Brano: [...]l’improvviso, misterioso, chiuso; visibile centro, e inconsapevole, di una vita non mutata da millenni, di uni antica, superstite civiltà.
È la più arcaica « città » di tutt’Italia, probabilmente di tutto il Mediterraneo.
Entrando per la via principale, che attraversa come un serpente tutto Orgosolo, l’abitato si stende in salite scoscese ed in ripide discese, attraversato da viuzze impraticabili scavate nella roccia o fatte con ciottoli taglienti, veri sentieri di capre e di pecore. In alto
lo sbarra un ammasso di pietre di granito frantumato in breccia, ed in basso una scarpata di pietra di calcare ridotta a pietrisco e sabbione. L’abitato non segue alcun disegno per l’altezza e per la larghezza : le case compaiono a livello e sotto e sopra la strada.
Sotto i tetti, fatti a tegole di ardesia o di legno, a primo sguardo sembra che non vi sia differenza alcuna tra abitazioni, se non nei piani che sono di solito uno, raramente anche tre. Eccezion fatta per alcune costruzioni più moderne, tutti i muri sono edificati con grosse [...]
[...]costituito da esse. Salendo per qualche gradino costruito con estrema imperizia, consumato, si accede in una stanza bassissima, che costituisce tutta l’abitazione. Una persona di normale statura è costretta ad abbassarsi per entrare e, una volta entrata, deve restarvi china. Di estate e d’inverno, molto spesso, vi investe sin dall’ingresso, una nuvola di fumo denso, scuro, che annebbia tutto, ed un odore acre, forte, di legna bruciata. Lacrimano gli occhi, il respiro è diffìcile. Attraverso quel fumo si intravedono in alto nella stanza due travi enormi, scurissime, bruciate, che sostengono un tetto di tegole di legno aperte solo!in un piccolo foro, da cui trapela la luce; sulle mura abiti attaccati ad un chiodo e attrezzi da pastore; al centro della stanza sul pavimento, che è solo terra ribattuta, un piccolo recinto chiuso con tre o quattro mattoni, in cui si fa il fuoco. Nessun mobile, se non qualche banchetto di legno, basso, corto, da nani. Scendendo per una botola con una scala a pioli di legno, quasi sempre sconnessa, si accede ad [...]
[...]ati ad un chiodo e attrezzi da pastore; al centro della stanza sul pavimento, che è solo terra ribattuta, un piccolo recinto chiuso con tre o quattro mattoni, in cui si fa il fuoco. Nessun mobile, se non qualche banchetto di legno, basso, corto, da nani. Scendendo per una botola con una scala a pioli di legno, quasi sempre sconnessa, si accede ad una fossa inferiore, una specie di tana scavata nel granito, dove, qualche volta, dorme l’intera famiglia.
È la più antica forma di abitazione in muratura che si conosca e, con la sua pianta a focolare centrale, continua, con rudimentale sviluppo, uno dei tipi della casa preistorica europea.
Uscendo dai « fughiles », e riprendendo la via centrale, dopo un caos di altre case, al limite del paese, si trova uno spiazzo largo, quadrato, pieno di polvere e di pochi alberi, che, a strapiombo, si affaccia sulle campagne circostanti. Ricompare incombente, quasi dolce, eppur pauroso, il monte di Oliena che, nel percorso tra Nuoro e Orgosolo, di tanto in tanto, si era lasciato intravedere.
Questo[...]
[...]tte le pastore di Sardegna, ma le distingue sempre ima cura maggiore nel vestito, una dignità di sé scomparsa ormai tra uguali categorie del continente; un portamento severo, un’andatura maestosa. Portano, di solito, una gonna scura marrone
o nera che a diecine di pieghe discende sino ai piedi, come è uso in Spagna; una camicia più chiara abbottonata al collo e ai polsi; larghi mantelli in lana grezza di color marrone o nero, oppur scure mantiglie a larghe frangie, come è uso in Spagna; piedi scalzi, quasi sempre, o sandali; e un fazzoletto che copre sempre il capo e, discendendo per il viso, viene rigirato sotto il naso come tra le donne africane, a ricoprire il labbro e il mento. Il modo di saper restare immobili, pur stando in movimento; il modo di guardare, con impassibile dignità; il modo di camminare sènza gesti scomposti, con classicità, sciolte, eleganti eppur solenni, le fa sembrare quasi statue viventi, monumenti di un antico mondo.
Se vi capita di vedere una donna di Orgosolo nell’antico, ora poco usato, costume del paes[...]
[...]r i ricordi che evoca.
Su una larga gonna marrone, lunga sino ai piedi, son sovrapposti tre grembiali : uno, di orbace rosso, che si chiude all’orlo con un nastro di seta verde; un altro, uguale; un terzo, più piccolo, di orbace rosso, che sormonta i primi due, ma ricamato in seta con fili d’oro, di rosso, di blu, di verde, a contrasto violento, drammatico, con disegni di fiamma, di braccia vegetali, che ricordano, stilizzati,
i contorni degli antichi candelabri Ebraici. Sopra i grembiali vi è una camicia bianca, pronunciata sul petto, chiusa con grandi bottoni d’oro a forma di una grande chiocciola, che sormontano due giubbotti: uno, di orbace rosso, con maniche larghe, ricamato con quegli stessi fili di policrome sete, con fregi di foglie, di alberi, che ricordano le tavolette di Babilonia; l’altro, funereo, stretto alla vita e senza maniche, che rinchiude il primo.
Il pezzo più singolare di tutto il costume è, però, un rotolo di seta rigida, tessuta a grana grossa, di colore giallo scuro — una specie di papiro di antichi Egiziani — che si pone sul capo e si avvolge intorno al volto, sì che — come da una remota profondità — ne spuntano solo gli occhi, e il naso (1).
Malgrado l’insieme dei pezzi, così vario ed eterogeneo, la manifesta provenienza da così antiche civiltà, quel costume ha pure una
(1) Il prezzo medio dei singoli pezzi del costume è il seguente: sa vranella su sa ’ittu sa veste sa antalena sa ’ammisa su zippone sas palas su liunzu sa caretta su sacchittiddu s’aneddu issu lumene
sos butones
sa ’orona
sas iscarpas nieddas » » zelinas
gonna L. 2.000
primo grembiule » 10.000
secondo grembiule » 10.000
terzo grembiule » 15.000
la camicia » 2.000
primo giubbetto » 10.000
secondo giubbetto »[...]
[...]a su sacchittiddu s’aneddu issu lumene
sos butones
sa ’orona
sas iscarpas nieddas » » zelinas
gonna L. 2.000
primo grembiule » 10.000
secondo grembiule » 10.000
terzo grembiule » 15.000
la camicia » 2.000
primo giubbetto » 10.000
secondo giubbetto » 6.000
la benda » 15.000
zucchetto » 1.500
sottoveste » 1.500 Panello del nome (con iniziali)
gr. 50 d’oro » 15.000
i bottoni d’oro gr. 50 » 75.000
fermaglio d’oro » 10.000
corona di rosario in madreperla » 9.000
scarpe a stivaletto nere » 4.500
scarpe a stivaletto gialle » 4.5006
FRANCO CAGNETTA
sua unità, una fusione conseguita in Orgosolo e, nell’insieme, sembra precedere Israele, Babilonia, Egitto, come in un’epoca comune ai primitivi, oscuri aborigini Mediterranei.
In tutto il paese si incontrano quelle donne, in costume antico, in costume moderno, sedute ferme, impietrate sulle vie, o in continuo movimento intorno alle fontane, con le anfore in testa, che portano sempre con estrema eleganza. Le vedi anche in corsa, in aff[...]
[...] sormonta, a volte, ancora un altro giubbone nero, di orbace; in pantaloni larghi di tela bianca, a mezza gamba; con uose
o pezze ai piedi; ed il nero berretto frigio di Sardegna issato sulla testa. Altri portano camicie inamidate a cento pieghe, e macchiate tutte di vino; pantaloni di soldato ridotti a toppe; berretti di velluto con chiazze e strappi. Quasi tutti ricordano figure da Antico Testamento: con peli bianchi che discendono da sopra gli occhi, dalle orecchie, dai baffi, in una barba morbida, fluente, ben disposta in pieghe ondulate, che scende sino a metà petto. Hanno in mano vincastri contorti, bastoni maestosi da pastori.
Un quadro di tremila anni fa!
Questo è l’aspetto che compare per primo, superficiale, al visitatore, ma, cominciando a conoscere, a penetrare nel paese, voi vi accorgerete che esso non è così esterno, non vi tradisce : esso è rivelatore, proietta un mondo locale.INCHIESTA SU ORGOSOLO
7
Uno sguardo ad alcuni primi dati statistici sopra Orgosolo vi dà una fisionomia del paese che lascia trapela[...]
[...] cittadini di Orgosolo. Bisogna, soprattutto andare a cercarli mentre fanno i pastori in campagna, sapere le loro biografie, conoscere la storia antica e moderna del paese.
Per la scarsezza di fonti ufficiali, e non avendoli raccolti il Comune, i miei dati sono stati raccolti da pastori, in inchiesta privata.
Orgosolo ha, attualmente, una popolazione di circa 4312 abitanti, con una percentuale di uomini poco superiore alle donne, e 330 famiglie (2).
(2) TABELLA DELLA POPOLAZIONE DI ORGOSOLO
SECONDO ICENSIMENTI UFFICIALI DAL 1676 AL 1951
Stato sotto il quale si è evolto il censimento
S ®
5 8P
3 g«
£ fi
Totale delle famiglie
3 5 " £
0 CU
Regne de Sardeyna (Corona di Castiglia ed Aragona)
»
Regm/di Sardegna
Regno d’Italia
Repubblica Italiana
1688
1698
1728
1751
1839
1842
1848
1861
1871
1881
1901
1911
1921
1931
1936
1951
1188
1528
722
1256
2058
2077
2110
2009
1943
2174
2845
2988
2896
3062
3146
4251
599
750
897
1077
1010
1468
1466
589
778
859
1000
999
1594
1688
1830
2629
2959
3560
113
96
29
344 (fuegos) 487 ”
174 (fuochi) 530 ”
507
494
421
643
760
391
414
384
N.B. —[...]
[...]
722
1256
2058
2077
2110
2009
1943
2174
2845
2988
2896
3062
3146
4251
599
750
897
1077
1010
1468
1466
589
778
859
1000
999
1594
1688
1830
2629
2959
3560
113
96
29
344 (fuegos) 487 ”
174 (fuochi) 530 ”
507
494
421
643
760
391
414
384
N.B. — l dati dei censimenti del «Regne de Sardeyna» (Corona di Aragona e di Castiglia) sono riportati dai documenti originali pubblicati integralmente in: Francesco8
FRANCO CAGNETTA
La maggior parte degli uomini esercitano, indiscriminatamente, il mestiere di pastori transumanti, seminomadi. Verso i primi di settembre — per il clima, e non possedendo pascoli privati — discendono nelle pianure circostanti — in Campidano, in Baronia, in Ogliastra, in Gallura — ad affittare pascoli da privati proprietari per tenere i propri greggi individuali di 50100 capi in media. Verso i primi di giugno — e se il clima lo richiede anche oltre — ritornano in Orgosolo e vanno a pascolare, quasi tutti, nel territorio comunale, e molti ancora, perché arrivati tardi o per un pascolo migliore, in territori affittati da privati proprietari.
Ciascuno si industria, con un campo o con un orto, a fare un po’ di agricoltura ad uso familiare (grano, orzo, patate, alberi da frutta ecc.) : contadini in senso proprio si può dire che non esistono in Orgosolo.
Gli artigiani sono 57 : 20 muratori, 5 fabbri, 7 falegnami, 6 sarti, 15 calzolai, 4 barbieri. Ciascuno, in casa propria, si industria di farsi quello che gli occorre. E, di volta in volta, si rende occasionale artigiano per servire gli altri, se richiesto.
Gli impiegati sono 28, tra cui 4 professionisti: 11 impiegati per il Comune (1 segretario, 2 applicati, 1 messo, 1 bidello, 1 banditore,
1 guardia urbana, 2 guardie campestri, 1 cantoniere, 1 becchino), 1 medico, 1 farmacista (in casa), 1 ostetrica, 1 veterinario; 1 esattore;
2 per le Poste e Telegrafi (1 titolare, 1 postino); 2 per la Parrocchia (1 parroco, 1 viceparroco).
I negozianti sono 14: 4 possessori di spacci di alimentari e vari (non esiste alcun negozio di generi specializzati); 2 di sale e tabacchi; 8 di bettole con vendita di vino, birra, acquavite.
In tutto il paese non [...]
[...]l’acqua in poche fontane pubbliche, ma non nelle case, o solo in pochissime; vi è 1 pubblico telefono.
Corridore, Storia documentata della popolazione di Sardegna (14791901). Carlo Clausen, Torino, 1902, pp. 330. I dati dei censimenti del « Regno di Sardegna », del « Regno d’Italia » e della « Repubblica Italiana » sono riportati dalle relative pubblicazioni ufficiali. Quelli del 1951 sono ancora in elaborazione.INCHIESTA SU ORGOSOLO
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Gli istituti pubblici sono il Municipio, la Posta, 1 scuola con 5 classi elementari, 1 — incredibile — ambulatorio (l’acqua bollita per le iniezioni i clienti devono portarsela da casa); 1 chiesa e 12 cappelle, 1 cimitero.
Dei carabinieri e della polizia si dirà dopo.
In paese vi sono: 1 camion, 1 trattore, 5 motociclette, 10 biciclette; qualcuno ha la radio; cinema nessuno.
Se il paese sembra, a prima vista, un miserrimo paese — come tanti di Sardegna — esso è invece potenzialmente ricco, uno dei più ricchi di Sardegna.
Il territorio comunale è di 22.695 ha. di terreni — il secondo, [...]
[...]tti della superficie tenuta a pascolo mancano. Si possono aggirare, per calcoli approssimativi sul 55 / 100 del totale. La superficie forestale — secondo i dati gentilmente fornitimi dal locale ufficio forestale — con non meno di 800.000 piante — quasi tutte quercie di leccio, poche di rovere, e perastri — è di h. 6800 (2000 Demaniali, nelle regioni Funtana Bona, Vallone, Supramonte; 4000 Comunali, nelle regioni Fundales, Sulittu, su Pradu, Murgugliai, Mariuzza, Supramonte; 800 privati, nelle regioni Gattoré, Lenardeddu, Monte Pertusu). Purtroppo quasi metà di tutto il patrimonio è intaccato nel frutto ghiandatico e nelPincremento — e senza alcuna misura di provvidenza da parte della Regione e dello Stato — dal bruco « Limantria dispari ». I dati esatti della superficie tenuta a coltivato, in generale orti, mancano. Si possono aggirare, per calcoli approssimativi, sul 15 / 100 del totale. Il numero del bestiame (mancan i dati esatti) si aggira, all’incirca, su 53.200IO
FRANCO CAGNETTA
capi. Pecore : 29.000. Capre : 8500. Maiali : [...]
[...]00IO
FRANCO CAGNETTA
capi. Pecore : 29.000. Capre : 8500. Maiali : 3000. Bovini : 2300. Asini e cavalli: 400 (3).
È un patrimonio che, indubbiamente, è tra i primi di tutta la Sardegna.
Una ricchezza sconcertante in contrapposto alla miseria, al livello di vita in cui vive la popolazione.
Per avere una prima nozione di questo fenomeno, delle sue cause, bisogna andare nelle campagne a conoscere i pastori, il territorio.
Il 17 luglio 1954 mi sono recato in località « Orgurui » a 89 km. dal paese ad intervistare il vecchio pastore Floris Carlo fu Giovanni e fu Sanna Maria Antonia, di Orgosolo, nato, probabilmente, il 1877. Ecco i miei appunti dell’intervista, avvenuta tramite i pastori Succu Giovanni Antonio e Marrosu Antonio, di Orgosolo.
« Mai uscito da Orgosolo. Il paese lo conosce. È da 17 anni senza andare al paese. Non va al paese da 17 anni. Prima andava ogni tanto, ogni 3 o 4 anni. Al paese? Che ci ha da farci? Sta meglio qui. Non ha mai fatto il soldato. A Nuoro ci è andato, per la leva. Ma non lo hanno voluto[...]
[...]dal paese ad intervistare il vecchio pastore Floris Carlo fu Giovanni e fu Sanna Maria Antonia, di Orgosolo, nato, probabilmente, il 1877. Ecco i miei appunti dell’intervista, avvenuta tramite i pastori Succu Giovanni Antonio e Marrosu Antonio, di Orgosolo.
« Mai uscito da Orgosolo. Il paese lo conosce. È da 17 anni senza andare al paese. Non va al paese da 17 anni. Prima andava ogni tanto, ogni 3 o 4 anni. Al paese? Che ci ha da farci? Sta meglio qui. Non ha mai fatto il soldato. A Nuoro ci è andato, per la leva. Ma non lo hanno voluto perché era basso. E un’altra volta
(3)
TABELLA DEL BESTIAME DI ORGOSOLO SECONDO I 2 SOLI CENSIMENTI UFFICIALI
Stato sotto il quale si è svolto il censimento
Regno d’Italia
o
Ss 81 <s
1908
1930
rt
P «
16.313
15.892
O
102
177
Asini
21
37
Muli
Bovini
1809
1235
Suini
4156
1935
Ovini
6424
9891
c
a,
rt
o
3801
2617
N.B. — I dati dei due censimenti sono riportati dalle relative pubblicazioni ufficiali del M[...]
[...]— I dati dei due censimenti sono riportati dalle relative pubblicazioni ufficiali del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio e dell’istituto Centrale di Statistica. Sono da ritenersi molto al di sotto del numero effettivo di bestiame esistente in Orgosolo se si tiene presente che qui è abitudine generale evitare la denunzia poiché si tiene in sospetto ogni operazione statale.INCHIESTA SU ORGOSOLO
11
che lo hanno arrestato. Perché gli hanno trovato un fucile qui vicino che non era il suo. Ha visto Nuoro solo nel carcere. Il Continente ? E chi lo conosce ? Non sa nemmeno che cosa è. Sta a pascolare le galline. Prima pascolava le pecore. La mattina si sveglia come le galline, alle 5, alle 6. Prima si svegliava alle 5, alle 6, come le pecore. Tiene attenzione alle galline. A mangiare, verso l’una, sa mangiare. Anche il vino sa bere, se ce n’è. Guarda sempre le galline. Il suo mestiere è questo. A dormire come le galline. Quando fa tardi. È come loro. Non sa i soldi. Se gli date 5 lire dice che è mille lire. Non sa le 1000 lire. Quelle non le sa. Troppo abbandonato! Una volta gli hanno dato 500 lire. E che se ne fa ? Ha fatto il pastore alle pecore, ora il pastore alle galline. Il letto, in vita sua, non lo conosce nemmeno adesso che è vecchio. Dorme a terra. Ha paura di guardare lo specchio. Il pettine lo ha conosciuto 10 anni fa. Conosce la fico d’india: questa sì. Il treno? E che treno? L’automobile? Lo ha visto sulla strada 3 volte. L’aeroplano? Lo ha visto passare qui sopra, 1 volta. Non sa il binocolo. Il cinema ? E che cinema ? ! La radio? Non la ha sentita. Il giornale? Lo ha visto. Non sa leggere. Non sa l’italiano. Che capisce? A modo suo. Non sa niente nepp[...]
