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Il segmento testuale La Tragedia è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 9Analitici , di cui in selezione 1 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Paolo Bosisio, La rappresentazione dell'«Ajace» e la tecnica teatrale foscoliana in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]i meccanismi specificamente scenici che caratterizzavano il gusto teatrale dei poeti e ancor piú del pubblico.
Prescindendo da un discorso letterario, ritengo dunque piú opportuno svolgere alcune considerazioni sul significato e sul valore teatrali della produzione tragica di Ugo Foscolo e sulla sua partecipazione diretta alla vita della scena e al mondo dello spettacolo. Se da un lato è, infatti, vero che il Foscolo non fu estraneo al culto della tragedia che si propagò in Italia sullo scorcio del Settecento, conducendo il genere tragico a una voga che mai aveva avuto eguale nel corso dei secoli, è anche vero che la sua passione per il teatro fu sincera e tenace, tale da sopravvivere in lui per lunghi anni a serie difficoltà e forti delusioni, provocate soprattutto da un ambiente culturalmente e politicamente ostile.
Il Foscolo inaugurò ufficialmente la sua attività di drammaturgo con il Tieste, di cui annunciò il compimento al Cesarotti nel 1795, anche se è quasi certo che l'Edipo, scoperto dallo Scotti fra le carte del Pellico, sia da ident[...]

[...] sia per 1'Ajace sia per la Ricciarda: le integreremo a scapito della coerenza cronologica, per disporre in modo piú organico le argomentazioni da cui si possa rilevare in che misura e in quali fasi del lavoro il Foscolo sia intervenuto. La corretta impostazione di un allestimento dipende in buona parte dalla distribuzione. Il Foscolo mostra di saperlo, scrivendo al capocomico Fabbrichesi a proposito della Ricciarda:
badate, se la donna zoppica la tragedia stramazza; Tessari non altri, Tessari solo deve far la parte del Tiranno: non altri, che Tessari. Mi piacerebbe che Prepiani facesse l'Averardo, parte eroica, affettuosa, e paterna: Bettini 9 farebbe
9 Quanto alla « donna », purtroppo zoppicò (fu prescelta Lucrezia Bettini, moglie di Antonio, seconda attrice della Compagnia Reale e il Foscolo scrisse di suo pugno sul copione: « Dio l'assista ») e forse anche (ma non solo) per questo la tragedia non ebbe lo sperato successo. Alberto Tessari (nato a Verona il 21 giugno 1780 e morto probabilmente dopo il 1845), di famiglia borghese, si distinse fra i filodrammatici veronesi, avendo compiuto studi regolari. Dopo un normale periodo di apprendistato entrò come « tiranno » nella Compagnia Reale (la sua scrittura è conservata presso l'Archivio di Stato in Milano: « Spettacoli Pubblici Parte Moderna », cartella n. 18). Sposò nel 1812 Caterina Cavalletti (che prese il posto di prima attrice sostituendo la Fiorilli Pellandi e fu Ricciarda nelle rappresentazioni bolognesi) e rimase fino al 182[...]

[...]esentazioni bolognesi) e rimase fino al 1824 nella compagnia diretta dal Fabbrichesi, trasferitasi al Teatro dei Fiorentini in Napoli. Alternò il lavoro di attore a quello di capocomico di compagnie
144 PAOLO BOSISIO
egregiamente da Guido che ha dell'ardito e del pertinace: quanto a Corrado, è parte importante piú che non si crede, perché la prima scena in cui sta la facciata dell'edificio dipende molto da lui... Ma badate; se la donna zoppica la tragedia stramazza... (Epistolario, vol. iv, pp. 280281).
La lettera dimostra una sicura ingerenza del Foscolo nella direzione della compagnia e conferma in lui quella conoscenza degli attori e quella competenza tecnica che lo autorizzarono a sovvertire la distribuzione ipotizzata dal Fabbrichesi. Questi, infatti, aveva pensato in un primo momento di affidare la parte di Guelfo al Boccomini 10 e, poi, a G. B. Prepiani: l'uno
e l'altro erano specializzati nel sostenere la parte del « padre nobile » ed erano dunque piú adatti a ricoprire il ruolo di Averardo (che a Prepiani, infatti, fu affidato dal F[...]

