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Il segmento testuale La FIAT è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 325

Brano: [...]gioni di conferma delle proprie prerogative di unificatrice dello Stato, di classe dirigente in ascesa. L’arretratezza dell’industria meccanica italiana e il favore subito incontrato nei ceti abbienti dal mezzo automobilistico valsero d’altra parte a far convergere sull’impresa torinese forti aliquote di capitale finanziario (v.) ; mentre la mancanza, in paesi industrialmente anche più avanzati, di un’analoga produzione su vasta scala, permise alla FIAT di presentarsi sul mercato estero in condizioni di assoluta competitività.

La sua ascesa produsse in Italia un convulso moltiplicarsi di aziende del ramo: alcune abbastanza solide per resistere nel lungo periodo e affiancarsi poi alla FIAT, sia pure con dimensioni nettamente inferiori, nelle contese di mercato; altre, la più parte, sorte con criteri di sfrenata speculazione a breve termine e quindi esposte a rapido tracollo. Così infatti accadde, nel volgere di pochi anni, a decine di imprese automobilistiche spazzate via a causa della loro organica fragilità.

Lo sviluppo dell’impresa torinese assunse ritmi vertiginosi. Nel 1905 gli utili raggiunsero i 4 milioni di lire. Nel marzo 1906 la società fu ricostituita con un capitale sociale di. 9 milioni; in quello stesso anno raddoppiò la produzione e realizzò 5.257.083 lire di [...]

[...] assunse ritmi vertiginosi. Nel 1905 gli utili raggiunsero i 4 milioni di lire. Nel marzo 1906 la società fu ricostituita con un capitale sociale di. 9 milioni; in quello stesso anno raddoppiò la produzione e realizzò 5.257.083 lire di utili.

II 1906 fu un anno cruciale anche

per l’inizio delle lotte operaie nell’azienda, nel quadro di un ampio movimento di rivendicazioni salariali e normative della classe operaia del Nord. La Direzione della FIAT e le maestranze si scontrarono per la prima volta e nel marzo, dopo 12 giorni di sciopero, le maestranze ottennero aumenti salariali e l’istituzione di un delegato operaio per reparto, con l’impegno da parte della Direzione di accettare la nomina di una Commissione interna per ogni stabilimento.

Il 20 luglio successivo sorse a Torino la Lega industriale, primo esempio del genere in Italia, nella quale Agnelli e gli esponenti delle industrie tessili, elettriche e chimiche della provincia si organizzarono per fronteggiare la lotta operaia e per estendere la propria influenza politica.

Il [...]

[...]reparto, con l’impegno da parte della Direzione di accettare la nomina di una Commissione interna per ogni stabilimento.

Il 20 luglio successivo sorse a Torino la Lega industriale, primo esempio del genere in Italia, nella quale Agnelli e gli esponenti delle industrie tessili, elettriche e chimiche della provincia si organizzarono per fronteggiare la lotta operaia e per estendere la propria influenza politica.

Il decennio gioì itti a no

La FIAT, in realtà, tendeva ad attestarsi su una linea di condotta politicosindacale più articolata e possibilista di quella tradizionale del gretto padronato italiano, con una adesione che si potrebbe definire « ideologica » allo schema cui si ispirava la politica giolittiana. È noto come il disegno fondamentale di Giovanni Giolitti, nel famoso « decennio » centrale della sua esperienza di governo, si proponesse di favorire e consolidare lo sviluppo industriale moderno del Paese anche cercando di far partecipare i socialisti a una mediazione tra la classe dirigente politica liberale e le masse.

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[...]contrattazione » e di soluzioni paternalistiche.

Era, in sostanza, una scelta di politica governativa mirante ad assorbire nello Stato le rivendicazioni di fondo della classe operaia, a stimolare un nuovo rapporto sul terreno economicosihdacale tra le parti in contesa, rifiutando i vecchi e pericolosi metodi dell'industrialismo primitivo, orientato alle contestazioni frontali con l'antàgonista invece che alla pratica di una tattica aggirante. La FIAT, come appariva dal quotidiano torinese La Stampa che ne fu fin d'allora il portavoce, era giolittiana nella misura in cui la visione dello statista di Dronero rispondeva puntualmente ai suoi interessi produttivi, si inseriva in una perspicua in

dividuazione delle esigenze del capitalismo moderno rispetto al contesto sociale e le offriva, con gli ampi margini di profitto di cui essa disponeva, la possibilità di svuotare i contenuti più sostanziosi della rivendicazione di classe.

