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Il segmento testuale Ich è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 54Analitici , di cui in selezione 1 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Maria Teresa Mandalari, Confini tempo esistenza in Ingeborg Bachmann in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: CONFINI TEMPO ESISTENZA IN INGEBORG BACHMANN

A ripercorrere la produzione propriamente poetica, folta di poco meno che un centinaio di liriche, della scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann (19261973), non si può non notare quanto essa pur così esile contrassegni fin dal principio (l’autrice ha esordito con due volumetti di liriche) tutta quanta la sua personalità, la coinvolga e, per così dire, la definisca indelebilmente, nella sua problematica e tematica di fondo. Quantunque oggi ed è stata, mi pare, questa l’intenzione emersa in particolare al Convegno internazionale a lei dedicato l’ottobre scorso a Roma collegialmente dallTstituto austriaco di cultura, lTstituto di studi germanici e il GoetheInstitut, in occasione del decennale della scomparsa quantunque, dicevo, si cerchi di sfaccettare gli aspetti della sua personalità artistica con un esame approfondito della narrativa ultima, mi sembra sia inevitabile ricon[...]

[...]VOrsa Maggiore (1956) che ne segnarono l’esordio. Da questi prende le mosse un non vasto ma preciso ventaglio di temi, d’indirizzi e di atteggiamenti che costituiscono la struttura portante, lo scheletro essenziale di tutta la produzione e contrassegnano il ‘ gesto ’ che distingue Ingeborg Bachmann nel panorama letterario postbellico di lingua tedesca. È opportuno estrapolarne subito i due nuclei più importanti e vitali: tempo e linguaggio.

Poiché ormai si sa che Heidegger da un lato e Wittgenstein dall’altro costituiscono i poli sostanziali entro cui si muove la riflessione conoscitivospeculativa della scrittrice, si può anche dire che la « denkende Dichterin » (come venne chiamata) ne ha fatto i pilastri della propria visione ed espressività poetica. Tempo e linguaggio, dunque; ma per quanto connessi e interdipendenti tra loro, diverso è l’atteggiamento della scrittrice nei loro confronti: di ricerca, di rispetto indagante e adorante fino a sfiorare il misticismo di fronte alCONFINI TEMPO ESISTENZA IN INGEBORG BACHMANN

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linguaggio (definito già nel primo volumetto, nel Monologo del principe Myskin, come « quella nuvola / che dal cielo cadde e dentro di noi affondò », che tanto da vicino richiama « das gottliche Fùnkchen », la picco[...]

[...]e linguaggio, dunque; ma per quanto connessi e interdipendenti tra loro, diverso è l’atteggiamento della scrittrice nei loro confronti: di ricerca, di rispetto indagante e adorante fino a sfiorare il misticismo di fronte alCONFINI TEMPO ESISTENZA IN INGEBORG BACHMANN

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linguaggio (definito già nel primo volumetto, nel Monologo del principe Myskin, come « quella nuvola / che dal cielo cadde e dentro di noi affondò », che tanto da vicino richiama « das gottliche Fùnkchen », la piccola scintilla divina di Meister Eckhart affondata dentro di noi!); di aspra e mai stanca contesa, invece, di fronte al tempo. Ora, la grande combattività di cui ha dato prova, nella sua scrittura, la Bachmann e di cui si veste e si caratterizza fin dagli esordi la sua personalità, si appunta attraverso il linguaggio proprio sul tempo.

Nella Germania occidentale, dopo il ’45, il problema del linguaggio è stato

come ben si sa alla base della ripresa letterarioartistica postbellica, all’insegna del Kahlschlag. La scottante ‘ realtà’ tedesca, ma soprattutto le tassativ[...]