[...]to al sentire, gl'insegnamenti non ne possono, e si resta sempiternamente tal quali » (Epistolario, vol. iv, p. 277).
Non sappiamo a quali esiti approdasse lo strenuo impegno del giovane regista: non troppo lusinghieri a detta di critici sia pur malevoli 14, e a detta dello stesso Foscolo che, dopo aver dovuto rimpiazzare il Bettini colpito da una pleurite e il suo sostituto, ammalato anch'egli 15, cosí commenta l'esito della rappresentazione:
La Tragedia fu pessimamente recitata... Guelfo avrebbe fatto eccellentemente se non avesse voluto far troppo; Ricciarda pareva una ragazza sentimentale, anziché una principessa innamorata altamente; piacque nondimeno al pubblico; a me spiacque moltissimo. Averardo fu sostenuto ragionevolmente. Ma Guido fu 'recitato in modo ch'io stesso che lo aveva meditato e scritto e riletto non intendeva ciò che quel disgraziato fantoccio vestito in scena da Eroe volesse mai dire... (Epistolario, vol. iv, pp. 349350).
A quei tempi era usanza comune che della scenografia si occupasse il capocomico, mentre onere e resp[...]

[...]; insomma io mi lusingo, mercè i tuoi rari e singolari talenti, consolidare quel poco di buon nome che mediante un assiduo studio mi sono fin ora acquistato » (Epistolario, vol. III, p. 523).
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LA RAPPRESENTAZIONE DELL'« AJACE » E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA 147
ancor piú per la Ricciarda: dopo avere manifestato la sua preferenza per il palcoscenico della Canobbiana, piú adatto di quello immenso della Scala all'ambientazione cimiteriale della tragedia, il Foscolo spedí, insieme al testo, « tutti gli avvertimenti sul vestiario, la scena e l'azione » (Epistolario, vol. iv, pp. 318 e 280). Tali indicazioni sono le stesse che si possono leggere su un copione della Ricciarda, conservato presso la Comunale di Bassano: per quanto apografe, esse sono con ogni probabilità opera del Foscolo che volle cosí precisare nei minimi particolari le sue disposizioni sulla realizzazione della scena e dei costumi 18. Gli esecutori dovettero essere molto coscienziosi, se il Foscolo, scontento sotto ogni altro aspetto dello spettacolo, scrisse: « La scena era be[...]

[...]llo spettacolo, scrisse: « La scena era ben decorata, esattamente dipinta, e il vestiario convenientissimo a' tempi e magnifico ... il pubblico picchiava le mani ... » (Epistolario, vol. iv, p. 350). Di parere diverso era stato il Lampredi, che, sul « Poligrafo » del 29 dicembre 1811 aveva scritto dell'Ajace: « I vestimenti inargentati, indorati, ingemmati, e la forma dell'armi..., e tutto ciò in somma, onde si formavano l'esterne decorazioni della Tragedia, tutto corrispondeva assai male ai semplici costumi, e alle usanze de' secoli Eroici... ». Ci è impossibile valutare oggi la serenità del suo giudizio: certo egli aveva ragione ad attribuire, nel bene o nel male, la responsabilità della miseenscène all'« illustre autore che ha voluto diriggere in tutto e per tutto gli accessorj dello spettacolo... ». Ciò deve essere vero piú di quanto non si possa credere, se si pensa che negli appunti scritti sul copione della Ricciarda non mancano persino un cenno preciso ai tempi di svolgimento dell'azione, necessario a chi sovrintenda all'illuminazione de[...]