Sia Giolitti che il monopolio torinese tendevano « a stabilire rapporti di produzione compiutamente e coerente[...]

[...]tra reazionaria di taglio crispino, tutte le spinte perturbatrici di tali rapporti. Questo implicava una convergenza « tra le forze nuove, produttive, industriali della borghesia e il socialismo parlamentare e riformista, fra i quali — come ha scritto ancora Giampiero Carrocci — vi era una stretta convergenza di interessi, tanto da essere le due facce di un unico fatto ».

All’ombra del protezionismo doganale e del « paternalismo » giolittiano la FIAT rassodò tanto le sue prospettive di sviluppo produttivo che la sua piattaforma di condotta politicosindacale, stabilendo in questo secondo senso alcune « costanti » che avrebbero sempre informato per l’avvenire (salvo che nel ventennio fascista) la ricerca dei punti di assestamento della strategia del monopolio verso il movimento operaio e la classe dirigente politica. La crisi industriale del 1907, travolgendo nel crollo finanziario prodottosi dopo un periodo di euforia e di facili guadagni gran parte delle industrie automobilistiche sorte su base speculativa, aprì alla già solida società di[...]

[...]ziario prodottosi dopo un periodo di euforia e di facili guadagni gran parte delle industrie automobilistiche sorte su base speculativa, aprì alla già solida società di Agnelli la strada per un incontestabile primato; e inoltre segnò il trionfo dell’alleanza tra Giolitti e il movimento operaio organizzato e diretto dal sindacalismo riformista. Nelle turbinose vicende speculative venute alla luce con la crisi di quell’anno, il gruppo dirigente della FIAT ebbe la sua parte, tanto che Scarafiotti e Agnelli si trovarono coinvolti in una vicenda giudiziaria, il cui corso si protrasse fino al 1912, sfociando in un processo. Questo si concluse con l’assoluzione degli imputati, sebbene da esso affiorassero ambigue e oscure manovre borsistiche, tipiche di una fase di stretto intreccio fra capitale industriale e capitale finanziario.

La crisi del 1907 fece pesare i suoi effetti sull’industria automobilistica per un triennio, ma già agli inizi del

1911 la FIAT aveva felicemente superato ogni difficoltà, soprattutto grazie alle commesse statali. I[...]

[...]trovarono coinvolti in una vicenda giudiziaria, il cui corso si protrasse fino al 1912, sfociando in un processo. Questo si concluse con l’assoluzione degli imputati, sebbene da esso affiorassero ambigue e oscure manovre borsistiche, tipiche di una fase di stretto intreccio fra capitale industriale e capitale finanziario.

La crisi del 1907 fece pesare i suoi effetti sull’industria automobilistica per un triennio, ma già agli inizi del

1911 la FIAT aveva felicemente superato ogni difficoltà, soprattutto grazie alle commesse statali. Il capitale della società fu aumentato a 17 milioni di lire e le officine giunsero a occupare una superficie di

80.000 metri quadrati, con 3.320 dipendenti: « il nucleo più omogeneo, qualificato e compatto — lo definisce Paolo Spriano — dei metallurgici torinesi ».

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 338

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Volantino clandestino della Federazione torinese del P.C.I., con i dati sulle elezioni svoltesi alla FIAT (marzo 1945)

sili, per ridursi infine a poche unità. Nel corso dell’inverno 194445 la produzione alla Mirafiori scese al disotto di 10 autocarri al giorno, in luogo dei 70 quotidiani del 1943. Un analogo collasso produttivo si ebbe più o meno in tutti gli stabilimenti della FIAT e nelle altre aziende.

