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Il segmento testuale Gusdorf è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 18Analitici , di cui in selezione 2 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Mito e civiltà moderna) Ernesto De Martino, Mito, scienze religiose e civiltà moderna in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]ento caratterizzato da mutue influenze fra scienze religiose diverse, e da singolari convergenze di orientamento pur nella varietà di indirizzi, di provenienze culturali, di metodi e di prospettive. Etnologi come Frobenius, Jensen, Malinowski, Leenhardt, storici e fenomenologi della religione come R. Otto, Hauer, van der Leeuw, Eliade, W. Otto, Kerényi, sociologi come LévyBruhl, LéviStrauss e Caillois, filosofi come Cassirer, Bergson, Machelard, Gusdorf, psicologi come Jung e Neumann, hanno inaugurato una valutazione della vita religiosa e del mito che, in netto contrasto con l’età precedente, è orientata verso il riconoscimento di profonde motivazioni esistenziali del « sacro », del « mitico », del « simbolico ». Ciò che sorprende di più in questa generale convergenza di indirizzi diversi verso un obiettivo tendenzialmente affine è che ad un certo momento entrano nel movimento, o ne appaiono comunque influenzate, anche tradizioni culturali che, per la loro provenienza e per le loro origini variamente laicizzanti, razionalistiche, idealistic[...]

[...]ettiva di una mentalità prelogica che è soppiantata da quella logica; ma successivamente il LévyBruhl ha sempre con maggiore energia negato che la mentalità primitiva o mitica dovesse essere considerata come fase di sviluppo dell’umanità, sottolineandone invece il carattere di permanente struttura antropologica (4). Naturalmente in indirizzi di pensiero francamente ispirati alle istanze dell’esistenzialismo — si pensi all’Eliade, al Caillois, al Gusdorf e al Cazeneuve — la motivazione esistenzialistica e antropologica del sacro appare più esplicita: ma è significativo il fatto che l'orientamento complessivo fa sentire la sua influenza anche per entro tradizioni culturali che per la loro origine non erano inizialmente disposte a considerare il mito e il sacro come valori antropologici permanenti e autonomi. Né è da credere che il movimento di rivalutazione esistenziale della vita religiosa e del mito concerna soltanto le « scienze religiose » come tali : a parte gli ovvi riferimenti alla vita artistica e letteraria del mondo moderno in genera[...]

[...]zioni prevalenti in Les fonctìons mentàles dans les sociétés injérieures (1910) è segnato dall’intervento alla Societé fran^aìse de philosophie (1929) e dalle opere successive (Le surnaturel et la Nature dans la mentalité primitive, 1931; La mythologie primitive, 1935; L'experience mystique et les symboles chez les primitives, 1938; e soprattutto i Carnets pubblicati postumi nel 1949). Per questo sviluppo del pensiero di LévyBruhl si veda ora G. Gusdorf, Mythe et métaphisique, 1953, p. 187 sg.

(5) Come giustamente osserva il Gehlen, Urmensch und Spat^ultur, Bonn 1958, p. 292, « Gauguin a Tahiti e Nolde a Raboul hanno cercato qualchecosa di più che dei semplici motivi artistici ».MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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poi la consistenza e il significato di questo «ritorno» nei diversi ambienti culturali (6).

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L’analisi completa e la corrispondente valutazione critica di un movimento così vasto e complesso richiederebbero molto più di un semplice articolo. Ci soffermeremo pertanto solo su alcuni punti nodali relativi [...]

[...]i archetipi e alla ripetizione. Il nostro malato è condotto, se ci collochiamo da un punto di vista psicogenetico, ad abolire ila sua storia personale, ripetendo in maniera delirante l’atto cosmogonico, che lo situa in ilio tempore, abolendo il tempo profano.» (20).

Ma lasciando da parte gli echi meno prossimi e meno diretti, e per attenerci alle scienze religiose, ritroviamo un largo impiego della tematica delFEliade nell’esistenzialismo del Gusdorf, dove però si fa valere una prospettiva del tutto inaccettabile. Il Gusdorf infatti fantastica di un’epoca « precategoriale » in cui l’uomo — ancora unità indivisa di coscienza e mondo — starebbe integralmente immerso in condotte di ripetizione rituale di miti primordiali. A trarlo da questo «paradiso degli archetipi e della ripetizione » e da questo gigantesco « déjà vu » senza fine, sarebbe intervenuta a un dato momento la « rottura del patto mitico», cioè la scissione introdotta dal progresso della razionalità, e con la contrapposizione di coscienza e mondo il continuo da capo delle iterazioni avrebbe lasciato posto sempre maggiore alla sfera del profano e della «[...]

[...] all’assurdo di un criterio interpretativo che circola insistentemente nel movimento di rivalutazione esistenziale della religione e del mito, e cioè l’idoleggiamento di un’epoca dell’umanità « tutta » religiosa e « tutta » mitica, non ancora « snaturata dalla tecnica », e « senza storia » nel senso oggettivo

(19) Eliade, Mythes, réves et mysteres, Parigi 1957, p. 55.

(20) M. Volmat, L’art psychopatologìque, Parigi 1955, p. 211.