[...]a al personaggio di Tecmessa, il Tessari fu Ulisse, il Bettini un Calcante un po' giovane e il Fabbrichesi tenne per sé la particina di Teucro. Attori di prim'ordine, dunque, anche se non tutti perfettamente « in parte ». Nonostante le ottime premesse, tuttavia, il successo fu tiepido, come si deduce dalle cronache piú obiettive della serata: gli applausi, abbastanza calorosi per i primi tre atti, divennero sempre piú radi nella seconda parte della tragedia per mescolarsi ai fischi o disperdersi in un silenzio eloquente alla fine dello spettacolo 29. Lo scarso entusiasmo del pubblico è una spia importante che non deve essere sottovalutata: sarà dunque utile ricercarne le cause nella tragedia.
Dal punto di vista dell'intreccio, l'Ajace è teatralmente poco efficace: quella linearità che nell'Alfieri è nitida parabola dall'antefatto alla catastrofe, rigorosamente consequenziale e aliena da ogni diversione 30, non possiede
28 Paolo Belli, in arte Pellegrino Blanes (nato a Firenze intorno al 1770 e ivi morto il 15 ottobre 1823) fu per vent'anni il piú applaudito attore tragico italiano. Fu con il Fabbrichesi dal 1807 al 1812, quando fece compagnia con la Pellandi, Luigi Vestri e Carolina Internare. Ebbe successi grandissimi in tutta Italia e, dopo aver lasciato le scene nel 1817, vo[...]

[...]parsi su altri giornali dell'epoca: « ... La ... tragedia però non riscosse quella corona, a cui sembrava di dover aspirare, e malgrado alcuni pregi che in essa risplendono, lasciò o freddo, o indifferente il cuore degli affollati spettatori... » (« Giornale Italiano », 15 dicembre 1811); « ... riescirà difficile il credere che il Sig. Foscolo non ottenesse pieni, e generali applausi » (« Corriere delle Dame », 14 dicembre 1811); « ... terminata la tragedia, il pubblico, stanco dell'eccessiva prolissità del componimento, soprattutto dell'atto quinto, ed impaziente d'uscir dal teatro dopo di avervi fatto una si lunga ed incomoda stazione, non manifestò il suo giudizio con verun segno di aggradimento; ma due minuti dopo, parecchi di quegli spettatori ch'eran rimasti, si mossero a batter le mani, e fu allora che s'intese qualche indiscreto ed anche ingiurioso fischio mescolarsi coi plausi. Ma quest'ultimi furono vittoriosi ... » (« Corriere Milanese », 10 dicembre 1811).
30 In ossequio agli insegnamenti alfieriani, il Foscolo scrive: « ... si comp[...]

[...]cembre 1811).
30 In ossequio agli insegnamenti alfieriani, il Foscolo scrive: « ... si comprende finalmente il semplice dell'azione, perché quanto piú l'azione è complessa, tanto è meno credibile; e il peggio si è che affacendando l'attenzione del lettore, tu distogli l'anima sua dal sentimento ... » (lettera al Pellico sulla Laodamia, in Epistolario, vol. iv, p. 216).
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nella tragedia foscoliana la chiarezza e l'immediata comprensibilità che dovrebbero esserne doti fondamentali. « L'azione è oscurissima, difficile a seguire anche in lettura (figuriamoci alla recita) » 31, è stato notato: il pubblico, infatti, è inesorabile quando non riesce a capire e ben poco può comprendere di un'azione tragica la cui catastrofe (y atto) trova motivazione psicologica in un fatto accaduto nel i atto, a piú di mille versi di distanza, con quattro intervalli in mezzo e senza alcun richiamo logico intermedio, tale da facilitare la perspicuità del nesso causaeffetto 32. Le ironiche battute ri[...]

[...]atto accaduto nel i atto, a piú di mille versi di distanza, con quattro intervalli in mezzo e senza alcun richiamo logico intermedio, tale da facilitare la perspicuità del nesso causaeffetto 32. Le ironiche battute riferite dal Lampredi all'indomani della prima 33 non ci sembrano, dunque, del tutto ingiustificate e ugualmente fondato ci pare l'altro appunto ch'egli muove all'A¡ace per bocca di uno spettatore, denunciando l'eccessiva lunghezza della tragedia 34: essa consta infatti, nella stesura definitiva, di ben 1903 versi, divisi nei canonici cinque atti, mentre in tin primo tempo i versi erano 175035. Ciò non può essere considerato un difetto toutcourt, la lunghezza essendo dato variabile a seconda della ricchezza di contenuti e dell'articolazione drammatica. Ma proprio nell'articolazione l'Ajace non soddisfa pienamente: l'antefatto è diluito nei primi due atti e il determinante tema dell'inganno ai danni di Teucro, esposto nella protasi, viene abbandonato per essere ripreso solo nelle scene finali della tragedia. Lo sviluppo dell'intreccio [...]

