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da Giovanni Testori, Il Fabbricone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...]aura, scemetta? — fece la madre, cercando
di levarsela d'attorno — Mettiti là a far 'ste aste! ».
Ma di far le aste, la Lisetta non si sentiva; infatti, appena il temporale s'era annunciato, la piccola Borgonuovo s'era levata dal tavolo e s'era rifugiata nelle braccia della madre dove si trovava tuttora; in quel modo il quaderno era rimasto aperto sul tavolo, lá dove la sua matita aveva tracciato con timido impaccio le prime file di segni.
« Guarda il coraggio che ha il Tino! E si che è minore... »
Il Tino, maschio unico tra i molti Borgonuovo di via Aldini, era infatti uscito di casa alle prime avvisaglie del temporale; a squarciagola aveva chiamato sul suo piano il Franchino, sul piano di sotto l'Enrico; poi, precipitando per le scale, era sceso giù e s'era appostato in uno dei due ingressi del casone, preso come gli amici dalla lotta tra terra e cielo cui avrebbe assistito; e in quel punto scalpitando come un cavallo si trovava quando a quel lampo ne segui un secondo, ancor più lungo e spettrale.
«Avanti! Giù! — gridò allora preso [...]

[...]ome in un
impeto di liberazione:
«Era ora, madonna santa, era ora! »
Prima con una scintilla, poi con uno scricchiolio, uno scricchiolio che fu subito sommerso dallo scoppiar del tuono, la corrente saltò e in tutto il fabbricone, alla luce, si sostituì una semioscurità livida e sinistra. Allora nella cucina della Schieppati si sparse un acre odor di bruciato.
La donna che, a quella fila di tuoni, aveva fatto un passo indietro, rimase ferma a guardar quel che era successo; il ferro se ne stava ancora li, intatto, a destra della biancheria, ma nel punto in cui vi s'attaccava la spina aveva preso a uscire una specie di fumo azzurrognolo e lieve.
«
Addio! Per oggi é finita... » — disse; tuttavia, prima di riavvicinarsi al tavolo, preferì aspettar qualche altro minuto. Quando poi si decise, il pensiero che le attraversò la testa, oltre all'altro sempre presente, del Sandrino, fu quello dell'Enrico.
« Dove si sarà cacciata, quella bestia ? » — fece rimettendo le mani dentro le maglie, i fazzoletti e le mutande.
Lampi, tuoni; qualche scros[...]

[...]mulinelli di foglie; gocce, terra e immondizie.
Sull'ingresso il Tino, il Franchino e l'Enrico saltavano presi dall'emozione; ad ogni lampo che s'apriva nel buio delle nubi, era come se una vipera li mordesse alle caviglie, allora, tra gioia, paura e piacere uno gridava, l'altro imprecava e l'altro ancora aizzava la tempesta a raddoppiar la sua furia.
Intanto, dentro il biancore ingiallito e consunto dei lenzuoli, il vecchio Oliva continuava a guardar immobile oltre la finestra; ma era come se non vedesse niente. La lunga, leggendaria malattia (era infermo da più di sei anni) l'aveva fatto chiamar da tutti gli inquilini: la nostra mummia. Come altri, già diffusi o sul punto d'esserlo, a trovar quel soprannome era stata la Redenta; una volta che la madre del Luciano le aveva detto come non fosse riuscita
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a chiuder occhio tutta la notte per via dei lamenti che, dalla stanza attigua, il malato non aveva smesso un sol momento di emettere, lei aveva esclamato: « Oh, madonna, quella povera mummia! Il giorno che decide d'an[...]

[...] e del nipote che l'avrebbero preso, uno dalle spalle, l'altro dai piedi, e gli avrebbero fatto cambiar posizione; tutto il suo piacere, durante la giornata, consisteva in quei tre o quattro cambi, coi quali i suoi muscoli sembravano andar ogni volta a posto, come se ogni volta si sistemassero per sempre. Quanto alla pulizia, gliela faceva la nuora, essendo troppo giovane la nipote per mettersi in quei lavori; lavori delicati, non tanto perché riguardavano un corpo trafitto da una serie senza fine di punture e tutto dolente di stanchezza e di mali, quanta perché lui era pur sempre uomo e la nipote, donna.
« Quant'è che manca alle cinque e mezza, Ernesta? » — disse con un tono di voce che l'aspetto avrebbe fatto sospettar più lieve e che riuscì invece a vincere il brontolio del tuono.
« Cosa ? » — rispose dalla cucina la nuora.
« Ho detto quant'è che manca alle cinque e mezza ».
« Le cinque e mezza son adesso » — fece la donna.
Le cinque e mezza era l'ora in cui, con la puntualità d'un meccanismo d'orologeria, figlio e nipote rientravan[...]

[...]'ogni altra sera. l'Oliva si ricordò come la mattina, uscendo, figlio e nipote gli avessero detto che quel giorno sarebbero rientrati più tardi in quanto dovevan passare al Circolino, alla sede cioè del partito, per le misure da prendere circa l'incidente del giorno prima.
« Quegli anticristi! — fece allora il vecchio, mentre sulla testa gli scoppiava un altro tuono — Cosa aspetta domineddio a bruciarli tutti? ».
L'incidente del giorno prima riguardava alcuni manifesti che il nipote, con altri compagni di partito, aveva incollato sui muri del fabbricone casi come su quelli delle case e dei casoni circonvicini, e che la mattina s'eran trovati strappati e impiastrati di fango e di merda; su uno anzi, quasi avessero intinto il dito non in quella mistione, ma nell'inchiostro, avevan scritto in lungo e in largo:
« Fascisti! Preti! Traditori degli operai! »
« E' chiaro — aveva commentato la nuora — siccome vivono nella merda, anche per scrivere adoprano merda ».
Allora quel sollievo mancato si tramutò in lui nell'orgoglio di saper che il rit[...]

[...]re, chiese, oratori, e forse l'intero mondo che non si fosse messo sotto la protezione della sua falce e martello; e la ragazza, che se non era diventata una figlia di Satana vera e propria, lo doveva solo al fatto che il suo carattere e la sua bruttezza non avevan mai indotto nessun uomo ad avvicinarla veramente.
Continuando a trafficar, la testa piena di preoccupazioni, tra pentole e stufa, la moglie dell'Amilcare Villa si decise finalmente a guardare anche lei oltre la finestra per veder cosa succedeva e fu così che vide aprirsi, nel grigio plumbeo del cielo, il primo sfolgorio di luce.
Due piani sotto, la Schieppati che, al riaccendersi delle lampadine, aveva cercato di riprendere a stirare e che, convintasi del guasto occorso al ferro, s'affannava a rigettar nella cesta la pigna di biancheria che aveva sul tavolo, s'arrestò un attimo, colpita dai raggi che, da fuori, eran penetrati nella casa e che avevan dato al miserando squallore della sua cucina uno strano aspetto di festa,
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ma presa com'era dai suoi pensieri no[...]

[...]portato lontano; e su tutto si vedevan frammenti di giornali, di manifesti e di carte. Malgrado però s'affannassero a cercarli, dei chicchi di grandine non riusciron a trovare neppur l'ombra. Il Tina allora tornò verso i resti della persiana e, chiamando in aiuto gli amici, tentò di rimuoverli; 'visto che non ne valeva la pena, guardò in su, verso il davanzale, per veder cosa, nel precipitar a terra, la persiana avesse portato via; poi gridò:
« Guardate, ne ha fatto venir giù più di mezzo... ».
Il davanzale si mostrava infatti sfracellato per un buon terzo; sull'alto dello stipite poi, un buco, ben piú grande di quelli che i mitragliamenti aerei avevan lasciato su tutta quanta la facciata, si mostrava così aperto da parer una ferita.
« E' partito anche il gancio... » — fece l'Enrico.
« Allora in un posto o nell'altro dovremmo trovarlo... » — disse il Remigio, riportando gli occhi a terra.
«Già, perché se lo si trova ci servirà a tanto! » — commentò il Tino, che cominciava a sentirsi insoddisfatto di quel temporale avvenuto solo a metà.[...]

[...] soffocato, per tutto l'orizzonte poi, piano piano, si perse nel niente. Intanto la luce aveva continuato ad allar garsi e una pioggerellina lieve, lieve, aveva preso a scender giù dalle nubi che, in quel modo, dimostravano di non voler cedere il cam po tanto facilmente.
« Ma cos'è che sta succedendo? — fece il Franco — Ricomincia da capo? »
« Saran gli angeli che hanno ancora un po' di pipi da fare... »
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commentò il Tino, guardando i riflessi che i raggi dell'ultimo sole facevano su quel pacifico discendere di gocce.
In quel modo, i ragazzi sull'ingresso e gli inquilini nelle stanze, videro formarsi, piano piano, davanti ai loro occhi la grande forma dell'arcobaleno.
« Guarda! » — disse la nuora dell'Oliva, quando esso si fu tutto disegnato nel cielo.
Il vecchio rispose con un:
« Cosa? » — poi, senza aspettar altro voltò gli occhi verso la finestra e, per chissà quale volta nella vita, vide il segno della tranquillitá e della pace attraversar tutto quanto i vetri: allora si sforzò di sorridere e di dimenticar i Villa, lo scempio che quegli sciagurati del P.C. avevan fatto dei manifesti, i brandelli, il fango, la terra, Satana e la merda.
« Scommetto che quelli di sii stan pensando che é il padreterno... » — fece la Redenta, riportando gli occhi rabbiosi dalla f[...]

[...]ra i tre Oliva; visto anzi
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quel tono, figlio e nipote ebbero quasi paura a cominciarla; la decisione, infatti, cui eran pervenuti nella seduta svoltasi al Circolino dalle sei alle sette e mezza, era che, al gesto dei rivali, bisognasse risponder si con fermezza, ma il più civilmente possibile.
«E allora cos'avete deciso? Su, avanti, cos'avete combinato? » — fece il vecchio, dopo un lungo silenzio d'attesa. Figlio e nipote si guardaron in faccia un momenta, quindi il primo fece al secondo:
« Spiegaglielo tu, Luigi; tu sei più pratico... ».
« Non è stato facile — fece il Luigi, mentre con un certo imbarazzo passava e ripassava le dita sui riccioli dell'acquasantiera che se ne stava appesa proprio sopra il comodino — Ognuno aveva da dir la sua... ».
« Naturalmente certi volevano rispondere con gli stessi argomenti... » — aggiunse poco dopo.
« Ecco... » — commentò il padre.
« Ecco, un corno! Come prima cosa, io, li avrei denunciati. Nome e cognome c'erano ».
« Ma per denunciarli... » — cercò di ribatter il Luigi.
« P[...]

