stalin non avesse convinto gli operai e tutto il popolo sovietico della necessità di fare i più grandi sforzi e i maggiori sacrifici per trasformare rapidamente, in pochi anni, attraverso la realizzazione grandiosa dei piani quinquennali staliniani, la vec chia Russia, povera, arretrata, quasi senza industria, in uno dei paesi più avanzati e industrializzati del mondo ?
Che sarebbero oggi l' U.R.[...]

[...] qualcosa che può sembrare quasi inspiegabile in tutta l'opera di Stalin per chi, non essendo marxista, la esamini riel suo complesso e in tutti i suoi particolari. Ma per noi marxisti non vi è in questo nulla di soprannaturale e nulla di inspiegabile. La spiegazione consiste, semplicemente, nel fatto che Stalin è la più alta espressione della classe più avanzata della società attuale e che egli possiede, Meglio che ogni altro, la teoria marxistaleninista nel senso che ha saputo, c far propria la sostanza di questa teoria e imparar a servirsene per la direzione della lotta di classe del proletariato ,; nel senso che egli ha saputo c arricchire questa teoria della nuova esperienza del movimento operaio, arricchirla di nuove tesi e conclusioni, svilupparla e farla progredire senza esitazioni e, ispirandòsi alla sostauza della teoria, sostituire alcune sue tesi e conclusioni invecchiate con nuove tesi e conclusioni conformi alla nuova situazione storica ».
« La forza della teoria marxista leninista — infatti — sta in ciò che essa permette a[...]

[...]r la direzione della lotta di classe del proletariato ,; nel senso che egli ha saputo c arricchire questa teoria della nuova esperienza del movimento operaio, arricchirla di nuove tesi e conclusioni, svilupparla e farla progredire senza esitazioni e, ispirandòsi alla sostauza della teoria, sostituire alcune sue tesi e conclusioni invecchiate con nuove tesi e conclusioni conformi alla nuova situazione storica ».
« La forza della teoria marxista leninista — infatti — sta in ciò che essa permette ai partito di orientarsi in una data situazione, di comprendere l'intimo legame degli avvenimenti e di discernere non solo come e in quale direzione si sviluppano gli avvenimenti oggi, ma anche come e in quale direzione si svolgeranno in futuro
Questo spiega perchè Stalin, organizzatore e capo del Partito bolscevico e della grande Rivoluzione socialista d'Ottobre, fondatore dello Stato sovietico, teorico e realizzatore dell' opera gigantesca di costruzione della società socialista, si è rivelato al mondo ammirato come il più grande capo militare d[...]

[...]erra moderna, ma guidare concretamente l'Esercito rosso, attraverso una resistenza eroica prima e poi attraverso una serie di operazioni offensive genialmente concepite e realizzate, a fare ciò che sinora non era ancora mai stato fatto, cioè a sconfiggere e spingere sull'orlo dell'abisso, con le sole proprie forze, la più grande potenza militarista e aggressiva d'Europa, la Germania hitleriana.
Si rileggano i principi della strategia marxista e leninista, come Stalin stesso li ha formulati :
Primo : concentrare' contro il punto più vulnerabile del nemico le forze principali nel momento decisivo ,.
Secondo : scegliere bene il momento decisivo
i Terzo: portare alla pratica con fermezza l'orientamento adottaio, al di sopra di tutte e di ognuna delle difficoltà e complicazioni che si interpongano nel cammino verso il fine perseguito '.
i Quarto : saper manovrare con le riserve in vista di una saggia ritirata, quando il nemico è forte, quando la ritirata è inevitabile, quando si sa in anticipo che è svantaggioso accettare il combattimento [...]



da Vincenzo La Rocca, Il marxismo e la nostra lotta per la democrazia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: [...]te di orientarsi in una data situazione, di comprendere l'intimo legame degli avvenimenti e prevederne la marcia futura ; il marxismo insegna al proletariato la partecipazione più energica ad ogni movimento borghese progressivo, insegna la lotta più risoluta, per una democrazia conseguente, la quale ha, per il proletariato e per il popolo, i più grandi vantaggi.
Questo concetto attraversa come un filo rosso tutte le opere di Marx, di Engels, di Lenin.
Era consuetudine affermare, tra gli scrittori socialisti d'un tempo, che il suffragio universale non è,
e non può essere, in regime borghese, che il barometro della maturità politica e della coscienza di classe dei lavoratori. Ma già il Manifesto proclama la conquista del suffragio universale, della democrazia, come la prima tappa del proletariato militante.
La democrazia è una forma, un aspetto dello Stato; essa vuol dire, talvolta, dittatura della borghesia, talvolta riformismo della piccola borghesia, subordinata a questa dittatura. Ma il proletariato, anche prima che si scatenasse la [...]

[...]azione
e l'organizzazione della sua lotta.
La democrazia, che significa un grande progresso storico di fronte al Medio Evo, anche quando, chiusa nel quadro del regime capitalistico, è ancora la democrazia di una minoranza, ha, non ostante la sua angustia, una enorme importanza nella lotta della classe operaia; è il terreno più favorevole a un'azione aperta ed efficace delle masse per le loro rivendicazioni e per le loro aspirazioni. Per questo Lenin ha ripetuto continuamente che il cammino della classe operaia passa per la democrazia, per la libertà politica.
A queste considerazioni teoriche di ordine generale bisogna poi aggiungerne altre, legate al carattere del periodo storico che noi attraversiamo, e che determinano immediatamente i nostri compiti presenti. La principale di esse, — che fu messa in evidenza dal movimento operaio particolarmente nell'ultimo decennio, — è che le istituzioni democratiche e la libertà politica assumono una importanza e un valorenuovo, per la classe operaia stessa, dal momento che i gruppi più reazionari [...]

[...] stati distrutti, ma di impedire ad ogni costo il rinnovarsi delle condizioni che permisero, ieri, la marcia su Roma,
e che potrebbero consentire, domani, un nuovo assalto della reazione, che non è morta e non disarma, e che, perciò, è necessario spazzare presto, in
Mal

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tegralmente e per sempre, dalla vita del paese. Le analogie storiche non sono che analogie, e perciò convenzionali.
Ma il pensiero di Lenin per la determinazione della tattica nella rivoluzione del 1905, è di una portata immensa per tutti i marxisti, e specie per noi italiani, nella crisi che attraversiamo.
Lenin si rendeva chiaramente conto del carattere non socialista e non proletario del rivolgimento che era allora all'ordine del giorno nella Russia zarista, tuttavia affermava la necessità per il proletariato d'intervenire in questo rivolgimento democratico come capo e guida di tutto il popolo, di iniziarne esso stesso con audacia l' applicazione, di essere in una parola l'avanguardia, il distaccamento, avanzato nella lotta per la libertà.
La borghesia, egli diceva, si volge verso il passato, temendo il progresso democratico. Essa tende ad appoggiarsi contro gli operai e i contadini su certi vecch[...]

[...]eazione.
Il proletariato, invece, non ha nulla da perdere se non le sue catene ; ed ha un mondo da guadagnare con la democrazia, che è un primo passo verso il grande scopo socialista. Il proletariato, quindi, doveva spingere la rivoluzione democratica fino in fondo, senza lasciarsi c legare ) da quegli elementi che volevano mantenere in vita una parte delle vecchie istituzioni reazionarie.
Naturalmente, non tutto lo schema strategico e tattico leninista del 1905 è applicabile alla odierna situazione nostra. Nelle condizioni odierne dell'Italia, dopo venti anni di tirannide fascista e quando i residui del fascismo sono diventati gli strumenti della occupazione del paese da parte dei banditi tedeschi, il fronte della lotta antifascista, cioè democratica, necessariamente è un fronte molto più largo, il quale non segue più esattamente i confini rigidi delle differenziazioni di classe. La lotta per la distruzione del fascismo è oggi in Italia una lotta di contenuto e carattere nazionale, alla quale
sono tratti a partecipare elementi di tutte[...]

[...]l fascismo è oggi in Italia una lotta di contenuto e carattere nazionale, alla quale
sono tratti a partecipare elementi di tutte le classi, con esclusione soltanto di quei gruppi di privilegiati che. per la difesa delle loro posizioni econo
miche e sociali hanno dato . vita al fascismo, che
sono disposti a farlo rinascere, e che a questo scopo non esitano a mettersi al servizio dello straniero. Ma è di estremo interesse per noi ricordare come Lenin, in una situazione in cui il fronte della lotta
democratica era più ristretto, ponesse e risolvesse la questione della partecipazione al governo del partito della classe operaia.
Per portare la rivoluzione borghese al termine del suo sviluppo e conquistare integralmente la de
mocrazia, Lenin, riconoscendo che il proletariato
deve sostenere nel modo più energico la borghesia progressiva nella sua lotta contro le classi e le isti
tuzioni reazionarie, proponeva la partecipazione dei
bolscevichi a un governo provvisorio, accanto alla democrazia borghese, allo scopo di consolidare e allar
gare la conquista della democrazia, di combattere implacabilmente tutti i tentativi controrivoluzionari e difendere gli interessi propri della classe operaia.
E la tesi di Lenin fu adottata nella risoluzione del III Congresso del Partito bolscevico. Le condizioni necessarie per la collaborazióne[...]