[...] in tin primo tempo i versi erano 175035. Ciò non può essere considerato un difetto toutcourt, la lunghezza essendo dato variabile a seconda della ricchezza di contenuti e dell'articolazione drammatica. Ma proprio nell'articolazione l'Ajace non soddisfa pienamente: l'antefatto è diluito nei primi due atti e il determinante tema dell'inganno ai danni di Teucro, esposto nella protasi, viene abbandonato per essere ripreso solo nelle scene finali della tragedia. Lo sviluppo dell'intreccio e la progressione drammatica verso la catastrofe sono discontinui e si concentrano solo nel quinto atto, che è sicuramente il piú valido sotto il profilo teatrale in quanto alterna azione e tensione psicologica in un crescendo ben calibrato 36. La partizione interna degli atti, per un totale di trentasei scene,
31 G. BEzZOLA, Introduzione a: U.F., Opere, Milano, Rizzoli, 1956, vol. I, p. 35.
32 Tale carenza non si riscontra nel Tieste e nella Ricciarda in cui l'autore, pur perseguendo la medesima essenzialità di gusto ' alfieriano, non dimentica di illuminare i p[...]

[...]lla trama. Non manca, per la verità, anche nella Ricciarda qualche passo un po' oscuro (iv, 4; v, 3).
33 « Io per me ... non ho potuto capire perché Ajace siasi data la morte ... Ciò per me a nulla monta ... »: tali le parole attribuite agli spettatori dal Lampredi che conclude: « ... giudizj, che ho poi trovato conformi a quelli della maggior parte degli Spettatori » (« II Poligrafo », 15 dicembre 1811).
34 « Io mi sono annojato moltissimo, e la Tragedia mi è sembrata troppo lunga » (ivi).
33 Piú stringate le altre tragedie foscoliane, rispettivamente di 1407 versi il Tieste e di 1298 versi la Ricciarda.
36 I pareri dei critici sulla validità dei singoli atti sono discordi: in linea di massima, tuttavia, le censure colpiscono soprattutto i primi tre atti (dr. « Giornale italiano », 15 dicembre 1811; E. FLORI, op. cit., p. 157). Dopo la lettura privata dell'Ajace del 14 ottobre 1811, il Foscolo scrisse a G. Grassi: « ... tutti giudicarono che il primo atto fosse peggiore degli altri, e mi raccomandarono d'accorciarlo ... Il quarto e il quint[...]

[...]in particolare, non sono sempre soddisfacenti sotto tale profilo. « Opera nobilmente immota nella sua antiteatrale staticità » 40, l'Ajace è privo di un vero sviluppo tragico: l'azione è svuotata del suo principio motore dal momento che il protagonista è deciso ad uccidersi fin dall'inizio e la catastrofe, dunque, è potenzialmente un fatto compiuto 41. Gli avvenimenti destinati a dar corpo all'intreccio e il nodo drammatico stanno al di fuori della tragedia, supposti dall'autore o appena accennati nei dialoghi dei personaggi. Pur non mancando, infatti, squarci di notevole evidenza lirica e anche drammatica, scene che per ispirazione, sviluppo ed esecuzione fanno presa nello spettatore, l'interesse non è continuo e non sempre è viva
37 Il numero di scene non è proporzionale alla vivacità dell'azione, come qualcuno vorrebbe, in quanto è appunto in rapporto solo con le entrate e le uscite dei personaggi. Il Tieste è diviso in 24 scene e la Ricciarda in 25: meno numerose della media che, nelle tragedie coeve, supera il numero di 30.
38 Nel Tieste [...]