[...]anni fa. Conosce la fico d’india: questa sì. Il treno? E che treno? L’automobile? Lo ha visto sulla strada 3 volte. L’aeroplano? Lo ha visto passare qui sopra, 1 volta. Non sa il binocolo. Il cinema ? E che cinema ? ! La radio? Non la ha sentita. Il giornale? Lo ha visto. Non sa leggere. Non sa l’italiano. Che capisce? A modo suo. Non sa niente neppure di religione. Solo di galline. Il fucile? Quello lo sa! Non sa sparare, ci ha paura. Ma quello gli piace! Sa la leppa, il coltello. L’ha in tasca, taglia la fico d’india, per la gallina: a mangiare. E mangia anche lui. I ricordi? Non si ricorda niente. Ricorda le pecore. E ora sa le galline. Sentite che sta a parlare con le galline ? Sempre solo. Ma è sano, di mente. Sanissimo!! ».
Il suo liguaggio, intercalato a parole umane — incredibile a dirsi — aveva suoni di gallina.
È questo — ben inteso — un caso molto grave, un caso limite :
10 riporto qui solo perché si possa intendere in quali assurde condizioni si può vivere nelle campagne di Orgosolo. Ma non è un caso unico. Situazioni consimili — e conoscenze quasi uguali — le ho trovat[...]
[...]en inteso — un caso molto grave, un caso limite :
10 riporto qui solo perché si possa intendere in quali assurde condizioni si può vivere nelle campagne di Orgosolo. Ma non è un caso unico. Situazioni consimili — e conoscenze quasi uguali — le ho trovate in qualche altro pastore: Mameli Francesco fu Salvatore e fu Corsi Filomena, di Nuoro — ma in Orgosolo dal 1919 —, nato
11 189064 anni! —, intervistato da me in località Ghirztauru il 17 luglio 1954; Muravera Salvatore fu Giovanni e fu Catgiu Anna, di Orgosolo, nato, probabilmente, il 1877, da me intervistato in lo12
FRANCO CAGNETTA
calità vicino « Orgurui » il 17 luglio 1954. Un altro caso, forse più grave, era quello della pastora Lovicu Eufrosine, detta « zia Frusina », morta l’anno prima di quest’inchiesta, assente dal paese — a quanto mi dicono — da 30 anni. La vita nelle campagne è, in Orgosolo, una vita a sé, staccata in certo senso dal paese: si svolge, a volte, quasi come su un altro pianeta, in un universo chiuso.
Ma nessuno, in Orgosolo, può completamente sottrarvisi.
Si può pensare che i casi da me citati siano unilaterali: che riguardano solo 3 o 4 vecchi e uomini che vivono in condizioni di eccezione. Quale è la vita dei pastori comuni, d[...]
[...]esi, non può dire, in verità, di conoscere bene il paese di Orgosolo.
E conoscere a fondo il paesaggio, il territorio — conoscere, cioè, le condizioni naturali in cui si svolge la vita del pastore — è, in Orgosolo più che ovunque, condizione indispensabile per conoscere i pastori, per comprendere il paese.
Con la guida del pastore Salvatore Marotto, del barbiere Alberto Goddi, dello studente Domenichino Muscau, di Orgosolo, dal
1 al 3 luglio 1954 mi portavo per due giorni ed una notte sulla montagna del Supramonte.
Le possibilità di accesso al Supramonte, a dire il vero, sono alquanto particolari: da centinaia di anni il Supramonte è noto non solo per la vita dei pastori, ma come il covo dei banditi del paese. Raramente orma umana — si può dire — si posa sul suo suolo, se non è quella di orgolese spinto da bisogno di pascoli o da necessità di bandito; e, più raramente, di carabiniere che si spinge a perlustrare — assai di rado — e con paura e con rischio. Da centinaia di anni sul Supramonte si svolge la vita più segreta, più [...]
[...]ssai di rado — e con paura e con rischio. Da centinaia di anni sul Supramonte si svolge la vita più segreta, più drammatica del paese: è come il tempio, l’Acropoli del vero uomo di Orgosolo, del pastore e del bandito.
La montagna del Supramonte, è una immensa catena ad altoINCHIESTA SU ORGOSOLO
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piano — che è il prolungamento della montagna di Oliena — è posta nel vero cuore del territorio del paese. Solo da due anni una impresa di taglio di legname ha costruito una mulattiera strettissima, in salita, tutta in giro su burroni, che per 16 km., con dislivello di 500 m., conduce sino alle falde della montagna. Chiusa la impresa, questa strada è ora nel quasi completo abbandono. Attraversandola si ha una prima impressione di quello che è il più interno, riposto territorio del paese: grandi fasce di graniti bianchi, su tutto l’orizzonte, sono coperti da una fìtta boscaglia alta quanto un uomo; grossi blocchi di pietra, di tanto in tanto, si levano, in mezzo al verde scuro, come antiche ossa mastodontiche, come preistoriche abitazioni abbandonate. Dopo due ore — penetrati in una fìtta foresta di quercie —, quasi all’improvviso, si vede sulle teste tutto il Supramonte.
Una montagna inconsueta, di tetro fascino.
Fatta a grandi fasce di rocce ad andamento orizzontale, tutt’intorno alte pareti a strapiombo, nude, attraversate solo da fratture verticali ricoperte di bosco la rinchiudono : la rinchiudono come in un pietroso mistero, naturale, cupo, preistorico [...]
[...]territorio di Orgosolo: a sud, si vede una immensa distesa di grosse quercie verdi, come sospesa in un’amosfera immobile, senza segno di vita; e, lontano, i monti dalla strana forma di buccina, per cui si chiamano il Corno di bue. A nord, si vede uno sterminato territorio deserto, pietroso, tormentato, con al centro la punta a cono del monte di Gonàri; accanto la precipite montagna di Oliena, con ai piedi la larga foresta, quasi vergine, di Murgugliai, nella quale il 1899, si scontrarono le più grandi bande dei latitanti di Sardegna (di Lovicu di Orgosolo) contro 200 carabinieri, poliziotti, soldati.
Ancora un poco e si sarà sulla tettoia dell’altopiano (quale sorpresa vi aspetta?).
A chi lo guardi la prima volta affacciandosi e quasi all’improvviso — l’altopiano si presenta sotto gli occhi come una catastrofica, una paurosa visione. È un mondo lunare, un mondo non umano.
Una lunga e stretta pianura, lunga circa 2030 km., colore di ossa, si stende sotto gli occhi con un paesaggio di asprezza, di drammaticità certo rara. Non vi è terra, probabilmente, che riesca a conservare così evidenti, così chiari, i segni della sua antica storia minerale, della sua millenaria vita geologica.
Certamente, come si è detto, in primo tempo era il fondo di un mare. Nel periodo cretaceo — quando nel mondo esistevano solo i rettili terrestri, acquatici, volanti, e non esisteva ancora il Continente — il mare, invadendo questa terra, ne aveva distrutto ogniINCHIESTA SU ORGOSOLO
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cresta, la aveva spianata. Restano i segni di alte rupi, superstiti, di antich[...]
[...]l centro.
Ma solo inoltrandosi, scendendo nel pianoro, il Supramonte comincia a rivelare il suo mondo strano e tenebroso, il suo segreto.
Tutta la superficie della roccia — come un immenso pavimento di pietra — compare formato di piccole scanalature, di lunghi solchi, di sottilissimi crepacci, di scarsa profondità o enormi (a volte 100200 m.) non tali, in verità, che impediscano di camminare, ma insidiose, paurose trappole, che i pastori sogliono coprire con rami messi a traverso, con tronchi, perché le pecore e le capre non vi spariscano.
Tutto il paesaggio, invece, non ha segni di grossi solchi: alvei di torrenti, letti di fiumi, valli; ed è privo di ogni corso d’acqua superficiale. Solo in fondo, alla fine del Supramonte compare una enorme frattura tra due pareti altissime di un bianco quasi accecante: « Gorropu ».
Di tanto in tanto, in tutto il territorio, si aprono voragini circolari, imbutiformi, di piccola profondità, o tali che le pietre lanciate dai pastori non rispondono più con un tonfo di caduta — per esempio « su[...]
[...]« Matteo Grua », ucciso nel 1917.
Sono le « nurre », le misteriose cavità del Supramonte, così antiche che sembrano nella denominazione ricordare i Nuragici, i primi abitatori della Sardegna.
Non vi è dubbio che si tratta di un paesaggio tipico del calcareo: di un carso.16
FRANCO CAGNETTA
Il carbonato di calcio, di cui è costituito il terreno, alla caduta delle pioggie, al contatto con l’anidride carbonica che vi è contenuta, si scioglie, si fora in tutte quelle crepe, quelle voragini, in un processo che è in corso dalle origini, da 100 milioni di anni.
Tutto il sottosuolo deve essere forato in un sistema di ranali, di fiumi sotterranei, di grotte naturali. Si conosce il fiume di « Gorropu », che si inabissa di un tratto nella terra, con gorgoglìi paurosi, spumeggiando in una voragine, di cui non si vede il fondo, in onde nere. Si conoscono le grotte di « sa pruna » e di « capriles », nascoste da vegetazione nelle imboccature, ma nelle quali, penetrando a lume di rami di ginepro accesi come è l’uso dei pastori, si scoprono — come per incanto — stallatati, stalagmiti, frangie, panneggiamenti; e in esse corrono su argille rosse piccoli corsi d’acqua impetuosi; stanno immobili, dalle nere acque stagnanti, misteriosi laghetti. Non è difficile trovare nei più riposti cunicoli, nel più profondo delle rocce, cartuccie abbandonate, resti di o[...]
[...]da roccia e le braccia dei rami, secche, tese in alto come per disperazione.
Al centro dell’altopiano, invece — dove il calcare è più duro e resistente, e lo scolo delle acque ha trascinato anche argille — si distendono grandi, immense foreste con piante di quercia di leccio, quasi tutte, e dell’altezza di 2030 m.: foreste vergini, e inconsuete per uguale densità — probabilmente — in ogni altra regione di Europa, dalle quali, quasi, non meraviglierebbe veder spuntare un mostro preistorico. Fitti intrichi di rami — quasi simili a liane — e fogliame tutto distrutto dai bruchi, sono di tanto in tanto, interrotti solo da spianate di enormi quercie spiantate dal fulmine. Per intere stagioni qui i fulmini dominano con il loro fuoco elettrico, e di piante secolari fanno, di tratto in tratto, solo grandi mucchi di ceneri.
In tutto il territorio d’intorno, su quel cupo deserto di pietra, di alberi, di tanto in tanto si levano aquile reali e volteggiano nel cielo in diritto volo, riconoscibili nelle regioni delle nuvole; in cerca, con grandi giri di esplorazioni, di un animale vivo su cui avventarsi per sfondare il cranio, succhiare il cer[...]
[...]torio d’intorno, su quel cupo deserto di pietra, di alberi, di tanto in tanto si levano aquile reali e volteggiano nel cielo in diritto volo, riconoscibili nelle regioni delle nuvole; in cerca, con grandi giri di esplorazioni, di un animale vivo su cui avventarsi per sfondare il cranio, succhiare il cervello.
Dalle macchie, dalle rupi si levano anche avvoltoi con volo lento, a grandi giri, in cerca di carogne, di carne marcia su cui affondare gli artigli, il becco; e solo il sibilo del vento ed il loro stridio di uccelli feroci — simile quasi a un fischio soprumano —interrompe, lacera il silenzio profondissimo.
Sulla terra, man mano che si avanza, piccoli ragni bianchi, a torme, ricoprono le rocce. In tutti i boschi, di inverno dormono i ghiri — cibo prelibato dei pastori — d’estate si arrampicano sulle piante, silenti. È il Supramonte, nelle foreste, anche la tana dei mufloni e dei cinghiali. Dei mufloni, i misteriosi ovini rossi dalle grandi corna, dal pelo corto e quasi senza coda, progenitori della18
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pecora; e de[...]
[...]ria di sospetto, e poi ci erano venuti incontro con lento passo, con gesti lenti — quasi immobili — coperti dai raggi del sole che filtravano tra i rami.
— Siete venuto per « bene »? Non sarete un poliziotto?
Erano 30 giorni che non scendevano in paese, non vedevano
uomini da altrettanti giorni, e da anni uno venuto da « fuori », uno straniero ad Orgosolo.
L’ospitalità di questi pastori è — passato il primo sospetto —, l’ospitalità degli uomini che scoprono, ad ogni nuovo incontro, la esistenza dell’uomo. È un’ospitalità di tempi arcaici, di uno scomparso rispetto per l’uomo.
Eravamo entrati nella capanna, il cui interno era assai rozzo, primitivo : vi erano pietre e tronchi tagliati per sedili, una caldaia, a terra, pelli di pecora per letto, e mazze, e borse di pecora alle pareti.
Mi mettevano davanti tutto quello che avevano, in recipienti di sughero: pane; latte cagliato, formaggio di pecora; una borraccia di vino.
— Mangiate! — gridava uno minacciandomi con il coltello.20
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— Bevete! Mangiate! — gridavano tutti e mi riempivano le mani.
Dovevano essere così gli ospiti dell’antico mondo, così dissimili dai molli, corrotti Trimalcioni dei nostri tempi. Si è perso ovunque, se non in queste regioni, quel rapporto di banchetto di tribù in cui l’ospitante gode, tripudia nel veder mangiare il suo ospitato, si sazia con la sua fame poiché, una volta entrato in qualche modo nella tribù, lui e l’altro sono ormai come una unità comune, quasi un solo corpo.
— Quanto tempo restate al Supramonte?
— Sei, sette mesi. Da giugno a novembre.
— E l’inverno?
— Non si può stare. Ci stanno solo i disperati. Quelli che non trovano pascolo.
Vivevano in questo[...]
[...]ogni altra zona : i più di essi, i piccoli e medi proprietari di gregge senza terre proprie (il novanta per cento del paese) andavano con quelle, d’inverno, in terre d’altri, cercate in concorrenza, a prezzi altissimi: magri pascoli in abbandono di secoli coperti solo di macchie magre, di scarsi corsi d’acqua. Quelli che non riuscivano a trovarli, perché arrivati troppo tardi o impossibilitati u pagare, scendevano con una marcia tragica a rubare gli altri pascoli, ad invadere campi e vigne, con rischio di fucilate, di carcere. Se non facevano questo dovevano starsene anche d’inverno, in quel monte. Le pecore dovevano cercarsi dei rami o foglie di quercie, bere l’acqua appena scesa dal cielo, prima che scomparisse nel suolo. Pioveva di continuo, i venti soffiavano paurosi, il freddo scendeva sotto zero, qualche volta c’era neve. I pastori facevano quasi una vita da acquatici, si prendevano reumatismi, polmoniti e tisi. Se vi erano, qualche volta, con tutto il gregge si chiudevano in enormi quercie bucate, in grotte. Se non potevano, restavano all’aperto, bruciavano immense quercie, che con i venti bruciavano intere, e sotto la pioggia, in poco tempo.
— E l’estate?
— L’estate è un poco meglio. Ma vedete che bella strada per ve[...]
[...]i soffiavano paurosi, il freddo scendeva sotto zero, qualche volta c’era neve. I pastori facevano quasi una vita da acquatici, si prendevano reumatismi, polmoniti e tisi. Se vi erano, qualche volta, con tutto il gregge si chiudevano in enormi quercie bucate, in grotte. Se non potevano, restavano all’aperto, bruciavano immense quercie, che con i venti bruciavano intere, e sotto la pioggia, in poco tempo.
— E l’estate?
— L’estate è un poco meglio. Ma vedete che bella strada per venire. Vedete che caldo, che vento? Paghiamo un tanto per capo, al Comune, per starci!INCHIESTA SU ORCOSOLO
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— Quante volte scendete al paese?
— Una volta al giorno, uno per turno, se portiamo il latte al caseificio e per questa strada. Una volta anche ogni tre mesi se restiamo a fare il formaggio.
Facevano chilometri e chilometri per andare a cercare un poco d’acqua, nelle grotte. Scendevano a queste con le pecore, verso le pozze, e qualche volta sulle spalle dovevano portare le bestie per i cunicoli, ad una ad una. L’acqua era una ossessione,[...]
[...]va ora il mondo moderno, astratto, artificiale. Era il primo ingresso di uno Spirito22
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nelle cose. Il feticismo naturale si trasformava in un feticismo dei concetti.
— I soldi vanno tùtti al padrone della terra, aH’industriale del latte.
Mi ero messo a fare i loro bilanci personali. Da un lato segnavo la condizione del pastore, il numero delle pecore, la loro qualità; il ricavato del latte, della lana, della carne, degli agnelli. Un litro di latte al giorno in media, un chilo di lana all’anno in media, 1020 chili di carne in media per ogni bestia. Mostri animali per resistenza, però, animali preistorici. Dall’altro segnavo i fitti che pagavano all’anno per dieci, venti piccoli pascoli privati estivi, sempre pessimi, i fitti a capo che pagavano per i pascoli comunali estivi; i debiti contratti con l’industriale del latte che anticipava il denaro per questi pagamenti; le tasse comunali, le tasse statali (pagano le tasse questi pastori!) per bollettini, marchiatura, vaccinazione ecc.; le spese di mantenimento pe[...]
[...] pagavano all’anno per dieci, venti piccoli pascoli privati estivi, sempre pessimi, i fitti a capo che pagavano per i pascoli comunali estivi; i debiti contratti con l’industriale del latte che anticipava il denaro per questi pagamenti; le tasse comunali, le tasse statali (pagano le tasse questi pastori!) per bollettini, marchiatura, vaccinazione ecc.; le spese di mantenimento per le pecore (collari, campane, funi ecc.); le spese personali e famigliari di vitto, vestimento, medicine ecc. Erano bilanci poveri, incredibilmente poveri. Si aggiravano su una spesa giornaliera massima di 100200 lire per persona. Le entrate erano sempre incerte per l’andamento delle stagioni, per gli smarrimenti, gli azzoppamenti, la moria delle pecore; per il furto subito ad opera di volpi e di pastori. Per i più fortunati, dopo una così terribile vita di stenti, le entrate riuscivano a chiudersi a paro con le uscite; per i più ogni anno finiva con 50100 mila lire di deficit, con la vendita del gregge, per parte o per intero, con il sequestro delle bestie, dei mobili, della casa.
Erano costretti così, di tanto in tanto, a rubare qualche pecora per mangiarla, a rubare a loro simili, a poveri pastori. Era il prodotto della loro spietata situazione, del mondo del povero pastore.
Alcuni d’essi, per viv[...]
[...]le bestie, dei mobili, della casa.
Erano costretti così, di tanto in tanto, a rubare qualche pecora per mangiarla, a rubare a loro simili, a poveri pastori. Era il prodotto della loro spietata situazione, del mondo del povero pastore.
Alcuni d’essi, per vivere, facevano malazioni abituali : i più do tati cercavano tra i più miseri, tra i disperati; li fornivnao di vitto, di vino, di armi e, quasi sempre, li mandavano a rubare le pecore tra gli altrui greggi. Qualche volta li dirigevano di persona, molte volte li mandavano soli di fronte alla vendetta dei derubati, all’arresto,. alla morte. Lottavano tra di loro, qualche volta si facevano banditi. ,INCHIESTA SU ORGOSOLO
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Una serie di piccoli malviventi, da centinaia e centinaia di anni, riempivano le campagne in numero crescente, dopo ogni cattiva annata, carestia o guerra.
Questi erano i « banditi » di Orgosolo, i terribili « briganti » di Orgosolo.
Erano briganti che lavoravano, dalla mattina alla sera, nel lavoro dei pastori. Ed il lavoro dei pastori è un lavoro ch[...]
[...]i Orgosolo, i terribili « briganti » di Orgosolo.
Erano briganti che lavoravano, dalla mattina alla sera, nel lavoro dei pastori. Ed il lavoro dei pastori è un lavoro che richiede forza e, al tempo stesso — più che non si creda — conoscenze e intelligenza.
