Brano: [...] dans la douceur, dans la tranquillité, et jouissent d'un bonheur inconnu aux François » (DL, 187188). Dove non esistono leggi umane esistono però le leggi dell'istinto, che dettano atti e comportamenti indipendenti dalla prescrizione o dalla riflessione. L'istinto in quanto tale non può essere adulterato; mentre non vi è norma contraria all'istinto che sia, di fatto, osservata senza giustificabili cedimenti.
Furetière definiva i selvaggi « des hommes errans, qui sont sans habitations réglées, sans Religion, sans Loix, et sans Police ». Ma, nella misura in cui si mostrano consapevoli del pregio e del significato della loro condizione, i selvaggi divengono filosofi, Philosophes nuds, secondo l'espressione di Lahontan (MM, 76). Al termine è attribuita una connotazione positiva: verrà un giorno, dichiara Adario, in cui chiamerete selvaggi « tous les François qui seront assez sages pour suivre exactement les véritables règles de la justice et de la raison » (DL, 231). L'autore rivendica del resto apertamente, e non solo per bocca di Adario, l[...]
[...]i un apologista dei selvaggi e (quindi) uno di loro, gli fa, senza saperlo, un grande onore (MM, 81).
Come è stato osservato', i viaggiatori del Seicento non si sono limitati a riesporre l'antica teoria della bontà naturale e primitiva, ma hanno cercato di suffragare la teoria con fatti e testimonianze. Tuttavia la tesi di fondo rimane l'idea o il presupposto che, per consenso universale, il male sia contro natura. Cosí Adario: « Y atil un seul homme au monde qui ne conoisse, que le mal est contre nature, et qu'il n'a pas été créé pour le faire? » (DL, 210). Le osservazioni degli Europei sulla bontà dei selvaggi recano la conferma di questo principio. Tale è, per Adario, la definizione dell'uomo: « J'appelle un homme celui qui a un penchant naturel à faire le bien et qui ne songe jamais à faire du mal » (DL, 184).
6 Ciò implica naturalmente il problema del valore etnografico dei Dialogues e degli scritti di Lahontan in generale. Nella sua introduzione a una recente edizione dei Dialogues (Paris, 1973, pp. 42 ss.), M. Roelens ha compiuto un primo e sommario esame di questo problema, concludendo che Adario (nella realtà: Kondiarok) non deve essere considerato un prestanome o una semplice comparsa. Sebbene siamo qui nel campo delle ipotesi, può sembrare significativo il fatto che l'interlocutore di Lahontan[...]
[...]differenze: gli uni sono buoni, gli altri. cattivi (MM, 149).
Sarebbe errato dedurne che l'innocenza dei selvaggi sia una condizione del tutto inconsapevole e (se cosí posso dire) animalmente istintiva. $ invece un valore, che Adario presenta come tale: « L'innocence de notre vie, l'amour que nous avons pour nos frères, la tranquillité d'âme dont nous jouissons par le mépris de l'intérest, sont trois choses que le grand Esprit exige de tous les hommes en général. Nous les pratiquons naturellement dans nos Villages [ ... ] » (DL, 181). Ciò che il grande Spirito esige da tutti gli uomini non è forse una morale universale? Il selvaggio che la mette in pratica non può forse configurarsi come un modello? È possibile limitare la sua libertà morale, la sua anima esente dalle passioni? Ma per questo l'Europeo, che ha conosciuto e conosce il morso delle passioni, dovrebbe domarle e sopprimerle (non già tentare di soddisfarle). Adario gli suggerisce: « E...] si tu veux devenir le Roi de tout le monde, tu n'auras qu'à t'imaginer de l'estre, et tu le[...]