[...]cavata con quei bestioni? Perché già, quellilà eran tagliati giù con l'accetta! E anche questa era una cosa che lui non riusciva a capire; vero che, per averli fatti così, il padreterno doveva aver avuto le sue ragioni, ma, lui come lui, al suo posto, i cristiani li avrebbe messi insieme con un po' più di nerbo e di spina dorsale. Dato però che eran quel che erano, una bella iniezione di coraggio ogni mattina non gliel'avrebbe lasciata mancare.
Guardassero lui, lui che non c'era colica, non bronchite, non collasso che riuscisse a stroncarlo. E quello cos'era ? Volontà di Dio, certo, ma anche volontà sua.
« Be', allora vuol dire che vedremo, anzi vedrete 'sti nuovi manifesti... » disse il vecchio al figlio e al nipote che, imbaraz
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zati dal suo modo d'agire, avevan continuato a starsene 11, in silenzio; e questo lo disse poco prima che, dalla cucina, l'Ernesta chiamasse i due uomini perché, in tavola, la minestra era pronta.
« Per me vi dico che non fan bene, ma benissimo », gridò il Carlo, alzando il bicchiere e tra[...]

[...]o, se sta per affogare, aspetti ad avvisarlo quand'è già sotto? ».
« Ma chi sta per affogare ? ».
«Lui! ».
« E se lo dice il Carlo... » — fece la Liberata alzandosi dal tavolo per portar la pigna dei piatti sul ripiano del lavandino.
« Sarà diventato un nuovo Togliatti, lui! » — brontolò la madre.
« E chi parla di Togliatti? Solo che certe cose il Carlo le capisce meglio di noi tutti messi insieme ».
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«Anche per quel che riguarda la storia dei manifesti? » — ribatté la madre.
« Soprattutto per quello » — fece la Liberata.
« E se è per quello — fece il Carlo, puntando di colpo il pugno sul tavolo — sarei disposto a prender il purgante pur di riempirli un'altra volta di merda, i manifesti di quei traditori ».
Dopo quel battibecco, duro e violento, ci fu un lungo silenzio; quindi il padre, tentando di ricominciar la discussione, disse:
« A sentir voi, sembra che io non esista nemmeno. Dico io, con tutta l'esperienza che ho. Perché, cari miei, quando a esser dei nostri, o per lo meno a non esser dei loro, voleva dire [...]

[...]convincerlo a voltar indietro le maniche e a lavorare ?
Mentre l'ago passava e ripassava, ora di qua, ora di lá, lungo la trama della maglia più gialliccia che bianca, in modo che il buco apertosi nella parte più bassa restasse chiuso il più tempo possibile, la Schieppati si chiedeva come avesse potuto metter al mondo un figlio così diverso dagli altri; perché gli altri, se ci pensava... Magari diversi eran anche loro, ma diversi per quel che riguardava il colore dei capelli e degli occhi, il carattere e la forma della faccia, perché per il resto...
Ed ora, eccoli lá, buttati giù tutti e sei, a dormire: quattro
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nella prima stanza, con un posto vuoto; vuoto perché, naturalmente, il Sandrino non era ancor tornato... No, era meglio, meglio che non pensasse dove e con chi adesso si trovava, perché se si fosse lasciata andare a quei pensieri... Quel giorno poi, col temporale che c'era stato!
« Figurati Edvige se avrei il coraggio di venir qui a dirti una cosa come questa, quando non ne fossi più che sicuro! L'ho visto io, [...]

[...]a... » .
« No, ne parliamo adesso! ».
« E allora parla. Ma, se é possibile, senza gridare ».
« Ecco; senza gridare » — fece la madre, aprendo di colpo la porta e intervenendo inaspettata ma decisa nella conversazione.
« La vedi, la vedi chi è la tua protettrice ? — gridò il Carlo preso di contropiede da quell'improvviso intervento; poi, rivolgendosi alla madre — Non è per niente, certo, che vieni fuori da una famiglia di seminaristi... ».
« Guarda come fai a parlare, Carlo! Perché qualunque siano le tue idee, non ti permetterò mai d'insultar nostra madre... ».
L'Antonio s'era avvicinato al fratello e pareva sovrastarlo con tutto il peso della sua mole.
« Perché se quel che impari sui tuoi giornali, e sulle tue riviste é tutto qui, puoi anche far a meno di leggerle! — aggiunse, restando nella stessa posizione — E poi, faccio forse qualcosa contro te e contro le tue idee? E allora! ».
Il Carlo che per un attimo era sembrato sul punto di smarrirsi, si spostò verso la finestra e invece di rispondere, disse:
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« Ma come[...]

[...]he certo sarebbe successo, l'accolse accecante; così non era ancor riuscito a ritrovarsi che la madre gli piantò addosso gli occhi stanchi e disperati facendogli segno di star in silenzio:
«...perché la gente onesta, a quest'ora, è a letto che dorme... »
— disse per finir di spiegarsi.
«
Allora? — aggiunse, una volta che gli fu arrivata talmente vicino da poterne sentir il respiro e col respiro tutto l'odor di bagnato che aveva addosso. — Ma guarda che faccia hai, guarda! »
— aggiunse contro la sua stessa volontà, presa, come fu, dall'aria distrutta e dagli occhi incavati del ragazzo — Se vai avanti così finirai tisico in qualche sanatorio ».
«Ma cosa vuoi che finisca tisico! » — ribatté il Sandrino, alzando le spalle.
« Dunque vuoi dirmi dove e con chi sei stato? Perché appena ne so uno, di nomi, quei maiali li denuncio e faccio metter dentro tutti! ».
« Ma che nomi vuoi che faccia! » — disse per tutta risposta il Sandrino.
« Sembra impossibile che un figlio possa sentirsi far da sua madre delle accuse così e non disperarsi, non piangere; — adesso la Sc[...]

[...] maiali li denuncio e faccio metter dentro tutti! ».
« Ma che nomi vuoi che faccia! » — disse per tutta risposta il Sandrino.
« Sembra impossibile che un figlio possa sentirsi far da sua madre delle accuse così e non disperarsi, non piangere; — adesso la Schieppati parlava con voce soffocata si dal bisogno di non farsi
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sentire, ma piena poi di dolore e d'indignazione — Perché ormai
lo so con precisione; ti posso dir tutto, guarda; e te lo posso dire
per filo e per segno... »
« E allora, dillo ».
« Non far così, Sandrino, non far così con tua madre... »
« Dillo, su, sentiamo, sentiamo cos'è che hai saputo... »
« Ieri, uno dei tuoi zii... »
« Uno dei miei zii ? E cosa vuoi che m'importi, a me, dei
miei zii? »
« Uno dei tuoi zii, lo zio Mario, ecco, lui, ieri, verso sera... »
« Verso sera? »
« T'ha visto... »
« M'ha vista? E dove? »
« Ai Boschetti... »
« Ai Boschetti ?... »
« Si, ai Boschetti, intanto che combinavi con un tale... »
« Ma non farmi ridere! »
« Ah, ti faccio ridere! E allora ascolta: fuori d[...]



da Vasco Pratolini, Firenze, marzo del ventuno in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]hiamo il Pignone! ».
San Frediano, l'avevano messo a posto come nemmeno la Pa lizia c'era mai riuscita; e pigliandolo di sotto e di sopra, dalle spalle e di petto; entrandoci attraverso le Mura, o da Ponte alla
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 9
Carraja, o dai viali, o da Porta Romana. Oppure, passando chiotti chiotti dal ponte Sospeso e girando al largo dal Pignone. Era sempre buio; Masi non li aveva mai visti in viso. Ma perché lui si peritava di guardare, non perché essi nascondessero la faccia. Non li guardava, ma li avrebbe potuti riconoscere, anche loro, uno per uno. Tutti dei ragazzi, comunque, che avevano fatto appena in tempo ad assaggiare la trincea; e si vedeva, non nascevano dal nulla. Del resto, nessuno glielo comandava, di andare a bastonar la gente, a purgarla, a buttare all'aria le Case del Popolo. Se rischiavano, come rischiavano, era per qualcosa più forte di loro, dovevano credere di far bene. E perché erano dei fegatacci e gli piaceva intimorire la gente. Forse, in guerra, erano stati negli Arditi. Andavano e tornavano cantando. Quando stavano zitti, non erano sui camion, erano in[...]

[...]diano. Come tutte k sere, il cielo é un fuoco, percui ci si vede meno che se fosse mezzanotte. I due carabinieri di guardia al ponte, quelli dalla parte del Pignone, non si distinguono proprio, forse più che il riflesso li coprono i piloni. Ma si vede quella gente che sta ferma sulla piazza.
« Cosa stanno per tramare ? », si domandava il Masi.
Egli era più vecchio di quanto non sembrava; al Pignone lo dovevano capire, invece di star 11 fermi a guardarlo, lontani quant'è lungo il ponte che pareva l'avessero più di sempre e soltanto con lui. Era più vecchio dei suoi sessant'anni e dei suoi capelli bianchi, anche se non aveva bisogno del bastone. Gli premeva il posto che occupava; la pensione o lo sborso che l'Impresa, se non l'Impresa il Comune, gli avrebbe dovuto dare. Non s'augurava venisse cotesta ora, si spaventava a pensare come avrebbe impiegato la giornata, ma non voleva, una volta tolto il pedaggio, ritrovarsi senza mangiare. Lui, e quelle due bestie, poverine! Egli era solo al mondo, abitava sul Prato, la moglie gli era morta: Da q[...]

[...] vino, no, il vino, sembrerà una bestemmia, non mi è mai piaciuto. Perciò sei un falso! mi hanno incominciato col dire ». Il veggio in mezzo ai piedi; il ventaglio d'estate; ora se Dio vuole era un'altra volta primavera. « Ed eccomi qui, non so ancora chi è che mi dovrà dare lo sborso o la pensione; so soltanto che tra poco il ponte si chiude, anzi si apre, e io mi ritrovo coi capelli bianchi e preso tra due fuochi, in queste storie che non mi riguardano nemmeno come prossimo. E una bella situazione! ».
Era la situazione, dopo tutto, di chi sta su un ponte che unisce le due rive. Egli non avrebbe fatto onore ai suoi capelli bianchi, quella sera.
« Ce l'hanno anche con me? », si ripeteva. « Ma chi vi conosce, ma chi siete? Questa Gavagnini, l'ho appena sentito mentovare ».
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Loro, si conoscono tutti l'un l'altro, ed è come non avessero viso. Hanno giocato insieme sulle rive del fiume, scavato tesori tra
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le montaegne dell'Isolotto, imitato Buffalo Bill a cavallo di una scopa; il primo bacio, la prima lite, il primo fi[...]

