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Il segmento testuale La casa è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 324Analitici , di cui in selezione 12 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da «Dimmi bel giovane», incipit «Pria di cader nel fango della via» [Inno individualista], breve racconto incidente alla Nobile [Nobel] in Intervista di Leoncarlo Settimelli a Donato Settimelli sui fatti di Porto di Mezzo, Arditi del Popolo, canti e altre testimonianze sul 1921.

Brano: Trascrizione KosmosDOC (c) 20062012
Dimmi bel giovine,
onesto e biondo
dimmi la patria
tua qual è
[tua qual è]

Adoro il popolo,
la mia patria è il mondo
il pensier libero
è la mia fé
[è la mia fé]

La casa è di chi l'abita
è un vile è chi l'ignora
il tempo è dei filosofi
[il tempo è dei filosofi]
La casa è di chi l'abita
è un vile è chi l'ignora
il tempo è dei filosofi
e la terra di chi la lavora

Addio mia povera
casetta addio
madre amatissima
e genitor
[e genitor]

Io pugno intrepido
per la Comune
come Leonida
saprò morir
[saprò morir]

la casa è di chi la abita
è un vile è chi l'ignora
il tempo è dei filosofi
[il tempo è dei filosofi]
la casa è di chi la abita
è un vile è chi lo ignora
il tempo è dei filosofi
e la terra di chi la lavora


Ecco, forse la comune come si dice lì. Perché anche lì c'era la comune
LS: La musica di chi è?
DS: no. Questa la si cantava anche prima, si cantava anche prima. Questa l'è vecchissima, quest'è vecchissima, sì.
LS: E tu hai detto di quell'altra
DS: E poi c'è un'altra
LS: Aspetta tu. Dice Noi siam la gioventù comunista era su un'aria fascista
DS: si codesta la scrissi proprio per i giovani comunisti
LS: e che canzone era quella fascista?
DS: come? Si, e la c'era una canzon[...]



da Franco Fido, Saggi e studi. Giacinta nel paese degli uomini: interpretazioni delle «villeggiature» in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]sforzo compiuto da Goldoni per esporre sulla scena le contraddizioni di quella società veneziana che egli era sul punto di abbandonare. Proprio l'ambizione di tale progetto e la complessità della sua esecuzione sembrano aver dissuaso i goldonisti italiani da un lavoro esegetico sulla trilogia paragonabile per estensione e qualità a quello compiuto sugli altri capolavori del veneziano, dalla Locandiera e dagli Innamorati ai Rusteghi, Sior Todero, La casa nova, Le baruffe chiozzotte.
Anche fra le commedie appena ricordate ce ne sono di profondamente nuove nella struttura e nella concezione dei personaggi, come Le baruffe: ma a una lettura, se non altro, in chiave festosa e « corale » delle Baruffe poteva preparare il filone popolare e carnevalesco delle tabernariae (Il campiello!); mentre, nonostante il tema familiare a Goldoni e ai suoi spettatori, niente prepara veramente alle Villeggiature. È significativo che si sia fatto talvolta a proposito della trilogia il nome di Cecov (Banti 1961, pp. 25, 37): confronto con un moderno tanto legittim[...]

[...]rcezione adeguata della straordinaria novità delle Smanie, delle Avventure e del Ritorno richiede un esame preliminare dei loro molteplici legami con la « tradizione » goldoniana anche piú minuto di quanto sia necessario alla comprensione delle altre commedie.
1. Il primo contesto nel quale vanno considerate le tre Villeggiature è quello della stagione creativa 17591762, anzi del momento esatto in cui cade la loro composizione, tra I rusteghi e La casa nova da una parte, Sior Todero e Le baruffe dall'altra.
L'accostamento che si impone subito è quello agli Innamorati del 1759; sia, in termini piú generali e ovvi, per l'intrecciarsi delle passioni — amore, gelosia, rabbia — e del raziocinio che cerca di canalizzarle; sia per analogie piú specifiche: padroni che « recitano » a piena voce il loro patema e servi che li osservano, li compatiscono o li criticano; clima di angustie economiche e di piccole umiliazioni che si riflette sui rapporti personali e sugli affetti'. C'è il fatto infine che, quasi a salvaguardare l'organismo comico dalla pr[...]

[...]lla indicata.
Altrettanto evidenti sono i punti di contatto della trilogia con le grandi commedie borghesi che la precedono e la seguono immediatamente, tutte variamente dominate dalla discussione di un costume di vita interpretato di volta in volta in modo troppo angusto (Rusteghi, Todero) o con spirito troppo liberale (Casa nova, Villeggiature) 3. $ stato anzi notato che la trilogia non fa che articolare in tre successive azioni i tre atti della Casa nova: 1) sogno di un trasferimento « altrove » per scimmiottare la nobiltà; 2) vita
1 Per questa osservazione sugli Innamorati v. BARATTO 1964, pp. 21316.
2 Per il riconoscimento di un canovaccio dell'Arte negli Innamorati seguo (con una lieve modifica: Clorinda al posto di Flamminia) ZORZI 1972, pp. 1015.
3 Cfr. BARATTO 1964: « Goldoni è costretto via via a mutare i criteri del giudizio ... Appare innovatore nelle vecchie famiglie, conservatore nelle nuove » (p. 222).
GIACINTA NEL PAESE DEGLI UOMINI: INTERPRETAZIONE DELLE « VILLEGGIATURE » 375
dissipata nella nuova residenza; 3) interve[...]

[...]a) ZORZI 1972, pp. 1015.
3 Cfr. BARATTO 1964: « Goldoni è costretto via via a mutare i criteri del giudizio ... Appare innovatore nelle vecchie famiglie, conservatore nelle nuove » (p. 222).
GIACINTA NEL PAESE DEGLI UOMINI: INTERPRETAZIONE DELLE « VILLEGGIATURE » 375
dissipata nella nuova residenza; 3) intervento risanatore di un personaggio « buono » e ritorno alla saggezza (Joly 1978, p. 216).
A parer mio la differenza tra il lieto fine della Casa nova e la malinconica conclusione della trilogia è assai piú significativa delle loro somiglianze. Resta comunque il fatto che in tutte queste commedie il malessere di un ceto culturalmente immaturo davanti alla storia si traduce nel falso — e pur tormentoso — dilemma di una scelta nello spazio: « in casa »/« fuori », « casa vecchia »/« casa nuova », « città »/« campagna », come alibi da una motivata scelta nel tempo, del presente contro il passato dei rusteghi, o contro il futuro assurdamente prolungato e pianificato dal vecchio Todero, incautamente ipotecato da Giacinta 4.
In parecchie di [...]