[...]a qualche anno, promotore il « Literaturmagazin » (Rowohlt, 1977), è in atto una revisione disincantata della letteratura di quel periodo: essa ha fatto cadere molte esaltazioni, ridimensionando la validità di nomi ed opere, derivate, approvate e spesso premiate dal Gruppo 47. La situazione letteraria dell’epoca salvo qualche eccezione era ancorata a riprese di vecchi moduli rispolverati, alla evasività di svincolati magismi metaforici, a lemuriche e rassegnate campane a morto, oppure a laconici ‘ inventari ’ del rimasto, in una evanescente genericità rivolta anzitutto a ricerche formalisticosperimentali. Si delineava la tendenza, divenuta poi onnivora, all’alienazione e all’incomunicabilità, favorita dagli equivoci della situazione sociopolitica. È quindi spiegabile la grande sorpresa quando dalla piattaforma di lettura del Gruppo 47 a Magonza, fu udita nel ’53 la voce perentoria e indignata di una ragazza di 27 anni proveniente da una estrema provincia orientale di lingua tedesca: i riflettori che di colpo si accesero, non lasciarono[...]

[...]a poetessa di Klagenfurt. E aveva inizio, per Ingeborg Bachmann, il combattimento col suo tempo.

Tempo di mercato e di esibizionismo, tempo di mercificazione e di mistificazione, tempo infine di brutale competizione dentro un preciso ‘ sistema ’: lei lo sapeva bene. Tempo di « Gaunersprache », di linguaggio cialtronesco (un’espressione coniata da lei, come ha osservato Hans Bender); tempo in cui la letteratura è « una borsavalori » (come lei dichiarerà qualche anno dopo pubblicamente e avrà nella penna il ben noto verso che scriverà poi negli anni Sessanta: « Col mio assassino, il Tempo, io sono sola »). Qui, è ovvio, non si tratta tanto del tempo biologico quanto piuttosto del tempo epocale ch’è il suo, e del tempo cosmico cui spesso farà appello; e infine del tempostoria, che lei paventa, che esita ad affrontare soprattutto nel passato prossimo e che rifiuta con amara indignazione globalmente (« La nostra / divinità, la Storia, ci ha riservato un sepolcro / da cui non vi è risurrezione »: così nella lirica Messaggio).

È important[...]

[...]o, la prospettiva, il ‘gesto ’ impetuoso e talora sconvolgente di affrontare il tempo, nella Bachmann, si distacca tuttavia dai modelli correnti. È il suo un modulo assai più complesso, un modulo di ‘ battaglia ’ oltretutto, che contrassegna con protervia la sua scrittura. Esiste una lirica giovanile, del periodo 1948/53, non contenuta nel volumetto premiato dal Gruppo 47, dal titolo Entfremdung (Estraneità); due versi di questa lirica dicono: « Ich bin satt vor der Zeit / und hungre nach ihr », che tradurrei: « Sono sazia prima del tempo / eppure ho fame (sono assetata) di esso » (dove quel vor ha un intraducibile valore di deciso fronteggiamento). In un’altra lirica giovanile di questo periodo è detto: « Wir, in die Zeit verbannt / und aus dem Raum gestossen », cioè: «nói, esiliati nel tempo / e scacciati dallo spazio » (si tratta della lirica intitolata Menschenlos [Sorte umana]). Più tardi, nel contesto delle lezioni francofortesi, esaminando la posizione e la giustificazione esistenziale del poeta nel proprio tempo, formula distesam[...]

[...]erformelt, il che significa anche che lo ha sconsacrato, travisato, distorto, e quindi vanificato. Si precisa così entro quali termini di riflessione speculativa e di sensibilità emozionale insieme abbia preso sostanza l’avvìo, la partenza, « der Aufbruch » (un vocabolo caro all’espressionismo e ben frequentato nella sua lirica) di Ingeborg Bachmann.

Il volumetto iniziale, del resto, è dedicato al tempo, e prende il titolo da una delle sue liriche più note e citate, II tempo dilazionato (Die gestundete Zeit): un tempo espropriato, concesso a ore (gestundet), a stille, si direbbe in prova o a credito, come sospeso, malcerto e malfido nella sua immagine, consistenza ma soprattutto evoluzione. È un tempo che incalza e minaccia (« S’avanzano giorni più duri», è il verso d’inizio e di chiusura), è il tempostoria ristretto alla veste epocale che fa spavento e orrore, che insieme attrae e respinge la Bachmann e contro cui fin dagli inizi si rivolta, si inalbera, protesta. Nella incertezza buia e nel sofferto rovello di tale visione ontologic[...]

