Brano: [...]rima volta, si girò. Il mare era immobile e, come il cielo divorato dal calore, bianco. Sospese contro una lontana foschia, si delineavano le sagome di qualche vapore e della diga irta di gru. Le cancellò subito, ai suoi occhi abbagliati, un dilatarsi di cerchi incandescenti. Quel riverbero duro gli pesava ora sulla nuca. Lentamente, la vibrazione luminosa si fermò, come al limite di una sfera vuota, nel biancore inerte del cielo e delle acque.
Guardò un attimo verso Nino: cercava con gli occhi tra i bassi scogli che verso il mare interrompevano il greto. Il ciuffo di capelli incollati di sale gli stava ritto sulla fronte, e faceva più sfuggente il suo profilo. Anche Marco guardò da quella parte: nient'altro che pietre piatte contro un orizzonte vuoto.
Improvvisamente, s'accorse che sulla distesa bianca posava, non molto lontano, una barca, rilevata come se l'acqua avesse avuto una
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durezza di cemento. C'era un uomo, dentro : la sua figura si stagliava precisa, e il braccio teso, e la lenza che teneva in mano: ma non si poteva distinguergli il volto, né capire da che parte guardasse. Anche Nino l'aveva scorto, lo vide trasalire:
«
C'era? »
Per un attimo la chiglia oscillò propagando sull'acqua una vibrazione d'ombra.
Avremmo dovuto sapere... [...]
[...]on era mica venuto con noi... ».
Guardava a terra, le dita del piede nudo si contraevano sui ciottoli. Poi, lentamente, si diresse verso il folto di mentastri dove tra il grigio delle foglie risaltava la macchia rossa della blusa di Michele. Marco lo segui. L'uno e l'altro s'infilarono le scarpe, e quando risollevarono la testa i loro occhi s'incontrarono per la prima volta. Nino sembrò in procinto di dire qualche cosa : ma distolse gli occhi e guardò i vestiti. Per un momento parve esitare, poi bruscamente si chinò, li raccolse, e andò verso una striscia di terra nuda ai piedi della roccia. Accovacciato, si mise a scavare con le mani. Marco lo vide deporre in fondo alla buca i vestiti e ricoprirli frettolosamente.
Marco guardò le scarpe di Michele: pensò di alzarle, non avrebbe voluto che Nino portasse via anche quelle, ma non osò muoversi e fu ancora Nino a prenderle e seppellirle allo stesso modo. Quando si risollevò e gli tornò vicino, aveva le braccia tutte intrise di fango. Rimasero immobili qualche tempo, forse abbastanza a lungo. Marco fissava le braccia di Nino dove il fango, asciugandosi, impallidiva e si screpolava. Nino si guardò anche lui le braccia e parve riscuotersi: si mosse, al primo passo sembrò vacillare ma poi si diresse spedito verso una pozza che s'addentrava nel greto. Marco vide che si chinava, e udì un rumore molle d'acqua sollevata più volte con le mani.
Gli parve che rimanesse a lungo. Non osava muoversi. Il lieve rotollo dei ciottoli smossi dall'onda gli serpeggiava ai piedi; si sarebbe detto un lento franamento del terreno, tutto intorno a quei massi lucenti ove l'acqua torpida s'orlava di detriti d'alghe e di schiume giallastre.
Finalmente Nino venne verso di lui, le sue braccia erano gocciolanti [...]
[...]uesto. Vigliacco. Avrebbe voluto picchiarlo, se non l'aveva fatto allora; ma subito si smarrì nel pensiero di quello che era accaduto. Com'era possibile? nuotavano insieme: e a un tratto, voltandosi, quell'acqua liscia, quel silenzio...
« ... Direbbero che é colpa nostra », disse Nino. Aveva parlato a voce bassa, il suo viso si contraeva come se stesse per piangere. Marco distolse gli occhi. Si sentiva lo stesso viso livido di paura, lo stesso sguardo cauto.
Un fischio lacerò l'aria. Si voltò di scatto. Al sommo del costone, frastagliato d'ombre dal sole ormai basso, s'incideva nitida la strada. Ricominciò a udire un ronzio di motori, fruscii di ruote, stridere di freni: in fondo, sopra a un cantiere, brevi vampe addensavano qua e lá fumi oscuri in un pulviscolo incandescente, mentre un lontano martellio d'innumerevoli magli su lastre di ferro riprendeva, nell'aria immobile, il suo coro ostinato. Altre sirene si misero a suonare. In alto, udì il fruscio di un autobus che si fermava, lo scatto delle portiere che s'aprivano.
Insieme, inces[...]
[...]re un lontano martellio d'innumerevoli magli su lastre di ferro riprendeva, nell'aria immobile, il suo coro ostinato. Altre sirene si misero a suonare. In alto, udì il fruscio di un autobus che si fermava, lo scatto delle portiere che s'aprivano.
Insieme, incespicando sulle pietre, ferendosi le mani agli scogli, si misero a correre verso la strada; e poi su, per viali, per caruggi, per sentieri: vicini, eppure senza scambiare una parola né uno sguardo, sentendo ciascuno il proprio ansimare, e quello dell'altro.
La conca che i nuovi quartieri, mordendo tutto intorno il giro dei colli, avevano lasciata intatta tra i due versanti, era quieta, colma d'ombra. Alti muri di pietra recingevano invisibili giardini. Antonio Stura indugiò un momento, battendo la cenere dalla pipa, prima di passare dall'acciottolato dell'ultima erta alla strada asfaltata. Tra due cortine scialbe di case, le prime scintille del tram salivano con lievi scoppiettii nel cielo che andava spegnendosi.
Sorrise : una svelta figura traversava di scatto il marciapiede. Soltan[...]
