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Il segmento testuale In Marchesi è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 9Analitici , di cui in selezione 1 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]agnosticizzante). La Penna stesso ha piú di una volta, fin da anni lontani, battuto l'accento su questa caratteristica della propria personalità di studioso (cfr. ad es. « Belfagor » y, 1950, p. 587 ss.; Testimonianze per un centenario: contributi a una storia della cultura italiana 18731973, Firenze, Sansoni, 1974, pp. 125127).
Per questo aspetto, si può ben dire che La Penna si trova in una posizione del tutto antitetica a quella di Marchesi. In Marchesi storico del mondo latino c'è una passione politica che dà spesso origine a giudizi acuti, ma non c'è alcuna seria presa di contatto col marxismo (cfr. La Penna, p. 13). Ancor maggiore è l'estraneità a quell'indirizzo filologico « wilamowitziano » a cui abbiamo accennato poc'anzi. In Marchesi il fatto poetico ha i propri antecedenti solo nell'esperienza sentimentale, nella psicologia e nella biografia del poeta, non nella lettura di poeti precedenti, nella tradizione culturale a cui il poeta appartiene (La Penna, pp. 37, 55 s., 73 s., 93).
Nella prolusione padovana del 1923 Filologia e filologismo (in Scritti minori, Firenze 1978, rii, p. 1233 ss.: d'ora innanzi indicherò, seguendo il La Penna, questa silloge con SM), al cui esame il La Penna dedica il cap. viii, uno dei piú penetranti del suo libro, Marchesi conduce contro lo « studio delle
IL « MARCITESI » DI ANTONIO LA PENNA [...]

[...]
IL « MARCHESI » DI ANTONIO LA PENNA 635
Terenzio). E del resto su Plauto stesso il Marchesi non ha pressoché nulla di originale da dire: il capitolo della Storia su Plauto rimane un esempio di buona assimilazione di idee altrui. Valeva, credo, la pena di notare come fatto pur sempre positivo tale assimilazione; ma il giudizio complessivo di La Penna sulla mancanza di senso della storicità del fatto artistico, sulla carenza di Kulturgeschichte in Marchesi rimane del tutto valido, e non era stato finora notato con tanta lucidità.
2. Il criticoartista. — Abbiamo accennato che meno ovvi possono apparire i motivi per cui, nonostante le forti differenze di impostazione metodologica (a cui si aggiungono diversità non meno notevoli di idee politiche e di Weltanschauung), La Penna è portato a simpatizzare con certi aspetti assai significativi della critica letteraria di Marchesi. Ma bisogna tener conto del fatto che la sintesi di filologia tedesca e di marxismo (o, come da qualche tempo egli preferisce dire, di « empiriomaterialismo ») non esaurisce [...]

[...] che certa; e se qualcuno gli avesse parlato di distinzione tra
« convincere » e « persuadere », il suo antiscientismo e la sua stessa vocazione retorica lo avrebbero indotto a rispondere che il « persuadere » è via alla verità (alla verità umanamente calda, non alla gelida e presuntuosa
« esattezza ») piú sicura e feconda che il « convincere ».
Confesso che, proprio per questo carattere di criticoartista che La Penna ha cosi bene individuato in Marchesi, io sarei stato piú cauto nell'accostarlo a De Sanctis, e forse non lo avrei accostato affatto. Intendiamoci: La Penna sa bene che c'è tutto un aspetto della critica desanctisiana (« il bisogno di stringere la storia della letteratura con la storia civile », p. 96) al quale Marchesi è sordo, e che vedere nell'arte un puro fatto soggettivo, extrastorico, significherebbe « rinnegare De Sanctis » (p. 95). E tuttavia « l'aspetto piú affascinante di Francesco De Sanctis » (p. 96) è da lui considerato « il gusto, la capacità di Ein f ühlung, l'arte mirabile con cui trascina l'ascoltatore nell'alone[...]

[...]e di gusto estetico) di una prospettiva storica e critica che tagliava fuori Cattaneo, Pisacane, la prima scapigliatura, e fondamentalmente non capiva nemmeno Leopardi. Tuttavia nello Studio sul Leopardi, l'ultima opera rimasta incompiuta, c'è un'esigenza di ricerca filologicostorica e addirittura di preparazione bibliografica, di metodo
« tedesco ». Che cosa di tutto ciò ereditò Marchesi? Direi nulla, anche a volersi limitare al « gusto », che In Marchesi è sempre collegato con uno psicologismo, con una predilezione per le « anime tormentate » a cui De Sanctis (anche per
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ragioni di diversa epoca, di diverso clima socialeculturale) fu estraneo. Io temo che a questo ravvicinamento De SanctisMarchesi abbia contribuito una nozione di « critica romantica » assunta in un senso un po' troppo generico. Ciò che in seguito diremo su Marchesi « tardopositivista » contribuirà forse a distaccarlo ulteriormente dal De Sanctis. Ma anche rimanendo nella cerchia degli eventuali predecessori medioottocenteschi, direi che, pur con la g[...]