[...]parte delle poesie bachmanniane (in « Quaderni Piacentini », n. 72/73, 1979), Alfonso Berardinelli, dopo aver deplorato che essa sia passata « quasi inosservata, senza rumore eCONFINI TEMPO ESISTENZA IN INGEBORG BACHMANN

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scalpore », scrive quanto segue: « Che una poesia come quella della Bachmann ci passi accanto inavvertitamente, non smuova acque né sollevi polvere, aggirandosi tra noi con tanta discrezione, non può meravigliare », poiché non essendo «un pretesto o un puro effetto di sociodinamica culturale (...) proprio grazie al suo spasmodico, disperato impegno sui dati del presente, resiste in essa qualcosa di grandiosamente inattuale »: ove questo aggettivo, ovviamente, ha significato positivo perché intende stabilire un confronto con certo disinvolto e spesso esibizionistico ‘ far poesia ’ dei nostri giorni. Ma implicitamente è lecito enuclearne anche il significato specifico che la poesia della Bachmann è davvero affondata come un cuneo nel « presente », nel suo presente, nel suo tempo. E si tratta, si, di un tempo 4 s[...]

[...]ha significato positivo perché intende stabilire un confronto con certo disinvolto e spesso esibizionistico ‘ far poesia ’ dei nostri giorni. Ma implicitamente è lecito enuclearne anche il significato specifico che la poesia della Bachmann è davvero affondata come un cuneo nel « presente », nel suo presente, nel suo tempo. E si tratta, si, di un tempo 4 storico ’, ma bloccato tuttavia quasi a volerlo arrestare e definire da continue valenze mitiche, fiabesche e talora cosmiche. La Bachmann, in altri termini, intende dilatare il proprio tempo nello spazio (immaginativo o concreto che sia), facendo confluire l’una nelPaltra le due realtà, di cui dirà (come abbiamo visto) che si erano « dissolte » e necessitavano di ridefinizione da parte del linguaggio. Questo amalgama tempo spazio linguaggio è il ‘ luogo ’ specifico della sua poetica, e Purto, il conflitto tra essi rappresenta forse una delle ragioni intime del singolare fascino della sua scrittura. La « unsichere Sicherheit » notata nel suo 4 gesto ’ poetico, il quale spesso si serve di forme classiche agganciat[...]

[...]ilatare il proprio tempo nello spazio (immaginativo o concreto che sia), facendo confluire l’una nelPaltra le due realtà, di cui dirà (come abbiamo visto) che si erano « dissolte » e necessitavano di ridefinizione da parte del linguaggio. Questo amalgama tempo spazio linguaggio è il ‘ luogo ’ specifico della sua poetica, e Purto, il conflitto tra essi rappresenta forse una delle ragioni intime del singolare fascino della sua scrittura. La « unsichere Sicherheit » notata nel suo 4 gesto ’ poetico, il quale spesso si serve di forme classiche agganciate a epoche letterarie ben definite e sicure e ad una tradizione a lei congeniale, oltre che nelPurto tra intelletto ed emotività, ha radice anche in tale perenne altalenare e lievitare di quei diversi elementi, con esiti differenti, ma spesso molto alti.

Dice ancora Berardinelli, che in lei « poesia e storia non si oppongono polemicamente, non si fronteggiano né si riconciliano. La loro estraneità è radicale ». Mi sembra qui còlta la qualità del rapporto bachmanniano tra se stessa e la storia, o meglio il tempostoria in genere, il quale aggiunge Berardinelli è in lei « una piag[...]