[...]come in un gioco, a far uscire da vari punti del suo corpo dei pacchetti lucidi e lisci;
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sembravano scaturire spontaneamente, tant'erano lievi i suoi gesti. Alcuni sbucavano come musi prudenti di bestiole tra l'ampia gonna frusciante e la blusa candida; altri balzavano vivi dalla piega del braccio rotondo, o guizzavano lungo la coscia col balenare brevissimo di un ginocchio bruno.
Antonio s'era lentamente avvicinato. Allo sguardo cauto e come divertito che girò intorno ricomponendosi la veste, Costanza lo vide, e gli rivolse un sorriso. Buoni affari? disse Antonio. Ma si, rispose allegramente: aveva già venduta quasi tutta la sua provvista d'americane, a Sottoripa.
« Non so » disse incerta, quando Antonio le chiese se rincasava_ Si misero a camminare insieme verso il colle. « Giacomo dormiva, quando l'ho lasciato », aggiunse dopo qualche momento, in tono lievemente interrogativo. S'era bruscamente oscurata. Aveva un viso liscia e pieno, dai lineamenti minuti: più che espressivo, estremamente mutevole.
« Non l'ho vis[...]
[...]», aggiunse dopo qualche momento, in tono lievemente interrogativo. S'era bruscamente oscurata. Aveva un viso liscia e pieno, dai lineamenti minuti: più che espressivo, estremamente mutevole.
« Non l'ho visto in tutto il giorno », rispose Antonio senza guardarla.
Costanza ebbe un lieve sospiro. Andarono avanti per un po' senza parlare. Antonio l'osservava di tanto in tanto di sfuggita. Pur in quella sua espressione grave, Costanza serbava uno sguardo infantilmente curioso, attirato dai passanti, dalle vetrine, dalla strada. Un ragazzo che passava in bicicletta lasciò cadere un pane rotondo dal cesto cigolante sul manubrio: Costanza corse a raccoglierlo, divertendosi a fermarlo mentre rotolava. Un lampo di riso le apparve negli occhi quando li posò su di un ometto dalle braccia corte e dal viso roseo, che stava parlando con una vecchia sulla soglia di una pasticceria. « Bisogna avere... ecco, il senso delle proporzioni... », diceva, cercando le parole e agitando con cura quelle sue mani che il contatto decennale con paste intrise di burro [...]
[...]ili che dovevano aver scavato come trincee, s'alzava limpido un grido : « All'erta! ». Una dopo l'altra, nuove voci lo riprendevano, avvolgendo l'isolato.
Anche Marco ascoltava. Una voce vicina, che non riconobbe, lo chiamò per nome. Si strinse nelle spalle, e andò risolutamente verso Antonio. Pensava che il padre gli avrebbe fatto delle domande, e rinunciò a preparare le risposte: l'osservava spiando l'istante in cui avrebbe incontrato il suo sguardo.
Un lieve sorriso aleggiava sulle labbra di Antonio; avanzava lentamente, sempre bilanciando il garofano, con quei suoi movimenti un po' goffi d'uomo alto e robusto che la mancanza di moto abbia appesantito. Finalmente Marco, con un sussulto, si senti veduto. Ma le cose andarono altrimenti da come s'era aspettato: gli occhi del padre sembrarono sfuggire quasi con fastidio il suo sguardo.
Con fare impacciato, Antonio mise in tasca il fiore, e curvò le spalle in un suo atteggiamento abituale, che gli dava un'aria di rassegnata e volontaria mitezza. Arrivato a fianco di Marco, gli chiese se dopo colazione avesse aiutato la madre a portare la legna per la cucina, con un tono d'interesse smentito dagli occhi distratti. Gli aveva cinto le spalle col braccio. Marco fece cenno di si, e si svincolò bruscamente, fingendo di voler raccogliere un sasso a lato della strada.
S'avviarono, discosti, Marco qualche passo indietro. Giunti all'angolo della Ioro casa, guardarono l'uno e l'altr[...]
[...]se a non dargli un segno della sua presenza, Antonio aveva rallentato; Marco, invece, aveva affrettato il passo.
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Senza rispondere al meccanico « Siete qui? » con cui Teresa, rimanendo china sull'acquaio, registrava di solito la loro presenza, Antonio s'era subito diretto verso il suo tavolaccio da lavoro.
Marco l'aveva seguito.
Ritto nell'angolo tra il tavolaccio e la finestra, la schiena curva del padre lo proteggeva dallo sguardo di Teresa. Del resto, la donna aveva troppo da fare per occuparsi di lui.
C'era ombra nella stanza, e fumo. I suoi occhi ancora abbagliati distinguevano appena la madre: ma sarebbe bastata la memoria a fargli riconoscere i suoi gesti, quelli di sempre. Come se non fosse stato vero. Ma poteva essere vero? Forse Michele, chissà come, era risalito più in là sulla costa. Forse era a casa, adesso, e rideva dello scherzo che aveva fatto a lui e a Nino...
Antonio scelse fra le asticciole che coprivano il tavolaccio un pezzo di legno greggio e cominciò ad assottigliarlo. Ad ogni colpo di pialla, in[...]
[...] una lieve esitazione lo mosse lentamente, come tracciasse, senza sfiorare il legno, una lunga, meditata linea. Il suo viso appariva assorto. La luce del giorno, ancora viva, lo illuminava in pieno. Soltanto agli angoli della bocca si raccoglieva un po' d'ombra.
Marco spiava i gesti del padre. Ecco, pensava, quando avesse cessato di approfondire quel segno, avrebbe ' alzato gli occhi su di lui, e si sarebbe accorto.
Invece, quando distolse lo sguardo dal lavoro, fu a un leggero rumore di passi, svelto e nitido come un suono di zoccoli: erano gli alti sandali dalla suola di legno che portava Costanza. Continuando a guardar fuori, Marco indietreggiò e si appoggiò al muro. La mamma di Michele. La figura di Costanza apparve, attraversò rapidamente lo scorcio di strada inquadrato dalla finestra. La blusa risaltò bianchissima contro l'asfalto, come raccogliesse la luce del giorno al declino. Istintivamente, Marco aveva cercato su quel bianco il fiore rosso che le aveva visto sul petto quando, nelle prime ore del pomeriggio, era scesa verso la c[...]