[...]etariato
deve sostenere nel modo più energico la borghesia progressiva nella sua lotta contro le classi e le isti
tuzioni reazionarie, proponeva la partecipazione dei
bolscevichi a un governo provvisorio, accanto alla democrazia borghese, allo scopo di consolidare e allar
gare la conquista della democrazia, di combattere implacabilmente tutti i tentativi controrivoluzionari e difendere gli interessi propri della classe operaia.
E la tesi di Lenin fu adottata nella risoluzione del III Congresso del Partito bolscevico. Le condizioni necessarie per la collaborazióne si riducevano a due : il partito doveva conservare inflessibilmente la sua indipendenza e la sua fisonomia politica, e doveva esercitare un controllo rigoroso sui suoi delegati.
Teoricamente, nella polemica con i portavoci dei menscevichi, Plekhanov e Martinov, che parlavano di commercio di principii e di tradimento degli in teressi della classe operaia, Lenin, alla questione generale se l'azione rivoluzionaria era ammissibile solo dal basso e non anche dall'alto, trovava un[...]

[...]ne del III Congresso del Partito bolscevico. Le condizioni necessarie per la collaborazióne si riducevano a due : il partito doveva conservare inflessibilmente la sua indipendenza e la sua fisonomia politica, e doveva esercitare un controllo rigoroso sui suoi delegati.
Teoricamente, nella polemica con i portavoci dei menscevichi, Plekhanov e Martinov, che parlavano di commercio di principii e di tradimento degli in teressi della classe operaia, Lenin, alla questione generale se l'azione rivoluzionaria era ammissibile solo dal basso e non anche dall'alto, trovava una risposta nel marxismo più ortodosso, riferendosi alla storia delle soluzioni propugnate dai creatori del socialismo scientifico.
Marx, nel celebre Indirizzo alla Lepa, ispirato all'esperienza della rivoluzione del 18481849, non accennò alla partecipazione del proletariato a un governo provvisorio, perchè si limitò ad esaminare una situazione ben definita, la situazione politica concreta della Germania nel 1850 ; e, dopo lo scaccodell'insurrezione popolare di Berlino, costatan[...]

[...]l governo, ma la loro organizzazione insufficiente, la loro mancanza di energia in questa partecipazione al potere, la loro subordinazione alle direttive dei repubblicani borghesi. Vero gia
cobino della socialdemocrazia, Engels valutò giustamente l'importanza dell'azione dall'alto ; non solo
ammise la partecipazione a un governo provvisorio
con la borghesia repubblicana, ma la pretese; e pretese un'iziativa energica del potere rivoluzionario. Lenin, alla stregua della dottrina di Marx ed Engels, giungeva alle seguenti conclusioni : 1°) che li
mitare, per principio, l'azione della classe operaia
a una pressione dal basso, scartando un ricorso alla pressione dall' alto, è dell' anarchismo : 2°) che il
principio secondo il quale il partito della classe operaia non potrebbe partecipare in alcun caso a
un governo provvisorio, e questa partecipazione costituirebbe un tradimento verso la classe operaia, non è un principio marxista, ma del confusionismo anarchico.
Quando Millerand e Jaurès, pretendendo salvare la repubblica, si alleavano a[...]

[...]e, combattevano per la repubblica democratica, che consideravano come la forma di Stato più alta nel periodo storico determinato.
A una svolta quanto mai complessa e originale della nostra storia, in un periodo di ripidi mutamenti
e di ascesa, la partecipazione dei comunisti a un governo di guerra, democratico e antifascista, r. onde alla situazione concreta ed è conforme alle diettive generali del marxismo, ai principi fissati da Engels
e da Lenin.
Nell'ora attuale, uno dei compiti più importanti è quello di distruggere i resti del fascismo, di seppellire le forze della reazione, che non s. rassegnano a morire.
E bisogna, in primo luogo, liberare il nostro territorio da; banditi hitleriani che lo devastano e lo insozzano : bisogna assicurare l'indipendenza e l'unità delle nazione : in.teresse vitale del proletariato
e di tutto .1 popolo, che, diveisamente, sarebbero sottoposti s tìn duplice giogo.
Il. governo, ^he i comt,nisti pei primi hanno voluto, dev'essere l'organiz..az.one di una lotta vittoriosa contro l'invasore h. errano, [...]



da Georg Lukacs, Problemi della coesistenza culturale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]stemi può essere cercato soltanto sulla base del presupposto di queste attività necessariamente universali.
Ciò significa che la coesistenza dei due sistemi — dopo aver eliminato dapprima di fatto e poi su un piano sempre più decisamente istituzionale la possibilità di soluzioni belliche — può essere soltanto una forma nuova della lotta di classe internazionale. In una conferenza da me tenuta nell'estate del 1956, indicavo già che la domanda di Lenin «chi a chi?» é il fondamento dinamica di agni coesistenza, di ogni dialogo all'interno della coesistenza. Da parte marxista, ciò é stato sempre affermato. Ora ciò che importa é che i politici e gli ideologi occidentali pervengano alla convinzione che anche la loro posizione, sia che venga esaminata nel campo della politica e dell'economia, della filosofia o dell'estetica, é una posizione di classe e non già la « rivelazione» di una ragione posta al difuori della società. Da tale convinzione non scaturisce affatto che i dialoganti debbano intendere il proprio punto di vista in modo relativo. P[...]

[...]ve avrebbe potuto essere raggiunto soltanto nel socialismo. Dato i1 suo metodo schiettamente scientifico di analizzare soltanto le forze motrici che introducono il futuro e fare anche intorno a queste soltanto accenni generali che possano chiarirle come prospettive, egli non ha affrontato i problemi concreti del « regno della libertà », secondo la sua definizione posteriore. Le tendenze generali deformanti, sia teoriche sia pratiche, del marxismoleninismo nel periodo staliniano hanno come conseguenza che agli uomini che soffrono per il vuoto capitalisticamente deformato del loro ozio, alla base divenuta astratta del loro sviluppo umano, non si profila alcun modello socialista, non viene prospettata una via d'uscita socialista. Inoltre — e ancora una volta si tratta di un fatto di somma importanza — non esiste alcun sostituto immanente al capitalismo per la mancanza di una prospettiva socialista come modello e via d'uscita.
Ai nostri fini, é sufficiente aver indicato ,i contorni più generali di questo nodo di problemi. Abbiamo inteso così [...]

[...]ni marxisti cercano di correggere la manipolazione dogmaticamente grossolana accettando qualcosa dalle filosofie occidentali — la semantica etc. nel campo del materialismo dialettico, la microsociologia etc. in quello del materialismo storico — si trovano in errore. La (( esigenza del giorno» per la teoria e la prasSi dei comu
PROBLEMI DELLA COESISTENZA CULTURALE 9
nisti è la conoscenza marxista di ciò che di nuovo si é avuto, dopo la morte di Lenin, nei mutamentti strutturali, nelle tendenze di sviluppo etc. della vita sociale. Vi sono nuovi fenomeni di massa che non possono essere risolti appellandosi a Marx e a Lenin. Già nel 1922, introducendo la NEP nel capitalismo di Stato, Lenin diceva: «Neppure a Marx venne in mente di scrivere anche soltanto una parola in proposito, ed egli è morto senza aver lasciato neppure una citazione esatta o indicazioni inconfutabili. Perciò ora dobbiamo cercare di aiutarci da soli 0. Krusciov nél suo discorso a Bucarest ha applicato questo metodo di Lenin in modo coraggioso ed esatto alla nuova situazione, alle . affermazioni, esatte a suo tempo, di Lenin sul rapporta tra l'imperialismo e l'inevitabilità della guerra. Ciò significa, da un lato, che esiste tutta una serie di fatti nuovi, soprattutto econo mici, sia nel campo capitalista sia in quello marxista, che i classici del marxismo non poterono esaminare perché ai loro tempi non esistevano, e dall'altro, che Stalin ed i suoi seguaci hanno deformato su questioni importanti il metodo marxista, trasformandone la vitalità e l'apertura in irrigimento. I nuovi fatti della vita possono essere decifrati unicamente mediante una rinascita del metodo marxista, un riesame spregiudicato su questa base[...]