[...]alla i veleni e fa precipitare le buone intenzioni, viceversa, ecco, dopo l'ultima devastazione della Casa del Popolo, si
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sono dati convegno sulla piazza, nelle strade vicine, e aspettano. Non lo sanno nemmeno loro che cosa; ma li aspettano, si vedrà cosa succede. Stanno sugli usci, le donne: le giovani come le anziane; o alle finestre, appoggiate sui gomiti, e tenendosi una mano sul petto, senza dirsi una parola. Guardano i loro uomini riuniti a gruppi sulla piazza, agli angoli di via dell'Anconella e via Bronzino, davanti alle botteghe e al caffé, le spalle contro gli stipiti delle porte, contro i muri, anche loro in silenzio. E né le une gli raccomandano di non trascendere, né gli altri di rientrare nelle stanze. Soltanto i ragazzi, che non sono tuttavia sul fiume questa sera, né sugli argini o i prati delle Cascine, ma li, intorno, sulla piazza e nelle strade, gridano scavalcandosi a turno sulla schiena, in un giro tondo che non è più quello che facevano da bambini. Le loro voci sottolineano quel silenzio[...]

[...]verbiale, gli son contrarie. Tanto meno ci hanno qualcosa da. guadagnare. Cotesta attesa non li intimorisce e non li esalta. Sai, quando il cuore é diventato pietra e ne senti il peso? Masticano il mezzo toscano, accendono la sigaretta, sbucciano i due soldi di lupini che hanno comperato; o si aggiustano i capelli dietro la nuca, le camicette sul seno, i grembiulini di casa sopra la vita. E questi e quelle sembrano sfuggirsi anche con gli occhi, guardano davanti fisso, ciascuno di loro, come occupato da un pensiero che è come una parola d'ordine che ciascuno dà a se stesso, non venuta di fuori, non fatta circolare. Ma sua propria, privata. Ed in questo silenzio, in questa immobilità, in questa attesa, è come se si levasse un dialogo, a due e a cento voci, una lamentazione. Un coro.
« Non è possibile, non é vita ».
«Non si tiene più il fiato ».
« Non va mai giù il boccone ».
« Non si dorme la notte ».
« Sembra d'avere il cuore dentro un imbuto ».
« È una disperazione ».
« Da due anni non si sa più quello che pub succedere quando fa bu[...]

[...] dentro una delle macchine. « O questa ? » egli non ebbe il tempo di chiedersi. Istintivamente si era portato a ridosso del suo stabbiolo; e uno di quei fascisti credé si volesse nascondere. Costui, Masi non lo aveva mai visto, gli poggiò la rivoltella alla bocca dello stomaco, ma subito dalle sue spalle, Folco Malesci gridò: « È un amico, ve l'ho detto, lascialo stare. E tu Masi, a cuccia e buono, via! ». Masi non si mosse da dove si trovava. « Guarda lacchezzo ch'è questo », perciò. "Questione di minuti secondi", avrebbe detto poi. Una barca si era staccata dalla riva, con due uomini sopra, uno che spingeva la pertica come un dannato e uno, anche lui in piedi, faceva
22 VASCO PRATOLINI
dei segnali, come per dire a quelli del Pignone: "Eccoli, sono arrivati". Quei fascisti, dalla spalletta, li presero di mira con le rivoltelle, ma la barca era digiá fuori di tiro, mentre due fucilate fecero eco dalla parte della piazza, dove gli altri due carabinieri che ci stavano di guardia avevano sparato in aria. La folla si era mossa, ed essi ripieg[...]

[...]i fronteggiavano. Il ponte ancora li divideva.
La folla si era attestata, faceva massa, come se una sbarra le impedisse di avanzare. Lontana tutta la lunghezza del ponte, non si decifrava, tra cotesta calca, un solo viso, ma tanti visi presi nel riflesso del sole, e quei berretti, i cappelli: i vestiti delle donne risaltavano per via dei colori. Da questa parte, i fascisti si erano a loro volta radunati, Folco era al centro; e per un momento si guardarono come per contarsi. Il Masi li aveva digiá contati. Erano dieci, undici, mancava quello dai basettoni, e un paio erano rimasti accanto alle automobili e per tenere d'occhio i carabinieri che vi si trovavano legati. Soltanto due erano in divisa: il Pomero con la camicia nera dalle maniche rimboccate, i pantaloni da ufficiale, i gambali gialli; e uno basso, dai baffi e dai capelli neri, lo stesso che lo aveva assalito e che sembrava essere il più anziano di tutti, ma anche quello che contava meno. Stava alle spalle di Folco e quasi non si vedeva. Gli altri, erano in borghese, alcuni con la c[...]

[...]nella sua vita, gli fece gelare il sangue nelle vene. Erano trascorsi dieci minuti, nemmeno, dall'arrivo dei fascisti, e tutto finora, si era svolto « in un battibaleno, come un volo di pallonetto che con l'occhio non gli stai dietro ». Ora incominciavano i secondi dieci minuti, un quarto d'ora che sarebbe sembrato eterno, e poi, « poi da mettersi le mani sugli occhi davvero ».
Stasera vi si concia per le feste », urlò il Pomero.
E Folco: « Ho guardato l'orologio, sappiatevi regolare ».
Ma in quello stesso momento, come da dietro un gran velo di tulle, di caligine, di bruma, uscendo dall'ombra della piazza dove già era calata la sera, e sbucando sul ponte ancora colpito dai barbagli di sole, la gente del Pignone avanzava lentamente, compatta, unita, si sarebbe detto facendosi catena con le mani. Il ponte era largo cinque metri, ed essa lo riempiva, da questo a quel parapetto, dall'una all'altra grata. Erano un centinaio di persone, forse, o poco più, ma cosí strette, affiancate, parevano un esercito, un'armata. Delle donne stavano nelle [...]

[...]he l'accecava, egli sparò due, tre volte ancora. Nella folla si apri un varco; tra urli e grida, essa si divise in due file, e sbandò e si sparse verso la piazza donde era partita. Miracolosamente, la metà del ponte rimase vuota; nessuno sotto quei colpi era caduto. Ora, dall'altro capo del ponte, impugnando i moschetti dei carabinieri, accorrevano i due fascisti rimasti di guardia, e gridavano: « Stanno passando sull'Arno. Ci vogliono aggirare. Guardate, sono sui barconi ».
«Li».
«Li».
«Li».
A un ordine di Folco, la squadra era indietreggiata: protetta dai tralicci del ponte, sparava coi moschetti e i revolver sui barconi. Folco si riparava sul fianco del pilone, quasi accanto al Masi, più che mai spiaccicato contro il suo stabbialo. Il vecchio balbettò, tra l'uno e l'altro scatto dell'otturatore: «Li ho avvistati io, ingegnere. Lora, questi suoi amici, non se n'erano accorti ».
I tre barconi di renaiolo, erano carichi di gente che agitava i pugni e le mazze, facevano manovra per sfuggire alle moschettate e portarsi al largo. Uno fu s[...]

[...] hanno perso né un berretto né un pelo ". Folco stava all'ingresso del ponte, col Pomero accanto e dall'altro lato il fascista tutto pece. E come se soltanto allora lo scoprisse vicino: « Bella prodezza, vero? » Folco gli disse, d'improvviso, accompagnò con due schiaffi, " uno per gota ", le sue parole.
Nessuno si mosse; costui restò come mummificato. Ma subito dopo, fece un passo indietro, la rivoltella in mano: «Toglietevi di mezzo », urlò. « Guarda Malesci, ti fo fare la fine di quello dianzi, sai ? Tieni ».
La rivoltella scattò a vuoto.
« Non c'era nemmeno la pallottola. Le hai tutte sprecate », lo irrise Folco.
« Anch'io », disse il Pomero, « non ho più un colpo ».
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E i moschetti erano ormai scarichi; i carabinieri si erano portati via le giberne che non gli avevan levato. Gli altri, qualche colpo potevano spararlo ancora e Tarbé, nella tasca, ci aveva, siccome disse, due caricatori.
« Ma anche se tu avessi due ore di fuoco », disse Folco e apri lo sportello di una delle automobili, che gli apparteneva. « Via, [...]

[...]andonava il posto avanti dell'orario.
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Solo, in disparte, era rimasto Tarbé. Il berretto tirato sulla fronte ora, gli occhi balenanti acciaio, si rivolse a Folco, e li fermò tutti:
« Scappate così? Siete dei bei pusillanimi ».
Folco scese dalla macchina e lo affrontò. « Vuoi un par di schiaffi anche te? Su, fila ». Lo trascinò per il braccio: « Cosa vuoi fare? Un'altra bambinata ? ».
Tarbé gli resistette; e Folco, come ritrovando la calma, guardandolo negli occhi, gli disse: « Ogni secondo che si resta qui, se non si rischia la pelle, ci si va vicino. Quelli stanno salendo dalle Cascine col barcone, e sulla piazza... ».
« Insomma tu scappi », Tarbé disse.
« Non scappo, non sono mai scappato. Non dubitare che ï conti li regolo anche da me solo. È gente mia, e la voglio vedere con la bocca per terra. A cominciare da stanotte quando tornerò a casa, per tua norma, capito? ».
FIRENZE, MARZO DEL VENTUNO 29
« Ma intanto scappi ».
« Qui non siamo sul ponte di una nave, Tarbé, siamo su un ponte d'Arno ».
«Ma scappi. Scappi [...]

[...], succede una carneficina ».
« Perciò tu li prendi isolati. In tre, in dieci contra una pecora. Così fate la rivoluzione ».
« Basta Tarbé! », urlò Folco. « Se per via del tuo nome tu sei qualcuno, anch'io sono qualcuno, anche mio padre. E la sua roba ce l'ha al Pignone, non alle Cure, capito ? ».
« Io con mio padre non ho rapporti. Ho fatto cinque anni di marina apposta, senza gradi ».
«E io ho fatto... ».
« Ma scappi ». Guardava Folco con quei suoi occhi che sembravano non vedere, grigi ora, fermi, lo derideva. « Davanti a delle pecore. Se gli fai un bercio, scompaiono. Non l'hai visto dianzi? E tu sei tanto vigliacco, tutti voialtri sareste tanto vigliacchi, da scappare davanti a chi é più vigliacco di voi? Li affronto io solo ».
« Ti sei appena congedato, Tarbé. Questa é la tua prima azione. Non puoi sapere come stanno le cose », disse Folco.
Tarbé sembrò non sentirlo. Sorrise, " ma con la faccia amara che li disprezzava ". Disse:
« Voglio vedere tra voialtri e loro chi ha più paura ».
Cavò di[...]

[...] Folco che lo tratteneva, e impugnando la rivoltella, lui da solo, come aveva detto, Tarbé si era mosso incontro alla folla, aveva superato i piloni, lo stabbialo dove il Masi si faceva pagare il pedaggio, era dieci, venti passi lontano. Lo si vedeva di schiena, la giacca troppo lunga gli ricadeva sulle spalle e sembrava infagottarlo, avanzare lento ma deciso. Folco era rimasto a capo del ponte, pensava che di fronte alla pazzia di Tarbé, ormai, guardargli le spalle da coloro che stavano per aggirarli dalla parte delle Cascine, era il solo aiuto che gli si poteva dare. Nondimeno: « Tarbé! », gridò. « Torna indietro ».
Si era fatto silenzio: nell'aria limpida della sera, non volava una rondine, un moscone; si poteva sentire, lieve, uno sciacquio, l'Arno che urtava contro gli argini, che andava calmo e veloce sotto il ponte, tutto verde ora e via via sempre meno screziato dalla spuma di cui si ricopriva, precipitando dalla pescaja, lá dove, cento metri distante, costeggiava San Frediano e le prime case del Pignone.
« Torna indietro, Tarbé! [...]