Lungo e complesso è il lavoro del pastore.
Per prima cosa, il pastore deve sapere conoscere bene, capo per capo, il suo gregge : e conosce, in, verità, ogni singola pecora come un famigliare, poiché è il suo bene supremo.
Deve saperlo tenere ripartito con una divisione che è, quasi scientifica :
sa verve’e = la pecora in generale
su mass’ru = il montone
su mazzau = il montone castrato
su anzone verranile = l’agnello nato in primavera
su anzone verrile = l’agnello nato in inverno
su sa ’aiu = l’agnello di 1 anno
sa sermentosa = la pecora di 1 anno e mezzo
sa vidusta = la pecora di 2 o 3 anni
sa brodda = la pecora anziana
sa laghinza = la pecora che non ha figliato
sa anzadina (o prossima) = la pecora che sta per figliare sa lunadia = la pecor[...]
[...]artito con una divisione che è, quasi scientifica :
sa verve’e = la pecora in generale
su mass’ru = il montone
su mazzau = il montone castrato
su anzone verranile = l’agnello nato in primavera
su anzone verrile = l’agnello nato in inverno
su sa ’aiu = l’agnello di 1 anno
sa sermentosa = la pecora di 1 anno e mezzo
sa vidusta = la pecora di 2 o 3 anni
sa brodda = la pecora anziana
sa laghinza = la pecora che non ha figliato
sa anzadina (o prossima) = la pecora che sta per figliare sa lunadia = la pecora sterile
su amadriau = il gregge intero.
Ogni pecora deve avere « su timbru » (= il contrassegno) per riconoscimento; ((sa collana» (= il guinzaglio) e ((sa ’ampana» (= campana) perché non si smarrisca.
Il primo grande lavoro del pastore è la ricerca e la scelta del pascolo.
Il paesaggio pastorale — a prima vista monotono, tutto uguale— presenta, invece, mille diversità nel tipo e nella qualità del pascolo. La sua scelta deve essere fatta non in rapporto all’apparenza visibile delle erbe, ma in rapporto alla natura del suolo, al24
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l’àndamento del clima, all’esistenza di acque, alla qualità della vegetazione. È la complessa scienza del pastore che egli apprende solo empiricamente, con l’esperienza. Il pascolo [...]
[...]store è la ricerca e la scelta del pascolo.
Il paesaggio pastorale — a prima vista monotono, tutto uguale— presenta, invece, mille diversità nel tipo e nella qualità del pascolo. La sua scelta deve essere fatta non in rapporto all’apparenza visibile delle erbe, ma in rapporto alla natura del suolo, al24
FRANCO CAGNETTA
l’àndamento del clima, all’esistenza di acque, alla qualità della vegetazione. È la complessa scienza del pastore che egli apprende solo empiricamente, con l’esperienza. Il pascolo deve essere cercato per tempo; in terribile concorrenza con tutti gli altri pastori; in contrasto con un proprietario di terra quasi sempre spietato e violento; con prezzo vantaggioso che non superi — e bisogna bene calcolarlo — il frutto che (tenuto presente ogni pericolo) si potrebbe ricavare. È il rischio maggiore del pastore che, si è visto, può portarlo in tremende condizioni.
Andando a <( s’ussoria » il pascolo) per « tentare » (= guardare) le bestie, nel « tramudare » (= transumare) d’inverno in pianura, d’estate in montagna, il pastore deve sapere salvare le pecore dall’« ingrustiare » (= sparpagliarsi); da qualsiasi pericolo del suo
lo (inclinazion[...]
[...]n prezzo vantaggioso che non superi — e bisogna bene calcolarlo — il frutto che (tenuto presente ogni pericolo) si potrebbe ricavare. È il rischio maggiore del pastore che, si è visto, può portarlo in tremende condizioni.
Andando a <( s’ussoria » il pascolo) per « tentare » (= guardare) le bestie, nel « tramudare » (= transumare) d’inverno in pianura, d’estate in montagna, il pastore deve sapere salvare le pecore dall’« ingrustiare » (= sparpagliarsi); da qualsiasi pericolo del suo
lo (inclinazione o frattura) delle erbe (guaste o velenose), delle acque (putrefatte o troppo impetuose), delle pioggie (scarse o eccessive), dei venti (troppo freddi o impetuosi), dei fulmini, delle volpi, dei ladri.
Quando a fine estate le pecore cominciano a « subare » (= andare in calore) egli deve sapere controllare — nei limiti del possibile — « su montau » (= la monta), per avere buon frutto. Deve sapere, nel caldo, fare « sa muriada » (= la partenza di notte) e « su muri ’ayu » (= la raccolta all’ombra).
Quando le pecore cominciano a figliare (da dicembre a marzo) comincia la grande fatica del pastore. Egli deve aiutarle. E dividere subito l’ovile:
su
cuile = l’ovile in generale
s’annile = ]a parte dell’ovile per gli agnelli
sa laghinza — la parte dell’ovile per le pecore che non hanno
figliato e i montoni sa prossima = la parte dell’ovile per le pecore prossime a figliare
o figliate
sa olladoria = la parte dell’ovile dove si dorme su pinnetu = la capanna.
Le pecore già madri non devono essere disturbate dai montoni, dalle altre, dagli agnelli. Poiché gli agnelli vogliono continuamente poppare bisogna legare loro in bocca « su camu » (= un pezzo di legno).INCHIESTA SU ORGOSOLO
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Comincia allora, per primo, la mungitura. Questa avviene, in Orgosolo, in modo diverso dal consueto: il pastore, a gambe aperte, e con in mezzo un secchio, lascia passare sotto le pecore madri ad una ad una e, trattenendole con le gambe, le munge per il tempo necessario, lasciandole poi passare.
11 latte, raccolto in « malunes » (recipienti di sughero), in otri cuciti di pelle di pecora, o in recipienti di metallo — se non è portato a piedi o a cavallo, e per chilometri e[...]
[...]nti di sughero), in otri cuciti di pelle di pecora, o in recipienti di metallo — se non è portato a piedi o a cavallo, e per chilometri e chilometri, al più vicino caseificio — si deve lavorare subito.
Per prima, generalmente, si fa « sa frue » (= il latte acido), che è l’alimento tipico e principale di tutti i pastori di Sardegna.
Si pone il latte in un recipiente a fuoco e lo si fa tiepido a 4045 gradi. Poi si prende «su ’agar’u» (= il caglio) — che è un pezzo di duodeno dell’agnello — e, staccatane la quantità di un cucchiaino circa per 4 litri di latte, riposto in uno straccio di lino, si inumidisce col latte e si spreme, in qualche goccia, nel recipiente.
Il dosaggio è operazione molto delicata: se poco, il latte non si quaglia, se troppo si inacidisce. Bisogna scuotere subito questo con una mano, perché il quaglio non si depositi tutto in una parte. Ben presto lasciato ora a freddo il latte comincia a rapprendersi: in 20 minuti si ottiene una pasta gelatinosa e consistente, la cui durezza si saggia con un dito. Appena questa lo permette, si taglia la pasta a larghe fette, e si lascia riposare per 2430 ore. « Sa frue » è pronta ed è una sorta di Yogurth, di qualità più rozza, ma di sapore più delicato. Di ora in ora va sempre più inacidendosi e indurendosi, e bisogna consumarla in 12 giorni. I pastori la mangiano con « su or’ariu» (= il cucchiaio di legno o di osso di corna) e con «su tazzeri » (la scodella di legno) o, più diffusamente, poggiata sul pane di Orgosolo, di grano o di orzo, — sottilissimo, largo 45 millimetri, tondo come un sole, e largo 1520 centimetri — che fa da piatto, come un pezzo di pane staccato fa da coltello da [...]
[...]icato. Di ora in ora va sempre più inacidendosi e indurendosi, e bisogna consumarla in 12 giorni. I pastori la mangiano con « su or’ariu» (= il cucchiaio di legno o di osso di corna) e con «su tazzeri » (la scodella di legno) o, più diffusamente, poggiata sul pane di Orgosolo, di grano o di orzo, — sottilissimo, largo 45 millimetri, tondo come un sole, e largo 1520 centimetri — che fa da piatto, come un pezzo di pane staccato fa da coltello da tagliare e da cucchiaio per mangiare.
Del latte che non si fa a « frue » si fa, quasi tutto, formaggio di tipo « fiore sardo ». Quando il latte — come per « sa frue » — comincia a quagliarsi, con le mani, o con « sa muria » (un asse di legno con alla punta una tavoletta quadrata) si fa a poltiglia e, po26
FRANCO CAGNETTA
stolo in recipiente sul fuoco, a 4045 gradi, si agita lentamente, continuamente, perché non si attacchi sul fondo. Dopo mezz’oraun’ora si tira, coagulato, e si getta in « sa forma » (== una forma di legno di perastro a scodella tonda, forata nella base). Questa si poggia su « sa ’annitta » (= due assi di legno tenute sospese) e si lascia che « su soru » (= il siero) sgoccioli, in altro recipiente. Per fare prima, e meglio, si comprime il quagliato nella forma con « sa scrimatrice » (= una tavoletta piatta di legno). Divenuta consistente come una pasta, questa s[...]
[...] po26
FRANCO CAGNETTA
stolo in recipiente sul fuoco, a 4045 gradi, si agita lentamente, continuamente, perché non si attacchi sul fondo. Dopo mezz’oraun’ora si tira, coagulato, e si getta in « sa forma » (== una forma di legno di perastro a scodella tonda, forata nella base). Questa si poggia su « sa ’annitta » (= due assi di legno tenute sospese) e si lascia che « su soru » (= il siero) sgoccioli, in altro recipiente. Per fare prima, e meglio, si comprime il quagliato nella forma con « sa scrimatrice » (= una tavoletta piatta di legno). Divenuta consistente come una pasta, questa si rivolta dall’altra parte, e così più volte, perché assuma da ambo i lati forma tonda. Quando la pasta ha la consistenza voluta — che si saggia con un dito — si toglie dalla forma e si lascia a riposare 1012 ore su una tavola. Si affonda infine in « sa tina » (una mastella) con « sa salamuja » (= acqua satura di sale), e si lascia riposare ancora 24 ore. Il formaggio « fiore » è fatto. Se si vuole preservare la pasta da agenti esterni si cosparge di siero e si liscia con le mani.
Il formaggio si consuma fresco, a « ’asu mustiu » — l’antico «casus musteus» citato da Plinio — o si lascia in casa a stagionare, su assi esposte al fumo del focolare qualche volta, per un minimo di 3 mesi e un massimo di 2 anni.
Anche qualche altro tipo di formaggio è fatto[...]
[...]orma tutto il siero.
Si lavora molto formaggio d’estate.
Il burro e la ricotta si fabbricano poco in Orgosolo e poco si consumano.
Altri lavori attendono il pastore:
All'inizio dei calori: «su tusorghiu» (— la tosatura). E questa avviene come altrove, ma tosando la pecora sino alla pelle.
Di tanto in tanto necessita «sa mazzadura)) (la castrazione) che si fa, dopo legata la bestia, rompendo lo scroto con una mazza arroventata, o tagliandolo con un colpo di coltello.
L’« irgannare » (= la macellazione) avviene anche con una tecnica cruentemente primitiva. Legata la pecora o l’agnello bisoINCHIESTA SU ORGOSOLO
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gna cc ispoiolare », colpire cioè con un colpo nella gola recidendo la carotide, sì che ne sgorghi una fontanella di sangue (il « fodiolu » latino). Molte volte accade, nelle annate « de fatigu » (— cattive) che bisogna uccidere tutti gli agnelli, perché poppando e facendo deperire le madri, non le uccidano. Si passa ad « incurare », a squartare cioè la pelle della pancia lungo una linea verticale sì che, affondando la mano, la pelle si possa asportare. Un altro modo di asportare la pelle è « a su buffare », cioè facendo un foro in una gamba dell’animale e soffiando così forte che tutta la pelle si sollevi.
Lavoro del pastore è anche quello di far da rudimentale veterinario. Ed al vero veterinario quasi mai si ricorre. Pratiche mediche empiriche si alternano a pratiche di magia, a « presuras » o formule. Le pecore in Orgoso[...]
[...]du o dessa figu = malattia del fegato
su eie arterau = il fiele alterato
sa ùria ’e sambene = malattia del sangue
sa iscussina = la diarrea
sa buffadura = gonfiatura per puntura di biscia, ro
spo, ecc.
Lavoro del pastore è la vendita del latte, del formaggio, della lana, della carne, delle pelli, estremamente gravoso per la concorrenza estrema tra pastori e per il dominio completo che ha il compratore sul pastore. Ecco ad esempio gli « Usi e consuetudini commerciali» di Orgosolo per la vendita più importante di Orgosolo: il latte, tra pastori e caseifici (e si intenda qui baraccamenti che raccolgono il prodotto, a conto di industriali, per spedirlo a lavorare in continente). Cito da un foglio della Camera di Commercio di Nuoro (valido per tutta la provincia):
«5) La consegna avviene nel luogo indicato dal compratore. Abitualmente il caseificio.
6) Il latte viene consegnato nei mesi freddi una volta al giorno, nei mesi caldi due. r28
FRANCO CAGNETTA
7) Le spese di trasporto sono a carico del venditore.
13) La determinazione del prezzo è chiusa, preventivamente stabilita o aperta se si conviene quello di mercato.
14) Si paga ordinariamente ogni quindicina, anche mensilmente ».
E il prezzo, chiuso, lo fa sempre l’industriale. Mai il pastore.
Unico « vantaggi[...]
[...]eggiore di quella di « su mere ».
Ma è « su terraccu » che sta peggio di tutti : prende un cappotto, un paio di scarpe all’ingaggio, 56 pecore a fine d’anno, o — oggi — 100400 lire giornaliere. Suo il lavoro più grave, sua la più grave privazione.
Questa la vita dei pastori del Supramonte, dei pastori medii, dei più giovani nelle campagne di Orgosolo. Paurosa per condizioni naturali, penosa per gravità di lavoro.
Per conoscerla sempre meglio bisogna, ora, scendere in paese.
su mere su cumpanzinu su terraccu
= il padrone = il socio = il servo.INCHIESTA SU ORGOSOLO
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# * #
Il paese di Orgosolo presenta per l’etnologo un terreno di osservazione che, per primitività di strutture sociali e per manifestazioni di mentalità e cultura proprie solo alle civiltà primitive, è difficile trovare ancor oggi, forse, in qualsiasi altro paese d’Italia e d’Europa. Per una convergenza di motivi ambientali estorici (che cercheremo poi di indicare tutt’insieme) il paese si presenta come uno di quei piccoli mondi quasi perfettamente i[...]
[...]basi economiche e forme ideologiche tali che lo fanno vivere ancor oggi nei più antichi « cicli culturali »‘ che si conoscano tra le popolazioni dell’Europa.
In maniera evidente, e con forme quasi lineari, in Orgosolo si presenta, innanzitutto, imo schema di costituzione della società, di struttura sociale, che, secondo la denominazione dell’etnologia classica delle scuole di Mòdlig, Schmidt, Montandon, Menghin, prende il nome di « grande famiglia » o « grande famiglia pastorale » (die Grosse Familie). È la forma sociale che, sviluppatasi nel tardo paleolitico e nel neolitico tra i primi pastori delle steppe dell’Asia centrale, diffusasi per millenni tra quasi tutti i popoli Indoeuropei e Semiticamiti; si può ritrovare oggi, con forme quasi lineari, solo nelle zone montuose più isolate e ad economia unilateralmente pastorizia della Russia (Ciukci, Tungusi, Samojedi, Tartari, Mongoli, Calmucchi, Ostiachi, Kirghisi), della Turchia, della penisola balcanica (Slavi zadruga, Albanesi) e, parzialmente, della Spagna.
Lo studio della organizzazione particolare [...]
[...]diffusasi per millenni tra quasi tutti i popoli Indoeuropei e Semiticamiti; si può ritrovare oggi, con forme quasi lineari, solo nelle zone montuose più isolate e ad economia unilateralmente pastorizia della Russia (Ciukci, Tungusi, Samojedi, Tartari, Mongoli, Calmucchi, Ostiachi, Kirghisi), della Turchia, della penisola balcanica (Slavi zadruga, Albanesi) e, parzialmente, della Spagna.
Lo studio della organizzazione particolare che ha la famiglia in Orgosolo (e così, seppure con forme più contaminate, in quasi tutti i paesi della Barbagia), costituisce la chiave di volta per una larga comprensione di quasi tutta la locale società. Questa, infatti, si può dire che, per quella propria organizzazione, sia arrestata, o quasi, soltanto alla famiglia: le forme sociali più sviluppate e superiori, che costituiscono invece la nostra società, lo Stato, sono quasi estranee o, solo adesso, iniziano ad intaccarla.
In tutte le terre in cui il suolo si sfrutta in modo primitivo,30
FRANCO CAGNETTA
solo a pascolo (come è il caso di Orgosolo e dei popoli su citati) la necessità economica di una sempre maggiore concentrazione di greggi al fine di ottenere, con gli scarsi frutti che se ne conseguono, almeno il minimo vitale per l’individuo e le sue associazioni, determina un allargamento particolare dell’organizzazione della famiglia.
L’ambiente economico autosufficiente, non necessitoso di scambio, che è proprio della pastorizia unilaterale, determina, altresì, una chiusura nella famiglia, rendendo difficile ogni suo sviluppo ed i rapporti con le forme superiori.
Tra queste due leggi, con continua alternanza, si muove tutta la vita e la civiltà locale.
Analizziamo, pertanto, questo schema in Orgosolo:
La famiglia in Orgosolo, come in tutt’Europa, è costituita oggi dall’unione biologica e sociale dell’uomo e della donna in forma « monogamica ». La poligamia è sconosciuta e condannata.
Sino al secolo scorso in Orgosolo (come in tutta la Barbagia, e particolarmente nei paesi di Oliai e Olzai) era ampiamente praticata ed accettata dalla pubblica opinione la unione « naturale » tra l’uomo e la donna, senza sanzione civile o religiosa se non il consenso delle famiglie. È il « matrimonio di prova » di cui parlano molti autori da Lamarmora a Gramsci.
Dalla guerra 191518, con la maggior penetrazione e p[...]
[...]osolo, come in tutt’Europa, è costituita oggi dall’unione biologica e sociale dell’uomo e della donna in forma « monogamica ». La poligamia è sconosciuta e condannata.
Sino al secolo scorso in Orgosolo (come in tutta la Barbagia, e particolarmente nei paesi di Oliai e Olzai) era ampiamente praticata ed accettata dalla pubblica opinione la unione « naturale » tra l’uomo e la donna, senza sanzione civile o religiosa se non il consenso delle famiglie. È il « matrimonio di prova » di cui parlano molti autori da Lamarmora a Gramsci.
Dalla guerra 191518, con la maggior penetrazione e pressione dello Stato e, in particolare, della Chiesa, quella unione si può dire quasi scomparsa ovunque, sostituita dal matrimonio con sanzione civile o religiosa, e la stessa opinione pubblica è largamente trasformata, poiché si respinge e si condanna oggi quel primitivo istituto.
L’uomo e la donna, statalmente coniugati, costituiscono insieme una unità organica famigliare che si allarga e si sviluppa con la nascita dei figli. Ma, da questa, la famiglia[...]
[...] Lamarmora a Gramsci.
Dalla guerra 191518, con la maggior penetrazione e pressione dello Stato e, in particolare, della Chiesa, quella unione si può dire quasi scomparsa ovunque, sostituita dal matrimonio con sanzione civile o religiosa, e la stessa opinione pubblica è largamente trasformata, poiché si respinge e si condanna oggi quel primitivo istituto.
