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Il segmento testuale La Rivoluzione è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 72Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Ernesto De Martino, Apocalissi culturali e Apocalissi Psicopatologiche in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]isi nelle sue diverse manifestazioni culturali (letterarie, artistiche, filosofiche, di costume), ci limiteremo qui a ricordare, fra i contributi apparsi nel secondo dopoguerra: E. MOUNIER, La petite peur du XXe siècle (conferenze tenute dal 1946 al 1948 in occasione dei ` Rencontres internationales de Genève' e della Semaine de Sociologie '), in Oeuvres, III, 1962, pp. 341423; G. SEDLMAYR, Verlust der Mitte, Salzburg 1955 7a ed. (la ed. 1948) e La Rivoluzione nell'arte moderna, trad. it. Milano 1961; F. ALTHEIM, Apokalyptik heute in `Die neue Rundschau', 1954, fast. 1; FRANE:LIN L. BAUMER, TwentiethCentury Version of the Apocalypse, in ' Cahiers d'histoire mondiale ' a cura della Commissione internazionale per una storia dello sviluppo scientifico e culturale dell'umanità, vol. I, 1954, pp. 623 sgg.; la raccolta di articoli di vari autori contenuti nel fascicolo s Apocalisse e Insecuritas a dell'Archivio di Filosofia diretto da E. Castelli, MilanoRoma 1954; H. FRIEDRICH, La lirica moderna, traduzione italiana, Milano 1961; R. VOLMAT, L'art psychop[...]



da [Gli interventi] Alberto Caracciolo in Studi gramsciani

Brano: Alberto Caracciolo

Ad un certo punto delila sua relazione l’on. Palmiro Togliatti ha ricordato come Lenin abbia svòlto la propria elaborazione intorno a tre principali punti nodali: quello della Rivoluzione, quello dello Stato e quello del Partito. In questo triplice ordine di problemi strettamente connessi ed interdipendenti, si deve effettivamente svolgere, mi pare, ogni ricerca per stabilire il leninismo di Gramsci, i suoi rapporti con l'esperienza rivoluzionaria ed il pensiero bolscevico.

Io qui desidero fermarmi, però, su di un solo aspetto: quello della teoria dei Consigli di fabbrica e più in generale dei Consigli operai, quale si presenta in Gramsci nel quadro della teoria dello Stato proletario. E non perché io creda, sia chiaro, che in questo solo aspetto si possa conchiudere tutto [...]

[...]i chiunque altro su una delle tre grandi questioni prima indicate, cioè precisamente sulla questione dello Stato.

In che senso Gramsci traduce il leninismo o la esperienza rivoluzionaria russa, in rapporto a tale questione ed alla prospettiva di uno Stato operaio in Italia? Negli appunti che ho presentato per iscritto osservavo come, a rileggere gli scritti del periodo fra il ’17 ed il ’19, accanto al consenso entusiastico, si manifesti verso la Rivoluzione russa anche una certa idealizzazione, una certa trasposizione, nei termini del diverso quadro italiano, della stessa realtà di quel rivolgimento, immaginando senz’altro il' nuovo edificio che là si costruiva come « una organizzazione della libertà di tutti e per tutti — cito Gramsci — ohe non avrà nes562

Gli interventi

sixn carattere stabile e definito, ma sarà una ricerca continua di forme nuove, di rapporti nuovi che sempre si adeguino al bisogno degli uomini e dei gruppi, perché tutte le iniziative siano rispettate, purché utili, tutte le libertà tutelate purché non di privilegio ».[...]

[...]deguino al bisogno degli uomini e dei gruppi, perché tutte le iniziative siano rispettate, purché utili, tutte le libertà tutelate purché non di privilegio ».

Nel testo che ho presentato ho fatto anche menzione di alcuni errori di fatto, in cui sembra cadere Gramsci a proposito di singoli episodi, come per esempio dell’apporto fisico degli operai alla direzione delle fabbriche, che per una serie di ragioni inerenti alla maniera di sviluppo della Rivoluzione era assai meno imponente di quello che Gramsci, in alcuni suoi passi, mostrasse di ritenere. Ho portato anche alcuni elementi che mi hanno indotto a concludere che, a proposito di iniziativa e di gestione operaia, vi siano alcune importanti originalità nel pensiero di Gramsci e negazione dell'Ordine Nuovo e di Gramsci stesso, rispetto a quella sovietica. Sarà da vedere quanto in questo vi sia di residuo delle iniziali teorie sindacaliste o volontaristiche, delle cui letture Gramsci era particolarmente preso, si potrà anche esaminare se non vi sia qui una certa particolare sensibilità verso la[...]