[...]me nei Mercatanti già ricordati) e la vocazione casalinga delle sue concittadine, come nella Buona famiglia del 1755:
ISABELLA: Perché non fa insegnare anche a me, signor padre, che imparerei tanto volentieri le lettere?
FABRIZIO: Figliuola mia, le lettere non sono per voi. Non dico già che non aveste ingegno atto ad apprenderle, che so benissimo altre valenti donne averle egregiamente apprese; ma le cure devono essere distribuite. La briga della casa non è poca briga, sapete? e le donne vi si adattano meglio; e voi, o qui o altrove, avrete bisogno d'essere istruita in ciò piú che in altro; e i lavori di mano che fate voi altre donne, sono utili alla famiglia quanto le arti che proprie sono dell'uomo. Contentatevi di far quello che a voi si destina, e piú del talento fate conto della bontà di cuore. Imitate la madre vostra e sarete certa di riuscir bene (I, 9).
La paternalistica unzione di un discorso come questo sembra fatta apposta per suscitare le ire e le denunce delle femministe del Chiari (si ricordi la tirata della pecoraia Cefisa [...]



da Rocco Scotellaro, L'uva puttanella (con una nota introduttiva di Carlo Levi) in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]lci come gli altri, col sole dentro, la polvere sulla pelle.
II°
1.
Mi ritiravo le notti, con tutti gli atti e i peccati del giorno, solo veramente, eppure mai mi capitava di non essere accompagnato.
Quelli, dov'ero stato a bere e giocare, mi mettevano in mezzo, guerrieri di un re pari loro, con una divisa di fierezza mi scortavano fino alla porta di casa. Avanti e intorno erano nascondigli, vicoli sopra e ai lati; di fronte era l'entrata della casa del mio padrino, senza battenti, dava in una scala e poi, in alto c'era la porta. Era sempre scuro là e nel vicolo a fianco. Se uno mi voleva tirare un colpo, era facile, ma i miei compagni mi proteggevano, guerrieri e fraterni, dei loro mantelli o delle giubbe, con le mani nelle tasche, fino a che non scomparivo dietro la mia porta e i cardini stridevano e il ferro tintinnava tra i passanti dell'altro battente.
L'UVA PUTTANELLA Il
2.
« Non andare dentro alle persone in questo modo ».
Frase dettami da una ragazza che aveva un segreto
amoroso che io volevo sapere.
3.
— Requie e riposo[...]

[...]di a germogli fatti.
18 ROCCO SCOTELLARO
— Contentati — dicevano a San Pancrazio i contadini, gli agricoltori, se non c'è di più fuoco come meriteresti.
— Morte e corte: come ti puoi aiutare!
— Secondo la cadenza del discorso.
30.
Strada facendo.
La masseria della Serra Alata é lontana 25 chilometri da Laurenzana, il paese più vicino. È situata a mezza costa, solo più a monte cominciano i primi radi alberi di querce: si vede dal torrente la casa del padrone con un primo e un secondo piano, cui seguono i vani bassi per le stalle delle vacche e il ricovero dei pa stori e dei gualani.
Pancrazio é un giovane di 22 anni, pastore. Si leva dal giaciglio di paglia quando ancora non è l'alba, ma gli uccelli nei pirastri vicini e sulle tegole della masseria fanno già il pandemonio: un altro pastore dorme ancora : il vano é occupato dai due giacigli, ottenuti da assi di legno che si irramano alle estremità da cui pendono secchi, fiscelli, le coppole, le giacche, i bastoni ricurvi.
Pancrazio sveglia il cane Schiappino, un cucciolo dal pelo ros[...]

[...]tremanti parla che dovrà scrivere una grande opera della nostra gente.
35.
Lo scrupolo della mezza lenticchia.
Zio Michele Tribunale ebbe il desiderio, grosso e tribunalizio com'è, di suonare la tromba a pompetta di un'automobile. Toccandola con le sue mani, la pompetta si staccò. Pensando di dover pagare il danno e essere comunque richiamato o punito, and() a nascondersi nella sua macelleria. Dei ragazzi indicarono ai padroni della macchina la casa di zio Michele. Fu trovato alto dietro lo stiglio della carne, così detto moschiera per la retina che ha contro le mosche. Lì zio Michele era rigido e pauroso senza parola. Sco
L'UVA PUTTANELLA 21
perto, alzò le mani come dovesse difendersi da persone armate: « Vi pago », disse, « ciò che volete ».
Sempre di zio Michele : le latrine da soldato, la mosca avanti gli occhi, non fece il soldato perché un altro caca e lui doveva pulire i cessi. Finse di essere pazzo, gli ficcarono degli spilloni alle dita del piede. Gli usci un litro di sangue, seppe resistere e non fece il soldato
36.
Chies[...]

[...] era la terra più lontana, nelle Matine.
24 ROCCO SCOTELLARO

Tutti e due, però, parevano come bestiole, o cani o capre, dietro i loro padri e dietro i muli.
Tentavo, aspettandoli la sera, i vecchi giuochi; dovevo aspettarli troppo perché finivano di mangiare tardi la pasta la sera e poi dovevano subito tornare in casa, chiamati dalle mamme, perché la mattina si alzavano presto. Già loro due, Innocenzo stava a pianterreno e Ninuccio sopra alla casa sulla scala, quasi non si riconoscevano più come gli amici dei giuochi di prima, parlavano di altri loro nuovi conoscenti che abitavano lontani dal vicinato, chi alla Rabata, chi sotto la piazza, chi alla Saracena, gente che io non conoscevo, me li nominarono come i nuovi eroi.
Allora volli seguirli, perché in quei giorni non avevo nulla da fare e gli studenti abitavano nelle varie città e poi io non ero convinto che avrei continuato la scuola.
Andai alla Pantana con Ninuccio.
2.
Ninuccio tornò da Bologna più assolato in volto di come era: la stessa crosta, che tingeva gli artigiani — sar[...]

[...]minavano.
I contadini dicevano ai figli: — Prima si campava meglio — e, vicino al fuoco, raccontavano i fatti.
32 ROCCO SCOTELLARO
7.
Dal ballatoio, così pub chiamarsi il largo della chiesa, si vede la città naufragata al piano, specie quando piove. I pendii delle montagne, per metà coperte di nebbia, paiono gradini di verde e il primo grano che spunta e le cime di rape gialle.
Quando venne Nicola non ci badai a ciò che fu detto: a Questa è la casa del buon Gesù, chi esce non entra più ».
Ho trovato oggi due donne con le borse di paglia e un vecchietto, rossiccio alla barba, ma con tali grosse labbra.
— Si che ci sono ancora i monacelli, ma a quest'ora sono a refettorio, non danno retta a. nessuno.
— E voi che fate ?
— Noi per un altro servizio.
Viva la Santa Pasqua, due donne e il vecchietto rosso, che potrei essere io a 60 anni, aspettano al portone che si sbrighino al refettorio per avere nelle borse di paglia i resti dei monacelli al refettorio.
8.
Sono tornato a questa città, rivedendo la terra più nera e grigia e sassosa e[...]

[...]tti sanno a metà, o sanno solo la musica o solo le parole, io le cantavo intiere. Una sera, due, tre sere ecco che mi innammorai della vedova, presi tutti i soldi che avevo, vennero i compagni dalla città con le loro ragazze a farmi la festa. Furono
L'UVA PUTTANELLA 37
contenti della mia scelta, fecero lo sfoggio dei loro scialloni di seta bianca al collo, delle loro scarpine, Peppe portò a ballare la vecchia mia suocera. Lucia era mia moglie. La casa sulla scalinata era di un vano solo, a mezzanotte finirono i balli, fu messo il divisorio tra il nostro letto e la panca col saccone dove avrebbe dormito la vecchia. Tutta la compagnia si spostava nell'altra casa di mio cognato.
— Ma mi vorrai sempre bene? = diceva mia moglie — sono piú vecchia di te, di due anni.
— Io ti vorrò sempre bene.
— Non ci credo assai.
— Ho lasciato la giovine che mi è stata compagna sui treni e ha imparato tutti i vizi della vita.
12.
— Scrivanello, scrivanello! — sentii la voce di Giappone chiamarmi. Lo trovai, questa volta, con le mani in alto al cancello, [...]