[...]a socialeculturale) fu estraneo. Io temo che a questo ravvicinamento De SanctisMarchesi abbia contribuito una nozione di « critica romantica » assunta in un senso un po' troppo generico. Ciò che in seguito diremo su Marchesi « tardopositivista » contribuirà forse a distaccarlo ulteriormente dal De Sanctis. Ma anche rimanendo nella cerchia degli eventuali predecessori medioottocenteschi, direi che, pur con la giusta avvertenza di La Penna (p. 37: in Marchesi l'incontro con lo scrittore in quanto uomo « avviene sempre attraverso l'opera: non c'è traccia di curiosità biografiche più o meno futili, alla maniera di SainteBeuve »), l'affinità con SainteBeuve sia piú forte,
o meno debole, di quella con De Sanctis.
3. « Umanità perenne », arte, bisogno religioso. — Abbiamo già accennato che La Penna considera, giustamente, come un limite di Marchesi la concezione della poesia come espressione esclusiva dell'esperienza umana immediata del poeta, al di fuori di condizionamenti politicosociali e culturali. Ma altrettanto giustamente La Penna non nega che[...]

[...]ta ha il compito di cogliere nei suoi tratti essenziali, non già di « creare ». L'umanità — di ciò Marchesi è profondamente convinto — ha « caratteri permanenti ». Il dolore, l'angoscia, il senso del mistero e della morte, anche l'amore e il sorriso (ma un sorriso al cui fondo c'è la tristezza, e un amore che è autentico solo quando è fugace) hanno accompagnato l'uomo fin dall'inizio e sempre lo accompagneranno.
Questa visione dell'uomo suscita in Marchesi, ancora una volta, spinte e inquietudini opposte. Da un lato, un incessante « bisogno di Dio » assillò Marchesi per tutta la vita, gli fece ricercare l'amicizia di religiosi, lo spinse piú volte a cercare pace e solitudine in monasteri, pur non facendolo mai deflettere dall'ostilità piú fiera per il cattolicesimo politico, per la Chiesa ufficiale alleata degli oppressori e degli sfruttatori. Di ciò hanno scritto ampiamente, con sostanziale veridicità, due studiosi cattolici, Pietro Ferrarino (Religiosità di Marchesi, ora in appendice a SM, III, p. 1331 ss.) ed Ezio Franceschini (C. Marchesi, [...]

[...] 186). Piú in là di questo punto, per quel che si può sapere, Marchesi non si spinse mai; certo, chi, pur conscio ed esperto dell'infelicità umana, intenda mantener fermo il coraggio della verità di un Leopardi (un poeta e pensatore che Marchesi cita qualche volta, ma con cui non dové consentire mai pienamente), troverà che Marchesi si era spinto già troppo oltre.
D'altra parte (e su questo si è forse sorvolato troppo) il « bisogno di Dio » era in Marchesi contrastato da una persuasione, a tratti riaffiorante, che proprio il dubbio e l'angoscia fossero il prezzo necessario della nobiltà umana, della poesia, di quella senechiana meditazione (ben diversa dall'orgogliosa sicurezza filosofica e scientifica) senza le quali la vita si sarebbe immeschinita, si sarebbe abbassata al vegetare di quel « volgo » verso cui, come abbiamo visto e ancora vedremo, il socialista e comunista Marchesi non riuscí mai a superare un aristocratico disprezzo. Nella conferenza su Lucrezio, dopo aver detto le parole già da noi riportate, che la scienza non potrà mai svel[...]

[...]n cui questo concetto è espresso con molta chiarezza).
Dal passo della Storia che abbiamo citato, e da altri che si potrebbero citare, risulta che la cultura e la letteratura romana sono « un ponte » anche verso « tutte le nuove letterature » occidentali: medievali e moderne. Questa è una verità ovvia, anche se la nozione di « modernità » a cui Marchesi la connette in contrasto con la letteratura greca, può creare equivoci. Non credo, però, che in Marchesi ciò implichi un'ammirazione per le « nuove letterature » paragonabile a quella per la letteratura latina. Si possono certo raccogliere qua e là, negli scritti di Marchesi, espressioni di ammirazione per poeti moderni; ma poche, e, ciò che piú conta, molto fuggevoli. Anche le letterature medievali e moderne soffrivano in varia misura, per Marchesi, di quelle angustie « civiche » di cui la cultura romana si era liberata. Di qui proviene, fra l'altro, la sua tenace battaglia, dopo la caduta del fascismo, per l'insegnamento del latino esteso a tutti i ragazzi, o quanto piú possibile esteso (cfr. [...]