[...]e operaie ».

Chi torni a sfogliare gli scritti di Gramsci non può che trovare conferma, senza davvero bisogno di accostamenti tendenziosi, di questo solido nucleo leninista nel suo pensiero sullo Stato. Non si tratta che di restituirlo pazientemente alla luce e di valutarlo criticamente.

Frasi come quella sopra ricordata si trovano d’altronde in forme assolutamente analoghe in tutto il discorso del gruppo dirigente bolscevico nell’epoea della Rivoluzione. Sarebbe troppo ovvio e troppo lungo andare in cerca dei punti in cui Lenin si esprime in questo senso, specialmente nel suo scritto contro il rinnegato Kautsky. Mi limiterò ad osservare come questa concezione dei Soviet come struttura democratica ed eminentemente caratteristica del nuovo Stato, era anche la direttiva essenziale della Internazionale Comunista nei suoi primi anni. Scriveva Radek, uno dei segretari dell’Internazionale comunista, in un suo opuscolo 'intitolato L’evoluzione del socialismo dalla scienza all’azione che fu tradotto in una rivista socialista italiana : « Quale forma [...]

[...]porli all apparato statale della borghesia, questo è oggi dii compito essenziale dei lavoratori coscienti ed onesti di ogni Paese. Attraverso i Consigli la dllasse operaia lanciata nella lotta reggerà il potere della vita economica e civile come è già accaduto in Russia».

Ma non è solo nel ’19; prendiamo il Congresso successivo: queste tesi sono largamente ribadite con più chiarezza, con più organicità rispetto all'intera teoria del potere. « La Rivoluzione proletaria in Russia — si dice ad un certo punto — ha stabilito le basi della dittatura del proletariato: i Soviet. La nuova divisione fondamentale del movimento operaio, alla quale dappertutto noi andiamo «incontro, è 1) il Partito; 2) i Consigli operai, Soviet; 3) le associazioni di ;produttori sindacali».

L’importante è di osservare come Gramsci ed il gruppo dellYOrdine Nuovo e quindi successivamente il Partito comunista fossero decisamente >i più strenui difensori della tattica proposta dairinternaziomale Comunista in Italia e quindi non potessero che partecipare a questa concezione. «[...]

[...]le comunista — scriveva Gramsci fin dal 1919 — significa ingranare le proprie istituzioni con quelle degli Stati proletari di Russia e di Ungheria. La Internazionale comunista deve essere una rete di istituzioni proletarie che dal loro seno stesso esprimono una gerarchia complessa e bene articolata ».Alberto Caracciolo

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Ed ancora in queirarticolo in polemica con Mondolfo, già citato da Togliatti, si dice che « ... l’essenziale fatto della Rivoluzione russa è l'instaurazione di un tipo nuovo di Stato, lo Stato dei Consigli, ed a esso deve rivolgersi la critica storica. Tutto il resto è contingenza ».

Più cerco di 'esaminare questa questione e meno riesco a capire come un simile aspetto del leninismo di Gramsci, e direi, del leninismo tout court, possa essere dimenticato. La questione era allora di cosi grande importanza che rappresentava una vera e propria condizione per partecipare al movimento comunista internazionale, e una decisiya discriminante rispetto ad ogni sorta di posizione socialdemocratica.

E si pensi che sia pure a paro[...]



da [Gli interventi] Valentino Gerratana in Studi gramsciani

Brano: [...]della « guerra di posizione» ha grande importanza nello sviluppo del suo pensiero, ma anche perché proprio su questo problema sono state recentemente tentate delle false e tendenziose interpretazioni che sì sforzano di opporre le posizioni di Gramsci a quelle di Lenin.