[...]e non l'ammette.
Siglava i libri con la sua firma, che era un disegno di filo spinato: Olivoso si chiamava.
— Che dicono i detenuti di me ? Modes mente sono un signore. Li aiuto tutti e mi affeziono, ricchi e poveri. Non faccio differenza (1).
Il maresciallo: le sigarette, la figlia, la radio, i discorsi dei comunisti, il procuratore, l'agente bruno, l'avvocato che mi fece in realtà assumere come scrivanello, il medico, la bicchierata serale. La casa e sua moglie, governatrice del reparto donne. La richiesta d'impiego al Comune: quando uscite, mi farete econo mo del Municipio, sono ragioniere.
Giudizio nettamente positivo sul maresciallo Olivoso.
Era il prototipo dell'impiegato italiano, per quanto riguarda
(1) Notare gli scatti del discorso, una volta freddo, altre caldo, altre indifferente, appena da maresciallo. (N. dell'Autore).
40 ROCCO SCOTELLARO
inettitudine, cattiva volontà, lava.tivismo. Ma — questo é ciò che vale — in animo suo non si sentiva un maresciallo, non alzava ogni volta la bandiera della funzione. Alzava quella, m[...]



da Pietro Citati, Ideologia e verità in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]ll'Ottocento, che viveva cosí oggettivamente e concretamente, da possedere la propria vita. Era, senza riserve, quello che faceva. Possedeva il proprio corpo, i propri sentimenti, i propri gesti, il cibo di cui si nutriva, i paesaggi o i quadri che ammirava, le parole che scriveva o stava pronunciando. Per i propri beni nutriva l'attaccamento incondizionato ed esclusivo che si prova
IDEOLOGIA E VERITÀ 79
per una realtà assolutamente personale. La casa, la terra, i marenghi d'oro non sono, per Goriot o il vecchio Karamazov, delle cose, ma dei brandelli dolorosi e sanguinanti di carne. In quegli oggetti essi hanno furiosamente trasferito, scaricato e consolidato la loro vitalità, trasformandoli in vivi prolungamenti di energia fisica. Essi diventano quello che possiedono. Ad ogni marengo che Goriot mette da parte, o che Karamazov dilapida, la loro figura psicologica cresce di volume, acquista statura e rilievo. Oggi, invece, tra il proprietario e la proprietà regna l'indifferenza, l'assoluta mancanza di rapporti. Le cose restano cose: pure f[...]



da Alessio Tolstoi, I diavoli dell'audacia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio

Brano: [...] strillava il ragazzetto — vi avevo scambiati per fascisti >. c Cosa fai qui, ragazzaccio prepotente ? > c Sono un pioniere, lavoro col nonno Oksen... >. Venimmo a sapere che questo ragazzetto ed altri cinque monelli come lui erano rimasti a casa insieme all' ottantenne nonno Oksen. Gli uomini e le donne, portandosi dietro i bambini e un po' di masserizie e di cibarie se ne erano andati nella boscaglia paludosa e di 11 facevano la guerriglia.
< La casa di nonno Oksen serviva loro di quartier generale. I sei ragazzi girellavano per la contrada tutto il giorno non temendo di spingersi sin dove erano i tedeschi e lamentandosi con loro come se chiedessero un tozzo di pane : ficcavano il naso ovunque, curiosavano, e la sera ritornavano a casa del vecchio con le informazioni che erano riusciti a procurarsi. I partigiani solevano recarsi in paese a notte fatta, ed il vecchio assegnava loro i compiti : nel tal luogo, ad esempio, si era allogato il comando di una certa unità — bisognava dunque toglierlo di mezzo; in un altro luogo era stato consegna[...]



da Angelo Muscetta, Memorie del cavaliere Angelo Muscetta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]ra chiusa lo portò a tale santuario, dove rimase in permanenza. quattro mesi, rimanendo lei al capezzale, dove finalmente si guarì. Intanto per non chiudere il negozio di vendita a minuta e il caffettuccio, fece venire due sorelle sue da Saviano, (e da questo proposito ricordo a tutti che i migliori nemici sono i parenti) ed insieme alla serva e [al] garzone,. fecero man bassa di quello che era rimasto, così fu completato quasi la distruzione della casa, che il mio povero padre, e perché no? anche. mia madre, con sudore di sangue avevano acquistato.
Tirando avanti alla meglio, e per la lunga convalescenza di mio padre, e per la tenacia di mia madre fino al mese (non ricordo) dell'anno 1886 rimanemmo a Benevento. Però ai miei genitori sopravennero (malgrado fossero giovani) due cose. Mio padre divenne apatico, e poveretto non aveva torto, e a mia madre la mania di cambiar casa e paese, che completò il disastro. Ci trasferimmo ad Avellino, io pieno d'intelligenza, e desiderio vivo di entrare in convitto, sogno che svanì, rimanendo coll'aver f[...]

[...]e paese, che completò il disastro. Ci trasferimmo ad Avellino, io pieno d'intelligenza, e desiderio vivo di entrare in convitto, sogno che svanì, rimanendo coll'aver frequentato pochi mesi la terza elementare e Basta — niente più scuola —. Ad Avellino trasferimmo con due carrette una piena di mobilia e che, ricordo, era bellissima, s'intende di quei. tempi, e l'altro carretto ben carico di merce, cioè terraglie e cristalli.
Ad Avellino fittammo la casa Via Umberto 1°, e precisamente dove è ora il negozio di scarpe di Arturo Petracca: avanti la vendita e dietro l'abitazione. Ma gli affari scemavano giorno per giorno. Stando
(2) Nel ms. : « un fratello frate u.
54 ANGELO MUSCETTA
così le cose, a mia madre oltre la mania di cambiar casa, gli sopravvenne la nostalgia del paese suo natio (Saviano) e quella delle sorelle (molto affettuose per il saccheggio fatto) e nell'anno 1887 ci trasferimmo a Saviano. Tale trasferimento era contrario a mio padre, ma mia madre 10 convinse con uno stratagemma: quella casa era piena di spiriti, spiriti che, n[...]

[...]etro l'abitazione. Ma gli affari scemavano giorno per giorno. Stando
(2) Nel ms. : « un fratello frate u.
54 ANGELO MUSCETTA
così le cose, a mia madre oltre la mania di cambiar casa, gli sopravvenne la nostalgia del paese suo natio (Saviano) e quella delle sorelle (molto affettuose per il saccheggio fatto) e nell'anno 1887 ci trasferimmo a Saviano. Tale trasferimento era contrario a mio padre, ma mia madre 10 convinse con uno stratagemma: quella casa era piena di spiriti, spiriti che, neanche farlo apposta, apparivano durante l'assenza di mio padre. A questo proposito, chiedo perdono alla mia povera mamma, di queste accuse necessarie per la narrazione esatta, e non vorrei mi maledicesse, dall'altro mondo, perché l'ho amato e venerato can quell'affetto che si deve ad una madre, che ve n'é una sola. Mio padre, buono, onesto e lavoratore, acconsentì a questo altro trasloco (e molti altri dolorosi ne seguirono). A Saviano fittammo una casetta modesta per dormire, un piccolo deposito per la merce, con una stalla annessa: perché, dimenticavo di[...]