[...]LUKACS
staliniana quanto alla concezione socialista del mondo. Ciò, naturalmente, vale soltanto per coloro che sono in grado di comprendere il carattere di concezione generale del mondo proprio del marxismo. Da Max Weber a Wrigth Mills, non sono pochi coloro che — in misura maggiore o minore — l'hanno compreso. E' difficile, invece, stabilire un dialogo su questo argomento con coloro che, come Madariaga, ritengono che la concezione del mondo di Lenin fosse: «O mi dài ragione o ti sparo». Per questo, Madariaga é rimasto sorpresa e urtato perché in un mio precedente l'ho nominato insieme a Enver Hodsha; per questo non ha compreso come il tertium corn parationis sia stato semplicemente l'adesione (presa di posizione affermativa) di entrambi alla guerra fredda e addirittura alla guerra calda. L'Occidente — nel suo stesso interesse — dovrà comprendere che l'alternativa attuale della visione del mondo e del metodo socialisti é la scelta tra il ristabilimento del vero marxismo e la sua applicazione ai nuovi fenomeni del presente e l'irrigidirsi [...]

[...] dottrine, teorie, metodi etc. sia del tutto diversa, anzi passa operare in senso opposto. Una concezione monoliticounivoca della lotta di classe tra concezioni del mondo di sistemi sociali in concorrenza conduce ad una incomprensione totale della sua essenza. Questo non é meramente il risultato di singole innovazioni scientifiche etc., estremamente complesse, ma scaturisce piuttosto dall'essenza di ciascuna trasformazione sociale. Già nel 1916, Lenin si faceva beffe dei seguaci di una teoria così monolitica. «Le cose starebbero così » scriveva: « da una parte si raduna un esercito e dichiara: ' Noi siamo per il socialismo', e da un'altra parte si raduna un altro esercito e dichiara: ' Noi siamo per l'imperialismo', e questa è poi la rivoluzione sociale! » Giustamente egli definiva questo « un punto di vista ridicolo e pedante ». E' evidente che quanto più un fenomeno ideologico é lantano dalla lotta di classe immediata, tanto maggiormente conferma con i suoi effetti l'esattezza di queste parole di Lenin.
Ma ciò ha conseguenze di grande i[...]

[...]te si raduna un esercito e dichiara: ' Noi siamo per il socialismo', e da un'altra parte si raduna un altro esercito e dichiara: ' Noi siamo per l'imperialismo', e questa è poi la rivoluzione sociale! » Giustamente egli definiva questo « un punto di vista ridicolo e pedante ». E' evidente che quanto più un fenomeno ideologico é lantano dalla lotta di classe immediata, tanto maggiormente conferma con i suoi effetti l'esattezza di queste parole di Lenin.
Ma ciò ha conseguenze di grande importanza per la lotta ideologica all'interno della coesistenza culturale. Per poterle anche soltanto scorgere, é necessario che in entrambi i sistemi vengano superati vecchi e stantii pregiudizi la cui essenza consiste nel
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PROBLEMI DELLA COESISTENZA CULTURALE 17
fatto che le manifestazioni culturali dell'altro campo vengono monoliticamente considerate come ostili. Ciò è senz'altro evidente per le tradizioni staliniste. Qui — come assai spesso — snaturando un'affermazione di Lenin è stato messo in circolazione un termine peculiare, «oggettivismo», per b[...]

[...]ll'interno della coesistenza culturale. Per poterle anche soltanto scorgere, é necessario che in entrambi i sistemi vengano superati vecchi e stantii pregiudizi la cui essenza consiste nel
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PROBLEMI DELLA COESISTENZA CULTURALE 17
fatto che le manifestazioni culturali dell'altro campo vengono monoliticamente considerate come ostili. Ciò è senz'altro evidente per le tradizioni staliniste. Qui — come assai spesso — snaturando un'affermazione di Lenin è stato messo in circolazione un termine peculiare, «oggettivismo», per bollare coloro che osano criticare i fenomeni ideologici del mondo borghese in modo reale, giusto e non unilaterale. In proposito, posso forse richiamarmi ad esperienze personali. Quando, alla fine degli anni quaranta, pubblicai un'aspra critica dell'eSistenzialismo francese, cercai di dimostrare come alcuni aspetti, non certo trascurabili, di questa filosofia derivassero dalla situazione ideologica della «résistance ». Ciò parve a Fadeev una manifestazione di « oggettivismo » , giacché equivaleva 'a trovare delle scusant[...]



da [Gli interventi] Alberto Caracciolo in Studi gramsciani

Brano: Alberto Caracciolo

Ad un certo punto delila sua relazione l’on. Palmiro Togliatti ha ricordato come Lenin abbia svòlto la propria elaborazione intorno a tre principali punti nodali: quello della Rivoluzione, quello dello Stato e quello del Partito. In questo triplice ordine di problemi strettamente connessi ed interdipendenti, si deve effettivamente svolgere, mi pare, ogni ricerca per stabilire il leninismo di Gramsci, i suoi rapporti con l'esperienza rivoluzionaria ed il pensiero bolscevico.

Io qui desidero fermarmi, però, su di un solo aspetto: quello della teoria dei Consigli di fabbrica e più in generale dei Consigli operai, quale si presenta in Gramsci nel quadro della teoria dello Stato proletario. E non perché io creda, sia chiaro, che in questo solo aspetto si possa conchiudere tutto Gramsci, né perché mi muova qualche mito — per cosi dire — dei Consigli dappertutto ed in tutti i modi, ma perché credo che questo sia uno dei punti sui quali meglio si può misurare il reale leninismo[...]

[...]aspetto: quello della teoria dei Consigli di fabbrica e più in generale dei Consigli operai, quale si presenta in Gramsci nel quadro della teoria dello Stato proletario. E non perché io creda, sia chiaro, che in questo solo aspetto si possa conchiudere tutto Gramsci, né perché mi muova qualche mito — per cosi dire — dei Consigli dappertutto ed in tutti i modi, ma perché credo che questo sia uno dei punti sui quali meglio si può misurare il reale leninismo di Gramsci o di chiunque altro su una delle tre grandi questioni prima indicate, cioè precisamente sulla questione dello Stato.

In che senso Gramsci traduce il leninismo o la esperienza rivoluzionaria russa, in rapporto a tale questione ed alla prospettiva di uno Stato operaio in Italia? Negli appunti che ho presentato per iscritto osservavo come, a rileggere gli scritti del periodo fra il ’17 ed il ’19, accanto al consenso entusiastico, si manifesti verso la Rivoluzione russa anche una certa idealizzazione, una certa trasposizione, nei termini del diverso quadro italiano, della stessa realtà di quel rivolgimento, immaginando senz’altro il' nuovo edificio che là si costruiva come « una organizzazione della libertà di tutti e per tutti — cito Gramsci — ohe[...]

[...]mente preso, si potrà anche esaminare se non vi sia qui una certa particolare sensibilità verso la concezione marxiana dello Stato comunista, come Stato dei produttori, come palestra di autogoverno, come luogo che rivaluta e torna a far riemergere progressivamente dalla società politica la società civile.

Si tratta comunque, mi pare, di una inclinazione inconfondibile del pensiero gramsciano, che lo distingue per certi aspetti dal pensiero di Lenin e che a sua volta distingue il movimento dell’Ordine Nuovo, tutto generato dal basso, articolato, autogovernato, dal movimento dei Soviet russi, più tendente a forme di centralizzazione.

Ber Gramsci il Consiglio di fabbrica è autentico ed essenziale organo del poterle che non può in alcun modo essere sostituito dal partito politico o dagli organismi eletti con suffragio universale, cioè dagli organismi di tipo parlamentare. « La soluzione effettiva — scrive nella primavera del 1920 — può essere effettuata solo dalla massa stessa e solo attraverso il Consiglio di fabbrica. La massa non si l[...]

[...]originalità del movimento dei Consigli, suggerimento di sviluppi nuovi, maturati nella speciale temperie di Torino e dell’Itaiia del primo dopoguerra.

Accennato sia pure rapidamente a questo, io devo fare qui, in un certo senso, un passo indietro. Sento il bisogno cioè di riaffermare come il pensiero di Gramsci si muova, a mio avviso, sulla questione dello Stato operaio e dei Consigli ancora sempre, precisamente, nel grande alveo del pensiero leninista. Non è vero, come potrebbe apparire dalla relazione di Padmiro Togliatti, Che Gramsci non abbia presente la distinzione organica fra società civile e società politica, come dimostrano moltissime affermazioni; non vero soprattutto, come apparirebbe dalla stessa relazione, che Gramsci abbia della dittatura del proletariato una idea indeterminata, astratta, indifferente alla ricerca di forme istituzionali proprie. Questa era, se mai, precisamente la posizione degli avversari politici di Gramsci in campo socialista, massimalisti, centristi, estremisti, portati a pronunziare ad ogni passo la p[...]