(21) G. Gusdorf, Mythe et métaphisique, Parigi 1953, passim.16

ERNESTO DE MARTINO

che sarebbe vissuta beatamente nell’assoluto (22). Senonché questo « paradiso degli archetipi e della ripetizione », così come il Gusdorf lo concepisce si basa in sostanza su un equivoco concetto di « storia ». Se infatti per « storia » si intende semplicemente le res gestae che manifestano una coerenza culturale definita e attuano valori umani, nessuna civiltà è mai riuscita a nascere e a mantenersi chiudendosi integralmente nell’assoluto della ripetizione rituale di miti primordiali. Se per storia si intende il senso immediato di sé che accompagna l’umano operare e le res gestae qualificate che ne risultano, occorre ricordare che anche il cacciatore del paleolitico superiore doveva in qualche misura esser cosciente del propri[...]

[...]a mancare. D’altra parte se con la parola « storia » si fa riferimento al riconoscimento culturale del divenire storico, alla espressione di tale riconoscimento attraverso la historia rerum gestarum, e alla teorizzazione più o meno coerente e sistematica di una origine e di una destinazione umana dei beni culturali, allora è ovvio che solo l’occidente partecipa pienamente alla « storia » in questi più circoscritti significati. Pertanto quando il Gusdorf sostiene che « il mondo primitivo è anistorico », la sua affermazione è tanto ovvia da essere banale se vuol intendere che le civiltà primitive non danno espressione culturale al divenire storico, non posseggono una historia rerum gestarum, non sanno nulla di teorizzazioni sistematiche sulla origine e la destinazione umane dei beni culturali; ma la sua affermazione è certamente falsa se vuol intendere che vi sia stata al mondo un’epoca « tutta mitica », tutta immersa nella esperienza immediata dell’assoluto, senza abbozzi di coscienza tecnica

o artistica o morale, un’epoca di sonnamboli e [...]

[...]starum, non sanno nulla di teorizzazioni sistematiche sulla origine e la destinazione umane dei beni culturali; ma la sua affermazione è certamente falsa se vuol intendere che vi sia stata al mondo un’epoca « tutta mitica », tutta immersa nella esperienza immediata dell’assoluto, senza abbozzi di coscienza tecnica

o artistica o morale, un’epoca di sonnamboli e di deliranti che, fra l’altro, non avrebbe potuto dar vita a nessuna civiltà.

Il Gusdorf segna dunque il combinarsi della tematica della ripetizione con lo sterile motivo delPidoleggiamento di un’epoca precatego
(22) La priorità di un’epoca mitica di intenso rapporto col divino, cui sarebbe seguita un’epoca di impiego tecnico ed utilitario è rintracciabile, con varie sfumature, in Frobenius e in Jensen come anche in W. Otto. D’altra parte il « paradiso degli archetipi e della ripetizione » ricorda le fantasticherie di Edgar Dacqué sul « paradiso perduto » o « lo spirito antagonista dell’anima » di Ludwig Klages. Una ricostruzione completa della storia culturale di questo motivo [...]

[...] significato è l’addensarsi di opere e monografie relative a questa problematica negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, periodo nel quale cade anche la produzione di Mircea Eliade (Le mythe de l’éternel retour è del 1949).

(57) Si veda p. es. Caillois, L’homme et le sacre, 19502 (19391), p. 17 sg. Analoga impostazione sta alla base della fenomenologia del van der Leeuw e di Mircea Eliade, come della teoria del mito del Gusdorf.MITO, SCIENZE RELIGIOSE E CIVILTÀ MODERNA

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religiose ma anche fra scienze religiose e punti di vista confessionali. Il gesuita Daniélou può su questa importante questione manifestare il suo pieno consenso con R. Otto e con Mircea Eliade:

Già Rudolf Otto ha acutamente osservato che certi simboli, come l’immensità del deserto o la profondità della notte, risvegliano risonanze specificamente sacrali, il « numinoso », e non possono essere ridotte ad altre categorie di conoscenza: motivo ripreso magistralmente da Mircea Eliade, per il quale le realtà del mondo visibile sono ierofanie, [...]



da (Mito e civiltà moderna) Remo Cantoni, Mito e valori in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: [...]p. 114, 115).
Ci potremmo chiedere — in via preliminare se è legittimo parlare di mito come di un mondo unitario, se cioè esiste una realtà storicoculturale cui si possa, senza essere tacciati di arbitrio o di genericità, dare il name di mito. L'esistenza di questa realtà ci è comprovata dalle mitologie presenti in tutte le culture e in tutte le epoche, ai livelli più diversi di civiltà. Gli studi di Cassirer, Lévy Brühi, Kerény, Eliade, Jung, Gusdorf — per non citare che alcuni studiosi recenti — ci autorizzano a parlare di un « pensiero mitico » o di una « coscienza mitica », come ha fatto, ad esempio, Ernst Cassirer nel secondo volume della sua Filosofia delle forme simboliche. L'esistenza di una forma simbolica, chiamata mito e caratterizzata da una sua particolare struttura, che è possibile descrivere come un mondo unitario, non significa che i contenuti della coscienza mitica siano sempre i medesimi, né che sia possibile cristallizzare il significato e la funzione del mito prescindendo dalle condizioni storiche particolari in cui sor[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Gusdorf, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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