[...]za un grido, precipitò nel fiume. « Andò giù ritto come si trovava »; l'Arno sembrò aprirsi e rinchiudersi. E la gente, non ancora paga, ma sempre più riducendosi le sue file, corse ai due capi del ponte, discese sugli argini, per vederne la fine. Qualcuno era saltato sui barconi e spingeva sotto al ponte. Per un momento, ed era ormai sera, ci fu un silenzio, questa volta pauroso, ossessionante. Il corpo non era riaffiorato. Già costoro forse si guardavano negli occhi, « gli tornava l'uso della ragione », quando da uno dei barconi sul fiume, si alzò un urlo, un grido:
« Eccolo là! Vuole scappare! ».
Alle ultime luci della sera, sotto il chiarore lunare, si vide, rasente l'argine delle Cascine, apparire il corpo di Tarbé, «morto, certo, galleggiava, ma davvero sembrava che nuotasse e intendesse scappare dalla parte dell'Isolotto ». Lo raggiunsero, e quelli che stavano sull'argine, e quelli che si trovavano sul fiume; lo colpirono con le pertiche dai barconi, coi sassi, sulla testa, sul dorso, finché il corpo di Tarbé, « ora nient'altro che[...]



da Alberto Moravia, La ciociara in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]o tondo per mangiare, e una credenza per tenerci i piatti, tutti di porcellana fina quest'ultimi, col bordo d'oro e un disegno di frutta e fiori nel fondo. Mio marito scendeva la mattina presto al negozio e io facevo le pulizie. Strofinavo, spazzolavo, lucidavo, spolveravo, pulivo ogni angolo, ogni oggetto : dopo le pulizie la casa era proprio uno specchio e dalle finestre che ci avevano le tendine bianche veniva una luce tranquilla e dolce e io guardavo le stanze e vedendole così ordinate pulite e lucide, con tutta la roba al suo posto, mi veniva non so che gioia nel cuore. Ah, com'è bello avere la casa propria, che nessuno c'entra e nessuno la conosce, e si passerebbe la vita a pulirla e ordinarla. Finite le pulizie, mi vestivo, mi pettinavo con cura, prendevo la sporta e andavo al mercato per fare la spesa. Il mercato era li a pochi passi da casa, e io giravo tra le bancarelle, per piú di un'ora, non tanto per comprare, perché gran parte della roba ce l'avevamo al negozio, ma per guardare. Giravo tra le bancarelle e guardavo tutto, la fr[...]

[...]eniva non so che gioia nel cuore. Ah, com'è bello avere la casa propria, che nessuno c'entra e nessuno la conosce, e si passerebbe la vita a pulirla e ordinarla. Finite le pulizie, mi vestivo, mi pettinavo con cura, prendevo la sporta e andavo al mercato per fare la spesa. Il mercato era li a pochi passi da casa, e io giravo tra le bancarelle, per piú di un'ora, non tanto per comprare, perché gran parte della roba ce l'avevamo al negozio, ma per guardare. Giravo tra le bancarelle e guardavo tutto, la frutta, le verdure, la carne, il pesce, le uova : me ne intendevo e mi piaceva calcolare i prezzi e i guadagni, valutare la qualità, scoprire gli imbrogli e i trucchi dei venditori. Mi piaceva pure discutere, soppesare la roba, lasciarla li e poi ritornare e discutere ancora e alla fine non prendere nulla. Qualcuno di quei venditori mi faceva anche la corte, lasciandomi capire che mi avrebbe dato la roba gratis se gli davo retta; ma io gli rispondevo in modo che capiva subito che non aveva a che fare con una di quelle. Sono sempre stata fiera e ci vuol poco a farmi montare il sang[...]

[...]Rosetta: « Speriamo che ora vincano presto la guerra e che si possa mangiare di nuovo ». Era il mese di settembre e una mattina mi dissero che c'era una distribuzione di uova dalle parti di via della Vite. Ci andai, e c'erano infatti due camion pieni di uova. Ma non distribuivano niente e c'era un tedesco in mutande e in camiciola, con il fucile mitragliatore a tracolla che sorvegliava lo scarico delle uova. La gente intorno si era raggruppata e guardava scaricare le uova senza dir nulla, ma con gli occhi fuori della testa, da veri affamati qual erano. Il tedesco si vedeva che aveva paura che gli saltassero addosso perché non
LA CIOCIARA 51
faceva che voltarsiintorno, la mano sul fucile mitragliatore, con certi salti di lato come una ranocchia in riva ad un pantano. Era giovane, grasso e bianco, tutto arrossato per il sole, con le scottature sulle cosce e sulle braccia come dopo una giornata passata al mare. La gente vedendo che le uova non le distribuivano, cominciò a mormorare prima piano e poi sempre più forte e il tedesco allora che s[...]

[...]he stavo cucinando, con non ricordo piú che pretesto
e sedette in cucina mentre io stavo dietro ai fornelli e cominciò a parlare del più e del meno e alla fine venne a parlare di mio marito. Io credevo che fossero amici e perciò immaginatevi la—raia sorpresa quando, tutto ad un tratto, lo udii dire: «Ma di un po' Cesira, che te ne fai di quella carogna? ». Disse proprio così :
« carogna » e io quasi non credetti alle mie orecchie e mi voltai a guardarlo: stava seduto, dolce, tranquillo, il sigaro spento all'angolo della bocca. Soggiunse poi: « Intanto non si regge in piedi
e uno di questi giorni muore.., e poi a forza di andare con le mignotte, viene la volta che ti attacca qualche brutta malattia ». E io: «E chi lo vede e chi lo sente, mio marito? quando rincasa la sera, si caccia a letto e io mi volto dall'altra parte e buona notte ». Allora lui disse, o mi pare che disse: «Ma tu sei ancora giovane, che, vuoi fare la monaca? sei giovane e hai bisogno di un uomo che ti voglia bene ». Io gli domandai: « A te che te ne importa? Io non ho [...]

[...]o quasi sicura, però che lui mi propose di far l'amore con lui; e sono anche quasi sicura che quando gli risposi: « non ti vergogni? Vincenzo é tuo amico »; lui rispose: « Macché amico. Non sono amico di nessuno, io ». E poi, potrei giurarlo, mi disse che se io lo portavo in camera da letto e gli aprivo le gambe, lui mi avrebbe dato del denaro. E aprì il portafogli e lì, sul tavolo di cucina, cominciò a posare l'uno dopo l'altro tanti biglietti, guardandomi fisso e ripetendo: « metto ancora? oppure basta? ». Finché, mi sembra che senza arrabbiarmi gli dissi che se ne andasse. E lui raccolse i biglietti e se ne andò. Tutto questo certamente avvenne, perché non potrei essermelo inventato, ma il giorno dopo lui non ne fece parola e neppure nei giorni seguenti, mai piú. E il, suo contegno era tornato quello di sempre, semplice, affettuoso, dolce, così che io cominciai a domandarmi se per caso me l'ero sognato che lui chiamava carogna mio marito e mi proponeva di andare a letto con lui e posava il denaro sul tavolo di cucina. Con gli anni questo[...]

[...] cielo si fa nero per un temporale e le foglie degli alberi si rivoltano tutte dalla stessa parte e le pecore si mettono l'una contro l'altra e con tutto che sia estate, da non so dove viene un vento freddo che soffia rasente terra: avevo paura ma non sapevo di che;
e mi stringeva il cuore al pensiero di lasciare la mia casa e il mio
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negozio cose se avessi saputo di certo che non l'avrei mai più rivisti. Dissi però a Rosetta: a Guarda di non portare tanta roba che saremo fuori non più di due settimane e fa ancora caldo >>. Eravamo infatti verso il quindici di settembre e faceva molto caldo, più degli altri anni.
Così riempimmo due piccole valigie di fibra, per lo più di panni leggeri e ci mettemmo soltanto un paio di maglie per il caso che facesse freddo. Per consolarmi della partenza adesso non facevo che descrivere a Rosetta le accoglienze che mi avrebbero fatto i miei genitori al paese: « Vedrai che ci faranno mangiare fino a scoppiare... ingrasseremo e ci riposeremo... in campagna tutte queste cose che rendono diffici[...]

[...] per ambre di quell'angiolo mi calmai, sebbene con sforzo e risposi: « Si, ma intanto noi dobbiamo andarcene da casa nostra e chissà che cosa succederà ancora ».
Quel giorno soffrii le pene dell'inferno. Non mi pareva più di essere me stessa : ora ripensavo a quello che era successo con Giovanni e al pensiero di avergli ceduto proprio come una zoc cola di strada, tutta vestita, sulle balle di carbone, mi sarei morsa le mani dalla rabbia; ora mi guardavo intorno per la casa che era stata la mia casa per vent'anni e adesso dovevo lasciarla e mi sen
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tivo disperata. In cucina il fuoco era spento, nella camera da letto dove dormivo nel letto matrimoniale insieme con Rosetta, le lenzuola erano rovesciate in disordine e io non mi sentivo la forza di rimettere a posto il letto, in cui sapevo che presto non avrei più dormito né di accendere il fuoco nei fornelli che da domani non sarebbero più stati i miei fornelli e io non ci avrei più cucinato. Mangiammo senza tovaglia, sul tavolo, pane e sardine; ogni tanto guardavo a Rosetta, c[...]

[...]. In cucina il fuoco era spento, nella camera da letto dove dormivo nel letto matrimoniale insieme con Rosetta, le lenzuola erano rovesciate in disordine e io non mi sentivo la forza di rimettere a posto il letto, in cui sapevo che presto non avrei più dormito né di accendere il fuoco nei fornelli che da domani non sarebbero più stati i miei fornelli e io non ci avrei più cucinato. Mangiammo senza tovaglia, sul tavolo, pane e sardine; ogni tanto guardavo a Rosetta, così triste, e allora il boccone mi si fermava in gola perché mi faceva pena e avevo paura per lei e pensavo che non era stata fortunata a nascere e vivere in tempi come questi. Verso le due ci buttammo sul letto, sopra le coperte disfatte, e dormimmo un poco; o meglio dormi Rosetta, tutta acciambellata contro di me e io invece stetti ad occhi aperti pensando tutto il tempo a Giovanni, ai sacchi di carbone e alla manata che lui mi aveva dato sul sedere e alla casa e al negozio che stavo per lasciare. Finalmente suonarono alla porta e io mi sottrassi dolcemente al peso di Rosetta [...]