[...]iù ardito compiuto dalla parte più avanzata del proletariato per realizzare ia propria egemonia nella lotta per rovesciare il potere delk borghesia ed instaurare la dittatura del proletariato ».

Per questo, grazie a questo impegno del quale ogni atto ed ogni pagina dell'azione sua sono testimoni, mi pare si possa parlare di un Gramsci e di un movimento dell’Ordine Nuovo che si inquadrano con le loro originalità e peculiarità nel grande filone leninista dei problemi dello Stato operaio. E non avrei bisogno di ripeterlo tanto la cosa appare ovvia se non mi avesse colpito, in verità, il fatto che nel testo a noi distribuito defila redazione Togliatti, mentre si parla molto di dittatura e di egemonia, di partito di avanguardia e di intellettuali organici, quesito argomento 'invece si accenna solo di sfuggita per dichiarare inaccettabile la tesi secondo la quale il Consiglio conterrebbe in sé la soluzione del problema del potere, cioè la conquista di esso e la creazione di un nuovo Stato. Eppure questa è precisamente la tesi che ancora venti[...]

[...]il concetto dei Soviet, il concetto dei Consigli operai e contadini, ed è mancato quell’accenno che troviamo invece in uno scritto assai noto di Togliatti aH’indomani del XX Congresso sovietico sull'originale significato democratico di un sistema fondato sui Soviet e sui Consigli.

Io mi chiedo, perciò: che cosa è Gramsci senza i Consigli di fabbrica, senza io sforzo suo di comprensione dei Soviet russi, che cosa, senza di questo, gli resta di leninista nella concezione d'elio Stato operaio? Soltanto una credenza nella dittatura del proletariato, senza forme reali, senza istituzioni, senza garanzie per il dominio della classe e per la sanità stessa del potere.

Certo molte cose sono accadute da allora nel movimento operaio italiano, inella stessa Unione Sovietica, che sembrano avere allontanato di attualità questo ordine di problemi. Ma noi siamo qui per sforzarci di conoscere Gramsci per quello che è stato, e Gramsci anche su questo punto, io credo, fu leninista, secondo quello che era il leninismo nelAlberto Caracciolo

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suo[...]

[...]ella dittatura del proletariato, senza forme reali, senza istituzioni, senza garanzie per il dominio della classe e per la sanità stessa del potere.

Certo molte cose sono accadute da allora nel movimento operaio italiano, inella stessa Unione Sovietica, che sembrano avere allontanato di attualità questo ordine di problemi. Ma noi siamo qui per sforzarci di conoscere Gramsci per quello che è stato, e Gramsci anche su questo punto, io credo, fu leninista, secondo quello che era il leninismo nelAlberto Caracciolo

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suo tempo, naturalmente, non il leninismo di oggi od il leninismo dell’epoca di Stalin.

Allora io accetterei piuttosto l’interpretazione fatta da Togliatti appunto nel lontano 1938, quando dedicava un lungo capitolo di quel suo scritto a giudicare Gramsci « primo leninista italiano anche precisamente perché interprete nel movimento e nella concezione dei Consigli di fabbrica di una forma italiana della idea dei Soviet, della idea del governo operaio». Vorrei che fossero ricordati ancora, come Togliatti li. ricordava in quello scritto, alcuni acutissimi passi nei quali Gramsci ribadisce che « il Soviet non è un istituto solamente russo, è una forma universale, il Soviet è la forma in cui, dappertutto dove esistano proletari, la lotta per conquistare l'autonomia industriale, la classe operaia, manifesta questa volontà di emanciparsi. Il soviet è la forma di a[...]

[...]et non è un istituto solamente russo, è una forma universale, il Soviet è la forma in cui, dappertutto dove esistano proletari, la lotta per conquistare l'autonomia industriale, la classe operaia, manifesta questa volontà di emanciparsi. Il soviet è la forma di autogoverno delie masse operaie ».

Chi torni a sfogliare gli scritti di Gramsci non può che trovare conferma, senza davvero bisogno di accostamenti tendenziosi, di questo solido nucleo leninista nel suo pensiero sullo Stato. Non si tratta che di restituirlo pazientemente alla luce e di valutarlo criticamente.

Frasi come quella sopra ricordata si trovano d’altronde in forme assolutamente analoghe in tutto il discorso del gruppo dirigente bolscevico nell’epoea della Rivoluzione. Sarebbe troppo ovvio e troppo lungo andare in cerca dei punti in cui Lenin si esprime in questo senso, specialmente nel suo scritto contro il rinnegato Kautsky. Mi limiterò ad osservare come questa concezione dei Soviet come struttura democratica ed eminentemente caratteristica del nuovo Stato, era anche la direttiva essenziale della Internazionale Comunista nei suoi primi anni. Scriveva Radek, uno dei segretari dell’Internazionale comunista, in un suo opuscolo 'intitolato L’evoluzione del socialismo dalla scienza all’azione che fu tradotto in una rivista socialista italiana : « Quale forma avrà il dominio dittatoriale del proletariato in Europa? sono i Consigli, ci[...]

[...]mocratica, ma è la forma del governo operaio, la forma del governo dei Consigli e dei delegati operai che possono essere sempre rieletti, che ritornano sempre al materno terreno, alla fabbrica, questa forma sarà quella nella quale il proletariato del mondo vincerà il capitalismo e sarà capace di realizzare e di eseguire il socialismo».566

Gli interventi

Nelle tesi al I Congresso mondiale deirinternazionale Comunista, che furono dettate da Lenin, si legge che in sostanza « la forma della dittatura del proletariato che è stata prontamente elaborata in concreto, si chiama: potere dei Soviet in Russia, sistema dei Consigli in Germania ed altre analoghe istituzioni consigliati in altri Paesi, che tutte ne sono le realizzazioni per la maggioranza della popolazione », ecc.

Lo stesso concetto si trova ribadito in più punti nella successiva risoluzione sulla tattica della I Internazionale al primo Congresso, che fu la direttiva per tutti i partiti comunisti, laddove si diceva, per esempio, che « Il sistema dei Consigli realizza ila vera d[...]

[...] gerarchia complessa e bene articolata ».Alberto Caracciolo

561

Ed ancora in queirarticolo in polemica con Mondolfo, già citato da Togliatti, si dice che « ... l’essenziale fatto della Rivoluzione russa è l'instaurazione di un tipo nuovo di Stato, lo Stato dei Consigli, ed a esso deve rivolgersi la critica storica. Tutto il resto è contingenza ».

Più cerco di 'esaminare questa questione e meno riesco a capire come un simile aspetto del leninismo di Gramsci, e direi, del leninismo tout court, possa essere dimenticato. La questione era allora di cosi grande importanza che rappresentava una vera e propria condizione per partecipare al movimento comunista internazionale, e una decisiya discriminante rispetto ad ogni sorta di posizione socialdemocratica.

E si pensi che sia pure a parole e sia pure confusamente e senza nessun principio di applicazione reale l’intero movimento socialista italiano ripeteva allora con maggiore o minore consapevolezza queste cose, ad eccezione appunto dell’ala riformista. Si potrebbero prendere, anche su questo punto, numerosi documenti.[...]

[...]ora la risoluzione del successivo Congresso di Bologna (mozione Serrati) : « A tallii organismi parlamentari dovranno essere opposti organi nuovi proletari, Consigli di lavoratori, contadini, soldati, Consigli della economia pubblica, ecc. i quali divengano organismi di trasformazione sociale ed economica, di ricostruzione del nuovo ordine comunista ».

Mi pare che un’attenta e precisa ricerca su quello che era Gramsci negli anni in cui viveva Lenin, ci dimostri il suo leninismo anche su questa questione. Direi che ise non ci fosse in Gramsci questa precisa concezione sviluppata e poi originalmente portata avanti, dei Consigli come strumenti del potere, come forma originale dello Stato operaio, non

37.568

Gli interventi

potremmo dire che Gramsci sia stato leninista, sia stato in quel momento partecipe del pensiero complessivo di Lenin. 'Per questo, mentre nella comunicazione che ho presentato per iscritto avevo creduto di qualche interesse soffermarmi sulle differenze che si possono presentare tra i'1 pensiero di Lenin e quello di Gramsci, ho creduto però anche che fosse opportuno preliminarmente ribadire che queste differenze si svolgono pur sempre meH’ambito di una .generale concordanza, di una generale partecipazione alla esperienza, airinsegnamento, alle linee maestre che da Lenin venivano in quel momento portate, e che cosi si deve rileggere, reinterpretare Gramsci quando si voglia farne un raffronto con il leninismo e con Lenin.