[...] altri termini, è una categoria, una dimensione di incidenza necessariamente < interiore ’, è un’orma trasformatrice della coscienza attraverso il giudizio ed implica una consapevolezza del ‘ mutamento ’, se non vuol ridursi a constatazione negativa di trascorrimento e rovina, a puro scenario di fossili inerti: e che tale sia, invece, per la Bachmann (stranamente, data la sua ben nota consistenza intellettuale) è chiaramente dimostrato in due liriche, cioè Grande paesaggio nei dintorni di Vienna (ultima del primo volumetto) e Corrente (scritta negli anni Sessanta). Qui il passato come concatenazione di eventi, come ‘ costruzione 9 da cui lei proviene, è per la Bachmann solo ‘ lamento ’, allo208

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stesso modo come il suo passato personale attraverso la vicenda recente dei paesi tedeschi è soltanto un incubo emotivo, da lei palesemente concentrato tutto nel ricordo del trauma adolescenziale subito all’entrata dei nazisti in Austria (uno dei pochissimi dati autobiografici rivelati più tardi).

Il rifiuto del pa[...]

[...]indignazione e dolore autentici di fronte al presente in atto. Il suo metaphoréin riguarda il risultato nell’oggi, denuncia e condanna il presente, ch’è tuttavia precisa conseguenza di un passato, ma non giunge a indagarlo, questo passato, nelle sue cause. Dagli inizi poetici, che sono trampolino di lancio per la Bachmann, tale atteggiamento si propaga e perdura lungo tutta la produzione successiva: i radiodrammi, i racconti, le sparse e rade liriche degli « anni di piombo », fino al macabro ciclo Todesarten (Modi di morire) di cui è compiuto solo il romanzo Malina (1971), che decreta la sparizione dell’io lirico. Dei tre volti inscindibili della storia, passato presente futuro, è solo il presente in atto, mostro misterioso e cangiante, di origine oscura e sinistra (come l’Orsa Maggiore, der Grosse Bar, della lirica omonima), a scatenare con l’orrore la ribellione della Bachmann: una ribellione ‘ sospesa ’, aggrappata ad un’unica risorsa, il linguaggio, la parola, arma e scudo insieme:

lo dimostra ancora una volta nella lirica (degli [...]

[...] sospensione ’ nel tempo presente potrebbe o dovrebbe — trovar sbocco nella terza faccia della storia, il futuro. Ma cosi non è, o lo è assai debolmente, il che trova conferma nella produzione successiva, radiodrammi e narrativa, che « ricordano le poesie » (Bender) e dove con crescente incidenza prende forma il problema dell’io liricamente inteso. E qui s’inserisce il discorso sulla dimensione utopica nella produzione poetica bachmanniana.

Richiamandosi ad Adorno e ad Ernst Bloch (Das Prinzip Hoffnung, soprattutto), Theo Mechtenberg (in Utopie als aesthetische Kategorie. Eine Untersuchung der Lyrik I. Bachmanris, Stuttgart 1978) individua in taluni ricorrenti motivi e atteggiamenti poetici della Bachmann la tendenza, l’indirizzo verso l’utopia. È l’utopia del sogno, del « Tagtraum » di cui parla Bloch, cioè del sogno a occhi aperti. Scrive Mechtenberg, citando Bloch: « Das mit dem Tagtraum Gemeinte hat seinen Erfullungsort nie anders als in der Zukunft gesucht » (Ciò che s’intende per sogno a occhi aperti non ha cercato mai altro lu[...]

[...]llungsort nie anders als in der Zukunft gesucht » (Ciò che s’intende per sogno a occhi aperti non ha cercato mai altro luogoCONFINI TEMPO ESISTENZA IN INGEBORG BACHMANN

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di compimento se non nel futuro): nel futuro o in paesi lontani, di preferenza nel soleggiato sud, com’è appunto della Bachmann si può aggiungere — i cui soggiorni frequentissimi (fino alla definitiva residenza a Roma) nei paesi mediterranei sono argomento di molte liriche; di volta in volta, soggiornirifugio o soggiorni in cerca del sogno...