[...]« Da Adriano a Diocleziano ») ritorna ancora una volta il nesso tra impero come assolutismo e impero come cosmopoli: « Il potere imperiale, ormai prossimo anche nella forma all'assolutismo monarchico, si faceva sempre piú personalmente sollecito della prosperità e del benessere di tutti i paesi soggetti, e i vinti dimenticavano la loro indipendenza di fronte ai benefici della pace e degli onori e senti
I1 giudizio su Cesare, tuttavia (caso raro in Marchesi, che fu di solito molto costante nei suoi amori e odi per artisti e personaggi politici), oscillò fortemente da uno scritto e da un'occasione all'altra. Nella Storia, dalla prima all'ultima edizione, domina l'esaltazione senza riserve. Nel discorso su Livio del 1942 (= Voci di antichi, p. 117; dr. LA PENNA, p. 34) l'esaltazione è seguita da una nota di profonda incertezza se la grandezza di Cesare sia stata benefica o distruttiva. In un articolo politico del 1952 (Umanesimo e comunismo, p. 81), di contro alla tirannia di Mussolini e di Franco tornava a esaltare la tirannia di Cesare, certo co[...]

[...]a che
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già nella giovinezza catanese Marchesi « aveva respirato l'aria del tardo positivismo, che diventava sempre piú agnostico [...1; probabilmente alcuni fili uniscono lo scetticismo e l'irrazionalismo di Marchesi col tardo positivismo agnostico e vagamente religioso ».
Non bisogna imputare a oscillazioni o incoerenze del giudizio di La Penna le oscillazioni e le incoerenze che vi furono effettivamente in Marchesi. Io credo, tuttavia, che l'interpretazione di La Penna sia troppo sforzata in senso idealistico, e che Marchesi abbia non soltanto assorbito da giovane, ma sostanzialmente conservato fino all'ultimo un'impostazione ideologica e culturale (e, piú largamente, « umana », psicologica) tardopositivistica. Credo, anche, che di questo tardo positivismo a cui Marchesi appartenne non si debba mettere in risalto soltanto ciò che è, in qualche modo, preidealistico (o meglio prespiritualistico), ma anche ciò rispetto a cui il successivo idealismo e spiritualismo rappresentò una frattura e una svolta. E, [...]

[...]positivistica (alla quale aveva appartenuto il suo maestro Sabbadini) volse al tramonto, egli li ebbe fra uomini accomunati a lui dal « bisogno di Dio », o tra cattolici di spirito aperto, o anche tra idealisti, ma idealisti eterodossi. Fra i primi, oltre il Bertacchi che già abbiamo ricordato, va particolarmente segnalato Eugenio Donadoni, un critico che presenta con Marchesi forti affinità per l'attenzione rivolta, ancor piú esclusivamente che in Marchesi, all'« umanità », al mondo moralepsicologico dell'artista: quanto Marchesi si sentisse affettivamente e intellettualmente vicino a Donadoni (fino a smarrire, bisogna confessarlo, ogni ragionevole senso del limite nell'esaltarne il valore) è testimoniato da un appunto pubblicato da Franceschini (op. cit., p. 16 s.); e a Donadoni va affiancato Attilio Momigliano (vedi i passi citati da Franceschini, reperibili mediante l'indice dei nomi), anche lui un fine critico psicologista, sostanzialmente ben poco toccato dal crocianesimo. Tra i cattolici il piú vicino a lui fu Ezio Franceschini; ma, come [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine In Marchesi, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---ACI <---Adolfo Omodeo <---Agiografia <---Alessandro D'Ancona <---Althusser <---Ambrogio Donini <---Amministrazione <---Anna Kuliscioff <---Anna Maria Mozzoni <---Antonio La Penna <---Apologetico <---Apuleio <---Archivio <---Arnobio <---Arturo Graf <---Attilio Momigliano <---Auferre <---August Reifferscheid <---Avendo <---Belfagor <---Belles Lettres <---Bellum Catilinae di Sallu <---Bergson <---Bertacchi <---Boys-Reymond <---Calcago <---Carataco <---Carlo Pascal <---Carlsson <---Carmelina Naselli <---Carmi <---Castiglioni <---Certo Marchesi <---Chiesa <---Ciò <---Concetto Marchesi <---Corpus Paravianum <---Crispi <---D'Ancona <---Da Adriano <---Dante Nardo <---Das Ubersetzen <---De Sanctis <---Dei <---Della Magia <---Di Cesare <---Difugere <---Dio <---Diritto <---Discipline <---Discipline umanistiche <---Dogmatica <---Dousa <---Dove La Penna <---Editori Riuniti <---Eduard Fraenkel <---Ein <---Elvio Cinna <---Emil Du Boys <---Epicuro <---Estetica <---Etica <---Eugenio Donadoni 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