Non voglio insistere di più su questa questione; c’è solamente da osservare, forse con una certa amarezza, come sia difficile per tutti noi ritornare a personaggi molto vivi, come Gramsci, nella polemica politica attuale, senza darne involontariamente una immagine adattata a sviluppi diversi che sono venuti poi. E come quindi sia ancora lungo il cammino per ricostruire la figura ed il pensiero di Antonio Gramsci* secondo uno sforzo non per trovarvi una conferma a quanto si fa oggi, ma per dare il più possibile, con autentico approfondimento di critica storica, l’unica ricostruzione che pu[...]



da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]ne incontra nei paesi colonizzati (limitando tuttavia la nostra analisi, in via generale, ai soli territori di quella che in Francia chiamiamo Africa nera).
Karl Marx non ha scritto alcuna opera sul problema specifico del colonialismo; ma scrisse due articoli nella « New York Tribune » del 25 giugno e 8 agosto 1853 sulla dominazione britannica in India, articoli nei quali si trovano già quelle idee essenziali che saranno più tardi sviluppate da Lenin.
Questi due articoli, pochissimo conosciuti, testimoniano d'una presa di coscienza assai approfondita dell'infelice stato dei popoli colonizzati, che per opera dell'uomo bianco son rimasti tagliati fuori dalle loro basi sociali e culturali tradizionali : « L'Inghilterra ha demolito tutto l'edificio della società indù, senza che possa
(5) V. il bellissimo Discours sur le colonialisme di Armi C sAsxs. Ed. Réclame, Paris 1950.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 63
ancora scorgersi alcun indizio d'una organizzazione nuova. Questa perdita del vecchio passato non essendo stata caratt[...]

[...]vocazione provvidenziale dell'uomo bianco, pseudoargomenti scientifici tratti da Darwin (6), politica di prestigio, obbligo d'ordine morale, ecc.. .
Un'analisi dell'imperialismo é stata condotta anche da scrittori borghesi come Charles A. Conant in T he Economic Basis of Imperialism (1898) e soprattutto dall'inglese J. A. Hobson in
(6) V. PEARSON, National life from the standpoint of the Science (1900).
64 JACQUES HOWLETT
Imperialism (1902). Lenin conosceva l'opera di Hobson, e, pur riprovando il suo punto di vista « socialriformista borghese », riconobbe che essa offriva « una descrizione eccellente, circostanziata, dei principali caratteri economici e politici dell'imperialismo » (7).
L'analisi sistematica dell'imperialismo, e quindi la sua condanna scientifica, Lenin l'intraprese nell'opuscolo intitolato « L'Imperialismo, stadio ultimo del Capitalismo », scritto a Zurigo nel 1916. L'imperialismo é legato a un'evoluzione del capitalismo per cui quest'ultimo, nel XX secolo, passa dalla stadio dell'esportazione delle merci a quello dell'esportazione del capitale. Vediamo infatti, nei primi anni del secolo, stabilirsi nel mondo la preponderanza monopolista di alcuni paesi ricchi, come la Germania, l'America del Nord, l'Inghilterra. I monopoli (cartelli, sindacati, trusts) appaiono in questa fase recente dello sviluppo del capitalismo, fase che é caratterizzat[...]

[...]usts) appaiono in questa fase recente dello sviluppo del capitalismo, fase che é caratterizzata anche dall'altro importante fenomeno della progressiva concentrazione bancaria. Prodottosi così un enorme eccedente di capitali, i capitalisti aumentano i propri benefici esportando tale eccedente all'estero, nei paesi arretrati. L'esportazione dei capitali é, insieme con i monopoli, una base essenziale dell'imperialismo. È così, continua l'analisi di Lenin, che prima della guerra (191418) i capitali investiti all'estero dai tre principali paesi (Inghilterra, Germania, Francia) ammontavano già a 175200 miliardi di franchi, i quali, al tasso modesto del 5 0/e, dovevano fruttare 810 miliardi all'anno. E Lenin aggiunge : « Ecco una solida base per l'oppressione e lo sfruttamento imperialista della maggior parte dei paesi e dei popoli del mondo, per il parassitismo capitalista d'un pugno di Stati opulenti » (op. cit., p. 168).
L'imperialismo, insomma, corrisponde allo stadio monopolistico del capitalismo; e Lenin riassume così i suoi caratteri fondamentali
(7) LENIN, L'impérialisme stade supérieur du capitalisme, p. 2. Testi riuniti in: Données complémentaires à l'impérialisme di E. VARGA et L. MENDELSOHN. Editions Sociales, Paris 1950.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 65
1) concentrazione della produzione e del capitale a un grado tale da provocare la formazione dei monopoli;
2) fusione del capitale bancario industriale;
3) esportazione di capitali;
4) formazione di unioni internazionali capitalistiche e monopolistiche, che si spartiscono il mondo;
5) spartizione territoriale del globo da parte delle maggiori potenze capitaliste.
Ma [...]

[...]tiche, che si spartiscono il mondo;
5) spartizione territoriale del globo da parte delle maggiori potenze capitaliste.
Ma il capitalismo generatore dell'imperialismo « agonizza », poiché, attraverso il sistema dei trusts, esso conduce alla socializzazione della produzione. A questa necessaria « agonia » del capitalismo la pratica marxista contribuisce incitando alla liberazione politica dei popoli colonizzati. In « Il socialismo e la guerra », Lenin difende il diritto dei popoli arretrati a disporre di se stessi; e Stalin, nel 1913, precisa questa politica di liberazione : « La rivoluzione d'ottobre — egli scrive (8) — ha scosso l'imperialismo non soltanto nei territori metropolitani, ma anche nei paesi coloniali e dipendenti, minando colà la sua dominazione. La liberazione del proletariato è per sua essenza universalista, e il proletariato non pub liberarsi senza con ciò stesso liberare i popoli oppressi ». V'è del resto, continua Stalin, più di un'analogia tra il proletario e il colonizzato : l'uno e l'altro si trovano in una posizione[...]

[...] in una economia mondiale, unica base materiale della vittoria del socialismo.
Partendo da questa base teorica, Stalin denuncia due errori politici : da un lato « lo sciovinismo metropolitano » di coloro (i socialisti) che non vogliono appoggiare la lotta condotta dai popoli colonizzati per darsi uno stato; e dall'altro la tendenza, presso i popoli colonizzati stessi, a confinarsi nel loro quadro strettamente nazionale, nel loro particolarismo. Lenin — citato a questo proposito da Stalin — aveva ben visto il legame dialettico che unisce queste due posizioni apparentemente contradittorie : nei paesi oppressori, gli operai difenderanno la libertà di separazione dei
paesi colonizzati, ché «senza di ciò non v'è internazionalismo )); nei paesi colonizzati, per contro, bisogna lottare « per l'indipen
denza politica della nazione e per la sua unione con gli altri stati ». In ogni caso, bisogna lottare contro i ristretti punti di vista nazio
(9) STALIN, Conferenze sui Principi del leninismo fatte all'Università di Sverdlov (aprile 1924).
I CO[...]

[...]e queste due posizioni apparentemente contradittorie : nei paesi oppressori, gli operai difenderanno la libertà di separazione dei
paesi colonizzati, ché «senza di ciò non v'è internazionalismo )); nei paesi colonizzati, per contro, bisogna lottare « per l'indipen
denza politica della nazione e per la sua unione con gli altri stati ». In ogni caso, bisogna lottare contro i ristretti punti di vista nazio
(9) STALIN, Conferenze sui Principi del leninismo fatte all'Università di Sverdlov (aprile 1924).
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 67
nalistici, contro l'isolamento e « per la subordinazione dell'interesse particolare all'interesse generale ». Per gli uni, dunque, lotta per la libertà di separazione; per gli altri, lotta per la libertà d'unione. «Nella situazione qual è, non può esservi altra via verso l'internazionalismo e la fusione delle nazioni » (10).
Stalin fissa con precisione e buon senso gli obbiettivi da perseguire per condurre i paesi colonizzati all'eguaglianza; bisognerà studiare la situazione economica e la [...]