[...]suti e siccome questa sorella di mia madre non aveva figli, pensò bene mia madre non pagarglielo più: pagò,, s'intende, solo al sarto, pochi soldi. Descrivervi la moda della confezione è inutile, ricordo solo questo, che le mani si affaticavano per trovare le tasche, e dimenticavo dirvi che la stoffa [non era] di marca Made Englis ma semplicemente cotone cécere, qualche cosa come le tute dei muratori moderni. Però ero felice, la sera frequentavo la casa di un lontano parente di mia madre, calzolaio, e con suo figlio mio cugino, imparai qualche cosa, però ero retribuito bene, avevo 12 soldi. La domenica al giorno (1) quando tornavo dal mercato di Caiazzo ed insieme a mio cugino si usciva a fare qualche passeggiata, ed in tempo di stagione estiva, prendevamo lo spumone dell'epoca, e cioè 1 soldo quattro
(1) Di pomeriggio
MEMORIE DEL CAV ANGELO MUSCETTA 55
giarrette di neve zuccherato, con colori variopinti, anche se non nocivi (I), e dalla sera, specie d'inverno, al Teatro dell'Opera ossia l'Opera dei pupi. Quando avevamo il borsellino pien[...]

[...]A piedi, seguendo il carretto, e facendo buona guardia alle masserizie, feci circa quattro chilometri. La distanza, e la fame sopraggiunta, pareva quella strada che non finiva mai. Mio padre aveva avuto cura di fittare una bella casetta di due stanze e una bella cucina al primo piano, senza balconi, con due finestre, e propriamente in una traversa, sul Gran
MEMORIE DEL CAV. ANGELO MUSCETTA 57
Chaimin d'Aix, Rue Pherafins n. 6, poco lontano, dalla casa dello zio; e cosí, dopo averci pulito alla meglio, ci recammo a pranzo da questo zio. Mio padre ebbe cura di comprare una gallina per farci un ottima tazza di brodo (tanto necessaria a mettere a posto il nostro intestino rimasto privo di alimento per quattro giorni) malgrado la mancanza di suppellettili, che man mano venivano comprati, con qualche piccolo risparmio: tantoppiú che mio padre, per il suo carattere buono, e per la sua onestà e attaccamento al lavoro, dal Capo reparto, (che Doi divenne nostro compare, perché un figlio suo fu tenuto a battesimo da mio padre) ebbe un posto di fiduci[...]

[...] ed il lunedì successivo alle otto del mattino, [andai] a prendere servizio.
La domenica alle ore diciassette ricordo pioveva dirottamente, ed io non avevo ombrello, mi rincresceva sciupare il vestito nuovo e bello che avevo indossato. Aspettai, pochi minuti, smise di piovere e in fretta mi recai in casa del maestro, con un poco di ritardo, e feci le mie scuse. Mi ricevette nel suo studietto piccolo, ma pulito ed elegante, cosí come il resto della casa. Fece a me diverse domande, e volle sapere che cosa facevo, e chi erano i miei genitori. Gli raccontai in breve la mia posizione, ed i guai passati della mia famiglia, gli raccontai anche che l'indomani sarei andato core apprendista da quella grande calzoleria, il di cui name era Battista Sassone, che per fortuna il maestro conosceva perché cliente. Dissi che sarebbe stato mio desiderio prendere servizio come commissionario, ma non avevo il libretto di lavoro. Il maestro mi ascoltò benevolmente, e mi promise farmi avere il certificato di terza classe Elementare Francese (necessario per avere [...]

[...]un mio cugino avvisato a tempo e caricammo le poche masserizie e noi, partendo alla volta di Saviano. I parenti ci accolsero con gioia, ci istallammo in casa di due sorelle di mia madre, suore zia Peppa e zia Filomena, in attesa di stabilirci, forse ad Avellino. Ed infatti dopo quattrocinque giorni, partimmo io e mio padre alla volta di Avellino, pregando la sorella di mio padre, zia Angelarosa, il marito zio Sabino e zio Sabatino (che abitava alla casa del Notaio Titomanlio padre in via Beneventana) pregando questi parenti venirci in aiuto, anche a titolo di prestito, per iniziare il lavoro. Ma intanto, un poco perché le loro case non andavano bene, un poco per farci assumere una certa responsabilità, pregarono il compare Fusco perché c'improntasse qualche cosa, per iniziare il lavoro.
Qui entriamo nella terza fase, e potrei dire « dall'ago al milione »..
Verso la fine di agosto, sempre del medesimo anno, il compare Fusco consegnò a mio padre 8 coppi da lire 5 cadauno di bronzo, cioè in tutto lire 40 (ed a questo proposito, in cuor mio n[...]

[...] quell'epoca, comprammo un carrettino e un somarello, mezzo malandato, non vispo come il somarello che avevamo prima di emigrare in Francia. Fittammo un basso di due vani, una piccola cucina, il vano di entrata serviva per mettere quel poco di merce, e l'altro vano per dormire; vi era il letto grande, ed un letto ad una piazza e mezza, che dormivo io e le sorelle;
e questa casa è quella dove abita attualmento lo spazzino Erricuccio, di fronte alla casa dove abitava Mariuccia alla ferrovia. Fu pattuito lire 12 mensili, compreso una stalluccia che si accendeva dal portone vicino a Santomauro. Col nostro piccolo carretto facemmo tre viaggi, per portare i letti, materassi, un comò e una colonnetta, residui della mobilia di Benevento, perché il resto fu tutto venduto. Questa residua di mobilia la rimanemmo a Saviano, quando partimmo per Marsiglia,
e finalmente mia madre fu sodisfatta per questo trasloco e che tu l'ultimo.
Fuori i Platani, e propriamente di fronte al nuovo Ospedale, vi era una fabbrica di vetro soffiato, ossia vetro ordinario c[...]

[...]ffet, accettò senz'altro, e si stipulò, tramite il compare Fusco, il contratto di cessione tra il vecchio gestore Amedeo Fontana di Brescia, ottimo organizzatore, che per ragioni di famiglia doveva trasferirsi al suo paese, e mio zio Sabino Tommasetta. E la gestione fu affidata a me, naturalmente sotto il controllo di mio zio Sabino, e così il 21 aprile 1897 avvennero le consegne.
Si era trasferita. da Saviano ad Avellino (andando ad abitare nella casa attualmente di Sabino Venezia, confinando con la casa che avevamo presa in fitto dallo stesso) una sorella di mia madre di nome Matilde, col marito Gavino Martinetti di Iglesias (Sardegna) maresciallo di finanza a riposo, con cinque figli; il primo Peppin, che tutti conoscete, il secondo Giovanni, Domenichina, Tilde, e Palmira, tipo allegro, di cuore e lavoratore. La moglie, zia Matilde, tipo diverso dalle sorelle, bella, elegante, insomma signorile, terribile come mia madre (poteva dalla signorilità passare alla donna del popolo), aveva la stessa mania di mia madre, di effettuare spesso traslochi. Di fatti dopo quattro anni si trasferirono a Sa[...]