[...] Marco indietreggiò e si appoggiò al muro. La mamma di Michele. La figura di Costanza apparve, attraversò rapidamente lo scorcio di strada inquadrato dalla finestra. La blusa risaltò bianchissima contro l'asfalto, come raccogliesse la luce del giorno al declino. Istintivamente, Marco aveva cercato su quel bianco il fiore rosso che le aveva visto sul petto quando, nelle prime ore del pomeriggio, era scesa verso la città.
Prima di riabbassare lo sguardo sul lavoro, Antonio lo portò un attimo sul figlio: ma come se non lo vedesse.
Con la mano, toccò piano qualcosa nella tasca destra : la stessa tasca dove Marco gli aveva veduto nascondere il garofano. Si, proprio nascosto, lo aveva, si disse il ragazzo. E perché ora non lo guardava, non gli diceva niente?
« Come? » chiese con aria assente Antonio, in risposta a una domanda di Teresa, come se cercasse solo di prendere tempo fermando un rumore che lo infastidiva. Continuò a incidere un segno che si piegava in una curva slanciata: « Come? ah, si, la cornice che ho portato al dottore? » Con un [...]
[...] su e giù dalla padella al tavolo, dove prendeva, a due o tre per volta, le
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sardine infarinate; e ogni volta batteva sul tavolo il cucchiaio con una specie d'irosa stanchezza. A un colpo più forte, Antonio si strinse mag giormente nelle spalle curve « Potresti portare il tagliere vicino al fornello », disse con aria di pacata constatazione più che di consiglio.
« Fai presto a dire, tu... » borbottò Teresa. Con aria esasperata, guardò l'orologio. Ecco, erano già le otto, e aveva ancora da buttare la pasta. Per forza, aveva lavorato tutto il pomeriggio per loro.
Antonio non rispondeva. Immobile, sfiorava con la punta delle dita il legno, come a giudicare al tatto la linea che aveva intagliata. Poi sollevò un attimo la testa, guardando vagamente verso Teresa. L'attenzione che gli affinava il viso chino sembrò smarrirsi in quegli occhi così chiari tra le palpebre arrossate. Poi abbassò di nuovo la testa.
Ad un tratto, Marco avverti nella stanza il silenzio teso che segue una domanda o un ordine cui non é stata data risposta[...]
[...]e aveva colpa. « Non ne ho colpa » si ripeté, preso da un'accorata pietà di sé.
Provò ora un oscuro bisogno di provocare gli sguardi degli altri. Lasciò_ l'angolo dov'era tornato, si fece vicino al tavolo, sotto la lampada, e stette a guardare fisso sua madre che condiva l'insalata.
« Hai brutta cera! » disse Teresa fermandosi. Nel visetto smunto e abbronzato, le palpebre pallide, venate d'azzurro, sembravano larghe e fragili.
Marco senti lo sguardo della madre scorrere su di lui, come se essa cercasse i segni di un nuovo torto che le venisse fatto. La sua mano gli tastava il collo, le ascelle, la fronte, per sentire se avesse la febbre; una mano che interrogava in modo ben più incalzante dello sguardo.
« No, sei fresco », concluse Teresa con aria rassicurata. « E guarda in che stato ti sei ridotto i pantaloni! », aggiunse dopo un momento. Ne scosse la polvere con la mano, Marco si senti oscillare come un fantoccio. « Tutto il giorno che mi sfinisco a lavare e stirare, e guarda come ti riduci! »
E Marco provò quasi piacere a vederla irritarsi così, senza che sapesse. E un senso di forza, appena alterato da un gusto amaro di vendetta.
Antonio mandò un sospiro. « Lascialo stare », disse. «È stanco ».
Lavorava sull'asticciola che aveva piallato prima, già incisa di foglie. L'altro pezzo di[...]
[...]i era ragazzo, e metteva da parte tutti i soldi, e che poi s'era comperato un orologio. Marco s'accorse che parlando non cessava di sorvegliare la strada, sulla quale Giacomo Cataldo stava venendo lentamente verso casa. Quando fu vicino, Filippo si voltò verso di lui con un largo sorriso, come preparandosi a fermarlo.
Giacomo camminava con aria assente. Scorse Filippo all'ultimo momento: gli fece appena un cenno di saluto, e distolse subito lo sguardo, con quella sospettosa e schiva umiltà che gli era apparsa sul volto dopo la disgrazia, e s'accentuava ogni volta che l'ubbriachezza lo aveva spinto a qualche violenza.
«Lo hai visto l'altro ieri? » sussurrò Filippo a Marco, assottigliando la fessura degli occhietti curiosi. Marco fece cenno di no. « Me l'ha raccontato Nino », riprese Filippo. « Voleva bastonare Costanza... ».
Se aveva visto! Con gli occhi come ciechi, Giacomo alzava la mano sulla moglie. All'improvviso, Michele aveva preso un fiasco e l'aveva levato contro il padre: pallido, pronto a colpire. Giacomo s'era accasciato sul l[...]
[...]rco aveva pensato che se il padre avesse saputo non avrebbe scherzato : e che forse era sempre così, solo che di solito lui faceva meno attenzione.