[...]quali reali valori si fonda la società civile? Il Lahontan memorialista mostra come tali valori siano visti, interpretati, giudicati dai selvaggi:
Ils se moquent des Sciences et des Arts, ils se raillent de la grande subordination qu'ils remarquent parmi nous. Ils nous traitent d'esclaves, ils disent que nous sommes des misérables dont la vie ne tient à rien, que nous nous dégradons de notre condition, en nous réduisant à la servitude d'un seul homme qui peut tout, et qui n'a d'autre loi que sa volonté; que nous nous battons et nous querellons incessamment, que les enfans se moquent de leurs pères, que nous ne sommes jamais d'accord; que nous nous emprisonnons les uns et les autres; et que même nous nous détruisons en public 13
Come Rousseau Adario condanna l'amor proprio, follia degli Europei che pure si dicono cristiani. Ha buon gioco nell'insistere sulla comune inosservanza dei precetti: docili nell'accettare i principi della fede, i cristiani non ne traggono conseguenze pratiche... Di fronte a queste critiche e ad altre simili, il La[...]
[...]incipi della fede, i cristiani non ne traggono conseguenze pratiche... Di fronte a queste critiche e ad altre simili, il Lahontan dialogante fa qualche concessione. Ma le critiche contengono, e non solo potenzialmente, l'idea di una rivolta e di una sovversione. Si può forse ricordare il passo famoso di Montaigne, che riferisce e tratta della sorpresa dei selvaggi davanti all'ineguaglianza:
[...] ils avoyent aperçeu qu'il y avoit parmy nous des hommes pleins et gorgez de toutes sortes de commoditez, et que leurs moitiez estoient mendians à leurs portes, décharnez de faim et de pauvreté; et trouvoient estrange comme ces moitiez icy necessiteuses pouvoient souffrir une telle injustice, qu'ils ne prinsent les autres à la gorge, ou missent le feu à leurs maisons (Essais, i, xxxi)
L'immagine del mendicante, che reca sul volto i segni strazianti dell'inedia, è del tutto estranea al quadro esemplare dell'umanità primitiva. La nudità del mendicante non è quella del selvaggio! Ma Adario non si è lasciato ingannare dalle apparenze, dalle conoscenz[...]
[...]i:
[...] lors que nonobstant un grand nombre d'Hôpitaux, on ne laisse pas de voir vos Carfours que dans un tems de famine on trouve les morts dans les grands chemins et dans les rues, pendant que Monsieur le Riche n'en rabatroit pas d'un denier pour sa molesse et pour ses plaisirs; lors qu'on voit le villageois, l'artisan, le menu peuple privé des douceurs de la vie, et souffrir la faim et la nudité pour fournir aux désirs insatiables d'un seul homme, qu'en distu, mon Ami, vos Sociétez ne fontelles pas horreur par cette dégoûtante et afreuse moitié? 16
Lo stesso Gueudeville, nel presentare una sua libera traduzione di Tommaso Moro 17, additerà nello spazio ideale dell'Utopia la soppressione dell'ingiustizia: « On ne voit point en Utopie cette quantité prodigieuse d'Infortunez, qui, bien loin de goûter les douceurs de la vie, trouvent à peine de quoi ne pas mourir ». Nel mondo dell'Utopia (solo in esso?) vi sarà compassione per i malati e per i deboli, rispetto e venerazione per i vecchi. Sarebbe questa la perfezione dell'Umanità! « Toute[...]
[...]o ideale dell'Utopia la soppressione dell'ingiustizia: « On ne voit point en Utopie cette quantité prodigieuse d'Infortunez, qui, bien loin de goûter les douceurs de la vie, trouvent à peine de quoi ne pas mourir ». Nel mondo dell'Utopia (solo in esso?) vi sarà compassione per i malati e per i deboli, rispetto e venerazione per i vecchi. Sarebbe questa la perfezione dell'Umanità! « Toutes les Sciences, tous les Arts nourrissent la curiosité de l'Homme: mais pas une ne le tire de la misère et de la souffrance: la seule Etude de l'Humanité, de l'Equité, de la Justice réciproque; oui, cette seule étude a pour objet la Félicité Commune [ ... ] ». Gueudeville è tuttavia convinto che l'Utopia sia impossibile e
la M. LESCARBOT, La Conversion des sauvages qui ont été baptizés en la Nuovelle France [...], Paris, 1610, p. 34. Si noti però che lo stesso Lescarbot, in piú passi della sua Histoire de la Nouvelle France, 3a ediz., Paris, 1617, mette in evidenza l'estrema povertà di certe popolazioni selvagge.
