Brano: [...] in scena da Eroe volesse mai dire... (Epistolario, vol. iv, pp. 349350).
A quei tempi era usanza comune che della scenografia si occupasse il capocomico, mentre onere e responsabilità dei costumi gravavano per lo piú sugli attori 16. Anche su tale piano il Foscolo volle rompere con la tradizione, fornendo personalmente le indicazioni necessarie per una soddisfacente realizzazione scenografica e costumistica. Ciò avvenne per l'Ajace í7 e
14 Il Lampredi scriveva nel « Poligrafo » del 15 dicembre 1811: « gli attori potevano essere accusati d'una certa uniformità di tuono, e d'inflessione, la quale ha quasi sempre luogo, quando uno solo ha il diritto di fargli declamare secondo il suo gusto, le sue maniere e la sua fantasia ».
1s Durante le prove, il Foscolo scrive a Giuseppe Grassi: l'attore « che per disperazione s'assunse la parte è piú infermo degli altri: è vero che costui et mangia, et beve, et dorme, et veste panni, e fa cose da sano altre parecchie, ma alla stretta de' conti, è infermissimo, perché ha il cervello fatto naturalmente di[...]
[...]e volle cosí precisare nei minimi particolari le sue disposizioni sulla realizzazione della scena e dei costumi 18. Gli esecutori dovettero essere molto coscienziosi, se il Foscolo, scontento sotto ogni altro aspetto dello spettacolo, scrisse: « La scena era ben decorata, esattamente dipinta, e il vestiario convenientissimo a' tempi e magnifico ... il pubblico picchiava le mani ... » (Epistolario, vol. iv, p. 350). Di parere diverso era stato il Lampredi, che, sul « Poligrafo » del 29 dicembre 1811 aveva scritto dell'Ajace: « I vestimenti inargentati, indorati, ingemmati, e la forma dell'armi..., e tutto ciò in somma, onde si formavano l'esterne decorazioni della Tragedia, tutto corrispondeva assai male ai semplici costumi, e alle usanze de' secoli Eroici... ». Ci è impossibile valutare oggi la serenità del suo giudizio: certo egli aveva ragione ad attribuire, nel bene o nel male, la responsabilità della miseenscène all'« illustre autore che ha voluto diriggere in tutto e per tutto gli accessorj dello spettacolo... ». Ciò deve essere vero piú[...]
[...]26 dicembre 1772 e morta a Verona nel 1840), figlia d'arte, fu la piú grande attrice dei tempi suoi. Dopo rapida e brillantissima carriera, fu prima donna nella Compagnia Reale dal 1807 al 1812, dove percepiva una paga altissima. Grande sia nel tragico sia nel comico, eccelse nell'interpretazione dei testi alfieriani. Rovinata dai dissesti finanziari del genero, si ammalò e mori in miseria.
29 Lasciando a parte le malevole e ben note parole del Lampredi, riportiamo di seguito i passi piú significativi apparsi su altri giornali dell'epoca: « ... La ... tragedia però non riscosse quella corona, a cui sembrava di dover aspirare, e malgrado alcuni pregi che in essa risplendono, lasciò o freddo, o indifferente il cuore degli affollati spettatori... » (« Giornale Italiano », 15 dicembre 1811); « ... riescirà difficile il credere che il Sig. Foscolo non ottenesse pieni, e generali applausi » (« Corriere delle Dame », 14 dicembre 1811); « ... terminata la tragedia, il pubblico, stanco dell'eccessiva prolissità del componimento, soprattutto dell'atto[...]
[...]figuriamoci alla recita) » 31, è stato notato: il pubblico, infatti, è inesorabile quando non riesce a capire e ben poco può comprendere di un'azione tragica la cui catastrofe (y atto) trova motivazione psicologica in un fatto accaduto nel i atto, a piú di mille versi di distanza, con quattro intervalli in mezzo e senza alcun richiamo logico intermedio, tale da facilitare la perspicuità del nesso causaeffetto 32. Le ironiche battute riferite dal Lampredi all'indomani della prima 33 non ci sembrano, dunque, del tutto ingiustificate e ugualmente fondato ci pare l'altro appunto ch'egli muove all'A¡ace per bocca di uno spettatore, denunciando l'eccessiva lunghezza della tragedia 34: essa consta infatti, nella stesura definitiva, di ben 1903 versi, divisi nei canonici cinque atti, mentre in tin primo tempo i versi erano 175035. Ciò non può essere considerato un difetto toutcourt, la lunghezza essendo dato variabile a seconda della ricchezza di contenuti e dell'articolazione drammatica. Ma proprio nell'articolazione l'Ajace non soddisfa pienamente:[...]
[...] si riscontra nel Tieste e nella Ricciarda in cui l'autore, pur perseguendo la medesima essenzialità di gusto ' alfieriano, non dimentica di illuminare i passaggi necessari allo svolgimento della trama. Non manca, per la verità, anche nella Ricciarda qualche passo un po' oscuro (iv, 4; v, 3).
33 « Io per me ... non ho potuto capire perché Ajace siasi data la morte ... Ciò per me a nulla monta ... »: tali le parole attribuite agli spettatori dal Lampredi che conclude: « ... giudizj, che ho poi trovato conformi a quelli della maggior parte degli Spettatori » (« II Poligrafo », 15 dicembre 1811).
34 « Io mi sono annojato moltissimo, e la Tragedia mi è sembrata troppo lunga » (ivi).
33 Piú stringate le altre tragedie foscoliane, rispettivamente di 1407 versi il Tieste e di 1298 versi la Ricciarda.
36 I pareri dei critici sulla validità dei singoli atti sono discordi: in linea di massima, tuttavia, le censure colpiscono soprattutto i primi tre atti (dr. « Giornale italiano », 15 dicembre 1811; E. FLORI, op. cit., p. 157). Dopo la lettura priva[...]