[...] disse nulla. Passò nell'anticamera pronunziando a fior di labbra : « Allora, facciamo questa consegna ».
Andai in camera da letto e presi un foglio sul quale avevo fatto scrivere a Rosetta tutta la roba che ci avevo nella casa e nel. negozio. Avevo fatto scrivere anche i più piccoli oggetti non tanto perché non mi fidassi di Giovanni ma perché é bene non fidarsi di nessuno. Così prima di cominciare l'inventario dissi a Giovanni, seria seria: « Guarda che questa è tutta roba sudata che io e
mio marito ci siamo guadagnati in vent'anni di lavoro sta at
tento, fammela ritrovare tutta, ricordati che un chiodo che é un
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chiodo qua dentro non ci deve mancare al mio ritorno ». Lui sorrise e disse: « Sta tranquilla, ritroverai tutti i tuoi chiodi ».
Cominciai dalla camera da letto. Avevo fatto due copie della lista, una la teneva lui e una Rosetta e io via via gli indicavo gli oggetti. Gli mostrai il letto, a due piazze, di ferro dipinto uso legno, tanto bello, con tutte le venature e i nodi del legno che uno lo scambiava pr[...]

[...]macchina da cucire. Qui gli feci toccare con mano il tavolo rotondo, di noce scuro con il centrino ricamato, e un vaso di fiori compagno a quello della camera da letto e le quattro seggiole nel mezzo con il velluto verde e poi aprii la credenza e gli contai pezzo per pezzo tutto il servizio di porcellana a fiori e ghirlande, tanto bello, completo per sei, che ci avevo mangiato sì e no due volte in tutta la mia vita. L'avvertii a questo punto : « Guarda che questo servizio ce l'ho caro quanto la luce degli occhi... tu
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rompimelo e poi vedrai ». Lui rispose sorridendo: « Sta tranquilla ». Continuando l'elenco gli mostrai tutti gli altri oggetti: le due stampe con i fiori, la macchina da cucire, la radio, il divanetto di reps con le sue due poltroncine, la rosoliera di vetro rosa e azzurro con i sei bicchierini, qualche altra bomboniera e scatola, un bel ventaglio che avevo inchiodato al muro, tutto dipinto a colori, con una vista di Venezia. Poi passammo in cucina e qui gli contai pezzo per pezzo tutto il vasellame e le pentol[...]

[...]e e ne faranno di tutti i colori ». « Come sarebbe a dire? ». « Beh, la roba e poi le donne ». Allora io dissi: « Voglio vedere chi avrà il coraggio di toccarmi ». Dal buio una voce che era quella di un certo Proietti, fornaio, un uomo stupido da non si dire e sempre molto greve nel linguaggio, che io non avevo mai potuto soffrire, disse con una risata: « A te magari non ti toccheranno perché sei troppo vecchia... ma tua figlia, si ». Risposi: « Guarda come parli... io ci ho trentacinque anni perché mi sono sposata a sedici e troppi ce ne sono che vorrebbero sposarmi... se non mi sono risposata, é che non ho voluto ». « Si », rispose lui, « la volpe e l'uva ». Io dissi allora, proprio arrabbiata : « Tu pensa piuttosto a quella mignotta di tua moglie... lei le corna te le mette già adesso che non ci sono i paracadutisti... figuriamoci quando ci saranno ». Credevo che la moglie fosse al paese, erano di Sutri e io l'avevo vista andar via qualche giorno prima; invece, guarda combinazione, stava anche lei nel rifugio e io non l'avevo veduta per [...]

[...] e troppi ce ne sono che vorrebbero sposarmi... se non mi sono risposata, é che non ho voluto ». « Si », rispose lui, « la volpe e l'uva ». Io dissi allora, proprio arrabbiata : « Tu pensa piuttosto a quella mignotta di tua moglie... lei le corna te le mette già adesso che non ci sono i paracadutisti... figuriamoci quando ci saranno ». Credevo che la moglie fosse al paese, erano di Sutri e io l'avevo vista andar via qualche giorno prima; invece, guarda combinazione, stava anche lei nel rifugio e io non l'avevo veduta per via del buio. Ma la sentii subito urlare: « Mignotta sarai tu, brutta zozza, vigliacca, disgraziata » e poi sentii che lei acchiappava per i capelli Rosetta credendo che fossi io e Rosetta urlava e quella la menava. Allora, sempre al buio, mi slanciai su di lei e così rotolammo in terra, dandoci le botte e strappandoci i capelli mentre tutti gridavano e Rosetta piangeva e si raccomandava e mi chiamava. Insomma dovettero dividerci, sempre al buio, e credo che anche ai pacieri toccò qualche botta, perché, tutto ad un tratto, [...]

[...]si dire. Io mi tenevo Rosetta abbracciata, con la testa contro il mio petto, e ad un tratto, forse perché ci avevo la testa contro il petto, mi ricordai di quando era piccola e io l'allattavo, e avevo il petto gonfio di latte, come sempre noialtre ciociare che siamo conosciute come le meglio balie del Lazio e lei poppava tutto quel latte e diventava più bella ogni giorno ed era proprio un fiore di bellezza che la gente per la strada si fermava a guardarla
e mi dissi ad un tratto che sarebbe stato molto meglio che non fosse mai nata, se doveva poi vivere in un mondo come questo, tra gli affanni, i pericoli e la paura. Ma poi mi dissi che queste sono le idee che vengono di notte e che era peccato pensare queste cose e al buio mi feci il segno della Croce e mi raccomandai a Gesù e alta Madonna. Udii un gallo cantare nell'appartamento vicino che era l'appartamento di una famiglia che teneva tutto un pollaio nel cesso
e pensai allora che presto sarebbe stato giorno e credo che mi addormentassi.
Fui svegliata di soprassalto dal campanello dell[...]

[...]o da un pezzo. Mi alzai al buio e andai nell'anticamera e aprii ed era Giovanni che entri dicendo: « salute che sonno... sarà un'ora che suono ». Ero in camicia e io ci ho il petto ancora adesso erto, che sta su senza reggiseni e allora ce l'avevo ancora più bello con le zinne pesanti
e solide e i capezzoli che si rivoltavano in su come se volessero per forza farsi notare sotto la tela della camicia e subito vidi che
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lui mi guardava al petto e che gli occhi gli si accendevano sotto le sopracciglia come due pezzi di carbonella sotto le ceneri. Capii che lui stava per acchiapparmi le zinne e gli dissi subito, tirandomi indietro: « No, Giovanni, no... per me tu non esisti più e devi dimenticare quello che è successo... se tu non fossi già sposato, ti sposerei... ma sei sposato e tra di noi non deve più esserci niente ». Lui non disse né si né no, ma si vedeva che si sforzava di controllarsi. Alla fine ci riuscì e disse con voce normale: «Hai ragione... ma speriamo che quella schifosa di mia moglie muoia durante questa gue[...]

[...] denaro non ci si pub fidare di nessuno. Nell'ingresso sollevai la gonnella e misi il denaro dentro una tasca di tela che avevo cucito apposta. Quindi raggiunsi Giovanni e Rosetta nella strada.
Alla porta c'era una carrozzella, perché Giovanni non aveva voluto servirsi del camion del carbone per paura che potessero requisirlo. Giovanni ci aiutò a salire e poi sail anche lui. La carrozza si mosse e io non potei fare a meno di voltarmi indietro a guardare verso il quadrivio e verso la mia casa e il mio negozio, perché avevo un presentimento brutto che non li avrei mai piú rivisti. Non era ancora giorno, ma non era più notte, l'aria era grigia e in quest'aria grigia vidi la mia casa che faceva angolo nel quadrivio, con tutte le finestre chiuse e a pianterreno il negozio con le serrande abbassate. Di fronte c'era un'altra casa che faceva angolo anche quella e ci aveva al secondo piano una nicchia a medaglione, con la immagine della Madonna sottovetro, circondata di spade d'oro e con un lumino acceso perpetuamente. Pensai che quel lumino che ar[...]

[...]ivio mi erano cari, forse perché ci avevo passato tutta la vita e quando li avevo veduti per la prima volta ero ancora giovinetta e adesso ero una donna fatta, con una figliola già grande. Dissi a Rosina : « Non la guardi casa nostra, non lo guardi il negozio? » e lei rispose: « Mamma, sta tranquilla, tu stessa hai detto che torniamo tra un paio di settimane ». Io sospirai e non dissi nulla. La carrozza prese verso il Tevere e io mi voltai e non guardai più al quadrivio.
Tutte le strade erano vuote, con l'aria grigia in fondo alle strade che pareva il vapore del bucato quando i panni sono molto sporchi. In terra la guazza faceva luccicare i selci che parevano di ferro. Non passava un cane, anzi passavano soltanto i cani: ne vidi cinque o sei brutti affamati e sporchi che annusavano ai cantoni e poi pisciavano contro i muri dai quali pendevano lacerati i manifesti a colori che incitavano alla guerra. Passammo il Tevere a Ponte Garibaldi, percorremmo via Arenula, passammo l'Argentina e piazza Venezia. Al balcone del palazzo di Mussolini pend[...]

[...]dell'ingresso e si misero accanto alle porte, col viso chiuso nei caschi di cuoio nero e le mani sulle pistole che tenevano al cinturone. Tutto ad un tratto mi mancò il respiro dalla paura e prese a battermi forte il cuore perché pen sai che quei motociclisti neri fossero venuti alla stazione per bloccare gli ingressi e arrestare tutti quanti, come spesso facevano e poi portavano via la gente nei loro camion e non se ne sapeva piú nulla. Così mi guardai intorno quasi cercando una via di uscita per scappare. Ma poi vidi che all'ingresso, dalla parte dei treni, arrivava un gruppo di persone mentre altri ripetevano: « largo, largo » e capii che quei motociclisti erano li per l'arrivo di qualche personaggio importante. Non lo vidi perché la folla me l'impediva, ma dopo un poco riudii il fracasso di quelle maledette motociclette e capii che se ne erano andati dietro la macchina di quel personaggio.
70 ALBERTO MORAVIA
Giovanni venne a prenderci, coi biglietti in mano dicendoci che erano biglietti fino a Itri : di qui poi, per le montagne, avrem[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte seconda: Dichiarazione sull'operato della polizia in Orgosolo [testimoni Maria Antonia Filindeu (27 anni), Maria Antonia Rubano (21 anni), Teresa Piras fu Pietro(70 anni), Giovanna Vedele di Carlo in Sini(60 anni), Maria Corbeddu di Giuseppe e di Corrias Maria (49 anni),Maria Floris in Menneas(52 anni),Giuseppina Fogu in Murgia(43 anni), Pietro Sorighe fu Giuseppe(72 anni),Giuseppe Moscau fu Andrea(45 anni,pastore),Natale Davoli fu Leopoldo(48 anni,bracciant... in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]non ha risposto: e ci ha avuto l'ergastolo. Mio povero Francesco! Da due anni e mezzo ad Oristano, sempre in cella! I soldi che si lavorano qui le donne, come schiave, tre figlie, sono per lui. Abbiamo abbandonato tutto, senza mangiare, pur di andare a vederlo. Ci hanno mandati all'elemosina.
Mio marito, il padre, di 85 anni si è paralizzato. Quando è stata condannato il figlio, il 2 di agosto, lo ha preso paralisi dorsale. E ha perso il senno. Guardatelo, a terra: tosse, dolore. Lo stanno mandando al camposanto.
Il 25 maggio, quest'anno, rientravano a Siniscola dalla Gallura gli altri miei figli, Michele e Gabriele. Per la situazione brutta del paese, da 4 anni se ne stavano lontani perché erano terrorizzati. Gabriele guardava le pecore quando gli sono saltati addosso nella campagna, Michele stava in paese a comprare caglio, e arrestano pure lui. Li accusano di una rapina che è successa chi sa dove. Hanno chiesto informazione anche ai ricchi del paese c le hanno avute buone: due ragazzi onesti.
Sono già da un mese alla prigione. Il bestiame quasi abbandonato, a chi lo vuole. Dovevamo mandare un fratello, ma ci abbiamo man
184 FRANCO CAGNETTA
dato un manovale, intanto. Sanno tutti che sono ragazzi onesti. Li guardava uno zio di Siniscola! E i miei figli non erano piú orgolesi. Meschini! Si erario dovuti fare es[...]