[...]ne avesse parlato a Don Ciccio Bocchino suo tutore, alla zio Canonico e a zio Francischiello, e poi saremmo andati a Montefusco, a parlare di ogni cosa. Passarono due mesi dalla fiera, ed il fratello Capotreno Carlo Recine era stato a Montefusco e ne aveva parlato alla sorella, ed agli zii, e cosí id 15 novembre 1897 nolleggiammo una carrozza chiusa e partimmo alla volta di Montefusco, io, lo zio Sabino, e il compare Fusco — ed eravamo diretti alla casa dello zio Don Ciccio Bocchino. Però il compare Ciro propose di andare prima alla casa della sposa, e cosí facemmo. Per quanto preavvisati della nostra visita, la futura sposa rimase sorpresa, e dopo di averci lo stesso ricevuti ci disse gentilmente che la richiesta doveva essere fatta in casa dello zio Bocchino, giusto come si era rimasto stabilito, si parlò del piú e del ;meno, e bastò questo perché i nostri cuori incominciassero a battere all'unisono, e bastò fra noi due .un furtivo sguardo (che è il primo linguaggio dell'amore) per intenderci. Preceduti da un buon tratto, da una strada diversa lei si diresse dallo zio Bocchino suo tutore, e dopo poco anche noi raggiungemmo [...]

[...].un furtivo sguardo (che è il primo linguaggio dell'amore) per intenderci. Preceduti da un buon tratto, da una strada diversa lei si diresse dallo zio Bocchino suo tutore, e dopo poco anche noi raggiungemmo l palazzo, che era in fondo al paese. Ci presentammo, ed arrivato al mio turno, lo zio Bocchino disse: — Ma
(1) Caro
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io conosco bene Angelino, figlio di Amato — Diventai rosso come un gambero, perché ricordavo che in quella casa, negli anni precedenti, dalla
piazza del mercato portavo dei cesti di roba, che lo zio Bocchino acquistava da mio padre, ed io come misero ,garzoncello andavo in quella casa, perché la zia Luisella Recine Bocchino mi riempiva le tasche piene di frutta a secondo la stagione, oltre un bel pezzo di pane, con salame o formaggio, e altro ben di Dio. Lascio a voi lettori, figli nuore nipoti, la mia grande umiliazione, entrare in qualità di futuro sposo, in quella casa, che diversi anni prima avevo vergogna e paura di sporcare i pavimenti, con le scarpe piene di chiodi.
S'intavolarono le discussioni, e superate quelle piú essenziali, cioè le simpatie suscitate reciprocamente, fra me e la sposa, si parlò della posizione reciproca, non per farne un mercato, ma perché bisognava dar conto allo zio Canonico, allo zio Francischiello e al fratello Capotreno di residenza a Napoli. Quindi lo zio Bocchino si riservò dare una risposta entro quindiciventi giorni. Ci offrirono del vino perché s'era fatto tardi, per quanto il compare Fusco ripetute volte fece comprender[...]

[...]ella di zia Cristina, però all'indomani andammo a salutare un altro zio in secondo grado, Giacomino Recine, ammogliato senza figli, ed abbastanza ricco, e costui volle assolutamente che fossi andato a dormire da lui tutte le sere che mi trattenevo a Montefusco, per tutto il periodo di fidanzamento, e per quest'altro zio,
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diventai piú di un figlio. E quindi la seconda sera fui suo ospite: la sua abitazione era poco lontana dalla casa della fidanzata, e dal balcone della mia camera da letto alla finestra della camera da letto della fidanzata ci divideva un piccolo vicolo stretto. Io dormivo in un letto grande insieme a questo zio, letto con quattro materassi di lana, che io non ne avevo la massima idea: di una sofficità che, per me, quei tre o quattro giorni di permanenza a Montefusco rappresentavano un paradiso, perché ad Avellino id mio letto era un piccolo materasso su un tavolo da pranzo, e il riposo era solo di trequattro ore. A questo proposito, voglio raccontarvi un piccolo episodio. Una sera faceva un freddo terrib[...]

[...]no i pensieri che in me stesso fantasticai durante le tre ore idi viaggio, avevo una voglia matta di piangere, ero buono di animo, tenero ancora di età, ma vecchio di esperienza, di lavoro, di sagrif2cii, e nei miei venti anni nulla avevo goduto, e fidavo nel destino e nella Provvidenza, in giorni migliori.
Stavamo per arrivare a Montefusco e cercai dominarmi, svegliandomi dal torpore di amarezze in cui ero innocentemente caduto, e mi avviai .alla casa, dove una creatura umana mi aspettava piena di amore e piena di passione, salutai, lei che sulla soglia della porta mi aspettava, salii in fretta quei sei scalini esterni, tenuti da una inferriata, ed entrai salutando e baciando la mano alla zia Filomena, seconda madre di Vincenzina, poiché rimasta orfana lei e il fratello Carlo. Questa zia di anima buona, mezzo devota, fu per lei una vera seconda madre. Con una forza di volontà cercai dominare il mio turbamento, portando i saluti di tutti i miei, ma a Vincenzina non era sfuggito che io non era il tipo allegro delle altre volte, a cui raccont[...]

[...]llo Carlo (unico fratello) non potette intervenire allo sposalizio perché la figlia Amelia (di cui è una protagonista di queste memorie, come rileverete nei primi capitoli, e che poi divenne mia seconda moglie) era in quel periodo in fin di vita, ammalata di tifo, che in seguito fortunatamente superò.
Dopo la cerimonia, si partí alla volta di Avellino, accompagnati da quasi tutti i parenti intimi e fioccava la neve piacevolmente. Ad Avellino nella casa dove abita adesso Siani Vincenzo, ci aspettava un lauto banchetto. A questo proposito debbo precisare una cosa. Mio zio Sabino aveva i suoi gravi difetti, ma aveva anche i suoi meriti, e cioè ci teneva a fare bella figura, un poco perché aveva assistito a due lauti e lussuosi banchetti, un poco anche per riguardo ai parenti venuti da Montefusco, tutti parenti 'rispettabili e perché no? dei veri signori.
Noi avevamo un cuoco abruzzese al 'buffet, che era qualche cosa di speciale, ed a lui lo zio Sabina affidò l'incarico di un menù speciale, dall'antipasto alla lasagna imibottita (perché era c[...]

