Brano: [...]to accuse sanguinose e rivolto insulti irripetibili ai secondi (nei cui ranghi avevano pur militato uomini della Resistenza), la triade LauroCovelliMichelini decretò il colpo di spugna sul passato recente, lo cancellò dalla storia e trovò che la coincidenza di fini tra le parti era tale da rendere perfettamente logica l’alleanza.
L'alleanza clericomonarcofascista
All’atto pratico, il patto tra monarchici e neofascisti era anche un invito alla D.C. a intrecciare sempre più stabilmente rapporti con il fronte della destra reazionaria, direzione verso la quale avevano sempre premuto l’Azione Cattolica, i Comitati Civici e un’ala molto combattiva dello stesso Partito democristiano. Difatti l’invito non rimase inascoltato. Liste cosiddette « civiche » e nelle quali candidati democristiani, monarchici e missini comparivano insieme, furono apprestate per le elezioni del 25.5.1952. In centri come Salerno, Cerignola, Andria e altrove la D.C. consacrò ufficialmente questa alleanza, seppure camuffando la propria presenza sotto l’insegna « civica [...]
[...] rapporti con il fronte della destra reazionaria, direzione verso la quale avevano sempre premuto l’Azione Cattolica, i Comitati Civici e un’ala molto combattiva dello stesso Partito democristiano. Difatti l’invito non rimase inascoltato. Liste cosiddette « civiche » e nelle quali candidati democristiani, monarchici e missini comparivano insieme, furono apprestate per le elezioni del 25.5.1952. In centri come Salerno, Cerignola, Andria e altrove la D.C. consacrò ufficialmente questa alleanza, seppure camuffando la propria presenza sotto l’insegna « civica ».
Il caso che fece più rumore fu però quello di Roma, dove don Luigi
Manifesto del P.C.I. contro l’alleanza clerteomonarcofascista (1963)
Sturzo in persona si fece promotore della « lista civica » comprendente, accanto ai democristiani, candidati del M.S.I. e del P.N.M.. L’« operazione Sturzo », contrabbandata come l’estremo tentativo di impedire che Roma, sede del pontefice e cuore della Chiesa cattolica, « divenisse una succursale di Mosca, una serva obbediente del Cremlino », [...]
[...]cuore della Chiesa cattolica, « divenisse una succursale di Mosca, una serva obbediente del Cremlino », incontrò resistenze nel P.L.I., nel P.R.I., nel P.S.D.I., e qualche tentennamento anche nelle file democristiane, sicché fu abbandonata. Nonostante le smentite postume, tutto il retroscena di questa operazione fu presto noto: del resto sin dal 5 aprile il presidente del P.N.M. Achille Lauro aveva rivelato in una intervista i contatti avuti con la D.C. perché l’intesa elettorale fosse valida dovunque, progetti falliti solo per il fatto che la Direzione democristiana pretendeva che l’alleanza non fosse allargata in modo dichiarato al M.S.I..
La tattica elettorale della D.C. per sfaldare a proprio tornaconto lo schieramento di estrema destra si era concentrata anche sulle manovre scissionistiche all’interno del variopinto paesaggio monarchico. Il P.N.M. registrò così diverse diaspore locali. Un buon numero di suoi ex iscritti si ritrovò nel Fronte monarchico, costituito dagli onorevoli Alliata, Marchesano, Consiglio, Coppa, e rappresentativo soprattutto di collusioni tra gruppi clientelari della destra meridionale.
In quel clima di arroventati appelli al raduno delle forze anticomuniste, il P.N.M. vide allargare i propri margini di azione e di parossistica ca[...]
[...] la promessa fatta dai galoppini elettorali), e di portafogli di plastica contenenti ciascuno un biglietto da mille lire.
I miliardi profusi e l’infuocata atmosfera anticomunista creata dalla
D.C. procurarono ai monarchici e ai missini, ma specialmente ai primi, una affermazione di impressionante rilievo: nelle elezioni amministrative del 1952 le destre aumentarono i loro voti, dai 669.000 delle politiche del 18.4.1948, a ben
1.502.000. La D.C. subì per contro
una flessione, così come negativi furono gli esiti per i partiti minori della coalizione « centrista ».
Da quello scacco i democristiani, e De Gasperi in prima persona! dedussero l’utilità di proseguire, in un complesso lavorio di agevolazioni e di contemporanea ricerca di svuotarne la funzione, il proprio avvicinamento ai monarchici, nell’ottica di un completo recupero a destra che emarginasse i neofascisti. La D.C. scorgeva in ciò anche una delle carte decisive per le elezioni del 7.6.1953. Poiché il problema era di non perdere comunque il potere, il partito di De Gasperi individuò neH’allettamento alle destre, accoppiato al meccanismo truffaldino di una legge elettorale che eliminava il sistema proporzionale sostituendolo con quello maggioritario a premio (la cosiddetta « legge truffa »), lo strumento per schiacciare le opposizioni e ridurre gli alleati a semplici e docili comparse.
In una intervista al « Gazzettino Veneto » del 3.9.1952, De Gasperi stesso non esitò a lasciar intendere che la resta[...]
[...]hiacciare le opposizioni e ridurre gli alleati a semplici e docili comparse.
In una intervista al « Gazzettino Veneto » del 3.9.1952, De Gasperi stesso non esitò a lasciar intendere che la restaurazione monarchica era tecnicamente possibile: il che, tuttavia, aggiunse, rimaneva una ipotesi per il futuro, mentre per il presente il dovere dei fedeli sabaudi consisteva nel non disertare la lotta da condursi contro il comuniSmo. In altri termini, la D.C. blandiva il P.N.M. e nello stesso tempo chiamava l’elettorato monarchico a riservare i propri suffragi al blocco da lei guidato, facendogli balenare la possibilità che si pervenisse a un capovolgimento istituzionale.
Lauro e Covelli, dal canto loro, rinnovarono le istanze alla Chiesa perché accentuasse il proprio intervento sulla D.C. ai fini di unaintesa tra il blocco di centro e quel
lo di destra, sostenendo che neppure la « legge truffa » (contro cui votarono) avrebbe permesso al primo di assicurarsi il 51% dei voti.
In un certo senso, la profezia monarchica si avverò, poiché l’obiettivo democristiano non fu raggiunto. Il P.N.M. conquistò ben 1.854.850 voti, pari al 6,8% del totale dei suffragi, e ottenne 40 seggi alla Camera. La sconfitta della « legge truffa » inaugurò una crisi nel vecchio equilibrio degasperiano che il leader della D.C. cercò di tamponare per rimettersi alla guida di un gabinetto quadripartit[...]
[...], sostenendo che neppure la « legge truffa » (contro cui votarono) avrebbe permesso al primo di assicurarsi il 51% dei voti.
In un certo senso, la profezia monarchica si avverò, poiché l’obiettivo democristiano non fu raggiunto. Il P.N.M. conquistò ben 1.854.850 voti, pari al 6,8% del totale dei suffragi, e ottenne 40 seggi alla Camera. La sconfitta della « legge truffa » inaugurò una crisi nel vecchio equilibrio degasperiano che il leader della D.C. cercò di tamponare per rimettersi alla guida di un gabinetto quadripartito: ma, dopo convulse trattative e una crisi durata l’intera estate del 1953, egli riuscì soltanto a rabberciare un « monocolore » che, non avendo più la D.C. la maggioranza in Parlamento, poteva contare unicamente sull’appoggio del P.N.M..
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