Appena preso il caffè, anche Antonio s'era alzato dicendo che andava alla Grotta. Teresa aveva scrollato le spalle senza rispondere. Marco rimase là in un angolo ad ascoltare lo sciacquio e i colpi duri delle stoviglie sull'acquaio. Teresa taceva. Quando la vide prossima a finire, si senti smarrito. Guardò il letto dove dormiva con i suoi. Poteva sdraiarsi, fingere il sonno. Ma Teresa lo avrebbe certo raggiunto : l'avrebbe sentita rivoltarsi tra le lenzuola come faceva quando Antonio non c'era. Con uno sforzo, disse che andava fuori a giocare. Avrebbe fatto meglio ad andare a letto, gli disse Teresa, era stanco. Gli si avvicinò, asciugandosi le mani al grembiule, gli fece una carezza a quel modo timido e brusco che era il suo, quando smetteva la solita aria di risentimento. Scostando dal viso le ciocche scomposte dei radi capelli, neri ancora ma opachi, gli si sedette vicino. « Vieni qui », dis[...]
[...] chiara più che dai fanali, dei ragazzi giocavano ancora. Si sentiva il tonfo del pallone. Due compagni, che passavano correndo, si fermarono:
« Vieni a giocare? »
Fece silenziosamente cenno di no. Lo guardarono un po' stupiti. S'allontanarono, uno si voltò a guardarlo ancora.
Filippo Bertolli stava venendo avanti, con la sigaretta in bocca. Faceva sempre due passi, dopo cena, per digerire.
In quel momento Costanza si sporse dalla finestra e guardò in direzione della città.
« Niente », disse voltandosi verso l'interno. « Si fa tardi ».
« Che cosa c'è? » chiese Filippo.
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Costanza si ritirò. Filippo scrollò le spalle, mentre la brace della sigaretta gli illuminava sulle labbra un sorrisino. Una volta di piú, il ragazzo dei Cataldo se ne stava in giro per conto suo, certo pensava. Tornò piano sui suoi passi.
Marco girò intorno alla casa, e stette un po' a guardare di lontano i compagni che giocavano a calcio. Poi tornò indietro : voleva sapere se Giacomo e Costanza erano ancora là.
Arrivò, strisciando lungo il muro[...]
[...] porta s'apriva per lasciar entrare un nuovo arrivato. E se qualcuno fosse venuto a cercarlo fin là? Almeno avesse potuto raggiungere suo padre. Non era ancora riuscito a scor
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gerlo: non voleva farsi troppo avanti. Improvvisamente, l'idea che Antonio potesse cantare anche lui gli diede una specie d'inquietudine. In casa, non l'aveva mai udito neppure canticchiare.
Gli occhi fissi sulla parte della sala che s'apriva al suo sguardo, cominciò ad attenderlo con crescente ansia. Passava sempre un po' di tempo fra il momento in cui uno tornava al suo posto e quello in cui un altro, con una certa impacciata risolutezza, s'alzava e, senza guardare gli altri, veniva in mezzo alla stanza. Fu prima un ometto segaligno dai lunghi baffi spioventi, il quale modulò con diligenza una complicata melodia, corrugando di tanto in tanto la fronte. Poi un balbuziente, che stava vicino a Marco (nelle pause, lo aveva visto lottare, scarlatto, contro quell'incepparsi del suono sui denti). Cantò invece con facile pienezza : il rossore che gli [...]
[...]evano essere andati ad informarsi dai vicini. Non potevano avere nessuna idea precisa su lui e Nino: erano scesi soli, nel pomeriggio, e Michele l'avevano incontrato per caso, in
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città. Ma fra i ragazzi di Oregina, erano loro a stare più spesso con Michele.
Mentre s'avvicinavano, Marco scorse il viso della nonna, ritta nell'ingresso buio della casa. Vide per un attimo i suoi occhi dilatarsi, bianchi, come ne traversava lo sguardo, e subito incupirsi.
In fondo alcuni bambini, fermi sul ciglio della strada, guardavano verso la casa di Filippo Bertolli.
Erano appena rientrati, quando udirono dei passi.
Apparvero Giacomo e Costanza, Filippo Bertolli, e dietro a lui Nino. Per primo si fece avanti Giacomo, scusandosi di disturbare a quell'ora. Quella dimessa cerimoniosità, in lui abituale, colpi Marco come un fatto inatteso.
Attento a non incontrare gli occhi di Marco, a non guardare nessuno, Nino rimaneva sulla soglia, quasi nascondendosi dietro il padre, con lo stesso volto che aveva sul greto, il ciuffo ritto e il me[...]
[...]esso aveva pazientemente digrezzato e piallato. Di solito, aveva una cura così attenta di tirarla in disparte.
Quando erano entrati, Antonio s'era alzato vivacemente, lasciando il suo tavolaccio per andar loro incontro; ma s'era subito fermato. Mentre Filippo Bertolli parlava, il suo volto sembrava appesantirsi : l'alta fronte stempiata si raccoglieva in due rughe tra le sopracciglia, e due pieghe più fonde gli scavavano gli angoli della bocca. Guardo infine verso Costanza, con un'espressione dolorosa e quasi incredula, mentre
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la sua destra, in modo quasi insensibile, s'alzava verso la tasca. Ma subito la lasciò ricadere, e abbassò gli occhi. Marco vide le sue dita contrarsi piano.
Gettò finalmente uno sguardo su Costanza. Appoggiata con i gomiti alla credenza, il volto racchiuso tra le mani, sembrava un'estranea che quasi non si occupasse di quello che gli altri dicevano.
Marco s'accorse a un tratto che lo sguardo di Nino cercava i suoi occhi. Tutti gli sguardi erano su di lui. Capì che gli avevano fatto una domanda che non aveva udita, e quasi non se ne preoccupò, gli pareva che almeno suo padre e Costanza ormai sapessero tutto. Fu quasi stupito di sentir dire da Nino: « Come può averlo visto, se siamo stati insieme tutto il pomeriggio? ».
Ma Costanza alzò il viso, girò sugli altri degli occhi interrogativi, supplichevoli. « Sarà andato al Lido » disse Filippo alzando la voce. Non era la prima volta che tardava fino a sera, aggiunse, e un'ora più un'ora meno, i ragazzi non se ne accorgono. « Sará rim[...]
[...]stati insieme tutto il pomeriggio? ».