Il 2.12.1944 Valletta convocò il cosiddetto « Gran consiglio » dirigente della FIAT per discutere la crisi di produzione ed esaminare la necessità di compiere licenziamenti che, secondo le sue parole, « dovranno essere fatti con quel criteri di selezione già in precedenti rapporti illustrati, per salvaguardare anzitutto la maestranza anziana, quella buona d’anteguerra. A tale 'fine occorre compilare al più presto gli elenchi ». In via del tutto « riservata », Valletta dichiarò inoltre che la FIAT, con circa 1 miliardo di lire di debiti, incontrava grosse difficoltà a reperire nuovi crediti e che la

scarsissima produzione non copriva neppure la cifra dei salari. Ma uno dei primi argomenti trattati nella riunione fu quello della difesa attiva e passiva degli stabilimenti e dei magazzini, non già dalle ruberie tedesche, bensì nell’eventualità di colpi di mano e di requisizioni da parte delle forze della Resistenza. Aderendo completamente alle tesi dei fascisti, Valletta accettò che la difesa degli stabilimenti fosse affidata alle Brigate nere, alla Guardfa nazionale repubblicana e ai [...]

[...]letamente alle tesi dei fascisti, Valletta accettò che la difesa degli stabilimenti fosse affidata alle Brigate nere, alla Guardfa nazionale repubblicana e ai sorveglianti interni, direttamente comandati da ufficiali tedeschi delle S.S..

Nel frattempo la Commissione antisabotaggio del Comando militare regionale piemontese aveva a sua volta predisposto la difesa degli impianti, prendendo le opportune misure nelle principali industrie, compresa la FIAT, nonostante l’opposizione di Valletta: « In tutti i casi — scriverà l’ing. Sergio Bellone, capò dell 'Ufficio Controsabotaggi — le Direzioni degli stabilimenti collaborarono attivamente per la difesa e la salvaguardia degli impianti: eccezione unica il

direttore generale della FIAT, il quale sin dal dicembre 1944 si dimostrò avverso all’armamento di squadre operaie ».

A metà dicembre 1944 vi fu un nuovo tentativo fascista di colpire la resistenza operaia, con la decisione di abolire l’indennità di guerra corrisposta nella misura di 25 lire al giorno. Alla FIAT il 70 per cento dei lavoratori guadagnava da 9 lire a 9,50 all’ora e l’abolizione dell’indennità di guerra non poteva certo essere sopportata. In tutti gli stabilimenti si riaccese immediatamente la lotta. Il 24 dicembre si ebbe una prima manifestazione di donne, poi iniziarono fermate di lavoro e agitazioni parziali che si susseguirono, nèlle diverse officine, per tutto gennaio e febbraio.

Il Comitato di agitazione provinciale valutò l’opportunità di organizzare uno sciopero generale, ma prevalse l’opinione di temporeggiare per evitare una reazione nazifascista nella fase di preparazione [...]

[...]nti si riaccese immediatamente la lotta. Il 24 dicembre si ebbe una prima manifestazione di donne, poi iniziarono fermate di lavoro e agitazioni parziali che si susseguirono, nèlle diverse officine, per tutto gennaio e febbraio.

Il Comitato di agitazione provinciale valutò l’opportunità di organizzare uno sciopero generale, ma prevalse l’opinione di temporeggiare per evitare una reazione nazifascista nella fase di preparazione insurrezionale. La FIAT propose un aumento di salario di 1 lira all'ora, a condizione che venissero prodotti 700 carri armati mensili, ma gli operai respinsero l’offerta affermando di non essere disposti, per « un pezzo di pane », a collaborare coi tedeschi.

La « socializzazione » fascista

L’ultima trovata del fascismo fu rappresentata dalla « socializzazione » della FIAT come delle altre grandi aziende, ma la demagogia di questa mossa non ingannò nessuno. Per i primi di marzo del 1945 furono organizzate per ogni stabilimento elezioni di « esperti », i quali avrebbero poi dovuto costituire le « libere amministrazioni operaie delle aziende », da sostituire a quelle dei padroni. Dal 6 all’8 marzo i quotidiani di Torino pubblicarono con grande risalto appelli agli operai perché si presentassero a votare, ma anche quell’iniziativa si risolse per i fascisti in una clamorosa sconfitta: alla Mirafiori, su 14.000 dipendenti, si ebbero 47 schede valide; analoghi risult[...]