L’uomo e la donna, statalmente coniugati, costituiscono insieme una unità organica famigliare che si allarga e si sviluppa con la nascita dei figli. Ma, da questa, la famiglia di Orgosolo assume un carattere particolare, che è quello tipico, appunto, della « Grande Famiglia ».
La posizione dell’uomo, che adempie alla funzione economica principale di cercare i pascoli, di condurre i greggi, di trarne i frutti è, in essa, preminente. La posizione della donna, che adempieINCHIESTA SU ORGOSOLO
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alla funzione economica secondaria dei lavori di casa e dei lavori agricoli (orti) è, invece, subordinata.
Tenuto presente il valore economico inferiore della donna e la sua mancanza di iniziativa (la sua subordinazione) la verginità è particolarmente considerata dall’uomo nella scelta del matrimonio.
Con la nascita della prole i figli maschi e femmine rima[...]
[...] trarne i frutti è, in essa, preminente. La posizione della donna, che adempieINCHIESTA SU ORGOSOLO
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alla funzione economica secondaria dei lavori di casa e dei lavori agricoli (orti) è, invece, subordinata.
Tenuto presente il valore economico inferiore della donna e la sua mancanza di iniziativa (la sua subordinazione) la verginità è particolarmente considerata dall’uomo nella scelta del matrimonio.
Con la nascita della prole i figli maschi e femmine rimangono con i genitori, e subordinati. La subordinazione tra i fratelli è a seconda dell’età, rispettando la primogenitura. La subordinazione delle sorelle è per i fratelli a seconda dell’età, e per le sorelle, poi, a seconda dell’età.
La scelta matrimoniale dei figli venuti in età di matrimonio avveniva, in Orgosolo, sino alla guerra 191518, ad opera dei genitori. Si promettevano i candidati, senza che si conoscessero, in una età che oscillava dagli 8 ai 15 anni. La bambina promessa doveva parlare abitualmente del suo futuro marito con il termine « su ziu ». La conoscenza tra i candidati avveniva, quasi sempre, solo all’atto del matrimonio. Questo uso però, oggi, pare totalmente scomparso: solo alcune donne mi hanno detto che, sia pure con il futuro consenso dei candidati, esso è vivo, ancora, in qualche famiglia.
Gon il matrimonio dei figli i maschi con la nuova moglie rimangono, in Orgosolo, generalmente nella casa dei genitori. Le donne vanno in casa del marito o, raramente, rimangono nella famiglia originaria.
Con la nascita dei nipoti anche questi rimangono nella casa dei nonni, e subordinati. La subordinazione dei nipoti è per il nonno, per il padre, per gli zii in ordine di età, per la madre, per i fratelli e cugini in ordine di età. Non risulta subordinazione propria, se non di rispetto, per la nonna, le zie, le sorelle, le cugine. La subordinazione delle nipoti è per il nonno, per il padre, per gli zii, fratelli e cugini in ordine d’età; per la madre, per le zie, sorelle e cugine in ordine di età.
Si viene, così, a costituire un grosso gruppo famigliare che va da 1030 individui, in media, a più di 100, che abitano una stessa casa o case attigue (ove possibile), con alla sommità il padre più anziano è (( su mannu » (= il patriarca), subordinatamente il primogenito o, se è celibe o senza figli, il padre più anziano tra i suoi52
FRANCO CAGNETTA
fratelli. Si tenga presente che il criterio di età ha valore unitamente a quello di capacità nel lavoro di pastore. Il vecchio orgolese impossibilitato per età a lavorare perde automaticamente l’autorità di « mannu ». Ma, in generale, egli rimane valido sino a 7080 anni e più. Tutti i membri della famiglia, quasi sempre, sono fortemente cementati dal vincolo e, quasi sempre, fortemente rispettosi di quella gerarchia.
La struttura generale gerarchica che si riscontra in questa famiglia si può studiare, con molto profitto, nella ripartizione generale della sua proprietà.
I beni di famiglia (greggi, casa, orti, mobili, oggetti, denaro) restano generalmente indivisi (= proprietà « famigliare ») e regolamentati dal padre più anziano « su mannu » (= proprietà « paterna »). Esiste un termine in Orgosolo che indica indifferentemente la proprietà famigliare patriarcale e la famiglia patriarcale proprietaria ed è: s’ereu (dal catalano, = l’eredità).
Si tenga presente come ciò è dettato dalla necessità fondamentale di aumentare il potenziale delle greggi, e non frammentarle con divisioni.
La divisione dell’« ereu » non avviene, generalmente, neppure con la morte del padre più anziano, « su mannu », e passa automaticamente al primogenito o, tra i suoi fratelli, al padre più anziano, che, automaticamente assume la funzione di nuovo « su mannu ». Quando la divisione avviene per varie ragioni (e questo raramente) invale il criterio gerarchico secondo cui il primogenito,[...]
[...] la divisione avviene per varie ragioni (e questo raramente) invale il criterio gerarchico secondo cui il primogenito,
0 il padre più anziano tra i suoi fratelli, riceve quasi tutto; seguono
1 maschi secondo la loro gerarchia; ed infine le femmine che rice vono poco, secondo la loro gerarchia. Queste, all’atto del matrimonio hanno però in anticipo, generalmente, la parte che è loro assegnata, proporzionalmente, da « su mannu » o da un consiglio di famiglia.
Gli stessi lavori indispensabili alla vita dell’individuo assumono qui un carattere di lavoro collettivo (famigliare) diretto e distribuito gerarchicamente (patriarcale).
II lavoro più importante, il lavoro pastorizio, viene eseguito solo dagli uomini sotto la direzione del padre più anziano, « suINCHIESTA SU ORGOSOLO
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mannu ». È questo che si incarica, con il concórso di un consiglio di famiglia a volte, di cercare il pascolo e trattarne l’acquisto. Il gregge, a seconda dell’importanza numerica, viene guidato da tutti gli uomini della famiglia con funzioni secondo la gerarchia, o distribuito per numero di capi relativamente all’importanza che ciascun padre ha nella famiglia e con compiti gerarchici. La vendita del latte, la migrazione, la mungitura, la fabbricazione del formaggio ecc. vengono, abitualmente, condotti dagli anziani; i più giovani provvedono ai lavori minori ed ai più pesanti — custodia del gregge, trasporto del latte, ecc.
Uguale vita collettiva, ma con minore distinzione gerarchica, ha anche il lavoro delle donne. Il più importante è, certamente, la fabbricazione dello speciale pane di Orgosolo che si fa per molti chili, per quintali a volte, e che serve in campagna, per uno, due tre mesi, agli uomini.
Merita un cenno particolare questo lavoro, che non è specifico di Orgosolo, e comune, invece, a tutti i paesi della Barbagia.
Una volta ogni 715 giorni, o un mese, 1015 donne si riuniscono in cucina o, a volte, in una piccola stanza costruita apposta fuori della casa, dal pavimento di terriccio e dal tetto bassissimo. Alcune di esse, le più robuste, con le braccia nude impastano farina, acqua, lievito in larghi e quadrati impastatoi di legno poggiati per terra. Ottenuti alcuni comuni panelli li spianano con un matterello in larghe schiacciate rotonde e, raccoltele, le pongono a [...]
[...]asche e legna. Subito ritrattele le chiudono in strette strisce di tela, lunghe sino a 45 metri (decorate, a volte, con linee trasversali azzurre, nere, marrone) e le lasciano a riposare, o lievitare, per qualche tempo. Quindi le ritirano e le mettono a cuocere con larghe pale di legno sul fuoco vivo del forno. Presto quelle schiacciate si gonfiano come quasi due cappelli cinesi vuoti all’interno, riuniti solo nel giro esterno, e, cavatele, le tagliano in due orizzontalmente con un lungo coltello. Le rimettono ancora nel forno per poco tempo fino a che diventano dorate, croccanti ed allora il pane e fatto. Ritiratolo dal forno, lo ripongono nei larghi cesti sardi di asfodelo, che sono fatti per quésta conservazione.34
FRANCO CAGNETTA
In Orgosolo questo pane ha vario nome, secondo più tipi :
Carta ’e musica = il pane ili generale (« carta di musica »
perché croccante)
o « limpidu » o « carasau »
sas ispianadas = il pane di grano
sas tondinas = il pane di orzo
su orgathu = il pane più tondo e più lavorato.
La co[...]
[...]e.34
FRANCO CAGNETTA
In Orgosolo questo pane ha vario nome, secondo più tipi :
Carta ’e musica = il pane ili generale (« carta di musica »
perché croccante)
o « limpidu » o « carasau »
sas ispianadas = il pane di grano
sas tondinas = il pane di orzo
su orgathu = il pane più tondo e più lavorato.
La coabitazione di uomini e di donne nella casa, ciò che in modo completo avviene raramente — se si considera la necessità degli uomini di stare nelle campagne, di migrare — si manifesta altrettanto in carattere collettivo (famigliare) e gerarchico (patriarcale). Non vi è divisione vera e propria di uomini e di donne in due parti ma una tendenza accentuata. Il padre più anziano, <( su mannu », dorme nel letto con la propria moglie, e così fanno abitualmente tutti i figli più anziani sposati; i giovani dormono abitualmente per terra, su una stuoia, in cucina; le donne giovani in una stanza con un letto per una, se possibile, o uno per più.
Anche i pasti — quando la famiglia è riunita — avvengono in modo collettivo e patriarcale. Al centro della cucina si mette in generale in terra una tavola quadrata bassissima, quasi a fior di terra con una sola scodella e tutti mangiano secondo la gerarchia incominciando dal padre più anziano — ma anche secondo la gerarchia dell’appetito — attingendo con le mani, il coltello o le posate. In antico questo avveniva con un enorme vaso di sughero riempito di « sa frue ». Ora questo uso va scomparendo, si mangia normalmente, e l’alimentazione stessa è migliorata. Il cibo abituale d’oggi del pastore è una minestra di brodo di pecor[...]
[...]a cucina si mette in generale in terra una tavola quadrata bassissima, quasi a fior di terra con una sola scodella e tutti mangiano secondo la gerarchia incominciando dal padre più anziano — ma anche secondo la gerarchia dell’appetito — attingendo con le mani, il coltello o le posate. In antico questo avveniva con un enorme vaso di sughero riempito di « sa frue ». Ora questo uso va scomparendo, si mangia normalmente, e l’alimentazione stessa è migliorata. Il cibo abituale d’oggi del pastore è una minestra di brodo di pecora con pasta arrossata dal pomodoro — ima minestra tipica di tutta la Barbagia — chili di pasta, un po’ di pecora bollita (se c’è) e formaggio pecorino. Uno straordinario modo di cuocere la carne, che non è solo di Orgosolo ma di tutta la Barbagia, consiste, in campagna, nel cuocere una intera pecora in ima buca di terra riempita di brace e ricoperta di frasche e ancora terra, a fior di suolo. È questo un modo che deriva quasi sempre dall’essere stata la pecora rubata e, così messa a cuocere, l’eventuale suo proprietario[...]
[...]IESTA SU ORGOSOLO
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uso di vino forte, di tipo « canonau » e di un caffè eccellentissimo ed offerto in ogni casa, tostato a perfezione. Si fanno di tanto in tanto, nelle feste, banchetti formidabili con interi agnelli e capretti bolliti od arrostiti, con « sa ’orda » (intestini di pecora arrestiti), con damigiane di vino, birra e in un’atmosfera da fastosi e grandi banchetti deH’antichità.
Ma è soprattutto nella educazione dei propri figli che il carattere arcaico e patriarcale della famiglia pastorale si manifesta a pieno. In generale, il piccolo orgolese va alla scuola pubblica per 2, 3 classi elementari, poi viene ritirato e messo subito in campagna: e qui dimentica tutto quello che ha imparato. L’analfabetismo in Orgosolo, ufficialmente, è nella proporzione del 6070 per cento, ma, tenuto conto di questo « ritorno all’analfabetismo » è del 9095 per cento, cioè quasi generale. La famiglia all’educazione pubblica, di cui diffida, preferisce una sua propria educazione famigliare: questa consiste solo nella educazione pratica alle greggi, al lavoro pastorale. Il bambino povero orgolese già1 vestito da adulto con i pantaloni lunghi ed i gambali, con il viso chiuso sempre in un sentimento di timore, di odio contro tutti, è il vero volto del pastore orgolese. A 78 anni, per mangiare, egli è costretto a lasciare la famiglia, a partire lontano. Gran parte del lavoro di sorveglianza delle bestie, marce interminabili, notti passate tra temporali, volpi, ladri, e sempre dormendo a terra, con la brina o con la neve, lo fanno adulto anzi tempo. Se ima pecora gli si perde, si azzoppa, o gli è rubata, è privato a lungo di ogni cosa che gli occorra, non mandato a casa, picchiato con le mani, con la cinghia, col bastone. Bisogna che impari a non distrarsi mai, a non farsi ingannare, a sapersi rivalere. Vada pure a rubare un’altra pecora, se gli manca. Gli uomini lo deridono, lo scherniscono: per una crudele rivalsa, perché pensano che si deve fare le ossa, che deve saper essere un uomo, un buon pastore. Educato dalla natura, e dall'uomo solo al bastone ed al furto, egli tace : impara a pazientare ed aspetta solo di essere grande per rifarsi, per rivalersi. Deve essere un padrone, e non un servo. L’educazione di questa società pastorale, della « grande famiglia », ne fa un individuo isolato, quasi zoologico, che negli altri non vede che un possibile pericolo, un nemico. Egli non impara36
FRANCO CAGNETTA
altro modo che di sopraffare o di essere sopraffatto, di dominare o di essere dominato. È il più antico, il più vivo segreto di tutta la nostra terra, dell’Italia meridionale in particolare, sì che l’uomo moderno, coperto di secoli di civiltà, non nasconde, al fondo, che
il pastore di terre povere rimasto in quella vita primitiva, nelle origini di millenni. Il carattere, la fiducia in sé, la straordinaria forza di saper rimanere solo; come l’istinto di solidarietà famigliare; la generosità per l’altro, la « fratellanza » sono però, altrettanto, il prodot[...]
[...]re o di essere sopraffatto, di dominare o di essere dominato. È il più antico, il più vivo segreto di tutta la nostra terra, dell’Italia meridionale in particolare, sì che l’uomo moderno, coperto di secoli di civiltà, non nasconde, al fondo, che
il pastore di terre povere rimasto in quella vita primitiva, nelle origini di millenni. Il carattere, la fiducia in sé, la straordinaria forza di saper rimanere solo; come l’istinto di solidarietà famigliare; la generosità per l’altro, la « fratellanza » sono però, altrettanto, il prodotto di questa antica vita, di questa educazione, che ha il suo centro di diffusione nella «grande famiglia». Un uso precedente, ora scomparso, che si può ritrovare tra i pastori Ebrei della Bibbia (Deuteronomio XV, 14) era, per esempio « sa ponidura » : il regalo di una pecora da parte di ogni gruppo famigliare a quel pastore che per cattive annate, per furto ecc. avesse avuto il gregge distrutto.
Naturalmente, con il procedere degli anni, con lo sviluppo sociale, con la penetrazione e la crescente pressione dello Stato la « grande famiglia », come istituto tipico e integrale, si va oggi disgregando in Orgosolo. Le eccezioni alla regola si fanno sempre più numerose, più estensive. La trasformazione è lenta, impercettibile; scoppia, di tanto in tanto, in casi clamorosi. Pur, legata alla più profonda struttura economica, alla pastorizia unilaterale, questa forma sociale continua ad essere il pilastro e il baluardo di tutta la vita e civiltà orgolese. Da « grandi famiglie » e da rapporti propri allo sviluppo di questa forma si può dire, infatti, che sia costituito tutto
il paese di Orgosolo: un insieme, una «tribù» di «grandi famiglie ».
E una tribù di « grandi famiglie » legate tra di loro in modo molto stretto è, in un certo senso, Orgosolo.
I matrimoni che qui avvengono di frequente in modo « endogamico », cioè in famiglia (tra cugini, tra zìi e nipoti ecc.) si mescolano a quelli « esogamici » più frequenti, cioè fuori della famiglia.
Questa parentela tra due « grandi famiglie » distinte crea una « alleanza » che viene considerata — e lo è per un verso uno sviluppo interno di « sangue » della grande famiglia. I nuovi mariti — i cognati — entrano a far parte come parenti di « sangue » e
lo sono. Tutti i di loro famigliati, impropriamente, vengono consiinchiesta su orgosolo
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derati anche parenti di « sangue ». Si viene a creare una sola, e più vasta « grande famiglia » che si considera unita « ab antiquo ».
Una forma più avanzata di questa parentela artificiale ritenuta anche parentela di « sangue » è il « comparatico ». I compari vengono scelti per ragioni di simpatia, di vicende della vita, di interessi: essi si legano, soprattutto, come testimoni nei battesimi, nei matrimoni, con « figliocci », o come compari di S. Giovanni. Anticamente esisteva in Orgosolo un rito di comparatico che consisteva nel mescolare il sangue fatto sgorgare appena dai due polsi. Ora questo è scomparso ed è rimasto solo il rito simbolico nello scambio di qualche regalo, secondo le possibilità, in grano, in pecore, in oro ed in bestiame. Al comparatico possono prendere parte gli uomini e le donne, ma divisi. I comparatici misti sono eccezionali. Le famiglie dei « compari » entrano a far parte l’una nell’altra come una sola e più estesa « grande famiglia ».
Le maggiori tra le « grandi famiglie » abbracciano un ventesimo, un decimo del paese, ed in alcuni periodi speciali, come i Cossu e i Cornine della famosa « disamistade », dal 1905 al 1926, quasi metà del paese.
Esse non si sciolgono se non con la morte, e, solo più modernamente, per dissidi vari economici, coniugali, politici, ecc.
L’elemento che contribuisce non già all’accrescimento e allargamento di questi grandi gruppi, bensì al loro restringimento e divisione discende, altrettanto, in Orgosolo, dalla « grande famiglia ». Esso è insito nella distribuzione interna della ricchezza e nell’interna subordinazione.
I fr[...]
[...]ese, ed in alcuni periodi speciali, come i Cossu e i Cornine della famosa « disamistade », dal 1905 al 1926, quasi metà del paese.
Esse non si sciolgono se non con la morte, e, solo più modernamente, per dissidi vari economici, coniugali, politici, ecc.
L’elemento che contribuisce non già all’accrescimento e allargamento di questi grandi gruppi, bensì al loro restringimento e divisione discende, altrettanto, in Orgosolo, dalla « grande famiglia ». Esso è insito nella distribuzione interna della ricchezza e nell’interna subordinazione.
I fratelli minori, i celibi, i giovani, le donne, con il corso degli anni, e dei secoli, vengono a costituire man mano una società patrimonialmente più povera e che, nella divisione del lavoro, adempie ài compiti più umili di subordinati. Di contro stanno i primogeniti, i padri anziani, e anche le donne che essi sposano, che vengono a costituire man mano una società più ricca e nei lavori privilegiata: i proprietari di greggi e i superiori.
Con l’estensione del processo, nei secoli, in tutti i gruppi di famiglia, questo viene a conformarsi con una partizione generale del paese in due «classi». La «classe» è, essenzialmente, il solo38
FRANCO CAGNETTA
elemento che in questa società si stacchi dalla grande famiglia vera e propria o, più esattamente, quello che divide il paese in due classi di « grandi famiglie ». Esse sono quella di « sos proprietarios » (i proprietari) detta anche di « sos meres » o « sos prinzipales » (i padroni, i principali) e quella di « sos poveros » (i poveri) detta anche di « sos terraccos » (i servi).