[...]di fatti e accidenti avvenuti fuori scena che fornisce solo un surrogato del vero dramma (ad esempio cfr. I, 4 e III, 3). Di tale artificio, tuttavia, il Foscolo sa fare un uso davvero magistrale: lo nota acutamente il Binni nella sua lucida analisi dell'Ajace in cui rileva e dimostra « ... la forza epicotragica che in certe parlate ... il Foscolo ha saputo realizzare potentemente traducendo narrazione in rappresentazione e dando alla memoria della tragedia il risalto indiscutibile di una suggestione persino di movimento e di azione di masse, uno sfondo di vita e di azione bellicosa e guerresca di grande efficacia » (L'« Ajace » del Foscolo, p. 232).
Alla carenza di azione che appesantisce certe parti della tragedia fanno riscontro scene assai riuscite, efficaci anche sotto il profilo strettamente teatrale: si pensi allo scontro fra i tre personaggi principali, ricco di azione scenica e di rilevanza psicologica (Ajace, III, 4); a certi monologhi che ben si prestano a interpretazioni drammaticamente sostenute (ad esempio III, 1;
iv, 8; v, 2); al contrasto fra il lirico delirio di Tecmessa e l'affettuoso, sconsolato eloquio di Ajace, magistralmente condotto attraverso uno scambio di versi spezzatissimi, giocati su parole e sospensioni scenicamente assai efficaci, e una coppia di monologhi suggestivamente [...]

[...]'opera di poesia ma, sotto il profilo teatrale, essi sono assolutamente giustificati dall'esigenza di tener desto l'interesse dello spettatore, coinvolgendolo il piú possibile nel meccanismo dell'azione tragica, cioè a dire in quello scontro di forti passioni in cui lo stesso Foscolo identifica la fonte di ammaestramento morale e civile.
Quanto alla struttura dialogica 42, un'analisi approfondita dell'Ajace rive
42 L'importanza dei dialoghi nella tragedia è sottolineata dallo stesso Foscolo: « Qualunque tragedia tutta intera non è che la rappresentazione d'una o piú azioni sviluppate solamente per mezzo d'una serie di discorsi » (Della nuova scuola drammatica italiana, in: Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Firenze, Le Monnier, 1958, parte seconda, pp. 563564).
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la che gran parte dei dialoghi è composta di brevi monologhi giustapposti e indipendenti anziché da battute concatenate e reciprocamente necessitate. Ogni personaggio sembra condurre un suo personale discorso che solo incidentalmente si incontra con[...]

[...]agerate ed oscure » (Epistolario, vol. Iv, p. 223).
46 Della nuova scuola drammatica italiana, cit., p. 587.
47 Si veda, a puro titolo d'esempio, l'assoluta antiteatralità dei seguenti versi detti da Agamennone: «Non nel mio padiglione, in campo il sole / Mi mostri estinto, o tal, che mai piú meco / Nessun da re favelli. Odil tu primo: / Poi la vittoria il manifesti agli altri » (Ajace, p. 115).
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dunque, egli riesce anche nella tragedia 48. Se la rappresentazione delle passioni non è nuda e viva, se i sentimenti, anziché agire potentemente nei personaggi, si diluiscono in narrazioni e dispute, se i caratteri si esprimono per formule poetiche sia pur perfette, invece di parlare con immediatezza, il lettore potrà essere ammirato dall'alto magistero di poesia, ma lo spettatore resterà indifferente piuttosto che commosso.
Le passioni bollenti e la catastrofe finale non sono sufficienti: il dramma non c'è. Ciò può essere vero, almeno in parte, anche per il Foscolo: a differenza delle tante tragedie del Pepoli, dello Scevola, del[...]

[...]i Pindemonte, nate e morte nel breve istante della rappresentazione, i testi scritti dal Foscolo per la scena, lasciano, tuttavia, nella memoria del lettore e — noi crediamo — anche dello spettatore un segno: il segno di un'altissima aspirazione, forse mai perfettamente realizzata, ma non per questo meno ricca di suggestioni preziose e di squarci luminosi di poesia.
PAOLO Bosisio
aa Di parere contrario è A. M. GAGGERO che svolge una lettura della tragedia foscoliana tesa fra suggestioni psicologiche e interessi tecnicoteatrali (Sull'Ajace del Foscolo, in « Resine », n. 18, lugliosettembre 1976, pp. 4049).


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine La Tragedia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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