Il tema è strettamente connesso, come del resto ha rilevato anche Togliatti, alTelaborazione di Gramsci della teoria dell’egemonia e alla sua critica della teoria troschista della rivoluzione permanente. Conviene quindi rifarsi, per chiarire meglio la cosa, al saggio sulla Quistione meridionale, dove Gramsci a un certo punto, usando per la prima volta, — mi pare — il termine di « egemonia del proletariato », afferma che i comunisti torinesi, prima ancora che sul piano teorico si erano posti concretamente il problema dell’egemonia del proletariato affrontando la questione delle alleanze della classe operaia. È da qui, io credo, che bisogna partire: dal nesso pratico tra il problema dell’egemonia e la questione politica delle alleanze.

Non ogni alleanza, però, implica il concetto[...]

[...]se contadine, con l’aiuto delle quali era giunta al potere. Abbkmo cosi qui una concezione delle alleanze delk classe operaia che prevede la loro dissoluzione appena vengano in primo piano e si pongano direttamente gli obiettivi delk trasformazione socialista delk società. Ne deriva una concezione della dittatura del proletariato che esclude la possibilità per la classe operaia di dirigere ancora i suoi alleati appena sono raggiunti i compiti della rivoluzione democraticoborghese, che esclude quindi l’egemonia della classe operaia in un’alleanza con altri ceti sociali per la costruzione di una società socialista.

Questa impostazione del problema ha grande importanza per le conseguenze che necessariamente se ne ricavano nella strategia delk rivoluzione socialista, anche sul piano internazionale. Ad esempio, dalla sua teoria delk rivoluzione permanente, con la concezione che abbiamo già ricordato dell’inevitabile dissoluzione delle alleanze che hanno permesso alla classe operaia di conquistare il potere, Trotzki traeva la conseguenza dell’impossib[...]

[...]oluzione socialista, anche sul piano internazionale. Ad esempio, dalla sua teoria delk rivoluzione permanente, con la concezione che abbiamo già ricordato dell’inevitabile dissoluzione delle alleanze che hanno permesso alla classe operaia di conquistare il potere, Trotzki traeva la conseguenza dell’impossibilità della costruzione del socialismo in un solo paese e vedeva quindi l’unica salvezza dello Stato sovietico nella possibilità di suscitare la rivoluzione negli altri paesi. « Le contraddizioni — scriveva Trotzki — nella situazione del governo operaio di un paese arretrato, con una maggioranza schiacciante di popolazione contadina, potranno trovare la loro soluzione soltanto su scala internazionale, suH’afena delk rivoluzione mondiale del proletariato ».

Per Lenin, invece, come per Gramsci, la soluzione di queste contraddizioni può essere trovata soltanto nella funzione egemonica della classe operaia, nella sua capacità di dirigere questa maggioranza non proletaria delk popolazione. Lenin si rendeva conto che questo compito del proletariato [...]

[...]ificato e possiamo ora controllarlo sui testi stessi di Lenin.

Nel passo citato vi è in realtà un solo termine di riferimento, alla formula — scrive Gramsci — del « fronte unico ». Togliatti nella sua relazione ha chiarito come tale riferimento vada riportato ai dibattiti e alle 'tesi del III Congresso deFIntefnazionale, che è del 1921. Il richiamo è effettivamente illuminante e particolarmente utile oggi, di fronte ai tentativi di presentare la Rivoluzione d’Ottobre come una rivoluzione di minoranza, fatta dall’alto, rispetto al metodo della conquista democratica della maggioranza che sarebbe esclusivo delle società capitalisticamente evolute. Il III Congresso deH’Internazionale rifiuta questa assurda contrapposizione, non perché la seconda tesi non sia vera, ma perché è falsa la prima. « Quando si dice che in Russia — diceva Lenin — abbiamo vinto quantunque avessimo un piccòlo partito, si dimostra di non aver capito la rivoluzione russa e di non capire niente di come si deve preparare la rivoluzione ». « Noi in Russia, eravamo' un piccolo part[...]