La esistenza di uguale divisione sin dal tardo impero romano si può comprovare, in tutta la Sardegna, dai contemporanei documenti e, in particolare dalla « Carta de Logu » di Eleonora Giudichessa di Arborea (un codice legislativo che è il più importante documento di storia medioevale sarda). Allo stato attuale la divisione, che può essere altrettanto antica in Orgosolo, è[...]
[...]e Logu » di Eleonora Giudichessa di Arborea (un codice legislativo che è il più importante documento di storia medioevale sarda). Allo stato attuale la divisione, che può essere altrettanto antica in Orgosolo, è quasi completa: il paese compare come spaccato in queste due grandi classi pastorali.
I rapporti, tra queste due classi (che non vanno affatto intese in senso moderno, ma solo antico) sono rapporti speciali di una unitaria società famigliare e patriarcale, di una « tribù ».
Esiste uno stato di pace e di colloquio tra le due classi; e, contemporaneamente, esiste tra di loro uno stato di guerra e di lotta.
«Sos proprietarios» o «sos meres» o «prinzipales» ostentano nei riguardi di « sos poveros » o « sos terraccos » un atteggiamento paternalistico di protezione, di apparenti atti di bontà, di promesse, di manifestazioni di simpatia che (sempre nel loro interesse, temendo il peggio) manifestano affittando qualche pascolo a prezzo appena più umano; trattando i servi delle greggi sempre alla buona, quasi da pari a pari, con n[...]
[...] però di comprendere la differenza sostanziale che intercorre tra di loro, se manifesta intelligenza, energia, spirito di indipendenza, il padrone o superiore scopre di colpo, allora, il suo disprezzo, comincia a sospettarlo come un nemico, come il futuro ladro delle sue greggi, delle sue terre, dei suoi averi; e apre le ostilità apertamente con l’oppressione, con la denunzia a torto o a ragione per ogni minimo fallo, con l’angheria, con rappresaglie, con l’omicidio.
La formazione di questa classe di « sos proprietarios » o « sos meres» o «sos prinzipales» è avvenuta ed avviene in OrgosoloINCHIESTA SU ORGOSOLO
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(come in tutta la Sardegna) in modo assai speciale: con la rapina di pecore altrui, con il furto, con l’appropriazione violenta di terreni comunali e delle terre più povere ed indifese tra le private, con l’usura, con l’abuso del potere, se detiene il Comune, con amicizie tra le autorità.
Non mi è stato possibile ricostruire in Orgosolo (poiché manca ogni dato ufficiale) una tabella che indichi esattamente tutte le [...]
[...]orraine, dei Moro. Una loro valutazione esatta non mi è stata possibile effettuare (ed è possibile solo, forse, ad enti statali). Ecco, intanto qualche dato approssimativo che posso fornire sulle più importanti:
Fratelli Podda: 800 pecore, 80 buoi, 18 cavalli, 220 capre, 230 h. di pascolo.
Corraine Nicolò : 200 pecore, 40 buoi, 5 cavalli, 104 h. di vigna e oliveto.
Moro Luigi: 450 pecore, 47 buoi, 2 cavalli, 183 h. di pascolo.
La famiglia Monni, discendente da Serafino, un prestatore di denari venuto da Dorgali, e composta oggi di 6 fratelli, suoi discendenti, con circa 50 figli, è quella che possiede la proprietà più sviluppata di Orgosolo. Essa è costituita dalla catena dei negozi più importanti del paese, da case di abitazioni, da caserme di carabinieri, da terreni, da greggi, da denaro. Sin da quando si è installata40
FRANCO CAGNETTA
in Orgosolo questa famiglia, e quasi sempre, ha avuto nelle mani
il Comune e l’Ambulatorio, influente presso il clero e le autorità di polizia, contando oggi, tra i suoi componenti, un senatore d.c. (il solo deputato italiano nato in Orgosolo ma vissuto sempre fuori): l’avv. Antonio Monni.
Una poesia popolare assai diffusa nel paese, e che qui pubblico solo per documentare lo stato d’animo popolare nei riguardi di una parte di questa famiglia, dice:
A ti descriere sa gente villana Seminatrice de sos curantismu Suni in bidda sa razza Monniana Cun su podere dà s’istriccinismu E sun gontrade su comunismu Cun sa democrazia cristiana Chi sfruttana e cundennana e confinana Chi furana e chi occhini e rapinnana (4).
La tronfia arroganza della classe sociale dei proprietari e signori di Orgosolo ho avuto modo io stesso di sperimentare direttamente, allorché, nel corso della mia inchiesta, per evitare la rivelazione di verità, alcuni di loro hanno osato farmi minacce di morte, se non sgombravo, minacce che hanno avuto il solo effetto[...]
[...]e confinano e rubano ed uccidono e rapinano.INCHIESTA SU OSGOSOIO
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« uomo ». Esiste un termine particolare in Orgosolo per indicare questo uomo esecrato, eppur stimato : « su abile » (l’abile), « su baiente » (il valente). La miseria con tutto quello che comporta è profondamente disprezzata. Il termine che definisce il povero in Orgosolo è, nel particolare ambiente, quasi offensivo : « su rimitanu » (l’eremita, il pezzente). In ogni famiglia c’è il problema di fare del proprio figlio un « ornine bonu », non nel significato di uomo buono, ma in quello latino di uomo non soggetto a vita servile. Ogni uomo che pensi che per la sola povertà deve andar chino, che sua moglie ed i suoi figli possono, per un caso qualsiasi, andare all’elemosina; che per la sola povertà è accusato da tutto il paese, e quasi sempre, di dabbennaggine, di inettitudine, di poltroneria, è sempre un uomo disposto ad ogni delitto, ad ogni malazione pur di liberarsi. L’aspirazione generale — come in tutte le società di pastori — è, in fondo quella di diventare ricco e superiore.
Cova però nel sangue di questi diseredati il ricordo cocente delle pecore, delle terre, dei denari loro rubati o sottratti con inganno dai ricchi; cova il ricordo delle umiliazioni, delle sofferenze, dei lutti subiti in passato;[...]
[...]l ricordo cocente delle pecore, delle terre, dei denari loro rubati o sottratti con inganno dai ricchi; cova il ricordo delle umiliazioni, delle sofferenze, dei lutti subiti in passato; cova il presente di una vita tristissima e grama che debbono sopportare. Di tanto in tanto, e molto spesso, essi si ricordano di essere sensibili, ostili, ribelli a una ingiustizia immeritata, a una crudele sopraffazione.
La lotta contro il ricco e l’uomo di migliore condizione si svolge, così, in modo aperto o nascosto, con il furto di pecore, con gli sgarrettamenti, con il furto nelle campagne, con la loro devastazione, con il ricatto, con il sequestro, con l’omicidio.
Assai di recente, dall’ultimo dopoguerra, tutta la lotta tra le due classi è andata assumendo in Orgosolo anche un aspetto più moderno, che la mitiga e la nobilita (come vedremo) : una lotta culturale e politica; ma, in generale, si deve ritenere che essa si svolge quasi tutta, ancora, con i metodi primitivi o « barbari » che sono propri della struttura e tradizione locale.
Parrebbe, a questo punto, che l’esistenza di Orgosolo si sviluppi per intero in un « ciclo cult[...]
[...]ndata assumendo in Orgosolo anche un aspetto più moderno, che la mitiga e la nobilita (come vedremo) : una lotta culturale e politica; ma, in generale, si deve ritenere che essa si svolge quasi tutta, ancora, con i metodi primitivi o « barbari » che sono propri della struttura e tradizione locale.
Parrebbe, a questo punto, che l’esistenza di Orgosolo si sviluppi per intero in un « ciclo culturale » di pastori, chiuso in una organizzazione famigliare, la quale nell’interno è divisa in individui isolati, quasi zoologici, nell’insieme in due grandi e rudimentali42
FRANCO CAGNETTA
gruppi di classe. È questo il mondo patriarcale, straordinariamente antico e sorprendente, di quasi tutti i paesi della Barbagia. Ma il paese di Orgosolo gode fama particolare ed eccezionale di paese che si distingue tra tutti questi : in Sardegna è considerato il paese della « vindicada » o « vindicau » (vendetta) e della « bardana » (razzia), un paese di cupi assassini e di terribili ladri di pecore. Sin dall’inizio dell’800 esiste una letteratura giorn[...]
[...]e che si distingue tra tutti questi : in Sardegna è considerato il paese della « vindicada » o « vindicau » (vendetta) e della « bardana » (razzia), un paese di cupi assassini e di terribili ladri di pecore. Sin dall’inizio dell’800 esiste una letteratura giornalistica che contribuisce a sottolineare solo questo aspetto del paese, a spargerne il terrore, ed è raro che non si aggiunga sempre al nome del paese l’aggettivo «maledetto» o non si consigli, accuratamente, di evitarlo. Quasi in tutta la Sardegna sono pochi i sardi che vi abbian messo piede, senza alcun impegno che li costringesse, e meno ancora quelli che ne parlino senza una paura esagerata o che non preferiscano tacerne. Quasi tutti i pastori dei paesi confinanti, solo a fare il nome di Orgosolo, non riescono a nascondere un gesto di sgomento, di timore, ed il pastore orgolese sino al secolo scorso (come riferisce, ad es., l’abate Angius) era talmente temuto dai pastori delle pianure in cui svernava che questi credevano incontrandolo, addirittura, che fosse sicuro presagio di [...]
[...]ferisce, ad es., l’abate Angius) era talmente temuto dai pastori delle pianure in cui svernava che questi credevano incontrandolo, addirittura, che fosse sicuro presagio di tempesta atmosferica.
La situazione criminale, in verità, in Orgosolo non è normale : da molti anni è oramai il solo paese della Sardegna in cui si può dire che esistono come « istituti sociali » veri e propri la « vendetta » e la « bardana ». Se esistesse una statistica degli omicidi, ferimenti, conflitti, ricatti, sequestri di persona, grassazioni, e di reati come furto di pecore, sgarrettamenti, furti di campagna, distruzioni di viti e colture, incendi di boschi ecc., probabilmente Orgosolo (almeno in rapporto a questi due « istituti » che li originano) sarebbe quasi ogni anno in testa ai paesi di Sardegna. Da uno studio dei giornali sardi dal 1901 al 1954 (e con l’approssimazione possibile), ho rilevato che in Orgosolo (e specie nei mesi caldi che coincidono con la presenza della popolazione dei pastori), si verificano un omicidio in media ogni due mesi (6 all’[...]
[...]ercentuale annua di
1 reato su ogni 80 abitanti. E si deve considerare che questa statistica vale solo per i reati denunciati, o pubblicamente conosciuti, mentre non riguarda quelli taciuti per paura, per compromesso ecc.
Il paese di Orgosolo si distingue per questo, oggi, da tutti i paesi di Barbagia. Ieri, quasi tutti i paesi di Barbagia avevano una analoga situazione. Per esempio Fonni nel 1800 o Olzai o Orane in questo secolo hanno eguagliato, a volte, questi indici statistici. La struttura sociale e la cultura di questi paesi sembra però essere ancora uguale, o quasi, a quella di Orgosolo.
Quale è dunque la ragione del sopravvivere in Orgosolo di una situazione sì particolare e, soprattutto, di istituti sociali come la « vendetta » e la « bardana » che in tutti gli altri sono quasi scomparsi? Quale è la ragione strutturale, e culturale, della turbolenza continua di Orgosolo?
Il problema è tra i più difficili e complessi che imponga una storia delle montagne di Sardegna ma, al tempo stesso, è tra i più importanti e decisivi per chiarire le basi ultime ed essenziali della storia di queste società.
10 non credo che il problema possa essere mai risolto dallo studioso che lo guardi da un punto di vista statico della «odierna» economia. Poiché la spiegazione si può trovare solo, a mio parere, in una economia (struttura e cultura) che c’è stata e non si [...]
[...]ria di queste società.
10 non credo che il problema possa essere mai risolto dallo studioso che lo guardi da un punto di vista statico della «odierna» economia. Poiché la spiegazione si può trovare solo, a mio parere, in una economia (struttura e cultura) che c’è stata e non si vede in Orgosolo se non in numerosi e reperibili elementi che sono sopravvissuti e come incastrati nell’attuale « ciclo culturale » dei pastori
o della « grande famiglia ».
Si tratta di mettere in luce struttura e culture di un « ciclo » precedente: e ciò è desumibile soltanto, oggi, da uno studio della mentalità e del carattere degli orgolesi (le soprastrutture sono le più lente a trasformarsi), dal soccorso di notizie archeologiche e storiche sul paese, e dallo studio di ancor esistenti, fondamentali ma apparentemente secondari istituti locali.
11 pastore di Orgosolo, se lo si osserva attentamente, è certa44
FRANCO CAGNETTA
mente diverso da quello di tutti i vicini paesi. Il pastore di questi o il pastore tradizionale e proprio della « grande famiglia » (quale
lo Huntington, ad esempio, ha individuato nei suoi lineamenti generali) è, in generale, un individuo isolato, gregario, conservatore, falso, pavido, di intelligenza tarda e mansueto. Il pastore orgolese invece, in generale, è un individuo più associativo, più individuale, fondamentalmente guerriero ed aggressivo, insofferente, coraggioso, di intelligenza astuta e crudele. Questi caratteri lo fanno assomigliare, certamente, ai popoli di un « ciclo » precedente a quello pastorale (al più antico che si conosca in tutta la storia dell’Europa), il « ciclo culturale » che l’etnologia classica chiama dei « cacciatori e raccoglitori » o delle « orde ».
Molti dati di osservazione storica e sulla mentalità e il carattere posso qui avanzare per convalidare questa tesi, ma, soprattutto, varrà a convincere il lettore uno studio dei due principali e particolari istituti sociali del paese, e cioè la « vendetta » e la razzia.
Si tenga conto, innanzitutto, che Orgosolo, tra tutti i paesi della Barbagia, è ancora oggi il solo che conservi nel proprio territorio foreste quasi vergini, e sterminate, a differenza di tutti i paesi vicini che nel secolo scorso (come in tutta la Sardegna) ne sono stati spogliati da una specula[...]
[...]e questa tesi, ma, soprattutto, varrà a convincere il lettore uno studio dei due principali e particolari istituti sociali del paese, e cioè la « vendetta » e la razzia.
Si tenga conto, innanzitutto, che Orgosolo, tra tutti i paesi della Barbagia, è ancora oggi il solo che conservi nel proprio territorio foreste quasi vergini, e sterminate, a differenza di tutti i paesi vicini che nel secolo scorso (come in tutta la Sardegna) ne sono stati spogliati da una speculazione privata.
La selvaggina (diminuita fortemente in tutta la Barbagia) è più facile a trovarsi ancor oggi nel territorio di Orgosolo, e specie per razze zoologiche preistoriche, come i mufloni.
Nel corso della mia gita effettuata sul Supramonte ho avuto la fortuna di fare un ritrovamento archeologico di una certa importanza : in località « sas baddes » (le valli), ai limiti di un bosco che confina con un largo prato di terra alluvionale, e cioè un’antica palude, ho rinvenuto i resti di un abitato del neolitico (epoca della pietra levigata), costituito da una officina [...]
[...]ti di un abitato del neolitico (epoca della pietra levigata), costituito da una officina litica con frammenti di pugnali e punte di frecce; resti calcificati di ossa di animali, tra cui un teschio ben conservato di scimmia antropoide, bacini di bue e frammenti di animali da individuare; e numerosi residui di abbozzi statuari, tra cui, ben conservati, una testa di cinghiale e due di bue. Su questo ritrovamento (per il quale mi riservo, effettuati gli studi, di dare una comunicazione integrale) mi limito qui ad osservare
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come possa darci un elemento per congetturare la esistenza in Orgosolo, nel neolitico, di un popolo di cacciatori. L’etimologia stessa del nome del paese, secondo il più autorevole studioso di lingua sarda, Max Leopold Wagner, significa «guado, terreno acquitrinoso » palude (5). Ciò, presumibilmente, fa pensare ad un abitato di cacciatori.
Notizie storiche sugli abitanti di Orgosolo quali cacciàtori sono numerose ma di tradizione soltanto orale. Allo stato attuale non esiste più nel p[...]
[...]municazione integrale) mi limito qui ad osservare
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come possa darci un elemento per congetturare la esistenza in Orgosolo, nel neolitico, di un popolo di cacciatori. L’etimologia stessa del nome del paese, secondo il più autorevole studioso di lingua sarda, Max Leopold Wagner, significa «guado, terreno acquitrinoso » palude (5). Ciò, presumibilmente, fa pensare ad un abitato di cacciatori.
Notizie storiche sugli abitanti di Orgosolo quali cacciàtori sono numerose ma di tradizione soltanto orale. Allo stato attuale non esiste più nel paese un solo individuo che viva della sola caccia, ma sino a 50 anni fa, e specialmente tra i banditi, secondo notizie avute da quasi tutti gli abitanti, esistevano cacciatori abituali, di mestiere.
L’abitante di Orgosolo è conosciuto in tutta la Sardegna come un meraviglioso cacciatore. Abile, astuto, paziente, testardo in modo eccezionale egli si sopraeleva su tutti gli altri sardi, e specialmente nella caccia del cinghiale e del muflone (oggi interdetta), secondo qualità che possono discendere soltanto da tradizioni storiche.
Una antica caccia oggi scomparsa che per la sua singolarità vale qui a lungo ricordare era la caccia tra l’uomo e l’avvoltoio, da cui discendeva anche una sorprendente forma particolare di gioco. Questo antico gioco, di cui non ho qui più trovata traccia alcuna, ma che è assai vivo ancora nel ricordo di qualche vecchio orgolese era la « lotta » tra l’uomo e l’avvoltoio : non l'uccisione di un ani
(5) « Il guaio è che non conosciamo[...]
[...]simili disseminati nel cuore dell’isola. Proprio vicino ad Orgosolo vi è Badu Orghe, dunque un « guado » (teireno acquitrinoso); e una regione chiamata Orgolasi.
Certo non possiamo sapere se tutti questi nomi risalgono alla radice org di orgosa : per quelli cominciati con orgos lo riteniamo sicuro.
Il basco e il berbero non sembrano offrire nessun tipo affine; ma il greco antico (attico) ha 5pya « terra umida, grassa e fertile ».
La somiglianza di forma e di significato fra il vocabolo greco e il vocabolo sardo può essere un puro gioco del caso, ma ove il vocabolo greco fosse mutuato da qualche lingua asiatica — il che non ci pare inverosimile — si potrebbe anche trattare di lontane sopravvivenze mediterranee ». Bibliotheca romanica cdendam curat W. v. Wartburg. Series prima. Manualia e commentationes. III. La Lingua Sarda di M. L. Wagner. Casa editrice A. Francke. S. A. Berna (195IX PP 28991.■16
FRANCO CAGNETTA
male che assaliva le pecore, del nemico delle greggi, ma un ludo, nna mimesi, uno spettacolo che si generava da[...]
[...]iones. III. La Lingua Sarda di M. L. Wagner. Casa editrice A. Francke. S. A. Berna (195IX PP 28991.■16
FRANCO CAGNETTA
male che assaliva le pecore, del nemico delle greggi, ma un ludo, nna mimesi, uno spettacolo che si generava da quella lotta ragionevole.
