Brano: [...]o la chiudiamo. Pure me soru cun so maritu, s'accurcano cu nuatri. Ma i masculi si curcano vestuti, sono tanto educati. Cu li picciriddi...
Di giorno stiamo tutti fora. Cuciniamo ca fora, sotto la scala, che quandu piove semu riparati chiù assai.
È dodici anni che mi infilai dintra sta grotta che prima serviva di rifugio. Poi c'é venuta me soru. Dodici anni. Vogliono la buona uscita. Ventimila lire, venticinquemila lire. Uno povereddu d'unne l'have?
Venivano a vedere comunista, signorine. Una volta mia nipote curcata docu la fotografaru e stu ritrattu sul giornale giunse a Roma e Napoli. Appizzato in pubblico. Poi ci furono le votazioni e l'appizzaru ancora. Ma ca semu, ca semu arrestate.
Ci ho un quadro di Santa Rosalia, ci accendiamo ogni giorno i lu
PAGINE DI UNA INCHIESTA A PALERMO 147
vini. La pregamu e per una casa ci promettemu due viaggi. Se mi fa levare da sto fango, due viaggi a Monte Pellegrino, scalzi, a pedi in terra, con le torce in mano fino a Monte Pellegrino. È bello. Bellissimo. C'é Santa Rosalia, tutta curcata, co[...]
[...]pregamu e per una casa ci promettemu due viaggi. Se mi fa levare da sto fango, due viaggi a Monte Pellegrino, scalzi, a pedi in terra, con le torce in mano fino a Monte Pellegrino. È bello. Bellissimo. C'é Santa Rosalia, tutta curcata, con tutto l'oro in testa. Che bellu veru! Nuatri ci facemu la promessa : — Santa Rosalia fammi stare bona, fammi capitare una casa. — Vede che bella! e ci fa vedere un'immagine nuova che comincia ad ammuffirsi.
« Have un rinale d'oro, un rinale pieno d'oro. Le scarpe tutte d'oro. Che bella. Bastone d'oro. Sono promissioni che dipende come nescono di bocca. Se uno sta bono, ci porta le promissioni lá in capo: la vesta, orologi, piccioli, diecimila lire, collana, braccialetti.
Ci hanno venuto a scrivere tutti i partiti: democrazia cristiana, comunisti, repubblicani, monarchia, e tutti dicono: — Dobbiamo fare fognature a questo cortile. — E più di cento anni che é così. Ci fanno vedere che tutto il mondo é nostro, poi niente. Più vampa c'é, più disperazione. — Nun dubitasse signora, nun dubitasse. — Magari s[...]
[...]tedda, meschini. Poi le vendono e le pulisce chi le compra. Vengono alla mattina. C'è quando piove e non escono e si sta morti di fame.
Per riempire una cesta ci vuole certe volte mezza nottata, certe volte un'ora, dipende dalla provvidenza di Dio, dalla provvidenza che manda Santa Rosalia. Quando la cartella é piena, vengono a casa. Se é poco, si possono accucchiare solo 100 lire, tornano fuori ancora. Possono guadagnare 300, 400 lire.
Quando have la cesta in collo, certe volte ci sono le guardie: — Cosa portate in quella cesta! — Risponde: — Stracci, ossa vetro... — E ci
rispondono loro, le guardie: Buttalo a terra per vedere cosa c'è
dentro. Poi le guardie fanno così che coi piedi scalìanu li stracci, per vedere se ci sono cose losche, con le lampadine tascabili. Quando le guardie non ci garbizzano, o che vogliono tornare dentro, dicono: — Favorisce con noi, che domani se ne parla e va a "Casa. — Dicono loro. Di guardie ci sono che dicono: — Lascialo andare — e c'è quello che insiste, che fa l'arrugante.
Quando é già dentro la, c[...]
[...]cchiare i piccioli pel matrimonio. La mia fidanzata, che
PAGINE DI UNA INCHIESTA A PALERMO 161
vedeva nel matrimonio la soluzione oltre che amorosa anche economica, mi voleva lasciare. In questa sua decisione io vedevo la fine di tutti i miei sacrifici e proposi di fuircene. Ce ne fuggimmo a Roma. Mi trovai così senza una casa propria e senza lavoro. Intanto alcuni a
Palermo dicevano: Meschina, sta picciotta si consumò. Si pigghiò
unu ca nun have travagghiu —.
Andammo ad abitare in casa della mamma adottiva, che fu l'unico mio conforto. Malgrado la sua povertà ci dava da mangiare. Ci sposammo con la semplicità da poveri. Poco dopo mia moglie s'ammalò, la ricoverammo all'ospedale, io continuavo a non lavorare, le difficoltà aumentavano di giorno in giorno, andavo spesso a letto senza mangiare perché non avevo soldi, andavo a trovare mia moglie all'ospedale a mani vuote. Era assai umiliante per me, non mi sentivo uomo, marito; un giorno che mi fu possibile portarle un'arancia, mi parve giorno di festa. Un'arancia. Che cosa é un'arancia[...]
[...]isera. Era stato cacciato fuori dal Municipio perché era socialista costituzionale. Nei primi giorni, siccome avevo qualche risparmio che mi avevo portato da Roma, ero io che davo da mangiare a tutti. Faceva anche lui lo sbrigapratiche siccome là in municipio aveva gli amici.
Ricordo che una sera, io ancora non ero rincasato, le mie sorelle brontolavano perché non c'era niente da mangiare, quando arrivai io. Mia sorella mi disse: — Gino, u papà have i piccioli e nun vole accattare u mangiare —. Allora mi rivolsi a mio padre per accertarmi. Mio padre mi confermò si di avere i soldi, ma erano relativi ai documenti di una cliente. La sua rettitudine mi meravigliò, conoscendo io quali erano una gran parte degli spicciafaccende a Palermo: imbroglioni e truffatori legati agli uffici dei tribunali, nelle preture, dappertutto. Se tu vuoi un documento falso, attraverso questi si riesce ad averlo.
Ho dovuto poi uscire di casa da mio padre, perché sua moglie, la sera mentre eravamo coricati su due materassi per terra, ci tirava i sassolini. Per fa[...]