[...]delle aziende », da sostituire a quelle dei padroni. Dal 6 all’8 marzo i quotidiani di Torino pubblicarono con grande risalto appelli agli operai perché si presentassero a votare, ma anche quell’iniziativa si risolse per i fascisti in una clamorosa sconfitta: alla Mirafiori, su 14.000 dipendenti, si ebbero 47 schede valide; analoghi risultati si registrarono più

o meno in tutti gli altri stabilimenti. Complessivamente, su 32.676 dipendenti della FIAT partecipanti alle elezioni, i voti validi furono 405. L’11 marzo, ossia tre giorni dopo quel votò, le Acciaierie, le Ferriere e la Grandi Motori scesero in sciopero per rivendicazioni economiche già da tempo presentate. Alla Mirafiori e alla Lingotto gli operai stavano per scendere a loro volta in sciopero, quando la Direzione fece prontamente togliere la corrente

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 327

Brano: [...]ialmente l’atteggiamento del grande padronato industriale nei confronti del movimento capeggiato da Benito Mussolini fu di sospetto e riserva per taluni aspetti « socialisti » del programma fascista e per le violente affermazioni antiborghesi di cui facevano sfoggio certi esponenti. Ma appena chiariti i reali obiettivi e la vera natura del fascismo, l’alleanza divenne stretta e cordiale. Nel disegno fascista di organizzare lo Stato e la società, la FIAT riscontrò un sistema di completa protezione dell’egemonia industriale da parte dello Stato, il quale si assumeva il compito di reprimere ogni rivendicazione operaia e di istituire un corporativismo (v.) intéramente al servizio dell’incontrastato sfruttamento padronale. Perciò Agnelli e tutto lo stato maggiore del monopolio industriale e finanziario aderirono al regime, non appena questo offrì tali garanzie traducendole in un ordine autoritario.

Nel successivo periodo di stabilizzazione economica la FIAT riprese un rapido sviluppo, sfruttando sempre più ampiamente la protezione statale: nel[...]

[...]nia industriale da parte dello Stato, il quale si assumeva il compito di reprimere ogni rivendicazione operaia e di istituire un corporativismo (v.) intéramente al servizio dell’incontrastato sfruttamento padronale. Perciò Agnelli e tutto lo stato maggiore del monopolio industriale e finanziario aderirono al regime, non appena questo offrì tali garanzie traducendole in un ordine autoritario.

Nel successivo periodo di stabilizzazione economica la FIAT riprese un rapido sviluppo, sfruttando sempre più ampiamente la protezione statale: nel 1924 il capitale sociale fu portato a 400 milioni e nel 1925

(a seguito del viaggio del finanziere Giuseppe Volpi in U.S.A.) la FIAT, unitamente ad altri gruppi monopolistici italiani, ricevette un congruo prestito dalla Banca Morgan. Nel 1926 la FIAT accentrava I’80 per cento della produzione automobilistica nazionale, ma tra il 1926 e il 1929 venne configurandosi una certa crisi delle esportazioni automobilistiche per l’inasprirsi della concorrenza internazionale [in primo luogo da parte della Ford e della Citroen, che cominciarono ad avere loro impianti anche in Italia). Quando le esportazioni italiane calarono da 34.000 unità a 26.000, Agnelli fece pesanti pressioni sul governo fascista perché venisse rivisto il regime doganale. Nel dicembre 1929 furono instaurati forti dazi protettivi e dal 1930 l’imposta doganale sulle auto, che già [...]

[...] italiane calarono da 34.000 unità a 26.000, Agnelli fece pesanti pressioni sul governo fascista perché venisse rivisto il regime doganale. Nel dicembre 1929 furono instaurati forti dazi protettivi e dal 1930 l’imposta doganale sulle auto, che già ammontava al 60 per cento del valore, fu portata a oltre il 100 per cento. Parallelamente fu deciso il contingentamento delle importazioni. Tutte queste misure protezionistiche, miranti ad assicurare alla FIAT lo sfruttamento monopolistico del mercato interno, tennero la densità automobilistica in Italia a livelli molto bassi (1928: 1 vettura ogni 254 abitanti) rispetto ad altri paesi europei.