In una fossa scavata nella terra l’orgolese poneva una carogna putrida di pecora, di capra, e se l’osceno odore non attirava l’avvoltoio, sulla cima di un’altura, in zona ventilata, egli uccideva ed arrostiva un cane. Giungeva ben presto da chilometri, da distanze incalcolabili, attirata dall’odor nauseabondo e dalla fame la fiera celeste, isolata o a schiere, e si avventava rutilante sulla carogna per ingozzarsi e riempirsi di carne marcia. Per distruggere gli avvoltoi l’orgolese, che oggi usa il fucile, poneva forti uncini di ferro legati a corde nelle carcasse, perché, ingoiandoli, nella sua ingordigia l’uccello potesse rimanere preso, accoppato, trucidato a colpi di pietra. Ma molte volte, trasformando tutto in una sottile pazzia, in un « gioco », senza mettere gli uncini, l’orgolese sfidava direttamente l’animale satollo, lo eccitava, lo aggrediva, e lo combatteva a colpi di bastone. Si scatenava una lotta barbara, terribile, una sfida tra forze umane e meramente animali, con la posta dello scempio e della morte: un mulinello di rostri e di bastoni, di penne, di ali, di braccia. Era la lotta più misteriosa, più antica e più segreta del paese. Risaliva a ragioni primitive della specie umana: suggeriva l’idea degli uomini che contendono al caos le distinzioni dell’essere, che cercano di distinguersi dalla forza del bruto con le astuzie, con l’intelligenz[...]
[...]ni, l’orgolese sfidava direttamente l’animale satollo, lo eccitava, lo aggrediva, e lo combatteva a colpi di bastone. Si scatenava una lotta barbara, terribile, una sfida tra forze umane e meramente animali, con la posta dello scempio e della morte: un mulinello di rostri e di bastoni, di penne, di ali, di braccia. Era la lotta più misteriosa, più antica e più segreta del paese. Risaliva a ragioni primitive della specie umana: suggeriva l’idea degli uomini che contendono al caos le distinzioni dell’essere, che cercano di distinguersi dalla forza del bruto con le astuzie, con l’intelligenza, il lavoro, lo strumento. L’orgolese giocava, mimava inconsciamente l’origine dell’uomo.
Anche il più grande zoologo di Sardegna del XVIII secolo, padre Francesco Cetti S.J., ricorda questa lotta (6).
Che l’abitante di Orgosolo fosse probabilmente un popolo cacciatore (e guerriero) può essere sottolineato anche, indirettamente, dall’abilità e dalia fama che in passato ha avuto, ed ha ancor oggi, come cavaliere. Gli orgolesi, chi li vede per la pr[...]
[...] astuzie, con l’intelligenza, il lavoro, lo strumento. L’orgolese giocava, mimava inconsciamente l’origine dell’uomo.
Anche il più grande zoologo di Sardegna del XVIII secolo, padre Francesco Cetti S.J., ricorda questa lotta (6).
Che l’abitante di Orgosolo fosse probabilmente un popolo cacciatore (e guerriero) può essere sottolineato anche, indirettamente, dall’abilità e dalia fama che in passato ha avuto, ed ha ancor oggi, come cavaliere. Gli orgolesi, chi li vede per la prima volta a cavallo, strappano un grido di entusiasmo. Basta guardarli con le gambe nervose e sottili strette alla pancia del cavallo, senza sella e senza staffa, slanciarsi con in mano la criniera tra uno svolazzo
(6) Francesco Cetti, Gli uccelli di Sardegna. Presso Giuseppe Piattoli. Sassari. MDCCLXXVI, p. 23.
IINCHIESTA SU ORGOSOLO
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di pelli o di lucenti panni, tra balzi, dirupi, precipizi. I primi cavalieri di Sardegna.
L’amore quasi incredibile che l’orgolese porta per le armi, qualsiasi genere di armi, può essere un segno, ancora, della origine antichissima e lunghissima, da un popolo in eminenza di bellicosi cacciatori. Imbracciando il fucile oggi, come ieri la clava e l’arco con le frecce; l’orgolese sembra nato in quella positura.
I migliori tiratori sardi — e ne fa fede la tradizione dei banditi
—[...]
[...]HIESTA SU ORGOSOLO
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di pelli o di lucenti panni, tra balzi, dirupi, precipizi. I primi cavalieri di Sardegna.
L’amore quasi incredibile che l’orgolese porta per le armi, qualsiasi genere di armi, può essere un segno, ancora, della origine antichissima e lunghissima, da un popolo in eminenza di bellicosi cacciatori. Imbracciando il fucile oggi, come ieri la clava e l’arco con le frecce; l’orgolese sembra nato in quella positura.
I migliori tiratori sardi — e ne fa fede la tradizione dei banditi
— discendono da Orgosolo.
Un altro elemento che potrebbe denunciare l’origine orgolese dai «cacciatori» è la generale crudeltà che essi dimostrano contro gli animali o gli uomini che lottano. Ho assistito, per esempio, all’uccisione di una pecora, ed ho avuta la netta impressione che il colpo inferto per la morte non è certo quello del pastore, dell’ex padrone della bestia, ma, piuttosto, quello del nemico, del cacciatore.
La crudeltà degli orgolesi per i cani, per es., è innaturale in un paese di pastori. Uno dei giochi infantili, ed adulti, degli orgolesi, è per es. quello della gratuita lapidazione di un cane, non sino alla ^ morte; ancora peggio, quello del suo completo spellamento sì che poi se ne scappi, ancora per poco, vivo; dopodiché succede, abitualmente, una vera orgia di fischi, di urla micidiali. Questa stessa crudeltà di cacciatori si può riscontrare, con evidenza, nella tortura, nell’omicidio, nello scempio di cadaveri. Da tale crudeltà, approfondita dalla macellazione nella società dei pastori, discende il carattere alquanto sanguinario, l’abitudine frequente al sangue.
Poiché il ciclo culturale dei « cacciatori » si [...]
[...]una vera orgia di fischi, di urla micidiali. Questa stessa crudeltà di cacciatori si può riscontrare, con evidenza, nella tortura, nell’omicidio, nello scempio di cadaveri. Da tale crudeltà, approfondita dalla macellazione nella società dei pastori, discende il carattere alquanto sanguinario, l’abitudine frequente al sangue.
Poiché il ciclo culturale dei « cacciatori » si accompagna sempre, o quasi sempre, con una attività specifica di « raccoglitori » vale qui citare un importante ed ancor esistente istituto che ha una forte sopravvivenza in Orgosolo (già diffuso in tutta la Sardegna) che è, esattamente, quello dell’« Ademprivio ».
L’« Ademprivio », il quale è un uso civico locale così diffuso e tenace che dai tempi della legislazione aragonese (1325) sino alle leggi italiane di abolizione (186577) era stato codificato come « diritto », è l’abitudine di tutto il paese di riunirsi per andare nei boschi, gratuitamente e senza ostacolo (ora soltanto per uno o due48
FRANCO CAGNETTA
periodi dell’anno) a fare legna, pietre, ghian[...]
[...]a, pietre, ghiande ed altri frutti che si trovino. L’ademprivio come « diritto » è rimasto sino ad oggi solo in Orgosolo.
In esso è da individuarsi il più antico e primitivo istituto agrario locale e, tenuto conto lo scarso sviluppo che sino ai nostri giorni ha avuto in Orgosolo l’agricoltura e potrebbe, forse — come in altre zone d’Italia dove esistono analoghi usi civici — avere le sue più lontane radici in una consuetudine propria a « raccoglitori ». Naturalmente avanzo questa ipotesi in modo solo dubitativo e non credo che si potrà mai effettuarne la comprova, mancando del tutto i documenti di tradizione ed i residui culturali che potrebbero certificarne quella origine.
Ma per indicare i caratteri probanti (e non soltanto ipotetici come i precedenti) di una origine dai cacciatori e raccoglitori (ciò che serve a chiarire il problema specifico strutturale e culturale della « turbolenza » di Orgosolo) vale qui studiare soprattutto e innanzitutto l’istituto della « vendetta », negli innesti e nelle proprie forme che ha preso nella società contemporanea dei pastori o nell’attuale ciclo culturale della « grande famiglia ».
L’istituto della vendetta, più che ogni altro, ha reso celebre Orgosolo negli ultimi anni non solo in tutt’Italia, ma in tutt’Europa. Per il numero dei reati ad essa connessi, e per la continuità e spettacolarità che essi presentano, si deve ritenere che, in questo settore, Orgosolo rappresenti, oggi, il più importante paese di tutt’Europa.
L’istituto della « vendetta », ben intesi, assai diffuso tra popolazioni a struttura economica e culturale primitiva in tutto il mondo, è stato largamente studiato per singole zone e codificato nei lineamenti generali dall’etnologia. Ma una ricerca sulla « vendetta » in Orgosolo non è stata neppur tentata (se non in articoli gior[...]
[...]tti, in tutte leINCHIESTA SU ORGOSOLO
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società e le culture) e lo definisce, un fenomeno ideologico valido in assoluto, agevolato da strutture particolari e da particolari culture : ma fondamentalmente fatto « sacro », « ragione magica », « dovere ».
La « vendetta », che sempre si origina in strutture economiche che portano ad una formazione della società in gruppi « chiusi » trova sempre il suo movimento in un fatto culturale. Tutti gli uomini che si ritengono esistenti (discendenti e legati) in una singola unità il cui elemento comune è considerato ideologicamente il sangue in primo luogo, e, secondariamente, altro elemento ideologico come il totem in antico, l’amicizia modernamente ecc., all’atto in cui viene intaccata dall’esterno, da altri uomini (e nelle società « chiuse » da un altro gruppo analogo) la propria comune unità con spargimento di sangue od altra offesa, sentendo minacciata la comune esistenza e con ciò la propria e singola sentono la necessità di intervenire con un atto che in qualche modo tenga lontano ed [...]
[...]ligiosa, ad una « ideologia » staccata da ogni particolare società. Il problema è rimasto « astratto » : si fa ricorso a un « uomo » uguale
o valido per ogni società, a un uomo « eterno ».
Io credo che la soluzione del problema della « origine » o « necessità » della vendetta si possa invece collegare ad una particolare società economica e ad un particolare periodo storico dell’umanità: al ciclo definito in etnologia «dei cacciatori e raccoglitori».
È nota in etnologia la importanza decisiva che in tutte le società primitive ha la estensione o generalizzazione dell’« esperienza fondamentale », del lavoro principale in una singola e delimitata unità economica e sociale.50
FRANCO CAGNETTA
Il momento fondamentale per il ciclo dei « cacciatori e raccoglitori » è la caccia, la lotta tra l’uomo e la bestia; una lotta fondamentale che coincide, altrettanto, con un momento generale, quale il momento del rischio della esistenza, della vita di fronte alla morte.
La connessione ideologica tra la caccia e la « vendetta » potrebbe, probabilmente, essersi generata in questo modo:
Il cacciatore vedendo in tutto il suo mondo che se si perde sangue, di uomo o di bestia, si perde la vita, ritiene, in modo primitivo, che il sangue è l’elemento fondamentale della vita, del mondo. Nel corso della sua esistenza il cacciatore trova, altrettanto, che lui e[...]
[...]e sangue, di uomo o di bestia, si perde la vita, ritiene, in modo primitivo, che il sangue è l’elemento fondamentale della vita, del mondo. Nel corso della sua esistenza il cacciatore trova, altrettanto, che lui e un suo « fratello » sono uniti nel sangue, per l’elemento fondamentale del mondo e della vita. Se un suo fratello è ferito, perde sangue e muore, essendo entrato in gioco l’elemento fondamentale della vita e del mondo, il sangue, anch’egli, avendolo in comune, è posto di fronte all’esperienza decisiva del rischio della esistenza, della vita di fronte alla morte. Nel momento della caccia, quando il cacciatore perde il sangue ed è in pericolo di vita, colpito dalla bestia, il solo modo che ha di non continuare a perder sangue e non morire è quello di far perder sangue alla bestia e farla morire. L’unico modo proprio di difendersi e salvarsi, cioè, si configura come il solo modo di ferire e far morire. L’estensione di questa esperienza della caccia a tutta la vita, al mondo totale — secondo la generalizzazione propria del primitiv[...]
[...]zione propria del primitivo — conduce alla applicazione generale anche nella sola società umana, ai rapporti tra soli uomini, nella lotta tra uomo e uomo. Si ingenera la « vendetta ».
La « vendetta », nasce e non può nascere che da una società di cacciatori; la sua estensione può avvenire solo quando questa attività sia preminente: cioè in un «ciclo culturale» di cacciatori che è, appunto, noto all’etnologia come « ciclo dei cacciatori e raccoglitori ».
Rimane il problema della sua persistenza in un qualsiasi ciclo che gli si sostituisca, e, per esempio, nel ciclo dei pastori della « grande famiglia », nel quale l’« esperienza fondamentale », il lavoro principale non è più, certamente, la caccia ma la domesticazione e l’allevamento.INCHIESTA SU ORGOSOLO
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Secondo gli studi del Mòdlig, Schmidt, Montandon, Menghin, è nota la tendenza, suffragata da numeroso materiale, a far discendere il ciclo dei pastori della « grande famiglia » da un precedente ciclo di « cacciatori e raccoglitori ».
Con la cattura dell’animale (un momento fondamentale della caccia oltre l’uccisione), nel ciclo dei « cacciatori e raccoglitori » si viene ad introdurre gradualmente un’altra esperienza importante: ila domesticazione, poi l’allevamento. Il momento di passaggio da questo primo ciclo al secondo, lungo a yolte per millenni, non è certo ricostruibile, né si può dire che esso sia originato od importato. Rimane però un forte legame tra il ciclo dei « cacciatori e raccoglitori » e quello dei pastori; e la stessa cultura di questi, specialmente nella «grande famiglia», viene molto influenzata.
Sebbene si sia passati dalla lotta cruenta alla domesticazione e aH’allevamento, rimane pur sempre come « esperienza fondamentale », lavoro principale del nuovo ciclo, il rapporto tra l’uomo e la bestia. Un momento subordinato di questo, ma importantissimo, e residuo di quel ciclo precedente, è ancora quella pur sempre cruenta lotta che è l’uccisione dell’animale domesticato e allevato, la macellazione della pecora. Il generale ambiente ideologico proprio della società dei cacciatori, il cui elemento fondamentale è il « sangue », con la formazione della società [...]
[...]rincipale del nuovo ciclo, il rapporto tra l’uomo e la bestia. Un momento subordinato di questo, ma importantissimo, e residuo di quel ciclo precedente, è ancora quella pur sempre cruenta lotta che è l’uccisione dell’animale domesticato e allevato, la macellazione della pecora. Il generale ambiente ideologico proprio della società dei cacciatori, il cui elemento fondamentale è il « sangue », con la formazione della società dei pastori in una famiglia sempre più forte che si riconosce legata per elemento fondamentale col « sangue », viene qui ribadito e, per questo verso, rafforzato.
Dove, come quasi sempre avviene, la coesistenza dei due diversi cicli permane e una società di cacciatori nell’insieme mantiene un peso consistente rispetto alla società dei pastori, la cultura generale del primo ciclo ha fortissime possibilità, certamente, di persistere.
Per il caso di Orgosolo queste leggi mi pare che possano benissimo essere comprovate. La società di Orgosolo, società antichissima di pastori e di cacciatori sopravvissuti sino al seco[...]
[...]ra generale del primo ciclo ha fortissime possibilità, certamente, di persistere.
Per il caso di Orgosolo queste leggi mi pare che possano benissimo essere comprovate. La società di Orgosolo, società antichissima di pastori e di cacciatori sopravvissuti sino al secolo scorso, presenta per i suoi caratteri strutturali e culturali tutte le condizioni per l’esercizio della « vendetta ».
E più la società è chiusa in grossi gruppi (« grandi famiglie »)52
FRANCO CAGNETTA
e la mentalità o cultura si limita nel circolo ristretto e primitivo che ne discende, più la « vendetta » ha motivò di divampare ed incendiare in tutto il paese come legge generale interna della società. Diviene allora « disamistade » (inimicizia).
Una osservazione attenta ed analitica dei modi propri, passati e presenti, della « vendetta » in Orgosolo ci permette da un lato di ricavare preziosi elementi che comprovano l’esistenza di una mentalità o cultura (di un’« anima ») primitiva, per dirla con Levi Bruhl; e, dall’altro, di individuare in essa un uso così [...]
[...]ive, a cura di E. Besta, nella rivista: Studi sassaresi pubblicati per cura di alcuni professori della Università di Sassari. Anno III, sez. I. Tip. G. Dessi, Sassari, 190304, pp. 222.INCHIESTA SU ORGOSOLO
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tori di « vendette » in Orgosolo e principali superstiti della grande « disamistade », oggi sui 70 anni, hanno avuto a dirmi che un ucciso, se non si sopprime il colpevole deH’assassinio, torna « a gridare e sbraitare » nella sua famiglia e nel suo parentado; e che una «goccia di sangue», non corrisposta, porta «sfortuna» a tutta la famiglia e al parentado che l’ha versata.
Queste due antiche credenze, proprie di un mondo magico, anteriori, sono oggi generalmente prese in poca considerazione e sostituite quasi sempre da postulazioni di principio che richiamano l’« onore », il « prestigio ». Avendole riferite ad anziani e soprattutto ai giovani le ho viste quasi sempre derise come « stupidaggini di vecchi » ma, persino tra i più scettici, ho sempre trovato di fronte ad esse una certa sospensione e, in qualche caso, persino un dubitoso riaffiorare di quell’antica superstizione.
La « vendetta » come istituto giuridico si pres[...]
[...]imento. Per una idea concreta del movimento di una « vendetta » in Orgosolo rimando il lettore al mio citato studio sulla famosa «vendetta» tra i Cossu e i Corraine durata in Orgosolo dal 1905 al 1927 con innumerevoli fatti di sangue e uccisioni.
Una legislazione generale della « vendetta » non esiste, ovviamente, in codice scritto o in un codice vero e proprio che si tramandi oralmente, tuttavia nel costante ritordo di « vendette » che hanno gli orgolesi è rintracciabile un vero e proprio « corpus » consuetudinario di usi e tradizioni a cui mantengono sempre fede.
Posso indicare qui intanto le leggi generali più costanti e rispettate, che è possibile rintracciare, in modo vario, tra quasi tutte le società in cui si pratica la « vendetta ».
Alla « vendetta » in Orgosolo partecipano tutti i membri ma54
FRANCO CAGNETTA
schi delle « grandi famiglie » implicate (i congiunti più prossimi, i famigliati, gli affiliati come compari amici, ecc.) dall’età puberale sino a tarda vecchiaia. La limitazione al solo mondo maschile (non ho notizie di « vendette » eseguite da donne) discende certamente dall’essersi l’istituto originato in ima società di cacciatori, e cioè una società già organizzata in una divisione di lavoro maschile e femminile, riprodotta e ribadita nella successiva società dei pastori.
Secondo il modo della « vendetta » riscontrabile in tutte le forme di società divise in grandi gruppi « di sangue » a questa partecipano tutti gli interessati con una « solidarietà attiva » (colpire il[...]
[...]e al solo mondo maschile (non ho notizie di « vendette » eseguite da donne) discende certamente dall’essersi l’istituto originato in ima società di cacciatori, e cioè una società già organizzata in una divisione di lavoro maschile e femminile, riprodotta e ribadita nella successiva società dei pastori.
Secondo il modo della « vendetta » riscontrabile in tutte le forme di società divise in grandi gruppi « di sangue » a questa partecipano tutti gli interessati con una « solidarietà attiva » (colpire il responsabile o uno del suo gruppo) ed una « solidarietà passiva » (accettare la responsabilità del colpevole in tutto il gruppo da cui sia uscito).
I moventi della « vendetta » sono in Orgosolo, legati come ovunque ad un danno «economico», in primo luogo quelli primari o «naturali» di versamento di sangue umano vero e proprio (omicidio e ferimento); in secondo luogo quelli secondari o «artificiali» come il versamento di sangue di animali (sgarrettamenti), esteso poi a qualsiasi danno, furto di pecore, furto e danneggiamento di campagne[...]