I principali motivi bachmanniani ricorrenti dell’utopia sono la « notte » come luogo della negatività del mondo, il passaggio dalla notte al « giorno » come luogo della ‘ svolta ’ (die Wende) dalla negatività al « sogno », e finalmente l’insistente comparire del « Blau », il colore azzurro, tipico dell’illimitato, dell’infinito e quindi del sogno utopico (esiste addirittura una lirica intitolata Die blaue Stunde, nel secondo volumetto). Nota ancora Mechtenberg che il motivo della « notte » (di tradizione prettamente ro[...]

[...]o volumetto). Nota ancora Mechtenberg che il motivo della « notte » (di tradizione prettamente romantica) non è mai usato dalla Bachmann come semplice 4 immagine ’, « bensì implica in collegamento col sogno l’intero campo di tensione tra negatività e utopia. Il che ancora una volta conferma che la sensibilità utopica di I. Bachmann rimane legata alla esperienza della negatività del mondo. Questa stessa rappresenta un’esperienza basilare del ‘ nichilismo europeo ’, entro il cui àmbito deve considerarsi la poesia di I. Bachmann» (p. 119).

Qui c’è da osservare che l’affermazione dell’appartenenza al 4 nichilismo europeo ’ sarebbe comunque da approfondire e verificare ulteriormente, sebbene esso risulti ampiamente rappresentato nell’area asburgicomitteleuropea cui la Bachmann appartiene e cui, specie nella narrativa, dimostrerà di essere molto legata. Inoltre, Mechtenberg trascura il fatto che il carattere dell’utopia in Bloch racchiude una forte carica storica positiva, che non può certo accordarsi né col pessimismo esistenziale della Bachmann né con la sua come si è visto

riluttanza sostanziale ad una visione storica positiva. Piuttosto, le indagini di Mechtenberg aiutano non solo a illum[...]

[...]e le è destinato e che tanto le fa orrore. Tale condizione esistenziale appare inesorabilmente legata ad una interiore sensazione di 4 confini ’ da infrangere, di ‘ limiti ’ costrittivi (così anche nei radiodrammi II buon Dio di Manhattan e Le cicale, da Bender designati come « poesie a più voci »), ai quali di continuo ella s’adopera a sfuggire, spostandosi anche geograficamente ora al nord ora (assai più spesso) al sud. Gran parte delle sue liriche hanno, del resto, per contenuto la descrizione di luoghi visitati o di viaggi compiuti. Il suo ubi consistami in cui molte volte le riesce di focalizzare visioni equilibrate, lucide, sovrastanti, con immagini e accostamenti davvero felici, si trova appunto nello spazio atemporale, fiabesco o mitologico. Assai frequentemente, poi, è chiara in lei la ricerca delPillimitato,210

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del senzamisura, e in tali casi si rivela la sua grande passione di vivere, da cui trae un orgoglio dell’io che arriva alla sentenziosità e talora alla veggenza (tutte le molte allusioni al [...]

[...]tologico. Assai frequentemente, poi, è chiara in lei la ricerca delPillimitato,210

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del senzamisura, e in tali casi si rivela la sua grande passione di vivere, da cui trae un orgoglio dell’io che arriva alla sentenziosità e talora alla veggenza (tutte le molte allusioni al « fuoco » di cui e per cui morirà, alla sua purezza e ineluttabilità, ad esempio).

Se per meglio indagare questa tendenza ci rifacciamo alle liriche del primo volumetto, rinveniamo il preciso accenno ad un limes, ad un ‘ confine ’, e ad un Limesgefuhi, ad un 4 senso del confine « e ancora m’assale / ebbro il senso del limes ». Si tratta della già citata lirica Grande paesaggio nei dintorni di Vienna. Qui è il limes romanus, rintracciato durante quello che potrebbe dirsi uno sconsolato pellegrinaggio storico; ma anche una esplicita testimonianza di ciò ch’è il ‘ tempo storico ’, la Storia, per la Bachmann: desolazione, maceria, tragico sconforto. Viene alla mente l’Angelo benjaminiano della Storia, con gli occhi rivolti alla catasta di ma[...]