[...]bi pietà di loro e pensando anche quanto avevano fatto per me, creandomi una famiglia, finii per accettare, e tranne mio padre che seguitava il suo mestiere, e mia madre che con la cameriera vigilava cinque camere mobiliate nel palazzo Alvino, che avevano nove ferrovieri a pensione, io, mia moglie e le mie sorelle, ci riunimmo con zio Sabino e zia Angelarosa. Per ragioni di economia, cambiammo casa. Io e mia moglie due camere al secondo piano, alla casa di Giordano (Melella); e dove sta ora la trattoria di Melena presero alloggio mio padre, mia madre e mia sorella.
Mio zio Sabina e mia zia Angelarosa fiatarono la casa al secondo piano dove sta ora il bar di Umberto Avagliano, compreso di tre camerette e cucina. Le tre camerette furono utilizzate per piccolo albergo, mentre la piccola cucina fu adibita per camera da letto di mio zio e mia zia, cucina umida, che a stento conteneva i1 letto. Avevo pietà dei miei zii nel .modo come si erano potuto adattarsi, ma intanto andava in certo qual modo pareggiare il bilancio molto passivo. Quanti sacrificii, quante privazioni, è inutile descriverlo, eppure ringraziavo sempre la provvidenza. Eravamo arrivati a1 gennaio del 1903 e sembrava che le cose
MEMORIE DEL CAV. [...]

[...]ra di comprarci una casetta, perché il loro progetto era quello di vdlersi rimpatriare con la famiglia. Questa rimessa fu di un gran sollievo, perché mio zio Sabino, profittando ohe vi era una pianta disponibile (l'attuale fabricato) alla ferrovia, pensò di iniziare il lavoro, e costruire un fabricato, composto di dodici vani, oltre i scantinati. Si iniziarono i lavori, vennero altre rimesse dal Brasile fino a raggiungere la somma di lire 8.500. La casa fu ultimata, e con l'appaltatore Maiali padre fu stabilito che la resta dell'importo del fabricato venisse pagata in tre annualità. Mio zio Sabino e mia zia Angelarosa si stabilirono nel nuovo fabricato, e segnatamente nella camera attuale n. 8 col balcone prospiciente sul piazzale della stazione, ed il resto delle camere per uso di albergo. Io, Vincenzina mia moglie e i due bambini Amato e Sabino ci trasferimmo al palazzo di Ciro Alvino al primo piano. Si lavorava, e s'intravedeva un futuro miglioramento finanziario.
In quell'epoca, non so per quale ragione, ci fu una grande immigrazione, [...]

[...]e lire 41 che in quell'epoca era una forte somma. La buonanima di Vincenzina, mia moglie, e lo zio Sabino e zia Angelarosa, non potevano fare a meno di commentare le mie gioviali trovate. Quanta ero felice.
Nel gennaio del 1905 rimpatriarono dal Brasile il cognato di mio zio Sabino con la moglie e tre figli, e naturalmente si piazzarono in casa nostra a mangiare e dormire. Ne avevano il diritto, perché mio zio doveva a loro, se si era costruito la casa. Intanto il mio dubbio incominciava a rodermi il cervello, pensando che questi nipoti, due donne e un maschio, giovanotti, potevano farmi dare lo sgambetto, per piazzarsi loro con lo zio, e io con moglie e due figli potevo trovarmi sul lastrico. Affidai il mio destino alle preghiere, ed una forza occulta mi fu di sprone: diventai dinamico, instancabile, e con il lavoro enorme che si era venuto a creare si aveva bisogno di aiuto, di altro personale, e naturalmente mio zio Sabino cercò utilizzare i suoi parenti, che tornati dal Brasile erano diventati tanti parassiti, non sapevano e non volevan[...]

[...]ruirsi o comprare una casa. E tutto questo non era una cosa facile.
Mio zio Sabino possedeva una casa dopo il palazzo Maioli prima del ponte dell'acquedotto del Serino, composta di quattro vani ed accessorii, e su questa casa era stata ipotecata la dote di mia moglie Vincenzina. Ed un giorno, profittando della malattia di mio zio Sabina, gli suggerii che la questione dei parenti brasiliani si poteva risolvere nei modi seguenti: cedere a costoro la casa di quattro vani, su cui era gravata l'ipoteca, facendo passare detta ipoteca alla casa fabricata di recente alla ferrovia, naturalmente con una deliberazione del Tribunale, trattandosi di ipoteca dotale.
MEMORIE DEL CAV. ANGELO MUSCETTA 93
Dopo numerose e difficili pratiche, ottenni tale deliberazione: fu ceduta questa casa, dando a contanti la differenza, e con sollievo mio e dello zio Sabino ci liberammo dei parenti parassiti brasiliani, i quali pensarono a vivere per conto loro. Un figlio era barbiere, una figlia sarta, la quale si sposò un sarto di Pianodardine, e dopo poco tempo uno dopo l'altro emigrarono nell'America del Nord.
I1 1906 mio Zio Sabino ebbe un forte atta[...]

[...]ttere che mettessi fiori e accendessi dei ceri. Non mancai comprare una nicchia che a quell'epoca (date le mie condizioni finanziarie) era già una cosa di lusso, accarezzando sempre un sogno, che poi divenne realtà, di far riposare le sue ossa eternamente in una nicchia di una nostra cappella gentilizia.
Da quell'epoca incominciò una vita nuova per me; piena di sacrificii e piena di responsabilità. Fu necessario trasferirmi dal palazzo Alvino alla casa da poco fabricata, e precisamente nella camera n. 8 abitata dal defunto zio Sabino, e alla stanzetta attigua n. 7 si trasferì la zia Angelarosa, con i miei due figli Amato e Sabino, mentre nel basso, dove attualmente esiste la trattoria di Melella Giordano, abitava mio padre, mia madre, e le mie due sorelle, tornate da S. Giorgio del Sannio.
Il lavoro del buffet era di molto aumentato: poco per volta pagai tutti i debiti lasciati dal mio povero zio, fino all'ultimo centesimo, perché non volevo che si parlasse male di mio zio defunto. Posso garantirvi che la mia felicità era completa, lavorav[...]

[...]i ogni specie, ai vini pregiati di Chianti, ai migliori liquori. Avevo in cassa come riserva lire 6000, somma favolosa per quei tempi, e che al momento che scrivo non si può comprare neanche un paio di scarpe modeste. Eravamo tanto felici, che abbracciavamo il lavoro a piene mani.
L'anno 1910, e precisamente nel mese di maggio, si ammalò il mio povero padre con un forte dolore nelle costale che non gli dava tregua. Fu giuocoforza trasferirlo nella casa nuova al n. 5, per non dare l'impressione che i medici per visitarlo dovevano entrare in quel basso umido, ed intanto diversi medici non sapevano decifrare la natura di quel male. Finalmente dovetti decidermi far venire da Napoli uno specialista che si decise fare qualche puntura, e pare che il 20 giugno migliorava leggermente, e che mi lasciasse intravedere qualche speranza. Come se non bastasse la mia preoccupazione per lui, si ammalò la mia povera Vincenzina. Dopo visitata mia moglie, mi disse queste testuali parole: — Per vostro padre uniformatevi che non vi è speranza: la sua miglioria è[...]