Ma Costanza alzò il viso, girò sugli altri degli occhi interrogativi, supplichevoli. « Sarà andato al Lido » disse Filippo alzando la voce. Non era la prima volta che tardava fino a sera, aggiunse, e un'ora più un'ora meno, i ragazzi non se ne accorgono. « Sará rimasto a guardare la gente che balla », annui Teresa. Aveva cominciato con calore, ma poi, come Antonio s'avvicinava a Costanza, Marco notò che lo sguardo della madre mutava di colpo. « Ha talmente l'abitudine di starsene in giro come vuole », concluse con tono diverso. « Non c'é ragione di preoccuparsi ». « Non c'é ragione », ripeté Filippo con aria di sollievo. Aveva preso un tono di superiorità quasi scherzosa, e parlando agitava le mani lisce, come dimenasse una pasta. Pareva soddisfatto di sostenere la parte d'uomo posato e informato, che non si lascia impressionare da inquietudini puerili.
Sembrava a Marco di scorgerli da lontano, estremamente futili e incomprensibili nei loro gesti. Parlavano per rassicurarsi, era chiaro, per distrarsi.[...]
[...]agitava le mani lisce, come dimenasse una pasta. Pareva soddisfatto di sostenere la parte d'uomo posato e informato, che non si lascia impressionare da inquietudini puerili.
Sembrava a Marco di scorgerli da lontano, estremamente futili e incomprensibili nei loro gesti. Parlavano per rassicurarsi, era chiaro, per distrarsi. Avvicinatasi alla credenza, Teresa fece sparire furtivamente la zuppiera sbrecciata.
Per la prima volta Marco scambiò uno sguardo con Nino: lo vide pallidissimo, appoggiato al muro.
Nessuno pareva pensare più a interrogarli, come se la risposta di Nino fosse bastata. Marco li guardava uno dopo l'altro, con stupito rancore. Nulla.
Giacomo Cataldo taceva. Con le mani si tormentava il viso: anche lui in disparte, solo. Non sembrava neppure udire, lo sguardo assente. Non gliene importa nulla, si disse Marco. Ripensò con piacere crudele a tutto ciò che Filippo diceva di lui: un vigliacco, cui era bastata una disgrazia per lasciarsi andare; sempre intontito dal vino, era colpa sua
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se le cose andavano a quel modo, in casa; non era neppure un uomo, quello. Trovava una specie di sollievo nell'odio che destava in lui quel viso inerte. Sui lineamenti da bel ragazzo alterati da un gonfiore flaccido, la pelle esangue, illividita dalla barba non rasa, e i baffetti nerissimi, che un tempo davano più risalto al sorriso sicuro, sottoline[...]
[...] grande stanchezza nella voce. E Marco pensò che aveva ragione. Stavano dibattendosi di paura, ecco, come se ognuno avesse potuto far portare all'altro il carico di quello che temeva, rifiutandosi in anticipo di sapere per sé.
Suo padre gli stava accanto, ora. Improvvisamente, egli senti la mano di lui premergli una spalla. Era una mano stranamente leggera, come quando seguiva il contorno dei suoi intagli. Si voltò pensando d'incontrare il suo sguardo. Gli vide invece un viso opaco, tanto che pensò l'avesse sfiorato involontariamente. Però gli rimase vicino. Rimase che se n'erano andati, e non aveva quasi visto come.
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« ... Non esser tosi inquieto ». Gli accarezzò piano la testa. « Deve tornare », aggiunse con forza.
Teresa alzò le spalle. Sarebbe ben tornato, disse, non c'era da stupirsi se stava a girovagare anche di notte, quel povero ragazzo, con un padre che sapeva solo ubbriacarsi, e quella... Lasciò la frase in sospeso con un gesto sprezzante, e si mise a riporre i piatti rimasti sulla credenza.
Antonio andò [...]
[...] lo aspettassimo. Di questo, avevamo colpa ». Ma Dio, perché gettarla tutta su loro, la colpa, fare che fossero soli a portarla?
Rivide il viso maligno di Nino nel nuoto, e quelle braccia intrise di fango, che quando s'erano screpolate asciugandosi, parevano coperte d'una pelle malata. « Non volevo che nascondesse tutto così... come... come degli assassini ». Aridi singhiozzi lo scuotevano. Perché, perché lui solo doveva essere legato a quello sguardo di Nino, a quelle braccia viscide di fango, mentre gli altri, tutti, potevano difendersi, accusare?
S'era alzato dal letto, vagava inquieto per la stanza: come sempre, i fondi di caffè nella pentola, e i piatti, e la brillantina che Luigi si metteva in testa la sera, ne restava nell'aria un odore dolciastro; e di nuovo i rigidi, stupidi fiori pazientemente incisi da Antonio. Prese in mano una delle asticciole, stette a guardarla un momento, poi la gettò bruscamente sul tavolo.
Si decise a uscire. Trovò d'improvviso la notte: cosi lieve di brezza, e intera tutt'intorno, come se dalla sorgent[...]
[...]l suolo : una figura di donna vestita di bianco; e piú scura, una svelta figura d'uomo. Riconobbe il fratello, dopo qualche momento, alla risata un po' brusca; e subito Maria, la sua ragazza: leggera nei movimenti, mentre salivano a fianco il pendio.
Si fermarono abbastanza vicino. Pensò di scappare, ma avrebbe fatto rumore; del resto, cosí fermo contro il colle, i due non potevano vederlo. Luigi si voltò verso la ragazza, nascondendola al suo sguardo. Li udì mormorare, poi all'improvviso sulla schiena scura del fratello, appena profilata contro la notte, vide apparire due braccia pallide, e scorrere inquiete. « Si abbracciano », disse per tranquillizzarsi: ma quasi lo sbigottivano, quelle mani separate e come spaurite. Non sapeva staccarne gli occhi: sembravano cercare a tentoni un appoggio, premevano con le dita divaricate, s'avvinghiavano, scorrevano ancora a quel modo cieco e ansioso, si rizzavano come a schermo di un colpo. Finalmente si staccarono, e sedettero vicini.