[...]ella campagna, Michele stava in paese a comprare caglio, e arrestano pure lui. Li accusano di una rapina che è successa chi sa dove. Hanno chiesto informazione anche ai ricchi del paese c le hanno avute buone: due ragazzi onesti.
Sono già da un mese alla prigione. Il bestiame quasi abbandonato, a chi lo vuole. Dovevamo mandare un fratello, ma ci abbiamo man
184 FRANCO CAGNETTA
dato un manovale, intanto. Sanno tutti che sono ragazzi onesti. Li guardava uno zio di Siniscola! E i miei figli non erano piú orgolesi. Meschini! Si erario dovuti fare estranei, stranieri.
Una situazione come questa di Orgosolo non esiste in tutto il mondo. Dentro li buttano. Non gli fanno male magari: ma non si sa quando li fanno uscire. La Giustizia sta bene : siamo noi che bene non stiamo. Mandano una famiglia all'elemosina, poi fanno un inchino, fanno uscire i figli, e senza dire: scusa. Questa non è una Giustizia, è una giustizia maledetta!
Dite al Ministro che c'è un'indagine falsa qui. Va sempre peggio. Fate per bene nostro una volta tanto! C'è qui in gal[...]

[...] Sto ad Orgosolo ma lavoro a provincia di Sassari: qui ho il bestiame a ingrasso. Chiedo il permesso di andare là alla Questura di Orgosolo e mi dicono: « Per te comanda Sassari. Il commissario di Orgosolo ha scritto a Nuoro e il Questore ha saputo che tu dipendi da Sassari. Non possiamo fare nulla ». Scrivo a Sassari, in carta bollata — quanti soldi sudati — e mi rispondono: « Di te non ci interessa. Tu sei di Orgosolo e sono loro che ti devono guardare. Piuttosto dicano e si accusino che si sono sbagliati ». Così il giudice Masula. Chiedo a febbraio un permesso per andare a vedere i porci miei, e questi, senza commuoversi, me l'hanno rifiutato. Per questo solo ho perduto 150 mila lire, che avevo a venderli, e può giurarlo un negoziante che li acquistava, Melis Antonio di Salargios. Rifaccio la domanda in carta da bollo e me l'hanno rifiutato. Avevo una cavalla in prossimità di SassariPattada, S. Nicolò, e mi hanno negato pure di andare a trovarla, ossia fare una visitina. La cavalla, soletta, se ne é andata sotto il treno, e così la ho do[...]

[...]ammazzato mai a nessuno ». « La guardia Tessoni é stata morta alle 11, stamattina ». « E alle 11 io stavo a chiedervi il permesso per andare a Nuoro ». Mi hanno mandato in camera di sicurezza e mi hanno fatto vedere spuntare il giorno 4 volte. Mio fratello era andato a parlare ed a dire che stavo in casa tutto il giorno. « E noi gli diamo l'ergastolo. Ed a te pure ». « Se aveva ucciso era latitante, e non in
INCHIESTA SU ORGOSOLO 199
casa ». « Guarda che baffi grossi che ho — dice il maresciallo. — Ci ho dei baffi così grossi che ti devono fare paura ». E pugni sulla tavola. « Fate di vostra coscienza. E il giusto. Ci avete una famiglia ». E poi il 4 viene la macchina e mi porta a Nuoro, in carcere.
Il maresciallo andava a casa dell'ucciso, dalla madre: «È stato Mereu ». « Io volevo bene a questo mio figlio. Sono morta come lui. Voglio che prendete chi ha ucciso. Ma io non voglio mettere in galera chi non lo ha ucciso, questo innocente ».
II 12 di aprile é venuto il giudice istruttore a interrogarmi. Ero dieci giorni alla cella e avevo [...]

[...]to Mereu ». « Io volevo bene a questo mio figlio. Sono morta come lui. Voglio che prendete chi ha ucciso. Ma io non voglio mettere in galera chi non lo ha ucciso, questo innocente ».
II 12 di aprile é venuto il giudice istruttore a interrogarmi. Ero dieci giorni alla cella e avevo solo un'ora e tre quarti di sole. Il giudice Garedda mi ha fatto dire tutto quello che é successo in parole, poi si mette a scrivere e a raccontare quanto ho detto. « Guardate, giudice, non fate una ingiustizia contro di me. Sono innocente! Lo sanno tutti a Orgosolo e lo ha detto la madre del Tessoni ». Il giudice mi ha detto: « Io non ti tiro in inganno » ed era serio, senza voce, non come il maresciallo che gridava, che dava in pugni. Ha letto quanto ha scritto e domandava: « Sei contento? ». « Si, sono contento ». E allora ha detto: « Pensateci su per firmare ». Era stanco e dopo un sonno poco dopo é tornato con altre due persone. « Lo volete rileggere? E se volete poi, firmate ». « No — ho detto — ho visto la vostra maniera e mi basta. Non mi ingannate certam[...]

[...]o che, se volevano, di portarmi in paese. Così mi sono seduto. Mi mettono di nuovo bracci in alto, prendendomi di nuovo i documenti. Dove me li restituivano dicendomi: Vattene e sarai arrangiato lo stesso. E calci».
Carta Gonario.
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CATGIU PASQUALE di Giuseppe, pastore, di anni 18:
« Sono uno dei pastori fermati il 26 novembre 1953 a "Meninfili" per la morte dell'ingegner Capra. A "Viriddi" dove mi trovavo solo a
INCHIESTA SU ORGOSOLO 201
guardare i porci, a un chilometro da "Meninfili", spunta, verso le 8, un battaglione di carabinieri. Mi hanno fermato subito con il mitra e subissato di parolacce : « Delinquente, figlio di una puttana, eccetera eccetera ». Presi altri pastori ci hanno legati in catene, tutti stretti: Bainzu Sebastiano, Bainzu Pietro, Silis Bachisio ed altri ancora. Da "Viriddi" ci portano sino a "Fastiddos". Dicevano i carabinieri: « Bisogna legarvi ad una gamba di un bue e trascinarvi ». Vedevano la gente del paese che da un monticello era corsa a guardare il nostro arrivo incatenato: «Vedete, vedete, la gente di [...]

[...]arabinieri. Mi hanno fermato subito con il mitra e subissato di parolacce : « Delinquente, figlio di una puttana, eccetera eccetera ». Presi altri pastori ci hanno legati in catene, tutti stretti: Bainzu Sebastiano, Bainzu Pietro, Silis Bachisio ed altri ancora. Da "Viriddi" ci portano sino a "Fastiddos". Dicevano i carabinieri: « Bisogna legarvi ad una gamba di un bue e trascinarvi ». Vedevano la gente del paese che da un monticello era corsa a guardare il nostro arrivo incatenato: «Vedete, vedete, la gente di Orgosolo ci ha fame. Aspetta la vostra carne ». Dicevano che davano una raffica di mitra a tutti. Bainzu Sebastiano era malato agli occhi. Un poliziotto gli ha detto che stava ridendo. « Io sono malato. Sono cosí agli occhi per disgrazia ». Allora gli ha dato due calci nel culo ed é passato da carabiniere a carabiniere con i calci nel culo. A me mi hanno arrestato e trattenuto nel carcere di Nuoro per venti giorni in cella comune. Perché minorenne mi davano una pagnotta al giorno, minestra niente. La toglievano i padroni del carcere [...]

[...] dove avvenne la sparatoria. Due ore prima di questa arriva un gruppo di carabinieri. Erano le otto e, armati sino ai denti, ci fanno saltare l'ovile e ci mettono in fila come per fucilarci. In questo ovile c'era anche Muscau Andrea, noto Martinu che il giorno di capodanno dovevano bastonarlo a su 'unzaiddu. Io chiamo il brigadiere e,
quasi in ginocchio, gli chiedo che se ci vogliono portare via — la
scino mio figlio o almeno qualche ragazzo a guardare le capre. Sono tutto il bene che ci abbiamo e, lasciate sole, si potevano perdere e potevano rubarci. Glielo ha detto pure Muscau e, per questo, un carabiniere gli tira un cazzotto. Ci legano tutti come chi sa che delinquenti,
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e il bestiame lo allontanano a colpi di calcio di moschetto e con grida e con sassi. Senza passare da Orgosolo ci trasportano a Nuoro, e, pregati in ginocchio, non mandano ad avvisare le famiglie. In casa nostra vanno solo a fare perquisizione e si prendono tre o quattro lettere e fotografie, e pure tre o quattro tazzine di caffè, che non ce l'ha[...]

[...]ole dovevano punire pure me, come lui. Stavamo insieme in quel momento. Perché io non ho fatto niente e lui si?
Non si deve poter stare tranquilli nella propria casa; e non si deve andare onestamente a lavorare in campagna! Così, pare, che vogliono.
E questa si chiama giustizia a terra di Orgosolo! ».
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« Mi chiamo PASQUALE MESINA di Antonio nato ad Orgosolo il 30 di gennaio 1939 e da sei anni faccio il pastorello al Supramonte. Perché devo guardare le pecore di famiglia non sono potuto andare a scuola che due o tre mesi e non so scrivere: per questo detto quello che mi é avvenuto ad Orgosolo il 1° di gennaio 1954. Partivamo in campagna di notte verso le 5 io ed il piccolo compagno Mancone Pasquale di Santino, quando arrivati alla periferia del paese, in località su 'unzaiddu i carabinieri ci hanno subito fermato. Faceva freddo e a terra stavano tre pastori a braccia in alto e senza cappotto : Pisano Pasquale, Podda Narciso, e Castangia Graziano. I carabinieri erano tanti come le mosche e non li abbiamo contati. Subito sono venuti cont[...]