[...]ati, non si pub dire che, dal 1925 in poi, gli avvenimenti abbiano smentito i dottrinari della rivoluzione comunista. Attualmente, nei paesi colonizzati (sia d'Africa che d'Asia), noi stiamo infatti assistendo non già soltanto a un risveglio dei nazionalismi, ma alla loro violenta affermazione. V'è un'idea, d'altra parte, che s'è ormai bene affermata, ed è quella della fine dell'epoca coloniale almeno nella sua forma classica. Come osserva
(10) LENIN, Bilan de la discussion sur le droit des nations d disposer d'ellesmêmes, citato da J. STALIN, in Le Marxisme et la question nationale et coloniale, p. 187. Editions Sociales, Paris 1950. V. anche, STALIN, Des taches politiques de l'université des peuples d'Orient, dove si denunciano due deviazioni possibili per quanto concerne la questione coloniale: 1) il semplicismo che non tiene conto delle particolarità proprie a ciascun popolo; 2) il nazionalismo che le esagera.
(11) De la façon de poser la question nationale, 1921.
68 JACQUES HOWLETT
uno scrittore che non pub esser sospettato d'obbe[...]

[...], alla mentalità primitiva. Di questo atteggiamento resta ancora qualcosa : l'uomo bianco colto non sa che condiscendere. Quanto all'uomo della strada, esso conosce il negro attraverso una iconografia tramontata ma vivace
(17) V. PAUL VERGES, La question culturelle dans les pays coloniaux, «La Nouvelle critique », marzo 1950.
(18) Stalin, nel 1929, dichiarava che: « la politica di assimilazione é assolutamente esclusa dall'arsenale del marxismoleninismo, in quanto politica antipopolare e controrivoluzionaria, in quanto politica funesta ». Le Marxisme et la question nationale et coloniale, Editions Sociales, 1950, p. 260.
72 JACQUES HOWLETT
che fa del Noir l'emblema sognato delle colazioni al cioccolato (« Y a bon Banania! ») o l'archetipo della sentinelladicolorefedelissima (« N'avancez pas, y en a sauvages! »), o ancora il buon figlio sottomesso del missionario barbuto. A questo proposito, basta sfogliare i numerosi « bollettini » (« La Voix du... » , « L'Evangile en... ») editi dalle Missioni. Si veda per esempio quella « Voix du Con[...]



da [Le relazioni] C. Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]genere umano, come avviene col comuniSmo. Non si tratta solo di una differenza quantitativa. Il problema della situazione di coscienza delle grandi masse, in seno alla lotta economica e politica, il problema della loro unificazione culturale, coinvolge, in un orizzonte più ampio, quello della unificazione culturale di tutti gli uomini. È l’orizzonte, virtualmente universale, di sviluppo e di dilatazione della società socialista e comunista, onde Lenin aveva scritto (1913) che « il punto essenziale della dottrina di Carlo Marx è l’interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista ».

Ciò riguarda, in modo non estrinseco ma Ìntimo, la natura della filosofia marxista, che è, prima di ogni altra cosa, la teoria rivoluzionaria della classe operaia e si rivolge innanzi tutto ad essa (Marx, Engels, Lenin, si preoccuparono sempre molto dell’educazione « teorica » degli « operai coscienti » e ne curarono attentamente i progressi, anche di piccoli gruppi), ma che assegna nel medesimo tempo alla rivoluzione proletaria un significato universale di riscatto dell’integrale umanità dell’uomo, dilacerata dalla divisione della società in classi antagoniste, le quali fondano la loro esistenza su « sistemi di sfruttamento » del lavoro, succedentisi storicamente. Integrale umanità d'ell’uomo che non è intesa nel marxismo (a differenza dei precedenti umanesimi, religiosi o no) come un dato metafìsico od or[...]

[...]à della considerazione dell’uomo nel suo nesso permanente e attivo con la natura (dal cui svolgersi e complicarsi storico si sviluppa tutta la storia sociale umana), come dell’unico punto di partenza concreto che possediamo per ogni altra considerazione sul reale. È il punto di partenza teorizzato riassuntivamente, ma incisivamente, da Marx nelle undici Tesi su Feuerbach (testo capitale per Gramsci) e il cui principio gnoseologico fu espresso da Lenin come « criterio della prassi». Ma qui conviene essere molto chiari, perché quanto stiamo dicendo contiene un preciso elemento polemico. Non sembrano conciliabili con questa posizione a cui Gramsci è fedele (e la riteniamo Tunica rigorosamente critica, oltreché corrispondente alla stessa genesi storica della dottrina) quelle forme di esposizione del marxismo, ancorché compiute a scopi didascalici, nelle quali il « materialismo storico » appare, secondo una implicita logica classificatoria e non dialettica, come caso particolare di applicazione (alla società) di un più generale « materialismo d[...]

[...]iero di Gramsci, tale da frenare lo sviluppo della « filosofia della prassi » nella sua capacità riformatrice delle coscienze di grandi masse umane. (E giova qui ricordare che tale assunto non fu mai proprio dei classici del marxismo.)

Questa presentazione della posizione di Gramsci potrebbe anche venir fraintesa unilateralmente. A Gramsci, che si era formato e aveva lottato in continuo contatto con le masse lavoratrici, non sfugge ciò su cui Lenin aveva richiamato l’attenzione, scrivendo : « Sarebbe il pia

1 Gfr., per la discussione del senso comune, M. S., pp. 57, 9, 11, 2527, 4647, 119121, 123 e passim. Inoltre cfr. p. 148. Gramsci si rifà qualche volta alla distinzione di « senso comune » e « buon senso » e ricorda anche il noto passo del Manzoni (Pp. 216). Alcune riflessioni di Gramsci potrebbero essere confrontate con il capitolo dedicato dal Cattaneo al « senso comune » nella sua Logica, (v. C. CATTANEO, Scritti filosofici letterari e vari, Firenze, 1957, p. 186 sgg.).

2 «...per le grandi masse della popolazione governata e[...]

[...]uttivo e della diffusione del marxismo, accanto alla lotta politica e sociale (e a chiarimento di essa), non è mai concepita come frattura con quel medesimo « senso comune ». E ciò non solo per ragioni di opportunità o concretezza politica ed educativa, ma per quel che il « senso comune » racchiude di positiva esperienza storica delle masse subalterne (la « cultura democratica » in esse storicamente immanente e da liberare, come aveva dichiarato Lenin) e in ultima analisi, per la struttura stessa genericamente umana del senso comune, per gli elementi di sperimentalismo che esso contiene, risultato e condizioni del pratico operare.

La critica dunque dei contenuti ereditari del « senso comune » si appoggia, dialetticamente, su di esso e muove non alla sua distruzione, che sarebbe proposito insensato, ma alla sua riforma e sostituzione con una concezione più coerente, che divenga fede, ossia norma intrinseca dell’agire. Il che non avviene né in un giorno, né in astratto, ossia come educazione astratta, verbale e libresca, bensì in connessi[...]

[...]ezione della storia che il popolo riconosca come espressione delle sue necessità vitali » 2. E aggiunge : « Non è possibile pensare alla vita e alla diffusione di una filosofia che non sia insieme politica attuale, strettamente legata all’attività preponderante nella vita delle classi popolari, il lavoro, e non si*presenti pertanto, entro certi 'limiti, come connessa 'necessariamente alla scienza. Essa concezione nuova magari assumerà inizial
1 Lenin, Il significato del materialismo militante (trad. it. in MarxEngelsmarxismo, Roma, 1952, p. 445).

2 M. S., p. 226.466

Le relazioni

mente forme superstiziose e primitive come quelle delk religione mitologica, ma troverà in se stessa e nelle forze intellettuali che il popolo esprimerà dal suo seno gli elementi per superare questa fase primitiva ».

Queste ultime parole di Gramsci, cosi strettamente connesse all’idea del marxismo come « concezione unitaria di massa » e « riforma popolare », ci conducono al problema della sua fase moderna di svolgimento : rispetto, intendo dire, all’i[...]

[...]lla sua fase moderna di svolgimento : rispetto, intendo dire, all’intiera epoca storica in cui viviamo. La questione è sempre considerata da Gramsci in rapporto a quella del potere e dello Stato e della loro conquista da parte della classe operaia. Non è possibile qui entrare nei particolari (ed il tema è oggetto di un’altra relazione), ma è essenziale ricordare che attraverso questo collegamento opera in Gramsci, in maniera decisiva, la nozione leniniana che egli indica costantemente sotto il termine di « egemonia » : e non solo la nozione, ma la sua realizzazione, ossia l’esperienza storica della rivoluzione di Ottobre. Si tratta dei problemi concreti che si sono imposti alla classe operaia nell’« epoca deirimperialismo e delle rivoluzioni proletarie », i problemi delle alleanze di classe, delk direzione politica su altri gruppi sociali, delk connessa lotta ideale, e, dopo la conquista rivoluzionaria del potere, della organizzazione della società politica e civile, e delk direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariamente al[...]