Li scorgeva nitidamente, ora. Tacevano. Quante volte aveva visto [...]
[...]ta da Teresa, il leggero tonfo dei piedi d'Antonio, premuti l'uno dopo l'altro a terra per calzare bene la scarpa; e mormorii, e la porta che si apriva : rumori precisi eppure lontani, nel dormiveglia cui s'aggrappava.
Infine, una presenza l'aveva destato.
« Marco », sussurrò la voce di Nino. Si rassegnò ad aprire gli occhi e s'alzò a sedere sul letto.
Nino era appiattito contro il muro, vicino alla porta aperta. L'accostò gettando fuori uno sguardo. « Ho aspettato che tua madre uscisse », mormorò. « Si sono rivolti alla questura. Tuo padre e Luigi li hanno accompagnati ». Certo, aggiunse guardandolo timorosamente, sarebbero venuti per le ricerche: avrebbero dovuto stare attenti. Insistette su questo, Marco capi che aveva paura che parlasse. Non rispose, neppure con un cenno.
Nino esitava, come se avesse ancora qualcosa da dire.
Mio padre vuole che faccia la comunione stamattina. Per Michele, dice ».
Marco s'alzò di scatto dal letto e gli venne vicino.
« Dovrai confessarti ».
Ancora non l'aveva mai fatta, lui, la comunione. Guardò f[...]
[...] guardandolo timorosamente, sarebbero venuti per le ricerche: avrebbero dovuto stare attenti. Insistette su questo, Marco capi che aveva paura che parlasse. Non rispose, neppure con un cenno.
Nino esitava, come se avesse ancora qualcosa da dire.
Mio padre vuole che faccia la comunione stamattina. Per Michele, dice ».
Marco s'alzò di scatto dal letto e gli venne vicino.
« Dovrai confessarti ».
Ancora non l'aveva mai fatta, lui, la comunione. Guardò fisso Nino. Bisogna dire tutto, no? »
Nino sfuggi con imbarazzo il suo sguardo.
« Anche quello?... » insisté Marco.
« Non c'é mica peccato », disse Nino con voce dura. « Ho detto una bugia, é tutto ».
Mai Marco aveva provato, prima, l'ira che in quel momento l'assalì. Si gettò su Nino che non resisteva, inerte, e lo colpi furiosamente, alla cieca, con un gusto come di sangue nella bocca serrata. Il corpo di
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Nino cedeva, scrollandosi sotto i colpi e arretrando, il gomito a schermo del viso. Si fermò con le spalle al muro.
« Ma sei pazzo ? » balbettò.
Marco si scostò di colpo. Lo guardò un momento in viso, poi si lasciò cadere su una sedia.
« N[...]
[...]e dura. « Ho detto una bugia, é tutto ».
Mai Marco aveva provato, prima, l'ira che in quel momento l'assalì. Si gettò su Nino che non resisteva, inerte, e lo colpi furiosamente, alla cieca, con un gusto come di sangue nella bocca serrata. Il corpo di
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Nino cedeva, scrollandosi sotto i colpi e arretrando, il gomito a schermo del viso. Si fermò con le spalle al muro.
« Ma sei pazzo ? » balbettò.
Marco si scostò di colpo. Lo guardò un momento in viso, poi si lasciò cadere su una sedia.
« Non c'è peccato, vero ? » ripeté con voce strozzata. Che Michele sia morto, che noi non siamo stati attenti, che tu... tutti... Non c'è peccato! « Va via! » mormorò poi guardando fisso Nino. Nino tentò di parlare. « Va via! ». Il ragazzo, con espressione attonita, si passò una mano sui capelli, e faceva con la gola uno sforzo come se inghiottisse. « Via! » urlò.
Nino indietreggiò lentamente verso la porta, la spinse con la schiena, e poi fuggi lasciandola spalancata.
Marco si guardò intorno stordito. Tutto, nella stanza non ancora ra[...]
[...]con voce strozzata. Che Michele sia morto, che noi non siamo stati attenti, che tu... tutti... Non c'è peccato! « Va via! » mormorò poi guardando fisso Nino. Nino tentò di parlare. « Va via! ». Il ragazzo, con espressione attonita, si passò una mano sui capelli, e faceva con la gola uno sforzo come se inghiottisse. « Via! » urlò.
Nino indietreggiò lentamente verso la porta, la spinse con la schiena, e poi fuggi lasciandola spalancata.
Marco si guardò intorno stordito. Tutto, nella stanza non ancora rassettata nonostante la luce già piena, aveva qualcosa d'insolito che richiamava un disordine di giorni festivi. Le tazze da caffè non sciacquate, sul tavolo; quel letto ancora sfatto, col cuscino sgualcito e pesto dalla parte di Teresa, da quella d'Antonio diritto e quasi liscio; c'era perfino, attaccato alla finestra, lo specchietto punteggiato di spruzzi di sapone, come di domenica. Era forse per andare in questura che Luigi s'era fatto la barba alla mattina, e non come il solito al ritorno del lavoro. Teresa doveva anche aver pulito le sca[...]
[...]nte sul collo esile. Ma subito lo perdeva.
Pensò vagamente che i questurini sarebbero venuti, e che forse li avrebbero arrestati per aver taciuto; ma senza paura, piuttosto con un'acre soddisfazione.
Fu solamente il ritorno di sua madre a farlo muovere. Teresa mise subito sul fuoco la pentola per il brodo, e vi gettò dentro un pezzo di carne che aveva nella borsa. « Potrà servire anche per loro » disse, con tono quasi di scusa, incontrando lo sguardo di Marco, e accennò con la testa alla casa dei Cataldo. « Non avranno di sicuro la testa per pre
IL SILENZIO 181
pararsi da mangiare, oggi ». Quando vide che Marco s'avviava ad uscire, gli raccomandò con aria inquieta di non allontanarsi.