[...]TTA
per gli altri figli, che per un buon padre rimane sempre uguale per tutti, anche se in momento di narrazione se ne voglia tessere qualche elogio.
Dal principio del secondo matrimonio non fu il solo negozio che fu causa della mia ascesa a gradazione, ma furono molti i sagrificii: due sole camere per dormire, una per noi ed un'altra piccola (che fu adibita dopo per salotto) per la zia Angelarosa, e i figli Amato e Sabino, e tutto il resto della casa adibita per albergo, che ci ha sempre fruttato abbastanza, oltre tre quartini al palazzo Alvino di fronte, che fittavamo, a camere mobigliate, che la mia povera mamma e una persona di servizio ne curavano la manutenzione. La nostra vita fu sempre piena di sagrificii, di lavoro, di privazioni, essa non conosceva, nè concepiva il lusso, solo si affacciavano alla mente i primi due rimorsi (se così vogliamo chiamare) per la mia povera Vincenzina e per il mio povero padre, che solamente quando era venuto il momento che potevano godere la vita, la falce crudele della morte mi vietò tale ambito desi[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte seconda: Dichiarazione sull'operato della polizia in Orgosolo [testimoni Maria Antonia Filindeu (27 anni), Maria Antonia Rubano (21 anni), Teresa Piras fu Pietro(70 anni), Giovanna Vedele di Carlo in Sini(60 anni), Maria Corbeddu di Giuseppe e di Corrias Maria (49 anni),Maria Floris in Menneas(52 anni),Giuseppina Fogu in Murgia(43 anni), Pietro Sorighe fu Giuseppe(72 anni),Giuseppe Moscau fu Andrea(45 anni,pastore),Natale Davoli fu Leopoldo(48 anni,bracciant... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]lo del padre di Pasquale, 60 anni lo arrestano: 2 anni di confino. E un altro cugino, Musina Giuseppe, del 1927, servo pastore sempre sotto il controllo dei proprietari, i Podda Chiolu, lo arrestano: 2 anni di confino. Ad Ustica.
Che colpa ci hanno? Il sangue! Che siamo una famiglia.
Pasquale: bandito.
Pietro: é morto.
E non basta. Tutta la roba della famiglia ridotta in cenere, distrutta. Il bestiame perduto, andato morto, venduto a forza.
La casa è chiusa. Non ci sta nessuno.
La famiglia non ha fatto niente. Per Pasquale é stata una ingiustizia, all'inizio. Lavorava, aveva le pecore. Tranquillo. Mangiava della resa delle pecore e non dava fastidio a nessuno. Ricercato lui ed il fratello Pietro, accusato non si sa da chi. E perché? 'Per non restare all'ingiustizia del confino sono spariti, sperando che durasse poco. Da allora gli hanno ammucchiato tutto quello che succede. Tutti i reati e tanti che uno solo non li pub fare.
All'inizio c'é stata una ingiustizia.
E a noi, innocenti, ci tocca di stare sotto il terrore. Non diciamo quel[...]

[...]itanza, hanno fatto una grande battuta contro Pietro e Pasquale. Hanno perquisito, buttato tutto in aria. E basta. Dal 1° di aprile 1952, data di morte del mio fidanzato, hanno fatto 5 battute cosí grandi. In più sempre in casa, ogni giorno.
Non parlo che mio padre Antonio Pasquale Rubano é stato arrestato in Baronia. E per la morte di Pietro.
Basta. Vengono dunque il 22 di aprile 1954, e dalla sera del 21 mi mettono l'assedio per chiudermi nella casa. Alle 5 di mattino cominciano a bussare forte, nella porta. Esco e dico che ci avevo la bambina a sonno. Era ammalata. Chiedo silenzio. Il maresciallo non credeva. Viene e trova la bambina, a letto, malata. In pianto.
Basta. Mi pigliano e mi portano a Nuoro per l'arresto. Non hanno perquisito: tutte le altre volte lo avevano fatto. Mi tengono a Nuoro un mese nelle carceri ed il 20 maggio mi giudicano per il confino. Dicevano che la bambina era stata legittimata da Pasquale ora. Impostori! Dal 1949 non lo ho più visto. O, falsi giudiziari! Siccome ero fidanzata di Pietro credevano che dovevo [...]

[...]E le spese? Abbiamo messo avvocati e per Giuseppe ci ha preso 10.000 lire e per Domenico 6.000, e altri regali. I viaggi? Almeno trenta, qualcuno piú. 400 lire al viaggio per Nuoro andata e ritorno: una dieci e cinque mila lire. Ed anche adesso stiamo a fare i pacchi, ai figli: li abbiamo fatti il giorno 15. Sette chili per uno di formaggio e lardo. Mio marito è un uomo di sessantanove anni in campagna : a restare in campagna. C'è il bisogno. Nella casa, si può ben comprendere, non c'é nessuno a lavorare. Ci sono le due sorelle che vanno a lavorare. Anche altre due, poi, piccole. Una che porta il gozzo. Avrebbe dovuto essere ritirata, e non andare alla giornata!
Ed io, ora? Si può immaginare: la madre. Non ci passa nemmeno un giorno senza piangere due o tre volte ogni giorno. E ogni giorno fino a quando escono, capisce, fino a quando escono!
7
Focu GIUSEPPINA in Murgia, di anni 43:
Mio marito, Francesco, era il segretario della sezione del P. C. I. Il 22 aprile 1954, dalla notte, si mettono attorno alla casa e la circondano all'alba. Mio[...]

[...]e, poi, piccole. Una che porta il gozzo. Avrebbe dovuto essere ritirata, e non andare alla giornata!
Ed io, ora? Si può immaginare: la madre. Non ci passa nemmeno un giorno senza piangere due o tre volte ogni giorno. E ogni giorno fino a quando escono, capisce, fino a quando escono!
7
Focu GIUSEPPINA in Murgia, di anni 43:
Mio marito, Francesco, era il segretario della sezione del P. C. I. Il 22 aprile 1954, dalla notte, si mettono attorno alla casa e la circondano all'alba. Mio marito era malato da tre mesi, stava a terra, con una malattia del sangue. Malato al cuore. C'é la ricetta del dott. Monni.
Entrano e fanno la perquisizione. Trovano prima a mio figlio Maureddu di 15 anni: « Alzati. Tuo padre dobbiamo prenderlo e sep
188 FRANCO CAGNETTA
pellirlo alla galera ». Dicevano che gli voleva parlare il Commissario, ma senza imputazioni. Lo prendono e lo portano subito alla caserma. Con Muscau Giuseppe e l'ex fidanzata di Tanteddu, Mariantonia Rubano. La prima cosa che gli chiedono é se è il segretario del P. C. I. « Sissignore ». Allo[...]