[...]ivoluzione di minoranza, fatta dall’alto, rispetto al metodo della conquista democratica della maggioranza che sarebbe esclusivo delle società capitalisticamente evolute. Il III Congresso deH’Internazionale rifiuta questa assurda contrapposizione, non perché la seconda tesi non sia vera, ma perché è falsa la prima. « Quando si dice che in Russia — diceva Lenin — abbiamo vinto quantunque avessimo un piccòlo partito, si dimostra di non aver capito la rivoluzione russa e di non capire niente di come si deve preparare la rivoluzione ». « Noi in Russia, eravamo' un piccolo partito, ma avevamo con noi la maggioranza dei Soviet dei deputati operai e contadini di tutto il paese » \

La polemica è qui rivolta contro i « sinistri » dei partiti comunisti dei paesi occidentali che pretendevano di fare la rivoluzione, con l’assalto audace di minoranze agguerrite, senza preoccuparsi della conquista della maggioranza. Insistendo sulla necessità della conquista della maggioranza come premessa indispensabile di ogni rivoluzione socialista, in Occidente o in Oriente, nei paesi industrialmente più avanzati o in quelli più arretrati, il III Congresso elabora la nuova tattica del fronte unico, come necessaria in quel momento, nei paesi occidentali, per la conquista della maggioranza, e giustamente in questa tattica Gramsci vede un esempio di passaggio dalla guerra manovrata alla guerra di posizione.

È possibil[...]

[...]rovare altri riferimenti, per questo richiamo di Gramsci alte posizioni di Lenin, in documenti anteriori al 1921.

1 L’Internazionale comunista, Roma, 1950, pp. 324 e 327.590

Gli interventi

Già infatti in un discorso del 7 marzo 1918, il rapporto sulla guerra e sulla pace al VII Congresso del Partito, Lenin si rendeva conto di questa necessità di passare dalla guerra di movimento alla guerra di posizione, sia in Russia dove si era fatta la rivoluzione, sia nei paesi europei dove la rivoluzione non era incominciata. « Quanto più è arretrato — diceva allora Lenin — il paese nel quale in virtù degli zigzag della storia, 'ha dovuto incominciare la rivoluzione socialista, tanto più è per esso difficile passare dai vecchi rapporti capitalistici a rapporti socialisti. Ai compiti della distruzione si aggiungono qui nuovi compiti, di una difficoltà inaudita, i compiti di organizzazione ». Questi nuovi compiti, aggiunge Lenin, non potevano essere assolti con un « attacco alla baionetta », cosi come si era riusciti, a fare per i compiti della guerra civile.

«Per tutti coloro — continua Lenin — che avevano meditato sulle condizioni economiche di una rivoluzione socialista in Europa non poteva non 'essere 'evidente che è infinitamente più difficile comi[...]

[...]uovi compiti, di una difficoltà inaudita, i compiti di organizzazione ». Questi nuovi compiti, aggiunge Lenin, non potevano essere assolti con un « attacco alla baionetta », cosi come si era riusciti, a fare per i compiti della guerra civile.

«Per tutti coloro — continua Lenin — che avevano meditato sulle condizioni economiche di una rivoluzione socialista in Europa non poteva non 'essere 'evidente che è infinitamente più difficile cominciare la rivoluzione in Europa e 'infinitamente più facile cominciarla da noi, ma che da noi sarà più difficile continuarla ».

E ancora : « La Rivoluzione non verrà cosi presto come noi speravamo, la storia l’ha dimostrato, e bisogna accettarlo come un dato di fatto, bisogna saper tener conto che la rivoluzione socialista mondiale nei paesi progrediti non può incominciare con la stessa facilità con cui è incominciata in Russia, paese di Nicola e di Rasputin, dove per un’immensa parte della popolazione era indifferente sapere quali popoli abitassero la periferia e che cosa colà avvenisse. In un paese simile era cosa facile incominciare la rivoluzione, facile come sollevare una piuma. Ma cominciare senza preparazione la rivoluzione in un paese dove si è sviluppato il capitalismo, che ha dato una cultura e il senso dell’organizzazione democratica a tutti gli uomini, sino all’ultimo, sarebbe un errore, un’assurdità » 1.

Si capisce meglio, mi sembra, tenendo presenti queste pagine di Lenin, il senso esatto delle considerazioni di Gramsci, e si può valutare meglio l’importanza delle sue conclusioni. « In Oriente — scrive Gramsci, cioè in Russia — lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; neirOccidente, tra Stato e società civile cera un giusto rapporto,

1 Opere scelte, Mosca, II, 1948, p. 283[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine La Rivoluzione, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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