Dall'andito, udì dei passi nella strada, e la voce di Filippo Bertolli. Si nascose dietro la porta. « Porto Nino a fare la comunione », diceva Filippo. « Che almeno ci sia chi prega per quel povero figioeu... ».
S'allontanarono.
Più in alto sulla . strada, due suoi compagni, seduti sul ciglio, giocavano a palline, altri stavano intorno. Avevano un'aria [...]
[...]n aria inquieta di non allontanarsi.
Dall'andito, udì dei passi nella strada, e la voce di Filippo Bertolli. Si nascose dietro la porta. « Porto Nino a fare la comunione », diceva Filippo. « Che almeno ci sia chi prega per quel povero figioeu... ».
S'allontanarono.
Più in alto sulla . strada, due suoi compagni, seduti sul ciglio, giocavano a palline, altri stavano intorno. Avevano un'aria distratta e svogliata. I più piccoli seguivano con lo sguardo Nino e Filippo che scendevano lungo la strada. Nino camminava rigido, il padre lo seguiva con quel suo passo saltellante sui piedi troppo piccoli. La giacca scura faceva sembrare ancora più rosea la pelle che traspariva sotto i rari capelli impomatati.
Senza guardare verso il gruppo dei ragazzi, Marco svoltò giù per il colle. Scese, poi s'addentrò nella città, e girò a lungo in uno stato di vago stordimento, scegliendo le vie più deserte. Fu quasi senza pensarci che si trovò ad aver varcato la soglia di una chiesa. Rimase qualche momento intimidito, nella zona di luce rossa che filtrava sul [...]
[...] di banchi vuoti. Dal fondo, al di là di grandi colonne bianche, s'udiva a tratti una voce recitante. Avanzò piano, cercando di non far rumore, fino a che poté scorgere una cappella laterale, immersa nell'ombra, dove un prete officiava davanti ad alcune donne.
Dall'altra parte della navata, una penitente con la testa coperta da un velo nero stava inginocchiata davanti al confessionale, la testa china verso la grata.
Uno scaccino che passava lo guardò fisso. S'accorse che era il solo a stare in piedi, e pensò che forse non doveva. Andava in chiesa unicamente in occasione delle feste solenni, accompagnato da Teresa: cercava allora di pregare bene, con fervore, imitando i gesti di sua madre. S'inginocchiò in mezzo ai banchi vuoti. Cercava di seguire, attraverso la voce del prete che diceva messa, il mormorio che veniva dal confes sionale. Gli parve che parlasse quasi sempre la donna, interrotta da brevi domande. E se, quando lei avesse finito, fosse andato ad inginocchiarsi davanti alla grata? E poi? Per quanto s'interrogasse su quello che a[...]
[...]corse tutti i ragazzi seduti sul ciglio del campo di calcio, tranquilli: non giocavano, guardavano verso la valle.
Il sole si spalancava, accecante, sul colle nudo. In alto, nella vibrazione della calura, si staccava nitido e fermo il forte del Righi.
Come sempre in assenza di Giuseppe Spinola, la porta era socchiusa perché i vicini potessero accorrere se Caterina avesse chiamato. Traversò la cucina, e a qualche passo dalla soglia lo colse lo sguardo della malata, fermo nella sua direzione. Marco sapeva che vedeva : ma nulla ormai, da tempo, né un gesto né una contrazione della pupilla, rivelava in lei la percezione di una nuova presenza.
S'avvicinò lentamente fino ai piedi' del letto.
Una mosca batteva contro i vetri chiusi. Lontanissimo, giungeva ogni tanto qualche suono di clackson. Spalancati, gli occhi di Caterina lo accoglievano sempre nel loro sguardo immobile.
« Hai fatto andare l'elicottero? » chiese infine.
Da quando era malata, ogni volta che l'andava a trovare Caterina gli rivolgeva sempre questa domanda. L'elicottero. Chiedeva sempre dell'elicottero di celluloide che lui faceva volare un giorno sotto le finestre degli Spinola. Caterina s'alzava ancora dal letto, allora. S'era affacciata al davanzale, ed era rimasta a guardare: l'elica rossa, ruotando, brillava al sole, si spegneva, tornava a brillare, librata.
« Si », rispose come sempre, esitando. Caterina aveva chiuso gli occhi. La cornea e la pupilla s'intravvedevano, ugualment[...]
[...]vicinava, si fermava incerto sulla soglia : poi entrò. Antonio. Evitando di guardare Marco, si diresse verso la seggiola accanto al letto. Sedette con pesante lentezza.
« Ecco », disse questa volta Caterina.
Per un attimo, il respiro di lei parve più rapido. Una lieve contrazione degli zigomi fece risaltare più duramente, nel viso scarno, il suo naso affilato. Poi si rilassò.
« Fa lo stesso », disse.
Antonio gettò di sfuggita sul figlio uno sguardo quasi timoroso. Si coperse gli occhi con la mano, il gomito appoggiato al ginocchio: le sue dita tormentavaño piano le tempie. Lentamente, posò l'altra mano su quella della malata, e la tenne ferma; i tendini sporgenti mostravano un'intensa, crescente pressione. Ad un tratto, con uno spasimo della bocca, Caterina dibatté adagio la testa sul cuscino, su e giù, in modo uguale, quasi calmo. I capelli le s'incollavano alle guance madide. Marco non osava guardare il padre. Quando essa si fermò, aveva lo stesso viso inerte, lo stesso sguardo immobile.
Antonio aveva alzato la testa : Marco gli vide[...]