Un salto di qualità intervenne con la creazione dell7.F./. (Istituto finanziario industriale), diretta emanazione della FIAT. Creato nel 1927, questo istituto raggruppò varie società industriali e finanziarie, sviluppando la tendenza alla crescente integrazione tra grandi complessi produttivi e finanziari in sistemi di

tipo monopolistico. L’I.F.I.FIAT garantì al monopolio torinese un controllo su settori produttivi sempre più vasti e gli assicurò un drenaggio di risorse finanziarie da tutta l’economia nazionale, facendo della FIAT un esempio tipico della tendenza dei grandi gruppi monopolistici aH’autofinanziamento.

La crisi del 1929

La solida base operativa e il monopolio quasi totale del mercato interno non impedirono alla FIAT di subire il duro contraccolpo della grande crisi economica del 1929 (v.). Il settore automobilistico dovette ridurre del 50 per cento la propria attività: la produzione complessiva, che era salita nel 1926 alla quota di 60.800 vetture, precipitò nel 1932 a 26.500 unità. Il capitale della FIAT, che sul mercato azionario era valutato 1 miliardo e 400 milioni, scese nel 1933 a 466 milioni.

Ma già nel 1933 cominciò a delinearsi una sostanziale ripresa. Lo Stato prese provvedimenti eccezionali a favore della produzione automobilistica: esenzione totalè della tassa di circolazione per le utilitarie e per gli autocarri pesanti, e soprattutto generose commesse militari. Nello stesso tempo la durissima compressione dei salari e di qualsiasi rivendicazione operaia, assicurata dalla dittatura fascista, offrì àlla FIAT la possibilità di prosperare senza intralci, moltiplicando i profitti. [...]

[...]e nel 1933 a 466 milioni.

Ma già nel 1933 cominciò a delinearsi una sostanziale ripresa. Lo Stato prese provvedimenti eccezionali a favore della produzione automobilistica: esenzione totalè della tassa di circolazione per le utilitarie e per gli autocarri pesanti, e soprattutto generose commesse militari. Nello stesso tempo la durissima compressione dei salari e di qualsiasi rivendicazione operaia, assicurata dalla dittatura fascista, offrì àlla FIAT la possibilità di prosperare senza intralci, moltiplicando i profitti.

Dal 1934 la FIAT, divenuta ormai definitivamente monopolio protetto, realizzò utili senza precedenti. L’I.F.I.FIAT, dal capitale iniziale di

10 milioni, salì nel 1939 a 240 milioni. Grazie ai giganteschi utili venne intrapresa nel 1936 la costruzione della FIAT Mirafiori, « la più grande fabbrica d’Italia »; furono rinnovate molte attrezzature e creati impianti sussidiari per i casi di emergenza. La FIAT partecipò alla costruzione del Sestriere e a quella della centrale idroelettrica di Cenisela. Giovanni Agnelli, come i Pirelli e tutti gli altri « padroni del vapore >», cumulò cariche e funzioni, in perfetta intesa con il regime. La guerra d’Etiopia, l’intervento fascista in Spagna, la seconda guerra mondiale procurarono all’azienda un volume cofòssaledi commesse militari, rendendo sempre più stretti i suoi legami con il regime. Le armi, gli aerei, i carri e i mezzi di trasporto militari erano in massima parte prodotti FIAT. Essi rivelavano spesso penose caratteristiche di improvvisazione e [...]