15 Per tale attribuzione, vedi G. CHINARD,[...]
[...]ris, 1945, pp. 316 ss.
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in grado di acquisire le qualità umane dei selvaggi: saggezza, ragione, equità (DL, 200).
La società degli Uroni è pertanto presentata come un modello. Non è questo il modello piú filosofico della filosofia (e della stessa repubblica platonica) di cui parlava Montaigne? Nei Dialogues è presente, chiaramente espressa, la triade delle virtú rivoluzionarie:
Tu vois que nous sommes un millier d'hommes dans notre Village, que nous nous aimons comme frères; que ce qui est à l'un est au service de l'autre; que les Chefs de guerre, de Nation et de Conseil, n'ont pas plus de pouvoir que les autres Hurons [...] qu'enfin chacun est maître de soimême, et fait tout ce qu'il veut, sans rendre conte à personne, et sans qu'on y trouve à redire (DL, 205).
Il Lahontan dialogante non oppone ad Adario (non pensa ad opporgli) l'ideale della fraternitas cristiana. Gli abitanti della Bétique immaginata da Fénelon non si amavano forse di un amore fraterno che nulla poteva turbare? Non erano forse liberi ed [...]
[...]étique immaginata da Fénelon non si amavano forse di un amore fraterno che nulla poteva turbare? Non erano forse liberi ed eguali? Tuttavia la fraternità dei selvaggi non è presentata come un ideale ma come una realtà, logico effetto dell'ordine naturale. La libertà deve intendersi in rapporto ai costumi; né il sesso né l'età limitano questo diritto, che appartiene a ogni membro della comunità: « Les Femmes n'ontelles pas la même liberté que les Hommes, et les Enfans ne jouissentils des mêmes privilèges que leurs Pères? » (DL, 228). Il Lahontan dialogante vede piuttosto i pericoli della libertà: confusione, assenza di ogni gerarchia familiare, totale abbandono agli impulsi dei sensi (« toute cette liberté se réduit à vivre dans une débauche perpétuelle »). Ma il Lahontan memorialista rende conto di questi stessi costumi senza una parola di severità o di condanna. Alla libertà sessuale va unita la libertà interiore: tranquillità d'animo, liberté du coeur. Gli affetti dei selvaggi non sono passioni, ma inclinazioni moderate come la benevolen[...]
[...]del suo interlocutore n. Egli ne nega l'utilità, con la sola eccezione dell'aritmetica; nega l'utilità della scrittura (giacché ai selvaggi, per le necessità della guerra e della caccia, bastano i loro segni pittografici): « Ha! maudite Ecriture! pernicieuse invention des Européans, qui tremblent à la veue des propres chimères qu'ils se représentent euxmêmes par l'arrangement de vint et trois petites figures, plus propres à troubler le repos des hommes qu'à l'entretenir » (DL, 227). Questo è forse il supremo argomento di Adario (e del Lahontan autore); come se la scrittura, che è simbolo di chimere, fosse nello stesso tempo il simbolo di quella sfera ostile (la società), di cui si avverte la pressione e la persecuzione. Come evaderne, se non ricorrendo ad altre chimere e, in primo luogo, alla scrittura?
ARNALDO PIZZORUSSO
27 DL, 216. Cfr. MM, 96: « Ils prétendent que [...] toutes nos Sciences ne valent pas celle de savoir passer la vie dans une tranquillité parfaite [...] ».