[...]le sue dita tormentavaño piano le tempie. Lentamente, posò l'altra mano su quella della malata, e la tenne ferma; i tendini sporgenti mostravano un'intensa, crescente pressione. Ad un tratto, con uno spasimo della bocca, Caterina dibatté adagio la testa sul cuscino, su e giù, in modo uguale, quasi calmo. I capelli le s'incollavano alle guance madide. Marco non osava guardare il padre. Quando essa si fermò, aveva lo stesso viso inerte, lo stesso sguardo immobile.
Antonio aveva alzato la testa : Marco gli vide le orbite peste e gli occhi arrossati. Anche lui, ora, fissava la malata; poi rivolse di nuovo a Marco quello sguardo rapido e timoroso.
« Fa lo stesso » ripeté Caterina. E Marco udì un no sommesso ma violento, e stranamente rauco, come se a stento Antonio avesse trattenuto un grido.
Il viso di Caterina rimase immutato, quasi essa non avesse udito.
Antonio s'alzò, venne verso Marco, e con una pressione della mano sulla spalla gli indicò che uscisse. Ma come accennando a parlare, le labbra della morente vibrarono di un lieve tremito, denudando le gengive pallide.
«Si sta bene sul Righi », disse infine con un tremito più forte delle labbra, che abbozzarono faticosamente un sorriso. Si voltò adagio verso la[...]
[...]mutato, quasi essa non avesse udito.
Antonio s'alzò, venne verso Marco, e con una pressione della mano sulla spalla gli indicò che uscisse. Ma come accennando a parlare, le labbra della morente vibrarono di un lieve tremito, denudando le gengive pallide.
«Si sta bene sul Righi », disse infine con un tremito più forte delle labbra, che abbozzarono faticosamente un sorriso. Si voltò adagio verso la finestra. « Tira a piovere », disse ancora, lo sguardo alla foschia livida che pesava sull'orizzonte. « $ buono... quando sa tutto di pioggia ».
« ...E di sale » prosegui piano Antonio. « La terra, i capelli... ».
Marco aveva indietreggiato, scostandosi dal letto, come avesse voluto fuggire. Guardava fisso la morente.
C'era quell'odore di pioggia e di sale, ricordò a un tratto, un giorno
188 LILIANA MAGRINI
che lui e Michele correvano su una striscia sabbiosa lambita dal mare. I piedi lasciavano sulla sabbia bagnata un'orma chiara che poi un velo d'acqua, lentamente trapelando, faceva quasi nera, e traslucida... Aveva sperato di parlare a Ca[...]
[...]va in giro che qualche cane appiattito sul selciato, e gli proponeva di salire sul Righi o dì andare a rubare la frutta
in qualche orto, era perché aveva paura Giacomo, e non lo diceva.
E non avrebbe tollerato che lui lo dicesse.
Ma in questo non c'era niente di cui si potesse parlare. Eppure, ormai, non sapeva pensare ad altro. Tutto s'era fatto così confuso. Riandò con la memoria a quel grido : non sapeva più ritrovarlo.
Caterina aveva lo sguardo fisso alla cresta del Righi. Si vedevano ora lassù, nitide, lontanissime, due persone : una delle tante coppie che salivano con la funivia e vagavano per il colle.
La mano d'Antonio gli premeva di nuovo la spalla, guidandolo verso la porta. Lo segui.
Gli parve, mentre scendevano le scale, che il padre cercasse le parole per dirgli qualche cosa. « Dio, Dio, Dio... » si limitò a borbottare tra i denti.
C'era sulla strada un assembramento di gente, appena fuori del quartiere. Guardò, attraverso la finestra aperta, nel pianterreno dei Cataldo : deserto. Capi che qualcuno della questura doveva [...]
[...] vedevano ora lassù, nitide, lontanissime, due persone : una delle tante coppie che salivano con la funivia e vagavano per il colle.
La mano d'Antonio gli premeva di nuovo la spalla, guidandolo verso la porta. Lo segui.
Gli parve, mentre scendevano le scale, che il padre cercasse le parole per dirgli qualche cosa. « Dio, Dio, Dio... » si limitò a borbottare tra i denti.
C'era sulla strada un assembramento di gente, appena fuori del quartiere. Guardò, attraverso la finestra aperta, nel pianterreno dei Cataldo : deserto. Capi che qualcuno della questura doveva essere arrivato. « Ora m'interrogheranno », si disse « e sarà finita ».
Nino era tra altri ragazzi che, dietro agli adulti, si serravano per vedere: pallidissimo, ma avevano tutti un'aria così spaurita. L'agente, un uomo dal viso bruno e pigro e dalle palpehre pesanti sugli occhi molto neri, sembrava sorridere mentre parlava : ma forse era solo un'im
IL SILENZIO 189
pressione che veniva dall'atteggiamento naturale delle sue lunghe labbra sinuose. Si rivolgeva a Giacomo, che stava [...]
[...] braccio di Giacomo, cercando di sorreggerlo: ma riuscì soltanto a dare intralcio al suo lungo passo rigido. Quando Antonio si staccò, Giacomo rimase qualche istante immobile, a testa china; poi riprese a camminare, e infine scomparvero anche loro.
C'era una cavità nel terreno, vicino a Marco. Era una delle trincee che lui stesso, molti mesi prima, aveva scavato con i compagni. Già v'era cresciuta l'erba.
Vi si appiattò e si sdraiò supino, Io sguardo al cielo opaco. Si sentiva gli occhi bruciati. Ma non provava più quell'impotenza al pianto che dal giorno prima l'attanagliava : era, piuttosto, come se il pianto
IL SILENZIO 191
lo avesse ormai scavato, lasciandolo duro e asciutto e compatto come un ciottolo levigato dall'acqua.
Un aroma forte saliva intorno, insieme a un leggero crepitio, dalle erbe corte e dure. Più tardi si levò il vento: il cielo sembrò indurirsi.
Già impallidiva, quando Marco senti venire di lontano il solito grido: « All'erta! ». S'alzò, aggrappandosi con le mani all'orlo della trincea. Il grido s'avvicinava, meno[...]