[...]alismo e delle rivoluzioni proletarie », i problemi delle alleanze di classe, delk direzione politica su altri gruppi sociali, delk connessa lotta ideale, e, dopo la conquista rivoluzionaria del potere, della organizzazione della società politica e civile, e delk direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariamente allargata, a contatto con lo sviluppo reale, nel nostro secolo, la problematica marxista dello Stato, e di cui fu maestro Lenin. Ora, è importante notare che qui fanno nodo e si articokno tutti gli elementi teorici del pensiero di Gramsci: « L’egemonia realizzata — egli scrive (riferendosi alla rivoluzione di Ottobre) — significa la critica reale di una filosofia, la sua reale dialettica » \

La quale asserzione, a questo punto, non avrebbe bisogno di ulteriori chiarimenti. Ma essa guadagna la pienezza del suo significato se la proiettiamo in un contesto concettuale più largo. Scrive altrove Gram
1 M. S., p. 75. Ove anche si legge: «La fondazione di una classe dirigente (cioè di uno Stato) equivale alla creazione d[...]

[...]i: «La proposizione contenuta nella introduzione alla Critica dell’Economia politica che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ideologie deve essere considerata come un affermazione di valore gnoseologico, e non puramente psicologico e morale. Da ciò consegue che il principio teoricopratico dell’egemonia ha anch’esso una portata gnoseologica e pertanto in questo campo è da ricercare l’apporto massimo di Ilic [Lenin] alla filosofia della prassi » \ Un imponente gruppo di problemi teorici, metodologici, storiografici, che si è costretti a tralasciare, si collega a questa affermazione. Sono i problemi relativi alla realtà e storicità delle soprastrutture (la discussione di Gramsci con lo storicismo idealistico è in gran parte legata a questo tema), alla eredità storicoculturale, al nesso fra ideologia, scienza, filosofia, e, ancora una volta, fra filosofia e politica; sono i problemi, soprattutto, relativi alla questione della oggettività (e correlativamente della soggettività, non solo individuale ma di g[...]



da Cesare Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Antonio Gramsci in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]lema della situazione di coscienza delle grandi masse, in seno alla lotta economica e politica, il problema della loro unificazione culturale, coinvolge, in un orizzonte più ampio, quello della unificazione culturale di tutti gli uomini. E l'orizzonte, virtualmente universale, di svi
(15) II materialismo storico ecc., cit., p. 80.
(16) Cfr. op. cit., p. 86.
192 CESARE LUPORINI
luppo e di dilatazione della società socialista e comunista, onde Lenin aveva scritto (1913) che « il punto essenziale della dottrina di Carlo Marx è l'interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista ».
Ciò riguarda, in modo non estrinseco ma intimo, la natura della filosofia marxista, che è prima di ogni altra cosa, la teoria rivoluzionaria della classe operaia e si rivolge innanzi tutto ad essa (Marx, Engels, Lenin, si preoccuparono sempre molto dell'educazione « teorica » degli « operai coscienti » e ne curarono attentamente i progressi, anche di piccoli gruppi), ma che assegna nel medesimo tempo alla rivoluzione proletaria un significato universale di riscatto dell'integrale umanità dell'uomo, dilacerata dalla divisione della società in classi antogoniste, le quali fondano la loro esistenza su « sistemi di sfruttamento » del lavoro, succedentisi storicamente. Integrale umanità dell'uomo che non è intesa nel marxismo (a differenza dei precedenti umanesimi, religiosi o no) come un dato metafisico od ori[...]

[...] della considerazione dell'uomo nel suo nesso permanente e attivo con la natura (dal cui svolgersi e complicarsi storico si sviluppa tutta la storia sociale umana), come dell'unico punto di partenza concreto che possediamo per ogni altra considerazione sul reale. E' il punto di partenza teorizzato riassuntivamente, ma incisivamente, da Marx nelle undici tesi su Feuerbach (testo capitale per Gramsci) e il cui principio gnoseologico fu espresso da Lenin come « criterio della prassi ». Ma qui conviene essere molto chiari, perché quanto stiamo dicendo contiene un preciso elemento polemico. Non sembrano conciliabili con questa posizione a cui Gramsci é fedele (e la riteniamo l'unica rigorosamente critica, oltreché corrispondente alla stessa genesi storica della dottrina) quelle forme di esposizione del marxismo, ancorché compiute a scopi didascalici, nelle quali il « materialismo storico » appare, secondo una implicita logica classificatoria e non dialettica, come caso particolare di applicazione (alla società) di un più generale « materialismo[...]

[...]nsiero di Gramsci, tale da frenare Io sviluppo della « filosofia della prassi » nella sua capacità riformatrice delle coscienze di grandi masse umane. (E giova qui ricordare che tale assunto non fu mai proprio dei classici del marxismo).
Questa presentazione della posizione di Gramsci potrebbe anche venir fraintesa unilateralmente. A Gramsci, che si era formato e aveva lottato in continuo contatto con le masse lavoratrici, non sfugge ciò su cui Lenin aveva richiamato l'attenzione, scrivendo: « Sarebbe il più grande errore e il peggiore che possa commettere un marxista, quello di credere che le masse popolari, costituite da milioni di esseri umani (e soprattutto dalla massa dei contadini e degli artigiani) condannati alle tenebre, all'ignoranza e ai pregiudizi da tutta la società moderna, possano uscire da queste tenebre solo seguendo la retta via di un'istruzione puramente marxista » (33). È, anzi, proprio un problema di tale natura che guida la sua ricerca. La discussione col « senso comune », che egli prospetta come elemento essenziale [...]

[...]a chiarimento di essa), non é mai concepita come frattura con quel medesimo « senso comune ». E ciò non solo per ragioni di opportunità o concretezza politica ed educativa, ma per quel che il « sen
(32) «... per le grandi masse della popolazione governata e diretta la filosofia o religione del gruppo dirigente e dei suoi intellettuali si presenta sempre come fanatismo e superstizione, come motivo ideologico proprio di una massa servile ».
(33) LENIN, Il significato del materialismo militante (trad. it. in MarxEngelsmarxismo, Roma, 1952, p. 445).
LA METODOLOGIA DEL MARXISMO 203
so comune » racchiude di positiva esperienza storica delle masse subalterne (la « cultura democratica » in esse storicamente immanente e da liberare, come aveva dichiarato Lenin) e in ultima analisi, per la struttura stessa genericamente umana del senso comune, per gli elementi di sperimentalismo che esso contiene, risultato e condizioni del pratico operare.
La critica dunque dei contenuti ereditari del « senso comune » si appoggia, dialetticamente, su di esso e muove non alla sua distruzione, che sarebbe proposito insensato, ma alla sua riforma e sostituzione con una concezione più coerente, che divenga fede, ossia norma intrinseca dell'agire. Il che non avviene né in un giorno, né in astratto, ossia come educazione astratta, verbale e libresca, bensì in connession[...]

[...]a epoca storica in cui viviamo. La questione é sempre considerata da Gramsci in rapporto a quella del potere e dello Stato e della loro conquista da parte della classe operaia. Non é possibile qui entrare
(34) Il materialismo storico ecc., cit., p. 226.
204 CESARE LUPORINI
nei particolari (ed il tema è oggetto di un'altra relazione), ma è essenziale ricordare che attraverso questo collegamento opera in Gramsci, in maniera decisiva, la nozione leniniana che egli indica costantemente sotto il termine di « egemonia »: e non solo la nozione, ma la sua realizzazione, ossia l'esperienza storica della rivoluzione di Ottobre. Si tratta dei problemi concreti che si sono imposti alla classe operaia nella « epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie », i problemi delle alleanze di classe, della direzione politica su altri gruppi sociali, della connessa lotta ideale, e, dopo la conquista rivoluzionaria del potere, della organizzazione della società politica e civile, e della direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariament[...]

[...]smo e delle rivoluzioni proletarie », i problemi delle alleanze di classe, della direzione politica su altri gruppi sociali, della connessa lotta ideale, e, dopo la conquista rivoluzionaria del potere, della organizzazione della società politica e civile, e della direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariamente allargata, a contatto con lo sviluppo reale, nel nostro secolo, la problematica marxista dello Stato, e di cui fu maestro Lenin. Ora, è importante notare che qui fanno nodo e si articolano tutti gli elementi teorici del pensiero di Gramsci: « L'egemonia realizzata — egli scrive (riferendosi alla rivoluzione di Ottobre) — significa la critica reale di una filosofia, la sua reale dialettica » (35).
La quale asserzione, a questo punto, non avrebbe bisogno di ulteriori chiarimenti. Ma essa guadagna la pienezza del suo significato se la proiettiamo in un contesto concettuale più largo. Scrive altrove Gramsci: « La proposizione contenuta nella Introduzione alla ' Critica dell'Economia politica' che gli uomini prendono cosc[...]