[...]ra d’Etiopia, l’intervento fascista in Spagna, la seconda guerra mondiale procurarono all’azienda un volume cofòssaledi commesse militari, rendendo sempre più stretti i suoi legami con il regime. Le armi, gli aerei, i carri e i mezzi di trasporto militari erano in massima parte prodotti FIAT. Essi rivelavano spesso penose caratteristiche di improvvisazione e di arretratezza

Il capo del governo Benito Mussolini tiene un discorso agli operai della FIAT per invitarli alI’« adempimento silenzioso » del loro dovere (Torino, 4.11.1923)

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 326

Brano: FIAT

Parco di autocarri militari forniti dalla FIAT al governo italiano per essere impiegati nella colonizzazione della Libia (Tripoli, 1912)

Agnelli diede contemporaneamente avvio a una politica economica intesa a creare, attorno alla produzione principale, « una struttura verticale e orizzontafecontali interessi e partecipazioni in differenti industrie fornitrici di materie prime e prodotti semilavorati, da garantirsi il massimo di autonomia ». L’occupazione operaia non era cresciuta in proporzione all’espandersi della produzione; e questo dato introduceva la verifica del tipo di sfruttamento che l'azienda esercitava, premendo sui ritmi d[...]

[...]izzontafecontali interessi e partecipazioni in differenti industrie fornitrici di materie prime e prodotti semilavorati, da garantirsi il massimo di autonomia ». L’occupazione operaia non era cresciuta in proporzione all’espandersi della produzione; e questo dato introduceva la verifica del tipo di sfruttamento che l'azienda esercitava, premendo sui ritmi di lavoro ed esercitando un ricatto sul l'occupazione, due fattori dei quali lo sviluppo della FIAT trarrà sempre una somma di enormi vantaggi, sia sul piano dei profitti che su quello della limitazione delle libertà operaie. L'« età dell’oro » del monopolio torinese doveva però giungere con il conflitto 191518.

Nella prima guerra mondiaie

Negli anni che precedettero la guerra 191518, rafforzate ormai le proprie strutture produttive, la FIAT si presentava come uno strumento in piena espansione. Le commesse per la guerra di Libia erano state quantitativamente modeste, ma sufficienti a fornire nuove occasioni di collegamento con lo Stato, ed erano soprattutto servite a « rodare » il suo apparato in vista dello sviluppo successivo. La produzione passò dalle 3.398 autovetture del

1912 alle 4.646 del 1914 (con una lieve flessione nel 1913: 3.252 unità); i dipendenti, da 4.000 salirono a 5.000. Le si erano affiancate, dal 1906, la RIV di Villar Perosa, creata per la produzione di cuscinetti a sfere (300 operai), la S.I.A. [Aeritalia[...]

[...]lessione nel 1913: 3.252 unità); i dipendenti, da 4.000 salirono a 5.000. Le si erano affiancate, dal 1906, la RIV di Villar Perosa, creata per la produzione di cuscinetti a sfere (300 operai), la S.I.A. [Aeritalia) per la costruzione di aeroplani, e una sezione di costruzione di materiale ferroviario, risultante dall’assorbimento della Diatto. Neutralista con Giolitti nella fase preludente l’entrata in guerra dell’Italia, il gruppo dirigente della FIAT si convertì all’interventismo

non appena intravvide gli enormi profitti che il conflito poteva offrire, grazie anche alla messa a punto dei sistemi di organizzazione scientifica del iavoro introdotti in quegli anni con il taylorismo.

La guerra determinò il « decollo » della FIÀT: nel primo anno l’utile netto dell’azienda balzò a 8.056.000 lire e i maggiori azionisti, da Agnelli a Broglio e a Marangoni, poterono dividersi quote di 300 800.000 lire. Nell’aprile 1918 il capitale sociale fu portato a 50 milioni di lire oro. In quattro anni di conflitto le forniture all’esercito, la « militarizzazione » delle forze operaie, una dura compressione dei salari e dei consumi dei lavoratori, la spietata repressione da parte dello Stato di ogni moto sindacale e politico delle masse consentirono all’azienda torinese di assurgere a livelli di rango europeo e di accumulare risorse[...]

[...] forniture all’esercito, la « militarizzazione » delle forze operaie, una dura compressione dei salari e dei consumi dei lavoratori, la spietata repressione da parte dello Stato di ogni moto sindacale e politico delle masse consentirono all’azienda torinese di assurgere a livelli di rango europeo e di accumulare risorse finanziarie eccezionali.