[...]erano gli altri: « Non parlate con quello, carabinieri, che é un vigliacco ». E loro stavano a riscaldarsi al fuoco. Mi hanno lasciato per oltre due ore, in catenelle. Legati a due a due. Si alzavano dal fuoco solo per venire a darmi col mitra sulle gambe se le stendevo. « Speriamo che ti viene una bronchite! ».
Poi mi hanno portato allo scolastico: «Chiamate un superiore che voglio raccontare ». E venuto il commissario, dopo una mezzora. Mi ha guardato le mani e mi ha rilasciato. Non ho presentato denuncia ma l'impiegato Podda, col commissario, ha scritto qualche cosa sul verbale. In seguito sono stato un mese che non mi potevo muovere. Bagni
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di aceto per un mese. Soffro ancora, e molto. Ho perduto un mese di lavoro. Che hanno fatto col verbale al carabiniere? Nulla. Lo hanno mandato alla cantoniera Giannas di Oliena. E io non sono andato neppure dal medico per paura di una vendetta, se lo dicevo come adesso ».
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SANNA ANGELO fu Carlo, pastore, di anni 16:
« La mattina del 1° gennaio c'è stato lo stato d'assedio [...]

[...]ologi glieli levavano. I carabinieri li aprivano con il coltello per studiare il macchinario. E non erano specializzati. A uno studente, Menneas Narciso di Francesco glie lo stavano levando.
Intanto a terra stava un mucchio di coltelli, che tutti se li toglievano di dosso di iniziativa loro: e sono rimasti ai carabinieri perché
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INCHIESTA SU ORGOSOLO
nessuno per un coltello ha voluto passare il pericolo di andare a ripigliarlo. Sempre guardavano e arriva il turno mio.
C'era un carabiniere che mi conosceva. Non ci avevo penna, che non la ho avuta mai in vita mia, e non ci avevo orologio perché il mio é troppo grosso a portarlo : è il sole. Poi mi pigliano e mi mandano nell'altra stanza dove stavamo almeno in 100 o 200. « Aprite, aprite, per carita. Qui si soffoca! ». Anche qui la finestra era chiusa. e ci dicevano di non avvicinarci neppure: sparavano subito. C'era il brigadiere Paganello, che ha ucciso a Emiliano Succu. Dopo che ci hanno trattenuto ancora un'ora fermano il fratello di Emiliano, Natale, due altri ancora e Giusepp[...]

[...]hai il mitra ?
— È qui — c'era un piccone. — Io sparo con questo.
Non hanno trovato un'arma sola.
Insomma, mi hanno detto che così facevano i tedeschi ».
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DAVOLI NICOLA di Carmine, pastorello, di anni 12:
« Il primo dell'anno, appena fatta l'alba, il mio babbo mi aveva mandato in campagna a guidare le pecorelle. Esce un carabiniere — ci ho avuto tanta paura — e non mi ha voluto far passare. «Fermo! ». « Io sto fermo ». « Dove vai? ». « A guardare le pecorelle ». Allora mi ha dato un cazzotto e una pedata. Mi fanno la perquisizione e ci avevo una tasca piena di aranci, che me li ha dato la mamma perché era il capodanno. « Anche tu sei uno che mangia gli aranci », dice un altro carabiniere. Me ne ha preso uno e buttato addosso, e un altro me lo ha schiacciato sulla faccia. Poi si é messo a pestare tutti a terra, e non ne è rimasto neppure uno. « Tu sarai certamente il figlio di qualche latitante », mi ha detto il primo. Io mi sono messo a piangere e a tremare. E allora, sempre a cazzotti e a calci, mi hanno cacciato »..
Confermo il r[...]



da Mario La Cava, Il grande viaggio in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]
Arrivarono le lettere dei due cognati, ed entrambe ripetevano la stessa cosa; per i denari del viaggio non occorreva che Giuseppe si preoccupasse; quanto al posto del lavoro Giuseppe o avrebbe continuato a lavorare da calzolaio oppure sarebbe andato con Filippo a lavorare nella costruzione della diga sul Nilo.
Tuttavia Giuseppe per il momento non decise niente; però é strano che la bambina, scrivendo a scuola un tema dato dalla maestra e che riguardava una lettera a un parente lontano, dichiarasse che presto sarebbe partita colla famiglia per andare in Egitto a raggiungere gli zii.
La vecchia madre era contraria : tanto é vero che una volta disse
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a Giuseppe, mentre era presente Rosaria, nella casa del padre: « Se andate, io non vi vedrò più! ».
« Macché, ci rivedremo presto! » rispose Giuseppe, d'accordo con la moglie; e nessuno dei due pensava alla tarda età di lei, e più ancora alla sua debole salute in seguito alla caduta.
Il vecchio fabbro Felice allora intervenne, col suo solito fare sentenzioso, e disse: «Chi [...]

[...]ppena era appannato dallo sgomento di una lontananza che doveva essere grande se il Bambino Gesù nei tempi dei tempi vi si era recato col Padre e la Madre per sfuggire ai pericoli.
Senza inciampi o complicazioni si arrivò così al giorno della partenza: i bagagli erano stati fatti, i saluti ai vicini e ai parenti completati. Una piccola folla di gente s'era raccolta nel vicoletto; i vecchi genitori non s'erano mossi dalle porte della loro casa e guardavano. Giuseppe chiuse la porta di casa con un colpo che si ripercosse lugubremente nel suo cuore; frenò la commozione e consegnò la chiave ad Agata. Poi si mosse per abbracciare i suoceri, che diedero la loro benedizione. Rosaria baciò più volte con le lagrime agli occhi i genitori, promettendo fra un anno o due il ritorno.
Quindi si mossero per andare alla stazione, accompagnati da Aga
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ta e Peppina e da molti vicinii; Luigi il pescatore teneva tra le mani una valigia di Giuseppe, Peppina portava un sacchetto di biancheria; l'altra valigia la portava il ragazzo che aveva a[...]

[...] col cuore commosso, salutava tutti, fingendo un'allegria che non aveva.
Infine, senza saper come, aiutati all'ultimo momento per miracolo dagli amici e dal conduttore, si trovarono sul treno che si moveva; il paese sempre più fuggiva lontano dai loro occhi.
Postosi a sedere, Giuseppe disse, rivolto alla moglie: «Mettiti di qua, ché ti piglia meno vento ». « Si pue) chiudere il finestrino n propose un viaggiatore, gentile. Le figliuole vollero guardare gli alberi che correvano, e si attaccarono agli sportelli; parole di scusa vennero dette ai compagni di viaggio.
Il treno filava; ormai il paese non si vedeva piú, e nemmeno la sua campagna e le colline vicine. Nuovi campi, nuove case, gente diversa si avvicendavano nella corsa. Italia era ancora, e già pareva che l'Egitto, il paese lontano e sconosciuto della loro vita futura, fosse arrivato fin là.
A Messina, nel pomeriggio della stessa giornata, guidati dall'agente, dei viaggi, s'incamminarono verso la nave che doveva portarli via. Una nuvola sembra la nave, tanto è grande. E su di ess[...]

[...]iano rese grazie a Dio! » disse il padre; mentre Rosaria ancora piangeva, senza saper cosa dire.
«Ora puoi essere tranquilla! » le disse la donna vestita di nero.
« Siano rese grazie a Dio! » ripeteva Giuseppe, esaltato; e avrebbe voluto tenere lui la bambina per mano, non fidandosi più della moglie, se non fosse stato per via delle valigie. « Sta' attenta! » le disse, riprendendo il cammino verso la cabina fissata, e voltandosi ogni momento a guardare.
Ma la povera Rosaria non aveva più la mente che le reggeva; arrive, al luogo stabilito, e non resisté più; si mise per terra, seduta sul sacco, mentre gocciole di sudore le scorrevano sulla faccia pallida. La piccola era ora tranquilla, e la madre la stringeva al seno, non credendo quasi ai suoi occhi.
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E passando così, un giorno e una notte, senza mangiare, poiché il viaggio le fece male; confortata ogni tanto da qualcuno che sapeva della paura che aveva sofferto. Mentre il marito pensava pensava, e non si sentiva più l'animo sereno come prima.
Anche Ernesta soffriva [...]

[...]a che aveva sofferto. Mentre il marito pensava pensava, e non si sentiva più l'animo sereno come prima.
Anche Ernesta soffriva per il mare, addormentandosi ogni tanto agitata e poi svegliandosi di soprassalto; il viaggio sembrava non dovesse finire piú.
Al mattino uscirono tutti sopracoperta; il sole illuminava tutta la nave; e il vento fresco allietava i volti d'ognuno.
Attorno c'era solo mare; comparvero altre navi. All'improvviso l'occhio, guardando, si fermò su una linea bianca. Non era lontana, e subito si vide ch'era a due passi dalla nave.
«L'Egitto! L'Egitto! » esclamò Giuseppe. «Siamo arrivati. Quello é l'Egitto! » spiegò, voltandosi a guardare la moglie.
Ma la donna che in altre circostanze avrebbe gridato di gioia, ora, bianca in volto, nemmeno rispose. Sospettosa negli occhi, strinse a sé le piccine, le chiamò, se le mise sotto le ali della sua protezione come una chioccia fa coi pulcini.
Quel giorno stesso in cui arrivarono al porto di Alessandria, partirono col treno per il Cairo, dove giunsero la sera, ch'era già notte. Soffrirono il caldo lungo il percorso come se fosse ancora l'estate del loro paese, refrigerio trovando solo quando il treno costeggiava di tanto in tanto il Nilo.
« Guarda che fiume! Sembra il mare! » dic[...]

[...]pose. Sospettosa negli occhi, strinse a sé le piccine, le chiamò, se le mise sotto le ali della sua protezione come una chioccia fa coi pulcini.
Quel giorno stesso in cui arrivarono al porto di Alessandria, partirono col treno per il Cairo, dove giunsero la sera, ch'era già notte. Soffrirono il caldo lungo il percorso come se fosse ancora l'estate del loro paese, refrigerio trovando solo quando il treno costeggiava di tanto in tanto il Nilo.
« Guarda che fiume! Sembra il mare! » diceva Giuseppe; aggiungendo per scherzo: «Uguale al nostro Buonamico!...» ch'era un torrente che si asciugava quasi d'estate.
« Che c'entra! — rispondeva Rosaria. — Quello é un'altra cosa! ».
«Le campagne a che sono coltivate? » domandava Giuseppe a se stesso, senza sapersi dare una risposta precisa; e poi soggiungeva : «Non sono belle alberate come le nostre! ».
« Quante palme ci sono! » diceva Rosaria.
« Qui non si uscirebbe pazzi di Pasqua per trovare la foglia da benedire! continuava Giuseppe. E poi : Quelle altre debbono essere le piantagioni delle banan[...]