[...] La proposizione contenuta nella Introduzione alla ' Critica dell'Economia politica' che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ideologie deve essere considerata come un'affermazione di valore gnoseologico, e non puramente psicologico e morale. Da ciò consegue che il principio teoricopratico dell'egemonia ha anch'esso una portata gnoseologica e pertanto in questo campo è da ricercare l'apporta massimo di Ili' [Lenin] alla filosofia della prassi » (36).
Un imponente gruppo di problemi teorici, metodologici, sto
(35) Op. cit., p. 75. Ove anche si legge: «La fondazione di una classe dirigente (cioè di uno Stato) equivale alla creazione di una Weltanschauung. L'espressione che il proletariato tedesco è l'erede della filosofia classica tedesca come deve essere intesa? Non voleva indicare Mari l'ufficio storico della sua filosofia divenuta teoria di una classe che sarebbe diventata Stato? Per Ilie' questo è realmente avvenuto in un territorio determinato ». Cfr. op. cit., p. 32 e passim.
(36) Op. cit., p. 3[...]



da Graziadei (relatore), Discorso Graziadei in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]rra vi dá un'espressione del marxismo che è veramente quella essenziale del « Manifesto dei comunisti » non quella che fu malamente il
37
prodotto di una situazione storica felice, ma, appunto perciò, in regime borghese, necessariamente transitoria.
Si dice: ma nelle tesi della Terza Internazionale c'è del volontarismo, direi quasi c'è del mussolinismo o del d'annunzianismo. (Commenti). Alcuni parlano addirittura di bergsonismo, ignorando che Lenin ha pubblicato tempo fa un'opera magistrale contro il bergsonismo.
Orbene, non è affatto vero che la Terza Internazionale metta di moda il volontarismo, quel nobile, ma romantico ed infantile rivoluzionarismo che per ragioni storiche allignò molto tempo, e sino a poco fa anche nel nostro Partito, quando troppo pochi erano coloro che lo combattevano.
La Terza Internazionale sa benissimo, e l'ho già detto prima, che le rivoluzioni non avvengono per capricci storici, non avvengono che come il portato di molte condizioni. Ma, in accordo con Marx, tra queste condizioni pone anche la volontà colle[...]

[...], da una parte rendere impossibile la guerra borghese e di rendere possibile, perché necessaria, la guerra socialista del proletariato contro la borghesia, per l'ultima volta, e nello stesso tempo costruire un'altra economia che non sia piú quella capitalista, ma che sia, per l'accresciuta coscienza politica e sociale del proletariato, l'economia del comunismo graduale. Dico del comunismo graduale, perché coloro che non hanno mai letto niente di Lenin, dicono che Lenin voleva fare il comunismo in un solo giorno ! (Applausi da parte dei comunisti).
E un altro principio della Terza Internazionale è proprio questo principio profondamente marxista e la cui discussione ha nella storia del socialismo russo e nella storia del socialismo tedesco pagine di cultura ammirabili, che sarebbe bene che venissero da noi studiate — che
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la Terza Internazionale sostiene che in linea generale e in linea particolare non tutte le categorie o le sottoclassi della classe operaia e del, proletariato sono ugualmente atte all'attacco contro la rocca del potere politico, e che p[...]

[...]
ché è caduto nell'illusione democraticopiccolo borghese di Wilson e della Lega delle Nazioni ! (Benissimo I).
Non è, dunque, caratteristico questo fatto, che la Terza Internazionale combatta Longuet con una asprezza incredibile, tanto che, aven do avuto l'onore una volta di andare a Parigi per conto del Partito socialista, ed essendo stato invitato a colazione dal compagno Faure, che era amicissimo di Serrati, mi accorsi, e non lo sapevo, che Lenin proprio in quei giorni aveva scritto una lettera formidabile contra Longuet, amico politico e compagno del Populaire con Faure? Ma ne appresi le ragioni in seguito, quando mi misero fra le mani gli scritti ed i discorsi di Longuet sul problema della Lega delle Nazioni, e compresi allora quello che non avevo capito prima, e cioè che la lotta contro Longuet era condotta dalla Terza Internazionale, indipendentemente dal suo atteggiamento per la guerra, perché per la Terza Internazionale il problema della guerra passata è superato, e c'è il grande problema del come sfruttarne per la rivoluzione l[...]

[...]ermanica e la rivoluzione austriaca. Ecco le fonti formidabili delle informazioni della Terza Internazionale ! E, attraverso quella tragica , esperienza che si è fatta là, essa può vedere completamente quali sono le conseguenze ultime di premesse che da noi sembrano ancora innocue e prettamente socialiste. (Bene !).
E poi, amici, che ci possano essere delle informazioni errate, non lo nego; ma gli scritti sono scritti. Ora, date ad un uomo come Lenin, come Trotzki, o come il compagno Levy, e quegli altri che parleranno, ben piú degni di me e di noi, da questa tribuna, date a quegli uomini che hanno una cultura di cui non abbiamo alcun concetto, che hanno una esperienza di cui non abbiamo idea, date a loro un articola di un omuncolo come il signor Graziadei, di un uomo di valore come Turati, ed essi vi vedranno ciò che noi non sappiamo ancora vederci ! (Benissimo! da parte dei comunisti). Perché essi hanno un'esperienza rivoluzionaria che permette loro di dire che si comincia in questo modo; ma si finisce in quell'altro, per necessità di c[...]

[...]spesso anzi non è ancora sistematicamente nemmeno cominciata ». E poi: « Per i Partiti comunisti il compito del momenta non consiste nel provocare (amici romagnoli, voi che siete stati per tanto tempo dei romantici, non diventate oggi zitellone !) la rivoluzione con mezzi artificiali prima che si abbia una preparazione sufficiente, ma consiste nell'intensificare con l'azione la preparazione preventiva del proletariato ».
E i compagni Zinowieff, Lenin e Bukarin, nella lettera ai socialisti italiani del 27 agosto 1920 dicevano: « Noi siamo contro ogni provocazione artificiale di sommosse; noi siamo contro i moti impulsivi, impreparati ed incoerenti ». E la lettera aggiungeva altre cose di cui non mi posso occupare per non abusare della vostra pazienza, ma che non portano alla negazione di queste premesse, ma le integrano in quanto fanno vedere da una parte i pericoli di una rivoluzione affrettata, non preparata, artificialmente provocata, e dall'altra anche il pericolo — e noi anche di questo soffriamo — di parlare troppo maggiormente di ri[...]

[...]uesta.
Tutti sappiamo del grande dibattito di dottrina e di esperienza rivoluzionaria che c'è stato tra Zinowieff e Martoff, e il duello grandioso tra loro due non riguarda tanto la questione, del resto importantissima, della Germania, ma riguarda principalmente i grandi problemi della dottrina e della pratica marxista.
Si dice poi che ci sono delle speciali concessioni per l'Inghilterra, e si dice che è una speciale concessione quella per cui Lenin e la Terza
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Internazionale hanno consigliato i comunisti inglesi ad entrare nel « Labour Party ».
Non voglio discutere la questione del « Labour Party », perché l'ora è tarda, ma non si tratta di concessioni nel senso inteso dall'Avanti! ma di una tesi internazionale che riguarda non già la composizione del Partito comunista inglese, ma l'ambiente nel quale deve anche recarsi a lavorare quel Partito comunista, una volta che si sia composto, anche là, come vogliono che sia composto da per tutto.
Dunque i problemi sono diversi...
BORDIGA: È una tesi del Congresso non una decisione dell'E[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Lenin, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---socialista <---Pratica <---comunista <---siano <---marxista <---socialismo <---marxismo <---comunisti <---italiano <---italiana <---socialisti <---Dialettica <---Filosofia <---Gramsci <---Marx <---capitalismo <---Ciò <---leninismo <---leninista <---comunismo <---ideologia <---Stato <---abbiano <---fascismo <---Logica <---ideologica <---italiani <---fascista <---ideologie <---marxisti <---materialismo <---Così <---Russia <---ideologico <---imperialismo <---storicismo <---Perché <---idealismo <---ideologiche <---ideologici <---Diritto <---Engels <---Ordine Nuovo <---Stalin <---gramsciana <---gramsciano <---riformismo <---Del resto <---Ecco <--- <---Scienze <---Partito <---Sistematica <---Trotzki <---capitalista <---opportunismo <---riformista <---Francia <---Meccanica <---Metafisica <---italiane <---liberalismo <---nell'Unione <---socialiste <---Sociologia <---realismo <---sindacalismo <---sindacalisti <---sociologia <---Cosa <---Dei <---Labriola <---Mi pare <---Più 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