[...]) come per lo stupro, esteso poi a ratto, rottura matrimoniale ecc. Un elemento « artificiale » considerato però come offesa al « sangue », ed assai importante in Orgosolo, è ancora la denunzia alla estranea autorità statale, carabinieri, polizia, magistratura ecc.
I perseguibili per « vendetta » sono in Orgosolo il responsabile diretto, senza distinzione di età e di sesso, poi il padre più importante del gruppo avverso, « su mannu », e tutti gli uomini in ordine di importanza e di età, non esclusi i bambini, come più volte ebbe a verificarsi durante la « disamistade ».
L’interesse particolare e proprio della « vendetta » in Orgosolo, oltre questi caratteri generali, sta però nel fatto che durante il suo esercizio si profila un vero e proprio « processo penale » secondo il modo della più antica tradizione sarda conosciuta, appunto, attraverso la « Carta de logu ».
Cercherò di indicare i singoli momenti secondo moderne corINCHIESTA SU ORGOSOLO
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rispondenze, tenendo presente che nel « processo orgolese », naturalmente, es[...]
[...]ORGOSOLO
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rispondenze, tenendo presente che nel « processo orgolese », naturalmente, esiste sempre una grande rozzezza e, spesso, una contemporaneità di momenti.
Avvenuto il fatto di sangue e l’offesa vi è, dapprima, la « denunzia ».
Il carattere di questa è generico, privato e pubblico, indirizzata a tutto il proprio gruppo di « sangue » e, come monito, al gruppo di « sangue » che è colpito. È manifestata attraverso parole di cordoglio e di ira, segni visibili di lutto e « lamenti funebri ». Ogni orgolese non si rivolgerà mai o quasi mai, o soltanto formalmente, ad una estranea autorità statale: molte volte questo atto è considerato come un reato altrettanto grave che il fatto di sangue od ogni altra offesa.
Alla denunzia segue subito l’« indagine ».
Questa è effettuata dall’individuo maggiormente colpito, parente, compare, amico ecc. e più volte in un concorso collettivo. Qualche volta, ma raramente, ci si attiene alla voce pubblica che indica l’uccisore, il feritore, il colpevole di danneggiamento, di furto ecc.; m[...]
[...]’ovile non sanno giustificarsi e non fanno il nome dei colpevoli vengono « ipso facto » ritenuti per colpevoli.56
FRANCO CAGNETTA
Al momento dell’indagine segue quello del « giudizio ».
L’amministratore del processo, il protagonista, secondo un antico uso codificato ancora nella « Carta de Logu » non è generalmente uno solo ma abitualmente un piccolo consesso. Di esso fanno parte l’individuo maggiormente danneggiato cui si uniscono famigliari, compari, amici, che svolgono una o più discussioni sull’entità del reato, sulla colpevolezza del sospetto, sul modo di punire. Una sentenza viene emessa dall’individuo maggiormente colpito o dal membro più autorevole del consesso con il consenso di tutti gli altri.
Indicherò qui, dapprima, quel tipo di sentenza che si chiude sempre con la decisione di uno spargimento di sangue. Per i reati minori viene di solito stabilito che si cominci con mio spargimento di sangue animale, sgozzamento di pecore o sgarrettamento più abitualmente (e cioè taglio dei tendini di una gamba, così che l’animale diventi inservibile). Per i reati più gravi — e sempre per l’omicidio — viene abitualmente comminata sentenza capitale.
L’imputato non viene ammesso al giudizio e, tenuto all’oscuro, non gli si dà la possibilità di difendersi, adducendo prove, testimoni e avvocati rudimentali.
Esiste però in Orgosolo una sorta di « citazione » che consiste in alcuni segni simbolici premonitori, legati in generale a una simbologia di sangue, come lo sgozzamento o lo sgarrettamento di una pecora davanti alla casa od all’ovile di chi ha offeso, la deposizione, quivi, di qualche palla di fucile o altro oggetto mortale, qualche croce di asfodelo, bandiere nere e così via.
A termine del giudizio interviene la designazione dell’« esecutore ». L’esecuzione è delegata generalmente tra gli stessi giu[...]
[...]one » che consiste in alcuni segni simbolici premonitori, legati in generale a una simbologia di sangue, come lo sgozzamento o lo sgarrettamento di una pecora davanti alla casa od all’ovile di chi ha offeso, la deposizione, quivi, di qualche palla di fucile o altro oggetto mortale, qualche croce di asfodelo, bandiere nere e così via.
A termine del giudizio interviene la designazione dell’« esecutore ». L’esecuzione è delegata generalmente tra gli stessi giudicanti all’individuo più colpito o al più importante o capace del consesso. Raramente si ricorre, malgrado si dica il contrario, a un esecutore professionale o a un sicario che è in generale un bandito. L’esecutore non è mai delegato da solo ma con esecutori supplementari i quali, per le ragioni tecniche dell’omicidio, sono necessari, in generale, come guardia del corpo, pali, protettori.
È di straordinario interesse rilevare che l’esecuzione della sentenza viene delegata non ad un solo individuo ma sempre aINCHIESTA SU ORGOSOLO
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più di uno poiché l’antico diritto sardo[...]
[...]ellato » in Sardegna — un istituto diffuso d’altronde nel medioevo in tutta Europa con nomi e forme varie — è molto lunga e complessa, con continua soppressione e restaurazione, poiché quasi sempre si trasforma in vere associazioni a delinquere, ma è pur sempre necessario per sostituire la forza pubblica statale qui impotente ed inadeguata. In Orgosolo in quest’anno non esisteva la «compagnia baracellare» poiché due o tre anni fa si è dovuta sciogliere per delitti da essa compiuti e non si è potuta riattivare per un collettivo rifiuto della popolazione a farne parte.
L’applicazione della sentenza avviene con il momento della « esecuzione ». In generale in Orgosolo prima della esecuzione avviene anche una specie di « notificazione » della sentenza.
Al giustiziando gli esecutori, a viso aperto o mascherato, ripetono in breve le ragioni che lo hanno portato alla morte e, immantinente, lo uccidono.
I modi di assassinio in Orgosolo (e si potrebbe farne un Grand58
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Guignol) sono di ogni tipo, in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni circostanza.
Generalmente si usa oggi il mitra ma, indifferentemente, anche il fucile, poco la rivoltella, la scure, il pugnale, la pietra, le mani per strangolare. Assai diffuso è l’omicidio operato precipitando il giustiziato in un pozzo o in una nurra, sì che al tempo stesso, ne scompaia il cadavere. Scon[...]
[...] pozzo o in una nurra, sì che al tempo stesso, ne scompaia il cadavere. Sconosciuto, invece, è l’omicidio per avvelenamento.
L’audacia orgolese nell’uccidere sulla pubblica piazza, davanti alla casa sulla strada, davanti alla caserma dei carabinieri ecc. ha una fama in tutta la Sardegna. L’omicidio avviene però sempre in modo tenebroso e non conosco casi di omicidi avvenuti dopo rissa
o colluttazione a viso aperto. La capacità di sparire degli assassini di Orgosolo ha altrettanto, in tutta la Sardegna, larga fama.
Si può dire che al delitto segua sempre P« esemplarità ». Il cadavere viene abbandonato, generalmente, in luogo visibile o trascinato, a volte, davanti alla casa, né si tralascia mai di lasciargli qualche sfregio, mutilazione o scempio visibile. Per quanto si possa sostenere l’influenza in questo delle leggi spagnole, questo uso è in verità assai più antico, se si ritrova codificato nella « Carta de Logu », e risale, addirittura, a presupposti e residui di cultura e mentalità primitiva. In generale sono quasi legge in Orgosolo due mutilazioni: il taglio delle orecchie per i ladri di pecore, poiché le pecore portano da antichissimo tempo il segno di proprietà sull’orecchio (esiste persino un termine locale per indicare i tagliatori di orecchie: «sos muzzurros »); e il taglio della bocca sino alle orecchie per i falsi testimoni, come è comprensibile. La mutilazione di una parte ritenuta particolarmente responsabile per il tutto è uso caratteristico ed assai conosciuto in tutte le società primitive.
Quando ad Orgosolo si uccide si ha l’impressione che sia stata eseguita una sentenza capitale. E l’omicida può sparire in mezzo alla gente e quasi confondere la sua responsabilità in una responsabilità più larga e più profonda. Dopo queste esecuzioni il paese rimane generalmente tranquillo e non è per timore di rappresaglie e tanto meno per « omertà » (che è un term[...]
[...]te ritenuta particolarmente responsabile per il tutto è uso caratteristico ed assai conosciuto in tutte le società primitive.
Quando ad Orgosolo si uccide si ha l’impressione che sia stata eseguita una sentenza capitale. E l’omicida può sparire in mezzo alla gente e quasi confondere la sua responsabilità in una responsabilità più larga e più profonda. Dopo queste esecuzioni il paese rimane generalmente tranquillo e non è per timore di rappresaglie e tanto meno per « omertà » (che è un termine esterno) che cadeINCHIESTA. SU ORGOSOLO
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nel silenzio anche l’eco dei misfatti. È piuttosto, e solamente, l’antichissima « legge » di Orgosolo.
Il vecchio principio primitivo che la vendetta è inestinguibile (quello appunto che conduce all’assassinio) è però attenuato anche in Orgosolo da qualche principio che la considera estinguibile (e così conduce a punizioni « minori »).
In generale si possono dire aumentate le vendette « minori » o
lo spargimento di sangue « secondario » che si ha con lo sgozzamento e sgarrettamento di pec[...]
[...]d es., di invasione abusiva di pascolo o di seminato da parte di una pecora
o di un gregge. Il danneggiato ha il diritto di fare immediatamente l’esecuzione della bestia, o di più bestie, consegnandone il cadavere,
o i cadaveri, al loro proprietario. È dato ritrovare in questo modo un antico principio di riscatto sacrificale, di « simbolica » vendetta,60
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che nel medioevo, per es. si può ricollegare ai processi contro gli animali. L’uso di questo era così vasto e diffuso che la « Carta de Logu » e la legislazione spagnola lo stabiliscono come istituto che prende il nome di « maquizia ».
Ma ancor più che nell’« abbonamento » il principio della conciliazione o della « vendetta simbolica » ha la sua manifestazione più importante in Orgosolo nelle « paghes » (paci) che di tanto in tanto si realizzano.
Ogni volta che si sia verificato un eccesso di delitti (omicidi, ecatombi di bestiame ecc.) rovinoso per le famiglie e le proprietà di ambo i gruppi in contesa si può addivenire, in generale tramite «pacificato[...]
[...]he la « Carta de Logu » e la legislazione spagnola lo stabiliscono come istituto che prende il nome di « maquizia ».
Ma ancor più che nell’« abbonamento » il principio della conciliazione o della « vendetta simbolica » ha la sua manifestazione più importante in Orgosolo nelle « paghes » (paci) che di tanto in tanto si realizzano.
Ogni volta che si sia verificato un eccesso di delitti (omicidi, ecatombi di bestiame ecc.) rovinoso per le famiglie e le proprietà di ambo i gruppi in contesa si può addivenire, in generale tramite «pacificatori» (che sono sempre uomini del paese e mai autorità statali, vescovi ecc., come si dice), ad ima serie di abboccamenti e, poi, ad un concilio generale, al quale intervengono tutti i responsabili (assassini), e i padri e membri importanti delle parti, al fine di discutere e di cercare un qualche accordo che, generalmente oggi, si svolge su un terreno di interesse, di compensazioni pecuniarie. È questo il caso, per es. delle celebri « paghes » tra i Cossu e i Cornine, dopo 22 anni di lotta accanita e [...]
[...]i « paghes ». Anche qui lo spargimento di sangue animale ha il valore di riscatto simbolico del sangue versato in tutte le precedenti vendette.
L’istituto della «vendetta» è così diffuso nel paese di Orgosolo che si può ritenere, a mio parere, inestinguibile, almeno finoINCHIESTA SU ORGOSOLO
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a che non saran modificati la struttura più profonda dell’economia del paese ed i più profondi rapporti sociali di struttura delle « grandi famiglie ».
Il continuo alimento alla vendetta viene dato ora (e, naturalmente, anche in passato) oltre che dalla lotta tra le grandi famiglie, dalla lotta sociale tra le due classi, tra i ricchi e i poveri. Questa si articola così largamente nella « vendetta » che si deve cercare in essa, di volta in volta, lo sviluppo proprio e locale di una primitiva lotta di classe.
L’istituto della « vendetta » contribuisce così grandemente alla formazione della mentalità e del carattere degli orgolesi che, per il suo esercizio millenario, si può dire che, quanto nessun altro in Italia, questi possono considerarsi un antico popolo guerriero che, per concorrenza di economia e di cultura, è riuscito a sopravvivere sino ai nostri giorni.
Ma per porre in evidenza questo carattere « guerriero » (che è un aspetto generale della discendenza dai «cacciatori e raccoglitori») bisogna indubbiamente studiare l’altro istituto, a questo fine più interessante: la «bardana».
L’istituto della « bardana » o razzia è un istituto locale antichissimo.
Le sole notizie che si hanno su tutta la regione delle montagne già piene di foreste che circondano Orgosolo, (la Barbagia), dalla epoca delle più antiche popolazioni locali, che si può far risalire al 5000 a C., sino ai nostri giorni, non parlano che di popoli locali che, riuniti in piccoli gruppi, discendevano nei vicini territori a rapinare bestiame e prodotti agricoli, a devastare abitati, ad attaccare e spoglia[...]
[...]n istituto locale antichissimo.
Le sole notizie che si hanno su tutta la regione delle montagne già piene di foreste che circondano Orgosolo, (la Barbagia), dalla epoca delle più antiche popolazioni locali, che si può far risalire al 5000 a C., sino ai nostri giorni, non parlano che di popoli locali che, riuniti in piccoli gruppi, discendevano nei vicini territori a rapinare bestiame e prodotti agricoli, a devastare abitati, ad attaccare e spogliare le truppe colà inviate o più raramente stanziate, disparendo, quasi sempre irraggiungibili, tra le foreste e nelle montagne.
Per il periodo « preistorico » o Nuragico, per il quale non esistono notizie scritte, si può dedurre dai monumenti archeologici, e specialmente dai « bronzetti sardi » ritrovati in Barbagia, che questi popoli dovevano essere organizzati in società di guerrieri, cacciatori e pastori. Per il periodo cartaginese (VIIV sec. a. C.) Pausania e Diodoro ci parlano di predoni che, continuamente turbolenti, ave62
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vano impedito la occupazione del loro [...]
[...]uto fare altro che limitarli con ima cintura militare nel loro territorio, dando a questo il nome di Barbaria, terra non romana. Non diverse sono le notizie medioevali da papa Gregorio I ai documenti del « Codice diplomatico », e così per l’epoca moderna in raccolte di leggi, documenti di polizia, libri di viaggiatori ecc.
In tutto il mondo sono conosciuti popoli consimili come, per es., nell’antichità i Germani i Celti, i Baleari, i Pannoni, gli Sciti i Parti ecc.; nell’epoca medioevale gli Unni, i Vandali ecc.; nella epoca contemporanea i Berberi, i Beduini, gli Arabi ecc.; ma l’esistenza ancor oggi di popoli predoni nel territorio italiano è una sorpresa per la maggior parte degli italiani.
E, in verità, l’attività dei predoni di Barbagia (limitata oggi soprattutto al paese di Orgosolo) costituisce per le popolazioni confinanti (Fonni, Urzulei Oliena, Villagrande ecc.) e per quelle delle pianure in cui scendono in transumanza (Campidani, Baronia, Ogliastra, Gallura ecc.) uno dei problemi più gravi come è tra i più gravi della economia di Sardegna.
Uno studio attento ed analitico delle forme e dei modi della « bardana » o razzia orgolese può permettere di mettere in evidenza elementi speciali che si devono far risalire non alla struttura economica e sociale del ciclo odierno della « grande famiglia », ma piuttosto a quello del ciclo anteriore dei « cacciatori e raccoglitori ». Al tempo stesso, può porre in rilievo che la serie dei reati connessi non possono catalogarsi tranquillamente tra quelli di « delinquenza comune » : furto, abigeato, grassazione ecc.
La larghezza e l’intensità dell’esercizio della « bardana » devono farla ritenere invece, e piuttosto, un « istituto » sociale discendente dalle origini e sopravvissuto in questo paese.
Alla « bardana », innanzitutto — e questo elemento sorprende chi si avvicini al problema — prendono parte quasi sempre non delinquenti comuni ed elementi abnormi dalla società riuniti inINCHIESTA SU ORGOSOLO
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[...]
[...]neo, transitorio. Compiuta la « bardana », e magari una sola in tutta la loro vita, essi ritornano alle abituali occupazioni. La « bardana » è per la coscienza comune e per la coscienza giuridica locale un lavoro come un altro, un affare qualunque e, per questo aspetto, può essere considerato un fenomeno come per es. il contrabbando in alcune particolari società di zone di frontiera.
Alla « bardana » in Orgosolo partecipano, in generale, solo gli uomini (non ho notizie di « bardane » fatte da donne) senza limitazione di età (dall’età puberale a tarda vecchiaia), e di ogni mestiere, famiglia e classe sociale.
I modi di costituire la associazione per la « bardana », tenuto presente il criterio generale di una scelta per capacità naturale ed esperienza, avvengono, di volta in volta, in Orgosolo, in due modi particolari: questi corrispondono, in grandi linee, ai due modi particolari delle due grandi e rudimentali classi sociali del paese.
II primo modo (che è quasi sempre quello dei « poveri » organizzati in (( bardana » per arricchirsi alle spalle di un <( ricco ») è per <( invito »: il promotore o i promotori invitano i prescelti, generalmente tra i parenti e amici; ognuno [...]
[...] generalmente attraverso un loro delegato o più delegati, ad invitare ed arruolare i prescelti, generalmente tra parenti od amici dei delegati. Forni scono Parmamento, il vitto, qualche genere voluttuario come vino e tabacco e sempre, o quasi sempre, una quota fissa di ingaggio,64
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salario del delitto; il bottino va al promotore o ai promotori con percentuale al delegato o ai delegati e, qualche volta, con un premio a tutti gli arruolati, uguale o proporzionale alla parte avuta.
L’organizzazione di rapine da parte di «ricchi» è la «bardana» abituale: si può dire che la «bardana» è la via maestra della formazione della proprietà.
Questo fatto è stato più volte documentato.
I proprietari di Oliena, paese confinante con Orgosolo, il 1870 così scrivevano in petizione al Parlamento : « i delinquenti sono tra le persone tenute per buone e per condotta e per posizione sociale... meriterebbe la sua seria attenzione il sapere che questi individui così riuniti ad hoc non sono banditi né persone miserabili, ma tra i p[...]
[...] povero ed il pezzente spesse volte cala nella rete della giustizia e ne riporta la meritata pena, ma i grossi delinquenti che hanno agio e modo riescono ad eluderla. I furti più grossi si commettono col concorso di molti, e quelli che ne sono la mente e l’anima trovano il modo di mostrarsi al pubblico al momento che il reato viene consumato.... Il numero stragrande dei furti non potrebbe avere luogo senza l’aiuto di coloro che con biechi fini vogliono arricchirsi senza badare ai mezzi, e costoro non li troviamo tra i poveri, ma sibbene tra coloro che del furto non hanno bisogno per vivere, tra gli agiati» (10). Il colonnello On. PaisSerra il 1896 nella inchiesta parlamentare da lui condotta sulle condizioni della p. s. in Sardegna per incarico di Crispi, così scriveva: «Non è raro il caso che partecipino a rapine agiati pastori, e spesso ve ne ha di coloro che seguitano i loro affari, resi più prosperi dal bottino ricavato in siffatte
(9) Avv. G. M. LeiSpano, Presidente dell’Associazione Economica Sarda. La questione sarda. Con dati originali e prefazione di Luigi Einaudi. Bocca, Torino, 1922, pp. 112.