I profitti di guerra e la vastità degli impianti per far fronte alla produzione bellica permisero alla FIAT di gettarsi con tutto il suo peso alla conquista di posizioni egemoniche neH'economia del Paese: intrecciando sempre più le proprie sorti a quelle del capitalismo finanziario; partecipando, come scrisse Antonio Gramsci, alle * furibonde lotte del dopoguerra per la supremazia nell’ambito del sistema capitalistico nazionale, trasformando gli originari ” capitani d’industria ” in ” cavalieri d’industria ” ».

II dato più rilevante di quel periodo fu l’instaurarsi di uno strettissimo rapporto tra lo Stato e l’apparato industriale, rapporto che si rivelerà decisivo per tutto lo sviluppo ulterior[...]

[...]avevano lucrato negli anni bellici, ma che avevano anche meglio saputo consolidare le proprie strutture.

L’ondata di agitazioni e di rivendicazioni operaie seguita alla fine del conflitto, culminata nell’occupazione delle fabbriche (v.) dell’agostosettembre 1920, mise per qualche tempo a repentaglio il potere capitalistico e indusse perfino gli industriali maggiori, e lo stesso Agnelli, a temere i,l crollo di ogni prospettiva capitalistica. Alla FIAT si ebbero le esperienze di avanguàrdia del movimento operaio italiano attraverso la creazione dei Commissari di reparto e dei Consigli di fabbrica (v.), tanto che altri gruppi industriali accusarono I’Agnelli di eccessiva « tolleranza » nei confronti del movimento rivoluzionario. La politica personale di Agnelli si staccò in effetti non poco da quella degli altri grandi industriali, anche se durante l’occupazione delle fabbriche egli venne allineandosi col resto del padronato nella recriminazione della « neutralità » del. governo Giolitti. Ma il movimento operaio, mal guidato dal Partito soci[...]

[...]nella recriminazione della « neutralità » del. governo Giolitti. Ma il movimento operaio, mal guidato dal Partito socialista e soggetto alla direzione sindacale riformista, rifluì presto su posizioni difensive e lasciò, nel vuoto della propria iniziativa, libero spazio al diffondersi della rèazione fascista.

Nell'ottobre 1920, a conclusione del movimento di occupazione, Agnelli propose alle organizzazioni operaie torinesi la trasformazione della FIAT in cooperativa di produzione gestita dagli operai. Difficile stabilire fino a che punto si trattasse di un semplice espediente propagandistico o di un serio tentativo di integrazione, a livello aziendale, dell’avanguardia rivoluzionaria costituitasi intorno al gruppo delVOrdine Nuovo. Ma la proposta venne respinta dalle organizzazioni operaie, essenzialmente per iniziativa di Gramsci che mise in guardia i lavoratori contro i pericoli della prò , posta che avrebbe troncato lo slancio del proletariato torinese.

L’industria del regime

Col 1921 sopravvenne la crisi economica, già latente in[...]

[...] aziendale, dell’avanguardia rivoluzionaria costituitasi intorno al gruppo delVOrdine Nuovo. Ma la proposta venne respinta dalle organizzazioni operaie, essenzialmente per iniziativa di Gramsci che mise in guardia i lavoratori contro i pericoli della prò , posta che avrebbe troncato lo slancio del proletariato torinese.

L’industria del regime

Col 1921 sopravvenne la crisi economica, già latente in precedenza, ma artificiosamente occultata. La FIAT ridusse la produzione da 14.385

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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine La FIAT, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---FIAT <---fascista <---Alla FIAT <---La guerra <---capitalismo <---fascismo <---italiano <---riformista <---socialisti <---Agnelli a Broglio <---Antonio Gramsci <---Banca Morgan <---Brigate nere <---Commissione interna <---Duca degli Abruzzi <---Garibaldi Colteli <---Giampiero Carrocci <---Giovanni Giolitti <---La Stampa <---Meccanica <---P.C.I. <---Pratica <---RIV <---S.I.A. <---Socteliziezione Fascista <---U.S.A. <---antàgonista <---azionisti <---corporativismo <---fascisti <---giolittiana <---giolittiano <---ideologica <---industrialismo <---interventismo <---italiana <---italiane <---italiani <---nazifascista <---nazionalismo <---paternalismo <---possibilista <---protezionismo <---sindacalismo <---socialismo <---socialista <---taylorismo