Brano: [...]o sacrificare eventualmente qualcosa alla celerità
(*) Il presente articolo riproduce alcune pagine conclusive di un ampio lavoro dallo stesso titolo di prossima pubblicazione presso l'editore Feltrinelli.
(1) FRANCESCO SAVERIO NITTI, Rivelazioni. Dramatis personae, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1948, pp. 34041.
(2) Non pare perciò fondata l'affermazione di F. S. NIrri (ibid., p. 343): « Al trattato di Rapallo segui l'accordo con la Jugoslavia: nulla era stato ottenuto che io non avessi ottenuto; anzi la situazione era stata di molto peggiorata D. Più aderente al vero RENÉ ALBRECHTCARRIÉ, Italy at Me Peace Conference, New York, Columbia University Press, 1938, p. 289, che scrive: « C'è ogni ragione di ritenere che la lunga disputa [italojugoslava] sarebbe stata portata a conclusione a Pallanza, e che, se così fosse stato, gli jugoslavi si sarebbero asicurate condizioni migliori di quelle che avrebbero ottenute di lì a qualche mese in condizioni che, sotto qualche aspetto, poterono sembrare meno favorevoli ad essi s.
IL GOVERNO NIT[...]
[...] p. 289, che scrive: « C'è ogni ragione di ritenere che la lunga disputa [italojugoslava] sarebbe stata portata a conclusione a Pallanza, e che, se così fosse stato, gli jugoslavi si sarebbero asicurate condizioni migliori di quelle che avrebbero ottenute di lì a qualche mese in condizioni che, sotto qualche aspetto, poterono sembrare meno favorevoli ad essi s.
IL GOVERNO NITTI E LA QUESTIONE ADRIATICA 161
della conclusione dell'accordo con la Jugoslavia per essere in grado di dare rapida attuazione al programma di smobilitazione militare, politica e psicologica del Paese, in vista di una politica di riduzione delle spese, di concentrazione interna, di ricostruzione economica, mentre Giolitti, tornato al potere con l'appoggio di una maggioranza assai più vasta di quella che appoggiava il Governo Nitti, poteva permettersi di temporeggiare; e dall'altra parte che Giolitti poté trattare in condizioni più favorevoli, per alcune congiunture internazionali determinatesi nel frattempo: infatti la posizione della Jugoslavia fu gravemente indebolita, [...]
[...]l Paese, in vista di una politica di riduzione delle spese, di concentrazione interna, di ricostruzione economica, mentre Giolitti, tornato al potere con l'appoggio di una maggioranza assai più vasta di quella che appoggiava il Governo Nitti, poteva permettersi di temporeggiare; e dall'altra parte che Giolitti poté trattare in condizioni più favorevoli, per alcune congiunture internazionali determinatesi nel frattempo: infatti la posizione della Jugoslavia fu gravemente indebolita, tra il giugno e il novembre 1920, sia dall'esito del plebiscito di Klagenfurt (3), sia dal definitivo tramonto di Wilson, che aveva costituito, per tutto il tempo in cui Nitti era rimasto al potere, il maggiore appoggio di Belgrado e il più forte ostacolo a una soluzione positiva del problema fiumano; inoltre le intensificate mène francesi nell'Europa balcanica e danubiana, preoccupando la Jugoslavia e facendole intravedere il pericolo di un isolamento, la indussero a maggiore arrendevolezza di fronte all'Italia per chiudere in qualche modo il grave contrasto sul problema adriatico.
Tuttavia, anche tenuto conto di questo mutamento della situazione generale in cui si trovò a trattare Giolitti in confronto di Nitti, non ci sembra di grande importanza discutere se il Trattato di Rapallo fu più sfavorevole all'Italia dell'accordo che il precedente Governo avrebbe potuto firmare. Piuttosto, va messo in rilievo che, nell'affrontare il problema adriatico, Giolitti non soltanto poté avvalersi de[...]
[...]n Remo, e da quel momento s'intensificano anche le mène di Barrère contro il Governo Nitti che arriverà a chiedere, senza peraltro ottenerlo, il richiamo dell'ambasciatore francese a Roma. Su questa base avviene il riavvicinamento sempre più stretto tra la politica inglese e quella italiana.
Contrari sempre a una soluzione della questione adriatica che, con il riconoscimento dell'italianità di Fiume, sembrava ledere e sopraffare i diritti della Jugoslavia, gli Stati Uniti. Si possono mettere in rilievo — e lo abbiamo fatto altrove — le ragioni non spregevoli dell'atteggiamento americano. Rimane da notare, tuttavia, che nella querela Wilson portò uno spirito d'intransigenza e una rigidezza dogmatica che apparvero dannosi anche a Lloyd George e a Clemenceau (6) e che più di una volta, prima ancora delle trattative dirette tra Roma e Belgrado, impedirono il raggiungimento di una soluzione obiettivamente non peggiore di quella assai più faticosamente trovata soltanto nel novembre 1920 a Rapallo. In sostanza, quindi, la difesa della nazione più deb[...]
[...]puntarono sull'eversione degli ordinamenti parlamentari, doveva essere la « marcia su Roma ». Le destre nazionaliste hanno un bisogno organico di « questioni nazionali » su cui montare le agitazioni: sia per giustificare il programma di riarmo e di potenziamento delle forze armate, sia per avere una leva mediante la quale tentare, al momento opportuno, di sollevare l'insurrezione contro il governo parlamentare. Ciò in Italia come in Francia o in Jugoslavia. Infatti, se il conflitto per Fiume, in gran parte artificiosamente gonfiato dopo la guerra, costituì la bandiera dei nazionalisti italiani, non è da credere che le stesse resistenze ad un'equa e moderata soluzione del conflitto non vi fossero da parte del nazionalismo jugoslavo, altrettanto cieco e irresponsabile di quello italiano. Dati i termini del problema fiumano, e più in generale di quello adriatico, data cioè l'intricata struttura etnica dei territori in contestazione, la questione di Fiume era in qualche modo ideale per potercisi ac
quest'ultimo: cfr. l'appunto bissolatiano del 24 [...]
[...]oprio per studiare direttamente la situazione; e dalla collaborazione tra Nitti e Badoglio nacque e si sviluppò la linea di condotta intesa a svuotare e isolare il movimento dannunziano. Questa linea produsse i suoi effetti, dapprima sdrammatizzando tutta la situazione e riportando alle sue proporzioni il movimento dannunziano che in un primo momento sembrò diffondersi come un'epidemia, poi rendendo possibile la stipulazione di un accordo con la Jugoslavia e la conseguente forzata uscita dei « legionari » da Fiume; giacché non vi é dubbio che su questo terreno Giolitti poté valersi dell'eredità lasciatagli da Nitti.
La linea di condotta stabilita per Fiume da Nitti in collaborazione con Badoglio ebbe anche un altro effetto importante: quello
di mostrare, attraverso le vicende fiumane del dicembre 1919, che
a soli tre mesi dalla « marcia di Ronchi » D'Annunzio aveva perduto il controllo della cittadinanza, di cui non poteva più essere considerato l'esponente rappresentativo. Almeno a partire dallo sconfes
sato plebiscito del 18 dicembre, il [...]