(10) Egidio Castiglia, Undici anni nella zona delinquente. Dessi, Sassari, 189[...]
[...]ndotta sulle condizioni della p. s. in Sardegna per incarico di Crispi, così scriveva: «Non è raro il caso che partecipino a rapine agiati pastori, e spesso ve ne ha di coloro che seguitano i loro affari, resi più prosperi dal bottino ricavato in siffatte
(9) Avv. G. M. LeiSpano, Presidente dell’Associazione Economica Sarda. La questione sarda. Con dati originali e prefazione di Luigi Einaudi. Bocca, Torino, 1922, pp. 112.
(10) Egidio Castiglia, Undici anni nella zona delinquente. Dessi, Sassari, 1899, pp. 8284.INCHIESTA SU ORGOSOLO
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imprese; e se non se ne vantano non se ne sentono però né rimorso né vergogna, come se si trattasse di agiatezza acquistata (11) ».
Se i « ricchi » sono i promotori della « bardana » per arruolamento, gli arruolati sono, in generale, rintracciabili tra i « poveri ». Scriveva il PaisSerra : « È altrettanto vero che la forza bruta viene arruolata tra i miserabili. Se la volontà iniqua che li dirige non trovasse questo facile strumento di sua nequizie non potrebbe con tanta frequenza manifestarsi in orribili fatti » (12). Poiché per compiere la « bardana » occorre sempre qualcuno che conosca le persone da rapinare, le sue abitudini, i luoghi, in generale si deve ritenere che partecipano soprattutto ad essa i « servi », servi pastori o servi di casa.
Per quanto riguarda i rapporti generali inte[...]
[...]n orribili fatti » (12). Poiché per compiere la « bardana » occorre sempre qualcuno che conosca le persone da rapinare, le sue abitudini, i luoghi, in generale si deve ritenere che partecipano soprattutto ad essa i « servi », servi pastori o servi di casa.
Per quanto riguarda i rapporti generali interni dei componenti una « bardana », se si esclude il caso di quelle, e specialmente dei « poveri », nella quale tra tutti i membri esiste una uguaglianza, si deve ritenere che abitualmente esiste un capo con potere, qualche volta, di vita o di morte sui dipendenti. L’organizzazione, in generale, è strettamente gerarchica, quasi militare: in alcune «bardane » i componenti son indicati, persino, da un numero progressivo.
L’armamento della « bardana », sia quello rudimentale e improvvisato della « bardana » dei poveri, sia quello organizzato della « bardana » dei ricchi, è composto non solo di armi di fortuna (pugnali, schioppi, rivoltelle, fucili) ma di tutte le armi più moderne ed oggi, in generale, mitra. La provenienza dell’armamento è[...]
[...]otta per il possesso di territorio di pascolo e il saccheggio di tutte le case.
Dal medioevo le lotte per il possesso di territorio di pascolo è stata, con continuità, una delle forme più gravi e più famose di « bardana ». Le lotte contro il comune di Locoe, ad es., sono vive tuttora nel ricordo dei vecchi orgolesi. L’intero paese, armato, a piedi e a cavallo, scendeva a torme per battersi ogni tanto con quello di Locoe in vere e proprie battaglie. Il territorio, a poco a poco conquistato dagli orgolesi, era militarmente presidiato, e si accendevanoINCHIESTA SU ORGOSOLO
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continuamente conflitti con diecine e diecine di morti. Dopo tanto sangue, il 1845 Locoe veniva completamente spopolata e distrutta e la tradizione vuole che ciò sia avvenuto per avvelenamento di tutte le acque ad opera di orgolesi.
Il saccheggio di tutte le case di un vicino paese, è uno dei feno meni più impressionati della storia di Sardegna. Per darne un esempio vivo darò qui la descrizione di uno assai celebre compiuto in Tortoli il 13 novembre 1894, che contiene tutti gli elementi di questa forma c[...]
[...]ine e diecine di morti. Dopo tanto sangue, il 1845 Locoe veniva completamente spopolata e distrutta e la tradizione vuole che ciò sia avvenuto per avvelenamento di tutte le acque ad opera di orgolesi.
Il saccheggio di tutte le case di un vicino paese, è uno dei feno meni più impressionati della storia di Sardegna. Per darne un esempio vivo darò qui la descrizione di uno assai celebre compiuto in Tortoli il 13 novembre 1894, che contiene tutti gli elementi di questa forma classica di « bardana ».
A mezzanotte, da 100 a 500 grassatori orgolesi a cavallo, armati di moschetti, erano penetrati, silenziosi, in quel paese. Circondata la caserma dei carabinieri, e dispostisi nelle vie in modo da poter controllare tutte le case, avevano cominciato a sparare contro le finestre, cacciando urla acutissime per intimidazione. Dalla caserma de} carabinieri avevano risposto al fuoco con due o tre fucilate e, allora, un gruppo di orgolesi, entrato con la forza, aveva massacrato i pochi uomini di guarnigione. Numerosi grassatori e bande, sfondate co[...]
[...]ndo e compiendo ferimenti ed uccisioni. Solo le donne, non una esclusa, venivano rispettate.
Nella casa del proprietario Pau, fratello del vescovo di Lanusei, che era il principale obbiettivo della «bardana», si tenevano in oro 2500 lire, 1500 monete russe, 1250 monete di Venezia, 20 sterline, calici d’oro, oggetti di chiesa, gioielli, argenterie, orologi; e inoltre, fucili, pistole, munizioni. Nella casa, il proprietario, era assente e sua moglie e nove figli si erano salvati per un grande foro sopra il tetto, tenuto sempre pronto per qualsiasi eventualità. Era stato ucciso un servo, non si sa se perché aveva tentato di difendere i beni del padrone, o per eliminare un complice o testimoni pericolosi. Compiuto il furto, come per incanto i grassatori erano scomparsi dal paese. Il sindaco di Tortoli e altri 2 o 3 uomini usciti dalle case, erano usciti qualche ora dopo nelle campagne e qui avevano rinvenuto il cadavere di un grassatore, morto per ferite ricevute dalle fucilate dei carabinieri: aveva fattezze signorili, mani bianche e fini, era complet[...]
[...]o di difendere i beni del padrone, o per eliminare un complice o testimoni pericolosi. Compiuto il furto, come per incanto i grassatori erano scomparsi dal paese. Il sindaco di Tortoli e altri 2 o 3 uomini usciti dalle case, erano usciti qualche ora dopo nelle campagne e qui avevano rinvenuto il cadavere di un grassatore, morto per ferite ricevute dalle fucilate dei carabinieri: aveva fattezze signorili, mani bianche e fini, era completamente spogliato, e con la testa staccata e asportata dal busto, che i suoi compagni avevano portato con loro per evitare il ri68
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conoscimento. Nessuno dei grassatori è stato poi mai identificato.
Diecine e diecine di simili « bardane » hanno subito dagli orgolesi quasi tutti i paesi vicini e, seppur in questa forma si possano dire scomparse, (ma da poco), il ricordo dei grandi predoni di Orgosolo rimane tra tutti quegli abitanti.
Da qualche anno rapine simili sisvolgono, di tanto in tanto, solo contro qualche casa o qualche gruppo isolato di case, e le grandi « bardane » contro i paesi vicini, si svolgono, e sempre meno in vero, soprattutto nelle campagne con furto di intere greggi, di torme di buoi, di mandrie di capre, di branchi di porci.
I reati contro enti pubblici, in generale statali, si svolgono tuttora in luogo di dimora e sulle strade.
In antico era celebre, ad esempio, la « calata » dei predoni di Orgosolo nelle saline di Oristano, dove essi si fornivano di sale per fabbricare i formaggi.[...]
[...]oi, di mandrie di capre, di branchi di porci.
I reati contro enti pubblici, in generale statali, si svolgono tuttora in luogo di dimora e sulle strade.
In antico era celebre, ad esempio, la « calata » dei predoni di Orgosolo nelle saline di Oristano, dove essi si fornivano di sale per fabbricare i formaggi.
Non si ricordano assalti alle Banche, perché Banche non ve ne sono. Una rapina tradizionale, e tuttora frequente, è, invece, contro gli Uffici postali.
La più audace e frequente « bardana » è fatta contro caserme di carabinieri, di p. s., a fine di « vendette » e per svaligiarne gli stipendi.
Le « bardane » più frequenti sono oggi sulle strade.
L’assalto ai treni, al treno CagliariArbatax, con svaligiamento di tutti i viaggiatori, è avvenuto ancora, l’ultima volta, il 1922.
L’assalto alle corriere è, ancor oggi, reato frequente. Negli ultimi anni, dopo la guerra, ciò era divenuto un flagello. Per rendersi conto ancor oggi basta viaggiare sotto la scorta, da FarWest, che fa la polizia. Non solo viaggiano carabinieri armati di mitra nelle corriere e staffette motocicliste armate di mitra che seguono a distanza, ma, lungo le strade, ci sono, da due o tre anni, posti radio che Comunicano il passaggio cronometrico delle corriere: ogni ritardo che venga segnalato è segno di rapina e motociclisti e geeps corrono incontro per soccorso. Ma anche ciò è sventato dai predoni, poiché basta fermare un istante la corriera, svaligiarla du[...]
[...]attacca alle tradizioni dei popoli primitivi della Sardegna » (13).
Se non si tiene presente questo carattere normale, (seppur per noi « straordinario ») si rischia di non comprendere una situazione locale che non può essere se non quella che è: non si può affrontare concretamente la soluzione del problema.
Un fenomeno singolare su cui bisogna rivolgere l’attenzione è che l’abitante di Orgosolo, il pastore, il componente della « grande famiglia », che, come tale, dovrebbe avere il carattere di uomo prudente, sospettoso, chiuso nella famiglia, proprio e quasi solo in queste imprese rischiose, pericolose quanto mai, può dirsi che esca dal proprio mondo, si fidi di « estranei ». « Gli arruolati — scrive il PaisSerra — per lo più non conoscono né l’obbiettivo dell’impresa né molte volte si curano del bottino perché sono assoldati. Spesso provenienti da diverse contrade sono ignòti gli uni agli altri, e arrischiano la vita e la libertà per pochi soldi, sol fidandosi in quello spirito di fede reciproca, di solidarietà fra essi che ancora permane
(13) Ib. p. 50.70
FRANCO CAGNETTA
incorrotto, nelle rudi popolazioni montane » (14). Per delinquere l’orgolese esce dalla propria famiglia, dal proprio gruppo di « sangue », entra in un altro più largo, in uno Stato. E la « bardana », in vero, si può dire, in certo modo, il solo Stato di Orgosolo.
Ciò fa pensare che questo istituto, con questo istinto associativo, possa nascondere ancora un residuo di società, di organizzazione sociale precedente a quello attuale della « grande famiglia » : la organizzazione in «orda», che è la più propria e più frequente delle società di « cacciatori e raccoglitori ».
Dopo gli studi dello Elkin sopra le « orde » in Australia sappiamo esattamente che cosa si debba intendere per « orda » : questa è una piccola comunità di individui di ambo i sessi, distinti in nuclei famigliari, dimoranti in un proprio territorio, esercitanti gli uomini la caccia, le donne la raccolta; su ogni singola famiglia che si unisce in « orda » non esiste una comune autorità superiore se non in cerimonie dirette dai più anziani; su ogni singola « orda » non esiste una superiore autorità comune e ^'insieme delle orde, la tribù, riconducibile solo a una identità linguistica, non esiste perciò come unità attiva, che per es. fa la guerra, allarga il territorio ecc.
Ciò che distingue l’« orda » dalla famiglia — ed è il suo carattere specifico, determinante — è che mentre in quest’ultima gli individui si ritengono legati per il « sangue », nella prima gli individui si ritengono legati per « antenati comuni », per i « padri che occuparono il territorio ».
Non possiamo pertanto parlare di « orda » nello stadio culturale presente degli orgolesi né possiamo dire — mancando qualsiasi residuo di quell’elemento ideologico decisivo, determinante — che essi in antico, già « cacciatori e raccoglitori » costituissero anche « orde » vere e proprie. Ce lo fanno pensare però gli attributi secondari, le «forme strutturali» e, specialmente, nell’istituto della « bardana ».
L’orda dei razziatori, degli antichi cacciatori seminomadi, potrebbe essere stata la antica radice sociale oggi sparita e non ricostruibile — di questa popolazione singolarissima tra tutti i vicini
(14) lb. p. 51..INCHIESTA SU ORGOSOLO
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e consimili paesi di pastori, che, prima di Orgosolo hanno raggiunto un progresso superiore.
Quali siano le ragioni della conservazione in Orgosolo di questi residui di arcaici elementi strutturali e culturali che non discendono dalla struttura economica e dalla cultura presente vedremo chiaramente, nella seconda parte di questa inchiesta, analizzando i rapporti tra Orgosol[...]
[...]per entro la civiltà cristiana è stato oggetto di una lotta decisiva, protrattasi per venti secoli. Appena alcuni secoli fa il lamento funebre era diffuso tra le plebi rustiche di tutto il continente europeo, e le nazioni e le regioni che prima l’hanno perduto sono quelle che prima hanno fatto il loro ingresso nella moderna civiltà industriale : così l’Inghilterra e la Germania occidentale fin dal 1600, più tardi l’Irlanda che arriva sino alle soglie dell’800 ; la Francia sembra averlo perduto nelle regioni più arretrate durante il secolo scorso, e così pure l’Italia settentrionale e centrale; il lamento persiste ancora nelle cosiddette aree depresse, cioè in quelle che non sono pie72
FRANCO CAGNETTA
namente entrate nel processo di industrializzazione, come l’Europa balcanica e danubiana, qualche zona della Spagna, e — per l’Italia
— la Puglia, la Lucania, la Calabria, qualche settore anche abbastanza a nord della catena appenninica (come la Sabina) e, infine, la Sardegna. Nella sua forma generale il lamento funebre è un sistema organico tradizionale e rituale di espressioni foniche (verbali e musicali) e mimiche, sistema che si inserisce nel cerimoniale funerario in momenti critici particolari, e che per il suo interno meccanismo deve essere interpretato come un modo di difesa dall’eccesso parossistico (o addirittura autolesionistico) che l’evento luttuoso scatena nei sopravvissuti, soprattutto le donne. Il lamento funebre è reso[...]
[...]suti, soprattutto le donne. Il lamento funebre è reso dalle parenti femminili del defunto, o dalle lamentatrici professionali in un ulteriore sviluppo dell’istituto, e si appoggia su moduli fissi verbali mimici e melodici che tendono a spersonalizzare il dolore e che inducono, attraverso la ripetizione stereotipa una sorta di leggera trance nella lamentatrice in azione. Nelle forme più arcaiche, che risalgono alla raccolta e alla caccia, il cordoglio comporta sempre un impulso alla vendetta, a uno spargimento di sangue che compensi e riequilibri lo choc che il gruppo umano ha subito in virtù della morte: e anche nel caso di morte per noi naturale si opera una inchiesta e si cerca il responsabile magico della morte, colui che ha ucciso per incantesimo o per fattura. Nella società in cui la morte violenta è frequente e nelle quali vige l’istituto della vendetta, il lamento acquista anche la funzione di attizzare la vendetta; l’etimologia di attitu, secondo il Wagner, sarebbe appunto questa.
La migliore descrizione etnografica del lament[...]
[...]e il gruppo umano ha subito in virtù della morte: e anche nel caso di morte per noi naturale si opera una inchiesta e si cerca il responsabile magico della morte, colui che ha ucciso per incantesimo o per fattura. Nella società in cui la morte violenta è frequente e nelle quali vige l’istituto della vendetta, il lamento acquista anche la funzione di attizzare la vendetta; l’etimologia di attitu, secondo il Wagner, sarebbe appunto questa.
La migliore descrizione etnografica del lamento funebre sardo resta pur sempre quella del Bresciani, per quanto anche il Lamarmora ci abbia lasciato su questo istituto isolano un rapporto preciso. Dice il Bresciani:
« In sul primo entrare al defunto tengono il capo chino, le mani composte, il viso ristretto e procedono in silenzio quasi di conserva, come se per avventura non si fossero accorte che bara e morto ivi fossero. Indi alzati corne a caso gli occhi e visto il defunto a giacere, danno repente in un acutissimo strido, battono palma a palma e escono in lai dolorosi e strani. Imperocché levato un crudeINCHIESTA SU ORGOSOLO
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lissimo compianto altre si strappano i capelli, squarcian co’ i denti le bianche pezzuole ch’ha in mano ciascuna, si sgraffiano e sterminano le guance, si provocano a urli, a omei, a singhiozzi gemebondi e soffocati, si dissipano in larghissimo compianto. Altre si abbandonano sulla bara, altre si gittano ginocchioni, altre si stramazzan per terra, si rotolan sul pavimento, si spargon di polvere; altre per [...]
[...]mpianto altre si strappano i capelli, squarcian co’ i denti le bianche pezzuole ch’ha in mano ciascuna, si sgraffiano e sterminano le guance, si provocano a urli, a omei, a singhiozzi gemebondi e soffocati, si dissipano in larghissimo compianto. Altre si abbandonano sulla bara, altre si gittano ginocchioni, altre si stramazzan per terra, si rotolan sul pavimento, si spargon di polvere; altre per sommo dolor disperate, serran le pugna, strabuzzan gli occhi, stridon i denti, e con faccia oltracotata sembran minacciare il cielo stesso. Poscia di tanto inordinato corrotto, le dolenti donne così sconfitte, livide e arruffate, qua e là per la stanza sedute in terra e sulle calcagna si riducon a un tratto in un profondo silenzio. Tacite, sospirose, chiuse dai raccolti mantelli, con le mani congiunte e con le dita conserte mettono il viso in seno e contemplano con gli occhi fissi nel cataletto. In quello stante, una infra loro quasi tocca ed accesa da un improvviso spirito prepotente, balza in pie’, si riscuote tutta nella persona, s’anima, si ravvisa, le s’imporpora il viso, le scintilla lo sguardo, e, voltasi ratta al defunto, un presentaneo cantico intuona. E in prima tesse onorato encomio di sua prosapia e canta i parenti più prossimi, ascendendo di padre in padre in sino a che montano le memorie fedeli di tutti i santi di suo lignaggio : appresso riesce alle virtù del defunto, e ne magnifica di somme laudi il senno, il valore e la pietà. Questi carmi [...]
[...]uadro della ideologia funeraria arcaica. Il morto è una potenza dal quale occorre difendersi, una energia malefica che bisogna placare: la più elementare difesa è appunto il non veder il morto, il non accorgersi di lui, almeno fin quando non si entra nel rito, che ha appunto fra le sue molteplici valenze anche quella di placare il morto. Un’altra tecnica è quella di non farsi vedere dal morto, di celarsi al suo sguardo, il che si fa sia chiudendogli gli occhi, sia mascherandosi e dissimulan74
FRANCO CAGNETTA
dosi: che è una delle valenze più arcaiche dell’abbigliamento di lutto.
Oltre alle determinazioni del lamento funebre sardo stabilite da Padre Bresciani, altre furono aggiunte dai successivi studiosi come, per es. il Ferrerò, il Wagner, il Fara ecc. Fra queste determinazioni che, del resto, non sono proprie del lamento funebre sardo ma appartengono al lamento funebre in generale, sono da ricordare la insorgenza del lamento in momenti determinati del rituale funebre (veglia funebre, trasporto del morto, cerimonia in chiesa, [...]