[...]: « Mani in alto! ». Per arrivare fin dove stavano loro dovevo per forza saltare un muro. Mi metto a saltare e, per forza, dovevo mettere le mani suI muro, appoggiarmi. Mi hanno di nuovo gridato: « Mani in alto! » puntandomi. Stavano per sparare. Mi ho messo forte spavento. Poi mi hanno cominciato a spingere sino a casa. Mi pungevano in culo con una baionetta. Più di due ore. Dicevano che lo facevano perché non volevo lavorare. C'erano davanti alla casa manifesti comunisti che dicevano che non c'é lavoro. E ci vuole lavoro. Mi hanno detto di strapparli. Io mi ho subito rifiutato. Allora mi hanno dato calci uno dietro l'altro, preso il nome, e mi hanno detto che in paese non potevo più lavorare. Senza nessun motivo. Poi se ne sono andati. Ci avevano voglia di ridere e di scherzare ».
13
DETTORI DIEGO fu Cosimo, pastore disoccupato, di anni 17:
« Il 4 ottobre 1953 in Orgosolo da tanti giorni non trovavo lavoro: avevo fame. Trovo l'amico Crisantu Vincenzo di anni 20, nelle stesse condizioni, e andiamo a piedi sino a Fonni per fare un furto d[...]



da Luigi Russo, Alle Sorgenti vive di una cultura e di una esperienza nuove. I risultati del 2° premio "Cattolica". Relazione del Presidente della Giuria in KBD-Periodici: Calendario del Popolo 1951 - numero 84 - settembre

Brano: [...]ia: GIACOMO STRIZZI (U pane nostro) FILIPPO MARIA PUGLIESE (L'attanne murenne).
Romagna: MICHELE BERSANI (I burdel d'ogg) LILIANO FAENZA (Quel chum dispies) GUALTIERO MARTINI (La mi bangera) ANTONIO GUERRA (I nost burdel) WALTER GALLI (Estate' 1944).
Sardegna: MARIO PINNA (Cantigu de soldatu mortu).
Sicilia: ANGELA NICOLINI che corrisponde al nome di LUIGI TRIGONA (Sicilia maten nostra) ERSILIA CUFFARO (Cumpari Petru) GIOVANNI GIRGENTI (La casa) VINCENZO ESPOSITO (MiraculU) IGNAZIO BUTTITTA (Nun sugnu pueta) PIETRO CARUSO (Trebbiatura nostrana) (una particolare segnalazione è quella di Buttitta, già apprezzato come uno dei migliori poeti di Sicilia).
Toscana: D. SARTORI (Mamma). Umbria: FRANCA FRAN CA RD
(Speranza).
Veneto ROMANO PASCUTTO (E mi Cristo); ANTENORE FORESTA (Ne le basse veronese); EMANUELE ZUCCATO (El zugatolo cativo).
La Commissione ha concluso sulla necessità di raccogliere questi versi segnalati in un'antologia, che vada per tutta la nazione, e fIccia conoscere i veri poeti nuovi di questa nuova società che [...]



da Leoncarlo Settimelli, Eduardo e Gassman favoriti al Marconi in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1963 - - settembre - 15

Brano: [...]ualcosa di nuovo). Vittorio Gassntun e Ghigo De Chiara (II gioco degli eroi), Sergio Zavoli (Rommet: un caso di coscienza) Raffaele La Capria (Racconti deli' Italia di oggi) e Massimo De Marchi per
r 70 anni di socialismo in Italia,. grande favorito, a quanto si dice, malgrado non fosse neppure incluso nella rosa finale. Altri nomi: Franco Parenti e Franca Tamantini per Antologia di Brecht. Giorgio Vecchietti per TV 7.. Franco Antonicelli per La casa dove il passato vive. Luciano Luisi e Giovanni Salvi per Almanacco, Giulio Cesare Castello per Ta zio Nuvolari. Sandro Bolcht per Processo a Gesù, Virgilio Sabel per La storia della bomba atomica. Ugo Zatterin per Viaggio nell' Italia che cambia sono stati fatti in questi giorni. ma Sabel e Boschi vanno considerati fuori causa, avendo aid ricevuto il Cinghiule d'oro ; sugli altri potremmo osservare che i loro lavori non hanno recato sensibile contributo alla evoluzione dei Iinguaopio televisivo, sfruttando, almeno in parte, per cid che riguarda inchieste e rubriche, formule già sperimentate[...]



da Franco Lucentini, La porta in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]
ne so? In ogni modo...».
« In ogni modo » disse mia sorella, « lo sai che per averti a te pian
terei tutto, in qualunque momento ».
LA PORTA 83
Si accorse di avere detto male e si morse le labbra. Batté il bicchiere col cucchiaino per chiamare il cameriere, page,.
« Franco, sei scocciato? » disse.
«Non sono scocciato» dissi, «ma non ne parliamo più. Non è meglio? ».
« Va bene » disse.
« Amore mio » disse.
Pioveva ancora, ma più piano. La casa era poco dopo il Pantheon, ci arrivammo in pochi minuti.
« Non c'è portiere » disse mia sorella. « È uno strazio di meno. La porta sta nel secondo cortile ».
Nel secondo cortile c'era quella porta sola, e i muri erano senza finestre. C'erano solo, uno per piano, dei finestrini che dovevano essere quelli dei cessi.
« L'ho affittata come magazzino » disse, cercando le chiavi nella borsetta. « Ho pagato tutto anticipato. Credi che verranno mai a scocciare? ».
« E che ne sanno che ci stai tu dentro? » dissi.
La porta era di legno erto, ferrata. Mia sorella richiuse a chiave e mise il catenac[...]

[...]a stirata ai calzoni? » dissi a mia madre.
« Che, stai meglio? Esci? ».
« Vado a fare due passi » dissi.
Per la strada non ci avevo fretta, mi fermavo a guardare le vetrine. Al Pantheon mi misi a sedere sul muretto e guardavo i gatti, di sotto. Non faceva freddo. Mi sarebbe piaciuto di andare ancora un po' a spasso per le strade, aspettare ancora un po', ma oramai ci avevo impazienza. Entrai in un caffè e presi un cognac, poi andai difilato alla casa, entrai nel secondo cortile, davanti alla porta mi fermai senza sapere che fare. La porta era chiusa, come l'avevo lasciata l'anno prima; non c'era nessun segno per capire se Adriana era uscita o no. Tornai sulla strada e mi fermai sul portone a pensare, mi accesi una sigaretta. Dopo tornai e bussai forte con un pezzo di mattone, tre volte. Poi bussai ancora, ma più forte non potevo bussare, sarebbe venuta gente. Aspettai una mezz'ora, con l'orecchio alla porta, ma non si senti nessun rumore. Cercavo di ricordarmi la lunghezza della scala, della cantina, per capire se lei avrebbe potuto senti[...]

[...]cchio alla porta, ma non si senti nessun rumore. Cercavo di ricordarmi la lunghezza della scala, della cantina, per capire se lei avrebbe potuto sentire o no. Poi ricominciai a bussare ogni tanto, più forte, approfittando del rumore di qualche camion, delle saracinesche che si chiudevano, nella strada. Prima che chiudessero il portone me ne andai. Tornai a casa e mi rimisi a letto.
Due sere dopo stavo un'altra volta appoggiato al portone di quella casa. Pioveva. M'ero portato delle vecchie chiavi, del filo di ferro, per vedere se mi riusciva dì aprire, ma non s'era aperto. Avevo bussato ancora, ma nessuno aveva risposto. Poi ero andato girando un po' per le strade finché non aveva cominciato a piovere. Adesso stavo riparato sotto il portone e guardavo il selciato bagnato, la gente che passava con gli ombrelli. Di fronte al portone c'era una macelleria, si vedevano i manzi appesi, la segatura per terra, una che stava alla cassa e ogni tanto rispondeva al telefono. Più in lá c'era una latteria, usci una ragazza in grembiule, senza ombrello e [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine La casa, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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