[...]durante quello che potrebbe dirsi uno sconsolato pellegrinaggio storico; ma anche una esplicita testimonianza di ciò ch’è il ‘ tempo storico ’, la Storia, per la Bachmann: desolazione, maceria, tragico sconforto. Viene alla mente l’Angelo benjaminiano della Storia, con gli occhi rivolti alla catasta di macerie, nella nona Tesi: ma quell’angelo ha le ali gonfie di futuro, di un futuro che spira dal paradiso, mentre qui poco più in là la Bachmann dichiara apertamente di volersi separare, distaccare dal tempostoria, che rinnega (« sag ich mich los / von der Zeit »).

L’impressione del ritrovamento del limes è, però, di « ebbrezza »: ebbrezza di appartenere a un antico paese di confine, consacrato tante volte nei secoli come baluardo di civiltà, ma anche orgoglio di trovarsi al posto cui aspira, che le compete, ad un ‘ confine ’ importante, non solo storicogeografico, un ‘ confine ’ che la responsabilizza personalmente. Di lei è stato detto da più parti (si veda anche Christa Wolf, nel saggio dedicatole in Lesen und Schreiben, Berlin 1971) che occupa « una posizione di frontiera », con riferimento al suo ‘ gesto ’ di impegno moral[...]

[...]na Bachmann epica). Qui si può solo farne cenno di passata. Se infatti i racconti usciti col titolo II trentesimo anno (1961) appaiono come un vero e proprio prolungamento della produzione lirica, il cui culmine è rappresentato dall’ultimo Undine se ne va, grido di vibrante protesta dell’io femminile, gli anni Sessanta si può dire rappresentino quasi un vuoto di scrittura (o almeno di pubblicazioni) per la Bachmann: se si eccettuano le sparse liriche ’64’67, che seguono quelle ’57’61 tra cui è la già citata lirica Corrente nel cui ultimo verso, a proposito del tempo assassino, è annunciato un avvoltolarsi in se stessa insieme col suo tempo (« Ebbrezza e azzurro ci imbozzolano insieme »). Le sparse liriche degli anni Sessanta nella loro secchezza o elaborazione letteraria sono segnate da definitiva sfiducia e progressivo silenzio emotivo (la lirica Enigma conclude: « Sonst/sagt/niemand/etwas »). Nel 1971 esce Malina, il primo e l’unico romanzo compiuto del ciclo Todesarten; ma precedono nella composizione (quantunque usciti nel 1972) i racconti Tre sentieri per il lago: cinque episodi, o meglio esemplificazioni, di solitudine femminile e progrediente vuoto emozionale che, pur nella loro concretezza, possono definirsi ‘ resoconti lirici ’. In Malina, il problema dell’io che l’assiduo studio dei[...]

[...]ircostanze ultime della sua vita, può anche sembrare un testamento.

È difficile negare che la parte più valida della produzione poetica di Ingeborg Bachmann nasca dalla estrema conflittualità tra esistenza e storia, tra la sua condizione ontologicoesistenziale e il tempo storico da cui è posseduta, di cui sembra quasi la preda e da cui ha sempre mostrato di cercare nuove vie di scampo. Se alla sua morte, cosi atroce e quasi 4 prevista ’, Heinrich Boll ha creduto come si sa lapidariamente definirne la sorte dicendo di lei ch’era stata « intrappolata dal suo mito », la definizione andrebbe, forse, corretta con « intrappolata dal suo tempo ».

Maria Teresa Mandalari

Scritti di Ingeborg Bachmann tradotti in italiano: Il buon Dio di Manhattan, radiocommedia tradotta da Sergio Molinari, Milano, Il Saggiatore, 1961; Tutto, trad. di Silvano Daniele, in « Il Verri », 1961, nr. 1; L'esilio, Va' pensiero, trad. e introd. di Paolo Chiarini, in « L’Europa letteraria », 1962, nr. 1516; Il trentesimo212

MARIA TERESA MANDALARI

anno. Rac[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Ich, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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