[...]ersi dare una risposta precisa; e poi soggiungeva : «Non sono belle alberate come le nostre! ».
« Quante palme ci sono! » diceva Rosaria.
« Qui non si uscirebbe pazzi di Pasqua per trovare la foglia da benedire! continuava Giuseppe. E poi : Quelle altre debbono essere le piantagioni delle banane, banane saranno! ».
Ma Rosaria badava ora alla piccola Lidia che seduta in grembo
IL GRANDE VIAGGIO 105
alla madre sembrava volesse appisolarsi. La guardava e temeva che le potesse pigliare la febbre. Il suo viso rotondo di bimba era infuocato, più della sorella abitualmente rosea.
«Ci pensi che questa qui me la piglia la febbre? » disse la madre.
«Un po' di stanchezza! » rispose il padre. E diventò pensieroso com'era quando si trovava sul vapore. Passarono nel corridoio uomini in tunica bianca e turbante rosso, ed egli quasi sembrò non li notasse.
Era che considerava di aver perduto il primo treno che avrebbe dovuto prendere e col quale sarebbe stato aspettato dai cognati aI Cairo; sarebbe invece arrivato con ritardo; probabilmente non avre[...]

[...]a vedere colla moglie per farsi un'idea, quando, nel laboratorio, presente un lavorante arabo di cui egli non si era accorto, cominciò a scherzare sugli usi del luogo. L'arabo, credendosi beffato, si scagliò infuriato contro Giuseppe e lo prese alla gola. I compagni li divisero; altrimenti Giuseppe, finita la sorpresa, avrebbe potuto pure bucargli le budella col trincetto.
Riferita la cosa ai cognati, costoro risposero : « Sono fetenti; bisogna guardarsi, perché non ragionano, specialmente se toccati nella loro religione.
« Ma io non volevo offendere nessuno! » rispose Giuseppe.
« Non hai dunque capito come sono e che s'infiammano per niente? » ribatté Antonio.
In seguito a ciò Giuseppe si decise di andare a lavorare alla diga, in qualità di aiutante muratore; già era incominciato il forte calore dell'estate, e le sofferenze di Giuseppe, non abituato, erano grandi. E dopo tanti anni di lavoro da calzolaio, una nuova attività si iniziava per lui, di cui le conseguenze il Signore solo poteva sapere quali sarebbero state.
I guadagni ora e[...]

[...]uasi all'altezza della madre, sembrava una maestrina, bella e fiorente, come parlava alla tenera Lidia.
Nessuno soffri nel viaggio di mare e la terra del luogo natio fu alfine toccata con serena dolcezza. Ecco i monti bruni, le colline alberate, l'aria fresca che dava brividi lunghi, del proprio paese!
Ecco le case conosciute, la gente solita, le abitudini vecchie che, come in sogno, risorgono nuovamente nella mente dei viaggiatori incantati a guardare!
Alla stazione d'arrivo un gruppetto di persone attende sul piazzale affollato: sono gli amici di Giuseppe e Rosaria, i vicini di casa, quelli che vogliono usare cortesia, commare Carmela colla sua famiglia
e Sebastiano, il pescatore Luigi e tanti altri; e fra essi non v'é la presenza di Agata e Peppina, chiuse col loro dolore nella casa priva della mamma.
Ma sono davanti alla porta che attendono, vestite di nero e sciupate, Agata con tutta la chioma quasi bianca e Peppina coi capelli già grigi. Si precipitano nelle braccia della sorella, salutano il cognato, baciano le bambine.
E Agata[...]

[...]fossero tanto diverse.
Gli nuoceva pure il fatto che sempre era stato calzolaio nel borgo,
e che tutti lo conoscessero per tale: gli mancava l'aria intraprendente
e rumorosa di chi avrebbe dovuto, nell'impiego, comandare su altri uomini; né certo egli era in grado di fare il ragioniere. Denari non aveva portato a sufficienza per fare dimenticare la sua origine, astuzia
e disinvoltura gli facevano difetto.
E poi, a trascurare quanto poteva riguardarlo in particolare, si era sempre in Italia: se le condizioni del paese erano molto migliorate da quando Filippo e Antonio lo avevano lasciato, esse non erano mutate dopo la partenza di Giuseppe a tal punto da permettere ad uno come lui di occuparsi facilmente come impiegato.
In ogni modo, il piccolo appaltatore Artú gli promise che lo avrebbe assunto presto in servizio : dopo che avesse dato inizio ai lavori di riparazione del ponte sulla strada, rovinato dalle acque: si aspettava l'approvazione del Genio Civile: ecco non sarebbe passato molto tempo, questione di giorni, tutto si sarebbe acc[...]

[...]nghe ore, e tu non hai fatto niente nella casal... Sempre a pensare, a pensare... ».
« Si, si... » rispondeva Rosaria vagamente; e dal posto dove si tro
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vaya, non si moveva nemmeno per dare il cibo ad Ernestina che lo chiedeva.
« Vedi come faccio io che con tanto lavoro mi svago; poi penso, e dopo mi riposo, e poi penso di nuovo; e così passo la giornata, al contrario di te... ».
Io non posso, non posso... ».
Giuseppe la guardava, e quindi chiedeva : « Sono venute le sorelle? Ti hanno tenuto compagnia? ». Vedeva che Rosaria non gli rispondeva, e insisteva : « È venuto qualche altro? ».
Allora pareva che Rosaria si svegliasse dalla sua sonnolenza: «No, non è venuto nessuno! ».
E veramente solo le vicine, stanche del loro dovere, erano mancate nella visita alla madre sventurata; le sorelle, trascurando le occupazioni della casa e Agata in particolare quelle del lavoro di cucito, si erano fatte vedere più volte. E come suol accadere, invano avevano cercato di consolare la madre con i discorsi e i ragionamenti. Poi av[...]

[...]un terribile ghigno di beffa. Poi le acque infinite si chiusero e l'occhio della mente non poté vedere altro che una nuvola di impenetrabile fumo.
Fu come se le fosse tolta l'aria che respirava, ebbe un attimo di agonia; si dibatté nell'angoscia, come un pesce fuor d'acqua; senti il suo spirito intristire al pari di erba secca strappata alla terra.
Forset, a continuare a quel modo, sarebbe diventata pazza; ella non aveva la forza del marito di guardare in faccia il reale. Dopo qualche lieve resistenza trovò una via d'uscita al suo dolore. La religione le venne incontro con le sue pietose speranze.
No, non era vero che niente della bambina esistesse piú; qualche cosa di lei era rimasta, l'ombra della sua vita di un tempo, la forma vaga della sua anima bella. Dal cielo, dove si trovava, scendeva alla terra; si aggirava intorno alle cose conosciute ed amate, indugiava sulla sua tomba stessa abbandonata del camposanto.
Oh come essa avrebbe voluto ritornare alla vera vita, riabbracciare la madre e il padre, rivedere la luce del sole! Come av[...]

[...] occhi tremanti splendeva la visione di chi attende qualcuno ad un convegno da lungo tempo sognato.
I cancelli del camposanto erano aperti. Rosaria restò un momento confusa e spaventata. Poi, guidata dal guardiano, si precipitò correndo sulla tomba adornata di marmo che le veniva additata.
«Lidia! Lidia! », accoratamente chiamava. «Vieni qui presso di me, Lidia mia! Vieni che ti voglio accarezzare i tuoi capelli inanellati! Vieni che ti voglio guardare negli occhi innocenti! Lidia! Oh figliuola mia perduta! ».
Le lagrime, di cui pareva che si fosse inaridita la fonte, nuovamente sgorgarono dai suoi occhi. Piangeva, febbrilmente parlava, e ora l'immagine della bambina morta col suo corpicino boccheggiante e il collo che pareva si volesse staccare, si presentava alla sua fantasia, ora si allontanava.
«Figliuola mia lontana dove ti trovi? In quale cielo sperduta? Chi ti ha rapita? Chi ti ha nascosta? E perché non ritorni più su questa terra, dove c'é la tua mamma, il tuo babbo e la sorellina? Oh brutta, crudele morte, che strappi i figli d[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Guarda, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Voglio <---Come <---Così <---Del resto <---Storia <---siano <---Basta <---Cosa <---Dio <---Diritto <---Ecco <---Perché <---Qui <---Sarà <---Aspettate <---Certo <---Dei <---Dentro <---Dico <---Hai <---La sera <---Lasciami <---Ma mi <---Macché <---Niente <---Noi <--- <---Passano <---Pochi <---Potete <---Sei <---comunisti <---fascisti <---italiani <---pigliano <---rilasciano <---Abbiamo <---Abbiate <---Ad Orgosolo <---Ad Ustica <---Agata a Rosaria <---Agli <---Ah <---Alle <---Almeno <---Alpi <---Alzati <---Alzo <---Ammannati <---Ammonita <---Anche Rosaria <---Andate <---Andrea Muscau <---Andò <---Anticristi <---Antonio Nicolò <---Antonio Pasquale Rubano <---Anzi <---Appena <---Aprite <---Aritzo <---Arta <---Artiglieria <---Artù <---Ascolta <---Asinara <---Aspettar <---Aspettare <---Aver <---Avete <---Badate <---Baggina <---Bainzu <---Bainzu Pietro <---Bainzu Sebastiano <---Balzani <---Bambini <---Bambino Gesù <---Bande Nere <---Baronia <---Bastioni <---Bellosguardo <---Belva <---Bestemmiò <---Bice <---Bigazzi <---Binda <---Bisogna <---Bisognò <---Bolli <---Borgo <---Borgonuovo <---Bronzino <---Buffalo Bill <---Buonamico <---Buonasera <---Buondelmonte <---Buoni <---Cairo <---Calmati <---Cambiarlo <---Camminavo <---Campagna <---Canavedda <---Capitale <---Caprera <---Carabino <---Carmela dei Crispini <---Carogne <---Carrobbio <---Carrìa <---Carta Gonario <---Casa del Popolo <---Cascine <---Case del Popolo <---Castangia Graziano <---Casula Giovanni <---Certamente <---Certo Giuseppe <---Che Dio <---Che Egitto <---Chiama <---Chiamate un superiore che voglio raccontare <---Chiedi <---Chiuse <---Ci hanno preso sempre alla sprovvista <---Cinquantanove <---Circolino <---Col <---Colonia Florentia <---Comando dei Carabinieri <---Comare Carmela <---Commare Rosaria <---Commissariato di Pubblica Sicurezza <---Congiu di Orotelli <---Contemporaneamente <---Cornini <---Corrias Maria <---Corru <---Cosimo I <---Cotesta <---Crisantu <---Crisantu Giovanni <---Crisantu Vincenzo 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